Costiera di Kiri

[Ambientazione]

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Udii la sua richiesta e altro non potetti fare che accontentarla. Anuii quindi mugolando in segno d’assenso. Il tempo era trascorso e le nuove si stavano addensando su di loro. Il cielo era grigio e pesante; di tanto in tanto tuonava minaccioso, annunciando che su Kiri sarebbe caduta tanta acqua come non se ne vedeva da tanto tempo. Come al solito, dopotutto: il bel tempo era un rarità vera e propria nel cupo villaggio della Nebbia.

    « Come desideri, ma vedi di non bagnarti troppo. »



    Dissi quindi, accelerando il passo, cercando di arrivare dall’altro capo del villaggio in poco tempo. Inutile dire che la pioggia, viste le mie numerose deviazioni precedenti, ci colse ancora allo scoperto. Ayame iniziò a bagnarsi e mi fermai su un tetto, atterrando leggermente. La feci scendere e mi tolsi la mia giacca, posandogliela delicatamente sul capo.

    « No, non ti lascio prendere freddo e no, non lamentarti. »



    Chiusi un attimo gli occhi e lasciai che una piccola quantità di chakra ricoprisse invisibile il mio corpo. la pioggia mi cadde addosso ma non mi bagnò, scivolando respinta. Mi rimisi Ayame sulle spalle e ripartii verso il posto dove mi aveva richiesto di andare. Non l’avevo scordato quel piccolo riparo per due ragazzi che non si dovevano far vedere da due nonni troppo oppressivi. Eppure, davanti a quella piccola tettoia, Ayame avrebbe potuto intravedere ancora i resti bruciati della sua vecchia casa. Feci un giro più lungo quindi, evitando di passarvi davanti e atterrai a pochi passi dal luogo scelto.

    Mi accorsi sin da subito che in realtà non era vuoto come credevo: all’epoca era notte e tutti quanti dormivano, ora era ancora il tramonto. Lì sotto una signora sulla cinquantina stava sistemando alcune piante. Aveva un grosso mal di schiena, si vedeva subito, visto come si teneva la schiena dolorante.

    « Vieni, forse non ci caccia. »



    Mormorai ad Ayame, facendola scendere. Le presi una mano e mi avvicinai alla tettoia, tenendole il capo sotto una mia mano per proteggerla quanto meglio poteva.

    « Scusi signora, siamo stati colti all’improvviso da questa sorpresa del tempo.
    Potremmo ripararci sotto la vostra tettoia? Vi darò una mano con quei vasi.
    »
    « Oh mio caro, ferireste l’orgoglio di qualsiasi donna se avesse un po’ di dolore in meno di me. Si nota così tanto che ormai sto invecchiando? Comunque, venite, venite pure. »
    « Non si preoccupi, sono i vasi che sono troppo pesanti. La ringrazio molto, signora. »



    Quindi andammo al riparo sotto la tettoia. Disattivai il chakra repulsivo e mi avvicinai a uno dei vasi che lei prima tentava di sollevare. Erano colmi di terra e pieni di piantine colorate.

    « Dove li devo spostare? »
    « Dall’altra parte della tettoia, credo che abbiano più luce lì. »
    « Perfetto, mi ci vorrà un secondo. »



    Con una mano per vaso li sollevai entrambi, spostandoli senza il minimo sforzo dove richiesto dalla signora. Lei sorrise e chinò il capo, io feci altrettanto.

    « Grazie mille, mi hai risparmiato una piccola fatica abbastanza fastidiosa. Restate pure finché finisce di piovere. »



    Dopo che la ebbi ringraziata la signora rientrò in casa. Io e Ayame ci sedemmo contro il muro, seduti sotto la finestra, proprio come quel giorno. Proprio come quel giorno l’attirai a me, tenendola vicino, guardando la strada dinanzi a noi grondare di pioggia. C’era una magica perfezione in quel momento, in quel giorno.

    « Tu l’avresti mai detto quando siamo stati qui l’ultima volta che quando ci saremmo tornati tu avresti portato in grembo mio figlio? »



    Dissi sovrappensiero, accarezzando il viso di Ayame. Non si era bagnata molto, fortunatamente. Ogni cosa che era successo da quel giorno, le fughe, le notti passate assieme, la morte dei suoi nonni dopo il ritorno di duo padre e la morte del padre, il vivere insieme, la proposta di matrimonio, le avventure insieme, tutti i bisticci, i miei segreti su Kaku prima e sulla mia famiglia poi e infine la gravidanza di Ayame. Ogni avvenimento della nostra storia ci aveva portati inevitabilmente a quello. A tornare dal punto in cui eravamo partiti, per voltarci indietro e vedere quando avevamo costruito e guardarci avanti e vedere quando ancora ci mancava da fare: per me mancava ancora troppo per considerare il lavoro completo.

     
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