Costiera di Kiri

[Ambientazione]

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  1. Ade Geist
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Capitolo Secondo
    Il sapore del Sangue




    Atto VI - Epilogo
    Guerrieri del Sangue

    Dopo avergli lacerato ogni possibile protezione nonché veste mentre stava cercando di scappare, quando passai all'offensiva, il mio affondo lo terrorizzò. Probabilmente si vide chiuso tra la morsa di un demone assetato di sangue, da una parte, e quella del profondo, imperscrutabile mare di kiri. Si voltò, forse provò a gettarsi giù dalla scogliera ma non fu abbastanza rapido: lo trafissi da parte a parte, tranciando prima l'intestino per colpa del suo movimento e poi il fegato, mio bersaglio primario. Le viscere pulsanti, piene di sangue emorragico, crollarono al suolo, chiudendo quell'immagine di vigliacchieria scarna e grezza che la mia preda - finalmente tale - aveva mostrato fino a quel momento. Ma io volevo ancora farlo soffrire, volevo vederlo gattonare tra le sue stesse frattaglie! Così il secondo colpo lo indirizzai alla spalla sinistra; a ben pensarci, soprattutto considerando l'effetto che ha avuto dopo, probabilmente gli avrei staccato l'arto di netto. Fortuna volle che il ragazzo, forse in un ultimo, disperato gesto di onore, spostasse la testa nella traiettoria della mia lama. Il colpo sprofondò giù nel cranio, di sbieco, tagliò l'occhio e si arrestò all'altezza del naso. La sezione di cervello tagliata da Saruhyondo cadde a terra insieme alle restanti interiora.
    Finalmente ero riuscito a conquistarmi quel sanguinolento banchetto. Certo, molto sangue probabilmente se ne era andato, ma una morte bianca risultava impossibile da dare ad una persona non consenziente: bisognava abituarsi. Estrassi Saruhyondo dalla testa de mio avversario: la mia bocca era in ipersalivazione oramai da qualche minuto, le spaccature sul mio viso si facevano sempre più profonde e putrescenti, ma per fortuna, il momento era giunto. Estrassi dal mio cappotto un piccolo filatterio di vetro, dello stesso tipo di quello che usai duranti l'incontro con l'Aokawa, l'appoggiai chirurgicamente tra l'elsa e la lama di Saruhyondo e attesi che ogni goccia disponibile stillasse dentro il suo nuovo corpo. Quando fui certo che Saruhyondo non lasciasse più cadere una goccia, guardai la lama, specchiandomi nel cremisi metallo di cui era vestita quella notte. « Che sensazione inebriante! » sospirai, prima di leccare via dalla lama fino all'ultima goccia di sangue. Le ferite sul mio volto iniziarono a rimarginarsi, le mie labbra e la mia gola secche tornarono a pulsare della vita che era sempre stata in loro. Ma quelle poche gocce non avrebbero certo calmano quella sete che sembrava implacabile, quella smania probabilmente millenaria che mi colse quella notte.

    Mi chinai in ginocchio sul corpo, e infilai le mani dentro la ferita che io stesso avevo causato qualche istante prima. Smossi lentamente ciò che rimaneva degli organi interni del malcapitato, mi feci spazio con le dita tra la cassa toracica fino a quando, col palo della mano, non fui certo di stringergli il cuore già spento. Tirai forte verso di me, strappandolo dal corpo. La parte più dolce, il segreto più intimo, il piacere inespugnabile di un essere vivente era nel palmo della mia mano destra. Lo guardai per un po', osservandone la forma, il colore, i vari tipi di vene che avrei potuto osservare ad occhio nudo dall'esterno. Poi, senza pensarci un attimo, ci ficcai la faccia dentro e me lo divorai, facendo attenzione a non perdere neanche una goccia di quel buonissimo sangue dolce. Sì, gli idioti hanno sempre un sangue dolcissimo.

    Quando finii, lentamente iniziai a riacquistare coscienza di me stesso; lentamente, anche i miei occhi tornarono al loro nero naturale, i capillari all'interno della sclera si sgonfiarono, i muscoli della mia faccia si rilassarono e quell'inquietante sorriso scomparve dal mio volto. Ed io ero lì, per terra, nel bel mezzo della notte, completamente sozzo di sangue, circondato da viscere umane ed animali. Non riuscivo a ricordare cosa fosse successo. Anzi, per qualche istante, non riuscii neanche a riconoscere la costiera stessa. Sentii ogni certezza della mia vita vacillare.

    Cosa diavolo è successo, Saruhyondo?
    Cosa ci facciamo qui?



    Davvero non ricordi niente, Keiji?
    E' la prima volta che ti succede?

    Saruhyondo mi spiegò per filo e per segno quel che successe. Bhè, neanche da lucido mi dispiacque troppo per quel ragazzo; gli inetti non meritano di stare al mondo, lui non riuscì neanche a rivolgermi troppe parole, non provò neanche ad esprimere un concetto. Morì come muoiono i maiali al macello: in silenzio, ignaro. La saggezza secolare della spada di clan mi spiegò che quel che era successo, in antichità, si riteneva demarcasse l'inizio di una nuova stirpe tra i Kenkichi. Soltanto coloro che sentivano il profondo legame col sangue che legava i fruitori dell'Hijutsu di Kiri entravano in questo stato di semi-coscienza belligerante e famelica. Ancor più rari erano coloro che riuscivano a controllarla e portarla a loro vantaggio.

    Le Radici del Sangue sono molto profonde.
    Non importa quanti inverni passeranno,
    esse non geleranno mai.

    Mentre Saruhyondo mi raccontava tutto questo e sia io che il mio corpo cercavamo di riprenderci, un altro grande dilemma intasò la mia mente: « adesso, come mi sbarazzo del corpo? »






    Narrato.
    « Parlato. »
    « Pensato. »
    [size=18] Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.




    Giocata con !!upazzo, conclusa: Continua sempre qui con S h o !
     
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