Palazzo Yakushi

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  1. Jotaro Jaku
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    Sanjuro a palazzo



    Presso le mura, il misticismo di Sanjuro non passò inosservato, tanto che, per un motivo sconosciuto al saggio, un palloncino pieno d'acqua lo colpì in pieno, infrangendosi sulla sua testa e lasciando cadere a terra una non proprio modesta quantità di liquido. Qualche istante dopo, Sanjuro interruppe per un attimo il suo rituale per scuotere la testa lateralmente, con il gabbiano che vi teneva sopra che cercava di aggrapparsi malamente per non cadere a terra.
    Qualche colpetto sull'orecchio opposto a quello che Sanjuro aveva rivolto al suolo, e altra acqua cadde a terra da sotto alla maschera e da dentro la massa di capelli biancastri, assieme ad un pesce rosso e a una spillatrice, che risuonò metallica cadendo su una pietruzza. Quindi Sanjuro tornò a ritualizzare il ritualizzante, fino a che la comitiva non fu accettata all'interno delle mura del suono; o meglio, Sanjuro avrebbe dovuto essere quasi trascinato, dato che in un primo momento, si rifiutava di lasciare solo il povero spirito della porta, martoriato da chissà quale trauma.
    Quando la comitiva si recò dentro alla città, venne indirizzata alla volta del palazzo Yakushi; un vero e proprio castello situato dentro la città, la cui atmosfera lo separava molto dal resto delle costruzioni: sembrava un edificio rimasto fuori dal tempo, giunto da un'epoca antica, un po' come le abitudini igieniche dei gomiti di Sanjuro.
    Lo sciamano; che non metteva piede a Oto da decenni, sempre ammesso che la sua memoria non lo tradisse e che in realtà quella che lui credeva di ricordare come Oto non fosse in realtà lo scantinato di un venditore di lenze da pesca, seguiva il gruppo stando in cima alla fila, avendo bruciato tutti alla partenza, dopo essersi convinto che ormai per quella povera porta non c'era niente da fare.


    [...]

    Con passo sicuro e disinvolto, Sanjuro stava conducendo la delegazione multivillaggio, ovviamente senza avere la minima idea di dove stesse portando i presenti. Il palazzo era persino abbastanza riconoscibile, se un uomo normale si fosse guardato attorno, ma non per Sanjuro, che a ginocchia alte e bastone in mano, avrebbe condotto i suoi alleati per le vie di Oto, facendo perdere loro almeno 45 minuti senza motivo. Se invece la delegazione si fosse staccata da lui, svoltando al momento giusto, anche chiamandolo per attirare la sua attenzione, l'uomo avrebbe proseguito, rassicurando i ninja che aveva dietro, e poi proseguendo per la sua strada.

    - Siamo quasi arrivati amici miei, non disperate! -

    Quando finalmente l'uomo fosse giunto al castello, da solo, o in compagnia, si sarebbe reso conto che non poteva permettersi di entrare nella dimora di un clan famoso e potente come erano gli Yakushi, senza le giuste insegne, e senza dei doni adeguati, quindi prima di varcare la soglia, avrebbe rovistato sotto la magica gonnella ( mostrando a tratti, degli scorci di perineo se avesse avuto dei ninja dietro di sè) per tirare fuori due rotoli. Il primo era il rotolo delle insegne della palude, che una volta aperto, avrebbe richiamato ciò che per Sanjuro significava "insegne della palude" nemmeno fosse uno stato sovrano. Ovvero un grosso pesce gatto di circa un metro e mezzo, molto puzzolente, con disegnata sulla testa l'icona di kiri usando del nastro isolante; da portare tipo uno scialle, sul collo, da una spalla all'altra.
    L'altro rotolo, invece, era quello dei doni, ma chiaramente non avrebbe potuto aprirlo fuori dal palazzo, per ovvie e sciamaniche ragioni.
    Quando fosse arrivato sulla porta, portando con sè la delegazione ninja, o quantomeno la puzza di pesce, lo sciamano si sarebbe leggermente inchinato davanti alla gigantesca donna, non per problemi di schiena, ma per non farle cascare il pesce gatto sui piedi, presentandosi.


    [Se presenti anche gli altri ninja]

    Accolto dalla gigantesca presenza femminile, lo sciamano si sarebbe presentato.

    - Onorato di fare la vostra conoscenza, Sanjuro, sciamano, mistico, nonchè mistico sciamano del villaggio della Nebbia, al vostro servizio. -

    Quindi alla donna, sarebbe caduta una rivista particolare, che non sarebbe sfuggita agli occhi sapienti di Sanjuro, il quale la riconobbe subito come Ninjella, la rivista scandalistica dei ninja, molto apprezzata anche dall'uomo, più che altro quando era sano di mente, e interessato alle foto sconce delle kunoichi.

    - Signora sarei felice di donarle la mia copia da collezione se dovessimo incontrarci a Kiri: un inestimabile esemplare in ottime condizioni, l'introvabile primo numero con l'intervista al fondatore dell'accademia e la galleria di foto del vaso da notte del primo Mizukage, assieme all'inchiesta sulla perduta dignità di Hayate e una falsa copia originale del certificato di cittadinanza di Mataza. -
    Quindi l'uomo avrebbe chinato il capo in attesa che tutti si fossero fatti avanti, per proseguire nella gita.


    [Se Sanjuro giunge da solo, dopo tutti gli altri]
    Vestito di tutto punto con il suo pesce gatto sulle spalle; solo una volta davanti alla guardiana, o alla sua copia, si sarebbe accorto di non stare portando nessuno. Temendo quindi di aver camminato troppo velocemente, se la donna non lo avesse avvertito di essere lui quello in ritardo, avrebbe lasciato a terra il pesce gatto, si sarebbe grattato il mento, ovviamente sopra la maschera, e avrebbe fatto dietro front, per andare a cercare la delegazione, che certamente non era riuscita a seguire la sua atletica camminata.
    In caso contrario, avrebbe seguito le indicazioni per recarsi dove si trovavano tutti.


    [Nella sala funebre]

    Giunto nella sala adibita da Febh a stanza d'accoglienza, avrebbe trovato lo Yakushi intento a sistemare i fiori e le offerte attorno ad una foto di Itai. Ovviamente Sanjuro, se anche fosse stato in ritardo di ore, sarebbe comunque giunto assieme agli altri, grazie ai poteri misticospaziotemporalifrittatadicipolle di Gassan, potendo constatare di avere davanti una persona molto dolce, a tratti toccante, che era tale Febh Yakushi.
    L'inaspettata sensibilità dell'amministratore, quasi fece piangere puntine da disegno allo sciamano, che dopo essersi asciugato i lacrimoni, sempre da sopra il legno della maschera (?), si sarebbe avvicinato alle offerte, lasciando la sua parte di fiori. ( Semplicemente spostandoli da un vasetto all'altro, come se niente fosse, e come se nessuno lo notasse)
    Quindi accadde qualcosa che Sanjuro decisamente non si sarebbe aspettato; Gassan si, ma solo perchè lui, dei due, era quello sveglio. Febh si buttò a terra iniziando a rotolare e a emettere strani suoni, eseguendo quello che solo un maestro delle arti sciamaniche poteva conoscere: un rituale segreto di liberazione dagli spiriti; una delle arti più antiche e segrete della meditazione spiritista, il cui scopo era proteggersi dagli incanti negativi e dal malocchio perpetrato dagli spiriti, mascherando la cosa come una risata, per confondere i profani.

    Che Febh sapesse della natura spiritica di Itai? Che quello che si nascondeva sotto il sensibile e amorevole amministratore di Oto, fosse in realtà un Grande Sciamano? Tutto era possibile.
    Totalmente ignorando il fatto che lo stesso amorevole amministratore stava sventolando un braccio mozzato, Sanjuro stava già pensando a come comunicare con Febh in codice, in modo da scoprire se fosse davvero un Grande Sciamano sotto copertura. Se così fosse stato, avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. L'esorcismo del povero Itai poteva essere sempre più vicino.


    Quindi fece pipì in un angolo.




     
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