Palazzo Yakushi

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  1. Waket
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    Quando il gatto non c'è...


    XV




    Hebiko dedicò solamente una lunga occhiata a Diogene, sentendo il suo ordine. Sembrava che sostenesse facilmente quello sguardo, ma non appena si voltò, chiudendo la porta alle spalle, la sua maschera seria sembrò come dissolversi, lasciando spazio a ciò che provava realmente.

    Il dialogo con Raizen non sembrava calmarla. Lo vedeva distratto, come se non gli importasse nulla. Puoi almeno guardarmi in faccia!? Le raccontò in maniera molto rapida e vaga della minaccia di ostaggio, cosa che le fece sgranare gli occhi, evidentemente confusa. Ostaggio!? Ma gli pare il momento per certi giochetti- Fu costretta a bloccare la frase trovandosi le labbra di Raizen sulle sue, avvampando immediatamente. Con la faccia completamente rossa, si mosse appena all'indietro, cercando invana di riprendere il controllo della situazione, trovandosi però la Volpe che non faceva che avanzare, continuando a scambiare piccoli baci a stampo. Rai- Un mome- Non è il- Sme-!! Venne raccolta come fosse una piuma e lanciata in aria, momento nel quale si irrigidì completamente, con la faccia rossa e gli occhi completamente sgranati, impotente nelle mani del suo fidanzato.

    Aveva ancora il respiro rapido per l'ansia, ma più ascoltava le parole di Raizen, più sembrava sciogliersi, perlomeno rallentandolo. Non sono sicura che Diogene possa considerarsi realmente un alleato... Mugolò, ancora tremendamente imbarazzata. Se ormai si era abituata a continue dimostrazioni di affetto, non si sentiva comunque a suo agio ad averne una in un momento simile. Ma che volesse ammetterlo o no, la cosa la stava aiutando a calmarsi. Sembrò sciogliersi ulteriormente quando l'altro si mostrò così orgoglioso della loro relazione da non volerla nascondere, nemmeno ad un potenziale nemico. Hebiko chiuse gli occhi, godendosi quella delicata carezza, posandogli la testa sul petto. Ascoltava il suo lento respiro, cercando di sentirne il ritmo lei stessa, fino a raggiungere la calma. Le piaceva l'idea di avere qualcuno che teneva alla sua protezione. Sapeva che anche Febh probabilmente avrebbe ribaltato la città se le fosse accaduto qualcosa, e sapeva bene che non glielo avrebbe mai detto apertamente, negandolo persino quando colto sul fatto. Ma sentirlo dire faceva un diverso effetto. Le piaceva quella leggera pressione di un abbraccio, il calore dato da quel semplice gesto. Le piaceva anche perchè si trattava di Raizen. Non dava quella confidenza a molti, e lui era il primo, se non l'unico, che poteva vantare di averla mai sentita così rilassata in una simile stretta.

    Fece un lungo sospiro, rialzandosi solo quando l'Hokage accennò al proporle di allontanarsi, pur sconsigliandolo. No, no. Non posso di certo scappare via. Forse il Colosso aveva realmente imparato a conoscerla nei minimi dettagli, poichè ogni parola sembrava colpire ogni sua paura, rimpicciolendo il problema o aiutandola con delle scappatoie. Ho un ruolo da rispettare, e non saranno le mie paure ad impedirmi di portarlo avanti. Devo solo proseguire con cautela. Si fece pensierosa nei riguardi di Diogene. Beh... Naturalmente qualche scontento c'è, le persone che lavorano con me in ufficio, sentendo solo la mia campana, stanno iniziando a darmi ragione, e la sua assenza non ha fatto di certo bene, considerando che doveva essere un vero Kage questa volta... Nessun Kage poteva vantare del privilegio di non avere scontenti, nemmeno il più minuzioso. E, considerando come il Mikawa aveva comandato fino a quel momento, era probabile che lo scontento fosse decisamente maggiore di quanto Hebiko stessa credesse. Avrebbe dovuto indagare il prima possibile.

    Raizen si distaccò, controllando se si fosse calmata. La giovane alzò lo sguardo per osservarlo, accennando un sorriso. Annuì appena, allungando una mano sul suo viso, le guance di lei ancora arrossate. Grazie, Raizen. Avrebbe voluto scambiare un dolce bacio con il Colosso, ma il frastuono di legno rotto e delle grida la mandò in allarme, facendola sobbalzare. Non posso crederci... Borbottò a denti stretti, dirigendosi con una certa fretta verso la porta. L'avrebbe spalancata, facendo appositamente rumore per farsi notare, ed osservando i presenti con rabbia. Sembrava difficile crederci, ma in quel momento non sembrava avesse paura di nulla. E, per quanto Raizen l'avesse aiutata, quella furia era data da altro. Vi lascio da soli. Per CINQUE minuti. Lo sguardo cadeva perlopiù su Febh e su Diogene, ma avrebbe voluto dare le colpe anche ad Ogen per non essere riuscita a controllarli. Due Jonin di fronte alla capoclan forse più importante di questo villaggio. E non appena mi allontano ve ne approfittate per vandalizzare la sua casa e gridare come marmocchi!? Fissava con disprezzo il Kokage, senza nasconderne la delusione. Mi aspetto di meglio da shinobi del vostro calibro e dal vostro ruolo. Si sarebbe spostata dalla porta per permettere a Raizen di entrare, lasciandogli la precedenza. Chiedo scusa per l'accoglienza movimentata. Tornò al suo posto, sedendosi con eleganza, e calando nuovamente lo sguardo sui due jonin. Voglio sperare che abbiate risolto i vostri problemi e siate pronti a comportarvi di nuovo come persone civili.

    Hebiko era ancora una genin. Aveva avuto più di un successo in missione, così come più di un fallimento. Era stata capace di imprese che erano rimaste nascoste ai più, ma ancora non erano bastate per salire di grado. Ma non sarebbe stata una targhetta lucente a decidere chi era, e quando poteva esercitare controllo su altri. Così come lei dava professionalità al villaggio, pretendeva la stessa cosa dai loro abitanti, per non parlare del loro Kage. Per quanto si fosse abituata ai metodi di fare di Febh, ancora sapeva metterlo in riga se esagerava. E non si sarebbe tirata indietro nello strigliare persino il suo stesso Kage, se lo vedeva perdersi in simili scenate. Lo avrebbe costretto a rispettare il ruolo di cui si era incoronato, o lo avrebbe fatto cadere dal trono, un passo alla volta.
     
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