Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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  1. DioGeNe
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    PRIMA PROVA: Furto al casinò



    Buio. Come un cieco l’unica cosa che i miei occhi potevano captare era solamente la tenebra nella quale essi stessi si erano rintanati, per istinto, per paura. È quasi contraddittorio come l’uomo si trovi sempre impreparato di fronte alla morte, è quasi contraddittorio che io, che non avevo mai rifiutato un combattimento o una missione, con tutti i rischi che poteva comportare, adesso avevo paura...che delusione. Nella mia mente si impose un profondo silenzio e l’impossibilità di formulare un pensiero che fosse diverso da quel misto i ansia e terrore che mi attanagliavo. Aspettavo la morte, eppure la temevo. La aspettavo, perché il mio corpo non era in grado di scamparvi; la temevo, perché ero insicuro. Nell’uno e nell’altro caso, una sola cosa era evidente: ero debole.

    Eppure non andò così. Fato volle che non quel giorno io dovetti morire. Nell’incapacità di vedere avvertii solo che una forza mi spostava, forse non troppo rapidamente perché uscissi illeso dal crollo della mia stessa casa. Fu proprio il dolore a dirmi che ero ancora vivo: i morti non possono provare dolore.
    Il mio corpo fu sbattuto contro una superficie solida, probabilmente il muro di casa, e mi accasciai quasi senza forze. Ancora infatti non mi ero ripreso dallo shock, la mia mente faticava a razionalizzare gli impulsi che il corpo gli lanciava, non ero in grado di ricostruire gli eventi. Nella confusione, la strada per rinsavire si illuminò accompagnata dalle parole dell’unica persona che si trovava in quella stanza insieme a me.

    CITAZIONE
    « Mikawa, sei proprio incapace. Se non ci fossi stato io adesso, tu avresti abbandonato questo mondo. Sei proprio una merda. »

    Troppe, troppe parole per essere capite con chiarezza dalla mia mente scombussolata. Aprì gli occhi. Yamashita mi stava davanti, la sua figura gettata metà in ombra dalla luce che scendeva adesso maggiormente al soffitto. La sua aria di disprezzo era stampata a chiare lettere sul suo volto...mi sentii veramente una merda. E poi le poche parole che mi aveva rivolto prima si ricostruirono nella mia mente. Aveva ragione, non ero forte abbastanza...ero stato persino capace di farmi salvare da uno sconosciuto, da un ospite per giunta. E sebbene il tuono di voce col quel parlava era sgradevole e offensivo nei miei confronti, come potevo ribattere difronte a tanta verità? Cercai di tirami su, ma la gamba ferita non sosteneva il mio peso. Dovetti aiutarmi col braccio sinistro, appoggiandomi al muro, per non rovinare a terra, e concludere in bellezza la mia già eccelsa performance.

    CITAZIONE
    Ti sottoporrò ad un allenamento che metterà in serio pericolo la tua vita, tuttavia se concluso con successo ne risulteresti fortificato.

    Questa era una cosa che veramente non mi aspettavo. Probabilmente l’incredulità si dipinse a forti tinte sul mio volto, giacchè anche Yamashita se ne accorse. Non potei non notare l’ilarità della mia situazione: il mio ospite era diventato, prima il mio salvatore, poi il mio denigratore ed infine sarebbe dovuto diventare il mio sensei. Così, con il dolore alla gamba che perforava il cranio, sorrisi.

    “Mpf...credi davvero che parole come “ allenamento alla morte" possano fare presa su di me? Va bene sfidami a quello che vuoi...anche con una gamba ridotta così...per me non è un problema.”



    CITAZIONE
    Sai Mikawa, il tuo primo compito è quelo di intrufularti nel casinò che sta in città; dovrai abbattere i buttafuori che stanno all'entrata e dovrai rubare 1500 monete d'oro. Puoi anche ucciderli se vuoi, basta che non li conduci sulle mie tracce.»

    “ furbo però...con questo giochetto potrà anche arricchirsi...ne il rifiutarmi porterebbe a qualcosa di costruttivo...”


    Senza dirgli una parola mi voltai, dandogli le spalle, e uscì dall’ormai distrutto corridoio fino fuori casa. Con passo incespicante tentai di assumere un andamento naturale, purtroppo la gamba faceva più male del previsto...dannazione. Mentre camminavo con volto basso mi misi a pensare alla moralità del mio gesto. In realtà mentivo a me stesso quando mi dicevo che dopotutto andavo a rubare in un luogo di perdizione; che rubare a chi costantemente imbroglia tanti poveracci non è poi così sbagliato. In realtà erano tutte balle, io lo sapevo, ma mi aiutava ad andare avanti. Certamente non mi sarei fermato per questo...ormai la sfida era partita...altro che allenamento, altro che rischiare la vita...qui c’era in palio l’onore.

    Mentre mi dirigevo verso il casinò notai con piacere che le tenebre stavano scendendo sul villaggio, cosa che mi diede un sollievo: sarebbe stato molto più facile agire in queste condizioni. Allungai solo di una decina di metri al via per la mia meta, giusto il tempo di imboccare un violetto nel quale cambiare il mio aspetto mediante la tecnica della trasformazione. Ne uscii mutato. Adesso al posto della possente figura allenata di un ninja, sarebbe comparso un ometto sulla quarantina, dall’aspetto salutare, ma in definitiva un anonimo.

    A mala pena dieci minuti di cammino e la mia vista si posò su quel luogo di fortuna e inganni che gli altri chiamavano casinò...io personalmente non avevo mai avuto bisogno di pronunciare quel nome. Il palazzo sorgeva alla destra della via. Nonostante fosse incassato tra altre file di abitazioni, l’edificio si trovava quasi in disparte, come se il costruttore avesse voluto isolare quella sua creazione dal resto del volgo. In effetti al struttura era ben fatta, slanciata e a più piani. Mentre camminavo lungo il corso, ovvero lungo la via davanti alla quale si apriva la porta principale del casinò, lanciai un’occhiata distratta alla stessa. Una sola guardia era all’entrata...nulla di particolare, ma era evidentemente ben allenata, o almeno questo trasaliva dai rigonfiamenti sotto le vesti. Mi concessi tempo, del resto il mio nuovo sensei non me ne aveva imposti. Sprecai un’ora del mio tempo nel costatare che le guardie si cambiavano di posto ogni questo d’ora. Si perché infatti erano più di una, per la precisione quattro.
    Intanto l’oscurità si era fatto padrone di quel logo, dovendo però cedere alle numerose insegne che si erano improvvisamente accese ai alti della strada, e in particolar modo intorno al casinò.

    “Ok posso iniziare”


    Mi recai all’edificio alla destra del casinò, tranquillo...il buttafuori non mi degnò nemmeno di uno sguardo...meglio. Rapidamente impastai il chakra sulle piante dei piedi così da permettermi di arrampicarmi sulle pareti della struttura facilmente. Incominciai a salire lentamente, cercando di non sforzare eccessivamente la gamba ferita...cosa praticamente impossibile in quella situazione. Arrivato a 7 metri di altezza, mi sarei posato sulla facciata dell’edificio, nel buio, essendo le insegue al neon più in basso. Guardando a terra potevo scorgere il primo buttafuori...sarebbe stata una passeggiata. Con passo lento incominciai la discesa, il più silenziosamente possibile. Un quantitativo pari a bassissimo di chakra andò alla gamba malmessa, così da lenire il dolore. I metri prima dell’attacco, si ridussero vistosamente, ogni muscolo teso a vincere la forza gravità per rimanere saldamente a quella parete. Ad un metro e mezzo dal buttafuori, mi arrestai. Nessuno era in procinto di entrare, e i presenti si stavano allontanando dalla zona nella quale andavo ad agire. Un solo attimo di ripensamento prima dell’attacco, il respiro praticamente assente. Disattivai il chakra che mi teneva vincolato alla parete. Non più sorretto da quella forza, precipitai vero il suolo, ma mentre cadevo i pugni salirono davanti al mento fino ad unirsi. Così sferrai in caduta un colpo a due mani alla testa del mio avversario che, da dietro, non poteva opporsi in nessuna maniera. Un suono sordo si dipartì dal suo corpo mentre subiva il mio attacco, un attacco a quanto pareva sufficiente per stordirlo. In un attimo, prima che la situazione degenerasse, avevo già portato il bestione, nello stesso vicolo dove mi ero arrampicato, e lo avevo nascosto dietro due secchi dell’immondizia. Purtroppo a quel punto apparve evidente che non potevo continuare in quella maniera. Nonostante i miei colpi erano più potenti del normale, certo non potevo sperare che quei bestioni rimanessero storditi per troppo tempo. Ed un’ora era decisamente troppa...Un sola era la soluzione, li dovevo far scoprire così da attirarli in fretta e poterli sconfiggere in un sol momento.

    Mi nascosi con il corpo senza coscienza del mio nuovo compagno di avventura, nelle ombre del violetto. I minuti passarono lenti, e lentamente il mio respiro cadeva con regolarità. Quando mancavano pochi minuti al cambio di guardia, preparai la mia esca. Necessariamente avevo dovuto aspettare l’ultimo minuto, perché se ci fosse caduto qualcun altro sarebbe andato tutto in fumo. Posizionai quindi il corpo del buttafuori in maniera che, dalla strada principale, se ne potesse vedere il profilo. Siccome avevo notato che le guardie si conoscevano, non avevo dubbi che, il buttafuori che doveva arrivare, non trovando il suo compagno si sarebbe allarmato ed, inseguito, visto il corpo, si sarebbe diretto nel vicolo dove io mi stavo nascondendo, pronto per l’ennesimo attacco a sorpresa.

    Così infatti avvenne: il bestione arrivò puntualissimo e, come da copione si allarmò nel non vedere più il suo compagno, ma non eccessivamente. Poi si diede uno sguardo intorno e alla fine trovò la traccia che gli avevo lasciato. Lo sentii distintamente chiamare qualcuno alla ricetrasmittente che aveva all’orecchio, mentre mi dava le spalle, a me che stavo nell’ombra di un a viuzza minore che si apriva tra quei palazzi. Appena ebbe finito gli riservai lo stesso trattamento del primo, un colpo ben piazzato alla base della nuca supportato da un altro po di chakta. Anche il secondo era fuori combattimento. Questa volta però non ebbi il tempo di riprepararmi. Rumori di passi mi portarono all’entrata mentre due grosse sagome, si facevano spazio, correndo, verso la mia posizione. Lessi un attimo d’ incredulità nei loro occhi, quando videro i loro compagni a terra; una incredulità che si trasformò presto in rabbia cieca, anche se devo dire a loro merito, domata dall’esperienza. Come una squadra si lanciarono verso di me. Spalla contro spalla, come un muro umano. Purtroppo la gamba non mi permetteva movimenti complessi, e quindi cassi subito d non potermi destreggiare tra due individui di quella levatura fisica. Anche per questo dovetti agire con intelligenza. Quando infatti furono a poco meno di quattro metri da me, quando la loro ira era giunta al punto massimo, e i loro passi calpestavano il terreno con maggiore violenza, nella foga di raggiungermi, lanciai un solo kunai, preciso, mirato alla basse del collo del piede del bestione alla mia destra. Il colpo era mirato alla gamba portante, un colpo che non era letale, ma nemmeno schivabile. Quindi appena il kunai lo colpì quello mi oltrepassò alla mia sinistra, rovinando terra. L’altro invece, ancora sano, mi attacco con tutta la sua forza. Non era allenato alla maniera dei ninja e i suoi attacchi risultavano abbastanza prevedibili. Poi un colpo in fallo, non potenzialmente letale, e decisi di subirlo per fargli assaggiare la mia forza. Mentre il suo pugno mi colpì allo stomaco io gli rifilai un uno due al volto e quello, sanguinante, cadde terra, anch’egli fuori gioco. Ma il mio incontro non era finito. L’ultimo rimasto cosciente mi ripese alle spalle, con una presa che mi immobilizzò gli ari superiori. Provai a forzare la sua stretta, ma da quella posizione, la sua leva era in vantaggio, la mia superiore forza completamente inutile. Quello cominciò a stringere, con forza, cercando di farmi pagare l’affronto che avevo osato fare ai suoi compagni. Ma la mia mente era lucida, il respiro regolare e provavo un dolore che era di gran lunga inferiore di quello della gamba. Giàcchè non potevo nulla, decisi di utilizzare a mio vantaggio la struttura del luogo di scontro. Impastai un mezzo basso nelle gambe e mi buttai di schiena contro la parete alla mia destra. Ovviamente il bestione subì tutta la violenza del colpo, ma non mollò. Allora io con vigore, ancora una volta, ancora due, finchè la sua presa divenne nulla. Così mi libera con uno strattone e lo buttai a terra...un altro colpo alla nuca...

    Quando ebbi terminato con la mia schermaglia, posizionai i corpi così che non potessero essere visti dalla via principale. Ad occhio e croce avevo una decina di minuti prima che il primo che avevo stordito si risvegliasse. Cambiai nuovamente il mio aspetto, mediate la hange
    Adesso ero un ragazzo sui ventiquattro anni con il braccio deterso fasciato e retto da delle bende al collo. Indossavo un kimono nero, come quello che ero solito portare e il braccio inutilizzabile, trovava posto nella scollatura dell’ abito. Entrai.

    Lo scenario ignoto che mi accolse i rivelò corrispondente alla mia immaginazione. Tante luci, tanti colori, tante persone dedite a perdere soldi e solo qualche eletto a vincere. Mi feci un giro tra i tavoli, tranquillo. Poi notai ciò che mi interessava. Tra i tanti giochi era stato lasciato uno spazio con un unico tavolo, troppo piccolo da accogliere dei giocatori. Il tavolo, alla cui guardia c’erano altri tre buttafuori, era depositario di tanti sacchetti, ognuno dei quali recava la scritta 500, a lettere d’oro.
    Probabilmente quello era un incentivo per far giocare i giocatori...
    Analizzai gli spazi, mi feci un rapido calcolo dei tempi e mi avvicinai ad un tavolo che appena si era liberato di tutti i giocatori e del mazziere. Era perfetto. Con disinvoltura vi passai accanto e contemporaneamente feci passare la mia mano destra sotto il margine esterno dello stesso e vi applicai una bomba carta attivandola. Incominciai a contare:

    “ 3...”


    Il mi passo rapido mi aveva portato a meno di dieci metri dal tavolo con il denaro. In me speravo che non fossero dei falsi e che quei sacchetti non fossero solo uno specchietto per le allodole…purtroppo non avevo il tempo di controllare...adesso il piano era incominciato.

    “...2...”


    Il tavolo era ad un passo dalla mia mano, i buttafuori vicinissimi a me...se solo avessero saputo cosa avevo in mente...

    “...1...”


    Lo sguardo indagatore di uno di quelli si posò sui miei occhi cercando di scrutare chissà che cosa all’interno di quelli. Il mio cuor perse un colpo…ma lo sguardo era rimasto gelido e indifferente..

    “ ...0”


    L’esplosione arrivò nel momento aspettato, facendo finire in un miliardo di schegge il tavolo ormai martire
    dei miei piani. Tutti si gettarono atterra sotto shock. Anche le guardie, per riflesso condizionato, oppure per addestramento, si accucciarono coprendosi gli occhi. Anch’io feci lo stesso, ma un attimo in ritardo, quello stesso attimo che mi servì per rubare, rapidissimo, tre sacchetti dal tavolo e metterli nella bozza del chimono che veniva a formarsi per il braccio fasciato lì posto.

    Arrivarono altre guardie a controllare la situazione, ma quelle non potevano fare niente...non c’era traccia della mia manipolazione. In breve tempo fecero uscire tutti i giocatori dalla sala e io con essi. Fu un piacere uscire da quel luogo, vittorioso. Le guardie fuori si erano appena riprese e, agitate nel loro fallimento, parlavano ad alta voce tra di loro e all’interno degli auricolari...gli passai giusto affianco. Per un solo attimo il mio pensiero ritornò alla legalità del mio gesto; ma già i piedi tornavano verso casa, per mostrare ciò che ero riuscito a fare a colui che mi aveva sfidato.


    SPOILER (click to view)
    Off topic

    Ferite subite: ferita medio-grave alla gamba destra, leggera all'addome, leggera da stritolamento al petto
    Chakra consumato: 30/98 (misura indicativa)

     
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393 replies since 2/11/2007, 23:19   12288 views
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