Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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  1. DioGeNe
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    SECONDA PROVA: Salita senza scale



    CITAZIONE
    « Mikawa, il chakra non è il tuo forte, vero? »

    Come poche ore prima Yamashita parlò con tono sferzante, come di chi si sente superiore. Non mi degnai nemmeno di rispondere a tale domanda, anche perché il tono con cui era stato formulato non ne contemplava nessuna, e come tutte le domande retoriche, anche a questa era inutile rispondere. Quindi il mio sadico e corrotto sensei continuò così, dopo attimi di tentennamento:

    CITAZIONE
    « Dovrai salire sul tetto usando il chakra e non dovrai mai smettere di utilizzarlo. Ovviamente, a causa degli sforzi eccessivi e del chakra utilizzato per rapinare il casinò, sarai stanco e vorrai riposarti. Non m'importa delle tue esigenze, però. Quindi salirai e riparerai tutto il tetto. Quando ti sentirai mancare poichè non possiedi nemmeno un briciolo di chakra nel corpo, bhè, trova un modo per non morire. »

    E così la mia nuova prova era stata decisa, chi sa poi sulle basi di quale capriccio. Ciò nonostante questo non mi doveva riguardare…incominciavo a rientrare nell’ottica dell’allenamento, ovvero quella ricerca di perfezione che io avevo troppo a lungo rimandato. Sebbene infatti quotidianamente l’esercizio fisico era pratica comune, erano oltre sei mesi che veramente non mi mettevo alla prova...senza dubbio era il momento di rincominciare.

    Ancora una volta non risposi al mio maestro, ma alzai il capo per vedere ciò che si doveva fare. Da una prima analisi calcolai che mi sarebbero servite più o meno una quarantina di tegole per sanare il danno al tetto, in più si dovevano contare almeno tre tavole di legno per ricomporre la trabeazione. Valutai bene la quantità di materiale nonché il possibile dispendio di forze e mi misi all’opera. Prima di tutto legai le tegole in pacchetti da dieci con della corda cosicché il trasportarle verso l’alto mi fosse più agevole. Feci lo stesso con le tre tavole di legno, anche se a queste applicai una corda più lunga così da poterle tirare su quando fossi stato già in cima alla mia abitazione. Durante la prima salita reggevo con entrambe le braccia una delle quattro pile di tegole e in più la corda con le tavole. Il peso della corda era completamente trascurabile, quello delle tegole considerevole anche se non eccessivo per la mia forza sopra la norma. Evocando il chakra adesivo incominciai la salita, le tegole che poggiavano sul petto adesso parallelo al terreno. Nessun problema...i passi si avvicendavano con cadenza regolare, lo sforzo non era eccessivo. La gamba però dava seri problemi; probabilmente sarei dovuto andare in ospedale di li a breve, un profondo livido nero grosso quanto tutto il quadricipite era comparso sullo stesso. Ricorsi al chakra come palliativo ma in una quantità talmente esigua (2,5 ptc)da risultare inefficacie. Quando arrivai sulla sommità dell’edificio, feci una stima approssimata di quanta energia avevo perso: la fortuna mi sorrideva; a meno che non avessi completamente sbagliato i miei calcoli, 4 viaggi sarebbero stati sufficienti per ultimare il lavoro. Mi misi all’opera. In primo luogo tirai su il legno, mediante la corda che avevo in mano, fino al soffitto utilizzando altro chakra (2,5 ptc). In seguito le disposi sul foro così che seguissero l’andamento del tetto. Purtroppo dovetti ricorrere ancora alla mia riserva di chakra per alcune tegole che si erano incastrate tra di loro, così la mia riserva si abbassò ulteriormente di due bassissimi (5 ptc). Solo dopo aver tolto quegli impedimenti potei applicare le tavole, per dare sostegno alle tegole che poi le avrebbero coperte. Ovviamente una sistemazione del genere non avrebbe reso quella parte di tetto funzionale al 100%. Ad essere realistici al posto del legno sarebbe servito materiale isolante, ma in mancanza questa era tutto quello che potevo fare. Incominciai a piazzare le tavolette che avevo portato con me. Non più di un quarto d’ora mi servì per incastrare tra loro le prima dieci tavolette d’argilla; dopodichè discesi. Mentre scendevo mi scoprii essere molto tranquillo mentre svolgevo tale esercizio. Questo era quello che si poteva definire un addestramento mirato allo sfinimento. Allora quando ti trovi ad affrontare questo tipo di situazione non devi badare a quante energie consumi, perché la finalità dell’esercizio non è il completamento dello stesso ma lo sfinimento di chi lo compie. Quindi ci si rende conto che non l’allenamento è importante né il tempo che ci si impiega, di conseguenza non ha nemmeno importanza come lo si svolge. Nella mancanza del giudizio risiedeva la mia tranquillità, come nel furto al casinò, di potermi esprimere liberamente. Questa mia convinzione, però, non mi allontanò dall’obbiettivo pratico dell’allenamento. Dopotutto quello era il mio tetto...se facevo un cattivo lavoro ne avrei risentito io stesso in prima persona.

    La seconda salita iniziò come la prima e a questa seguì una terza che, se non fosse stato per i risentimenti alla gamba, avrei potuto definire poco impegnativa. Infatti finquando il chakra supportava le mie scalate e le forze erano abbondanti, certamente non era la difficoltà di ciò che dovevo compiere a rendermi la vita difficile. I problemi giunsero alla quarta scalata. Diverse gocce di sudore imperlavano il mio volto e il mio corpo che adesso risentiva con così vivido decadimento tutte le energie dissipate in quel lavoro “domestico”. Infatti la mia riserva di chakra ormai non vantava nemmeno più un quarto della sua originale potenzialità, giacchè era stata così largamente messa alla prova dagli sforzi al casinò. Questa consapevolezze che, comunque la mia mente aveva tenuto ben presente, alla stregua di chimere, fin dalla prima salita, mi colpirono adesso a metà dell’ultima salita con una immediatezza quasi sconcertante. Fu per me quasi doloroso dover rilasciare altro chakra per non patire così grandemente il doloro alla gamba destra. Ero appena salito in cima che fui costretto a sedermi rimandando di poco l’ultima parte del lavoro. La vista incominciava ad appannarsi, le figure sfumavano nei fantasmi delle stesse...ma fermarsi adesso era quasi una beffa al mio sforzo. Quasi con disprezzo afferrai la sacchetta con le ultime tegole la avvicinai al luogo di lavoro. Sciolsi il nodo che le teneva unite e incominciala comporle in quel mosaico monocromatico che era il tetto. Più volte l’avambraccio andò ad asciugare la fronte, più volte sentii il braccio sinistro, che reggeva il peso del mio corpo da disteso, cedere sotto la pressione della mia mole...però fermarmi era uno spreco. Questo era l’unico mantra che mi spingeva ad andare avanti, come un’ancora di lucidità che non permetteva di abbandonarmi all’incoscienza e al meritato riposo.

    Quando anche l’ultima tavola fù posizionata, mi diressi fino al bordo del tetto e guardai giù. Quella era l’ultima prova, anzi era la prima, perché certo sprecare la mie energie era solo la premessa della vera fase dell’esercizio. Io lo sapevo bene. Ancora lucido nella mia mente era il ricordo appartenente ad un tempo passato di soli sei mesi quando mi trovavo in compagnia del maestro Asuka e di altri giovani shinobi che, come me, stavano affrontando il loro primo allenamento serio con un maestro. Allora non fu nè semplice né divertente affrontare l’orda di demoni che il sensei usò come mezzo per spronarci a migliorare. Al tempo, infatti, non eravamo in grado, non ero in grado, di poter dissipare le mie energie salendo in verticale su di una parete, così Asuka dovette evocare uno dei suoi demoni affinché strappasse dal mio corpo ogni forza che quello possedeva. Quella fu la prima volta in cui dovetti veramente credere in me stesso per riuscire ad appellare al mio volere addirittura le energie vitali per sopravvivere. Era necessario anche se la motivazione allora non devo dire che mi fosse chiarissima. Adesso, però, sulla sommità di quell’edificio io conoscevo bene l’utilità di quel gesto estremo ed ero pronto a rimettermi in gioco per quella stessa utilità.

    Nuovamente evocai il chakra adesivo, un’ultima volta, e incominciai ala discesa. Le difficoltà si fecero subito evidenti: la stanchezza, la manipolazione di una quantità troppo infima nonché necessaria di chakra, rendevano difficoltoso ed irregolare la patina di energia che mi permetteva di vincere la forza di gravità. Strinsi i denti e cercai di focalizzare quei pensieri sfuggenti che vorticavano nella mente, così simili ai sogni che colpiscono l’uomo quando è incosciente, in maniera da aumentare la mia concentrazione. Solo un’alta concentrazione mi poteva permettere di ottimizzare quelle ultime forze che mi rimanevano; deconcentrarmi, infatti, avrebbe significato cadere da un’altezza di oltre tre metri, ergo una potenziale morte. I passi incerti si susseguivano uno dopo l’altro privandomi sempre più della vita per portarmi alla salvezza. Anche il dolore alla gamba adesso era relativo, relegato in un angolo di cervello insieme a quello che rimaneva della mia percezione della realtà. Se però una cosa, forse per inerzia o per istinto, la mia mente focalizzava, era la meta...ancora troppo distante. Avanzavo comunque ma le gambe mi reggevano appena, fino a quando il mio corpo si arrestò rifiutandosi di andare avanti. Sentii le suole delle scarpe staccarsi dalla solida parete per abbandonarsi al vuoto; la caduta solo per un attimo, per una frazione di secondo, fu rallentata da quell’ultima misera quantità di chakra che la volontà evocò quasi inconsciamente. Ormai non più padrone di me stesso, avvertii brevemente quella sensazione di leggerezza che avevo sempre immaginato dovessero provare i pochi eletti ai quali la natura aveva concesso il dono del volo. La stessa brevità che servì al mio corpo per crollare al suolo che distava solo mezzo metro da terra.


    SPOILER (click to view)
    Off topic

    Ferite subite: ferita medio-grave alla gamba destra, leggera all'addome, leggera da stritolamento al petto, due lievi da caduta
    Chakra consumato: 96.75/98
     
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393 replies since 2/11/2007, 23:19   12289 views
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