Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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  1. Skylineeez
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    La pianta di pomodori richiede tantissima pazienza e cura. Beve tantissima acqua, e quindi il contadino deve costantemente controllarne la riserva, e richiede tantissimo sole, così da ricercare il posto migliore dell'orto. Dopodichè, pazienza e ancora pazienza. Dapprima si vedrà crescere il centro della pianta, e dividersi lentamente in tante ramificazioni. Poi inizieranno a spuntare dei piccoli fiorellini gialli, i quali non daranno alcuna soddisfazione, e poi con la dovuta calma della natura, arriveranno dei piccoli pomodorini. Inizialmente verdi, e verdi rimarrano finchè non avranno raggiunto la giusta dimensione, dopodichè pian piano le sfumature verdi diverranno rosse, e solo a quel punto ci sarà la maturazione.
    Questo discorso poteva essere molto lontano dalla mia attuale condizione. Cavalcioni sopra il corpo martoriato di mia madre, afflitto da decine di pugnalate con le quali avevo lacerato tutto il suo corpo. Immersi in un lago di sangue, mi ritrovavo con le possenti braccia di mio padre attorno al collo. Il motivo di quel gesto era ignoto. Aveva fallito come persona, aveva fallito come padre ed evidentemente come marito vista l'attuale situazione. Eppure cercava di seminare altri fallimenti in quel poco che rimaneva della sua vita. I miei occhi erano ancora puntati verso quelli di mia madre, o di quello che ne rimaneva vista la mole di coltellate che avevano colpito la testa ed il viso. Si sgranarono in fretta quando sentì la stretta al collo, e contestualmente l'aria iniziare a mancare. Generalmente si ha un po' d'aria nei polmoni, ma io non ero in una situazione di quiete. Il mio corpo era pervaso dai brividi e dalle scosse. Avevo appenna sterminato la mia famiglia, o perlomeno, avevo iniziato l'opera di sterminio visto le forze residue di mio papà, e questo genere di squilibrio mentale e fisico mi aveva devastato, era faticosissimo.
    Per un attimo pensai al peggio. Poi, così come la pianta di pomodori ritrova la vita quando viene bagnata, io ritrovai la speranza nelle parole del gigante davanti a me. Per un attimo il mio piccolo cervellino aveva pensato che il proprietario di casa si sarebbe incazzato per il pandemonio che avevo scatenato. Migliaia di Ryo sarebbero stati spesi per ripulire le mura di casa, e non è detto che i preziosi tappeti che il sangue della mia stirpe aveva imbrattato sarebbero stati recuperati. Invece si era gustato la scena, non mi avevano nemmeno fermato dopo la quarta coltellata, quella che effettivamente aveva ucciso mia madre. Erano li, fermi ad osservarmi.
    In tutto questo c'era qualcosa di assurdo ed incredibile, la situazione era evidentemente ai limiti del paradossale, ma questo era esattamente lo specchia della mia stessa esistenza. Questo, inoltre era l'ultimo ramo cui potevo aggrapparmi prima di spirare. La frase del gigante era carica di emozioni, da un lato per la prima volta mi veniva data la possibilità di essere destinatario di alcuni doveri. Dall'altra la sensazione di dover rispettare degli obblighi e di dover conseguire obbiettivi mi era nuova. Un'intera esistenza senza aver mai provato nulla di simile. Era fantastico. E non mi interessava se non avevo mai visto prima quelle persone, esse mi stavano dando una sorta di possibilità.
    Il patto non era equo.
    Il patto non era facile.
    I rischi erano tutti miei.

    Ma, d'altro canto, cosa potevo ottenere ?
    Sorrisi. Non avevo fiato per ridere, ma ci provai. Aprì la bocca per ridere, riuscendo solamente in una simulazione. La mia bocca si mosse contraendosi, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Poteva apparire agghiacciante in effetti, da fuori non so se un esterno sarebbe riuscito a distinguere quel movimento, poteva anche essere un terribile urlo di dolore. A distinguerlo da ciò c'era solamente lo scintillio dei miei occhi, in un certo senso pieni di gioia e redenzione.
    Questa casa mi aveva finalmente fatto provare una sensazione nuova, seppur minima ed iniqua, la fiducia.

    Sudato com'ero riuscì a voltarmi, mentre la dita di mio padre erano bianche dallo sforzo. Nonostante l'odio che provassi verso di lui in questo momento dovevo riconoscere l'enorme sforzo di volontà che stava facendo, non solo stava incredibilmente resistendo alla morte, ma stava anche cercando di disseminarne altra.
    Con la pacatezza di chi è su un'amaca, e non a rischio di morire concentrai il chakra nel mio pugno sinistro, quello senza il kunai. Razionalmente sapevo che le mie energie stavano per finire,e che da li a poco sarei svenuto, ma volevo godermi questi ultimi momenti. D'altronde avevo sempre vissuto al limite della totale follia, e coerentemente con il resto della mia vita stavo adesso danzando sul bilico della morte.
    Il mio sguardo e quello di mio padre si incrociarono, difficilmente lui nella situazione poteva immaginare cosa stessi facendo, ma ciò che a me importava era ben vedere quella scena. Avrei voluto ricordarla per tutta la vita, dovevo essere concentrato per gustarla appieno.

    Veloce e letale il mio pugno sinistro partì dal basso, trasformandosi in un montante foriero di morte. Spaccamontagne

    Il pugno avrebbe impattato poco sotto il naso, rompendo di netto il setto nasale, che per la forza con cui veniva colpito avrebbe tranquillamente potuto uscire dalla nuca del malcapitato, e spostando la mandibola deformando totalmente il viso del mio procreatore. Inutile parlare del fiume di sangue che sarebbe uscito dai resti di quel cranio, tanto ce n'era già abbastanza per terra per sfamare popoli di vampiri.
    Nemmeno a dirlo la stretta attorno al mio collo scomparve, il corpo di mio padre si spostò seccamente di almeno un metro, lasciandomi finalmente la possibilità di respirare di nuovo.
    Avrei voluto prendermi il mio tempo, e rimanere a fissare la scena attorno a me come una fotografia prima di inspirare, ma non ci riuscì. L'istinto di sopravvivenza si può controllare fino ad un certo punto, dopodichè prevale. Respirai affannosamente per circa un minuto.
    Nel lasciar cadere il kunai che avevo stretto nella mano destra notai una piccola ferita sul palmo, dovuta all'eccessiva forza con cui avevo tenuto salda l'impugnatura dell'arma. Non me ne curai.
    Stremato e affaticato rimasi fermo, con la gambe ancora cavalcioni su mia madre, lasciando andare gli addominali e quasi afflosciandomi su me stesso, nel mentre fissavo attentamente il soffitto.

    Passati i famosi sessanta secondi un quattro o cinque volte, una parvenza di energie parve tornare, anche il cuore sembrò raggiungere nuovamente dei battiti cardiaci accettabili. Si trattava di una finzione, un mero inganno del mio stesso corpo. Ci sarebbero volute ore per rimettermi in sesto fisicamente, secoli per l'aspetto mentale oramai compromesso.
    Detto ciò, mi alzai. Si rivelò uno sforzo sovrumano, le gambe mi facevano male, e così anche la testa. Una sorta di fitta continua pervadeva la mia mente, costringendomi a strizzare gli occhi.
    Cercai di rimanere composto, nei limiti che la mia attuale situazione mi permetteva.
    Sporco di sangue, dato che ne avevo le vesti zuppe, stanco e con gli occhi ancora indiavolati per ciò che avevo vissuto fissai il gigante.
    Non volevo parlare, ma lui avrebbe capito. Quello del silenzio non era un voto che stavo facendo, ma da questo momento avrei misurato attentamente le mie parole, poche persone avrebbero udito la mia voce nella mia vita futura.
    Non badai al ragazzo elegante, sempre seduto alla sua posizione. Lo svolgimento dei fatti aveva reso ovvio anche a me come il comando della casa non fosse nelle sue mani.

     
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392 replies since 2/11/2007, 23:19   12253 views
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