Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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  1. Jotaro Jaku
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    Jotty2Hotty

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    Il piano più idiota del primo dei falliti



    Jashin era sempre in collegamento con lui, questo lo sapeva. Poteva percepire le sue emozioni, poteva percepire i suoi intenti. Lo aveva sempre saputo, e per anni aveva convissuto con questo. Non era mai stato un guerrafondaio o uno stragista, ma aveva pagato i suoi debiti, e questo aveva tenuto buono il signore dell'oscurità abbastanza a lungo. Chi era Jotaro?
    Nessuno in particolare in realtà. Aveva fallito così tante volte il test per diventare genin, mentre scappava da un villaggio all'altro e si ripresentava in classe con una identità diversa, da far pena persino a se stesso. Non era mai stato un genio. Non era mai stato nemmeno un compagno decente, considerato che che dopo una vita passata da solo, i pochi che gli erano stati vicino erano morti; nemmeno un capo. Aveva condotto le Ombre per un po', e aveva fatto naufragare il gruppo in una malaugurata missione. Tutti morti o quasi. Non era riuscito a contenere le reliquie dopo aver scoperto di possederle, e non era nemmeno riuscito a lasciare appunti in modo chiaro a chi li avesse trovati in seguito, nel nostro caso Eiatsu; per evitare il peggio. Insomma, i talenti più ordinari non avevano mai figurato nella sua lista di pregi. Solo due cose gli riuscivano bene, ingannare il prossimo facendogli credere di essere molto più di quanto apparisse, anche se con scarsi risultati, e sigillare cose. I fuuin erano sempre stati la sua fissazione, fin da piccolissimo. Scelse da solo di iniziare a studiarli mentre il suo clan adottivo voleva fargli passare il tempo con le bambole, e venne ignorato dall'accademia quanto presentò un programma di insegnamento dei sigilli, perchè fosse inserito nei programmi accademici; come prima della fondazione, come quando i ninja del passato davano importanza a quell'arte così misteriosa. Dove potrebbe mai arrivare un fallito, con un talento terra terra per l'inganno, e una predisposizione maniacale per sigillare le cose?


    Davanti a un dio

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    Dopo aver poggiato le mani sul portone, questo si spalancò, lasciando entrare uno strano, piccolo individuo quasi completamente bianco, la cui sola presenza bloccò completamente il ninja, il quale era sì immobile, ma non con sul volto l'espressione che forse Jashin avrebbe sperato di trovare. Sorrideva, in maniera quasi stupida. Jashin lo minacciò. Egli non avrebbe mai potuto rinunciare al contratto, e avrebbe dovuto andarsene subito da quel luogo. Venne rimproverato, come se avesse scoperto qualcosa di segreto, come se avesse compiuto qualcosa di sbagliato e di irrimediabile. Tutto quel luogo era nella sua mente, tutto quel luogo era in una dimensione di chakra dentro di lui, e per tutta una serie di eventi, casualità, piani ben studiati, e follia, tutto quel luogo forse non avrebbe nemmeno mai dovuto esistere. Per un attimo ebbe un tremito Jotaro; aveva sigillato cose per tutta la vita, ma una cosa di quella portata non l'aveva mai nemmeno pensata, un simile colpo di genio, lo stava preparando da anni. Quando si era unito a Jashin si era ripetuto che un giorno lo avrebbe messo nel sacco, ma a dirla tutta, non aveva la minima idea di come fare. Fino a quel momento. E lui, la misera nullità, proprio come lo stesso Jashin aveva ripetuto, aveva appena portato a termine la cosa più idiota, senza alcun senso, e potenzialmente distruttiva che gli fosse mai passata per la testa.

    << Come se ne fossi in grado, di distruggere una cosa simile. >>

    E rimase fermo, a sorridere, a metà tra la felicità di un bambino che dopo essere caduto dal balcone atterra in piedi, in lacrime, col sedere a terra ma completamente illeso. Non sa ancora se sia vivo oppure no, sa solo di aver provato una paura immensa, e aspetta. Jashin era un dio, e si, aveva tutto il diritto e il controllo sul contratto che Jotaro aveva stipulato con lui, ma anche un dio deve seguire delle regole, persino uno dedito alla distruzione dei vivi come lo era lui. In quel momento, con il ninja completamente immobile davanti a Jashin, la porta, che si era aperta per far uscire l'entità, si sarebbe nuovamente richiusa, obbligando i due a restare faccia a faccia in quella dimensione dentro la mente del Jaku, fuori da ogni regola, fuori dal tempo, fuori da tutto. Non aveva le armi Jotaro per combattere un mostro simile, non aveva la potenza, non aveva nulla per intimorirlo o per sconfiggerlo, l'unica cosa che aveva, era la sua storia, e un sacchetto di esperienze passate, talento nei sigilli, e idee senza il minimo senso. Tipo quella che lo aveva appena portato a toccare la porta di quel luogo, con il chiaro intento in mente di distruggerla. Lo stesso intento distruttore che aveva ogni volta che uccideva in nome di Jashin, per questo aveva attirato la sua attenzione, per questo lo aveva attirato lì.

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    << Jashin, vorrei che te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>



    Cosa poteva far imbestialire un dio distruttore, più di un suddito che si ribella e cerca di strappare il contratto che li lega come se nulla fosse? Lo stesso suddito che dopo aver sperimentato la potenza di suddetto dio, non solo non vuole accettare di inchinarsi, ma che gentilmente chiede all'entità di togliersi dalle scatole? Spesso Jotaro si era posto questa domanda, ma forse, quello che avrebbe imbestialito di più Jashin, una creatura dedita ad una sola cosa, la distruzione dei viventi, era proprio la vita. Di non poterla estirpare. In eterno.
    Se Jashin lo avesse annichilito, avrebbe scoperto subito il perchè del sorriso maniacale del ninja. Altrimenti, lo stesso Jotaro, schioccando le dita, sarebbe esploso, in una fitta nebbia di sangue e ossa, così fine da scomparire, e con lui, contemporaneamente, anche la grande porta sarebbe semplicemente scomparsa. Lasciando solo un infinito piano vuoto, bianco. Con Jashin al suo interno. Per sempre? Certo che no, giusto per qualche istante, poi in un battito di ciglia, tutto sarebbe tornato esattamente con un paio di istanti prima. A quell'attesa, a quel sorriso.


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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>



    Che cosa era appena avvenuto in quello strano piano dimensionale? Una tecnica mirabolante? Una capacità segreta? Un'abilità innata? No, solo un dio, che cercava di pretendere qualcosa ad un fallito, che ormai aveva già perso tutto. Aveva perso gli affetti, aveva perso il potere, aveva perso il controllo sulle informazioni, aveva perso persino la dignità di uomo, sapendo di essere lui stesso un clone, creato in laboratorio, e nato da nessuno. Tanto valeva perdere anche l'immortalità, e farlo nell'unica maniera che si addice ad un fallito che continua a provare e a provare, e continua a fallire uno stupido esame genin, un fallito che sa solo sigillare cose. Fyodor gli aveva dato quell'idea, con uno sguardo. Lo sguardo di un uomo rimasto chiuso all'inferno, maledetto ad una eternità di agonie. E niente, avrebbe atteso, immobile, con quel sorriso che nascondeva una luce macabra, chiuso in una gabbia con il suo carnefice.
    Non importa quanto la creatura avesse provato, o quanto lo avrebbe minacciato, torturato, o distrutto. Ogni volta che lui fosse morto, la porta sarebbe svanita assieme a lui, per qualche secondo, e poi tutto si sarebbe riformato. Nuovamente.


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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>



    Di nuovo. Quel sorriso spento, quel sorriso non di felicità, ma di chi ha unito i puntini che aveva a disposizione, e il meglio che era riuscito a creare, era una cassaforte chiusa dall'interno. Fyodor gli aveva dato l'idea, Eiatsu gli aveva dato il chakra per avviare il cerchio, senza che ora ne avesse più per spezzarlo, il primo Hokage, le cui cellule di rinascita abitavano dentro di lui, gli avevano fornito la malta, e la sua esperienza gli aveva dato le pietre. C'era stato in passato qualcuno che aveva reso un semplice sigillo qualcosa di più. Un clan della foglia. Con un semplice simbolo, potevano condannare l'intera vita di un individuo, un'arte quasi perduta, che innalzava i fuuin a qualcosa di più oscuro, più infame. Juuinjutsu. Maledizioni.
    Ovviamente Jashin era un dio, sebbene quella non fosse la sua dimensione, avrebbe avuto la forza di fare a pezzi quella porta sigillata, che ora era in comunione con l'essenza stessa di Jotaro. Avrebbe potuto andarsene in ogni momento il dio, ma nel farlo, avrebbe anche liberato il ninja. Oltretutto quel piano dimensionale non seguiva le stesse regole di tempo della realtà. Avrebbero potuto andare avanti per ore, giorni, settimane, mesi, anni, decenni, secoli, un'eternità se questo era quello che voleva il destino.


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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>



    Un'eternità in un battito di ciglia. Jashin sarebbe diventato un missionario di pace prima ancora che Eiatsu potesse pronunciare la prima lettera dell'alfabeto. Cosa sarebbe stato più degradante, più fastidioso per un dio della morte? Annullare un singolo contratto di un ninja che non stava nemmeno producendo gran che in termini di morti, o passare l'eternità a vedere una vita che rinasceva sempre davanti a lui, senza poterci fare nulla? Ormai a Jotaro non interessava. Alla fine tutto si sarebbe risolto in un modo o nell'altro, ed Eiatsu ci avrebbe rimesso solo la sua Kinjutsu, dato che al momento della prima "morte" di Jotaro all'interno di quello strano mondo, il legame si sarebbe spezzato, lasciando l'otese spossato davanti ad una sorta di albero-uomo immobile, ma salvo.
    Proprio così, il trucco non era riuscire a convincere Jashin a lasciarlo andare per forza, ma rimediare ad una vita di inganni e fallimenti, impedendo almeno la morte di un ninja che non c'entrava nulla con tutta quella storia. Se il prezzo per la vita di Eiatsu fosse stato quello di morire in eterno in una dimensione sparsa chissà dove nelle correnti del chakra, ormai era stato pagato.

    Allora, che avrebbe fatto il potente dio? Aveva davanti qualcuno, che non aveva paura della dannazione eterna, dato che ci si era buttato dentro di testa...


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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>

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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>

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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>

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    << Jashin, vorrei che tu te ne andassi, per non tornare, questa è la mia unica condizione. >>




    OT
    CITAZIONE
    Dormammu, sono venuto a patteggiare :omgda: :omgda:
     
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391 replies since 2/11/2007, 23:19   12165 views
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