Villa Mikawa

Residenza di Aloysius Diogenes

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    Il mondo che verrà

    Parte iv ~ Incarico



    La giovane kunoichi saltò letteralmente a mezzo metro da terra quando il tetro individuo fece la sua comparsa, sbucando direttamente dalle ombre. Con una mano sul petto, come per trattenere il cuore che stava esplodendo per lo spavento, Harumi si ritirò lentamente senza distogliere lo sguardo dal nuovo venuto fino a ritrovarsi al riparo dietro le spalle possenti di Eiatsu. Avvicinando un poco il viso all'orecchio dell'eliminatore di cadaveri, la ragazza sussurrò confusa. Ehm...chi sarebbe? Nonostante lo spavento non gli era sfuggito infatti il suo modo di relazionarsi con il Mikawa e la sua affermazione di essere ormai di casa nella dimora. Essendo piuttosto nuova di quell'ambiente, e di Oto in generale, riteneva di essere lei in difetto nel non conoscere l'identità dell'uomo misterioso, il quale non aveva per altro perso tempo a presentarsi. A rispondere alla sua domanda fu invece Diogene stesso, il quale prese in mano la conversazione. Ad inquietare la giovane, più ancora dello sconosciuto, furono però le notizie da lui portate. Proprio per colmare le sue lacune aveva passato i propri pomeriggi a leggere i testi contenuti nella biblioteca riservata agli shinobi di Oto, mandando a memoria informazioni più o meno utili sul continente e sulle potenze che agivano dentro e fuori di esso. La neo genin sgranò quindi gli occhi, spostando lo sguardo dall'interlocutore al responsabile dell'obitorio. Kiri...rasa al suolo? Ancora una volta, la reazione del colosso fu completamente differente da quella della piccola ninja. Dove le vedeva pericolo, lui vedeva possibilità. Dove lei rimaneva inerme, lui prendeva decisioni. In quel frangente la kunoichi poté veramente misurare la differenza che intercorreva tra di loro, una distanza incolmabile di cui la forza fisica costituiva solo una frazione, l'esperienza un'altra fetta, ma il grosso era l'indole. Harumi si rese conto che se prima non avesse rafforzato la sua determinazione, ogni altro miglioramento sarebbe stato praticamente inutile. Assorta nelle sue riflessioni, quando sentì pronunciare il proprio nome ci mise un paio di secondi per afferrare il filo del discorso. Eh? Ah, sì, d'accordo. Fece un breve inchino in segno di obbedienza al capoclan che l'aveva accolta nella sua dimora. Quello era il suo primo incarico oltre il confine che delimitava i territori del Paese della Risaie. Anzi, ad essere precisi era la prima volta in assoluto che lasciava lo stato dove era nata. Inquadrò con lo sguardo lo shinobi che l'avrebbe accompagnata. Avrebbe preferito che fosse ancora affidata ad Eiatsu, con cui ormai aveva instaurato un rapporto, ma sembrava che la sua presenza fosse richiesta altrove. D'altronde anche Shinken era un jonin, ed era certamente in grado di guidarla a dovere. Annuendo brevemente, replicò al superiore con una convinzione maggiore del suo solito, mantenendosi però al contempo umile. Farò del mio meglio! Mi affido a lei, Shinken-san. Ame. A quanto aveva letto era la città più grande del Paese della Pioggia, nonché la capitale. A differenza degli stati confinanti il governo era guidato dalle organizzazioni criminali e ciò ne segnava ogni aspetto, dall'economia alla morale. Non era certo una scampagnata fuori porta ciò che li aspettava. Se tuttavia la ragazza avesse esitato, non avrebbe mai realizzato il suo desiderio di divenire una kunoichi forte e indipendente, né la promessa fatta al nekomata. Fissò per un istante il volto soddisfatto del padrone di casa, il suo bersaglio, abbassando subito dopo la testa. La distanza tra loro era troppa anche solo per osare alzare gli occhi su di lui. Doveva sfruttare ogni occasione, inclusa quella, per migliorarsi, liberandosi della sua parte più debole, o per lo meno relegandola in un angolo nascosto dentro di sé. Sfiorandosi il ventre con il palmo della mano, quasi a voler tranquillizzare l'irrequieto demone dentro di lei, tornò ad elargire ai presenti un tenue sorriso.

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