Villa MikawaResidenza di Aloysius Diogenes

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  1. Jotaro Jaku
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    Villa [8]



    Quale era lo scopo di tutto quello che stava accadendo?

    [...]

    Il Colosso sembrò recuperare, dopo alcuni attimi di smarrimento, la sua forza interiore, e si scagliò contro il simbionte con la forza di un cataclisma. Raccogliendo la sfida della spada, e vedendolo arrivare verso di lui con la grande lama rossa in mano, Indra sorrise nuovamente in modo smodato. L'impatto fu scoraggiante. Un enorme schianto cremisi scese verticalmente sul magro individuo fatto di muscoli e ossa. Troppo rapido per essere evitato; non solo, ma lo spirito ritrovato del Mikawa era quello di un vero Garth, e la sua presenza mentale aveva ancorato il posseduto dove si trovava; paura, se avesse potuto provarne. Giusto il portare in alto la Sua, di lama, parallela al terreno, perchè la lama cremisi vi si schiantasse contro. L'esplosione di sangue fu enorme e investì tutto quanto, segando a metà non solo la villa, ma gran parte delle colline circostanti. Nel sogno, per qualche motivo, Diogene dimostrava molta più potenza di quanta avrebbe potuto, o voluto. Senza rendersene conto, la sua mente aveva capito di trovarsi in una realtà separata, e si stava sfogando; come una febbre che cerca di liberarsi da un'agente estraneo.
    Prima ancora di potersi sincerare della sconfitta del suo nemico; il sangue del capoclan esplose polverizzando tutto ciò che di Indra si trovasse attorno a lui. In tutto quel delirio, il suono metallico della masamune che cadeva a terra si perse nel nulla, sovrastato dalla devastazione. E dalle fiamme.

    Per qualche ragione, il risultato della tecnica di sangue, fu...fiamme. Un'esplosione di fuoco si propagò tutto attorno, investendo Diogene e la giovane portatrice, ma senza nuocere loro; come un fiammifero acceso in una grande bombola di gas. Il fuoco investì ogni angolo della villa ancora in piedi; la neve sarebbe scomparsa per Diogene, e lo sarebbe stata poco dopo anche per Harumi, grazie al rilascio della ragazza aiutata dal demone, e dalle ferite.


    Nella realtà, Jotaro sbrodolò fiumi di pece dalla bocca, come un annegato che viene riportato a riva e ha i polmoni pieni d'acqua.






    Dalle fiamme, emerse una figura di forma umana, completamente annerita, sia per la luce generata dalle fiamme che ne impediva la messa a fuoco, sia per l'effetto della carbonizzazione. Ma la visione durò un istante. Il vento e le fiamme non sarebbero state l'ultimo pensiero di Diogenes, infatti una sensazione sgradevole avrebbe attirato lo sguardo del colosso al suo stomaco. Quando le sue pupille si fossero mosse e il suo mento abbassato, per sincerarsi di quello stimolo nervoso; un braccio, fuoriuscito dal suo stomaco, lo avrebbe improvvisamente toccato con l'indice dritto sulla fronte. Per poi conficcarsi in essa, come il dito di un bambino curioso, che infila parte della mano nel budino, per testarne gli effetti. Tutto sarebbe cambiato attorno a lui...

    [...]

    Quanto ad Harumi, nessuna propaggine sarebbe uscita dal suo corpo. La figura carbonizzata la fissava dalle fiamme che avevano avvolto il luogo in cui si trovavano, nella villa mezza crollata, o almeno ciò che restava della stessa.
    Il bruciato percorse un paio di metri in avanti e raccolse la masamune nera, con la mano destra, quindi tornò a fissare la ragazzina; prima di spalancare la bocca completamente nera, a rivelare un enorme occhio rosso che l'avrebbe fissata. In quel momento, Harumi avrebbe distintamente avvertito qualcosa simile ad un artiglio afferrarle le viscere, in una sensazione molto simile a quella avvertita in precedenza, ma stavolta non si trattava di una illusione. Indra stava forzando il suo sigillo di contenimento per farla sopraffare dal Nibi. Volutamente! Eppure, anche se la ragazza non fosse riuscita a resistere, il tentativo si sarebbe fermato, prima di causare completamente la fuoriuscita del demone. Voleva metterla alla prova.


    Il piano di Jotaro, qualunque fosse, era ancora oscuro a tutti; sempre che ce ne fosse uno, e che Indra non ne avesse reclamato il corpo. Decisamente però, la scelta di Eiatsu nella realtà fu la più sbagliata operata da chiunque a Oto quel giorno. Ben peggiore della scampagnata esplorativa di Gene e compagnia per creare la nuova tecnica. Infatti, l'intromissione mentale era il punto focale dell'essenza stessa della creatura che abitava Jotaro; il quale sopravviveva al continuo contatto con l'essere, poichè egli non si trovava mai completamente dentro di lui; erano più collegati da una sorta di corridoio, vicini, ma mai assieme. Eiatsu aveva appena spalancato la botola che dava sulla bestia, e ci si era aggrappato, per lanciarsi meglio contro di essa.



    Non ci furono suoni, nè domande. Coloro attorno ad Eiatsu lo avrebbero visto poggiare la mano sulla fronte di Jotaro, e concentrarsi, restare immobile per qualche secondo, come fosse di pietra, quindi socchiudere gli occhi, e scostarsi appena, accasciandosi a terra, immobile. Con le pupille sbarrate e un rigolo di bava che gli usciva dalla bocca; rigido.
    Solo i kami sapevano se da quel giorno, avrebbe potuto mangiare nuovamente con le sue mani, senza far cadere la forchetta. [Folle-Mente]Caratteristica dei Portatori: La vittima subisce danni alla vitalità in relazione alla profondità dell'intromissione e al livello dell'innata posseduto.


    Quanto al Colosso.
    La sua mente aveva compreso che quanto stesse accadendo non era reale; ma la sua brama di sangue e il suo bisogno di lottare erano in contrasto con la sua razionalità, e i suoi muscoli non vedevano altro che lo scontro. La voce di Indra risuonò nuovamente dentro di lui.

    DisCiPliNa lA tUA meNte.

    Il Colosso era altrove. Aveva a disposizione tutti i sensi. Ma non avrebbe avuto il controllo del suo corpo; anzi, non avrebbe avuto alcun corpo. Si sarebbe trovato passivo, in una situazione estranea, in un luogo sconosciuto e non; come uno spettatore che guarda uno schermo. Avrebbe osservato una scena, essendo presente, ma non fisicamente. Davanti a lui, in sequenza, avrebbe notato tre individui; ma per qualche strana ragione, avrebbe visto la scena senza colori, in scala di grigi, come un filmato in bianco e nero. Il suolo era chiarissimo, sembrava marmo, anche se i dettagli, il suono del vento, e l'odore, gli avrebbero ricordato il deserto di quando era un fanciullo. Lo sfondo, nero. Notte, ma senza alcuna stella; che non ci fossero, o fossero state escluse dalla scena, irrilevante.


    Notò un uomo. Non poteva vederlo in volto, era di spalle, e sarebbe restato di spalle per tutta al durata di quella esperienza extracorporea. Si trovava a un centinaio di metri da lui, era più una sagoma che altro. Poteva vederne i movimenti, poco altro. Non avrebbe udito quasi nulla.



    Aveva un mantello morbido, ma non eccessivamente lungo, che veniva spostato spesso dal vento che accarezzava le dune. Il soggetto era alto, longilineo, non sembrava nemmeno un combattente. Eppure le sue forme erano perfette, sembrava persino troppo perfetto per essere un uomo. Camminava dolcemente, come se non fosse appesantito dal tempo, o dai fardelli della vita, eppure emanava una sicurezza in grado di spaccare a metà una montagna. Diogenes non lo conosceva, non lo aveva mai visto, si trovava in un'esperienza non reale, ed era a decine e decine di metri da quell'individuo, eppure avrebbe percepito la differenza che li separava, potremo dire inadeguatezza. Quindi l'uomo si sarebbe fermato, e lo sguardo del colosso avrebbe virato verso sinistra.



    Più a sinistra, ma molto più lontano del primo individuo, un altro soggetto era apparso. Era pesantemente coperto di teli, come se giungesse dalla parte più calda del deserto, e aveva la mano destra alzata, per farsi notare dal primo uomo. Quando questo si fermò, il secondo individuo prese a camminare per raggiungerlo. Egli era differente. Diogenes poteva percepire che si trattasse di un normale uomo. Un ninja, per la postura, e per l'energia che emanava, ma nulla di più. Dai movimenti risultava stanco, forse la traversata nel deserto gelido, forse per altri motivi. Quando giunse in prossimità del primo uomo, si inginocchiò senza che questo compisse alcun movimento; quindi il secondo uomo tirò fuori dal mantello di stracci qualcosa, difficile da vedere dalla distanza, ma probabilmente un rotolo, che venne usato per un richiamo.
    Quando il gas, immancabile risultato del processo di evocazione fosse scomparso, in mano all'uomo, ancora in posizione inginocchiata, di supplica, era apparsa una spada. Una lunga katana, non troppo dissimile da quella che Indra gli aveva mostrato poco prima, a voler essere pignoli, probabilmente la stessa Masamune, ma senza la pece che vi colava dal fodero.
    L'uomo stava porgendo la spada al suo padrone, chinando il capo, in dono. Diogenes potè chiaramente comprendere le parole di Indra.

    SasAYakI. La lAMa dElLa roViNa. PUò uCCideRe qUalUNque CosA.

    Il primo uomo afferrò la spada dalle mani del servo, e, ancora infoderata, sollevò il braccio destro e la conficcò con tutto il fodero nel petto dell'ignaro servo, da parte a parte, fino a farla entrare nella sabbia con la punta del fodero, con una forza terrificante, senza un istante di esitazione. Il Colosso avrebbe potuto percepire la sorpresa, e il terrore della vittima, nonostante non potesse affatto vederne il volto. Era come se Indra gli stesse comunicando le sensazioni che avrebbe provato, se fosse stato spettatore di quella scena da vicino. La sabbia completamente bianca, per Diogene, divenne scura attorno al corpo del malcapitato. In quel momento, apparve un terzo uomo. A destra.



    YuRa, coLpiRà iL dRagO qUelLa nOttE.

    Questi era alla stessa distanza da Diogene del primo uomo, e si avvicinò a lui con passo tranquillo. Anche lui era ammantato in maniera massiccia, tanto da essere coperto in ogni parte del corpo, testa compresa, impedendo di vedere qualunque dettaglio. Quello che saltava all'occhio però, non era il corpo dell'uomo, quanto quello che portava con sè. Aveva sulla spalla destra un lungo palo, forse superiore ai 4 metri, al termine del quale era situata una lama gigantesca di forma particolare, sembrava quella di un falcetto da orto, ma di grandi dimensioni. Il guerriero sarebbe giunto fino al primo uomo, e avrebbe chinato il capo in segno di sottomissione. In quel momento, il padrone avrebbe estratto il fodero con la spada al suo interno, dal corpo della vittima, e avrebbe inserito la spada nella cintura, senza nemmeno pulirla. A quel punto Diogenes avrebbe potuto chiaramente notare il secondo uomo sollevarsi da terra con la difficoltà di un uomo che inciampando, cade a terra. Si rialzava con difficoltà, e si portava le mani al petto, per osservarsi, come se fosse testimone di un cambiamento.
    Il primo uomo gli disse qualcosa, quindi si voltò verso il terzo uomo, e assieme si allontanarono all'orizzonte.
    Rimase solo la vittima, che continuò a fissarsi le braccia, prima di cadere in ginocchio, in preda alla disperazione.

    Erano ricordi. Diogenes stava osservando il passato; ma il passato di chi? E quando? Tutto sembrava molto...lontano.


    In un battito di ciglia, Diogenes era sveglio, circondato da tutti i suoi alleati, i cui volti erano molto più distesi di quanto non fossero in precedenza. Harumi era presente, avrebbe avuto del tè in mano se ne avesse avuto bisogno. Fyodor la stava accudendo come un fratello maggiore. Incredibile a dirsi.
    Il colosso sembrava del tutto illeso, così come la villa.
    Jotaro era ancora disteso a terra, con gli occhi incavati, ma sveglio. L'unico a non passarsela troppo bene era Eiatsu, che si era ripreso in qualche modo, e ora si trovava in un angolo, con una coperta sulle spalle e una tisana, assistito dai presenti. Per sua fortuna, l'intromissione era stata molto breve, e grazie alla sua esperienza, cauta. Se si fosse lanciato con più energia nella mente di Indra, probabilmente sarebbe diventato un vegetale.
    La voce di Jotaro risuonò dal pavimento, oltre il fondo del letto, essendo lui non visibile da Gene, da dove si trovava, disteso.

    << Eiatsu starà bene in un giorno o due...Lui...vi ha messo alla prova laggiù. Conosce il nemico, sa che non abbiamo troppe speranze ora come ora, l'ho lasciato libero di dimostrarlo. >> Non disse altro, soprattutto riguardo all'ultima parte del sogno, non ne avrebbe parlato sul momento, non ce ne sarebbe stato bisogno, infatti Diogenes avrebbe chiaramente sentito la voce di Jotaro nella sua testa, con l'intonazione di Indra.

    l'Antico...lui ti ha mostrato qualcosa..vero? Una collina nel deserto, con i 3 uomini...Non è così?

    Le implicazioni di quella giornata, si sarebbero ripercosse per i decenni a venire.


     
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