Villa MikawaResidenza di Aloysius Diogenes

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    I Segreti del Mikawa


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    L'intuito della ragazza, osservatrice attenta, l'aveva spinta ad esaminare più attentamente la parete su cui si stagliava l'enorme arazzo, ma senza l'intervento di Yachiru non si sarebbe mai accorta dei piccoli fori nel muro. Quando la sua manina fece scattare il congegno, il supporto della tela si sollevò quel tanto che bastava per permetter loro di intrufolarsi dietro di esso. La genin arretrò un passo, sorpresa, ma le bastò uno sguardo sulla ragazzina dai capelli rosa per farsi di nuovo avanti, decisa. Aveva espresso a voce alta i suoi pensieri, e Yachiru l'aveva reputata degna della sua fiducia. Non l'avrebbe tradita.

    Fai strada, per favore.

    Che Villa Mikawa nascondesse al suo interno numerosi segreti, era dato per scontato da tutti. Ma che sotto l'edificio si dipanasse un tale dedalo di scale e corridoi probabilmente nessuno l'avrebbe pensato. La parte sommersa della struttura era pari se non superiore a quella emersa, nella migliore tradizione del Villaggio del Suono. Se non fosse stato per Yachiru, Harumi si sarebbe persa già alla prima deviazione. Ma anche se fosse giunta fino alle fondamenta, non avrebbe saputo dove dirigersi a quel punto. La piccola invece trotterellava sicura precedendola, fermandosi solo di tanto in tanto per disattivare trappole o aprire serrature celate. Semplici tocchi delle dita, ma troppo complicati per memorizzarli senza un lungo studio, che invece alla bambina venivano naturali. La kunoichi si chiese quante volte Yachiru fosse venuta laggiù in compagnia del Mikawa, e soprattutto quante volte vi si fosse rifugiata da quando lui se n'era andato.

    Potresti rallentare? I gradini sono scivolosi...

    La piccola saltellava verso il basso con l'agilità di una capretta, ma Harumi dovette attendere che i suoi occhi si adattassero alla penombra prima di poterla seguire con disinvoltura. Le pareti in nuda roccia trasudavano umidità, e la temperatura si faceva man mano più fredda. Un breve brivido sorpresa la ragazza quando ormai erano giunti in fondo. Guidata dalla luce oscillante retta da Yachiru, Harumi superò diverse stanza, molte delle quali identificate da targhe. Si soffermò giusto un istante davanti all'armeria, prima di allungare il passo per evitare di rimanere indietro. Polvere e ragnatele la facevano da padrona, lì sotto, e la ragazza non poté che domandarsi se Anteras conoscesse quel posto. Evidentemente no, altrimenti avrebbe provveduto a ripulire come si deve. Ne era invece al corrente Eiatsu, il suo tutore-custode, ma l'eliminatore si era sempre guardato bene da fargliene parola. Chi sa quante altre cose le aveva tenuto nascosto fino ad ora.

    Siamo arrivati, aspetta qui.

    Le parole della bambina interruppero il flusso dei suoi pensieri, ed Harumi ritornò a fare attenzione su ciò che la circondava, rimanendo in attesa mentre Yachiru illuminava la stanza. Prima ancora che la luce si diffondesse però, un odore dolciastro raggiunse le sue narici. La kunoichi ispirò un paio di volte per studiare l'aroma, aspirando l'aria per farla depositare sulla lingua. Dolce, con un retrogusto metallico. Quasi come... Le fiaccole andarono a rischiarare la sala, immersa letteralmente nel sangue. Uno sconfinato lago di sangue occupava l'intera cripta, estendendosi anche oltre la portata del suo sguardo, perdendosi nell'oscurità. La giovane era consapevole che, almeno razionalmente, sarebbe dovuta inorridire di fronte a quello spettacolo, o per lo meno essere nauseata dall'odore, una volta scoperta l'origine. Invece, le risultava quasi piacevole, come il profumo di un dolce appena sfornato. La bambina era di spalle, quindi non se ne sarebbe accorta, ma per un istante le iridi di Harumi virarono sul giallo e la fessura si fece allungata, come quella dei predatori. Fu un attimo, e la ragazza tenne sotto controllo quel rigurgito d'odio come si fa con un conato di vomito. Attraverso l'olfatto, il più atavico dei sensi, la sua parte più sommersa era riemersa, agevolata dalle pulsioni costanti del demone dentro di lei. Ma la giovane non era debole, ed era venuta a patti con la sua metà oscura ormai. Chiuse gli occhi e si calmò, accettando la reazione che il liquido vitale vermiglio risvegliava in lei. Quando li riaprì, la bambina si era già inoltrata nella pozza, china in preghiera.

    Preghiere, eh?

    Harumi avanzò a sua volta, avvicinandosi alla piccola, ma lasciando tra di loro un poco di spazio. La osservò per un paio di secondi, poi si inginocchiò a sua volta. La sensazione del fluido che sciabordava sulla sue cosce, come le onde sulla battigia, era gradevole, sebbene la ragazza non potesse fare a meno di chiedersi da dove venisse quel sangue. O meglio, da chi venisse. Tante altre domande le si affollavano in testa. Come potesse rimanere perennemente allo stato liquido, ad esempio, o a cosa servisse quel luogo. I Mikawa erano i padroni del sangue, la storia delle loro origini glielo aveva confermato. Evidentemente Yachiru lo considerava una specie di tempio. Il rapporto di Harumi con le divinità era... complicato. La sua vita era stata all'insegna delle difficoltà fin da quando era nata, nessun potere sovrannaturale aveva mai vegliato su di lei. O almeno questo era ciò che avrebbe risposto un paio d'anni fa, prima di essere liberata dal suo triste destino e di trovare una nuova casa ad Oto. Quando avevano affrontato l'oscurità, lì a Villa Mikawa, aveva potuto rivedere sua madre. Il modo in cui l'aveva protetta a costo della sua vita le aveva fatto capire una cosa. Che, in realtà, il suo spirito non aveva mai smesso di vegliare su di lei. Perciò, sebbene non avesse una fede salda, per lo meno aveva iniziato a credere in qualcosa. Ma non si sarebbe accontentata di fidarsi delle parole altrui, avrebbe scoperto con le sue forze la sua verità dietro la cortina tra i due mondi. Con questi pensieri, giunse le mani e abbassò il capo, fino a specchiarsi sulla superficie cremisi.

    Mamma, ti prego, mostrami la via...


     
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