Villa MikawaResidenza di Aloysius Diogenes

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    il trono vuoto


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    Diogene pronunciò un'unica parola, che rischiò di andare perduta tra i singhiozzi della ragazza. Un'unica parola, ma di un valore inestimabile, in grado di cambiare interi destini.

    Scemo...

    Harumi si pulì il volto con la manica, cercando di darsi un contegno. Si era lasciata andare all'emotività, come una bambina. Non succedeva da... Quando era stata l'ultima volta che si era comportata così? Che aveva lasciato trasparire ciò che provava veramente? Non riusciva a ricordarlo.

    ...l'importante è che tu abbia capito.

    Un silenzio imbarazzato sarebbe sceso nella stanza, interrotto solo dal soffiare su un fazzoletto della giovane. Aveva accumulato tensione per giorni e alla fine era inevitabilmente esplosa. Ed incredibilmente ora si sentiva meglio. Le veniva quasi da ridere al pensiero, ma a giudicare dall'atmosfera nella camera sarebbe stata fraintesa. Ora che si era ricomposta, poteva finire di dirgli quello che aveva meditato nel profondo del suo cuore durante quei lunghi giorni di veglia, in cui il tempo pareva immobile e che ora sembrava aver finalmente iniziato a scorrere anche per lei.

    Io... Sono sempre stata sola. Voi per me siete le prime persone che possa chiamare una famiglia. Eiatsu, Yachiru, Matsumoto, gli altri...e tu.

    Seguì una breve pausa in cui abbassò la testa, impacciata, prima di continuare con una battuta per stemperare il clima che lei stessa aveva contribuito a rendere pesante.

    Come una specie di severo padre poco presente... O forse un nonno? Giovane però eh!

    Una risatina cristallina avrebbe spezzato almeno in parte la tensione. Per qualche assurdo motivo la paura reverenziale che provava per il grande ninja era momentaneamente stata messa a tacere. Forse era impazzita del tutto, oppure lo stato pietoso in cui versava il kokage la stava inconsciamente manipolando.

    In fin dei conti sei pur sempre il capofamiglia, e sei stato tu a decidere di accogliermi ed io... Non potrò mai essertene abbastanza grata!

    Quasi di riflesso, la ragazza si sarebbe inchinata profondamente di fronte all'uomo. Non lo aveva mai ringraziato prima per tutto quello che aveva fatto per lei, non ce n'era stata l'occasione o meglio la necessità. Eppure ora sentiva di doverlo fare e non si trattenne al costo di sembrare ridicola. Solo in atteggiamento di umile preghiera, poteva dare voce alla sua supplica.

    Io vorrei solo... io vorrei...

    No. Non vorrei. Harumi ispirò profondamente. Per la prima volta nella sua vita stava per esprimere un desiderio egoistico. Non c'era spazio per un condizionale. Si rialzò e rivolse i suoi occhi innocenti al volto di Diogene.

    Io voglio avere un cognome. Il tuo cognome. Voglio un segno che dimostri che faccio parte di questa famiglia. Che questa è la mia casa.

    Harumi si volse verso la finestra. Nel cielo ormai nero brillava un sottile falce di luna. Solo un frammento, ma sufficiente a dare speranza e rischiarare il cammino di chi si affidava alla sua flebile luce. Senza distogliere lo sguardo dal corpo celeste, riprese a parlare.

    Miyazaki non è il mio vero cognome, l'ho scelto quando è stato il momento di compilare i moduli per l'arruolamento. Mi sono ispirata all'autore di uno dei miei libri preferiti, Kaguya e il castello nel cielo. Uno dei pochi ricordi felici della mia infanzia. Ve lo consiglio, è una bella storia.

    Il suo sorriso si era fatto triste, ma non aveva intenzione di arretrare di un passo. Non avrebbe ceduto proprio alla fine, dopo che aveva messo se stessa. Essere morta e risorta aveva messo molte cose in prospettiva, dando a ciascuna il giusto valore. Era stata ridotta in frantumi, ma da quel giorno in avanti poteva ricostruirsi come meglio credeva, basandosi solamente su ciò era importante per lei, e non sul giudizio degli altri. La ragazza si portò una mano al cuore. In fin dei conti il sangue del capoclan scorreva già nelle sue vene. Dall'indomani avrebbe ripreso a trattarlo con il rispetto che gli era dovuto, ma in quel momento la fanciulla fece un ultimo passo verso di lui, superando tutte le barriere che li separavano.

    Qual è la tua risposta, Diogene?




    [...]



    Bussavano alla porta. Nulla di strano, se la porta in questione non fosse appartenuta a una baracca dispersa all'interno del Bosco dei Sussurri, uno degli angoli più pericolosi dell'intera Oto. Il che era tutto dire. La foresta selvaggia pullulava di mostri nati dalla fantasia della natura o dalla perversione dell'uomo. Ma anche le piante stesse di cui era costitutita sembravano concepite appositamente per attentare alla vita di chiunque avesse la malsana idea di avventurarsi tra le spire. Eppure lo shinobi in attesa davanti alla soglia della casupola di tutto ciò non si curava, e a ragione. Pochi nell'intero Continente avrebbero osato confrontarsi con colui che aveva rinunciato al cappello da Mizukage per motivi noti solo a pochi. Le fiere in agguato ignoravano le faccende dei kiriani, ma percepivano distintamente il tremendo potere che emanava il jonin e se ne tenevano istintivamente alla larga.

    I minuti passarono, abbastanza perché l'uomo iniziasse a pensare che la baracca fosse vuota, ma non a sufficienza perché si decidesse ad andarsene. Ad un certo punto, preceduto da una serie di rapidi passi proveniente dall'interno, la porta si spalancò, rivelando una scompigliata ragazza. Non molto alta, ma decisamente ben formata, sarebbe bastato un rapido sguardo per capire che la fretta era dovuta dal tentativo di indossare rapidamente l'uniforme del Villaggio. Il viso accaldato sfoggiava un sorriso cordiale, sebbene gli occhi che vagavano all'intorno, come alla ricerca di qualcosa, tradivano una certa confusione.

    Scusi l'attesa, pensavo si sarebbe occupato Anteras di accoglierla, ma deve essere occupato... Prego, si accomodi.

    L'ospitalità a Villa Mikawa era sacra. D'altronde, chi mai si sarebbe sognato di attaccare la residenza del Kokage? Harumi fece strada per quelli che furono non più di pochi metri agli occhi di Akira fino ad un tavolo robusto, ma bisognoso di una riverniciatura, indicandogli una delle uniche due sedie presenti nella stanza. Se a quel punto il ninja della Nebbia si fosse guardato intorno, avrebbe constatato lo stato di decadenza in cui versava lo stabile, sebbene sembrasse abitabile, a patto di non essere schizzinosi con i coinquilini che abitavano le intercapedini dei muri. La ragazza nel frattempo si affaccendava davanti ad una scansia, tornando alcuni minuti dopo con due bicchieri di carta. Ne adagiò uno di fronte al suo ospite, che a quel punto ne avrebbe riconosciuto il contenuto come un tè solubile di qualità appena passabile.

    Mi chiamo Harumi, e le do il benvenuto a Villa Mikawa. Se cercava il Kokage non è in casa, ma posso provare ad aiutarla lo stesso. Spero che gradisca il tè, anche se Anteras lo prepara di certo meglio. Chi sa dove si è cacciato, e dire che è il maggiordomo...

    La ragazza avrebbe poggiato una guancia sulla mano, pensierosa, mentre oscillava sovrappensiero il bicchiere economico. Perfino Fudoh si sarebbe accorto che qualcosa era chiaramente sbagliato in quella situazione. Eppure finché il jonin non avesse fatto nulla, quella sceneggiata sarebbe continuata come se fosse la realtà, tanto la giovane si impegnava a rendere coerente la sua narrazione.

    Perché mi fissa così? Ho i capelli in disordine? Stavo riposando, poi devo andare in Amministrazione per portare dei documenti, nella speranza che nel frattempo Febh-sama non li abbia usati per costruirsi un cappello da imbianchino... Ma mi sembrava che stesse dicendo qualcosa mentre attendeva fuori, vuole ripetere le sue domande?

    Se Akira l'avesse accontentata, la giovane avrebbe annuito, però avrebbe posato la bevanda e avrebbe posato i suoi occhi sull'ospite, quasi lo stesse valutando. O meglio come se fosse stato lui a dire qualcosa di strano, e non la ragazza. Tuttavia avrebbe mantenuto l'espressione benevolente e avrebbe replicato con fare accondiscendente, soprattutto alla sua domanda che gli venisse indicata la strada per entrare al Villaggio.

    Akira-san, lei è già dentro Oto. Non ha forse passato le mura per venire fin qui?

    A quel punto si sarebbe accorta che, effettivamente, l'uomo appariva armato. Cosa stavano pensando al gate? Aveva forse un permesso speciale per tenere con sé il suo equipaggiamento? In ogni caso Harumi si limitò a muoversi sulla sedia, che scricchiolò preoccupantemente, alla ricerca di una posizione più comoda, evitando di fare una scenata per niente. In fin dei conti non si riteneva in pericolo: i suoi compagni, i sottoposti del capoclan, sarebbero accorsi in un attimo se la situazione fosse fuggita di mano.

    Per quanto riguarda Orochimaru, sarà anche forestiero, ma dovrebbe sapere che è morto da un pezzo! Anche se ammetto che se anche solo la metà delle leggende che sono state tramandate su di lui sono vere, non sarebbe così strano trovarlo vivo e vegeto, magari su una qualche isola tropicale a continuare i suoi esperimenti proibiti tra un cocktail e l'altro... Ma non credo che lo troverà ad Oto. Hanno perfino abbattuto il suo vecchio palazzo... Ah!

    La giovane si bloccò improvvisamente e portò la mano sotto il mento. Si era rammentata qualcosa parlando dell'edificio che l'Amministratore del Suono aveva raso al suolo con eccessiva foga una notte ormai lontana. Forse non centrava nulla, ma magari sarebbe stato d'aiuto all'Hozuki.

    Ci sarebbe... Sì, la segretaria... no mi scusi, intendevo il nuovo Consigliere del Suono, Hebiko Dokujita, potrebbe saperne qualcosa. Ovviamente è possibile che anche Diogene-sama e Febh-sama abbiano delle informazioni, ma il capovillaggio è fuori casa al momento e il nostro facente funzioni è un individuo... peculiare. Mi dispiace non poterle essere più utile di così.

    Non si sarebbe dilungata nel dare spiegazioni dettagliate sull'origine di quell'intuizione, nulla di più di una pallida traccia per la vaga richiesta del kiriano. Non sarebbe stata lei a rivelare le conoscenze del Villaggio, di cui le peculiari doti elastiche e serpentine della Vipera del Suono facevano parte, ma non reputava di aver fatto alcun danno nell'indirizzare Akira verso quella pista. Ma quello era argomento per un'altra storia. Ad ogni giorno bastava la sua pena, e molta doveva provarne l'uomo alla vista della ragazzina nella baracca. Che stava succedendo lì?

     
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