Villa MikawaResidenza di Aloysius Diogenes

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    il trono vuoto


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    Harumi torse le labbra per il dolore, ma non lasciò andare nessun suono. Un atteggiamento stoico, difficile dire se derivato dall'orgoglio per la sua adozione o dal suo passato atroce che l'aveva lasciata sorda a sofferenze di poco conto. Inoltre la giovane sapeva di poter fare affidamento sul potere del demone gatto. Mentre ancora Akira armeggiava con le bende, dimostrando una palese scarsa dimestichezza, le sue straordinarie capacità rigenerative erano all'opera ed il sangue aveva smesso di scendere, anche se probabilmente il kiriano non se n'era accorto.

    L'uomo aveva risposto alla sua domanda senza un briciolo di esitazione, strappando un sorriso alla ragazza da tanto era serio il suo cipiglio. Doveva essere veramente sicuro di sé. Oppure molto borioso. La kunoichi tuttavia allontanò quella seconda opzione. Non lo conosceva, ma a pelle sentiva di potersi fidare. D'altro canto se non fosse stato per lui sarebbe stata ancora vittima di quell'illusione maledetta. Si avvicinò a lui e lo prese sottobraccio. Per il breve istante in cui rimase appoggiata Akira avrebbe percepito un'opprimente morbidezza contro il corpo.

    Allora è assunto come guardia del corpo, Akira-san. Mi affido a lei!

    L'Hozuki era molto ciarliero, e per tutto il percorso verso la Villa non smise di interrogare la giovane otese, che fece del suo meglio per soddisfarne la curiosità.

    Sì, faccio anch'io parte della famiglia... No, siamo in molti! Il Kokage ha molti seguaci che abitano nella magione... In che senso troppo vecchio?

    Mentre cercava di decifrare quell'ultimo quesito, troppo ambiguo per la sua innocente mente, raggiunsero il limitare dell'aria d'influenza del rituale che l'aveva fatta cadere vittima del terribile genjutsu. Solo la prontezza di spirito del suo accompagnatore impedì che gli sforzi compiuti fino a quel momento si rivelassero vani e che la ragazza tornasse a vagare tra i boschi convinta che tutto andasse bene. Akira la fece oscillare con forza, facendo sobbalzare visibilmente i doni che aveva ricevuto da madre natura.

    Akira-san ci sono, può smetterla di scuotermi... Per fortuna che ero con lei, altrimenti sarei ripiombata in quell'incubo! Ho fatto proprio bene a portarla con me!

    Alcuni minuti dopo, quella sua certezza vacillò. Pezzi di rampicanti, uniti a frammenti di mattoni, schegge di marmo e un gran polverone, si levarono nel cielo insieme al boato dei colpi. Il kiriano stava demolendo una parete della Villa! Dimenticandosi per un istante del pericolo costituito dal jutsu sconosciuto, Harumi fece un paio di passi in avanti, ma si fermò subito dopo maledicendosi della sua distrazione. Chiuse gli occhi, ma non si ripresentò alcuna ricaduta. Il sollievo durò però poco, perché dovette correre a brancare il braccio dello spadaccino prima che arrivasse alle fondamenta.

    Akira-san si fermi un momento! Vede, la tecnica è spezzata! Ha fatto un buon lavoro, ma ora si calmi!

    Il tono della fanciulla era conciliante, ma le unghie piantate nel braccio dell'uomo davano tutta un'altra impressione. Anche se considerando lo stato di furia in cui si trovava e la differenza di forza tra i due, probabilmente non se ne sarebbe neppure reso conto. Però era vero che grazie al suo intervento finalmente poteva rimettere piede a casa. Anche se lo spettacolo che le si presentava davanti era piuttosto desolante e Harumi non poté che ripetere la parole pronunciate poco prima da Akira.

    Che cosa è successo qui?



    Chi è Tensai-Jin?

    La voce della kunoichi era fredda e i suoi occhi ferali. Si aspettava delle spiegazioni da Akira, dettagliate e alla svelta. Non sapeva ancora con chi o che cosa aveva a che fare, ma era certa che l'avrebbero pagata cara. Li avrebbe trovati e fatti a pezzi, a costo di impiegarci una vita intera. L'aura omicida veicolata dal flusso di chakra demoniaco che aleggiava intorno alla ragazza avrebbe fatto rizzare i peli di chiunque si fosse trovato nelle vicinanze, ma sarebbe durato un istante soltanto. Harumi prese un respiro profondo e si calmò. Per il momento.

    Furono interrotti dal frullare di ali proveniente dall'alto. Un'ombra scura calò su di loro, rivelandosi un unico essere composto da infiniti esseri. Dieci, cento, mille occhi, ed una sola vita. Le sue molteplici voci risuonarono all'unisono, coprendo ogni altro suono. Lo sguardo gelido che la kunoichi restituì all'essere, del tutto fuori luogo sul suo bel viso ed in completo contrasto con quanto Akira aveva visto fino a quel momento, lasciava intendere che aveva gradito ben poco le parole dell'enorme pipistrello.

    Andiamo Akira-san.

    La coppia avrebbe varcato le porte spalancate della dimora. L'ultimo che era passato di lì non si era preso neppure la briga di chiuderle. La vista dell'interno era deprimente quanto l'esterno. Uno spesso strato di polvere e ragnatele copriva ogni cosa, fatta eccezione per le due tracce di impronte che si potevano distinguere a fatica [Abiltà]. Qualcuno, oltre al Mizukage, era stato lì meno di recente. Non v'erano però segni in senso contrario. Dovevano essere usciti da un altro punto. Oppure si trovavano ancora nella Villa.

    Ignorando le indicazioni del mostro, Harumi si sarebbe diretta prima verso lo studio di Diogene alla ricerca del Kokage, o quanto meno di una qualche traccia o indizio. In effetti lo scompiglio e ancora la doppia serie di impronte indicava che si trovava sulla strada giusta. Non che si aspettasse di veder comparire il capoclan come se nulla fosse seduto sulla sua poltrona, ma vedendo la stanza vuota le prese un morso al cuore. Facendosi forza, la ragazza studiò con attenzione la scrivania del capoclan e i suoi cassetti, alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse spiegare lo stato di abbandono in cui versava l'edificio.

    Alla fine le impronte li condussero comunque al primo piano, dove ad aspettarli era presente un gruppetto piuttosto variegato. L'unica persona che Harumi riconobbe senza indugio era Kensei Hito, kage della Nebbia. Il ragazzo con gli occhiali di fianco a lui aveva un'aria familiare, ma non ricordava dove l'aveva già visto. Il terzo invece era per lei un totale sconosciuto. La giovane li squadrò con aria sospettosa. Poi il suo sguardo si spostò sulla pendola che ticchettava in modo fastidioso alle loro spalle. Stranamente non v'aveva fatto caso fino a quel momento, ma il rumore era piuttosto insistente e si insinuava nella testa.

    Signori, se non vi dispiace vorrei una spiegazione di cosa ci facciate nella mia casa. E di quello che avete scoperto: ho sentito parlare di jutsu temporale.

    Ascoltato quanto avevano da dire, avrebbe lasciato le pubbliche relazioni ad Akira prima di rimettersi in marcia. Lì non sarebbe stata di alcuna utilità, a meno che la parola in codice lasciata dal Mikawa non avesse risvegliato in lei quale strana memoria. Tutto si poteva trovare nella Villa fuorché un teatro. Anche il riferimento alla pagina strappata dal libro poteva forse farle suonare qualcosa, sebbene non fosse un'esperta di storia otese. Sapeva solo quello che le aveva insegnato Ukitake. Certo, se avesse potuto vedere il libro magari un dubbio sarebbe potuto sorgerle. Forse aveva già visto il tomo. Che si trattasse di un diario?

    In quanto infine a rituali arcani, poteva dire la sua su quelli legati al sangue per averne subito gli effetti in prima persona, ma quanto a jutsu spazio temporali era completamente sperduta. Avevano già mandato Hebiko in avanscoperta, o forse era più corretto dire retroscoperta, ma non era ancora tornata, né si erano verificati altri cambiamenti. Che le fosse successo qualcosa o dovessero semplicemente attendere, in cinque bloccati ad aspettare erano decisamente troppi.

    Le tracce, come aveva già appurato Kensei, proseguivano fino all'ala ovest. Il kiriano era tornato sui suoi passi dopo essersi ritrovato in un vicolo cieco, ma Harumi sapeva già dove erano dirette prima ancora di arrivarvi. L'arazzo le mise soggezione come la prima volta che si era soffermata ad osservarlo con i suoi colori cupi e sanguigni. Una battaglia dell'era antica, sospesa tra leggenda e storia. La giovane si voltò, verificando chi l'avesse seguita. Non glielo avrebbe impedito, ma a quel punto li avrebbe costretti a fare un passo indietro.



    Akira-san, potresti voltarti ed assicurarti che lo siano anche i nostri amici?

    Era una richiesta solo di facciata poiché finché non fosse stata certa di non avere nessuno vicino sarebbe rimasta immobile. Se qualcuno avesse fatto il furbo poi non sarebbe stata l'unica a cui rendere conto, ma anche al padrone di casa. Nella speranza di trovarlo da qualche parte, prima o poi. Si sarebbe quindi avvicinata alla parete, nel punto dove tempo prima Yachiru le aveva aperto la strada, e avrebbe mosso rapidamente le dita a sfiorare i meccanismi celati [Abilità]. A differenza di allora, Harumi era parte della famiglia a pieno titolo ed aveva accesso ai segreti del Mikawa. O per lo meno a quelli che Diogene sceglieva di condividere. Con uno scatto, il passaggio verso il covo si sarebbe rivelato. Le impronte procedevano all'interno.

    Se volete seguirmi prestate attenzione a dove mettete i piedi.

    La jinchuuriki si sarebbe inoltrata nell'oscurità, da sola se necessario, disattivando man mano le trappole sul percorso ed accendendo le fiaccole sui porta torce. Se nulla si fosse frapposto tra lei e la sua meta sarebbe infine giunta alla cripta del sangue. Provava sentimenti contrastanti per quel luogo, ma in quel momento l'unico suo pensiero era trovare i membri della sua famiglia. O gli invasori responsabili di quella situazione assurda.
     
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