Gli Inferi di Oto - Le Prigioni

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    Parte i ~ Una missione semplice



    Harumi si stiracchiò sotto le lenzuola appena sveglia, ma fu scossa da un brivido. Ancora una volta si era agitata nel sonno, disfando il letto, ed i piedi si trovavano esposti al gelo fuori dalla coperta. Li ritirò, raggomitolandosi su se stessa stesa su un fianco. Aveva ripreso a fare brutti sogni, di cui però raramente ricordava il contenuto, ma che probabilmente avevano a che fare con il suo recente passato. Vincendo una sfida con la sua volontà riuscì ad uscire dal suo comodo giaciglio per affrontare una nuova giornata. Rabbrividì nuovamente e si affrettò ad indossare un maglione sopra il pigiama. La sua attuale sistemazione era una catapecchia, anche se l'amministrazione di Oto la spacciava come appartamento per i ninja dipendenti. Gli infissi erano consumati dal tempo e lasciavano passare degli spifferi terribili, ma anche il resto dello stabile aveva visto tempi migliori. Purtroppo la giovane al momento non poteva permettersi di meglio: giunta al Villaggio del Suono senza un soldo, si era arruolata come kunoichi per diventare più forte. Con il magro stipendio che percepiva riusciva a malapena a far fronte alle spese correnti, per quanto stesse attenta ad ogni ryo e cercasse di mettersi da parte qualcosa. Per questo aveva accolto di buon grado la missione che l'aspettava quel giorno, ogni incarico era un guadagno extra ben accetto.

    Giunta al luogo convenuto, uno dei quattro cancelli d'ingresso al Villaggio, trovò il suo compagno di team ad attenderla. La figura incappucciata, alta e snella, scoprì il volto, presentandosi. E, per partire con il piede giusto, storpiò il suo nome. Abbozzando un sorriso, la giovane rispose educatamente, chinando il capo. Ehm... Sarebbe Miyazaki... Piacere di conoscerla, Nai-san. Nonostante la raccomandazione dell'uomo, Harumi usò automaticamente la forma di cortesia riservata a superiori e senpai. Se anche l'uomo fosse stato famoso a Oto, lei non lo avrebbe di certo saputo: era arrivata nel Villaggio da poco più di un mese e, ad eccezione dell'amministratore e della sua segretaria non conosceva quasi nessuno. A onor del vero aveva avuto modo di incontrare anche Kato, il genin a cui era stata affidata per farsi le ossa, una persona dalla personalità più complicata di quanto potesse apparire ad una prima occhiata. Harumi stava superando la sua naturale timidezza, che la portava in passato a balbettare insicura ogni qual volta si rivolgeva ad una persona importante, peggio se sconosciuta, ma a volte ricadeva in quel vizio. La domanda postale da Eiatsu ad esempio la coglieva impreparata, e di riflesso le parole le uscirono inciampando una sull'altra. Io... ehm ecco... suppongo di cavarmela con i ninjutsu, hanno detto che sono portata, ma veramente... ecco, come dire... non ho ancora affrontato un vero combattimento, quindi...



    Con le guance arrossate, distolse lo sguardo dallo shinobi, giocando nervosamente con le mani. Stava di certo facendo una pessima prima impressione. Si impose di calmarsi, quindi riformulò una frase per cercare di salvarsi in corner, scandendo bene le parole. Imparo in fretta e do sempre il massimo, signore. Un eccesso di formalismo, dettato dall'agitazione certo, ma anche dalla sua educazione. Qualunque fosse la sua reazione, gli spiegò in cosa consisteva il loro compito. Harumi annuì, memorizzando le consegne. Non sembrava nulla di troppo complicato per fortuna, anche se il modo in cui aveva menzionato il Bosco dei Sussurri la inquietò sottilmente: era tanto terribile quel posto? Si imbarazzò lievemente quando lui le disse di appoggiare una mano sulla sua spalla, ma obbedì. Eh? Ah.. sì, ok... Deglutì impercettibilmente, appoggiando l'altra mano chiusa a pugno davanti al petto ed abbassando la testa a fissare il suolo. Non era più abituata ad avere contatti fisici con le altre persone e si sforzò per apparire naturale. Ogni suo pensiero venne tuttavia azzerato dopo il teletrasporto. Allontanandosi di qualche passo dal jonin si guardò intorno, sforzando gli occhi ad abituarsi alla penombra. L'aria malsana le saturò le narici, mentre goccioline d'acqua putrida le cadevano tutt'intorno, sfiorandola occasionalmente. A giudicare dalla temperatura dovevano trovarsi diversi metri sotto terra, e la kunoichi ricordò che il veterano aveva parlato di cunicoli. Quelli afferrò una delle torce fissate ai muri e la usò per rischiarare i suoi passi, incamminandosi senza dire una parola. Nai-san, mi aspetti! La ragazza corse dietro alla sua guida, recuperando lo svantaggio, anche se nel farlo dovette stare molto attenta a dove metteva i piedi: chiazze di muschio e pozzanghere rendevano la pavimentazione irregolare piuttosto pericolosa e più di una volta rischiò di ritrovarsi gambe all'aria. Sentendosi a disagio a camminare così in silenzio, cercò di rompere il ghiaccio e al contempo di ottenere qualche informazione in più. Ecco... mi chiedevo, il criminale che dobbiamo prelevare di che reati si è macchiato? Aveva avuto un assaggio della dubbia morale di Oto, quindi la domanda era piuttosto azzeccata. Giustiziare i criminali... è un uso comune qui, non è vero? Lo shinobi avrebbe notato questa volta un cambiamento nella giovane. Il suo tono di voce era più deciso, ma anche più secco, vi era insito un giudizio, per quanto non espresso. Se tuttavia si fosse voltato ad osservarla l'avrebbe vista sorridere come in precedenza, senza tracce apparenti sul viso di disapprovazione. Poco più avanti, nuovamente Harumi riprese la parola, questa volta più per saziare una sua curiosità. E invece lei, Nai-san, di cosa si occupa? Deve essere noioso per lei dover badare ad un ninja novizio come me, mi dispiace se le sono un peso... Era la storia della sua vita, sentirsi di troppo, un fardello non richiesto di cui qualcuno doveva farsi malvolentieri carico. Il sorriso sul suo volto era triste, e non parlò oltre, se non per commentare la risposta ottenuta, persa nei suoi pensieri.
     
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