Gli Inferi di Oto - Le Prigioni

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  1. leopolis
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    Narrazione
    "Pensieri"
    «Dialoghi»


    Privato della vista, non seppi dire con certezza quanto tempo passai in quell'ambiente che non conoscevo. Dopo quella mia invalorosa sconfitta, ero probabilmente stato rinchiuso in un ambiente molto simile a una galera: il puzzo di umido e lo sporco la facevano da padrone. Non mi serviva la vista per sentire i ratti scorrere vicino o sentire i lamenti di coloro che erano stati rinchiusi tra quelle mura a marcire. In effetti, piuttosto che marcire lì dentro avrei volontariamente reciso la mia carotide con un coltello perché la morte era di molto migliore che quell'assenza della vita. Tuttavia, c'era un motivo per cui non lo avevo fatto ed era semplice: la famiglia. Io li avevo portati via da Kumo; io dovevo occuparmene. E avevo fallito. Ora non potevo proprio lasciarli al destino e sebbene fossi certo che durante la mia assenza se ne occupasse Ru Wai, dovevo comunque andarli a prendere. Come? Non ne avevo idea considerando che privato della vista com'ero non sarei mai riuscito a uscire da quell'ambiente; che dire poi delle catene che mi tenevano legato: avevano imparato a ritenermi pericoloso, o almeno era quello che potevo dedurre. Non sapevo nemmeno quanto fosse grande la mia cella, considerando che le catene che mi legavano al muro non mi permettevano di andare in giro per la cella indisturbato. Quando la mia cella si aprì, invece, potei [percepire]Sensitivo la presenza di due persone. Il chakra di uno lo conoscevo di già: era quel tizio che insieme alla kiriana mi aveva battuto a Genosha. L'altro, invece, non lo conoscevo, ma da come parlava al di fuori dalla mia cella sembrava essere un pezzo grosso di Oto. Mentre parlavano fuori dalla cella, rimasi abbastanza basito dalle parole del mio avversario di Genosha. In effetti diversi colpi erano andati a segno e se non fosse stato per le varie armature che portava, nonché per la costante attenzione che quella kiriana mi aveva riservato sin dall'inizio dello scontro, lo avrei probabilmente macellato. A quel punto, però, senza occhi e con le braccia malconce avrei dovuto far fronte a diversi problemi e mi avrebbe facilmente sconfitto. Nel loro discorso sentii anche diverse cose interessanti... soprattutto il disprezzo con cui quel tizio disse Pescivendola. Che anche tra gli accademici ci fossero diversi screzi? Questo non lo potevo dire, ma sicuramente ero molto interessato alla questione. Il tizio che mi aveva battuto, poi, continuò a blaterare qualcosa su com'ero bravo: delle frasi sulla bravura che evidentemente non interessavano al Jonin, il quale, forse, desiderava solo un mucchio di ryo da me per la mia liberazione e nient'altro.

    Quando la porta finalmente si aprì, sentii le stesse domande che vennero rivolte al tizio del suono. Le questioni erano semplici: cosa ci avrebbe guadagnato Oto dalla mia liberazione e cosa ci avrebbe guadagnato quel tizio. In sostanza: niente. Motivo per cui avrei tanto voluto mandarli a fare in culo entrambi e chiudere la porta da solo alle loro spalle per restare in quella stanza privo della loro compagnia a pensare sulla mia esistenza... o meglio: sull'esistenza delle uniche due persone al mondo a cui volevo bene per davvero. Proprio per quello non potevo semplicemente alzarmi e insultarli; era una di quelle situazioni in cui dovevo tirar la vena diplomatica se volevo riavere vicino la mia famiglia. Prima di rispondere, però, ascoltai anche le parole del tizio che mi aveva sconfitto. Non aveva tutti i torti, - dovevo dire, - ma pieno di valori e onori com'ero non riuscivo proprio a parlare con coloro che osavano combattere in superiorità numerica. Per questo risposi, ma risposi a entrambi dopo essermi alzato. - «Sinceramente non ho voglia di convincervi a lasciarmi andare e di sicuro non starò qui a supplicare a non farmi marcire in galera per sempre.» – Detta questa premessa, presi un po' di fiato. L'onore, del resto, veniva prima di tutto, sempre, anche prima della famiglia. Ma volevo rivederla. - «E di sicuro non accetto consigli e suggerimenti da chi si rende disonorevole combattendo in superiorità numerica, poiché si è onorevoli sempre e non solo quando conviene, MA... Ti perdono.» – Dissi seriamente e senza il minimo pizzico di ironia. Poi mi rivolsi al Jonin. - «Per quanto riguarda il motivo per cui Oto potrebbe guadagnarci dalla mia liberazione, le basti sapere questo: sono un ninja esperto di Kumo. Sono nato a Kumo, cresciuto a Kumo e fuggito da Kumo. Odio ogni aspetto di coloro che governano quel villaggio e odio anche la sua elité militare; sono pronto a combatterli ovunque e ne sono il peggior nemico. Conosco l'esercito di Kumo meglio di chiunque altri, in quanto ne sono stato una parte, con il rango di chunin, prima di essere fuggito insieme alla mia famiglia. Non farebbe, forse, comodo per il villaggio di Oto avere tra le sue fila un ninja traditore di Kumo con tutte le sue conoscenze per prepararsi al meglio alle minacce portate avanti da quel villaggio per tutto il Continente ninja? Sono esperto delle arti magiche e marziali, nonché un Sensitivo che può aiutare Oto a evitare le eventuali minacce.» – Conclusi prima di prendere nuovamente fiato e ricominciare. - «Per quanto riguarda, invece, il suo guadagno... direi che è del tutto nullo. Non sono ricco; ferisco i ninja per prendermi le loro taglie e sopravivvere. Non ho un ryo e non posso darle niente. Le uniche cose che ho sono le mie conoscenze e abilità di combattente, MA... sono pronto a mettere entrambe al servizio di questo villaggio, di cui Lei è il Kage o l'Amministratore, in cambio di una sola cosa: portare la mia famiglia dietro queste mura e avere un lavoro che mi permetta di smettere di vivere da Ronin e ferire la gente per guadagnare. » – Poi terminai con l'ultimo asso in manica che avevo: - «Se vuole, può testare le mie capacità qui o altrove per accorgersi del fatto che potrei essere un prezioso ninja di questo villaggio.» – In effetti, se mi fosse stato concesso di combattere, - il mio habitat naturale nel quale mi sentivo al meglio, - sarei forse riuscito a convincere quel Kage antipatico di darmi il coprifronte di Oto e portare la mia famiglia dentro a quella mura. Mura che non rappresentavano la situazione ottimale considerando la vicinanza a Kumo, ma comunque delle mura e un possibile guadagno: quello sarebbe stato il combattimento giusto per lasciarmi alle spalle la mia vita precedente e iniziarne una nuova; forse non perfetta come avrei voluto, ma comunque nuova.
     
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