Gli Inferi di Oto - Le Prigioni

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  1. leopolis
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    Narrazione
    "Pensieri"
    «Dialoghi»


    "Non voglio creare scompiglio, voglio fare un Colpo di Stato" – pensai in replica alle sue parole. - "Voglio riportare Kumo all'ordine precedente, prima dell'arrivo di quei strani tizi e sono disposto a tutto pur di raggiungere il mio fine". - «Non ho motivo di tradire Oto, considerando che Oto è l'unico mezzo che ho per arrivare al mio fine. Tradire Oto sarebbe per me un po' come ritornare all'inizio della strada e cancellare tutto ciò che ho fatto fino a oggi. » – Tacqui sul traffico dei schiavi. Non amavo molto l'idea di togliere la libertà a qualcuno e in contempo ero un soldato che stava mettendo le proprie capacità a servizio di Oto, privandosi così di una certa libertà. In contempo stavo pensando che se avessi realmente avuto degli schiavi, avrei trovato un modo per potenziarli in qualche modo e poi li avrei usati per il mio stesso scopo: rovesciare l'Ordine di Kumo riportando l'Ordine precedente. L'idea di creare un certo mio esercito che era al contempo mio e al servizio di Oto nacque in me molto prima d'incontrare quel strano tizio che avevo davanti: anche quello poteva essere un mio mezzo per fare quello che volevo, pur sapendo che così andavo contro la volontà di mio fratello e, peggio ancora, di mio padre (il che era già tutto dire). Ma la vita era così: c'era chi collaborava adattandosi e chi, invece, si ribellava. Io facevo parte del secondo gruppo. - «Non ho paura della tortura, né della morte. Sono un ninja. Un chunin di Kumo. Potete torturarmi anche a partire da oggi e fino alla fine dei tempi e non otterrete da me niente. Potete, invece, fidarmi di me considerando che abbiamo uno stesso fine. Non ho paura di niente.» – "A parte della morte dei miei cari, gli unici che mi sono rimasti..." - Percepii il tocco della sua mano sulla mia testa in quel che sembrava una scena alquanto strana, ma non feci nulla continuando a percepire il suo tocco sulla mia testa. - «Io sono un uomo d'onore. Io non infrango i patti.» – Mi sorpresi un po' a sentire che non sarei andato io a salvare la mia famiglia, ma era anche qualcosa che dovevo aspettarmi. L'incarico parallelo, infine, mi stupì alquanto: mi stava di già affidando qualcosa? - «Accetto le condizioni di buon grado. Ma devo darvi un paio d'informazioni a proposito della mia famiglia. Dopo aver abbandonato Kumo mi sono recato nel villaggio dei traditori, ad Ame. Ho vissuto qui per un po' in una casa... hmm... presa in prestito... diciamo così... Poi ho incontrato un tizio di nome Ru-Wai in un bar che si chiama Batuman Veri. Questo locale si trova nel centro di Ame: non il miglior posto in cui andare per degli accademici.» – "Direi" – «Ru-Wai ha promesso di prendersi cura della mia famiglia finchè sarei stato via a ... a... hmm... diciamo guadagnare denaro per vivere... Ora, non so se Ru-Wai si sta ancora prendendo cura della mia famiglia oppure no. E nel caso fosse è probabile che voglia del denaro. In questo caso ditegli che pagherò non appena posso. E se non vorrà rilasciare la mia famiglia ditegli che vengo lì nel suo locale e gli taglio la testa. Anzi, se potete farmi scrivere una piccola lettera da dare a Ru-Wai...» – avrei detto per scrivere le varie "circostanze" che mi portavano a chiedere il rilascio di mia madre e mia sorella senza la mia presenza in loco. Sulla lettera avevo comunque in mente di scrivere un paio di cose che solo Ru Wai e io conoscevamo, motivo per cui non avrebbe dovuto dubitare molto sulla veridicità della lettera. E difficilmente, - per come egoisticamente lo percepivo, - avrebbe fatto molte storie anche se alla fine dei conti si trattava comunque di ostaggi che gli sarebbero potuti tornare utili. - «Se, invece, mia madre e mia sorella non sono presso Ru Wai, allora dovrete fare di tutto per trovarle. Anche a forza di torturare Ru Wai per capire dove sono. Se volete posso torturarlo io stesso per capire dove sono. Vi prego, fate di tutto per trovarle.» – A quel punto il tizio iniziò a riflettere sulle informazioni che gli avevo dato. Non erano molte; ma erano tutte quelle che mi potevo di dirgli. Non potevo dirgli di più per il semplice motivo che non sapevo più niente. - «Si possono incontrare davanti ai cancelli di Kumo, ma uccidendone 1 o 2 non cambierà nulla. Bisogna ucciderli tutti e mettere qualcuno a guida del villaggio...» – "me, per esempio" – «... per riportare all'Ordine quelle terre. Anche al palazzo del Kage è possibile incontrarli. Per il resto i loro spostamenti sono segreti all'esercito: compaiono dal nulla e vanno nel nulla. Certamente, però, possiamo pensare a qualche trappola basandoci su ciò che sappiamo dei loro interessi... anche se... anche se preferirei di gran lunga sconfiggerli tutti e 21 in battaglia insieme al loro esercito. » – A quel punto avrei iniziato a rifletterci sì, pensando che comunque dovevamo preparare una trappola bella grossa per tutti quei ninja. Oppure batterli uno a uno. Mi doleva dirlo, ma avevamo il bisogno di una spia. E anche di un numero abbastanza grande.
    Era certo che dovevo iniziare a cambiare i miei modi di fare: non mi dovevano mai più sconfiggere in superiorità numerica. Non dovevo mai più capitare in una situazione di superiorità numerica. - «Porterò a termine una qualsiasi missione per conquistarmi la fiducia di Oto. – "Anche di grado S".

     
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