Il ritorno del Nono

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Il ritorno del Nono


    I - Un ruggito nei cieli della Nebbia

    L'autunno aveva ormai preso piede da tempo, nel mondo, e la pioggia sferzava i cieli di Kurohai, abbattendosi sul villaggio, gonfiando il mare e perdendo, come sempre, la lotta contro il calore del Monte Gekido che però sarebbe stato per un po' decisamente poco vivibile per gli umani, con l'umidità che rendeva il caldo torrido ancora più pericoloso. Ma non ero diretto al Monte, bensì nel lato florido dell'isola, ad un casolare di piccole dimensioni isolato dal Villaggio ai margini della vegetazione. Una casetta semplice, su due piani ma di piccole dimensioni, dall'aria trascurata. Il suolo scuro di Kurohai lì era puntellato di verde incolto che non curato stava ricoprendo alcuni oggetti lasciati nel giardino. Un manichino da allenamento, usato da Jukyu, era ribaltato di lato, quasi marcito. Un vecchio tavolino, due sedie.
    C'era un albero, in quel piccolo giardino. Un ginkgo. Era da lì da prima della casa, anzi, era più corretto dire che la casa era lì a causa di quel ginkgo. Quando cercavamo un posto isolato dove costruirci una piccola casetta dove riposare ed un giorno, vivere dopo il ritiro, Ayame si era innamorata di quella distesa di foglie dorate che ricopriva il terreno sottostante. Era un singolo albero, la cui storia non mi era nota, ma che forse era stato piantato lì molto tempo prima. Un singolo albero di ginkgo, su tutta l'isola.
    Sotto quell'albero, coperte dalle foglie colore dell'oro, tre lapidi. Non belle, nemmeno curate. Non vi erano fiori, poiché nessuno le visitava da diversi mesi.



    Yogan si diresse lentamente verso il basso, muta, le scaglie lucide per la pioggia. Le prime due, di Natsu e Nana, erano ordinate, una vicino l'altra. La terza, di Ayame, era più indietro, più vicina all'albero che aveva tanto amato, leggermente più grande delle due. Atterrò ad una certa distanza dalla casa e non appena posai piede per terra, assunse immediatamente la sua forma umana. Il vento le muoveva i capelli rossi e lei fissava dritto davanti a se, con un'espressione dura.
    Sono qui? chiese. Il suo tono era carico di emozioni inespresse. I draghi non condividevano l'ombra dei sentimenti del loro Ryuukishi ed i Ryuukishi non condividevano l'ombra dei sentimenti dei loro draghi. L'affetto che Yogan aveva provato per la mia famiglia era sempre stato sincero, genuino, nato da lei stessa e per questo quelle perdite la colpivano quasi quanto avevano colpito me.

    affermai con voce neutra, seguendola mentre ci avvicinavamo alle tombe. Ci ero tornato, una sola volta, otto mesi prima ma da allora non era più riuscito a mettervi piede. Yogan si avvicinò a quelle pietre sotto le quali riposavano i resti mortali della mia famiglia, vi posò una mano e chinò il capo, chiudendo gli occhi. Decisi di lasciarla sola, a piangere quelle perdite. Io, non riuscivo ancora a restarvi per troppo tempo. Troppo dolore.
    Ero tornato lì per altre cose, oltre che portare Yogan a dare loro il saluto che avevo negato per troppo tempo. Mi diressi verso la casa. La porta, chiusa a chiave, evidentemente non era stata forzata. L'aprii ed entrai in quel luogo che mi rievocava troppi brutti ricordi. L'aria era stantia, soffocante per il panico che mi causava ripensare alle morti che tra quelle mura avevano avuto luogo. Determinato andai fino in una botola, che aprii, rivelando un seminterrato buio che illuminai accendendo una torcia alla parete.
    Il seminterrato era abbastanza vuoto, qualche cianfrusaglia, qualche vecchio giocattolo di Natsu in un angolo e, sulla parete più lontana rispetto la botola, su una rastrelliera, c'erano due spade. Due Katane.
    La prima era Garyuuka. La seconda, Nishikigoi.
    Le presi, sistemandole entrambe sul mio fianco sinistro, dunque mi voltai ed uscii. Quella era la tappa obbligata. Riprendere ciò che mi apparteneva, e ciò che apparteneva a Kiri. Dopotutto, Itai Nara non era un ladro.



    Sorvolai il Villaggio della Nebbia a quasi cinque chilometri di altitudine. A quella distanza chiunque avesse visto verso l'alto non avrebbe notato altro che, beh... nebbia, figurarsi Yogan. Inoltre, era sera. La dragonessa procedeva in circolo, senza fretta e non sembrava essere molto contenta.
    Itai questa è una stronzata mi disse senza mezzi termini, com'era suo solito. Io rimasi sordo a quella esortazione, poiché avevo deciso cosa fare e ciò che dovevo fare avrebbe richiesto un'azione preparatoria.

    Yogan, per la ventesima volta, andrà tutto bene dissi. Ero forse l'unico Ninja di Kiri che sapeva volare e non stavo andando in nessun luogo pericoloso. La realtà era semplice. L'unica cosa che dovevo fare prima di tornare a Kiri e confrontarmi con il Villaggio era parlare con Jukyu. Lei non voleva parlarmi, probabilmente, ma avevo deciso di non rispettare quella distanza che stava cercando di imporre. Non potevo non vederla faccia a faccia, capire cos'era diventata e lei aveva bisogno di confrontarsi con me, con quel dolore che rappresentavo, altrimenti avrebbe continuato a costruire una narrazione distorta di ciò che mi era successo. Io vado. Tu non scendere per nulla al mondo, intesi? Ci rivediamo dove abbiamo detto.
    Mi lasciai andare, cadendo verso il basso, Strinsi le mani ai fianchi, scendendo in picchiata ad una velocità sempre più folle, finché non richiamai a me il potere di Chomei. [Tecnica]
    Arrestai la caduta, frenando fino a raggiungere una velocità che potevo controllare. Il Villaggio era a circa un chilometro dal punto della verticale della mia traiettoria e la corressi per dirigermi verso una piccola altura a strapiombo della costa, da cui si poteva ammirare, nelle giornate più chiare, il Villaggio. Feci sparire il Chakra di Chomei e trovai una pietra sui cui sedermi. Ed attesi.
    Certo che hai un bel coraggio a tornare.


    [Quella mattina]
    Un messaggio era giunto a casa di Jukyu Shinretsu. Farlo arrivare non era stato difficile. Far arrivare messaggi dal porto al Villaggio era semplice e con una buona Henge mi ero finto un marinaio che voleva mandare un messaggio a casa. Jukyu si era ritrovato una busta chiusa, non firmata, che conteneva un unico foglio con poche parole che chiunque altro avesse letto non avrebbe potuto interpretare. Un messaggio che chiedeva soltanto di vederci dove Jukyu, con la famiglia, aveva passato una giornata fuori in serenità, in uno dei rari momenti di stacco che mi concedevo quando ero Kage. Si trattava di un messaggio interpretabile solo attraverso la conosceva di un ricordo condiviso da solo noi due. Certo, avrebbe potuto tradirmi ed indirizzare lì qualcun altro, magari Kensei stesso... ma dubitavo lo avrebbe fatto. Jukyu per natura era ostinata e curiosa e per quanto forse si sforzava a crederlo, esisteva un legame con me che le avrebbe resto difficile tradirmi a sangue freddo. Lei era troppo passionale, troppo arrabbiata per non cogliere al balzo l'occasione di sfogarsi in privato.


    Certo che hai un bel coraggio a tornare disse Jukyu, alle mie spalle. La sua voce era un misto di tremante emozione, rabbia e molte altre emozioni mischiate assieme che le impedivano di tenere un tono di voce fermo. Mi alzai e mi voltai, guardando mia figlia al chiarore della luna per la prima volta dopo anni. Era cresciuta. Non era più una bambina piccola ed arrabbiata. Era diventata più alta, il suo viso aveva perso quasi del tutto i tratti infantili. Riconoscevo sul suo viso i miei tratti in maniera disarmante, ma c'era anche tanto di Ayame in lei. Ma gli occhi, grandi occhi verdi, li aveva presi da me.Beh? Che vuoi? Perché questo incontro segreto?

    Ciao Jukyiu fu ciò che riuscii a dire dopo lunghi secondi di silenzio. Vidi il suo sguardo contorcersi in una smorfia di rabbia e sapevo che stava per esplodere. Sospirai, muovendo un unico passo verso di lei. La vidi irrigidirsi, ma non indietreggiò, anzi, con aria di sfida alzò il viso. Sono tornato... ma prima di rendere pubblico il mio ritorno volevo parlarti. Non so se ci sarà un'altra occasione.

    ...E parla allora disse lei, quasi sputandomi quelle parole addosso. Incrociò le braccia al petto in un istintivo segno di chiusura che non tradussi come tale consciamente, ma che, inevitabilmente, mi spinse ad abbassare lo sguardo prima di iniziare.

    Lo so che sei arrabbiata con me iniziai, e fui interrotta da un suo sospiro a metà tra il disprezzo e l'esasperato. Lo so e ti capisco. Ma ormai non sei più una bambina, è giusto che non ti difenda più da ciò che mi è successo. Le diedi le spalle, tornando a sedermi sul masso. Lei ora mi guardava più curiosa, ma sempre distante e diffidente. Dopo la morte della mamma io ero perso. Forse, con lei al suo fianco sarei riuscito ad affrontare la tragedia meglio ma quella era l'ultima mia ancora di salvezza. Io... non potevo prendermi cura di te Jukyu. Ricordi come stavo? Dimenticavo di mangiare, a malapena mi alzavo dal letto. E tu era una bambina che soffriva, soffriva tanto e che non potevo aiutare.

    Così hai pensato bene di scaricarmi da zia Hanako e sparire per quasi due anni, vero? La rabbia in quelle parole era tangibile e mi ferì. No, non l'avevo scaricata. L'avevo affidata a qualcuno che poteva prendersi cura di lei, ma Jukyu era troppo arrabbiata per rendersene conto. Non serviva abbandonarmi papà. Io potevo farcela, avrei voluto restare con te! Ed invece no, mi sono ritrovata senza sorella, sneza fratello, senza madre e SENZA PADRE! Le ultime due parole furono urlate e lei si avvicinò a me, in maniera quasi aggressiva. Cosa vuoi da me ora?

    Jukyu... mormorai il suo nome, rialzandomi avvicinandomi a lei finché non fu a portata del mio braccio. Voglio solo parlarti. Vorrei che tu mi perdonassi, ma so che sei troppo arrabbiata ed amareggiata per prendere in considerazione l'idea. Ma non mi perdonerei mai se non tentassi di farti capire sospirai. Lei era una trentina di centimetri più bassa di me ed io ero costretta a guardarla dal basso verso l'alto. Odiai quella cosa. Mi abbassai per mettere il viso alla stessa altezza del suo. Se fossi rimasta con me, temevo tu avresti sofferto ancora di più. Ero... ero un morto che camminava. Non le dissi del mio recente tentativo di diventare un morto spiaccicato sulla roccia. Non le serviva quell'altro carico da portarsi dietro.

    Cosa credi che la tua assenza mi abbia fatto bene? La vidi stringersi il braccio destro con la mano sinistra. Notai solo in quel momento che era bendato. Non erano bende mediche, erano bende da combattimento e Jukyu, a meno che non avesse modificato il suo stile così radicalmente, non aveva motivo di usare quelle protezioni solo su un braccio. Tutto, nel suo linguaggio corporeo, urlava che stava nascondendo qualcosa sotto quelle bende. Credi che io possa perdonarti? Potevi venire a trovarmi a Konoha! Farmi un cenno, farmi capire che ti importava ancora di me. Invece no, sparito, ti credevo MORTO le sue braccia mi spinsero via, vidi lacrime bagnarle gli occhi, feci un passo indietro, ma mi riavvicinai subito, non disposto a lasciarmi allontanare da quelle manifestazioni di rabbia.

    Lo so. Hai ragione, ma io... non ragionavo bene Jukyu. La mia mente era... è malata sospirai, abbassando lo sguardo. Avevo commesso tanti, troppi errori, ma incolparmene del tutto era errato. Qualcosa si era spezzato dentro di me e quasi tutte le mie azioni dopo quel momento erano state simili ad un sogno. Non ricordavo un granché di quei mesi, non ricordavo nemmeno cosa mi avesse impedito di tornare da lei. Ora sono qui, e farò di tutto per recuperare.

    Troppo tardi papà lei calcò l'ultima parole con disprezzo, velato di altre emozioni.
    Non voglio recuperare nulla con te.

    Quelle parole mi colpirono, ma non giunsero inattese. Quella ferita era già aperta e quel suo atteggiamento non fece altre che farla sanguinare di più, ma non mi avrebbe devastato ancora. Mi avvicinai di un passo ancora e misi una mano dietro la sua testa. Non la bloccai, ma lei rimase ferma, cercando di capire cosa stava per succedere.
    Io rimarrò per sempre tuo padre dissi allora, guardandola negli occhi. Ed anche se mi odierai, anche se farai di tutto per allontanarmi da te, non smetterò mai di amarti. Perché sei mia figlia. E nemmeno tu potrai scappare da questo. Lei non rispose a quelle parole, rimase immobile, senza dire nulla. Mi allontanai da lei avvicinandomi alla scogliera. Il chakra di Chomei tornò ad avvolgermi, azzurrino come prima, privo delle forme bestiali. Sta attenta Jukyu, ti prego. Non interferirò con la tua vita e le tue decisioni... ma ti prego, sta attenta. Mi alzai in volo lentamente e poi, come una scheggia, volai verso l'alto, lasciando mia figlia a guardarmi, confusa, atterrita. La vidi con la coda dell'occhio sedersi sullo stesso maso su cui ero seduto lì io, accucciarvisi e stringere le ginocchia al petto e poggiarvi il viso contro.



    [La mattina dopo]
    Un ruggito, che da tempo non si udiva a Kiri, avrebbe probabilmente fatto voltare più di una persona a guardare il cielo.
    Devo dire che questa idea mi piace disse Yogan, per poi ruggire ancora, spingendosi nei cielo alla massima velocità, circumnavigando tutto il Villaggio. Chiunque, a meno che non fosse in come, avrebbe udito quel ruggito e molti l'avrebbero trovato famigliare. Così come avrebbero trovato famigliare la figura serpentina rossa di Yogan che, fino a due anni prima, era una visione ben nota nel Villaggio.

    Non ho intenzione di lasciare questa cosa nascosta dissi a Yogan, che a quel punto si innalzò in volo quasi in diagonale per alcuni secondi, puntando poi per la grande piazza centrale di Kiri. Abbassò il capo puntando verso quel posto, ruggendo, furiosamente, abbassandosi in picchiata. Non c'era molta gente, faceva freddo, era mattino ma chi vide Yogan abbassarsi corse a lasciare il centro della piazza libero mentre la dragonessa, con un movimento a spirare, scendeva toccando il solo, avvolta in maniera simile ad un grande serpente. Io ero sulla sua testa e saltai giù, Yogan urlò ancora, richiamando lì, nella piazza di Kiri, il Villaggio ed i suoi ninja.
    Il Nono Mizukage era tornato a casa. Forse qualcuno sarebbe corso nello studio di Kensei ad avvisarlo, come se non avesse sentito e visto ciò che era appena successo dalla larga vetrata dell'ufficio del Mizukage. Non indossavo alcuna insegna di ciò che era stato, non ne avevo diritto. I miei vestiti erano ancora logori, consunti dai mesi di viaggio, il mio aspetto non era cambiato rispetto a quando ero andato a Konoha. Ero più vecchio, più di quanto gli anni passati potessero giustificare. Respirai l'umida aria di casa, sentendo emozioni contrastanti dentro di me. Gioia, paura, tristezza, tutte mischiate in un insieme non definibile. Ero a casa. Casa. Non sapevo se sarebbe rimasta ancora tale per molto, ma per il momento quella era casa.

    [Note]Giocata aperta a tutti i Kiriani, ovviamente **!




    Edited by -Max - 1/11/2021, 13:00
     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Nono e Decimo


    Prologo


    Atto I
    L'ombra ed il ruggito del Drago †



    Era questione di tempo. Sì, dagli eventi della Bruma, dal ritorno di Jukyu al villaggio, sapevo, in cuor mio, che era solo questione di tempo. Itai era vivo e non era prigioniero in alcun luogo: di lui, delle sue motivazioni, della scellerata scelta di abbandonare il suo villaggio dal giorno alla notte, senza spiegazione alcuna, si sentiva ogni giorno più il peso e l'olezzo. Se infatti era vivo, prima o poi avrebbe dovuto rimettere piede al villaggio, salvo qualche macabro rivolgimento del fato che aveva reso l'uomo più buono del continente, cattivo. Quest'ultima possibilità, in cuor mio - o in quel che ne resta -, la sentivo come la meno probabile: il mio predecessore era il baluardo della rettitudine; non perdeva mai la speranza, era sempre ottimista, poneva sempre la mano anche a chi non se lo meritava. Che fosse caduto preda delle emozioni più pure, primordiali e potenti, senza riuscire a controllarle - lui che aveva domato il Sette Code! - io non potevo crederlo. Se Itai avesse sentito le grinfie dell'odio, l'infinito potere che questo riesce a donare, in modo non dissimile da me, sarebbe riuscito a ghermire quel sentimento e ad incatenarlo alle catene della propria volontà.
    Ma Itai ancora non era tornato.
    Dunque doveva esserci qualcos'altro sotto. Cosa poteva essere successo all'emerito Mizukage per farlo scomparire così? Non poteva essere il sentimento di rivalsa; non poteva essere la disillusione nel prossimo o nel mondo; non poteva essere la sconfitta. Quindi, cos'era? Quella domanda mi ronzava in testa da giorni, da quando la shinretsu sua figlia era apparsa tra le mura del villaggio, dopo una gita di alcuni mesi a Konoha. Ma fu quel giorno che capii: fu quel giorno che, insieme al familiare grido di Yogan, realizzai cosa era successo. Come io avevo perso un figlio ed avevo ceduto al più oscuro dei sentimenti, divenendo ancora più potente, Itai era stato spezzato nella sua unica convinzione che poteva vacillare: quella in se stesso. Lui, incapace e totalmente ripugnante nei confronti dell'odio, era divenuto vittima larvale del più atavico dei sentimenti. Si era fatto vincere perché ciò che è necessario per soggiogarlo era stata la prima cosa a cadere ed a renderlo schiavo dello stesso.
    Mi alzai di scatto dalla sedia, lasciando il mio ufficio così com'era, mentre una schiera di messi accademici mi correva incontro gridando il mio titolo. Lo so! Gridai io, senza neanche guardarli, mentre sentivo i loro passi arrestarsi lungo il corridoio. Voi presidiate l'edificio ed il mio ufficio. Al resto penso io. Dissi, mentre mi dirigevo verso il soffitto dell'Amministrazione, pronto a lanciarmi nel vuoto mentre evocavo la Baronessa. Tuttavia, durante quel breve viaggio, mi premurai di incidere alcuni sigilli sul mio corpo e sulla mia spada, preparandomi ad ogni evenienza. Non sapevo, dopotutto, chi fosse l'uomo che mi aspettava al centro di Kiri. Non potevo dire di riconoscere il suo comportamento, dunque, non potevo dire assolutamente di riconoscerlo. [Note]Ho la scheda in fase di patching e molte cose devono cambiare. Non credo che si presenterà questa situazione ma era in character e non potevo non ruolarla. Paleserò le mie intenzioni allo staff in ogni caso.
    Non fu difficile scorgere Itai dal dorso dell'Hakushaku: non so se la decisione fu ponderata o meno ma il precedente Mizukage decise di atterrare là dove una sua precedente assenza aveva causato un kagecidio e un'invasione. Planai con lo stormo di mille chirotteri sull'area e, quando fui sopra la piazza, suggerendo alla Baronessa di dividersi in stormo e perlustrare l'area, rimanendo a disposizione per qualsiasi mia richiesta o segnale, mi lanciai a terra, atterrando sul ginocchio ad alcuni metri da Itai. Il sole, che da poco si era erto in alto in cielo e, col suo albano colore, tingeva le strade di rosso, mi riscaldò la schiena mentre muovevo i miei primi passi verso la Nona Ombra del Villaggio della Nebbia.


    Il mantello sventolava ai miei fianchi, accompagnando i miei passi. Ad alcuni metri da me vi era la statua eretta dopo l'invasione di Cantha dedicata allo Shinobi Ignoto, figurativamente a tutti coloro che avevano perso la vita quel giorno e ai ninja che si erano sacrificati per proteggere i loro compagni e gli abitanti della Nebbia. Sotto di essa vi era una stele con tutti i nomi degli shinobi caduti e riconosciuti: figurava anche Keiji Kagome tra di essi. Avanzai fin quando non fui abbastanza vicino. L'elmo metallico e la mia voce, distorta, accolsero il mio predecessore. Bentornato, Itai. Lo guardai dritto negli occhi. Bentornata, Yogan. Mi rivolsi alla dragonessa ma il mio sguardo era tutto per il Nara. Raccontami tutto. Freddo, atono, maestrale. La mia voce usciva come Itai l'aveva sempre conosciuta. Non era cambiato niente da quando se ne era andato eppure era cambiato tutto.





    Chakra:
    Vitalità:
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 650
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note
    Combattere con Handicap Attivo.

    Assetto Gakutensoku: Nessuno.


    Parlato
    Citato
    Pipistrelli
    Yakusoku

     
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    Il Ritorno del Nono


    Il Ruggito Prima della Tempesta



    Da quando ero stato assegnato alla mano grigia non era successo molto in quel di Kiri. Andavo spesso a fare il mio turno di guardia lavorando anche più del dovuto per assicurare una protezione adeguata al villaggio che mi aveva cresciuto ma che, nell'ultimo periodo sembrava anche avere qualcosa contro di me. Continuavo ad essere turbato per le questioni di Azumaido e non riuscivo proprio a pensare ad altro anche mentre parlavo con gli avventori che volevano oltrepassare le mura o il porto, luoghi dove solitamente svolgevo il mio lavoro, finendo per passare per uno un po' strano. Sicuramente i ricevitori che mi cingevano tutto il viso non aiutavano ma, come avevo già detto, quel look mi permetteva di riflettere il dolore che provavo dentro per la perdita di fiducia della mia famiglia verso il ragazzo che ora faceva utilizzo di una qualche tecnica proibita per controllare i morti.

    Quel giorno era come tanti altri in realtà. La nebbia nascondeva il sole che splendeva da poco sorto nel cielo ma che non riusciva a scaldare come in estate. Avevo iniziato il turno presto e quindi ero ancora mezzo addormentato, la sveglia delle quattro di mattina non e mai facile da digerire. Ero però riuscito a prendermi un po' di tempo per prepararmi una colazione che mi avrebbe fatto riprendere un po' di energie. Il buon Jinka mi aveva messo a disposizione la cucina del Robatayaki e finalmente la mia passione per il cibo aveva trovato un nuovo sbocco nel poter utilizzare strumenti specializzati e materie di prima scelta. Le prime ore della giornata erano passate velocemente ed era quindi arrivato il momento di gustarsi le delizie che avevo lasciato nello zaino, posato vicino ad uno dei gabbiotti delle guardie con cui ero solito parlare per ricevere informazioni varie o capire se era successo qualcosa ultimamente. Lo raggiunsi e tirai fuori il preparato ma non ebbi il tempo di aprire il bento che un ruggito scosse la terra sotto i miei piedi, in realtà sotto i piedi di tutti. Mi guardai attorno ma avevo capito che quel suono arrivava direttamente dall'alto e verso il centro città, ci era sfuggito qualcosa?

    Le mie gambe si mossero da sole quando vidi quell'enorme creatura scendere in picchiata dal cielo e tagliare a metà la nebbia con il calore del suo corpo e l'attrito che le sue scaglie provocavano contro l'aria stessa. Un'enorme drago rosso fuoco stava scendendo proprio nella piazza centrale di Kiri dove avevano l'ufficio le più alte cariche, tra cui anche Kensei-Sama, il decimo Mizukage. Senza accorgermene quindi stavo già correndo e saltando tra un tetto e l'altro per raggiungere il più in fretta possibile quel luogo, anche se, in cuor mio, speravo non fosse un attacco vista ciò che avremmo dovuto affrontare. Vi chiderete: che fine avrà fatto la colazione di Hideo? Beh.. a mio malgrado a quest'ora sarà semplicemente diventata cibo per randagi.. un ottimo cibo! Conoscevo bene le strade di Kiri e sapevo come arrivare il più in fretta possibile in quel luogo. Mi premunii di evocare Shitto, il mio mando, nel mentre che mi dirigevo verso la piazza e, dopo di ciò, decisi di creare alcuni sigilli sul mio corpo e su quello del mondo. [Note]Applico 2 Simboli della Psiche, uno su di me e uno sul mondo
    Potenza: 10
    Se sarà rilevante ne terrò conto nella spesa di chakra
    Quando misi i piedi sul tetto di uno degli edifici che davano sulla piazza centrale, riuscii a vedere il Decimo Mizukage varcare la soglia della struttura amministrativa ed avvicinarsi a quel mostruoso dragone e fu proprio in quel momento che notai qualcosa in più. di fianco alla creatura si destava un uomo alto ma di corporatura abbastanza snella, similmente a me. non portava nessun segno che mi permise di riconoscerlo come membro di un qualche villaggio o organizzazione ma non potè non venirmi alla mente il ricordo dei racconti di un ninja e del suo dragone rosso. La città lo conosceva bene e lo aveva già visto molto spesso fino ad alcuni anni fa. Non può essere.. che sia davvero lui? lasciandoci cadere nel vuoto sia io che il mio mondo ci aggrappammo fin da subito ad una scala a pioli esterna che sotto il nostro peso si sganciò fino a portarci a terra incolumi. Siamo davvero alla presenza del nono ed il decimo Mizukage? Mi trovavo in una posizione abbastanza visibile da cui entrambi i Kage avrebbero potuto vedere il mio stupore nell'assistere alla scena. Nel caso però Kensei avesse guardato verso di me mi sarei ripreso e avrei accennato un mezzo inchino come saluto. Non mi aspettavo di certo una risposta o di essere preso in considerazione ma nel caso volevo far capire al ninja che aveva creduto in me fino ad ora che io ero li al suo fianco pronto a raggiungerlo per qualsiasi eventualità.

     
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    Scheda di Etsuko della Nebbia

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    I Kage


    il Ritorno del Nono




    un vicolo di Kiri, uno come tanti, quelli che attraversavo ogni giorno per dirigermi in amministrazione. Decidevo di farne sempre uno diverso, questo mi permetteva di rimanere in contatto con la realtà e conoscere la vera anima di Kiri, La Gente. Loro non sapevano chi fossi probabilmente e poco importava ma ogni tanto vagavo per le vie del villaggio cercando di recepire le esigenze degli abitanti trarne spunto per provare a CONSOGLIARE nel migliore dei modi, era quello il mio ruolo.
    E così ero lì che parlavo con un pover uomo che gestiva un piccolo negozietto in una via secondaria, la crisi del commercio creava malumori soprattutto nei piccoli commercianti che non erano pronti al mercato globale e l0iterscambio con le gradi nazioni Ninja, così l’uomo mi diceva di come faticasse ad arrivare a fine mese a sfamare i suoi figli e gestire le spese… quando l’ombra avanzò in quella viuzza e si espanse d’improvviso tra le case circostanti. Istintivamente alzai gli occhi al cielo, come tutti in quel viale e probabilmente al pari di tutta Kiri.
    Il ruggito era inequivocabile e il balzo al passato fu immediato, quando spesso i SUOI draghi solcavano i cieli della nebbia.

    Non può essere…

    Il pensiero fu fugace quanto rapida la sua ombra dal viale ora balzava sui tetti per raggiungere i luoghi in cui il Nono era diretto.
    Il figliol prodigo faceva ritorno a casa ad aspettarlo però non vi era l’amorevole padre, ma il decimo che peccava di dimostrazioni d’affetto benchè negli ultimi tempi aveva dimostrato una apertura interiore almeno percettibile.
    Atterrò lì nella piazza c’entrale propri vicino al palazzo amministrativo e fu lì che arrivai alla massima velocità che mi fosse consentita. Prima di me, erano già arrivate altre persone. Tra cui kensei sama, riuscì ad udire le sue laconiche parole di saluto verso la dragonessa e verso l’atro kage e le sue richieste di spiegazioni.
    Fu così che mi avvicinai al duo.

    Itai Sama, bentornato… che piacere rivederti.

    Lasciai scorrere lo sguardo dall’uno all’altro kage, faceva uno strano effetto vederli affiancati, due pezzi di storia della nebbia, il passato e il presente. Ma quanto il passato volesse rimanere tale, l’avremmo scoperto a breve.
    Mi accorsi solo allora dell’altra presenza, il guardiano Hideo… quel ragazzo m’incuriosiva, tanto quanto i ricevitori presenti sul suo colpo che potevano significare solo una cosa… avrei sicuramente approfondito quel discorso.



     
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    Il Ritorno del Nono


    ~I~



    Due opposte Metà



    Il mare era calmo. Dalle scogliere lontane, alte onde prendevano forma, sferzavano la superficie di quel profondo blu per poi, progressivamente, perdere di potenza nell’avvicinarsi ed infine scontrarsi contro il legno marcio di un lungo pontile. Lo stesso pontile. In meditazione sul ciglio di quello strano precipizio, il colore dell’acqua e del cielo si fondevano. Il celeste continuava insensibilmente con il blu tramite un azzurro sfumato. Sarebbe stato difficile dire dove iniziava l’uno e finiva l’altro. L’eterno sfrigolio veniva interrotto da saltuari schiamazzi di venditori e guardiani che provenivano dal mercato ittico rionale poco distante. Un grido più forte degli altri e… lo stato di profonda concentrazione venne meno. D’un tratto la mente non era più persa nella contemplazione delle sfumature che segnavano il confine tra due mondi, ma dal riflesso abbagliante che l’oceano gli faceva tornare addosso come in una partita di tennis tra i suoi occhi e quell'immagine distorta. Chi era costui? Il sigillo della tigre, eseguito con la sola mano rimasta, segnava il suo stato di preghiera. Il braccio artificiale donato dal Mizukage, ancora appeso come vessillo inutile alla sua veste, rimarcava il suo stato di completezza spezzata. La lama Kenkichi ritrovata, custodita gelosamente nel suo fodero, manifestava il ritorno del passato nel presente.
    E poi la calma di una giornata uggiosa venne improvvisamente interrotta. Un rombo. Un tuono. Un boato. Un ruggito. Quel rumore sordo si diffuse tra le nuvole come un’eco che si spande tra montagne innevate. L’eco smosse i picchi, fece vibrare la terra dall’interno e grandi masse di bianchi e soffici cristalli si trasformarono ben presto in una violenta valanga a caduta libera verso il terreno. Quella valanga non era altro che la folle folla che in un solo attimo si radunò nel porto di Kiri ed iniziò a spingere e spingersi verso l’enorme cancello del villaggio, attirata da qualcosa che proveniva, si muoveva e si intravedeva nell’alto soffitto. Lo shinobi solitario alzò gli occhi. Un colore estraneo era comparso lassù. Un colore che poco c’entrava con la calma del firmamento, foriero di tempesta e cambiamento. Il rosso. Una lunga lingua di fuoco che sferzava la porta dell'ultraterreno come una cicatrice ipertrofica su un viso leggiadro. Di forma serpentina, tale figura si librava veloce, emettendo versi spaventosi, e dirigendosi a velocità impressionante verso il centro del villaggio. Era ora di muoversi...

    […]



    Sebbene abitasse nella Nebbia ormai da parecchio tempo, il Lupo raramente aveva frequentato i luoghi più importanti del villaggio. I palazzi amministrativi svettavano sulle case dei comuni cittadini, coi loro tetti spioventi, quasi a simboleggiare, anche architettonicamente, l’Ordine che doveva regnare sovrano tra le strade, con la vita di un intero paese direzionata pedissequamente da un Solo ed Unico Governo Centrale. Quello di Kensei Hito, il Decimo Mizukage. Quell’Ordine e quella Disciplina, presto, si sarebbero diffusi ben oltre Kiri…
    Entrare nel villaggio faceva sempre uno strano effetto. Appena messo piede all’interno, ci si poteva accorgere dello stacco di atmosfera che la nebbia perenne infondeva alla Nebbia. Una sottile patina biancastra ricopriva ogni edificio, rendendoli in qualche modo sempre umidi. La foschia rendeva impalpabili le cose ed i loro confini, rendendo in qualche modo tutto confuso. Ai raggi del sole era impedito il completo ingresso da parte di una silenziosa guardiana: la bruma che aleggiava come una invisibile barriera oltre tutti i tetti, che si spandeva tra i vicoli come uno spirito senza voce, che permeava i cuori degli abitanti raffreddandoli.
    In questa situazione, è facile comprendere quanto la vista di quel dragone rosso ruggente che scendeva vorticando dai cieli fu una sorpresa per tutti. Mentre la creatura compiva una spirale avvolgente al centro della piazza, dalla sua groppa con un salto plastico scese un uomo. E di fronte a questo individuo letteralmente tutto il villaggio s’era radunato, quasi fosse stata una visione mistica, una visita regale, l’apparizione di un fantasma dimenticato, il riemergere di un viso morto dai fumi dell’oltretomba.

    Il Nono. È lui? È proprio lui?

    Non ci credo. Non era morto?

    Che i Kami siano benedetti. Itai-sama è tornato. Che ci liberi da quel dittatore mascherato!

    Ora che il Nono è tornato il Decimo dovrà farsi da parte!

    Kensei-sama ha stabilizzato e dato ordine a questo villaggio. Il Nono non potrà interferire con il suo operato…

    Ma siamo sicuri sia proprio lui? L’uomo che ricordo era bello, solare e sempre pronto alla collaborazione. Questo tizio invece ha l’aspetto rinsecchito di un ramo marcio...

    [Nota]Mi piacerebbe aggiungere un pizzico di scontento tra la popolazione per Kensei, se lo desiderate, innescato dal ritorno di Itai... oltre ovviamente ad una frangia invece che lo supporta a spada tratta.

    Un vociare intenso, un sottile brusio. I commenti si diffondevano a macchia d’olio. Sembrava che la venuta del Drago avesse fatto riemergere dissapori sepolti e gli scarsi consensi che Kensei godeva tra una fetta della popolazione da quando lo shinobi dagli occhi smeraldo e dai capelli d’oro era svanito nel nulla.
    Quel ronzio insopportabile di sussurri si acuì ancor di più, quando il Decimo avanzò verso il Nono, per poi spegnersi del tutto all’improvviso nell’attimo in cui il Ninja di Ferro proferì parola.

    Raccontami tutto.

    La tensione era palpabile. Un’intera nazione rischiava di dividersi da un momento all’altro. Il destino di intere schiere di persone poggiava sull’interazione che avrebbero avuto fra poco quei due individui così diversi. L’uno era la Luce. L’altro il Buio. L’uno la Cooperazione, l’altro il Dominio. L’uno l’Amore, l’altro l’Odio. L’uno mostrava il suo volto splendente di speranza alla piazza tutta, l’altro lo nascondeva dietro una maschera carica di segreti e cospirazioni.
    La Pantera ed il Ghepardo erano lì, altrettanto in tensione come tutti gli altri.
    Il Lupo, facendosi largo tra la calca, s’avvicinò, inchinandosi in segno di rispetto di fronte a quei due ninja straordinari.

    Miei Signori, sono qui per offrirvi il mio umile servizio come scorta personale, se lo desiderate.

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Il Ritorno del Nono


    II - Il Problema


    Sapevo di aver cercato un'entrata teatrale. Di aver scosso il Villaggio ed aver mandato chiaro il messaggio che ero tornato. Però, avevo alcuni motivi, ed il primo dei quali, il principale, era far sì che il confronto con Kensei avvenisse lì, dinanzi agli occhi di tutti. Non sapevo come sarebbe andato e, sebbene le mie intenzioni fossero pacifiche, la realtà dei fatti era che io ero un pericolo per il suo potere. Non importava che io non avessi intenzione di insidiarlo, per creare un attrito sarebbe bastata solo che lui credesse ciò. Inoltre, rimanevo il Jinchuuriki nel Sette Code e, con ogni probabilità, avrebbe voluto avermi sotto il suo controllo.
    Kensei atterrò, pesante, da un grosso pipistrello che poi si divise in una moltitudine. Yogan seguì con lo sguardo quelle creature, senza dir nulla, finendo per ignorarle subito dopo e concentrarsi sul Kage appena arrivato. Altri Shinobi si fecero avanti. Alcuni che non conoscevo, altri sì. Etsuko era tra questi ultimi, ma non parlai subito. C'erano delle etichette da rispettare, dopotutto.
    Mizukage-sama dissi con tono di voce neutro, chinando il busto senza distogliere lo sguardo all'elmo di Kensei. Sapevo bene cosa c'era lì sotto. Un volto sfigurato dalle fiamme, un concentrato di puro odio. La mia perfetta antitesi. Averlo sotto il mio controllo in quanto Kage mi aveva consentito di sfruttarlo, ma io... cosa avrei potuto fare per lui? Ho molto da raccontare. Ma ti basti sapere questo ancora puntai gli occhi sulla fessura dell'elmo. Sono stato attaccato, mi sono difeso, ho difeso il Sette Code e ne sono uscito vivo. Tuttavia in me ho covato qualcosa... una malattia del chakra, un virus creato per cercare di indebolire il mio legame col Nanabi. Su quel versante si è rivelato inutile, ma ha infettato due dei miei tre figli, uccidendoli non dissi nulla riguardo ad Ayame. La morte di due bambini era una tragedia, il suicidio di una donna, per quanto tragico, avrebbe potuto gettare ombre sulla sua persona. Non volevo difendere Ayame dal suo gesto, non in quel momento: ero lì in pace e per quello avrei potuto gettare quella pace al vento rapidamente. Quelle parole raggiunsero la folla. Un mormorio si alzò, si sentì qualche "oh no" sommesso. Ciò che era successo a Natsuhiko e Nana era orribile, così orribile che nessuno dotato anche del minimo straccio di empatia non avrebbe provato orrore e disgusto dinanzi quel racconto. La cosa mi ha devastato Kensei. Mi ha ridotto a meno di un uomo e non ne sono ancora guarito... Ma ho ritrovato la forza di tornare a Kiri. Ed ora, sono qui.
    A quel punto giunsero le parole di Etsuko, e Yogan si voltò appena a guardarlo con i suoi enormi occhi scarlatti. Si sentì chiaramente l'aria essere inspirata, forse la dragonessa stava cercando di ricordare il suo odore e dunque, associarlo ad un amico o ad un nemico.
    Non mi ricordo di te disse Yogan, poi si avvicinò Sekiro e la dragonessa ringhiò, quasi avesse istintivamente riconosciuto qualcosa di sbagliato, ma parve acquietarsi subito dopo. Scortare chi? Al massimo puoi reggere le spade di questi due

    Yogan, smettila ti prego. Etsuko... feci un cenno col capo, molto breve. Non ero in vena di saluti e si vedeva. Dunque la mia attenzione si rivolse al Genin della Nebbia. Ignora Yogan, sa essere pungente e poco delicata. Ma devo parlare con il Mizukage. Ed era scontato che, nel complesso, intendessi farlo lì, proprio in quel luogo.
    NLa3f7Qt3IKensei, non prendiamoci in giro. Mi conosci troppo bene. Il mio sguardo si fece determinato e fermo, fissai il Mizukage con intensità, puntando i miei occhi verdi su di lui. Mi sono giunte voci di come le cose sono cambiate qui a Kiri. E sai che non posso accettarlo. Ma con una mano avrei interrotto qualsiasi tentativo di interrompermi. Non sono qui per reclamare un posto che ho abbandonato, e che non ho le forze per ricoprire come un tempo. Tuttavia.. io so di essere un problema per te Kensei allungai una mano per puntare un dito verso di lui. Sai, questa situazione che si è creata è davvero... un grosso guaio. I Kage scelgono i loro successori, o muoiono prima di poterlo fare. Scegliendo i loro successori, si assicurano uno Shinobi in grado di portare avanti una visione condivisa. Ma io non ti ho scelto e francamente, Kensei, non lo avrei mai fatto. Eri la mia Mano Sinistra e avrei affidato a te la mia vita, ma c'è troppa... oscurità in te. Feci un sospiro abbassando il dito. Ma ora tutto questo che importanza ha? Rimane solo una realtà, Kensei. Tu vorrai controllarmi. Controllare il Sette Code, e me, con tutto il mio potere feci una pausa, lasciando che la situazione potesse impregnare le menti di tutti i presenti. E tu non sai se potresti farlo. O vorresti tentare?Non era una minaccia. Non ero davvero lì per lottare, ma se lui avesse voluto imbarcarsi in uno scontro, non avrei potuto far altro che difendermi. Difendermi. Quello stavo dichiarando: che avrei difeso la mia libertà. Sicuramente Kensei era diventato un potente Shinobi, probabilmente eravamo pari in termini di potenza, anzi, ne ero più che certo. Il che introduceva una grave incertezza nell'equazione: uno scontro sarebbe potuto finire in qualsiasi modo, ma lui aveva molto più da perdere di me. Ero un uomo che aveva perduto tutto, del resto. Lui, invece, era all'apice del comando, il punto da cui la caduta era più dolorosa. Lo sapevo fin troppo bene.Dunque, Kensei, hai uno Shinobi che non puoi controllare come tutti gli altri del Villaggio, che non crede nella tua visione nella misura in cui l'ha compresa dalle voci, e questo Shinobi è anche il precedente Mizukage. Come possiamo risolvere questa situazione?Kensei mi conosceva benissimo. Sapeva che molti dei suoi progetti non avrebbero trovato in me solo un'opposizione, ma una vera e propria forza distruttrice. Non sapevo l'estensione della differenza di vedute che ci separavano poiché, se l'avessi saputo, se avessi saputo cosa stava progettando con il Mikawa allora, probabilmente, non sarei stato così pacifico come lo ero in quel momento. Avevo l'impressione, più che netta, che il mio futuro non sarebbe stato lì a Kiri.

     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Nono e Decimo


    Capitolo Uno


    Atto II
    La flebile voce del passato †



    Non mi aspettavo niente di diverso. Itai era sempre stato una persona diretta, schietta, pragmatica. Molle, certamente, ma non per questo meno incline alla sostanza.
    Nel giro di pochi istanti, mentre la Hakushaku mi posava a terra e si dileguava, là, nella piazza centrale di Kiri, nella famigerata piazza della Settima Riunione, convergerono moltissime persone: il brusio di fondo che immediatamente si venne a creare era disturbante ed irritante ma l'inespressivo volto dietro cui ero nascosto non faceva trapelare alcuna mia indisposizione. Da lontano riuscii a scorgere Hideo, il guardiano che custodiva parte dei segreti del Rinnegan, e, che spiccavano e navigavano tra la folla sussurrante, Sekiro ed Etsuko. Si presentarono entrambi ricevendo ben poca considerazione dal mio predecessore. Per il momento vi consiglio di stare in disparte. Dissi, privo di aggressività ma senza dubbio non gentilmente. Osservate ed ascoltate. Continuai, indicando poi con lo sguardo e la testa, il margine della folla, come a voler loro suggerire di prendere posto tra gli spettatori attoniti. Il mio era un reale consiglio, più che un ordine: erano rare le situazioni come quella ed avere, per loro, la possibilità di apprendere come spugne da due dei più capaci shinobi del continente l'arte del combattere senza scontrarsi era un'occasione che non potevano lasciarsi sfuggire. L'osservazione, a volte, concede più insegnamenti di mille parole di un maestro. E, allontanandosi, proprio dalle parole sarebbero stati sommersi. Le persone sopraggiunte, rapidamente dispostesi ad una debita distanza, smaniose d'osservare ma anche saggiamente caute, si scambiavano ogni tipo di pensiero ed esternazione, quasi convinti che la straordinarietà di quell'evento gettasse su di loro un'aura d'intoccabilità estraniante. Quando Itai prese parola, la folla si era già divisa: c'erano quelli a sostegno del lugubre salvatore, portatore d'equilibrio duraturo e rigida pace, e c'erano quelli che rivolevano nostalgicamente l'era d'oro dell'altruismo del Kage Buono. Lo scontro era iniziato prima ancora che noi decidessimo di combattere: e veniva combattuto per noi e non da noi. [Note]Insider, divertiti come meglio credi col pubblico! ; )
    Mizukage-sama. Ho molto da raccontare. Ma ti basti sapere questo: sono stato attaccato, mi sono difeso, ho difeso il Sette Code e ne sono uscito vivo. Tuttavia in me ho covato qualcosa... una malattia del chakra, un virus creato per cercare di indebolire il mio legame col Nanabi. Su quel versante si è rivelato inutile, ma ha infettato due dei miei tre figli, uccidendoli. Disse Itai, parlando con la leggerezza nel cuore di chi, nel cuore, non aveva più niente. Le sue parole mi sembravano estranee, vuote, scevre, vacue della verve che talvolta il Biondo originario di Konoha mi aveva trasmesso e - lo dico senza nascondermi - ispirato. Potevo capirlo, sotto alcuni punti di vista: anche io avevo provato qualcosa di simile, seppur momentaneamente, anche io ero stato accecato dalla profondità di quel sentimento - io che dei sentimenti laceranti avevo fatto un vessillo e li avevo resi fonte di vita - ed avevo agito di stomaco, quasi irrazionalmente, seguendo di fare qualsiasi cosa pur di alleviare il dolore, pur di scoprire come poter fare qualcosa. Avevo picchiato, mutilato, annichilito e avvilito - anche se soltanto spiritualmente - la persona più importante per mio figlio in un gesto estremo di egoismo. Mi pentivo di quelle mie azioni? No, affatto. Perché erano necessarie. Ma ciò che portavo dentro, quel ... vuoto, incolmabile anche per la rabbia, rimaneva indelebile nei miei gesti finché, come un dio calato dall'alto grazie alle macchine del teatro occidentale, mio figlio non ritorna sulle sue gambe, vivo ma ... abbandonato.
    Vedevo in Itai lo stesso vuoto che io avevo percepito ma che ero riuscito a ghermire e assoggettare. Lui, evidentemente, non c'era riuscito. La cosa mi ha devastato Kensei. Mi ha ridotto a meno di un uomo e non ne sono ancora guarito... Ma ho ritrovato la forza di tornare a Kiri. Ed ora, sono qui. Concluse, facendo una piccola pausa. Sapevo che non aveva finito, per questo non lo interruppi e mi limitai a mantenere il mio sguardo sui suoi occhi. Ed infatti, dopo un breve scambio con Yogan ed Etsuko, Itai riprese la sua arringa, soltanto inizialmente mascherata dai buoni propositi. Kensei, non prendiamoci in giro. Mi conosci troppo bene. Mi sono giunte voci di come le cose sono cambiate qui a Kiri. E sai che non posso accettarlo. Ma non sono qui per reclamare un posto che ho abbandonato, e che non ho le forze per ricoprire come un tempo. Tuttavia.. io so di essere un problema per te Kensei. Fece seguire queste parole indirizzandomi un indice inquisitorio. E quello fu il gesto che fece crollare ogni mio intento non belligerante. Itai era partito col piede sbagliato: innanzitutto, parlava con una certa cognizione - direi troppa cognizione per essere qualcuno che si stava riprendendo da un lutto. Dovevo capire quali fossero queste voci cui si riferiva: il mio legame con Diogene? Il nuovo sistema educativo ed il Liceo di Genosha? L'embargo a Konoha? Le minacce antiaccademiche e l'alleanza con Oto?
    Ma poi aveva commesso un errore che il vecchio Itai, probabilmente, non si sarebbe mai sognato di fare: aveva insinuato cose di cui non poteva avere prove. Lui ... credeva di essere un problema per me? Non sapetti, sul momento, se catalogare quella frase come inopportuno narcisismo o lucida allucinazione. Sai, questa situazione che si è creata è davvero... un grosso guaio. I Kage scelgono i loro successori, o muoiono prima di poterlo fare. Scegliendo i loro successori, si assicurano uno Shinobi in grado di portare avanti una visione condivisa. Ma io non ti ho scelto e francamente, Kensei, non lo avrei mai fatto. Eri la mia Mano Sinistra e avrei affidato a te la mia vita, ma c'è troppa... oscurità in te. C'era un motivo se ero la Mano Sinistra e non la Destra. E c'era un motivo se il ninja che lui aveva scelto come suo successore era proprio la Migite. Ma il fato ha avuto altro nei suoi piani ed ora, davanti a lui, sullo scranno più alto della Nebbia c'ero io e non Akira. Per volontà dello stesso Hozuki, tra l'altro. Ma ora tutto questo che importanza ha? Rimane solo una realtà, Kensei. Tu vorrai controllarmi. Controllare il Sette Code, e me, con tutto il mio potere. E tu non sai se potresti farlo. O vorresti tentare? I miei occhi si chiusero leggermente in una smorfia di rabbia controllata, risplendendo ancor più, dietro le lenti del mio elmo, nella loro sinistra corona giallastra. L'aria si sarebbe fatta pesante, fredda. Tutti, probabilmente se ne sarebbero resi conto: quella sensazione, Itai, la conosceva bene. Era stato il primo a sentirla, insieme a Meika e, probabilmente, non l'aveva mai dimenticata. Dunque, Kensei, hai uno Shinobi che non puoi controllare come tutti gli altri del Villaggio, che non crede nella tua visione nella misura in cui l'ha compresa dalle voci, e questo Shinobi è anche il precedente Mizukage. Come possiamo risolvere questa situazione? Disse infine, concludendo il suo borioso discorso il ninja che, più di tutti, mai mi sarei aspettato si comportasse in quel modo. Lasciai che il vento muovesse il mio mantello alcuni istanti, mostrando a tutti le insegne cangianti della nebbia di cui ero interamente ricoperto. I miei occhi, carichi di rabbia e, sì, odio, non accennavano a voler lasciare il volto del mio predecessore. Ero indispettito, furente, adirato ma, soprattutto, deluso. La voce uscì dura, tagliente e distaccata dal mio elmo. Ti porgo le mie condoglianze per le tue perdite. Erano parole sincere ma erano parole contaminate. Contaminate da qualcosa che scalpitava, nel profondo della mia gola, di uscire fuori.
    Sai, tutto questo mi ricorda il giorno del mio insediamento. Abbassai la testa, gettando sui miei occhi, grazie al mio elmo, un'oscura e tetra ombra. Era un giorno di grande giubilio a Kiri. Dopo anni rimarcai con una certa enfasi quella parola finalmente Kiri poteva godersi un briciolo di stabilità. Akira, lo shinobi che avevi scelto come tuo successore, se ne era andato delegando a me, esattamente come faceva quando entrambi eravamo nella Mano Nera, le sue responsabilità. In un certo senso, quindi, è vero, non mi hai scelto tu ma sono comunque stato scelto da qualcuno. Forse l'ultima persona che avrei ritenuto avere un briciolo di senno ma che, nel momento del bisogno, si è rivelata lungimirante. Avresti dovuto vedere che festa c'era per le strade. La gente aveva ancora in testa i volti martoriati dalle esplosioni di Cantha ed il cuore gonfio dalla scomparsa del suo kage ma nel profondo dei loro occhi, nel riflesso della mia armatura bianca e d'oro - sì, indossai un'armatura cerimoniale quel giorno -, io vedevo speranza, sicurezza, gioia. Ma non sono questi i motivi per cui oggi mi ricorda quel giorno, no. Poggiai le mani sui fianchi, assumendo una posizione marziale. Quel giorno, col paese in festa, ricevetti la visita di Raizen Ikigami. Dietro i suoi falsi complimenti per la mia nomina a Kage si nascondevano - ma non sono rimaste nascoste a lungo - delle infondate insinuazioni. E tu, oggi, qui, stai facendo la stessa cosa. Feci una piccola pausa. Dimmi, Itai, quali sono le voci che avresti sentito che tanto ti preoccupano? E dove le avresti sentite, per curiosità? Le mie parole erano cariche d'astio. Anche Itai avrebbe potuto percepire le insinuazioni che si annidavano dietro di esse. Ma la cosa che più di tutte mi addolora, Itai, non è la tua assurda mancanza di rispetto e fiducia nei miei confronti o le tue pusillanimi accuse che giungono, sfacciate dopo un tempo infinito d'assenza che non ti ha fatto neanche degnare di prenderti cura dell'unica cosa rimastati di caro al mondo, no ... Quella frase avrebbe potuto bruciare nel cuore del Nara come mille tizzoni ardenti: l'avevo volutamente pronunciata in modo ambiguo cosicché lui potesse intendere sia un eventuale riferimento a Kiri, come la mia carica suggeriva, sia un più evidente riferimento a sua figlia Jukyu e al suo inadempimento del ruolo genitoriale. ... ciò che mi fa più male, Itai è il fatto che tu possa davvero credere che tu sia un problema per me. Ed anche questa frase era ambigua. Perché non era un problema? Per il nostro trascorso o perché ritenevo di poterlo schiacchiare in qualunque istante? Io ero la tua Mano Sinistra. Tu sai di cosa sono capace. Sai ciò che sono disposto a fare per Kiri. Rialzai nuovamente gli occhi, fissandolo.

    Tu sei un ninja di Kirigakure no Sato ed a Kiri ci sarà sempre un posto per te. La tua speciale condizione ti rende anche degno di alcuni speciali privilegi: potrei, per esempio, concederti la possibilità di scegliere le missioni cui partecipare e di declinare mie eventuali richieste se queste non ti aggradano - ma fino ad un certo punto. Non posso cederti, ad esempio, in nessun caso, la libertà di disubbidire ai miei ordini se questi mirano al benessere del villaggio, qualsiasi siano i tuoi pensieri a riguardo - non posso, cioè, Itai, concederti di metterti di traverso nelle mie decisioni. Da questo punto di vista sei uguale a tutti gli altri. Com'è giusto che sia, e lo sai bene. Rallentai fino a tacere in quelle ultime parole. Ma c'era dell'altro, era evidente. Talmente evidente che Itai sapeva già cosa stavo per dire. Non è l'unica alternativa che ti concedo. Fu in questo momento che la tensione salì davvero alle stelle. Ti conosco, Itai, lo hai detto tu stesso. Queste condizioni non ti piacciono. E quindi, in un gesto di estrema magnanimità, potrei concederti di lasciare liberamente il villaggio. Ma ad una condizione ... una piccola pausa per rimarcare le parole che sarebbero venute dopo e, in realtà, a tendere i nervi nel caso la situazione fosse degenerata. Il fatto che non fossi lì per combattere non significava che non avrei fatto qualsiasi cosa per rimarcare la mia autorità. Non mi sarei certo fatto condizionare da una flebile voce proveniente dal passato. ... deve rimanere a Kiri tutto ciò che è di Kiri. Un'altra breve pausa. Tutto.




    Chakra:
    Vitalità:
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 650
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note
    Combattere con Handicap Attivo.

    Assetto Gakutensoku: Nessuno.


    Parlato
    Citato
    Pipistrelli
    Yakusoku

     
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    Il ritorno del Nono


    III - Comprendere

    Una voce, un gutturale ruggito, una rabbia sconfinata mi attraversò la mente. La provai, ma non si impossessò di me, poiché non era la mia rabbia, bensì, quella di Chomei. In così tanti anni di convivenza mi ero abituato a quella sensazione strana, difficilmente spiegabile: il provare un'emozione, priva della risonanza emotiva che essa causava, essere consci di qualcosa che non poteva essere spiegato, ma solo provato. Ogni volta che succedeva, non spesso, mi faceva rabbrividire e la pausa che seguì le ultime parole di Kensei, parole che, ovviamente, mi ero aspettato sin dal principio, servirono più a me per riprendermi da ciò che Chomei aveva appena provato. Poi la sua voce rimbombò nella mia testa.
    Fammi parlare con lui fu la richesta del sette code. Non ero sicuro che fosse una buona idea, era da molto tempo che non sentivo Chomei così arrabbiato. Probabilmente erano anni, sin da quando il Bijuu non si era liberato della sua falsa forma di terra.

    Sei sicuro? domandai incerto al Bijuu, ma sentii le sue ali fremere nella mia mente con un gesto di impazienza. Era chiaro che il Bijuu non avrebbe desistito su quel punto ed io, sinceramente, non me la sentivo di impedirgli di scambiare quattro chiacchiere con il Mizukage. Dunque, questa volta con la mia voce fisica, parlai a Kensei. Il Sette Code vuole parlarti, Kensei. Non ho idea di cosa voglia dirti. A quelle parole chiusi gli occhi e quando gli riaprii le mie iridi erano divenute due punti luminosi in un mare nero. Il vento prese a soffiare, dalla mia persona [Note]Solo un innocente effetto scenico, segno dello scontento acuto del Bijuu.

    Chomei parlò attraverso il mio corpo, la sua voce che si univa alla mia in una diplofonia quasi mostruosa.Stammi a sentire, lattina Se Kensei avesse potuto vedermi nel mondo interiore, avrebbe colto entrambe le mie mani scontrarsi poco delicatamente con il mio viso in un gesto rassegnato. Io non appartengo a nessuno. Non ad Itai. Non a Kiri. Io sono il Sette Code, e sono LIBERO l'ultima parola fu quasi urlata ed una folata di vento più forte nacque dal mio corpo controllato dal Bijuu. Ho scelto di restare legato ad Itai come ringraziamento per avermi ridato la mia vera forma, perché ho deciso di fidarmi di lui. Hanno già provato a separarci, ci hanno infettato per indebolire questo legame e sono ancora qui allora il Bijuu fece un sorriso furioso, che distorse i miei lineamenti apatici. Questa è la mia promessa per te, Decimo Mizukage. Tocca Itai e prova a separarmi da lui, ed ucciderò qualsiasi altro povero disgraziato in cui penserete di sigillarmi. Mi libererò, raderò al suolo questo mucchio di pietre e nebbia e...

    BASTA! quell'urlo secco con la mia voce bloccò quel violento soliloquio da parte del Bijuu, il quale si ritrasse, soddisfatto, ridendomi nelle orecchie. Perdonami Kensei, non pensavo arrivasse a dire questo. Sospirai, quasi spossato dall'esperienza appena passata. Ma puoi vedere come la pensa Chomei. No, Chomei non può essere trattato come un'arma, o merce di scambio. Per me, lui, è molto più di questo, molto di più del potere che mi dona dopo quelle parole però decisi di sistemare quella situazione che si era creata. Ma per farlo, avevo bisogno che Kensei capisse perché avevo detto quelle parole che lo avevano ferito. Quindici anni, Kensei. Quindici anni che sono un Jinchuuriki. Quindici anni che la mia vita è misurata dal valore della Demone che porto dentro. Solo un altro Jinchuuriki può capire cosa significa essere un Jinchuuriki. Io sapevo di essere un problema nel momento stesso in cui ho deciso di tornare a Kiri, ma sono tornato lo stesso, nonostante tutto il dolore. Sai perché, Mizukage? allargai le braccia, in un gesto di totale apertura. Questa è casa mia. Qui ho tutto, Kensei, qui c'è tutto ciò che mi resta. Lo guardai negli occhi, con intensità, certo che il significato di quelle parole arrivasse persino a lui. Mi riferivo a Jukyu, ovviamente. Noi due siamo persone così diverse che, probabilmente, ci ritroveremo in disaccordo assai spesso. Ma io voglio il bene di questo Villaggio. Voglio tornare, Kensei, voglio proteggere Kiri, difenderla dai veri nemici - calcai quelle parole - che vogliono distruggere questa patria, voglio addestrare nuovi Shinobi affinché ciò che ho imparato nella mia vita venga tramandato. E quando arriverà il tempo, trovare un Jinchuuriki che possa guadagnare la fiducia di Chomei, affinché possa liberamente scegliere di continuare ad essere legato a questo Villaggio. Mentre parlavo, sentivo parte dell'antico fervore tornare ad ardermi dentro. Lo stesso che era stato spento, sopito per così tanto tempo. Rivedere Jukyu, tornare a Kiri, erano esperienze forti ma mi stavano scuotendo. Mi chiedi che voci ho sentito. Prima di tornare a Kiri, sono andato a Konoha, poiché lì avevo lasciato mia figlia Jukyu, dalle cura di mia sorella, non sapendo che fosse già tornata a Kiri. Lì ho incontrato Raizen Ikigami, che mi ha raccontato la sua versione di ciò che è successo durante il tuo insediamento. Ed ora, ho sentito la tua, ma... non sono un giudice. Conosco l'Hokage, i suoi pregi ed i suoi difetti, non fatico a credere che possa aver detto cose che lui ritiene innocenti, ma che siano risultate offensive. Non è ciò che è successo in quell'occasione ad avermi preoccupato, Kensei, ma sono state le parole Nebbia di Sangue feci un passo verso il Mizukage, riducendo la distanza tra noi due a circa mezzo metro. Lui era alto, ben più alto di me, così fui costretto a guardarlo dal basso verso l'alto. Yogan allungò però il muso, posandolo contro il mio fianco, sbuffando aria calda dalle narici. Un concetto vetusto, doloroso, nato ai tempi del Terzo Mizukage che non era che una marionetta nelle mani di un folle, tralaltro, originario di Konoha. Voglio capire Kensei, voglio capire cosa Kiri è diventata, non lo vedi? Non ti accuso di nulla, non insinuo nulla, io voglio capire, perché in quanto Jinchuuriki qualsiasi cosa farò avrà un peso dieci volte superiore a quello di qualsiasi altro Shinobi. Ora compendi il perché, Kensei, io so di essere un problema? Perché lo sono sempre stato, per chiunque, anche per me stesso. Perché è la natura stessa di ciò che sono ad obbligarmi all'obbedienza assoluta o a diventare... un problema Sapevo che Kensei avrebbe voluto rispondere a quel punto, ma in realtà, per quelle risposto avrebbe dovuto attendere. Chissà, forse persino un'altra occasione. Io rimarrò a Kiri, Kensei, se Kiri vorrà accettarmi ancora. Ma tu mi concedi di lasciare il Villaggio in pace... A patto di tradire un compagno, vero? Magnanimo... quell'ultima parola, già usata a lui fu pronunciata con un tono di triste e rassegnata ironia. Oppure di rimanere... stavo ponderando quella scelta, in quel momento, e si vedeva. Avevo socchiuso gli occhi, quasi immaginando i possibili scenari.

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    "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." citai quelle parole ad occhi chiusi, riaprendoli subito dopo. Era un precetto dei Ryuukishi. Non importava quanto fosse difficile la trada che conduceva alla pace, quante sofferenze, quante svolte, quante difficoltà ed ostacoli ponesse davanti, andava sempre precorso. Sempre. Anche a costo di sopportare, soffrire, ingoiare il proprio orgoglio. Se Kiri stava cadendo nell'oscurità di Kensei, io sarei tornato a controbilanciare, seppur senza insidiarne il potere. Kensei, esiste un modo, per convivere entrambi in questa situazione il pensiero, mai formulato fino a quel momento, si fece strada nella mia mente. Proponimi ai quattro Kage come Sannin di Kiri. Potrai contare su di me per difendere questo Villaggio. E se ci troveremo in disaccordo, non minerò la tua autorità, ti parlerò, come tu ti aspetti che io, Itai Nara, possa parlarti. Potrai trovare in me consigli, se li vorrai, una spada ed un difensore di questo Villaggio.Non era la volontà di avere quel grado a muovermi, poiché, a conti fatti, non sarei stato altro che un Jonin glorificato. Ma un Sannin aveva maggiore libertà di manovra, specie sul piano militare. Era uno Shinobi solitario fuori dalle rigide gerarchie di Villaggio e ne rappresentava uno dei massimi campioni. Non sarei stato una delle Mani del Mizukage. Non un'ombra. Sarei stato qualcosa di diverso. Il vento che avrebbe spazzato via i veri nemici di quel Villaggio. Non si sarebbe potuto controllare del tutto il Vento, sarebbe stato capriccioso, volatile ma, nel Mare un potente alleato. Oppure... se mi chiedi di lasciare Chomei... questa cosa non finirà in maniera pacifica. Ma non desidero ciò Kensei, nemmeno con grammo della mia anima. Ma non potrò tradire il Sette Code. Non può essere tradito ancora dissi, con lo sguardo perso nei ricordi. Non avrei sostituito il peccato di Mikoto con quello di Itai.
     
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    Il Ritorno del Nono


    Discorsi Difficili



    Le due parti erano schierate. Da una era presente un uomo e la sue dragonessa, dall'altra una macchina e i suoi pipistrelli. Non mi sarei mai aspettato un incontro del genere, due dei ninja più importanti di Kiri, l'uno davanti all'altro, pronti ad aprirsi e mettere in tavola i problemi. Arrivarono anche Etsuko, da buon consigliere, e il Lupo, Sekiro, mio collega della Mano Grigia ma non vennero considerati più di tanto, anzi, il secondo ricevette pure quello che sembrò una risposta molto scontrosa al suo offrirsi come scorta per l'uomo, direttamente dal drago con cui il nono si stava accompagnando.

    Cercai di farmi notare dal Lupo e, quando riuscii a incrociare i suoi occhi, feci un cenno facendogli capire che volevo conversare con lui. Ero uno studente all'accademia quando il Nono scomparve, sapevo fosse una persona dal grande cuore ma non pensavo si accompagnasse con un drago così scontroso.. Avrei detto a bassa voce nel caso il Lupo si fosse avvicinato a me. Cosa ne pensi della situazione? non mi piacerebbe trovarmi in mezzo a quei due se decidessero di scontrarsi.. Erano all'apice della piramide e noi ci trovavamo alla base, erano su di un'altra dimensione.

    Intanto i due parlavano delle loro vite, e riportavano gli avvenimenti degli ultimi anni. Fu interessante vedere come l'attuale Mizukage non sembrò aver minimamente paura che il Nono potesse uscirsene con qualcosa che potesse metterlo in difficoltà, anzi, sembrò essere quasi più leggero del solito fino a che non iniziarono a parlare dei problemi che ci sarebbero potuti essere da li in poi. A quel punto riconobbi il Kage che avevo scelto di seguire, il Kage che avevo preso come punto di riferimento per la mia crescita e per conseguire i miei obiettivi.

    Si era raggruppata anche una buona quantità di persone che, curiose, si erano avvicinate per osservare la situazione. tra di esse erano presenti estremisti di tutte e due le parti. persone che odiavano Kensei-sama mentre altre che lo vedevano come la salvezza di Kiri, altri invece che da subito ricordarono i tempi del Nono, tempi di un Kage, a loro dire, più gentile. Non era il momento per loro di stare li, era un evento che aveva bisogno di tranquillità e quelle persone rischiavano. Mi spostai verso il gruppetto di popolani con fare tranquillo. Se volete osservare questo evento vi prego di farlo in silenzio. non è il momento di inutili sproloqui su cosa è stato e cosa sarà. Godetevi la vista delle due cariche più importanti del villaggio e imparate da loro cosa vuol dire essere dei grandi leader. Mi girai senza aspettar risposta, tornando in caso da Sekiro.

    Quando sentii il nono parlare della nebbia di sangue in modo preoccupato capii subito quali fossero le sue inquietudini, ma la nuova nebbia di sangue di Kiri era cambiata da quello che era una volta. Da quando Youshi mi aveva messo proprio davanti a Sekiro, la persona che ora stava in quel luogo insieme a me e con cui avevo condiviso parecchie missioni e successi, avevo capito più a fondo di cosa si trattasse. Mi avvicinai lentamente ma facendomi notare, generando dalla mano un ricevitore abbastanza lungo da sembrare un bastone con cui picchiettare sul terreno in modo che il suono rubasse l'attenzione dei due Kage. Nono, Decimo.. Accennai un inchino in forma di saluto. Avevo visto la reazione di prima del drago verso Sekiro quindi, in caso avesse fatto qualcosa di simile a me, sarei stato mentalmente pronto per non soccombere alla paura che provavo per quella grandiosa creatura. Lady Yogan.. feci un inchino anche a lei, perfino più sentito, alla fine si trattava di una delle creature più leggendarie del nostro mondo. Io e Sekiro, il ninja che avete conosciuto poco fa, siamo figli della Nuova Nebbia di Sangue di Kiri. Le sue preoccupazioni hanno solido fondamento. In molti avevano paura che Kiri potesse tornare al quel rito barbaro in cui si obbligava i ninja e gli studenti del nostro amato villaggio a uccidere per sopravvivere. Le assicuro però che non è più quello che è stato deciso di perseguire. Feci una pausa e guardai negli occhi Sekiro Quando vidi davanti quel ninja pensai davvero che fosse uno scontro all'ultimo sangue, uno scontro per provare a Kiri la mia superiorità, la mia fedeltà! Ma come può vedere siamo entrambi qui, anche se le nostre spade si sono scontrate con l'intento di ucciderci, un intento che ci ha permesso di capire con chi avevamo a che fare e di creare un legame che da quel giorno non si è mai reciso. Non oserei mai paragonare questo legame a quello di un Jinchuuriki e del suo bijuu.. Ma devo dire che la fiducia che provo verso di lui è all'altezza di quella che provo per il mio stesso Kage. Abbassai il colletto del mantello che portavo sopra la divisa della Mano Grigia in modo che la grossa cicatrice sul collo si potesse vedere nella sua interezza. Anche se la sua lama è riuscita a lasciarmi impresso questo segno. Io e Sekiro eravamo la prova sul campo che la Nuova Nebbia di Sangue funzionava! La Nuova Nebbia di Sangue ora si è trasformata in una prova, una prova che permette a due ninja di instaurare un legame di estrema fiducia, di crescere imparando dai propri errori e perfezionare i propri punti di forza in un ambiente.. Mi fermai un attimo per trovare le parole giuste. pericoloso, questo è certo, ma assolutamente controllato e sicuro per i ninja che vengono sottoposti al rito. Rinnovai l'inchino. Spero che le mie parole, le parole di un semplice ninja del suo villaggio, siano per lei una fonte attendibile per queste informazioni. Il mio nome è Hideo, è un onore finalmente conoscerla. Conclusi, rivolgendomi al Nono. Guardai poi Sekiro, speravo che anche lui aggiungesse qualcosa in difesa di quel nuovo rito che stava diventando sempre più spesso ciò che veniva utilizzato per testare gli studenti del villaggio.


     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Nono e Decimo


    Capitolo Uno


    Atto III
    Promesse e accuse



    Il volto stanco di quell'uomo che era soltanto la pallida imitazione del mio predecessore rimase impassibile durante le mie parole; sembrava quasi che non fosse realmente lì ad ascoltare - il che mi fece indispettire ancora di più. Ma qualcosa cambiò quando terminai il discorso. Il Sette Code vuole parlarti, Kensei. Non ho idea di cosa voglia dirti. Mi disse il fantasma di Itai. Non mi sarei certamente tirato indietro davanti al bijuu da sette code: feci dunque un piccolo cenno d'assenso con la testa, accettando la volontà della creatura. E ciò che seguì fu qualcosa di quasi esilarante. Non avevo mai visto la forma di mezzo demone del Nono, né la sua forma in totale comunione col Demone, a dir la verità, dunque rimasi particolarmente stupito nel vedere i suoi occhi mutare in qualcosa di così esapodico. Stammi a sentire, lattina. Fu l'incipit acculturato del secolare ettacoda. Io non appartengo a nessuno. Non ad Itai. Non a Kiri. Io sono il Sette Code, e sono LIBERO. Ho scelto di restare legato ad Itai come ringraziamento per avermi ridato la mia vera forma, perché ho deciso di fidarmi di lui. Hanno già provato a separarci, ci hanno infettato per indebolire questo legame e sono ancora qui. Questa è la mia promessa per te, Decimo Mizukage. Tocca Itai e prova a separarmi da lui, ed ucciderò qualsiasi altro povero disgraziato in cui penserete di sigillarmi. Mi libererò, raderò al suolo questo mucchio di pietre e nebbia e... Il vento che accompagnava tutte quelle parole, come violenta burrasca, faceva volare il mio mantello sinuosamente alle mie spalle e lo faceva sbattere con veemenza contro le mie protezioni, alternando quelle parole cariche d'ira ad aritmiche sferzate sorde. Ma quando anche io stavo per cedere al controllo assoluto dell'Odio, così da poter pensare di controllare un Itai del tutto devoto ed abbandonato ai pensieri di Chomei, il Jonin originario della Foglia riprese controllo di sé, scacciando via il bijuu e tornando ad osservare il mondo con i propri occhi. BASTA! Gridò, mostrando quasi una vena d'isteria. Non era stato un periodo facile per lui ma ogni suo atteggiamento continuava a mostrami il suo lato spezzato e inaffidabile. Perdonami Kensei, non pensavo arrivasse a dire questo. Accennò delle scuse, probabilmente sentite ma che, dal mio lato, non trovarono risposta. Per me non c'era niente di cui scusarsi. Ma puoi vedere come la pensa Chomei. No, Chomei non può essere trattato come un'arma, o merce di scambio. Per me, lui, è molto più di questo, molto di più del potere che mi dona. La frase che seguì, però, dimostrò una miopie ed una sconsideratezza che l'Itai Nara che conoscevo io non avrebbe mai pensato di dire. Sì, perché era un ragionamento monodimensionale, privo di profondità, superficiale, che, se fosse stato in un momento di lucidità, forse, si sarebbe auto-manifestato come fallace. Qui nessuno considerava Chomei una semplice arma: o meglio, nessuno tranne il Mikawa, probabilmente, dopo quanto venuto fuori alla riunione alla Magione Kenkichi. Ma le proprie opinioni personali contano davvero poco quando si tratta degli equilibri del Continente, specie se lo scacchiere su cui questo ora si poggia è del tutto instabile e minacciato da ogni lato, il mio in primis. Chomei poteva non essere un'arma a Kiri, se lo avessi voluto ma non avrei potuto dire lo stesso se si fosse trovata altrove. Il discorso di Itai, comunque, era appena iniziato. Quindici anni, Kensei. Quindici anni che sono un Jinchuuriki. Quindici anni che la mia vita è misurata dal valore della Demone che porto dentro. Solo un altro Jinchuuriki può capire cosa significa essere un Jinchuuriki. Io sapevo di essere un problema nel momento stesso in cui ho deciso di tornare a Kiri, ma sono tornato lo stesso, nonostante tutto il dolore. Sai perché, Mizukage? Questa è casa mia. Qui ho tutto, Kensei, qui c'è tutto ciò che mi resta. Era vero che non potevo conoscere il dolore di un Jinchuuriki - così come era vero che non ero neanche particolarmente interessato a farlo - ma continuava a sbagliare prospettiva in cui posizionarsi. Non era lui il problema. Non lo era davvero. Noi due siamo persone così diverse che, probabilmente, ci ritroveremo in disaccordo assai spesso. Ma io voglio il bene di questo Villaggio. Voglio tornare, Kensei, voglio proteggere Kiri, difenderla dai veri nemici che vogliono distruggere questa patria, voglio addestrare nuovi Shinobi affinché ciò che ho imparato nella mia vita venga tramandato. E quando arriverà il tempo, trovare un Jinchuuriki che possa guadagnare la fiducia di Chomei, affinché possa liberamente scegliere di continuare ad essere legato a questo Villaggio. Una visione utopistica ed idealista la sua, nient'affatto supportata dalla cruda realtà del mondo in cui vivevamo. Fece poi una pausa, quasi come a volersi placare. Vidi una picola fiamma divampare nei suoi occhi, subito contenuta e spenta, proprio come aveva sempre fatto con le sue migliori emozioni. Portai i miei occhi su di lui mentre riprendeva fiato per portarsi verso il terminare del suo discorso. Fu in quel momento che ricevetti la peggiore delle possibili notizie. Mi chiedi che voci ho sentito. Prima di tornare a Kiri, sono andato a Konoha, poiché lì avevo lasciato mia figlia Jukyu, dalle cura di mia sorella, non sapendo che fosse già tornata a Kiri. Lì ho incontrato Raizen Ikigami, che mi ha raccontato la sua versione di ciò che è successo durante il tuo insediamento. Ed ora, ho sentito la tua, ma... non sono un giudice. Conosco l'Hokage, i suoi pregi ed i suoi difetti, non fatico a credere che possa aver detto cose che lui ritiene innocenti, ma che siano risultate offensive. Non è ciò che è successo in quell'occasione ad avermi preoccupato, Kensei, ma sono state le parole Nebbia di Sangue. Itai si avvicinò, quasi come a volermi minacciare. Yogan seguì il suo evocatore, affiancandolo e sbuffando aria calda sulle mie giunture metalliche. Non avrei chiesto niente di meglio che uno scontro lì, in quel momento. Parte di me avrebbe voluto risolvere la questione in modo drastico e forse irreversibile. Ma dovevo tanto ad Itai ed ora che ero io sullo scranno più alto, proprio come dimostrava il suo dover alzare la testa, dalla distanza in cui si era posto per parlarmi, avevo l'obbligo morale di, per lo meno, tentare di fargli comprendere la mia visione del mondo. Un concetto vetusto, doloroso, nato ai tempi del Terzo Mizukage che non era che una marionetta nelle mani di un folle, tralaltro, originario di Konoha. Voglio capire Kensei, voglio capire cosa Kiri è diventata, non lo vedi? Non ti accuso di nulla, non insinuo nulla, io voglio capire, perché in quanto Jinchuuriki qualsiasi cosa farò avrà un peso dieci volte superiore a quello di qualsiasi altro Shinobi. Ora compendi il perché, Kensei, io so di essere un problema? Perché lo sono sempre stato, per chiunque, anche per me stesso. Perché è la natura stessa di ciò che sono ad obbligarmi all'obbedienza assoluta o a diventare... un problema. Alle mie orecchie giungevano solo parole vacue di un uomo stanco, così tanto isolatosi dal mondo da non rendersi più conto di ciò che lo circondava. Volevo rispondergli ma era un fiume in piena ed interromperlo non era cosa gradita. Dunque continuai ad attendere in religioso silenzio il mio turno, senza distogliere il mio sguardo da lui. Ma un ticchettio metallico catturò l'attenzione di entrambi. Emancipatosi dalla folla, Hideo aveva attirato su di sé gli occhi degli astanti grazie ad un lungo ricevitore che aveva delicatamente fatto risuonare sulle nuove lastra di pietra che adornavano la piazza centrale di Kiri. Un gesto elegante e raffinato che dimostrò una certa maturità ed una buona dose d'intraprendenza. Il ninja possessore di uno dei Doni del Saggio delle Sei Vie salutò tutti i presenti con grazia, prima di esporre il suo pensiero. Io e Sekiro, il ninja che avete conosciuto poco fa, siamo figli della Nuova Nebbia di Sangue di Kiri. Le sue preoccupazioni hanno solido fondamento. In molti avevano paura che Kiri potesse tornare al quel rito barbaro in cui si obbligava i ninja e gli studenti del nostro amato villaggio a uccidere per sopravvivere. Le assicuro però che non è più quello che è stato deciso di perseguire. Si voltò verso il fu suo avversario, ora camerata ed amico. Quando vidi davanti quel ninja pensai davvero che fosse uno scontro all'ultimo sangue, uno scontro per provare a Kiri la mia superiorità, la mia fedeltà! Ma come può vedere siamo entrambi qui, anche se le nostre spade si sono scontrate con l'intento di ucciderci, un intento che ci ha permesso di capire con chi avevamo a che fare e di creare un legame che da quel giorno non si è mai reciso. Non oserei mai paragonare questo legame a quello di un Jinchuuriki e del suo bijuu.. Ma devo dire che la fiducia che provo verso di lui è all'altezza di quella che provo per il mio stesso Kage. Posai gli occhi su Itai, in cerca di una sua reazione. Poi Hideo abbassò il colletto della nuova divisa da Mano Grigia, ricevuta in dono non molto tempo prima. Anche se la sua lama è riuscita a lasciarmi impresso questo segno. Le vesti mosse scoprirono una lungha e larga cicatrice sul collo. La Nuova Nebbia di Sangue ora si è trasformata in una prova, una prova che permette a due ninja di instaurare un legame di estrema fiducia, di crescere imparando dai propri errori e perfezionare i propri punti di forza in un ambiente... pericoloso, questo è certo, ma assolutamente controllato e sicuro per i ninja che vengono sottoposti al rito. Spero che le mie parole, le parole di un semplice ninja del suo villaggio, siano per lei una fonte attendibile per queste informazioni. Il mio nome è Hideo, è un onore finalmente conoscerla. Guardai allora il Genin, rivolgendogli un sicuro, saldo gesto d'assenso col capo. Aveva parlato bene, benissimo, ed era stato più che esaustivo. Le sue parole avevano colto nel segno tutti i concetti e gli insegnamenti della Nuova Nebbia di Sangue. Apertasi uno spiraglio per poter dialogare, dunque, non attesi ulteriore permesso e mi inserii nella discussione, anche se soltanto per il tempo necessario a ribadire qualche concetto. Confermi le mie paure con queste tue parole, Itai. Fu la mia prima affermazione. Accuse, infondate, sulla base di dicerie ... dicerie del più vigliacco dei nemici della Nebbia. Rimarcai la parola nemico, esattamente come aveva fatto poco prima lui. Se pensi che lascerei morire metà dei miei ninja nel freddo di Genosha, sottovaluti le mie capacità di Kage. C'è un motivo se è chiamata Nuova Nebbia di Sangue e non, semplicemente, Nebbia di Sangue. Le parole non sono mai scelte a caso, Itai. Specie quando si tratta di voler veicolare un messaggio, di voler coltivare un valore. Sapeva quanto per me fosse vitale quel concetto: io che avevo rinunciato a tutto pur di divenire incarnazione perfetta di una idea non potevo essere malamente ridotto ad un concetto vetusto. Non c'è niente di più saldo del legame che si viene a creare tra due guerrieri che combattono per la loro stessa vita. Non c'è niente di più autentico del sentimento di fratellanza che nasce nel momento stesso in cui il sangue di due combattenti viene versato contemporaneamente. Non c'è niente di più vero della natura che si mostra quando si pensa di star combattendo per la propria vita. È questo che vogliamo creare nel Liceo a Genosha: ninja dal legame indissolubile, dalla volontà ferrea, che si conoscono l'un l'altro come conoscono loro stessi. Feci un passo avanti, chiudendo maggiormente le distanze tra me ed il mio predecessore. Come vedi, i frutti di questa idea sono già rigogliosi. Lasciai che Itai metabolizzasse quelle informazioni, tacendo, ed ascoltando le sue eventuali risposte verso me o i presenti.
    Ma la parentesi fu breve e tornammo rapidamente a discorrere del destino del ninja originario di Konoha. Io rimarrò a Kiri, Kensei, se Kiri vorrà accettarmi ancora. Ma tu mi concedi di lasciare il Villaggio in pace... A patto di tradire un compagno, vero? Magnanimo... Disse canzonatorio, riprendendo le mie parole. Oppure di rimanere... Chiuse gli occhi, estraniandosi. Che stesse davvero riflettendo a voce alta? Pensavo che stesse provando ad articolare un pensiero, invece lo vidi ritarsi e ... meditare. Lasciai che il sibilo del vento riempisse il silenzio che la sua pausa aveva creato. "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." Disse, sempre ad occhi chiusi; un sussurro nell'anima mi suggerì essere un precetto Ryuukishi. La Yakusoku conservava le memorie dei Kenkichi del passato e qualcuno di questi doveva aver combattuto contro qualche seguace dei draghi. Senza contare che le Lame Insanguinate stesse vantavano almeno un Ryuukishi tra le loro fila. Mi domando se e quanto Etsuya avesse contaminato gli stili di spada del Clan o quanto avesse tramandato a quelle genti - ma fui riportato al punto dal proseguire del discorso del Nono. Kensei, esiste un modo, per convivere entrambi in questa situazione Sembrava quasi fosse stato colpito da una rivelazione in itinere; lo stupore che gli faceva tremare la voce, comunque piuttosto ferma, destò in me curiosità. Proponimi ai quattro Kage come Sannin di Kiri. Potrai contare su di me per difendere questo Villaggio. E se ci troveremo in disaccordo, non minerò la tua autorità, ti parlerò, come tu ti aspetti che io, Itai Nara, possa parlarti. Potrai trovare in me consigli, se li vorrai, una spada ed un difensore di questo Villaggio. Oppure... se mi chiedi di lasciare Chomei... questa cosa non finirà in maniera pacifica. Ma non desidero ciò Kensei, nemmeno con grammo della mia anima. Ma non potrò tradire il Sette Code. Non può essere tradito ancora. Volevo credere a quelle parole. Volevo ritenerle, come Itai, una plausibile soluzione. Ma non lo erano e non potevano esserlo - ed i motivi, oltre che semplici, erano innumerevoli. Feci un respiro profondo, quasi impercettibile dall'esterno della mia armatura di metallo, prima di prendere parola. Non devi scusarti per il comportamento del tuo ... animaletto. Dissi denigrandolo e ricambiando l'offesa ricevuta inzialmente. Posso solo immaginare cosa possa provare nell'essere imprigionato nei meandri della coscienza di una persona a lui completamente estranea. Sentii un grido di strazio e dolore, lancinante, distrutto da lacrime e rimpianto, attraversarmi l'anima come una saetta che squarcia il cielo nero della notte, carico di nuvole tempestose. Se fossi l'uomo di un tempo, Itai, ti saresti accorto da solo che il problema non è quello che io, te o Chomei possiamo pensare sulla sua natura. Ed a questo punto quello che intendevo era chiaro. Ma quello che possono penare gli altri. Come predenti che io possa sentirmi al sicuro con un demone fuori dal villaggio? È sulla loro estrema forza che sono state gettate le basi dell'Accademia: i demoni sono un deterrente alla guerra assoluta. Lo sono da sempre, da prima di Naruto Uzumaki, da prima di Madara Uchiha, e lo sono tutt'ora. Perché anche se io posso accettare che Chomei quello che Chomei vuole essere, questo non cambia le regole che sussistono fuori dal tuo mondo interiore. Gettai uno sguardo sulla folla, per fargli capire che non si trattava soltanto di lui ma di tutte le persone che ci stavano osservando. Tu dici di essere tornato a Kiri perché è qui che hai tutto ciò che ti resta. Questa è un atteggiamento da perdenti, Itai. Consolatorio, mediocre, vittimista. Tu sei molto più di questo. Tu devi tornare a Kiri perché Kiri ha bisogno di te e tu vuoi esserci. Il mio sguardo tornò su di lui, più duro di quanto non fosse mai staot prima. A me sembra d'avere davanti soltanto una pallida imitazione dell'uomo che conoscevo. E se prima avrei avuto timore delle sue velate minacce ... ora mi fanno quasi ridere. Lo sguardo duro divenne quasi di disprezzo. Mi proponi di candidarti agli ShiKage come Sannin. In fin dei conti te lo meriteresti. Dici che troverò in te una spada per difendere il villaggio ... Le mie parole rallentarono, quasi a voler anticipare quelle che sarebbero venute dopo, mentre il tono si faceva più tagliente. ... ma come ti comporterai quando le mie decisioni non di andranno a genio, Mizukage emerito? Cosa farai se un giorno dovrò decidere di stare dalla parte di coloro che minacciano la stabilità dell'Accademia? Ti metterai contro di me? Mi ostacolerai? O lascerai che Kiri prenda le sue decisioni e faccia ciò che deve e ciò che è giusto? Stavo cercando di mettere alle strette il suo ragionamento, di farlo vacillare, di fargli comprendere quale sarebbe stato il problema di farlo andare via, lontano da Kiri. Inoltre, Itai, lontano da Kiri, solo non potrai godere della protezione di nessuno. Mi voltai verso Yogan. Non che tu sia davvero mai solo o che Yogan non sia in grado di difenderti, non sto dicendo questo. Sto solo dicendo che anche un esercito di formiche può abbattere un drago. Una perifrasi di una frase già sentita e con cui mi trovavo in profondo disaccordo ma che, in quella circostanza, tirava la giusta quantità d'acqua al mio mulino. Allora feci quello che era più sensato. Allungai il braccio destro ed aprii la mano.



    Rimani a Kiri ed unisciti a me. Rendiamo questo Continente un posto migliore in cui vivere.

    La sinistra, tuttavia, era salda al fianco, pronta a raggiungere la Yakusoku nel caso Itai avesse deciso di andarsene, voltandomi le spalle e rifiutando la mia offerta. Non potevo né volevo correre alcun rischio: non in quel momento, all'alba di qualcosa di più grande. Lui ed il suo demone dovevano rimanere a Kiri. Dunque la scelta da compiere per il deposto Mizukage era una sola: o con me o contro di me.




    Chakra:
    Vitalità:
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 650
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note
    Combattere con Handicap Attivo.

    Assetto Gakutensoku: Nessuno.


    Parlato
    Citato
    Pipistrelli
    Yakusoku

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Il Ritorno del Nono


    IV - Accettare


    Guardai Kensei. Guardai il suo elmo metallico, cercai di scorgere l'uomo dietro di esso. L'uomo che avevo conosciuto un tempo, l'uomo ferito tenuto in piedi solo dall'odio e dalla rabbia. L'uomo che, nella sua fredda apparenza, ardeva di passioni incontrollabili al limite della follia. Eppure, lucido. Lucido, ma forse, non abbastanza distaccato da non rendersi conto di ciò che gli avevo proposto per davvero. Ma, non sarebbe stato da me irritarmi per un malinteso. Avrei insistito, pacificamente, finché le mie parole non avrebbero fatto breccia al di là dello strato di metallo che lui aveva posto sul suo viso per filtrare il mondo e nascondere ciò che era diventato.
    Fortunatamente la questione della Nebbia di Sangue fu chiarita. Di certo non credevo chela crudeltà sarebbe potuta giungere ai fasti del passato, il dubbio che in realtà fosse qualcosa di diverso era sempre stato nella mia mente. Più che un dubbio, la certezza. Il dubbio era quanto fosse vicina questa versione della Nebbia di Sangue rispetto a quella messa in piedi dal Terzo Mizukage e ne risultava che, fortunatamente, sarebbe una versione annacquata della stessa.
    Ne sono felice dissi con tranquillità, rivolto sia al Mizukage che al giovane Shinobi che aveva chiarito le modalità di quella nuova tradizione Kiriana. Non era qualcosa che mi piacesse particolarmente, non ero un convinto sostenitore dei legami creati sul campo di battaglia per diverse ragioni, ma che importanza aveva, dopotutto? Kensei, io credevo che fosse qualcosa di diverso. Perché se fossi stato così sciocco da credere che avessi deciso di affogare la Nebbia nel sangue dei Kiriani, ti assicuro che non staremmo parlando adesso. Ma nemmeno io, distrutto come sono, sono impazzito al punto da credere che tu possa fare una cosa del genere, dissi rivolgendomi solo al Mizukage. E se questo funziona, ne sono solo felice. E lo sono davvero Kensei. Se l'irritazione avesse smesso di tappargli le orecchie forse avrebbe percepito la sincerità nella mia voce. Ora Kensei... feci una pausa. Misi la mano sul muso di Yogan, la quale stentava a trattenere la sua irritazione alle parole del Mizukage. Solo il mio tocco amichevole le impediva di aggredire, quantomeno verbalmente, il Kage ma Yogan si rendeva conto che stavamo camminando su un ghiaccio sottile.Perché pensi che io voglia essere sempre fuori dal Villaggio? Chiesi semplicemente. Io voglio essere qui, a Kiri. Come un tempo. Perché Kiri è la mia casa, Kensei. Sto ricominciando faticosamente a provare qualcosa che non sia annientamento e so che Kiri è casa mia. Non voglio prendermi un titolo per girovagare per il mondo. Puntai nuovamente gli occhi verso il Mizukage. Io ero un sostenitore dell'Accademia non per l'Accademia in sé. Quell'alleanza sarebbe potuta bruciare in qualsiasi momento. Io ero il Mizukage. Per me Kiri veniva prima di tutto e se l'Accademia non è il bene di Kiri, per me potrebbe crollare all'istante. Del resto mi insegni che le alleanze devono beneficiare tutte le parti in gioco, o sbaglio? Domanda retorica, non aveva alcun bisogno di una risposta. Stavo cercando di essere conciliante, il più possibile, come anni di diplomazia mi avevano insegnato ad essere. Non intendo minare la tua autorità, in alcun modo, Kensei. Se prenderai decisioni che non mi piaceranno, al massimo ti potrò chiedere di parlarne, in privato, nella speranza che tu - come avrei fatto io quando vestivo i tuoi panni - l'ascoltassi. Ti sto mettendo a disposizione la mia spada, la mia forza, il potere del Sette Code che custodisco e, se vorrai, i consigli di un uomo che è stato nel tuo stesso posto. Mi avvicinai al Kage, afferrai la mano che mi porgeva e strinsi il suo polso metallico con forza e decisione. "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." ripetei Significa anche dover ingoiare il proprio orgoglio, faticare, accettare idee che non sono le mie. No, Kensei, da me non dovrai temere nulla. Strinsi con maggior vigore il braccio del Kage, certo di non ferirlo con la mia presa salda, ferrea. L'unica persona che dovrai temere, Kensei, sarai te stesso. Questo è il peso che porti. Questo è il peso che ho portato anche io. Ogni mattina, la persona che più temevo al mondo, era quella che mi rimandava lo sguardo dallo specchio. Dissi quelle parole senza sottintesi, e Kensei forse se ne era già reso conto. Quando si raggiungeva la posizione di Kage ci si faceva molti nemici ed allo stesso tempo, si reggevano le sorti del Villaggio. Le decisione del Mizukage influenzavano la vita di migliaia di Kiriani e, nel tempo, se non fosse stato attento, quelle stesse decisioni avrebbero potuto distruggerlo. Un Kage, chiunque esso fosse, doveva temere più di ogni altra cosa sé stesso. Perché egli stesso era lo strumento più rapido per la sua caduta. Kensei sarebbe voluto essere un tiranno? Se non avesse temuto quel lato di sé avrebbe fatto la fine che i tiranni hanno sempre fatto nel corso della storia.
    Ma sarei stato io a portare la rovina su Kensei? No. Non io. Io non ne avevo più le forze. Se avevo accettato di rimanere al Villaggio era solo per Jukyu. Lei, forse, poteva anche odiarmi ma io non l'avrei abbandonata ancora in nome dei miei ideali. Se Kiri stava andando in un posto oscuro, allora, mi sarei immerso nell'oscurità. Non mi sarei fatto dominare dalla Furia. La crudeltà non sarebbe diventata mai parte di me. Ma la vita mi aveva spezzato e, nel ricompormi, non sarei potuto essere più lo stesso di prima.

    Sei sicuro? la voce di Chomei mi rimombò nella mente. Sempre con la mente, risposi al Bijuu che immaginavo, non fosse proprio contento di avere a che fare con Chomei. Ma se stavo compiendo quel passo era anche per lui.

    dissi allora al Bijuu, con semplicità. Voglio restare a Kiri, vicino a Jukyuu. E l'unico modo che ho per farlo è non fare troppi capricci e lasciarmi scivolare addosso cose che non mi piacciono. Non importa il resto. Non intendo perdere nessuno di voi tre dissi riferendomi a Chomei, Yogan ed ovviamente, Jukyu.

    Riesco a percepire la felicità dell'Hokage alla notizia da mezzo continente di distanza Chomei disse quelle parole con tono ironico, ma non senza una piccola punta di preoccupazione nella voce. Raizen era un altro Jinchuuriki, l'idea di scontrarsi con Kurama non lo esaltava un granché, del resto.

    Già, Raizen ne ha combinata un'altra e Kensei è un misto di odio ed orgoglio troppo grandi per lasciar correre delle volte mi chiedevo cosa passasse nella mente di Raizen quando faceva certe cose. Era uno Shinobi potente, capace. Un amico ed un alleato ma la sua scelta durante l'insediamento di Kensei aveva reso qualsiasi possibile rapporto ben più complicato. Ma immagino che potrebbe fargli piacere sapere che a Kiri ci sono io. Immagino spererà che io possa porre un freno a Kensei, in qualche modo... sospirai, mentalmente, rivolto al Bijuu. Ma non sarà un ruolo che potrò interpretare.

    Gli devi la vita, Itai la realtà espresa dal Bijuu mi colpì come un maglio ed il senso di colpa arse forte. Ma che conflitto poteva esserci? Il mio Villaggio, la mia casa... mia figlia erano sull'altro piatto della bilancia. Chomei forse percepì quelle sensazioni. Ho capito, non c'è bisogno che dici altro disse il Bijuu ed io, mentalmente, lo ringraziai. Forse un giorno mi sarei sdebitato con l'Hokage. Una vita per una vita. Ma se mi aveva salvato la vita, se era mio amico, avrebbe compreso dove dovevo essere in quel momento e quanto ciò mi sarebbe costato.

     
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    Il Ritorno del Nono


    ~II~



    Il Male del Mondo



    Cos’era un ninja? Ad Ashina era un guerriero senza nome, legato indissolubilmente al proprio Signore, senza possibilità di emozioni o pensieri propri, se non quelli esclusivamente atti a portare a termine la volontà terza che lo muoveva. Viveva e moriva sul campo di battaglia, nell’assoluto anonimato. Spirare nel silenzio, in modo che il resto del mondo fosse all’oscuro della sua stessa esistenza, sarebbe stata la morte che ogni shinobi avrebbe desiderato… in quella antica terra di spadaccini. Qui, però, eravamo a Kiri ed il concetto di ninja era assai variabile, a seconda di chi fosse stato l’interlocutore con cui affrontare il dibattito. E di fronte al Lupo, in quel momento così concitato, in cui l’aria stessa veniva caricata da una tensione insostenibile alimentata dai fendenti verbali di DUE singoli individui, non c’erano solo DUE kage a confronto. C’erano DUE contrastanti modi di vedere il mondo. DUE pensieri assolutamente totalizzanti che prorompevano in sfere d’influenza facenti attrito tra loro. Tutto, letteralmente tutto, tra Nono e Decimo, era agli antipodi. Lo si poteva notare già dalle reazioni che provocarono nel Lupo.

    Scortare chi? Al massimo puoi reggere le spade di questi due.

    L’offerta dello shinobi del Drago fu prontamente declinata in tono astioso dalla creatura che accompagnava il Nono, risposta che fu subito calmierata dall’intervento del biondo kage stesso che si scusò per il comportamento dell’animale.

    Ignora Yogan, sa essere pungente e poco delicata. Ma devo parlare con il Mizukage.

    Alle parole del Nono però qualcosa scattò nella mente del ninja di Ashina. Una rabbia ed un odio estranei che gli infettarono di colpo la mente e che si palesarono assieme ad una voce interiore ormai ben nota.

    Ignorare Yogan? Quella bestia troppo cresciuta non mi preoccupa affatto. È TE… CHE NON RIESCO AD IGNORARE, MALEDETTO TRADITORE DEL VILLAGGIO! KENSEI DOVREBBE APRIRTI IN DUE E TIRARE FUORI L’UNICO VALORE CHE HAI MAI AVUTO NELLA TUA SQUALLIDA VITA: L’IMMOMNDA CREATURA CHE NASCONDI!

    Il Lupo si sentì mancare. Con la sua unica mano si toccò la tempia destra, mentre il ginocchio sinistro reggeva tremolante il suo peso a terra per non cadere. Il consiglio del Decimo, seppur laconico, giunse provvidenziale.

    Per il momento vi consiglio di stare in disparte. Osservate ed ascoltate.

    In qualche modo fece calmare l’Oscurità che albergava sotto forma di Drago nel cuore del ninja da un braccio solo, quel tanto per consentirgli di riprendersi, accennare ad un inchino rivolto ad entrambi i suoi superiori, ed allontanarsi, confondendosi tra la folla.
    Fu proprio tra la folla che lentamente egli apparve. Quegli occhi rossi e quello sguardo freddo presero forma ed all’improvviso risaltarono tra tutti gli astanti, proprio come quella notte in mezzo alle nevi perenni di Genosha. La micidiale Pantera era appena sopraggiunta per assistere a quel confronto memorabile.

    Ero uno studente all'accademia quando il Nono scomparve, sapevo fosse una persona dal grande cuore ma non pensavo si accompagnasse con un drago così scontroso. Cosa ne pensi della situazione? Non mi piacerebbe trovarmi in mezzo a quei due se decidessero di scontrarsi...

    Pantera, amico mio. È un piacere rivederti. Mi conosci. Sono solo uno strumento nelle mani del Mizukage-sama. Farò quello che egli mi ordinerà di fare, qualunque cosa ciò comporti, anche, se costretto, dover affrontare un ninja di un altro livello come il Nono stesso…

    La gran parte del villaggio era radunata nella piazza. C’erano stati mormorii, sussulti, imprecazioni e manifestazioni d’incredulità. Tuttavia, dal momento in cui il confronto di quei due era iniziato, confronto capace di influenzare non solo la Nebbia, ma l'intero Continente, un religioso silenzio era calato su tutti i presenti…

    […]



    Il controllo di un capo sui suoi sottoposti dovrebbe essere totale. Non un singolo pensiero di dissenso dovrebbe prendere forma nella mente del guerriero realmente votato alla causa. Non un segno di vacillamento. Non un’ombra di dubbio nel suo sguardo. Quando però il Destino gioca uno scherzo per cui i ruoli si ribaltano, e colui che un tempo era il Signore diventa d’un tratto il sottoposto, allora la situazione si complica. All’improvviso hai un individuo difficile da manipolare a tuo piacimento, una scheggia impazzita che potrebbe, come non potrebbe, seguire il tuo volere, una scheggia che potrebbe lentamente frantumare il tuo dominio, anche senza una reale intenzionalità, tanto da dividerlo e formarne uno assestante. Il Mizukage probabilmente era ben conscio di questi rischi nel far rimanere il Nara nel villaggio. Sapeva anche però che liberarsi di lui non era così facile, per via dell’arma segreta che custodiva nel suo essere. L’unica alternativa era convincerlo a rimanere e sottostare alla volontà di Kiri, cioè alla volontà del Mizukage. Ma era davvero così? La volontà di Kiri corrispondeva realmente a quella del Mizukage?
    In effetti attorno a Lupo era possibile notare molto malcontento tra gli astanti. Alcuni, i più fedeli, avrebbero voluto una mossa più decisa da parte di Kensei Hito: sottomettere quel ninja vagabondo prima che la stabilità conquistata dopo anni fosse di nuovo minacciata. Altri, invece, inizialmente esultanti alla vista di un leader che credevano ormai perduto per sempre, erano rimasti piuttosto delusi nel constatare che questi non era ritornato per una rivoluzione, ed anzi si mostrava in qualche modo remissivo nei confronti di Hito. Insomma, la piega che quella riunione stava prendendo non aveva soddisfatto nessuno. Così, quando il Nono mostrò un minimo d’iniziativa, nel rifiutare apertamente di consegnare il Demone che nascondeva, il brusio ricominciò, diffondendosi a macchia d’olio per tutta la piazza.
    Fu allora che intervenne la Pantera.

    Se volete osservare questo evento vi prego di farlo in silenzio. Non è il momento di inutili sproloqui su cosa è stato e cosa sarà. Godetevi la vista delle due cariche più importanti del villaggio e imparate da loro cosa vuol dire essere dei grandi leader.

    Sei solo un ragazzo. Non sai quello che dici. Sei un ninja accademico che pensa solo ad allenarsi e ad eseguire le missioni che gli vengono assegnate. Non hai mai dovuto patire la fame nè la sofferenza di essere completamente ignorato, abbandonato dalle figure e dalle istituzioni su cui riponevi completa fiducia.

    Un uomo… un uomo con una folta barba bianca, la parte superiore del viso sferzata da innumerevoli cicatrici ed un bastone spoglio ed anonimo che lo aiutava a reggersi in piedi, si fece largo, pronto a sfidare e ribattere verbalmente le parole della Pantera, inconsapevole dell’esperienza passata che egli portava con sè. Era vestito solo di una sinuosa tunica bianca, che gli avvolgeva il corpo nudo a spirale. L’abbigliamento sarebbe risultato alquanto strano, spiccando tra i vestiti grigi degli abitanti raccoltisi lì attorno.

    Ma oggi tutto cambierà. Stai a vedere. Non perderti lo spettacolo…

    […]



    Questa è la storia di quando i draghi volavano alti nel cielo. È la storia di due persone. Di un sogno. Di un amore. Di me.
    Sono nata al tempo in cui le nuvole di Kiri erano circondate dal solito ed anonimo blu di sempre. Le grandi fiammate rossastre, le mirabolanti cicatrici serpentine, ancora non sferzavano l'azzurro della mia casa. Il Mizukage governava il villaggio, tesseva le trame che avrebbero dipanato il futuro di tutti noi, intratteneva rapporti di amicizia sempre sull'orlo della rottura con le altre nazioni. La Nebbia, dal canto suo, non brillava di prosperità. Una strana epidemia aveva colpito il villaggio ed i rapporti con la Foglia s'erano deteriorati dopo che un folle, mio compaesano, s'era fatto esplodere alle mura di Oto. Ma queste questioni politiche non mi hanno mai attratta. Non mi interessano. Non sono mai state me...
    Mio padre, Kyoshiro, venne dai mari del sud. Mia madre non mi ha mai rivelato precisamente da dove. Un'isola remota, lontana, nel misterioso Oceano dei Kaijuu. Sbarcò sulle bianche coste delle isole meridionali del Paese dell'Acqua e lì, per la prima volta, i suoi occhi incrociarono quelli di lei. Kimiko. Kimiko Shinretsu. Lei era l'ultima foglia nata da un albero con una lunga storia di gioielleria alle sue radici. Fin da bambina mia madre Kimiko fu addestrata a far diventare oro ciò che toccava. Nelle sue mani il rude metallo si plasmava, prendeva vita, si ravvivava.
    Scintillii, bagliori, riflessi. La pietra, intagliata delicatamente, assumeva forme e colori sempre nuovi negli occhi dei clienti che giorno dopo giorno, attirati dalle magie di quella donna, accorrevano nel negozio di famiglia a Suiminami. In poco tempo mia madre riuscì a mettere da parte una piccola fortuna. Quella mattina di tanto tempo fa, però, non furono le sue creazioni ad attirare Kyoshiro. Non furono i monili che era così brava a plasmare. Fu il suo sguardo: due gemme nere incastonate in un mare di sclere dal fulgido azzurro. Non furono le sue ricchezze. Furono i suoi capelli: sprazzi di onde scure che scendevano dal suo capo come fili lucenti ed eterei, avvolgendola in un abbraccio di seta che avrebbe reso geloso ogni uomo. Non fu il lusso dei suoi vestiti. Fu il suo portamento: una creatura fine, delicata, aggraziata nei movimenti che con un kimono floreale si inginocchiava lentamente per raccogliere dell'acqua in un’urna. Erano i preparativi per la Festa dell'Acqua che la famiglia di mia madre amava festeggiare in quel periodo dell'anno. L'uomo, Kyoshiro, ne fu stregato in un solo attimo. Quel pescatore, anonimo e rude, vide in quella donna tutto ciò che avrebbe voluto essere, tutto ciò che mai era stato. Si avvicinò a lei. Un sorriso, uno sguardo. Il cuore si sciolse. Era la fine di Kyoshiro. Era l'inizio dell'ossessione che portò mio padre a sparire per sempre. Del motivo per cui sarei stata costretta a fare ciò che sto per fare. L'origine del mio odio per una sola ed unica persona che ormai mi tormenta da 23 mesi, 47 giorni e 15 ore: Itai Nara. Del motivo per cui sto scrivendo tutto questo: le mie memorie.
    Due anni dopo venni alla luce. Non c'è bisogno che riveli il mio nome. Se quello che sto per fare andrà in porto, probabilmente saprete già chi sono. Vivemmo felici per molto tempo. Mio padre si era trasferito definitivamente a Suiminami. Aveva iniziato a lavorare assieme a mia madre nell'attività di oreficeria. L'influenza di lei lo aveva cambiato. Inizialmente in meglio, ma poi, qualcosa nella sua mente si era rotto. Era diventato impeccabile. Forse era diventato anche più bravo della moglie nella manipolazione dei preziosi. Cercava la perfezione in ogni cosa. Era ossessionato dall'idea di ricreare con le sue mani quelle gemme pregiate che per lui erano gli occhi di madre. Si ritirava spesso e volentieri per giorni interi da ogni contatto umano. Lì, solo, sulla sua barca, collezionava perle, conchiglie, sassi, smeraldi, incensi, allori e fiori rari. Cercava di unire tutti questi elementi e quando, alla fine, stremato, pensava di esser arrivato ad una soluzione, al ritorno a casa il confronto delle sue creazioni con gli occhi della donna che amava lo rendevano consapevole di un'amara verità: nulla poteva esserne minimamente paragonato.
    Nel frattempo gli anni passarono ed i draghi avevano cominciato a solcare il cielo sopra le nostre teste. La calma del mondo in cui risiedevano le nuvole nei giorni sereni era finita. Forme prolungate e violente scatenavano tutta la loro scalpitante e rabbiosa forza vitale tra un nembo e l'altro. Ma era quando pioveva... che potevi sentire tutta la loro energia cadere su di te, come se questa fosse stata passata alle gocce stesse e ti venisse trasmessa dal loro contatto. All'epoca mi piaceva correre fuori casa durante i temporali e vederli volare lì in alto tra i fulmini. Con in groppa ovviamente lui: colui che è stato il mio idolo fin da bambina e che ha sempre rappresentato la mia àncora di salvezza. Il Nono Mizukage. Itai Nara. Il biondo coraggio e la forza rossa che sfidavano la tempesta contrapponendosi al manto triste e nero delle nuvole. Il ruggito riscaldante del drago che competeva col frastuono terrifico dei tuoni. Magnifico. Già, perchè nel mentre Itai Nara era stato nominato come nuovo Mizukage. Mio padre aveva inoltre sentito parlare del fatto che facesse parte di un gruppo di guerrieri detti Ryuukishi. Guerrieri che cercavano l'armonia e la pace, interna ed esterna, ma, prima di tutto, la riappacificazione con sé stessi. S'era informato, Kyoshiro, aveva tenuto d'occhio il Nono e la sua influenza aveva in qualche modo placato il suo animo inquieto. Finchè una notte, tornando a casa, strappò gli occhi di mia madre. Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta. Fu l’unica cosa che disse, in tono quasi robotico, asettico, dopo aver compiuto il suo gesto inspiegabile. Silenzio. La sua ossessione era finalmente finita. La sua brama di perfezione era stata raggiunta: stringeva nelle mani ciò che non era riuscito a ricreare in tutti quegli anni. Poi scappò via, lasciando un biglietto con scritto che avrebbe seguito le orme del Mizukage, che sarebbe partito per diventare un Ryuukishi ed espiare il terribile peccato che aveva appena commesso. Seguire le orme del Mizukage? Cosa significava?
    Mia madre, ormai cieca e non più in grado di lavorare, ed io, poco più che una ragazzina, rimanemmo del tutto inermi di fronte alla brusca piega che avevano preso gli avvenimenti. Ben presto le riserve in negozio si esaurirono, così come i risparmi. La nostra piccola fortuna si trasformò in miseria e fummo costrette a trasferirci da Suiminami ad uno sperduto angolo del villaggio nell'entroterra. Non eravamo però le sole in questa condizione. Un recente, quanto inaspettato, attacco a Kiri aveva seminato caos, distruzione e povertà per tutto il paese. Cercammo l'aiuto dell'amministrazione. Volevo assolutamente rivolgermi di persona ad Itai Nara, il nostro salvatore, ma costui non c'era. L'amministrazione era in subbuglio. Era alla ricerca disperata di un nuovo Mizukage. Itai all'improvviso aveva fatto baracca e burattini e aveva lasciato il villaggio. Così. Senza dire nulla. Così. Senza avvisare. Ci trovavamo senza un capo ed una guida. Per di più, Kiri si stava ancora riprendendo dalle esplosioni di Cantha.
    Per colpa di Itai Nara io avevo perso il mio idolo, avevo perso la mia casa, avevo perso mio padre e, di lì a poco, avrei perso anche mia madre. I Ryuukishi mi avevano portato via tutto.
    Dopo il Nono ci fu il Decimo. Un individuo oscuro, sempre e solo interessato alle questioni politiche, al dominio e al rafforzamento militare anziché al benessere dei suoi cittadini. Un certo Kensei Hito. Mi ricordo ancora il giorno del suo insediamento. Portavo a braccetto mia madre, speranzosa, fiduciosa ancora che una nuova guida avrebbe significato nuova speranza e nuova vita per tutti noi. Mi resi conto subito che non sarebbe stato così. La sua armatura, indossata specificatamente per l’occasione mentre egli sfilava compiaciuto e pomposo per i vicoli, mandava luccichii abbaglianti d’oro massiccio, risaltando in mezzo alla nebbia ovattata di Kiri. Risaltando di opulenza e di sfarzo in mezzo alla miseria fangosa in cui eravamo tutti noi. Mia madre cadde d’un tratto per terra mentre la carrozza del Mizukage ci passava accanto. Del sangue fuoriuscì dalla sua bocca, macchiando la strada di un rosso scarlatto. Il rosso dell’odio più profondo che avevo per tutti loro. Il Mizukage, troppo impegnato nell’autoesaltazione, non ci degnò nemmeno di uno sguardo. Eravamo invisibili.
    Con Hito le cose andarono di male in peggio. Egli diede il via ad una direttiva espansionistica che portò il villaggio a tagliare ingentemente i fondi per la sussistenza dei meno abbienti. Il mio odio per lui è appena al di sotto di quello per Itai Nara. Così come per tutti i maledetti Mizukage che si sono susseguiti al comando di questo sporco villaggio. Da allora vivo alla giornata. Piccoli furti e... il sostegno della mia nuova famiglia: un gruppo sovversivo pronto a rovesciare per sempre gli equilibri ingiusti di potere che hanno rovinato Kiri. Ed oggi... oggi che finalmente Itai Nara e Kensei Hito si sono riuniti, uno di fronte all'altro, il mio sacrificio sarà ricordato nei secoli. Il mio sacrificio eliminerà gli individui che hanno rovinato la vita... la mia e quella di tutti i miei compagni mischiati tra la folla. Scintillii, bagliori, riflessi. Io stessa diventerò un gioiello, identico a quelli che creava mia madre…


    […]



    Hideo Nishimura. La Pantera. Era stato il primo vero avversario mai affrontato dal Lupo in solitaria... nell'isola sperduta di Genosha. Un avversario capace di trovare sempre una mossa adatta a salvarlo dalla situazione, in grado di nascondere un asso nella manica laddove nessuno possa aspettarselo. Ricordava ancora la sensazione di essere sotto scacco, di essere solo una preda di un felino nascosto nel buio. Il tutto reso ancora più tragico dal non sapere minimamente che luogo fosse quello. Il Lupo credeva di essere ritornato nella Forra, sul procinto di essere trapassato da parte a parte, in ogni momento, da un supersonico proiettile di una degli Occhi di Serpente. Foschia. Oscurità… che si illuminò solo per un attimo quando un fulmine partì dalle mani di Nishimura trasferendosi a terra in direzione del Lupo…
    Il rumore sordo di un ricevitore trascinato per terra fece riprendere il ninja di Ashina dai suoi ricordi. La Pantera si stava allontanando dalla folla per dirigersi verso i due kage. Il Nono aveva del tutto male interpretato il significato recondito nascosto dietro il nuovo rituale della Nebbia di Sangue ed il ragazzo dagli occhi rossi, colpito nel profondo da quelle parole accusatorie, s’intromise nella conversazione per rettificare quell’incomprensione.

    Io e Sekiro, il ninja che avete conosciuto poco fa, siamo figli della Nuova Nebbia di Sangue di Kiri. Le sue preoccupazioni hanno solido fondamento. In molti avevano paura che Kiri potesse tornare al quel rito barbaro in cui si obbligava i ninja e gli studenti del nostro amato villaggio a uccidere per sopravvivere. Le assicuro però che non è più quello che è stato deciso di perseguire.

    La Pantera fece una pausa e guardò negli occhi il Lupo. Un felino ed un segugio. Insieme avevano fatto coppia in molte missioni, supportando l’uno le debolezze dell’altro. Era vero. Quel rituale, iniziato quasi con la forza dopo essere stati entrambi rapiti dall’Ombra, Youshi Tokugawa, aveva sancito definitivamente il loro ingresso nella grande famiglia dei ninja di Kiri.

    Quando vidi davanti quel ninja pensai davvero che fosse uno scontro all'ultimo sangue, uno scontro per provare a Kiri la mia superiorità, la mia fedeltà! Ma come può vedere siamo entrambi qui, anche se le nostre spade si sono scontrate con l'intento di ucciderci, un intento che ci ha permesso di capire con chi avevamo a che fare e di creare un legame che da quel giorno non si è mai reciso. Non oserei mai paragonare questo legame a quello di un Jinchuuriki e del suo bijuu.. Ma devo dire che la fiducia che provo verso di lui è all'altezza di quella che provo per il mio stesso Kage.

    Nishimura abbassò il colletto della divisa della Mano Grigia, donata dal Ninja di Ferro ai due compagni della Nebbia di Sangue. Mostrò una lunga ferita. Una grossa cicatrice che si estendeva su gran parte del collo.

    Anche se la sua lama è riuscita a lasciarmi impresso questo segno.

    Alla sua vista, il Lupo deglutì amaramente. Ricordava ancora cos’era successo. L’Estrazione Mortale del ninja di Ashina era stata schivata prontamente con un rapido balzo dalla Pantera, ma poi ricadendo egli si trovò del tutto inerme all’affondo di wakizashi del Lupo proprio sul suo collo. In compenso Nishimura fece penetrare, contemporaneamente, la sua lama nella spalla destra dell’Ōkami. Mentre il suo compagno mostrava a tutti, fiero, quella cicatrice, Il Lupo portò la sua unica mano proprio sulla sua spalla, massaggiandosi il punto in cui la Pantera lo aveva ferito.

    La Nuova Nebbia di Sangue ora si è trasformata in una prova, una prova che permette a due ninja di instaurare un legame di estrema fiducia, di crescere imparando dai propri errori e perfezionare i propri punti di forza in un ambiente pericoloso, questo è certo, ma assolutamente controllato e sicuro per i ninja che vengono sottoposti al rito. Spero che le mie parole, le parole di un semplice ninja del suo villaggio, siano per lei una fonte attendibile per queste informazioni. Il mio nome è Hideo, è un onore finalmente conoscerla.

    È così, signori Kage.

    Il Lupo prese parola, spinto dalla spiegazione della Pantera e dal suo coraggio. Si tolse il suo solito mantello arancio, per scoprire al di sotto non più le logore vesti cineree rafforzate dalle protezioni che portava ad Ashina, ma, come il suo compagno, la divisa al tempo scintillante e fioca della Mano Grigia.

    Io provengo da una terra lontana, Ashina. In quel posto uno shinobi è un’arma solitaria. Agisce da solo ed è incapace di collaborare con altri. Io ero così. Quando sono arrivato qui mi sentivo perso. Non sapevo cosa fossi e cosa avrei dovuto fare del resto della mia vita. Poi ho incontrato la Pantera. Abbiamo combattuto alla morte. Ho imparato il suo modo di agire, il suo modo di pensare. Egli, contemporaneamente, ha imparato i miei punti deboli ed i miei punti di forza. Da allora abbiamo fatto squadra innumerevoli volte e, come il Mizukage potrà testimoniare, il nostro gioco di squadra ci permette di cooperare prima ancora di sapere le intenzioni dell’altro.

    Il Lupo tossì leggermente, come se qualcosa, uno strato di polvere, gli fosse penetrato nelle vie aeree. Che fosse stato, inaspettatamente, il primo segno, in una vita di emozioni represse, di un certo qual grado di commozione?

    Per me la Nebbia di Sangue è stato l’inizio di una nuova vita. Mi ha dato nuovi scopi e un nuovo motivo di esistere. È stata l’accoglienza di una famiglia ad un figlio disperso.

    Un’ultima pausa. Guardò il Mizukage, il Decimo, aspettando il suo consenso, per poi terminare il suo discorso con un inchino.

    Nono Mizukage, dragone rosso. Vengo chiamato Lupo.

    Lupo e Pantera si ritirarono nelle retrovie, lasciando nuovamente quei due da soli nei loro soliloqui.
    Una violenta ondata di rabbia salì dalle viscere dalle shinobi senza un braccio, ma fu immediatamente falciata sul nascere. Questa volta non avrebbe vinto lui…

    COSA FAI, LUPO? INFILZA SUBITO QUEL BASTARDO ED IL SUO DRAGO CON LA TUA LAM…

    Basta così. Almeno per quel giorno, il Lupo era riuscito a ricacciare Koutsu nelle nubi nere da cui era provenuto. Per qualche ora, forse, il Sancta Sancotrum del suo Mondo Interiore avrebbe visto rischiarirsi di nuovo il solito sole che lo riscaldava…

    […]



    Un aquilone volava in alto nel cielo. Dal retro di una delle torri più maestose di Kiri, affacciata proprio sulla piazza centrale, una figura romboidale si sarebbe alzata sempre più verso l'immensità. Si sarebbe potuto notare un sottile bagliore intermittente, che competeva saltuariamente con gli abbaglianti raggi del sole, provenire da quel punto. Nel mentre c'era stato un forte scambio di battute tra il Decimo ed il Bijuu del Nono, parecchia tensione s'era sviluppata per qualche momento; tuttavia, i due kage erano riusciti ad arrivare ad un compromesso: il Nono sarebbe rimasto a Kiri, al servizio del Decimo, e questi lo avrebbe proposto come Sannin di Kiri al consiglio dei quattro Kage. La stretta di mano dei due, al centro della piazza, sanciva forse il termine di quella riunione inattesa.
    D’improvviso un suono. Un fischio. Un grido. Un acuto che mano mano che s’avvicinava alla piazza e alla folla sarebbe salito sempre più di intensità e di frequenza, distorto com’era dall’effetto Doppler. Un’ombra bluastra trasportava quel suono, che sfrecciò in picchiata dall’incredibile altezza dell’aquilone proprio verso il piccolo spazio che separava i due kage in confronto. Poi un’esplosione. Una grande e terribile esplosione che sarebbe partita dal punto in cui il Nono ed il Decimo s’erano stretti la mano. Avrebbe coinvolto tutti quanti i presenti in quello spiazzo, colpevoli ed innocenti. Ninja, uomini, donne, bambini, case e strade. L’esplosione, se non fermata, avrebbe potuto espandersi per centinaia di metri. I due kage, in qualche modo, sarebbero stati capaci di sopravvivere a quella detonazione e, soprattutto, di difendere e proteggere le persone ignare lì radunate?

    [Nota]La distanza alla quale si trova l'attentatrice (Energia Nera) è di 200 metri in linea d'aria. Ciò equivale ad una velocità finale di Nera + 10 tacche e ad una forza d'impatto di Nera + 20 tacche. La potenza dell'esplosione sarà dunque di 200 e la sua estensione di 400 metri di raggio.
    Equip e tecnica non rispettano precisamente i limiti imposti dal regolamento per il materiale personale, ma è un PNG e i miei PNG non hanno limiti di sorta. Spero di non essere stato eccessivamente violento. Se questo attacco dovesse essere insostenibile o fuori portata, parliamone ed eventualmente modifico.


    Aquilone Shinobi [Vario]

    Un aquilone che permette all’utilizzatore di venire trasportato per aria e rimanervi in sospensione, se collegato con l’apposito filo corredato ad una struttura salda. Finchè immobile, l’utilizzatore legato all’aquilone risulta essere Occultato. L’aquilone è corredato di un meccanismo a molla di precisione che può lanciare l’utilizzatore a grande velocità verso un obiettivo distante, sfruttando anche l’accelerazione di gravità. Maggiore è la distanza, maggiore sarà la velocità raggiunta. Maggiore la velocità finale raggiunta, maggiore sarà la forza d’impatto. Per ogni venti metri di distanza dall’obiettivo, la velocità aumenta di 1 tacca. Per ogni tacca di aumento di velocità, la forza di impatto aumenta di 2 tacche. La distanza massima al quale usare l’aquilone dipende dalla lunghezza del filo con cui esso viene collegato alla struttura d’aggancio, dal grado dell’utilizzatore e dal contesto ambientale in cui questo viene utilizzato.
    Tipo: Speciale - Supporto
    Dimensione: Grande
    Quantità: 1
    (Potenza: 1 | Durezza: 1 | Crediti: 60)
    [Da chunin in su]



    Kamikaze Corvino
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Nessuna (0)
    L’utilizzatore sacrifica sé stesso, facendosi esplodere in mille pezzi, per provocare una gigantesca deflagrazione. La potenza e l’estensione della deflagrazione dipendono dalla distanza da cui viene effettuato l’assalto e, dunque, dalla velocità e forza d’impatto finali. Per ogni tacca di aumento della forza d’impatto, la potenza della deflagrazione aumenta di 10 e l’estensione di 20 metri di raggio. La tecnica provoca la morte dell’utilizzatore.
    Tipo: Ninjutsu - Ninpou
    Sottotipo: Emissione
    (Consumo: l’intera riserva di chakra dell’utilizzatore)
    [Questa tecnica può essere utilizzata solo in combinazione con un attacco in picchiata proveniente da un Aquilone Shinobi.]
    [Da jonin in su]



    maxresdefault





    Edited by ~Sekiro~ - 30/12/2021, 16:31
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Il Ritorno del Nono


    V - Morire da soli



    Avevo parlato con poca gente. Il Lupo ed Hideo. Due giovani Shinobi erano troppo poco per lasciare che le loro idee influenzassero le mie, ma poterono darmi la conferma che la nebbia di sangue non era la "Nebbia di sangue" in senso più stretto del termine. D'altro canto, solo due voci non rappresentavano la maggioranza. Cosa pensavano altri di quella pratica? Cosa pensavo io stesso di quella pratica?
    Sekiro sembrava una persoa rotta, aggrappata alla cosa che aveva dato senso ad un'esistenza travagliata. Hideo non lo avevo inquadrato, ma avevo il sospetto che l'inesperienza del Genin potesse giocare un fattore nel considerare come "buono" solo ciò che veniva presentato dinanzi.
    Non ebbi tempo di continuare a languire su quei pensieri, il Mizukage non ebbe modo rispondermi. Qualcosa, successe. Il passato, un passato del quale io stesso ero all'oscuro, venne a fare i conti con me. Non avevo idea di chi fosse l'uomo che aveva strappato gli occhi di sua moglie, usando come scusa le parole distorte di un concetto che con la perfezione non aveva nulla a che fare. Né lui si era mai presentato al Monte Gekido, né un uovo si era mai schiuso per lui. Non sapevo chi fosse. Il Mizukage era il capo del Villaggio ma era un solo uomo, e come avrei mai potuto conoscere ogni abitante e le sue storie, i loro difetti e porvi così rimedio?
    Fu un suono ad attirare la mia attenzione. Distorto nel mentre che arrivava, e veniva dall'altro. Diveniva via via più acuto, segno che qualsiasi cosa lo stesse producendo era in movimento verso di me. Inconsciamente scrutai il cielo e quando vidi la figura catapultarsi verso il basso, immediatamente ne scrutai il chakra [Abilità], notando che la riserva andò sparendo, rapidamente, come un incendio che divampi in un istante, lasciando solo braci ardenti. Come un'esplosione, che libera la sua energia in un istante.
    Immediatamente feci un cenno a Yogan, che comprese le mie intenzioni [Abilità], mettendomi una mano sul braccio. Immediatamente un'esplosione di chakra mi avvolse e del chakra che fluì in me finì immediatamente a Yogan [Tecnica - Attivazione Jishin no Jutsu III]

    Vincoli attivi:


    utilizzerà la tecnica speciale solo se combatte assieme ad altri;
    deve donare all'alleato che ha consumato più chakra nel round precedente almeno un quarto del chakra consumato dallo stesso in tale round;
    deve donare immediatamente il chakra extra ottenuto da questa tecnica speciale

    +2 Concentrazione
    Dono del Chakra: Dono 9 bassi di chakra extra a Yogan.


    Kensei, quella cosa sta per fare qualcosa di grosso, ha consumato tutta la riserva di chakra. Farò in modo che non si avvicini oltre. Mentre parlavo stavo già componendo i sigilli e Yogan stava già caricando la tecnica. Non c'era tempo di coordinarci meglio di come l'ispirazione del momento avrebbe potuto fare, così mi limitai a spiegare brevemente cosa avrei fatto. Grossa colonna di fuoco.
    Fui decisamente breve nello spiegare l'essenza della mia combinazione più potente che potevo tirar fuori dal mio arsenale assieme a Yogan senza alcun preavviso. Un istante dopo io e Yogan puntammo il viso verso l'alto ed emettemmo due tecniche assai simili, eppure, di elementi diversi. Fatte per unirsi, fondersi grazie all'alchimia che solo Drago e Ryuukishi possedevano [Tecnica - Itai]Concentrazione: 700 + 2 tacche (Jishin no Jutsu) + 4 tacche (Eruzione Esplosiva) = 850
    Bonus Concentrazione: +20 (Guru)
    Impronta Vento: +10
    Ninjutsu Inarrestabile: +20 (2 talenti)
    Potenza: 90 + 50 = 140

    [Tecnica - Yogan]
    Impronta Fuoco: +20 (Combinata con Fuuton)
    Concentrazione: 700 + 4 tacche (Eruzione Esplosiva) = 800
    Bonus Concentrazione: +10
    Dono dello Spirito: +20
    Potenza: 90 + 50 = 140

    [Tecnica Combinata: Statistiche] Gittata: 24 metri
    Diametro: 18 metri
    Potenza: 140 + 140 = 280
    Velocità: 800
    .
    Una colonna di fuoco si sarebbe diretta verso l'alto. Anche Kensei stava contribuendo allo sforzo. Qualsiasi cosa fece, rese quel Jutsu una mostruosità immonda in grado di carbonizzare qualsiasi cosa si fosse trovato sul proprio cammino. Tutti avrebbero sentito un intenso calore , molti avrebbero dovuto distogliere lo sguardo, forse qualcuno avrebbe visto qualche ciuffo di capelli ritrarsi raggrinzito sotto la furia di quella tecnica, ma l'attentatrice senza nome avrebbe incassato il colpo. Si dirigeva troppo velocemente verso il basso secondo una banale linea retta per modificare l'andatura in tempo. L'inerzia non era dalla sua e la velocità relativa combinata della mia tecnica e della sua discesa non avrebbero consentito ai suoi riflessi di agire in tempo. Avrebbe impattato contro quel muro di fiamme, disintegrandosi come se avesse messo piede sulla superficie del sole. E così, a meno di sorprese, si sarebbe conclusa la vita di quella donna senza nome, segnata dall'odio verso uomini che nemmeno sapevano chi fosse, per tragedie per le quali non avevano colpe. Una fine tragica, inutile, sicuramente evitabile. Una fine senza gloria, come quasi sempre è la morte.
    Da soli, nel proprio dolore.
    Senza qualcuno ad ascoltare i pensieri. Senza qualcuno a cui raccontare i ricordi, a cui confessare le proprie angosce.

    Chakra: 163/175
    Vitalità: 18.5/18.5
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 700
    Velocità:  775
    Resistenza: 625
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: Attivazione Jishin no Jutsu
    2: Dai Tatsumaki
    3: Katon: Karyuu no Todoroki
    Equipaggiamento
    • Kunai × 10
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Cartabomba III × 2
    • Filo in Acciaio [10m] × 1
    • Bracciale-Lama Retrattile × 1
    • Tonico di Ripristino Superiore × 2
    • Bomba Abbagliante × 2
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Nishikigoi × 1
    • Kutsū - Tormento × 1
    • Garyūka × 1

    Note
    Yogan: Chakra 18/18 Bassi


     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Nono, Decimo e l'Ultima


    Capitolo Due


    Atto IV
    Il passato che avvampa



    La mia mano rimaneva tesa, aperta, allungata verso Itai, con i miei occhi che fissavano la vitrea malinconia delle gemme azzurre che aveva incastonate nelle orbite; in esse, quasi non si vedeva più il rilucere del mare, la forza delle onde che un tempo li avevano caratterizzati. Ora erano ricoperti da una spessa patina grigiastra che toglieva loro ogni ardore, ogni profondità - che toglieva loro l'anima. Fissavo gli occhi di Itai come si fissavano le nebulose sclere catarattiche di un anziano ma maestoso mastino.
    Ma quella mano non lambì niente: benché non ricevetti un rifiuto, il mio predecessore parlò per chiarire la sua posizione, senza tuttavia accettare la mia proposta. Perché pensi che io voglia essere sempre fuori dal Villaggio? Mi chiese, candidamente. Non seppi rispondere sul momento. Tergiversai, tenendo la mano ancora protratta verso di lui. In realtà, c'era un motivo ben preciso. C'era già stato qualcuno che mi si era proposto per ricoprire quella medesima carica e di lui non avevo notizie ormai da molto tempo. Inconsciamente avevo sovrapposto la volontà di essere un Sannin con l'assenza perpetua dal villaggio, proprio come aveva fatto Akira dopo gli eventi che ci avevano visto attaccare la Bruma per recuperare un mai prigioniero Itai. Io voglio essere qui, a Kiri. Come un tempo. Perché Kiri è la mia casa, Kensei. Sto ricominciando faticosamente a provare qualcosa che non sia annientamento e so che Kiri è casa mia. Non voglio prendermi un titolo per girovagare per il mondo. Continuò, cercando di rendere chiaro un punto che era oscuro solo nella mia testa. Certo, negli ultimi anni Itai aveva girovagato per il mondo per lo più senza dare spiegazioni; mi ripromisi, quindi, che quella sarebbe stata l'ultima volta - e la cosa andava chiarita. Io ero un sostenitore dell'Accademia non per l'Accademia in sé. Quell'alleanza sarebbe potuta bruciare in qualsiasi momento. Io ero il Mizukage. Per me Kiri veniva prima di tutto e se l'Accademia non è il bene di Kiri, per me potrebbe crollare all'istante. Del resto mi insegni che le alleanze devono beneficiare tutte le parti in gioco, o sbaglio? Rimasi nuovamente in silenzio col proseguire del suo discorso: non sapevo quanto quelle parole fossero veritiere o quale potesse essere la dietrologia delle stesse; mi suonavano tuttavia così strane. Se ciò che voleva comunicarmi era che l'Accademia, quella Accademia, la nostra poteva non essere necessaria per un progetto di pace ed alleanza tra villaggi, allora, forse, avrei potuto davvero scorgere un alleato in lui anche su quel versante. C'era da capire quali sarebbero potute essere le sue metodiche: perché se rimanevano quelle dell'Itai che conoscevo io, quelle del precedente Mizukage, quelle dell'uomo di cui ero la Mano Sinistra, allora le sue rimanevano poc'altro che idee affini alle mie ma inconciliabili. Solo il tempo, forse, lo avrebbe potuto dire. Non intendo minare la tua autorità, in alcun modo, Kensei. Se prenderai decisioni che non mi piaceranno, al massimo ti potrò chiedere di parlarne, in privato, nella speranza che tu - come avrei fatto io quando vestivo i tuoi panni - l'ascoltassi. Ti sto mettendo a disposizione la mia spada, la mia forza, il potere del Sette Code che custodisco e, se vorrai, i consigli di un uomo che è stato nel tuo stesso posto. Annuii leggermente mentre, alla fine, Itai alzava anche il suo braccio, andandomi a cingere il polso. La stretta era salda e le nubi nei suoi occhi ora più diradate. "Il tortuoso sentiero che conduce alla pace è sempre meritevole, indipendentemente dal numero di svolte che comporta." significa anche dover ingoiare il proprio orgoglio, faticare, accettare idee che non sono le mie. No, Kensei, da me non dovrai temere nulla. L'unica persona che dovrai temere, Kensei, sarai te stesso. Questo è il peso che porti. Questo è il peso che ho portato anche io. Ogni mattina, la persona che più temevo al mondo, era quella che mi rimandava lo sguardo dallo specchio. La stretta di mano di Itai si fece più forte e vigorosa. Sentendo quelle parole, però, accadde qualcosa: un brivido, una sensazione di calore intensa, uno spasmo, un attimo di mancata lucidità, un breve lampo, una luce intensa, un bagliore accecante ed il volto del mio predecessore aveva assunto le sembianze di un giovane girovago, soldato alla ventura, tanto inesperto quanto testardo, figliastro di un proprietario terriero della Cascata, fantasma tra i vivi e rinnegato amante di fantasmi. I suoi capelli corvini e la pelle candida si stagliavano sullo sfondo plumbeo di una Kiri immersa nella nebbia. Un interminabile silenzio straziò la mia anima, diventa come la carne sotto le mortifere unghie affilate di un mitologico demone. Poi distoglie lo sguardo e sono finalmente in grado di rivedere l'uomo dietro alla maschera che io stesso gli avevo posto. Guarda in alto. Un flebile sibilo penetrò nel mio elmo. Alzai anch'io la testa, cercando di scorgere quello che scorgeva lui. Poco più di un grosso puntino scuro tra le nubi della Nebbia. I miei normali occhi sarebbero probabilmente stati colti in controtempo, se Itai non fosse stato lì presente. Kensei, quella cosa sta per fare qualcosa di grosso, ha consumato tutta la riserva di chakra. Farò in modo che non si avvicini oltre. Mi disse. Al che, mi preparai, estraendo la Yakusoku e pagando il mio tributo di Sangue. Qualsiasi cosa stesse per cadere su quella piazza non doveva toccare il suolo o avrebbe potuto mettere a serio repentaglio la vita di tutti i presenti: dunque dovevo intercettare la minaccia mentre ancora era in volo. Avevo varie opzioni e nessuna di queste contemplava la partecipazione di Itai. Roteai la Yakusoku al mio fianco ed allargai leggermente la gamba destra per acquisire una posizione più salda e prepararmi a saltare verso qualsiasi cosa stesse scendendo verso di noi. Il mio predecessore, però, sicuro di sé, provò un approccio dalla distanza.
    Dovetti improvvisare. Grossa colonna di fuoco. Disse, avvertendomi di quello che sarebbe successo di lì a poco. Non una colonna. Un tornado. dissi, mentre veicolavo il mio tantien nel Simbolo della famiglia Kagome che albergava sul mio trapezio, rivestendo il mio corpo di una sfumata patina di chakra oscuro e, contemporaneamente, estendevo il mio chakra d'Odio all'esterno di me per intercettare qualsiasi cosa stesse per raggiungerci e rallentarla un po', quel tanto che bastava. [Tecnica I - Attivazione Kinjutsu][Tecnica II]Potenza della Stella
    Villaggio: Lucchetto
    Posizioni Magiche: Caricamento (6)
    L'utilizzatore disperde l'energia del Simbolo della Stella sul corpo nella forma di chakra palpabile, aumentando le proprie: l'utilizzatore ottiene un bonus di +3 tacche da distribuire alle statistiche. In questo stato qualunque tecnica combinata può ottenere un potenziamento di +15 all'effetto finale, +3 tacche da distribuire alle statistiche influenzate dalla tecnica, un aumento di 1 categoria di DnT previsto dalla tecnica, o l'aggiunta di 1 round di un DnT previsto dalla tecnica. La tecnica dura tre round. Potenza della Stella può essere attivata una sola volta ad incontro.
    Tipo: Talento - Ninpou
    Sottotipo: Rivestimento
    (Consumo: Alto)
    [Da chunin in su]

    Tacche Bonus: +3 a Intuito.

    Splendore della Stella
    Talento: L'utilizzatore, quando attiva Potenza della Stella, può incrementare le capacità del fuuinjutsu: a scelta dell'utilizzatore, Potenza della stella ha un bonus pari a +5 tacche anziché +3 per il primo slot azione dopo l'attivazione oppure la potenza della prima tecnica combinata eseguita durante l'attivazione della tecnica aumenterà di 25 invece che di 15 (o +5 tacche, o 2 categorie o 2 round di DnT). Utilizzabile una volta ogni 3 round. Non è possibile utilizzare altre abilità "Talento" in combinazione.[Da genin in su]
    La mano sinistra si allungò verso Itai, mettendogli una mano addosso. Credo sia necessario. L'incipit di quella frase non era dei migliori ma, dopotutto, stavo provando, per la prima volta, qualcosa che avevo visto soltanto fare. In realtà la avevo sperimentata anche sulla mia pelle, quindi riuscivo ad agire con un po' più di cognizione di causa. [Tecnica III][Note]Kensei ha imparato da Febh la rotazione esattamente in questo modo: continuo ad espandere la lore della tecnica in vista di prossime competenze. Una forza motrice inarrestabile si trasmise attraverso il mio corpo, il mio arto metallico ed il mio chakra el corpo di Itai, sconvolgendo il suo Tantien e iniziando a far ruotare il chakra che lui e Yogan, nel frattempo, stavano combinando. Ma non era finita: con un ulteriore sforzo, mescei alla Kaiten no Jutsu una prodigiosa dose d'Odio, il tutto amplificato dai Simbolo della Psiche che mi ero inciso sul corpo in preparazione all'incontro con Itai. La Yakusoku, libera nell'altra mano, iniziò a disegnare sigilli attraverso il suo filo nell'aere, senza che io dovessi usare entrambe le mani per comporre sigilli.
    90771cb3cce3d6d1d97562930e6701fd
    [Tecnica IV]Slot Tecnica Extra da Bonus ad Intuito.

    Kata Insanguinato
    Talento: L'utilizzatore può potenziare una ninjutsu caricata con Kata dei Ninjutsu attraverso la Yakusoku: la Ninjutsu verrà ricoperta da un sottile strato di sangue rosso acceso, avrà la potenza incrementata di 10 e sarà considerata Chiiton oltre alla sua normale tipologia. Non è possibile utilizzare altre abilità "Talento" in combinazione. Utilizzabile una volta a round.[Da chunin in su]

    Simbolo della Psiche - Seishin no Shōchō
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Disegno (5)
    Tracciando un sigillo sul corpo, l'utilizzatore può potenziare le ninjutsu o genjutsu eseguite. Una genjutsu o ninjutsu avrà un incremento di potenza o efficacia di 5 per grado ninja posseduto. Una volta sfruttato il bonus, il relativo simbolo scomparirà. È possibile tracciare un numero limitato di sigilli; i sigilli più vecchi eccedenti si disattiveranno senza effetto. È possibile attivare massimo un sigillo sulla stessa tecnica.Tipo: Fuuinjutsu - Ninpou
    Sottotipo: Potenziamento
    (Consumo: ½ Basso ogni potenza 5)
    [Simboli Massimi: 1 ogni grado]
    [Da studente in su]

    Fuuinjutsu Inarrestabili [2]
    Arte: L'utilizzatore può cumulare l'effetto due fuuinjutsu identici attivandone tre contemporaneamente; uno dei tre viene sacrificato, senza che i suoi effetti si attivino. Il bonus massimo concesso da Fuuinjutsu Inarrestabili è pari all'effetto massimo che il sigillo può concedere senza che ad esso venga applicata alcuna conoscenza. Utilizzabile una volta a round.(Consumo: pari al costo d'attivazione)
    [Da jonin in su]
    Itai e Yogan puntarono quella che, fino ad un paio di istanti prima era soltanto una macchia nera nel cielo e che, adesso, quasi pareva una cometa, intenta a raggiungere il suolo per portare via con sé tutti coloro che vi stavano al di sotto. Non riuscivo però a comprendere di cosa si trattasse: sapevo che aveva una riserva di chakra ingente ma questo non mi aiutava troppo, dati i tempi coevi. Toccai con due dita della mano che reggeva la Yakusoku l'Elmo, attivando il D-Visor al suo interno e cercando di zoommare sul bersaglio per comprenderne con cosa stavamo avendo a che fare. Era una tecnica? Una persona? Un'arma? Sfortunatamente si trattava di una donna. [Equipaggiamento] Nel frattempo, il Ryuukishi e la Dragonessa eseguirono la loro tecnica: Itai, complice il mio chakra, emise un tornado di vento e sangue, gigantesco e dalle proporzioni esagerate, che non appena entrò in contatto con la colonna di fuoco creata da Yogan, si amplificò a dismisura, iniziando a vorticare su se stesso ad una velocità assurda, dipingendo un incubo rosso cremisi che nessuno avrebbe mai potuto dimenticare facilmente. Il chakra della Stella aiutava, armonizzava e sincronizzava le tre tecniche e le tre diverse nature che ora convivevano in un'unica manifestazione di chakra contro ogni legge della natura, donandogli un'eleganza e sinuosità mai viste prima. [Potenza concessa da Kensei]

    Aumento di Potenza tecnica di Itai: 20 (Rotazione) + 10 (Ninjutsu Inarrestabili) + 40 (Incanalare l'Odio) + 10 (Kata Insanguinato) + 25 (Simbolo della Stella) + 40 (Simbolo della Psiche) = +145.

    Potenza Finale tecnica Itai: 280 + 145 = 425.
    [Note]Ho usato le versioni delle conoscenze presenti in scheda, anche se non sono quelle patchate perché ancora da confermare.
    Spoiler: con le versioni nuove superavamo il muro dei 500. <3

    Itai, forse, per via dell'emergenza e del focus richiesto dalla situazione, non si sarebbe accorto né di che tecnica avessi usato - probabilmente già vista più e più volte dal precedente Mizukage durante qualche missione accademica in compagnia dell'Amministratore Otese - né che avevo utilizzato dei Simboli della Psiche tracciati in precedenza, mostrando come fossi arrivato a quell'incontro molto più che preparato. Infatti avevo ancora qualcosa inciso addosso che avrei potuto utilizzare per l'occasione. Staccai la mano da Itai e portai la Yakusoku vicino al fianco destro, impugnata con entrambe le mani, assumendo una posizione da battaglia. Dovevamo essere sicuri che il pericolo era scampato.






    Chakra:
    Vitalità:
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 650
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note
    Combattere con Handicap Attivo.

    Assetto Gakutensoku: Nessuno.


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    Citato
    Pipistrelli
    Yakusoku

     
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    Il Ritorno del Nono


    I Mizukage in Azione



    il mio intervento sembrò essere stato vagamente di aiuto, coadiuvato da quello del Lupo che arrivò subito dopo il mio. Dopo quelle parole però mi zittii, lasciando che i due Kage riprendessero il loro discorso, e mi riavvicinai alla folla che si era accalcata. Nel mentre mi avvicinavo ripensai alle parole dell'uomo che si era fatto largo tra tutte quelle persone, l'unico che aveva risposto quando avevo cercato di portare ordine in quel constante brusio di ideologie presenti nella folla. Cosa Intendeva dire con "goditi lo spettacolo"? conosceva per caso il Nono e sapeva cosa avrebbe fatto? non sembrava per nulla essere venuto qui per attaccare il villaggio, anzi.. più il discorso stava andando avanti e più mi sembrava di capire che le sue intenzioni non erano cambiate.. Voleva proteggere il villaggio alla fin fine, proprio come volevo fare io. Più ci pensavo e meno capivo a cosa facesse riferimento ma qualcosa cambiò di li a poco: Il nono e il decimo si fermarono un attimo e la loro attenzione fu rapita da qualcos'altro in cielo. Guardai nella stessa direzione ma non riuscii a scorgere nulla.

    Stava per succedere qualcosa? Nel momento in cui vidi i due Kage iniziare a muoversi preparando qualcosa di tutta fretta capii che qualcosa non andava e, alle loro parole, mi girai verso la folla il più velocemente possibile. Trovate un Riparo! Veloci!Gli occhi rossi del mio Mondo però si concentrarono fin da subito sull'uomo che mi aveva parlato. Non me lo sarei lasciato scappare. Doveva sapere qualcosa di ciò che stava succedendo. dalle mie gambe fecero capolino dei ricevitori mentre le mie mani componevano i sigilli per poterli controllare telepaticamente. Avrei portato il chakra direttamente su di essi, in modo da farli fuoriuscire già sotto il controllo della mia tecnica. Quei quattro. ricevitori quindi si posizionarono davanti a me e Sekiro e iniziarono a roteare su se stessi, creando quelli che sarebbero sembrati degli scudi per difenderci da possibili detriti che ci sarebbero potuti arrivare contro. Tutto ciò però non servì a nulla.. Infatti nel momento in cui i due Kage conclusero le proprie tecniche, una colonna di fuoco iniziò a puntare verso il cielo, proprio verso la direzione di un punto nero in lontananza che pian piano si faceva sempre più grande. Non potevo immaginare nulla di simile e il calore sprigionato da ciò che ci stavamo trovando davanti era infernale, tanto che i ricevitori, che avrebbero dovuto servire per la nostra difesa, si sciolsero dopo pochi secondi. Sentii la pelle iniziare a surriscaldarsi proprio come se si stesse ustionando e non potei fare altro che distogliere lo sguardo da ciò che stava accadendo coprendomi il viso con il mantello scuro. Il mondo invece, anche se stava provando le stesse sensazioni, rimase immobile a controllare i movimenti dell'uomo con il bastone, in modo da controllare ogni sua possibile azione. Quando il calore si fu dissipato cercai immediatamente di agire per bloccare la persona che stavo tenendo d'occhio nel caso avesse provato a fuggire. Avrei da subito mandato il Mondo verso il tizio e avrei provato a fermarlo proprio nel punto dove si sarebbe trovato, Minacciandolo con un paio di ricevitori creati proprio in quel momento davanti al suo viso. Vediamo di non fare stupidaggini. Avrei chiesto all'uomo, restando distante e tenendo tra le mani, nascoste sotto al mantello, una bomba a specchio, pronta per essere lanciata nel caso avesse tentato la fuga dal mondo. Direi che dopo essermi goduto lo spettacolo ho un po' di domande da fare.. visto che sembravi saperne molto mi piacerebbe parlarne un po' con te.


     
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20 replies since 1/11/2021, 12:23   626 views
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