Palazzo del Mizukage

[Amministrativo]

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  1. Shiltar Kaguya
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    Falce dei Kaguya


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    Al commento sull'età legato al bere, il Kaguya piegò un sopracciglio in una smorfia sorpresa: "Bé, se prima d'iniziare a bere tu eri diverso da come sei ora, e non parlo dell'aspetto, probabilmente chiunque te lo ha detto, aveva ragione...", commentò pacato, "anche perché, nel mio caso, il mio aspetto è legato al mio essere Kaguya, non è qualcosa che ho scelto, almeno non del tutto.", concluse.

    [...]

    Shiltar non fu tanto sorpreso dalla foga con cui Konzen rispose alla sua domanda su cosa mai poteva avere di non normale per essere ritenuto "misogeno" e, come il suo momentaneo sbattere le palpebre poté far capire, la sorpresa di aver confuso "misantropo" con "misogeno" fu giusto momentanea; la cosa che lo stupì fu, per così dire, solo accesa dalle parole dell'ex foglioso, fu qualcosa che, in realtà, si era sempre chiesto e solo ora pareva prendere forma: il perché Taeko paresse sempre così poco a suo agio nel suo ufficio.
    Nella mente del Kaguya, l'idea che il suo arredo del palazzo fosse così macabro e terribile sembrava a dir poco assurdo, tanto che, mentre l'altro si riappoggiava alla sua sedia, posando il fermacarte, già la stava scacciando sorridendo dell'idea stessa.
    Comunque, quando l'altro finì di parlare, Shiltar, con estrema calma, portò le mani dinanzi a se, facendo toccare fra loro le dita, mentre si appoggiava alla propria poltrona (naturalmente dalle forme che evocavano ossa): "Prima di tutto, tu ti segni la prima volta che sei entrato qui dentro perché, per quanto forse cerchi di dimenticarlo, dormi ancora qui dentro, nel palazzo... siccome i mobili sono ovunque molto simili è difficile che tu non ti ricordino la mia stanza.
    Non è stato chissà quale trauma, direi."
    , affermò con calma.

    "Relativamente a questi", continuò, mentre con le mani indicava i mobili tutti, dalla scrivania a forma d'ossa agli armadi e poltrone e quanto altro, "tu non hai mai visto la vecchia area dove abitavano un tempo i Kaguya, immagino? Lì è tutto in questo modo, persino alcuni palazzi hanno tetti e pareti esterne che evocano delle fantasie d'ossa.
    E non dirmi che, dove abitavi prima..."
    , e su quelle parole fece una breve pausa per ticchettare vicino all'occhio destro, chiara indicazione di chi fosse prima Konzen, "non avevate tutto di bianco, o pieno di qualche orrida fantasia d'occhi, o chissà quale sorta di feticismo di clan.", osservò ancora; ok, erano supposizioni, ma dal punto di vista di uno dei pochi Kaguya sopravvissuti, per non dire forse l'unico presente a Kiri in quel periodo (almeno fino al ritorno di Giants), mantenere un saldo legame con le proprie origini accettandone le abitudini non era poi così terribile, tanto più se avevano un gusto così originale, dal suo punto di vista.

    "E, giusto per la cronaca: quando vado in missione, o non sto qui dentro, non vesto da Mizukage, come dici tu, semplicemente ho degli abiti fra loro molto simili e funzionali, specie per le missioni; il mio non è un look da tenebroso, semplicemente le accozzaglie di colori non mi piacciono.", spiegò e, in effetti, dal punto di vista di Shiltar, usare troppi colori per vestirsi, era un pò come portare in giro il copricapo del Mizukage, un ottimo modo per diventare un bersaglio, tanto più che abiti di molti colori o complessi sarebbero stati più costosi da risistemare, considerando come, in ogni missione in cui il Kaguya usava la propria abilità innata, era più che certo che gli abiti si sarebbero rovinati (ma, d'altronde, quando si fanno uscire armi ossee dalla pelle è facile strappare i vestiti nel compiere tale azione).

    In ogni caso, dopo quella frase, il Mizukage parve rendersi conto di dove il discorso fosse andato e, inaspettatamente persino per lui, sorrise, divertito visibilmente da come Konzen s'era inalberato e da come lui stesso gli aveva risposto e forse questo rese il suo ultimo commento su l'argomento un pò meno credibile, il sorriso che aveva in volto: "In più, la mia non è misantropia, è cautela."

    [...]

    Alla prima replica di Konzen alla sua domanda, Shiltar si poggiò leggermente meglio alla propria poltrona, accennando un mezzo sorriso di rimando, più che altro curioso di sentire cosa quello avesse potuto avere da dire.
    Sull'accenno di volerlo decapitare, il Kaguya inarcò leggermente le sopracciglia, più che altro per cercare di ricordare l'avvenimento nello specifico, prima di mutare lo sguardo in una nota di evidente offesa, nell'essere paragonato a Mataza, seppur solo per qualche breve istante.
    Dopo quella piccola nota storica, comunque, Konzen spostò il discorso più sul presente, mentre il Mizukage restava abbastanza pacato ad ascoltarlo, giusto una nota di disappunto quando nuovamente toccò il suo gusto per il mobilio, ma tralasciò di sottolinearlo, volendo piuttosto ascoltare dove il neo jonin andava a parare.
    E Shiltar si trovò sorpreso, stavolta in positivo, nel notare quasi una deviata forma di complimento in quelle parole, che finivano con una domanda a cui il Kaguya prima di tutto rispose con un mezzo sorriso, quasi triste, ma di certo non sarcastico: "Non penso di essere il più adatto a dirti qualcosa su di me, nessuno è mai pienamente corretto nel giudicarsi, credo.
    Se dò valore alle persone? Bé, sarò anche un capo militare, ma prima di quello sono quello che è al capo del villaggio, se non dessi valore alle persone che lo abitano, farei veramente male il mio lavoro.
    Aggiungi, poi, che sono anche un ninja medico, seppur ormai di rado tendo ad usare quelle specifiche abilità e immagino capirai anche tu che, un certo valore alla vita, lo dò.
    Certo, ho fatto anch'io i miei errori, talune volte ho sbagliato le mie valutazioni, ma chi non fa degli errori?"
    , concluse con una certa nota di dispiacere nella voce, sul finale, mentre ripensava alla causa scatenante dell'attuale situazione con Oto.

    "Collima con la tua idea di me più di quanto non lo facesse l'età che, probabilmente, m'avevi affibiato?", aggiunse poi, con voce calma, ritornando alla sua tonalità di prima ed ad un sorriso compiaciuto per dove stava parando il discorso.
     
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