Palazzo del Mizukage

[Amministrativo]

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  1. Kalastor
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    Un Nuovo Inizio.
    Scambio di Ruoli.



    Probabilmente chiunque te lo ha detto, aveva ragione.. - Sguardo ridotto ad una fessura, puro odio. - ..anche perché, nel mio caso, il mio aspetto è legato al mio essere Kaguya.. - Konzen si prese la libertà d'interpretare quelle parole come 'All'essere un mostro' - non è qualcosa che ho scelto, almeno non del tutto. - Si limitò a liberare lo sguardo, per poi inarcare un sopracciglio. - Credimi, dimostrare cinquant'anni quando ne hai venticinque.. - Leggermente schifato. - ..è un deliberato atto di trascuratezza. - Scosse la testa con le palpebre abbassate, evidentemente rammaricato. - Ahh Shiltar, hai seriamente bisogno di un consulente d'immagine.. - Ora annuiva. - ..devi rinnovarti! Soprattutto ora che.. - Riaprì gli occhi di scatto, animati da un lampo sornione. - ..hai la ragazza.

    [...]

    E non dirmi che, dove abitavi prima.. - Il rimando a Konoha lo scosse impercettibilmente, ricordandogli uno dei motivi per cui era andato a trovare Shiltar. - ..non avevate tutto di bianco, o pieno di qualche orrida fantasia d'occhi.. - A questa frase mostrò la stessa peculiare espressione creata in occasione dell'incomprensione misogina, storcendo ancora di più le labbra. - ..o chissà quale sorta di feticismo di clan. - A quel punto si chiese seriamente quale fosse la visione del Mondo maturata nel tempo dal suo interlocutore, finendo per temere la risposta. - Ehm.. no? - Tenne le labbra rigide nell'atto di pronunciare la 'o' per qualche secondo, per poi tornare composto. - Shiltar ma che diavolo..? - Tese il volto a mostrarsi quanto più perplesso possibile. - Cioè quindi uno Shinretsu dovrebbe vivere in un.. igloo? - Sbuffò, ridacchiando alla sua stessa battuta. - E non voglio pensare a che fantasia dovrebbe ispirarsi un Akimichi.. - Si morse un labbro per riuscire a non scoppiare a ridere prima d'aver finito la frase. - ..soprattutto se le dimensioni contano.


    Ebbe successo solo a metà, e verso il termine dell'ultima parola scoppiò in una fragorosa risata, sgraziata come poche. Rideva di gusto, prendendo fiato a pieni polmoni senza il minimo ritegno. Nel mostrare i denti candidi e la lingua protesa in avanti tese tanto i muscoli del viso da costringersi a lacrimare, con le braccia avvinghiate attorno alla vita. Si piegò, boccheggiando per riprendere fiato, e per diversi secondi non smise d'ansimare. Al che fu però fulminato da un pensiero alquanto sgradevole, finendo per annullare quel moto d'ilarità, tornando composto con solo quale mezza risata a ricordarli di aver appena rischiato di morire. Effettivamente non aveva trascorso troppo tempo nel quartiere Hyuga di Konoha. Diciamolo, non era tipo da trascorrere troppo tempo nello stesso luogo, e per quanto membro della Casata Principale non aveva mai avuto a genio del tradizioni del suo Clan, preferendo di gran lungo trascorrere la maggior parte del suo tempo nelle zone comuni. Per quanto ne sapeva, Shiltar poteva persino avere ragione. Anche se l'idea di una casa colma d'occhi a fissarti dietro ogni angolo lo spaventava quasi più dell'ossuta realtà nella quale viveva. Prese un lungo respiro, cercando di scacciare quel pensiero.

    Semplicemente ho degli abiti fra loro molto simili e funzionali, specie per le missioni. - Diversi cenni d'assenso con sguardo serio ma accomodante. - Il mio non è un look da tenebroso.. - Scosse la testa con vigore, e la stessa espressione. - ..semplicemente le accozzaglie di colori non mi piacciono. - Quell'affermazione invece lo punse un poco, incrinando il suo atteggiamento saccente. - Hei hei, fermo un attimo! - Gli puntò contro il dito con aria minacciosa. - Mr Assassino Seriale dai Vestiti Uguali e Pratici, questo.. - Andò a definire sé stesso con vari movimenti circolari della mano. - ..è un look altamente perfezionato ed è bellissimo. - Mostro inconsciamente i denti, neanche stesse ringhiando. - E se non altro non mi fa sembrare un morto che cammina. - Sbuffò direttamente dal naso, tanto per sembrare meno ferale. - Facciamo che ti imbastisco un vestito per la prossima volta che ci vediamo, vah.. - Espressione più seria del normale. - ..se devo accompagnarmi a te non vorrei mai sembrare tuo figlio.


    Va bene, sorrideva sotto i baffi. Certo non condivideva la passione del suo interlocutore per i completi resi celebri dalla cronaca nera, ma proprio la differenza fra loro non mancava mai di farlo divertire. Anche a perderci la vita non si poteva trovare un'accoppiata peggio assortita della loro. Anche a perderci la vita non si poteva trovare un'accoppiata peggio assortita della loro. Lui scapestrato istrione apolita anarchico dai capelli blu, l'altro composto misantropo tradizionalista burocrate albino. Ma neanche a farlo a posta, proprio questo stridente contrasto garantiva ad entrambi un futuro di demenziale collaborazione. Purtroppo e per fortuna, gli uomini con una forte personalità tendono a respingere i propri simili, mentre cercano nel diametralmente opposto quanto manca a renderli completi. Probabilmente loro non erano ancora giunti a quel punto, ma certamente erano sulla buona strada. Si mantenne composto, ma dentro fremeva per la soddisfazione.

    La mia non è misantropia, è cautela. - Alzò gli occhi al cielo in maniera molto teatrale. - Ma sentilo! - Ridacchiò, perfettamente consapevole di essere finalmente riuscito a strappargli un sorriso genuino senza infiltrazioni sadiche. - Shiltar! Evitare di dare la combinazione della cassaforte alla donna delle pulizie è cautela. - Sottolineò l'ultima parola. - Mostrarsi gli altri come un kami della morte è pura e semplice misantropia! - Spalancò le braccia. - E non negarlo! Fai così perchè è più facile.. - Accenno di dubbio nella voce. - ..e perchè ti piace?.. - Scosse il capo, a scacciare quel pensiero sgradevole. - Comunque, permettimi di farti una semplice domanda.. - Sollevò un solo sopracciglio, mostrando così una certa crudele consapevolezza. - ..cosa fai per divertirti? A parte mangiare le persone, intendo.

    [...]


    Senza ombra di dubbio quella sul Kaguya era stata una buona scommessa. Tante erano le differenze a separarli, ma oltre la superficie radici profonde li univano. In fondo, non contava altro. Quando si ha la certezza di potersi mettere schiena contro schiena con un uomo del quale si condividono i valori, la guerra è già vinta. Konzen l'aveva imparato a sue spese, ma ne aveva anche fatto il suo tesoro più grande. Nella vita, contano solo le persone. Paesi e Villaggi sono parole, mentre coloro i quali scendono assieme a te sul campo di battaglia finiscono per trasformarsi nella tua realtà. Tutto il resto perde importanza. Se ci potesse essere un esercito dove ogni soldato guarda all'altro come ad un fratello, in guerra anche se in pochi, si può dire che vincerebbero il Mondo intero. Ognuno di essi sarebbe spinto al meglio dalla presenza della persona cara, e questo basterebbe a vincere ogni paura ed ogni indecisione. Aveva iniziato cinque anni prima un viaggio del quale non conosceva la meta, e solo allora cominciava ad intuire lo scopo del suo vagabondare. Sollevò un poco le labbra, in un gesto vago per poi piegare la testa di lato, socchiudendo gli occhi.

    Collima con la tua idea di me più di quanto non lo facesse l'età.. - Risatina appena accennata. - ..che probabilmente m'avevi affibbiato? - Annuì lievemente. - Mhh, direi di sì. Ma scoperto di avere quasi la tua stessa età.. - Di nuovo quell'aria da chi sa più di quanto vuole dire. - ..poco altro può davvero sorprendermi! - Rise di nuovo, questa volta in modo più pieno. - Cominci a capire ora? - Apparentemente mancava il riferimento. - Quella volta a Genosha ti dissi che avevo l'insana capacità.. - Bastò quell'accenno a riportarlo al luogo ad momento del dialogo. - ..di trovare amici nei nemici più spietati. - Era strano, ma non provava affatto dolore. - Beh, tutto sommato credo di esserci riuscito di nuovo. - Non fu una di quelle blande espressioni al sapore di vedo e non vedo, ma un vero e proprio sorriso a trentadue denti, di un candore disarmante. - Beh, non siamo ancora arrivati al punto dei caldi abbracci o delle pacche sulle spalle.. - Rise, senza secondi fini, per il solo piacere di farlo. - ..però abbiamo decisamente fatto un passo avanti! - Spostò le braccia all'esterno, ma non di troppo, e sollevati i palmi al cielo annuì convinto. - Ancora non ti posso dire tutto, ma quando sarà credo perderai anche quanto rimane dell'immagine da bastardo interessato solo al proprio tornaconto che t'eri fatto di me. - Decise di osare. - Sempre che tu non l'abbia già fatto, ovviamente.

    [...]


    Voleva essere una visita del tutto disinteressata, ma nella situazione in cui si trovava ben poche occasioni poteva realmente dirle lontane dalla sua missione. Un anno si porta dietro non solo i giorni ed i mesi, ma anche tutto l'intricato insieme delle esperienze, lasciando invece indietro quanto è rimasto in sospeso. Come Shiltar stesso aveva osservato, ogni azione comporta delle reazioni, e con esse tutto il carico di doveri e necessità. Per Konzen questi erano rappresentati dai suoi fallimenti passati. Dalle persone che si era lasciato indietro. Quando si trovava nella prigione di Grimdad, dal fratello aveva appreso della dura legge del loro Mondo. Di come inevitabilmente il singolo venisse sacrificato al successo della causa, seppur con la sofferenza nel cuore. Proprio contro questo aveva deciso di combattere. Sulle mappe non si riescono a vedere le persone, ma ognuna di esse ha una storia da raccontare, ed un'intera vita da vivere. Per questo lui non era in grado di dimenticare. E di uccidere. Ognuno degli uomini e delle donne che non era stato capace di proteggere camminava con lui lungo una Strada costruita sulle catene. Guardandosi indietro, sapeva esattamente cosa fare, e per la prima volta aveva gli strumenti necessari per avere successo.

    Fra pochi secondi cercherai di uccidermi. - Non dava l'idea di scherzare. - Per cui se permetti mi alzerei. - Ed infatti si alzò, rimanendo però di fronte al Mizukage. - Sto per farti delle richieste difficili da esaudire, per buona parte delle quali non posso darti spiegazione. - Lo guardava negli occhi senza nessuna incertezza. - Vorrei farlo, credimi. - La sua voce seppur serena aveva perso il timbro frizzante di poco prima, cedendo ad una serietà grave. - Ma non è ancora tempo, e come garanzie posso darti solo la mia parola e la promessa che prima di quanto credi saprai tutto. - Se anche stava mentendo, nulla della sua espressione lo dava a vedere. - Devo partire, ma per farlo ho bisogno non solo del tuo permesso, ma anche del tuo aiuto. - Portò le braccia ad incrociarsi sul petto. - Io sono nato a Konoha, questo lo sai. - Prese un respiro prima di parlare. - Ma ciò che forse non sai è che lì ho seppellito mia moglie e mia figlia. - Solo un fremito, niente di più. - E' successo tanto tempo fa, non preoccuparti. - Per il resto era fermo ed impassibile. - Sono trascorsi cinque anni dalla mia rocambolesca fuga, e da allora non ho mai potuto fare ritorno. - Per quanto solido, in quel momento apparve in quella parte vulnerabile di solito tenuta nascosta dalla sua aria scanzonata. - Permettimi di rendere omaggio alle tombe della mia famiglia, ti prego. - Era certo una supplica ma del tutto priva di qualunque aspetto patetico. - Non posso tornare come Konzen, o rischio di farmi scoprire, e nemmeno come Houyoku per la stessa ragione. Se tu mi concedessi un visto diplomatico in occasione dell'elezione ad Hokage di Shika Nara non correrei alcun pericolo. - Shiltar poteva cogliere in quelle parole una sincerità a lui già nota. - Credimi, sarei capace di tutto, ma non mancherei mai di rispetto alla donna che ho amato ed alla nostra bambina. - Quanto sino a quel momento era stato soffocato da una coltre di spacconeria cominciava lentamente ad emergere. - Un uomo dovrebbe avere il diritto di piangere i suoi morti. - Un altro fremito, poi più nulla, ed anche quello spiraglio di vulnerabilità si chiuse. - Cosa mi rispondi?


    Una fitta gli tormentava il cuore da quando aveva cominciato a parlare. Gli anni di latitanza l'avevano costretto a confrontarsi talmente tante volte con le minacce peggiori dal reprimere il suo profondo desiderio di urlare. Spesso in passato aveva contemplato la possibilità di uccidersi, e tante erano state le occasioni in cui la sua anima aveva desiderato di fare a pezzi qualunque cosa. Ma la fuga ti pone di fronte a dinamiche spietate, e le rivelazioni sulla ragione di quelle morti non avevano fatto che rincarare la dose. Oppure semplicemente si era costretto a non pensarci. Perdere Iris aveva seriamente rischiato di minare la sua sanità mentale, ma quanto aveva patito in gioventù non era oggetto di paragone. Le aveva tenute entrambe fra le braccia, cullando ogni loro respiro, sino a quando anche l'ultimo le aveva abbandonate, lasciandolo accanto a due corpi privi di vita. Avrebbe dovuto provare odio. Per sè stesso, per la vita, per il Mondo e le sue regole. Ma non era stato così. Il dolore era divenuto forza e le lacrime le spade con le quali avrebbe rimesso tutto a posto. Ora però, quel dolore stava per tornare. E con esso il bisogno di rivederle.

    La missione a Grimdad è stata un fallimento. - Era passato da un discorso all'altro senza particolare difficoltà. - Io sono stato ferito ed ho quasi perso la vita, Arima è morto, Sayaka è scomparsa e da quanto so Shinken è fuggito. - Distolse lo sguardo, abbandonandosi ai ricordi. - Il nostro obbiettivo era quello di recuperare una ragazzina, rapita dagli abitanti di un'isola prigione. - C'era una decisa amarezza nella sua voce. - Un esperimento genetico, creato per sconfiggere i nemici delle Amazzoni Bianche. - Che si tinse di un accenno di rabbia. - Voglio andare a prenderla. - Tornò a guardalo. - Non ho nessuna intenzione di lasciare una ragazzina indifesa nelle mani di assassini spietati. - Se anche prima vi era stata l'ombra scura del dolore, ora i sui occhi ardevano. - Se me lo permetterai, andrò da solo e la salverò, facendo a pezzi chi so io. - L'immagine del dottore gli attraversò la mente per un fuggevole momento. - L'unica cosa che ti chiedo e di coprire una volta di più la mia identità. - Si poteva dire molto di Konzen, ma non che mancasse di determinazione. - Prendi accordi con il loro Villaggio ed inviami sotto falso nome, per favore. Ne Konzen ne Houyoku devono mettere piede a Grimdad, ufficialmente. - Poggiò le mani sul bordo del tavolo. - Questa volta non ne va solo della mia vita, ma anche di una innocente.


    Nessuno verrà lasciato indietro. Queste parole risuonavano nella mente del Ninja ormai da qualche minuto. Una sorta di mantra, una lezione da ripetere per poterla interiorizzare. Nessuno verrà lasciato indietro. Non avrebbe più pianto la scomparsa dei suoi cari, piuttosto sarebbe morto nel tentativo di salvarli. Era un Jonin di Kiri e le cose dovevano cambiare. Era tempo di agire, non più di reagire, ed il salvataggio della Verde Speranza non sarebbe stato che la sua prima impresa. Nessuno verrà lasciato indietro. Nessuno verrà ucciso. Poco a poco qualcosa cominciava a prendere corpo. Una sorta di giuramento, ma che assomigliava più ad una Strada da seguire. Ancora una volta, seppur senza un reale motivo, si trovò a ringraziare il Mizukage. Era anche grazie a lui se aveva acquisito la consapevolezza necessaria a dichiarare guerra ad una realtà di merda, per distruggerla e ricostruirla migliore.

    Ora viene la parte difficile. - Sospirò per la frustrazione. - Conclusa la missione a Grimdad, dovrò lasciare il villaggio per un mese, o forse di più. - Sorriso amaro. - Non ti libererai di me, sta tranquillo. - Purtroppo non era più molto in vena di scherzare. - Ma come ti dicevo, non posso rivelarti la meta, come anche la ragione, di questo viaggio. - I suoi occhi erano sempre legati a quelli di Shiltar. - Però! - Sollevò l'indice destro all'altezza del naso. - Quando sarò tornato, ti dirò tutto. - Abbassò la mano. - Non soltanto per la fiducia concessa fin'ora. - Sorriso a labbra strette. - Ma soprattutto perchè avrò bisogno di te. - Per certi versi quella frase poteva suonare minacciosa. - Shiltar, ora la mia patria è Kiri, e se anche solo in parte hai capito chi sono realmente, sai che non la tradirò. - Tese il braccio verso un'ipotetica finestra. - Ma la fuori ho degli affari da sistemare, prima di poter agire. - Riportò i palmi sul bordo della scrivania. - Ultima volta, poi tutto avrà un senso.


     
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