~ Una Missione di Routine

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  1. Kalastor
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    Una Missione di Ruotine.
    Prologo.



    Accademia; Luogo Sconosciuto - 'Disperso in missione'. La cadenza con la quale queste parole si ripetevano vantava una sorprendente regolarità. Per poi interrompersi con una leggera variazione sul tema. 'Morto'. Kuroshi Senju, l'unico Ninja che aveva fatto ritorno dal Villaggio di Chou, si era infatti tolto la vita quella stessa mattina. Era riuscito a strappare le cinghie di contenzione che ormai da una settimana lo tenevano confinato nel suo letto d'ospedale. Aveva poi scelto un modo insolito per andarsene, ed i solchi sul muro lasciati dal suo cranio testimoniavano una notevole determinazione. Sul muro, due uniche parole scritte col sangue a formare un sinistro quanto ambiguo testamento. 'Vita, Morte'. Con lui, anche l'ultima speranza di far luce sugli eventi di quella maledetta Missione si era infine spenta. Non restava che una soluzione, ed era di gran lunga la peggiore di tutte. Sino a quel momento era stato mantenuto il massimo riserbo, cercando in ogni modo di tenere l'intera vicenda sotto un velo di segretezza. I motivi erano molti, e spesso distanti dalla semplice volontà di nascondere uno dei più clamorosi fallimenti strategici degli ultimi vent'anni. Era fondamentale contenerne l'effetto mediatico, evitare di diffondere il panico. Eventi del genere segnalavano anzi tutto la presenza di una forza oscura e potente, dietro la quale poteva celarsi ogni tipo di minaccia, mA i cui contorni sembravano presagire qualcosa a paragone del quale la presenza sempre maggiore dei Nukenin poteva considerarsi un pericolo secondario. Sotto gli occhi attenti di Hitori Iga scorrevano decine e decine di nomi. Cinque anni prima era entrato a far parte dell'Unità di Crisi dell'Accademia - un gruppo di Ninja esperti nel gestire le situazioni in cui vi era un potenziale rischio per la stabilità del Continente - e nel giro di due ne era stato messo a capo. A lui il compito di scoprire cosa si celasse dietro la scomparsa apparentemente inspiegabile di sette Ninja. A lui il compito di scegliere i membri del Gruppo d'Assalto che di lì a poco sarebbe stato inviato a completare la Missione. A loro il compito di riportare a casa i superstiti.

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    Villaggi Ninja; Residenze dei Protagonisti - Questa volta non vennero impiegati falchi. Questa volta era diverso. Non si trattava della solita squallida chiamata per un lavoro di merda. No, questa volta era tutta un'altra storia. Vennero a trovarli dei Ninja dall'aspetto anonimo, in abiti civili ma con al seguito credenziali di tutto rispetto. Arrivarono la notte, o il mattino presto, o quando i protagonisti erano soli. Parlavano poco, neanche avessero imparato a memoria le poche informazioni che erano autorizzati a fornire. Per quanto tutto sembrasse svolgersi all'insegna del basso profilo, non era difficile capire come la questione vertesse attorno a qualcosa di veramente ma veramente grande. Non si organizza una recita del genere per andare in aiuto di un villaggio da quattro soldi in un paese dimenticato da Dio. No, l'Accademia non fa questo genere di cose. La convocazione parlava chiaro. Se accettata, garantiva agli Shinobi un permesso per uscire dal territorio Accademico ed una somma di denaro più che sufficiente a farlo senza problemi. Anche in quanto ad equipaggiamento era data assoluta libertà d'iniziativa, facendo però un particolare accenno su come fosse necessario prepararsi al meglio delle proprie capacità. Insomma, sembrava davvero non fosse stato lasciato nulla al caso. Quanto mancara era però anche il più vago accenno al motivo di quella chiamata. Nessun accenno allo scopo della Missione, nessuno accenno ai mandanti della stessa. Soltanto due informazioni certe erano state fornite ai Ninja. Massima priorità, Coordinata B11 della Grande Mappa del Continente. Il resto era affidato alla loro immaginazione.

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    Paese della Terra; Villaggio Kyorou - Pioveva. Ad essere sinceri. Non aveva mai smesso. La regione sembrava voler offrire ai Ninja una cornice dal vetro opaco, con la quale immergersi nella sua foresta. Era un luogo di per sé surreale. Un territorio di confine, fra le ultime propaggini del deserto e l'inizio di una zona ad alta vegetazione. Un taglio netto a due realtà diametralmente opposte. Faceva freddo. Quel genere di freddo capace di scivolare oltre le stoffe più pesanti, colpendo duro, direttamente alle ossa. Lo scroscio del maltempo rendeva tutto ovattato. I suoi del Mondo erano soffocati dal quell'incessante brusio. Le indicazioni facevano accenno ad un piccolo Villaggio, abitato da poche anime. Taglialegna, per lo più. Un'icona ormai sbiadita di un tempo sempre più lontano. Non v'era però fatta menzione di quanto fosse complesso raggiungerlo. La terra era ormai ridotta ad una miscela di sassi e fango, rendendo incredibilmente faticosi gli spostamenti, mentre il cielo coperto impediva di orientarsi con facilità. Tutta colpa della maledetta pioggia. Al loro arrivo, poche case, difese da una palizzata talmente malferma da non garantire difesa nemmeno contro una vacca. . Non c'erano guardie, ed i pochi abitanti sembravano aver cercato rifugio in casa da quel clima infame. L'unica locanda, grande quanto o poco più di un'aula dell'Accademia, era stata adibita a quartiere generale per i Ninja mandati a creare la testa di ponte fra quelle territorio e l'ultimo avamposto Accademico nel Paese del Vento. A confermarlo, la presenza di due Shinobi in mantellina impermeabili, seduti su alcune casse di fronte all'ingresso. Gente ben piazzata, dall'aspetto di chi ha veramente poca voglia di essere dove si trova, quando invece freme dal desiderio di scaricare il malcontento su qualcuno. Chiedevano l'identità, e senza troppe cerimonie li facevano entrare. L'unica grande sala dell'edificio era stata riempita di tavoli e provvigioni, con annesso il meglio della tecnologia accademica in fatto di comunicazioni. Ossia una radio. C'erano quattro persone all'interno. Una armeggiava attorno a quello che sembrava un computer compatto ed indossa un paio di cuffie voluminose, due invece analizzavano una mappa stesa su un tavolo mentre l'ultimo stava preparando del caffè. Si mostravano molto poco inclini al dialogo, dicendo semplicemente di attendere il Capo Gruppo, fuori con altri due per un giro di ricognizione. Ancora una volta, tutto avvolto nel più fitto mistero.


    Edited by Cougar™ - 15/4/2011, 14:37
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Kyorou, bel paese del cazzo
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    Trovarmi da solo, a meno di non trovarmi quando ero lontano da casa, era praticamente impossibile. Ayame aveva partorito da nemmeno un mese, le bambine avevano preso tutta l’irrequietezza del padre e quindi, entrambi, eravamo stressati e praticamente incollati a casa.
    Si godeva un pacifico silenzio, prima che un ninja anonimo, dalla faccia anonima, il nome anonimo e le vesti anonime (così anonimo insomma che non ne ricordavo nemmeno il nome), venne a bussare dietro casa mia. Io, semplicemente, dormicchiavo sul divano. Il camera da letto Ayame, sfinita, dormiva insieme alle due gemelle.
    A volte mi chiedevo se avesse fatto bene a mettersi con me, a farsi mettere incinta e a sposarmi. Era colpa dei miei geni se di bambine in una volta ne erano uscite due anziché una.
    L’uomo bussò con maggior vigore. Mugolai con dissenso e mi rigirai sul divano, finendo con uno schianto lungo disteso sul pavimento. Imprecai a bassa voce e il volume di quelle bussate aumentò. Una vocetta acuta venne dalla stanza da letto, risvegliando l’altra al suo fianco.
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    Basta. Quelle due devono dormire separate, pensai sbuffando, avvicinandomi alla porta. Aprii e mi trovai un tizio che non avevo mai visto davanti. Io aveva in faccia la stanchezza e come sottofondo c’erano i pianti delle bambine.

    « Desidera? »

    Domandai in tono leggermente impaziente, Ayame si sarebbe svegliata, probabilmente, oppure la sua stanchezza era tale da lasciarla dormire persino durante il fuoco incrociato dei pianti di Jukyu e Nanastyua?

    « Ho una missione, ordine Accademico. Viene dall’unità di crisi. »

    La mia curiosità si accese a quelle parole, tuttavia ebbi una piccola esitazione. Lasciare Ayame, lì, da sola, per chissà quanti giorni era un’idea che mi garbava veramente poco. Il messo di fornte a me – che non aveva chiesto nemmeno di entrare tanto sembrava avere fretta – parve notarlo.

    « La sua situazione famigliare non le esenterà questa missione Itai-san. L’ordine è della massima priorità. »
    « Chiaro. Allora mi spieghi che cosa devo fare. Prima lo farò e prima potrò tornare qui.»

    Alla faccia del congedo per paternità, pensai.



    Con l’angoscia nel cuore e le gambe in spalla, dopo aver lasciato la nave che mi aveva portato da Kiri sulle coste centrali del paese del Tè, iniziai a correre spedito verso la mia meta, la regione codificata come settore B11.
    Iniziai a correre, correre veloce, e probabilmente a chi passavo di fianco sembravo solamente una folata di vento. Non disegnavo di usare chakra per andare ancora più veloce e ogni tanto mi fermavo per recuperarlo grazie all’infinita scorta di Kaku.
    Di questo passo ci sarebbe voluto un giorno di viaggio abbastanza faticoso per giungere a destinazione.
    Le piogge torrenziali che sembravano non avere mai fine iniziarono circa tre ore prime del mio arrivo. Per qualche istante pensai di aver sbagliato strada e di essermi diretto ad Ame. Tuttavia non poteva essere così: mi sapevo rientare abbastanza bene da non confondere le strade in maniera così idiota. Evidentemente quel villaggio era allo stesso modo funestato dalla pioggia, proprio come Ame.
    Ed era una cosa molto, molto noiosa. Non me ne preoccupai e corsi sempre dritto, verso la cittadina che ora s’intravedeva in lontananza.
    Rallentai solamente quando varcai il cancello. Kyorou, bel paese del cazzo.
    Tutto era bagnato. Tutto era fangoso. Tutto era gelido. Avevo patito appena la sete nell’attraversare il deserto, lì l’acqua mid ava la nausea. Se non fosse stato per quella sottile patina di chakra che avevo creato da ore ormai per evitare che l’acqua scivolasse anche all’interno delle mutande, adesso il mio nemico più grande sarebbe stato il clima gelido e bagnato di quel posto.
    Cercai e trovai senza difficoltà l’unica locanda del paese, ovvero il posto adibito a base. Due gorilla all’ingresso sbarravano la strada. mi avvicinai e mi fermai dinanzi a loro.

    « Non si può entrare qui. Identificarsi. »
    « Itai Nara, Jonin di Kiri. »

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    I due uomini mi scrutarono per un momento. Poi, senza dire inutili parole. Si scostarono abbastanza da farmi passare.
    Dentro sembrava così silenzioso rispetto all’esterno. Il ticchettio della pioggia, quando cadeva sulle finestre e sui muri, era rilassante e dava una sensazione di piacevole riparo.
    Alcuni uomini studiavano una mappa, un altro smanettava con un computer.
    Avevano notato il mio arrivo?

    « Salve. »

    Dissi tagliando corto, aspettando che qualcuno venisse per dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
    Avevo ancora il cuore pesante per aver lasciato Ayame da sola con due neonate, anche se a pensarci bene, qualcuno doveva pur lavorare in casa.

     
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  3. ¬Chris
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    Seduto sulla sedia gustavo lo scotch, in un bicchiere largo e pesante, il ghiaccio raffreddava il liquore, sul vetro il riflesso delle luci della stanza. Tre piccole candele sul tavolo, molte altre disseminate per casa, lo sguardo si perdeva oltre alla grande vetrata, il mare, si muoveva illuminato dalla luna - piena- tra gli scogli la schiuma si infrangeva, ostinata. Da poco finito il corso chunin, con la promozione, lo sguardo corruciato non aveva limiti agli occhi - verde scuro- si chiusero dopo aver bevuto l'ultimo goccio ed esser stato accolto tra le braccia del sonno.
    Da buon Kiriano, sono stato sempre soggetto a smodati attacchi di pigrizia, durante i quali facevo languidi vagabondaggi entro i confini della mia staza, sognavo di essere la figura solitaria e romantica nella tempestosa litografia di Alexander Calame, comprata per pochi Ryo da un rigatiere. Guardavo con un brivido d'emozione la vecchia spada arruginita sopra il caminetto, che da ragazzo avevo trovato tra le rovine di un antico monastero. Splendido e incongruo era l'enorme pianoforte a coda nella luce moribonda della luna, era un sollievo sapere che dentro di lui dormivano Bellini, Mozart, Gluck e io non potevo svegliarli... Perché non so suonare.
    Il campanello, alla porta, suonò come un agente estraneo, dal mondo che mi ero creato,
    appoggiai il bicchiere sul pianoforte, quindi socchiusi gli occhi. Nessuno aveva motivo di cercarmi, era da sette giorni che non uscivo di casa, odiavo il mondo esterno, anche perché il mondo esterno, per me, era le semplici missioni.
    L'uomo si presentò come fautore del volere dell'Accademia, prima guardai le loro credenziali, infine li feci entrare, gli proposi di berci sopra, ma loro si rifiutarono dicendo che erano ini missione e di conseguenza non potevano bere. Feci le spallucce con indifferenza e mi bevvi un secondo bicchiere mentre con stupore, mi spiegarono la situazione.

    « Basta così. Accetto la missione, ma ora beviamoci sù. »

    Uscirono senza nemmeno salutare, bevvi io per loro.
    Quindi sfruttai il passaggio di una nave mercantile per spostarmi nel continente, il continente mi accolse con una calda folata di vento, gli occhi erano cerchiati da delle profonde occhiaie, lo sguardo perennemente stanco.
    Sistemai le cinghiette dello zaino, e infine presi a correre lungo le strade, cercando la mia meta B11, corsi per qualche ora poi mi diedi cinque minuti di pausa, che dedicai ad ammirare la bellezza del posto. La notte la passai all'addiaccio, in compagnia di una luna morente.
    Ripresi la mia corsa all'alba, colorava di rosa il mondo, era affascinante. Il fango precedette di poco la pioggia torrenziale, mi fermai - imprecando- sotto ad un albero e mi misi una mantellina impermeabile - scura- giunsi al villaggio, le mura facevano molto ridere, le osservai con quasi disgusto.
    Non sapevo che ci fossero ninja di Kiri, non ne ero stato informato, quindi per me fu una sorpresa quando all'interno della casa viddi Itai Nara, stupito alquanto mi ci avvicinai, solo dopo aver fatto un inchino ai ninja presenti nella stanza.


    « È stato richiamato anche lei senpai, vedo. »



     
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  4. Shinrai Hakushi
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    Un piede sul tavolino. L'altro accavallato sopra quest'ultimo. Nessuno, e ripeto nessuno, avrebbe mai pensato che sarei stato scomodato dal mio adorato riposino pomeridiano! Quando udii bussare, spalancai gli occhi furioso. Non perché di mia indole fossi così socialmente disadattato, ma perché la mia giornata era stata un susseguirsi di stress e fallimenti. Tanto per la cronaca l'avevo praticamente trascorsa tutta dentro quel buco di laboratorio, fermo ad un tavolino per ore ed ore ad analizzare provette, sangue e linfociti T senza ottenere un risultato che si avvicinasse lontanamente alla definizione di "decente". In più, nel mio unico momento di pausa, ero stato disturbato, anche se avevo chiaramente espresso di non voler vedere nessuno, da una persona tanto anonima quanto fastidiosamente laconica. Quando mi si parò davanti, colto dalla rabbia, mi balenò per la testa di impalarlo al muro senza nemmeno sentire cosa voleva, ma sopportai silenziosamente, dovendomi ricordare ancora una volta la carica che occupavo. Così, mordendomi un labbro, sorrisi cordialmente.

    « Lei sarebbe?»

    Nemmeno fossero giunti per consegnare una lettera di decesso.
    Non dissero altro che poche parole, senza mostrare interesse per le domande che successivamente gli feci. Diamine! L'Accademia, man mano che il tempo passava, non faceva altro che apportare modifiche fastidiose ai suoi modus operandi, almeno prima c'era un pò di rispetto per il lavoro che facevamo! Mi ero promesso di non partecipare ai cavoli dell'accademia ma, quei fottuti bastardi, mi avevano messo davanti ad una scelta complicata: fregarmene della chiamata e continuare a sbattermi in laboratorio senza risultati o partire per chissà dove, a fare chissà che cosa, chissà per chi e magari ottenere qualche altro dato per la mia ricerca. Tornato al mio posto dopo che il misterioso individuo si era dileguato, rimasi sveglio a pensare grattandomi il mento. Fuori cominciò a piovere. Io odio la pioggia.

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    Partii così dopo poche ore.
    Mi preparai dopo aver controllato tutte le misure di sicurezza della struttura e, armato del mio indispensabile manto impermeabile, schizzai fuori dall'edificio in direzione del territorio indicatomi. Fortunatamente fui più veloce del temporale, muovendomi probabilmente nella direzione opposta al vento che lo trasportava, riuscendo a rivedere il sole solo dopo poche ore di pioggia incessante. La mia felicità scemò non appena volsi lo sguardo nella direzione che avevo preso. Se c'era qualcosa all'orizzonte che mi preoccupava, erano quelle nuvole nere che riversavano di tutto e di più proprio dove mi stavo dirigendo. Bestemmiai fra me e me, maledicendo l'attimo in cui decisi di accettare cedendo alla curiosità.

    Riuscii a dormire all'asciutto, fermandomi qualche chilometro prima della tempesta, e la mattina seguente ripresi il viaggio. Quando mi dissero che l'orientamento era genetico avevo riso per ore, eppure avevano ragione. Mio padre l'aveva, quando invece mia madre sicuramente no, e ogni volta che avevo conferma d'esser più che capace ad orientarmi, lo ringraziavo con il pensiero. Quando finalmente, per modo di dire, mi rimmersi nella pioggia, il mio chakra aveva già pensato a schermare il mio corpo dalla troppa acqua. Il manto impermeabile era diventato praticamente inutile in un clima del genere, fortunatamente avevo altro con cui proteggermi. Quando me ne resi conto ripensai al corriere che mi aveva consegnato le informazioni: se avesse aggiunto il particolare "pioggia torrenziale e fanghiglia ovunque" probabilmente, ora, non mi sarei ritrovato a desiderare ardentemente la sua morte. Arrivai dunque a destinazione.



    Il clima faceva schifo. La pioggia faceva schifo. Il villaggio pure.
    Quattro schifose casette con difese erette da persone che da piccoli, sicuramente, non avevano mai giocato a costruire fortini. Feci per avvicinarmi agli unici due ninja di vedetta e mi venne richiesto di identificarmi. Sorrise e mentii, come ormai facevo da un bel pò, annuirono al mio nome e mi fecero entrare. Due accademici presenti. Entrambi conosciuti e stimati. Rimasi in silenzio, aspettando che rispondessero alla domanda del Jinchuuriki.


     
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  5. Akimaru Tokugawa
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    Una Missione di Routine
    Prologo



    Stupidi.
    Solo degli stupidi avrebbero potuto solo sperare di trovarlo. Forse non erano stati avvisati, forse non sapevano con chi avrebbero avuto a che fare. Ma era certo che non l'avrebbero mai trovato anche se gli fosse passato sotto il naso.
    Alla locanda, a casa, in amministrazione, avevano provato a cercarlo d'ovunque, ma lui non c'era da nessuna parte.
    Avrebbero dovuto aspettare, se fosse stato davvero importante l'avrebbero fatto. Poi però fecero un errore. Pensare che lui non li stesse osservando, un madornale errore.
    Era notte quando i due uomini entrarono nel giardino della proprietà Yotsuki, si muovevano veloci sul prato, saltarono sul tetto fino al tetto della camera di colui che cercavano. La finestra era aperta, si intrufolarono. Folli.
    Entrati nella stanza non trovarono nessuno, era buia e silenziosa. Uno dei due uomini infilò la mano sotto il mantello, forse non sapeva che qualcuno lo osservava. D'un tratto l'uomo si ritrovò con un coltello puntato alla gola, mentre l'altro giaceva già a terra, non morto, solo stordito.
    L'uomo non poteva voltarsi, se l'avesse fatto non avrebbe comunque visto nulla, ma quel coltello alla gola era troppo vicino per potersi permettere azioni sconsiderate.

    « Chi siete e cosa volete da me? »



    Non una voce, ma un sospiro, una voce graffiata, fredda e inespressiva. Lo Spettro era arrivato e non voleva perder tempo, voleva informazioni e le voleva subito.
    Lentamente l'uomo, visibilmente spaventato, estrasse una lettera da sotto il mantello, e tremante la alzò in aria, mostrandola al suo aggressore. Lo Spettro la guardò, curioso di vedere il sigillo dell'unità di crisi dell'accademia, la prese con l'altra mano, continuando a tenere il coltello puntato alla gola del mastino dell'accademia. Rimase fermo ma qualcosa si scisse dal suo corpo. Da quel corpo nero un altro Spettro si diramò uscendo come una farfalla esce dal bozzolo. Teneva la lettera e la leggeva. Il suo occhio destro si muoveva veloce, acquisendo le informazioni necessarie, poi si voltò verso l'ombra della sua essenza che braccava l'uomo dell'accademia.

    « Accetto la missione. »



    Il messaggero trasse un sospiro di sollievo quando la lama che l'aveva tenuto sotto scacco si allontanò, era stato un brutto momento per lui, erano stati avvisati: "E' come il suo Maestro" gli avevano detto e quasi aveva temuto di andarlo a cercare. Si voltò dunque per dare le ultime informazioni, quelle relative al denaro che sarebbe servito al ninja per il viaggio, ma con suo grande stupore non c'era nessuno solo poche ombre proiettate dalla luce della pallida luna che filtrava dalla finestra. Il suo collega era ancora a terra inerte, respirava ancora, ma qualcosa mancava. La valigetta che teneva poco prima stretta era sparita, la stessa valigetta con il denaro per il ninja nel caso avesse accettato la missione. Lo Spettro l'aveva presa. Infondo glielo avevano detto...

    « ...Nessuno trova Akimaru Tokugawa... »




    Pioveva quella notte, come ormai sembrava piover da giorni. Il fango del sentiero che lo avrebbe portato a destinazione faceva risuonava nei dintorni, provocando un enorme fastidio alle sue orecchie. Si vide costretto ad usare la sua arte, che ormai era diventata più parte di se stesso che una semplice abilità.
    Correva il ninja, diretto al villaggio indicato sulla mappa, non doveva esser lontano e, anche se lo fosse stato, aveva sempre tutta la notte per raggiungerlo e le ombre quella notte gli erano favorevoli.

    Arrivò in quel villaggio dimenticato da Dio.
    Nessuno si accorse del suo passaggio fino a quando, come un alito di vento, comparve dinanzi alla porta della vecchia e logora locanda, ormai un quartier generale.
    La guardia lo vide e rimase intimorito da quel volto, nero con occhi inespressivi e privi di pupille e iride. Riprese il fiato, poi chiese al ninja chi fosse.

    « Akimaru Tokugawa »


    Dunque entrò.

    In quella che era a tutti gli effetti una vecchia baracca ammuffita Akimaru non si stupì di trovare altri ninja, erano tre: uno sconosciuto, Itai e il suo vecchio compagno di corso Kuro Jaku. Non avrebbero potuto riconoscerlo, era molto cambiato, sia nel corpo che nello spirito. Ora portava una benda all'occhio sinistro, un piccolo ricordino da parte del suo maestro Hayato. Oltre a quello erano tanti altri i suoi cambiamenti, ma i due ninja avrebbero capito solo dalla maschera che portava alla cintura da che villaggio provenisse. Una maschera bianca con degli arabeschi rossi, ricordava il volto di una volpe con le orecchie ritte e, con al centro della fronte il simbolo di Kiri.
    Non parlò e andò a sedersi in un angolo, non aveva domande da fare ma solo ordini da eseguire.
     
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  6. Manu ©
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    Via dal villaggio.



    Non se ne capacitava. Gli faceva una bruttissima sensazione. Ed era così da chissà quanto tempo.
    Da quando era capitato quell'"incidente" si sentiva perso. Si sentiva umilato e sconfitto, depresso come mai lo era stato prima d'ora.
    Davanti allo specchio faceva fatica a riconoscersi. Quella protesi che ora gli era stata installata lo faceva sentire in un certo senso diverso. Si studiava in continuazione, cercando di riconoscere quel nuovo braccio come suo, ma quel metallo che doveva sostituire il suo arto sinistro sembrava un pezzo completamente a lui estraneo.
    Nonostante fosse riuscito nel suo compito nell'impedire allo straniero di entrare nel villaggio aveva dovuto pagare un prezzo molto alto.
    Si domandava quanto ninja sarebbe stato ora.
    Non riusciva proprio a uscire da quello stato di depressione. Aveva bisogno di una boccata d'aria fresca.
    Quasi come un miracolo vennero a bussargli alla porta, risvegliandolo da quel torpore in cui si era immerso da diverse ore.
    Aprì la porta e si ritrovò davanti tizi a cui non fece alcuna domanda. Quando lo informarono della nuova missione lui annuì e basta e chiuse loro la porta in faccia.
    In fondo sembrava che la sua richiesta fosse stata esaudita.
    Tutto pur di sfuggire da quel senso di incopetenza che provava ogno volta che tornava sulle mura.
    Silenziosamente preparò tutto quello di cui aveva bisogno per il viaggio.

    [...]

    Viaggiava su un carro. Aveva abbastanza soldi per permetterselo e poca voglia di camminare.
    Era partito molto in anticipo così da non dover fare le corse per arrivare in tempo. Il carro coperto lo proteggeva dalla pioggia battente che sembrava affliggere quella parte di mondo. Non che la cosa lo disturbasse.
    Raggiunse tranquillamente, avvolto nei suoi pensieri, quello che doveva essere il quartiere generale della loro missione.
    Parcheggiò il carro, ben conscio che in quelle zone malfamente glielo avrebbero rubato subito, ma non gli importava troppo neanche di quello. Una cosa in meno da pensare.
    Davanti ai due omoni che gli chiesero di identificarsi Hamano prima dell'incidente avrebbe risposto gonfiando il petto e proclamandosi con gran orgoglio. Ma i tempi erano cambiati.

    Hamano Iga.

    Bisbigliò il proprio nome giusto da essere appena udibile per poi entrare. Non riconobbe nessuno nella sala ma poco gli importava. Aveva voglia di stare da solo, perciò si mise un angolo appartato, cercando sempre di tenere nascosta alla bell'e meglio la ua nuova protesi metallica.





     
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  7. The_Drake
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    ~ Una Missione di Routine ~
    [Start!?]


    Solita serata tranquilla e senza grosse pretese: un pò di Thè Verde prima di andare a letto dopo una giornata di lavoro alle Mura; non veniva ancora pagato ufficialmente per farlo, ma prima o poi avrebbe dato i suoi frutti essere un Guardiano: anche se per ora possedeva solo un sigillo sul braccio e qualche lavata di capo.
    Proprio grazie a quel sigillo, però, il giovane aveva trovato una nuova via da seguire.
    Sapeva che solamente un'altra persona oltre a lui conosceva il segreto, alla Foglia; poche persone potevano fare qualcosa per lui, quindi era sempre meglio arrangiarsi.
    Fattostà che dalla cucina, proprio vicino alla finestre che dava sul giardino, mentre Drake versava il liquido verdastro sul suo bicchiere fumante, qualcuno apparve.
    Il ragazzo osservò quella faccia per qualche minuto prima di lanciare contro di questo il bicchiere in preda al panico: ma chi era lo scellerato che faceva gli scherzi a quell'ora di notte!?
    Capì ben presto che non erano scherzi quelli proposti dal ninja, inviato dall'Accademia, per una nuova Missione: rango B+, qualcosa che le orecchie di Ryouji non sentivano da un'anno.
    Un cenno di capo e qualche formalita per accettare e il giorno dopo si sarebbe partiti...



    Per arrivare nel loco dovette partire tre giorni prima dalla Foglia e come dato istruzioni, sembrava che nessuno si facesse problemi a farlo passare.
    Il viaggio, in solitaria, considerando che non sapeva quanti altri possedessero il previlegio di unirsi al suo seguito.
    Erano strade che aveva fatto pochissime volte, se non mai.
    La cosa che gli piaceva era il fatto che la vegetazione era abbastanza elevata, quasi una jungla, tanto quanto i boschi della Foglia: anche se la pioggia stressava alquanto.
    Infatti già dopo un giorno e mezzo di cammino la fantastica fortuna stava girando dal lato opposto a quello dell'eremita; sembrava non smettere mai, creando fango e sporco in giro per le strade: la cosa migliore però era che finchè si proseguiva il cammino tra la foresta, nei limiti, non c'erano problemi...


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    Il villaggio arrivò poco dopo nel suo fantastico splendore: nessun tipo di guardia o mura, persone zero, qualche casetta, il bar dove incontrarsi per la missione.
    Drake era coperto dal suo mantello che lo celava completamente, come al solito, lasciando fuori sulo la testa e una piccola parte dei piedi; fortunatamente non rischiava comunque di bagnarsi, considerando che il suo controllo del chakra gli permetteva di star tranquillo contro l'avversa pioggia.
    Due shinobi all'entrata del loco lo fecero entrare, dopo avergli chiesto le prime formalita del caso: sembrava dai rumori che il posto fosse già affollato da tanti altri.


    Drake Jo Ryouji, Chunin di Konoha...


    Dentro al loco notò qualche viso a lui molto noto: il suo amico Itai Nara era già dentro, seguito da altre 3 figure da lui non conosciute.
    Fortunatamente non entrò dentro al loco con tutte le scarpe o i vestiti inzaccherati di fango: un'entrata sobria e tranquilla, apparte qualche cenno troppo spinto con il viso verso il Jinchuuriki per farsi riconoscere subito; tempo addietro avrebbe distrutto il tetto per farsi vedere meglio, ma le vecchie abitudini stavno passando o comunque venivano controllate.


    Cavolo, che tempo...ah, vedo che abbiamo una predominanza di Kiri, oggi...


    Ruppè il ghiaccio spostandosi dalla porta d'ingresso e avvicinandosi agli altri shinobi, osservandosi un poco attorno: bell'ambientino che l'accademia aveva riservato a quei poveri cani, responsabili della missione.
    Sperava tanto che ci fossero stati altri Fogliosi come lui quella giornata: avrebbe avuto di cui chiaccherare...


     
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  8. Aokawa Ryo
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    Una Missione Avvolta nel Mistero
    Quella Fredda Notte Kiriana...



    Scendevo le scale appena fuori dalla mia stanza con un passo assonnato e fiacco, scandito dallo strusciare delle pantofole contro il pavimento lindo. Dall'esterno di udiva un'ovattato bubbolio di un tuono e il lamento lontano di un mare tempestoso. Si prospettava una di quelle tipiche serate invernali. L'interno, caratterizzato da un'aria tiepida e accomodante, era immerso nell'oscurità della notte, con la mia presenza che vagabondava per casa come un fantasma alla perpetua ricerca della propria pace. Inconsciamente, sapevo che erano le tre del mattino passate; lo avevo notato di sfuggita dalla radiosveglia quando mi ero alzato dal letto. Un lampo inondò di luce la casa per un'istante, poi la rigettò nel buio pesto e spaventoso che la cullava durante queste notti. L'incessante battere dei pugni contro la porta, pratica altresì nota come "bussare", aveva avuto l'effetto desiderato: innanzitutto, svegliarmi; in secondo luogo, l'andare ad aprire per inveire aspramente contro il maleducato che perde tempo e salute andando a bussare alla porta di casa mia alle tre e mezzo di un gelido mattino. Le pantofole di lana a forma di squalo erano riuscite a mantenermi i piedi caldi nel tragitto, ed il cappellino da notte, con tanto di pon pon, incideva nel dipingere la mia figura ancor più strampalata e insonnolita. In quel momento, non ero uno Shinobi di Kiri o il Jinchuuriki del Tre code, bensì semplicemente un adolescente appena svegliato bruscamente da qualcosa di indefinito.

    « Ho una missione, ordine Accademico. Viene dall’unità di crisi. »

    Le parole furono catturate dal rumore dei tuoni e dallo scroscio della pioggia. Inoltre, la mia attenzione era tutta rivolta alla figura che sostava dinanzi al portone di casa mia. Un tizio anonimo, uno di quei tizi adatto a fare la comparsa di film di medio-basso livello; un volto sconosciuto, ma con un cliché di "già visto".

    « Mi scusi, può ripetere che non le stavo prestando attenzione? »

    Ripeté la stessa frase, preoccupandosi di ricalcare anche la modulazione della voce con cui l'aveva proferita in precedenza. Rimasi un po' sbigottito, complice anche il sonno, nell'udire le sue parole. Una missione proveniente direttamente dall'unità di crisi? La prudenza con cui mi avevano contattato e la mancanza di qualsivoglia informazione in merito alla missione mi insospettiva.

    « Nessun dettaglio? »

    Avevo già preso la mia decisione, la mia non era altro che una domanda poco convinta atta ad estrapolare informazione che, probabilmente, non erano neppure in suo possesso.

    « Nessuno. »

    La risposta, come da programma, giunse secondo le più nefaste previsioni. Nessuna informazione, non mi era mai capitato di partecipare a missioni così parche di dettagli. Solo la coordinata della locazione ove dovevo dirigermi e un gruzzoletto di ryo per il viaggio. Balenò nella mia testa l'idea di non accettare, ricordando mestamente la missione che effettuai insieme ad Itai e dove rischiai davvero di perdere la vita, tuttavia l'orgoglio florido di attenzioni, perché inorgogliva l'essere scelto dall'unità di crisi, mi portò ad accettare la missione.

    « D'accordo, accetto la missione. - sbadigliai prima di continuare - Basta che mi si dia il permesso di tornare a dormire! Devo essere in forma per il viaggio, lasciamo i convenevoli a momenti più opportuni della giornata.
    Arrivederla... e buona notte! »

    Già, brutta bestia l'orgoglio.
    [...]

    Pioggia. Fango. Pioggia. Fango. E ancora Pioggia. E ancora Fango. La monotonia di quel luogo era a tratti imbarazzante! Mi muovevo munito di una mantellina impermeabile blu, con lo stemma di Kiri sulla schiena, in quel che era un connubio perfetto fra l'acqua e la terra. I capelli, a cui dedicavo gran parte della mattinata per regalargli quell'effetto, erano tutti scompigliati a causa dell'umidità e il ciuffo bianco, che di solito si stagliava fiero fra la chioma cerulea, era diventato un piccolo cespuglio riverso al terreno. I vestiti erano completamente fradici, perché la pioggia torrenziale era riuscita a penetrare negli anfratti non protetti dall'impermeabile. L'incedere era lento e sfibrato, ostacolato nel suo proseguo dalla natura stessa. Da sotto l'impermeabile, si intravedevano tre spade, precisamente due poste all'altezza della cintola, con una che pendeva obliquamente lungo il fianco sinistro fino a toccare terra, mentre un altra nascosta vicino al ventre; un'antica tradizione voleva che all'altezza del ventre si trovasse l'anima e proprio per questo, quella particolare tipologia di spada posta in quella posizione, era anche detta "guardiana dell'anima". Tradizioni ormai passate e trascurate in questo mondo così meschino e crudele. La terza spada, la più lunga, era collocata dietro la schiena, con l'elsa c
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    he spuntava fuori alla destra del collo. Nel dettaglio: la terza, lunga circa un metro e venti centimetri, era rilegata in un fodero lucido di color ebano. Al centro di questo Saya - tipici foderi delle Katane - c'era una specie di fasciatura canuta, consunta dal fango lercio dovuto al pessimo clima e alla morfologia del terreno. L'elsa della spada era color nero, ma vi erano motivi geometrici di color bordeaux che si sposavano molto bene con il colore del fodero. La seconda, invece, era leggermente più corta, un metro e dieci centimetri per dover di cronaca. Era riposta in un fodero nero che entrava in contrasto con il bianco avorio dell'elsa. La prima, la cosiddetta guardiana dell'anima, non era propriamente una Katana, ma una semplice Wakizashi, la cui elsa era di un dorato sbiadito e spento, senza la benché minima traccia della sua caratteristica lucentezza. La sola lama era lunga circa quarantacinque centimetri.

    «Ecco! Quello dovrebbe essere il villaggio! »

    Villaggio era una parola grossa. Perfino paesello era esagerato. Qualche casupola diroccata ed una locanda, adibita per l'occasione come punto d'incontro fra noi ninja. La situazione non doveva essere delle migliori.
    Sembrava una città fantasma.
    [...]

    Dinanzi alla locanda, due ninja a fare la guardia. Erano grossi e il loro volto era velato da una paura remota, da una sensazione sinistra. La loro preoccupazione era palpabile nell'aria.

    « Non si può entrare qui. Identificarsi. »

    «Ryo Aokawa, Chunin della Nebbia. »

    « Prego. Si accomodi. »

    Mi fecero cenno di accomodarmi all'interno. Era strano che si fidassero così tanto della parola di uno sconosciuto, fino a prova contraria potevo anche essere una spia che si era impadronito dell'identità di un partecipante alla missione. La questione mi insospettì, ma la lasciai scorrere in secondo piano. Ci sarebbe stato tempo, insieme a tutti gli altri, di analizzare i vari punti che destavano sospetto. Mi liberai della mantellina impermeabile prima di entrare, ma comunque il mio ingresso portò nella locanda acqua e fango. Fissai per poco il piccolo casino, sorrisi ed alzai lo sguardo verso i presenti.

    « Davvero brutto il tempo in questo paese, non trovate? Ahahahah.... »

    Mi concessi una sonora risata per sdrammatizzare l'aria di tensione che s
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    i respirava all'interno. Tutti troppo preoccupati per la missione: in particolare quattro figure, due intente a squadrare una sorta di mappa, una preparava un caffè e l'ultima intenta nell'armeggiare con un piccolo marchingegno elettronico. Volsi lo sguardo verso i ninja e focalizzai la mia attenzione in particolar modo sui loro coprifronti. Il risultato? Uno di Konoha, uno della Sabbia, tre della Nebbia e l'ultimo lo teneva nascosto troppo bene perché potessi capire da dove provenisse.

    « Ma dico io: quanto siamo fichi noi di Kiri?? Ahahah... Ehy, dico a voi - e mi rivolsi ai ninja che non provenivano dal mio paese - che ne dite di venire alla Nebbia? Offriamo sempre il meglio ai nostri shinobi!!! Ahahah... »

    Come si dice in questi casi: una pessima entrata è pur sempre un'entrata! Certo, forse il mio tono allegro si sposava male con il clima di preoccupazione che aleggiava in quella stanza, ma, d'altronde, la missione non era ancora iniziata ufficiosamente, quindi tanto valeva fare amicizia nell'attesa che arrivassero tutti.

    « Un m-m-momento...!!! »

    Il tono della mia voce, finora raggiante e brioso, si trasformò, non appena i miei occhi si fermarono sul profilo di uno di quei ninja. Il tono era diventato più cupo, preoccupato, lugubre, l'esatto opposto di quello che era prima. Quella chioma platinata la conoscevo bene. Troppo bene. Anche lui era qui; la sua presenza era presagio di morte quando partecipava ad una mia stessa missione. Ogniqualvolta ho rischiato realmente la vita, era presente anche lui. Quindi, se unissimo questo piccolo, ma non trascurabile, particolare, al fatto che la missione sia stata assegnata dall'unità di crisi, l'ovvio risultato sarebbe stato che le probabilità di sopravvivenza erano davvero basse. Troppo basse! Ora comprendevo l'inquietudine da parte dei presenti. Forse anche loro erano a conoscenza di questa terribile maledizione.

    « ITAI DEI MIEI STIVALI, COSA DIAVOLO CI FAI ANCHE TU QUI??!?! SAI COSA SIGNIFICA QUESTO?? MORIREMO TUTTI!!! AIUTOOOOOOO!!! »

    Nessuno sfugge alla nostra maledizione. Nessuno.
     
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  9. Ryose
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    Vivevo solo ad Oto, nonostante fossi riuscito ad entrare nel Clan Akadou, avevo deciso di mantenere la mia abitazione esterna al Clan.
    Passavo il mio tempo meditando, solitamente mi posizionavo in un luogo riparato, magari vicino al bordello di Oto, ed espandevo le mie capacità sensoriali, incredibile quanta gente frequentasse un postaccio del genere, eppure, molti erano proprio ninja.

    Proprio mentre ero nel cespuglio, qualcuno mi toccò la spalla, schizzai in piedi, non lo avevo minimamente percepito.

    § che cazzo ?§


    Adesso che però mi era vicino riuscivo a studiare il suo flusso energetico, capii che non aveva cattive intenzioni.

    -si?-
    -Sekiji, lei è stato convocato per una missione della massima imoprtanza.-
    -Per voi sono tutte importanti...-
    -Deve recarsi al settore B11, prenda questo e si prepari come si deve.-


    Se ne andò via subito dopo, lasciandomi con una busta, e tanti dubbi.
    Aprendola potei notare, il permesso di uscita già compilato e una grossa somma di denaro frusciante.

    -wow!-


    Non potevo decisamente farli aspettare.

    [...]

    Avevo preso la via più lunga per il villaggio di Kycoso, volevo evitare di passare vicino ad Ame e Suna, nonostante l'operazione chirurgica che avevo subito dopo il tradimento era meglio non farsi vedere troppo in giro.
    Giunto alle porte di quell'agglomerato di case mi presentai alle guardie, entrando subito dopo, non volevo bagnarmi oltre.

    -Sekiji Tsugeru, Chunin di Oto-


    [...]


    Quando entrai nella sala, vi erano già altri shinobi, Ryo Aokawa, lo conoscevo, avevo svolto una missione con lui, ma il mio aspetto era ben diverso, probabilmente non mi aveva riconosciuto, inoltre lo sentivo diverso, sentivo il suo chakra vibrare, sicuramente era almeno al mio stesso livello, se non superiore.
    Dissi anch'io qualcosa, dopo la sfuriata di Ryo, una presentazione informale, rivolta a tutti, faceva un pò circolo degli alcolisti anonimi.

    -Salve, sono Sekiji.-


    Non utilizzai il mio chakra per studiare accuratamente le persone presenti o eventuali spioni occultati, per ora non avevo nulla di cui preoccuparmi.


     
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  10. Kalastor
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    Una Missione di Ruotine.
    Preparazione.



    Paese della Terra; Villaggio Kyorou - Ovattata. Sì, questa parola riusciva a descrivere perfettamente la sensazione. Trovarsi in quel luogo rendeva tutto irreale, come una pellicola in bianco e nero. Ogni azione diveniva lenta ed impacciata, stretta da una consequenzialità quasi forzata. Fuori, solo il rumore della pioggia. Dentro, quello di un pessimo caffè si mischiava al legno fradicio, della terra bagnata, forse di qualche sigaretta spenta male. E sembrava impossibile riuscire ad asciugare sè stessi o l'ambiente. Sul fronte del freddo, la situazione era leggermente migliore, e per quanto poco quell'assembramento di persone garantiva un minimo calore. Ma poca cosa. In accordo con la situazione, nessuno del quartetto aprì bocca, nemmeno di fronte all'ilarità di Ryo, e ben che meno all'aspetto minaccioso di Akimaru. In quel silenzio, anche il minimo rumore sembrava un gran frastuono, pur non riuscendo a spezzare una monotonia decisamente endemica. Fu così per quasi un'ora. Probabilmente l'equivalente di un mese, nel Mondo reale. Poi vi fu una scossa. Anche in questo caso, nulla di clamoroso, ma probabilmente sufficiente a spingere lo svolgersi degli eventi allo stadio successivo.

    Come ogni cosa, anche i due Ninja fecero il loro ingresso completamente zuppi. Indossavo mantelline impermeabili simili a quelle degli Shinobi all'ingresso, ma non dovevano essersi rivelate troppo efficaci. Il primo tolse il cappuccio, scuotendo la testa, e fissò il gruppo. Aveva due occhi di verde smeraldo, in perfetto accordo con la zazzera bionda e la carnagione chiara. Accennò un sorriso, la cui linea era spezzata da una profonda cicatrice trasversale, probabilmente vecchia di anni. Non doveva avere più di una ventina d'anni, mentre in altezza toccava forse il metro e ottanta, ma probabilmente con qualche centimetro in meno, ed il suo fisico, per quanto visibile, era snello senza troppe pretese. Al suo fianco una Kunoichi di poco più bassa, anche lei sulla ventina, faceva invece mostra di un cipiglio serio serio, posto su di un viso dai lineamenti rigidi, messi ancor più in risalto dalla carnagione ambrata. Ad incorniciarle il viso una folta selva di treccine, rette da un coprifronte di Suna. Lei non si mosse, mentre il compagno fece qualche passo avanti, diretto palesemente verso la macchinetta del caffè. I quattro già presenti nella stanza lo salutarono con la giusta dose di deferenza, senza perdersi in troppi formalismi, ed abbandonarono le proprie attività, mettendosi in attesa.

    Ci voleva.. - La sua voce, seppur segnata dalla fatica, appariva limpida e sicura. - ..c'è tanta pioggia da poter affogare camminando, dannazione. - Mezzo sorriso tirato rivolto al tecnico del computer. - Fuori non accenna a migliorare, temo ci aspetti un'altra settimana di diluvio. - Sospirò, per poi dirigersi verso il tavolo. - Beh, salve a tutti. - Bevve un sorso, chiudendo gli occhi per un secondo. - Mi scuso a nome dell'Accademia per il breve preavviso.. - Questa volta la sua espressione si tese leggermente per l'imbarazzo. - ..e soprattutto per l'assoluta mancanza d'informazioni.. - Alternava lo sguardo fra tutti i presenti, guardando direttamente negli occhi. - ..ma come capirete presto, si tratta di una questione delicata. - Appoggiò la tazza, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi. - Innanzi tutto le presentazioni. - Portò la mano destra al centro del petto, premendovi contro la punta della dita. - Il mio nome è Hami Dokuro, sono un Jonin di Konoha e sono a capo di questo malnutrito gruppo di Ninja sottopagati. - Una serie di risate smorzate corsero fra i Ninja. - Lei è Makura, Jonin di Suna, ed è la mia seconda in comando. - La ragazza si limitò ad un cenno, andando poi ad incrociare le braccia, appoggiandosi alla porta. - Questi invece sono Leon e Karu.. - Appoggiò le mani sulle spalle dei due uomini sino a prima intenti a consultare la mappa. - ..anche loro di Suna, e per quanto possibile si occupano dello spiegamento tattico sul territorio. - I due annuirono e fecero un vago cenno con la mano. - La ragazza con gli occhiali che lavora al computer potete chiamarla Nay, viene da Oto e si occupa delle comunicazioni. - Gli si avvicino quindi un ragazzo piuttosto alto dall'aria stanca, con profonde occhiaie e capelli castani spettinati come poche cose al Mondo. - Mentre lui è Takashiro Hyuga, e vi basti sapere che è un sensitivo molto esperto. - L'altro non fece nulla, ingollando un'ampia sorsata di caffè rovente. - Fuori invece fanno la guardia Kaku e Kokaku, ma avrete modo di conoscerli più tardi.


    Per quanto solare, la presenza del ragazzo non era stata capace di risollevare la situazione, come invece aveva probabilmente sperato. Non occorreva un genio per cogliere i segni della profonda tensione nei membri del suo Team. Era come se si stessero lentamente logorando, consumati a poco a poco da quella pioggia incessante. Pezzo per pezzo. Sino quasi a morire dentro. Non c'era scampo, il senso della crisi si avvertiva al tatto. Attese alcuni secondi, scambiando qualche parola con i due compagni, per poi far scorrere le dita lungo ipotetiche linee sulla grande mappa, borbottando ancora. Bevve un altro sorso, trovandosi a fissare i segni tracciati con sempre maggiore preoccupazione, per poi aggiungerne altri, e nuovamente mostrarsi tutt'altro che tranquillo. Prese un breve respiro prima di parlare.

    Bene, direi di entrare nel vivo dell'azione. - Tentò un sorriso, ma fallì miseramente. - All'incirca un mese fa è giunta all'Accademia una richiesta d'intervento da parte del.. - Fece cenno al gruppetto di avvicinarsi al tavolo. - ..Villaggio di Chou. - Indicò un punto, post al centro d'una serie di circonferenze, di colori diversi. - Non più di cinquemila abitanti, livello di ricchezza medio, fornisce all'Accademia dell'ottimo legname, ma niente di più. - Il posto si trovava al limite fra la foresta ed il deserto. - Dopo circa quattro giorni, il gruppo di Chunin che abbia inviato ha smesso di fare rapporto. - Parlava rapido, con studiata freddezza. - E' stato inviato un secondo gruppo, questa volta composto da Ninja più esperti, con esperienza maturata sul campo. - Bevve rapidamente un sorso, storcendo poi le labbra. - E' giunto un unico rapporto, ve lo leggo. - Si voltò verso Nay, facendole un ansioso cenno con la mano, sulla quale lei depositò un foglio. - 'Nessun segno degli abitanti, il Villaggio pare disabitato da lungo tempo. Case vuote, cibo ed utensili abbandonati. Nessun segno di lotta. Nessun corpo. L'aria è strana, Wan avverte un Chakra molto forte. Qualcuno ci sta seguendo dal momento del nostro arrivo. Chiedo estrazione immediata.' - Qualche istante di silenzio, poi riprese. - Poi nient'altro. Un solo Ninja ha fatto ritorno, lo stesso che aveva scritto questo messaggio. - Strinse le labbra nel pronunciare l'ultima frase. - Era coperto di ferite orribili ed aveva completamente perso la ragione. Delirava riguardo demoni e creature capaci di divorare gli esseri umani dall'interno. - Respirò con naso. - Poche ore fa si è tolto la vita in ospedale, ma ci ha lasciato queste parole. - Altro cenno a Nay, altro foglio. - Vita, Morte. - I due ideogrammi erano tracciati sul muro di traverso, evidentemente usando del sangue. - Noi siamo arrivati otto giorni fa.. - Strinse ancora le labbra. - ..ed eravamo in dieci. - I suoi uomini si scambiarono sguardi indecifrabili. - Mentre allestivamo il campo base, due dei nostri sono andati in avanscoperta, e non hanno più fatto ritorno. - Lo sguardo cadde sulla mappa. - Più tardi abbiamo scoperto che in un'area di circa 10 chilometri attorno al Villaggio.. - Segnò una delle circonferenze colorate sulla mappa. - ..è stato eratto una sorta di Jutsu perimetrico di qualche tipo capace di distorcere lo spazio, in qualche modo. - Segnò quindi altre tre circonferenze più piccole, poste in diretto contatto con quella principale. - In questi punti sono presenti dei Funnjutsu molto potenti, che non siamo riusciti a sciogliere.. - Non riuscì a nascondere una certa frustrazione. - ..Takashiro ritiene che siano solo parte di una Tecnica più complessa, e che la seconda metà si trovi all'interno. - Mosse il dito su altri due cerchi, con centro comune al principale. - Qui le comunicazioni cominciano ad essere disturbate, qui invece cessano del tutto. - Battè una paio di volte sulla mappa, per poi incrociare le braccia. - Non ve lo nascondo, mai abbiamo affrontato una minaccia del genere, e come voi siamo del tutto impreparati. - La sua schiettezza fu paralizzante. - Non abbiamo idea di cosa sia successo lì dentro, ne di quali minacce potremmo dover affrontare. - Di nuovo alternava lo sguardo sugli occhi di ciascuno. - Se volete andarvene sarete liberi di farlo, non figurerà sul vostro stato di servizio. - Rimase impassibile, sondando le reazioni. - Ma vi chiedo di restare.


    Concluse lì il discorso, rimanendo in attesa delle inevitabili domande. Pareva mantenere la calma, e nel limite del possibile risultare persino padrone della situazione, nonostante le avverse circostanze. Nel mentre Makura decise finalmente di muoversi, camminando lentamente verso il meno appariscente di tutto il gruppo. Si appoggiò al muro poco distante da Hamano, apparentemente senza degnarlo di troppa attenzione. La sua espressione non era cambiata, mantenendo inalterata quell'aura di severa indifferenza. Fu la voce a tradirla, rivelandosi più umana di quanto il resto di lei non lasciasse intuire.

    Quello. - Guardava fisso di fronte a sè. - Com'è successo?
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Vita e Morte
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    Rabbia. Velenosa rabbia. Dovevo dire per forza a tutti che quello che era entrato in un nucleo di controllo dell’unità di crisi dell’accademia come se fosse entrato in un supermercato era il mio allievo migliore. presi un grosso respiro e cercai di trattenere la violenza e le punizioni fisiche, quindi, senza nemmeno voltarmi per guardarlo, gli proiettai addosso tutta la mia rabbia sottoforma di un invisibile chakra che l’avrebbe colpito direttamente al cervello, facendolo tremare di terrore. La mia voce e la mia minaccia, avrebbero fatto il resto.

    « Dovete perdonarlo, signori. Dimentica che c’è un luogo e un modo per scherzare.
    Ryo, se vuoi tornare a casa su due gambe e con due braccia, non farlo mai più.
    »

    C’erano cosa che irritavano davvero un maestro. L’insolenza del suo allievo era una di quelle. Calmai la rabbia e rilasciai la presa del chakra di Kaku su di lui, quindi, mi concentrai sugli altri membri che erano giunti fino a quel momento.
    Vi era qualcuno che non conoscevo, poi c’era il caro vecchio Drake – ancora freschi erano i ricordi della devastazione portata insieme durante la battaglia dell’Accademia -, Akimaru, un ragazzo che sembrava terrificante.
    Sembrava, avevo detto. Le apparenze non erano poi così importanti, visto che sembravo un dolce ragazzetto biondo io. Poi c’era da fare una gara tutta nostra su chi era in realtà più terrificante.
    C’era anche Kuro, l’altro mio allievo, che era ancora di Kiri grazie a me: dovevo capire se a causa della mia minaccia di morte oppure se gli avevo fatto cambiare veramente idea.
    Poi altra gente che non conoscevo, invece, costituiva il restante gruppo lì presente.

    « Si Kuro, sono stato richiamato anche io. Vorrei capire anche il perché e spero che sia qualcosa almeno della quale sia valsa la pena allontanarmi da casa.
    Lasciare Ayame con le bambine da sola mi turba non poco.
    »

    Dissi quindi con una punta di preoccupazione. Scossi il capo e scacciai quei pensieri, ricordando che finché ero in missione, l’umanità la dovevo lasciare fuori di me: rischiavo di compromettere tutto se pensavo a quanto calda e accogliente fosse casa mia.

    « Comunque sono felice che voi due » dissi rivolto a Ryo e Kuro « Siate stati chiamati. Da quando siete diventati Chunin mi chiedo quanto siete migliorati. »

    Minacce a parte, mi veniva quasi naturale preoccuparmi e vedere come progredivano quei ninja che io stesso avevo contribuito a formare. Soprattutto Ryo, ero curioso di capire se stava imparando, lentamente, ad avere più controllo su Isonade e soprattutto, capire come utilizzarlo al meglio. Doveva essere tempo, ormai.

    Così passò un’ora. La volontà di interagire con gli sconosciuti non c’era per niente, almeno, non ancora. Restai silenzioso a osservare la mappa che recava alcuni segni, cercando di immaginare cosa fosse accaduto in quel luogo.
    Purtroppo non ci era stata concessa altra informazione, il che non mi faceva ben sperare: nascondere informazioni poteva voler dire o che effettivamente non c’erano oppure che erano troppo preziose per essere diffuse del tempo prima. In gergo tecnico poi, prezioso era quasi sempre sinonimo di pericoloso.
    Nessuno degli altri ninja che erano presenti prima del mio arrivo parve scomodarsi. Pensai di non chiedere ulteriori informazioni finché non avessero deciso loro di parlare: probabilmente attendavamo ancora qualcuno.
    Un tonfo di legno bagnato e rigonfio che sbatte contro il muro attirò la mia attenzione. Mossi gli occhi fino alla porta senza scostare più di tanto il viso e vidi due sagome all’ingresso. Nello stesso momento un lampo illuminò l’aria, proiettando per un lungo istante le ombre dei visitatori sin dentro la stanza.
    Uno era un uomo non molto diverso da me a ben pensarci, solo più segnato dalle battaglie, sebbene l’età fosse la stessa. L’altra donna invece, che recava un coprifornte di Suna seminascosto da un’infinità di treccine, era anch’essa giovane e sembrava apparentemente inflessibile.
    I due si mossero nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Il biondo iniziò a parlare ed io, assetato di una motivazione per cui stare in questo luogo, stetti ad ascoltare.
    Iniziarono le presentazioni e scoprii finalmente i nomi di tutti quei ninja. Poi arrivò il momento delle motivazioni. Pareva che fosse giunta una richiesta d’intervento da questo villaggio di Chou e che un primo gruppo di chini fosse sparito. Un secondo gruppo era andato e aveva fatto ritorno solo un uomo impazzito e ferito.
    Per il resto c’erano – a quanto pareva – Fuujinjutsu e un’ottima dose di incognite.
    Sospirai. Per un attimo pensai di rifiutare la missione e tornare indietro da Ayame, poi, rapidamente, cambiai idea. In primis perché la situazione in quel luogo era disperata. Se avevano pensato di chiamarmi voleva dire che dovevo servire a qualcosa. In secondo luogo perché probabilmente avrei preferito non prendere decisioni sulla mia carriera Ninja tenendo conto della famiglia. Avrei rischiato di rifiutare tutte le missioni e fermarmi a dove ero arrivato: i miei progetti puntavano in alto.

    « Resterò. Sono Itai Nara, Jonin di Kiri. » mi presentai « Ripensando a quanto hai detto, mi verrebbe da dire che è ovvio che il modo più semplice per rimuovere la tecnica ad area, il suo punto debole, si trova laddove è più difficile accedere. » e indicai la zona dove si perdevano i contatti con la punta dell’indice destro « A questo però, c’eravate arrivati anche voi. Tuttavia voglio azzardare un’ipotesi sul perché il povero ninja è tornato così distrutto. Se le ferite erano reali e non auto inflitte possiamo ritenere che oltre a qualche nemico di ignote capacità, vi sia anche un Genjutsu ad area che si attiva ogniqualvolta che si entra. Oppure che siano opera della tecnica stessa, come una sorta di autodifesa. »

    Presi qualche secondo per riflettere, ma la pochezza d’informazioni era disarmante. Avevo azzardato un’ipotesi basata sul fatto che un ninja impazzisce soltanto quando la sua mente crolla del tutto, cosa abbastanza plausibile se si parla di potenti Genjutsu: non vi era modo di entrare allora, se non si era ben schermati dalle illusioni. Per quanto riguardava quel bigliettino, forse avrebbe avuto un senso dentro il pericolo, ora, era un elemento criptico e inutile.

    « Temo che agire avventatamente, gettandosi a capofitto al centro del pericolo, sia la cosa più stupida che si possa fare. Eppure ormai è l’ultima cosa plausibile. Girare nei dintorni alla ricerca di qualcosa ormai è stato fatto egregiamente.
    Decidete pure cosa fare Hami, io e i miei allievi
    » scoccai un’occhiataccia a Ryo e Kuro. Avrebbero patito le pene dell’inferno se fossero andati via « seguiremo i vostri ordini. »

    Sicuramente, almeno lui, aveva ben in mente la situazione da poterci dividere meglio possibile e inviarci nei luoghi più appropriati. Sarebbe giunto probabilmente il momento in cui ce la saremmo dovuta vedere con un qualcosa di sconosciuto e estremamente potente, tuttavia, fino a quel momento, preferivo seguire le direttive di chi – per quanto poco – ne sapeva più di noi di quell’assurda situazione.
     
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  12. Shinrai Hakushi
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    Bene. Ero finito nuovamente fra i banchi di scuola. Il sunto? Otto convocati. Sette shinobi e un bimbo logorroico che, con ogni probabilità, quasi da scommetterci sopra, non aveva mai visto una donna nuda, madre a parte s'intende. Mi trattenni dalla decapitazione seduta stante solamente perchè Itai si mosse prima di me. Appena finì di parlare percepii ancora una volta il suo chakra nell'aria; i miei occhi si mossero lentamente dalla sua figura fino a chunin, osservandone nuovamente gli effetti. Assaporai nuovamente quel chakra, captando gli effetti su un'altro individuo. Per un secondo mi isolai dal mondo per analizzare quella "tecnica", se così si poteva definire, e poi tornai a quella stanza fangosa, riscosso dall'entrata di nuovi individui.

    Una Kunoichi e un'altro Shinobi. Dedussi la loro appartenenza al team già precedentemente dislocato in quell'area non'appena il maschio si mosse nella direzione della macchinetta. Effettivamente non potevo essere certo che non fossero altri due shinobi inviati dall'accademia in supporto, come me d'altronde, ma il modo in cui si mosse, preciso e sicuro, mi fece dedurre prima del solito che quell'uomo aveva famigliarità con quel "quartier generale". Le buone maniere erano già state buttate nel cesso da tempo; il morale di quella squadra, non che prima non l'avessi immaginato, era a pezzi.

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    Socchiusi lentamente gli occhi, prima che quest'ultimo cominciasse a parlare. Dalle prime delucidazioni individuai i primi Jonin al comando. Il caposquadra, Hami Dokuro, e la ragazza che si era fermata sulla porta. Appena questa udì pronunciare il suo nome incrociò le braccia; traducibile facilmente in "poca voglia di comunicare" senza star a spiegare come il linguaggio del corpo parlasse per lei. Cercai di non perdermi nemmeno un indizio su le conoscenze che stavo facendo, potevo capire molto addirittura prima di interloquire con loro. In più era divertente. Molto.

    Com'era giusto che fosse, arrivarono le prime informazioni su cosa ero andato ad affrontare, assieme agli altri shinobi, in quel posto schifoso. Per un secondo pensai che fossimo tutti soggetti a qualche forma di illusione su larga scala; di certo una squadra fiaccata da pioggia, freddo e fango non era efficiente quanto una fresca. Ma fra noi, in quella stanza, c'era un sensitivo "molto esperto". Mi fidai del fatto che lo fosse e non espressi la mia perplessità continuando a seguire le spiegazioni del caposquadra. Alla fine, oltre che nella pioggia, eravamo finiti anche nella merda. Ascoltai il resto delle suppliche e decisi di rimanere, senza palesarlo a nessuno. Non ancora almeno.



    « Bhé, suppongo, perchè a questo punto possiamo solo supporre, che la teoria del mio compagno Itai suoni difficile un pò a tutti. Cioè, non per altro, ma in vita mia ho visto solamente un Genjutsu così potente da portare al suicidio e, sopratutto, così efficace da non subire variazioni di potenza sulle lunghe distanze. Tsukuyomi.» Cercai lo sguardo del Jonin di Konoha. « Escludendo la possibilità che uno shinobi traditore del clan Uchiha si sia interessato ad un villaggio di taglialegna, o siamo difronte a qualcosa o qualcuno di eguale potenza, e allora non so quanto siamo equipaggiati per affrontare una minaccia del genere, oppure, nella migliore delle ipotesi ma anche la più inreale, il poverino non ha retto lo stress imposto da vari fattori. »

    Eravamo lì a supporre... che equivaleva a fantasticare. La cosa mi dava fastidio tanto quanto avanzare per tentativi quando analizzavo le provette di sangue delle cavie che avevo in laboratorio. Ma in situazioni del genere, sopratutto perchè avevamo la possibilità di acquisire informazioni prima di andarci a suicidare chissà dove, dovevo ragionare a voce alta, anche se poteva risultare scocciante, e porre tutte le domande che mi turbinavano nella testa.


    « Che dire, il tempo di certo non ha aiutato la squadra, sopratutto vedendo già com'è messo il morale qui dentro e facendomi due calcoli su come poteva essere nella squadra precedente. Inoltre erano seguiti, che di per sé è già un'altra buona dose di stress, sopratutto se la situazione rimane costante: brutto tempo, inquietudine, scomparsa progressiva dei compagni fino ad arrivare a vedere la propria squadra massacrata dopo esser stata messa allo sbando. Ah, sempre che l'eliminazione non fosse progressiva. A volte rimanere soli è addirittura peggio. » Stavo sorridendo! Ma che diamine, il mio lato sadico era uscito nuovamente. Ero certo che qualcuno si era accorto della mia espressione, soprattutto dopo lo sproloquio. Cercai di riassumere un atteggiamento neutro.

    « Perdonatemi. Mi lascio trasportare facilmente. Il mio nome è Shinrai e sono un Jonin del villaggio della Nuvola. Al dilà del mio fantasticare, ho due domande da porti Hami. Il vostro sensitivo, o quantomento uno del gruppo, ha avuto la sensazione di essere seguito? Per quanto mi riguarda non mi sono accorto di nulla... questa è una domanda che porgo a tutti i presenti, nuovi arrivati compresi. Questo perchè può anche implicare che i nemici, escludendo per ora la possibilità che sia un singolo individuo, forse nemmeno sanno dell'arrivo di rinforzi freschi. » Mi guardai intorno gettando un occhiata allo Hyuga. « E' possibile farsi inviare dall'accademia i risultati dell'autopsia sul cadavere dell'unico "superstite"? Magari io e gli altri shinobi medici possiamo ottenerne altre informazioni. Ah, se qualcuno di noi è in grado di erigere qualcosa di più asciutto di questa casa, non credo che qualcuno si lamenterà. Direi inoltre che per cominciare sia necessario esporre tutti, e ripeto tutti, i nostri dubbi e le nostre domande. Confidando nella pazienza dei nostri colleghi.» Sorrisi, i presenti dovevano capirci. Che bel teatrino!

     
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  13. The_Drake
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    ~ Una Missione di Routine ~
    [2 - Ipotesi...]



    All'appello si erano presentati in otto: sembrava che Itai si fosse portato via la scorta di due allievi; un ninja da Oto, uno da Suna, un'altro sconosciuto, e un mascherato: non sapeva perchè ma la vista di persona mascherate, dopo la riunione con Diogene, ancora gli provocava rabbia dentro al suo corpo.
    Rimase in silenzio da osservare il teatrino messo in scena dal biondo Kiriano per tenere in riga i suoi amici della Nebbia: fantastico vedere come riuscisse a farsi temere.


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    Drake si avvicinò al suo amico e battendogli una mano sulla spalla e frapponendosi ai suoi allievi, un'estremo modo per dividerli da quella rabbia, cercò sorridendo di mettere sul ridere quella vicenda, cercando di tranquillizzarlo; sapeva fin troppo bene quanto poteva essere pericoloso il Nara quando era incazzato: poi Drake aveva la facciatosta da poter anche intervenire sperando di non incorrere in altre sfuriate.


    Forza, forza...Dai Itai, cercava solo di mettere allegria in questo mortuorio: il clima è pessimo, il morale non è alle stelle: almeno ha portato un pò di energia!
    E poi se dobbiamo dirla tutta...se non mi sbaglio nelle vecchie missioni o non missioni, le cose non sempre sono state rose e fiori! Hahaha!


    Detto questo girò la testa verso i due allievi e cercò di metterla sul ridere pure con loro, coinvolgendoli con lo sguardo: c'era altro a cui doveva pensare, partendo dal fatto che fosse solo tra tutti quei ninja di altri Paesi; la cosa era ababstanza interessante, considerando che voleva dire che Konoha teneva più conto di lui, in quel momento, che di altri.
    Aveva dimostrato quanto la determinazione e l'assiduità portavano i suoi frutti in quel mondo: anche se ancora non bastavano; almeno avrebbe potuto mettere in pratica un pò di quello che aveva sviluppato in quei mesi.
    Comunque, non potè prolungarsi oltre considerando che dalla porta principale entrarono due figure: uno shinobi e una kunoichi.
    Il giovane sembrava un normalissimo ninja, seppur Jonin, anche se da quello che poteva vedere i segni delle battaglie erano vivi nella sua pelle; la giovane invece aveva una carnagione ambrata, se ne vedevano poche, e una stramba capigliatura: anche se messa a confronto della colorozazione dei capelli di Ryouji, tutte erano normali; tutta colpa dell'olio del Monte Myoboku.
    Il più arzillo e forse trascinatore della compagnia era proprio il Jonin della Foglia, Hami, che sembrava dare la carica ai colleghi che erano del tutto devastati da quei giorni; la kunoichi era una persona sulle sue e Drake non gli diede molta importanza, considerando che aveva altro a cui ascoltare.
    Infatti la beneamata spiegazione sulla informazioni relative alla missione era iniziata: alla fine del racconto sembrava realmente di stare in uno scenario da film horror; Intere squadre ninja che non tornano e gli unici superstiti possiedono dei danni paurosi sul corpo, oltre che una sanità mentale completamente assente.
    Il primo del gruppo Accademico, a parlare, fù Max esponendo le sue perplessità sul fatto: forse aveva azzeccato il problema, una genjutsu ad area, così tanto potente da far crollare ninja esperti; quasi sicuramente mantenuta da potente sigilli perimetrali.
    Drake ne sapeva poco di quelle storie e con le sue capacità, da Chunin, non poteva essere d'aiuto: si sentiva inutile in quel momento.
    Un secondo ninja intervenne alle parole di Max, altro jonin, però proveniente dalla Nuvola, con possibili abilità mediche considerando le sue parole e ciò che aveva proposto.
    Dalle sue parole e da come si spreimeva non sembrava una persona del tutto apposto: sorrideva nel parlare della disperazione in quel posto; forse a Oto c'era gente abbituata a tutto questo, se non a cose peggiori.
    Si spostò a si portò vicino alla mappa per osservare meglio ciò che c'era disegnato: proprio come aveva detto il Jonin della Foglia e il suo compagno Itai, l'unica cosa possibile era entrare nella zona con scarsa comunicazione e provare a capirci qualcosa.
    Difatti era l'unica cosa da fare considerando che la perlustrazione del loco era già stata fatta e che un'esperto sensitivo aveva già provato a eliminare i sigilli.


    Fantastico! Quindi ci troviamo davanti all'impossibilità di agire in una condizione di salvezza, anche minima..costretti ad addentrarsi dentro alla parte disturbata e sotto l'effetto di questa pseudo Genjutsu o protezione auto-difensiva.
    L'unica cosa che mi sfugge è perchè lasciare scappare uno delle squadre inviate dall'Accademia...cioè, ci avrete pensato pure voi, no!?
    Vengono inviate delle unità ben equipaggiate, penso, e di queste fà ritorno una sola persona, in pessime e disumane condizioni, incapace di dire ciò che aveva visto o provato dentro alla zona....un'avvertimento? Non penso, considerando che se fossero stati dei ninja a fare tutto ciò...come penso lo sia, dato l'utilizzo di sigilli perimetrali, non avrebbero mai fatto fuggire una persona che poteva avvertire paesi vicini o le alte autorità: l'avrebbero quasi sicuramente ucciso, dato che se ci sono riusciti per gli altri non vedo perchè non per lui.
    Secondo me...potete chiamarlo intuito o comunque beneamata voglia di portare a casa la pellaccia...questi tizi, volevano che almeno qualcuno fosse informato: non sò per cosa o perchè, come tutti noi del resto, ma la cosa è possibile...ci stanno aspettando...


    Assunse un tono abbastanza macabro e serio, non caratteristico della sua persona euforica e allegra: la cosa che aveva esposto era possibile, come tutte le altre ipotesi e si basava su ciò che avevano in quella stanza.
    Si distaccò un'attimo in modo che tutti avessero compreso ciò che aveva detto o per ricomporsi un'attimo; era bello rischiare così tanto ogni volta, proprio fantastico.
    Prese un breve respiro e terminò il suo dire, cercando di riportare la sanità mentale in quel luogo, o almeno per non far cadere ancora più in basso le speranze iniziali per quella missione.


    Comunque, io sono Drake Jo Ryouji, Chunin di Konoha.
    E se questi tipi, o non tipi, ci stanno aspettando o meno, avranno sicuramente la mia presenza da tener in conto, quando andremo a spaccargli il culo!


    Un finale da vero Drake, che forse avrebbe smosso un pò i cuori di tutti: non sarebbe mancato poi molto all'ora di partenza verso il territorio ostile ed era meglio caricare tutti.
    Detto ciò, con sguardo fiero e determinato, non lasciò il posto vicino alla mappa e ai due Jonin incaricati alla spiegazione, aspettando così commenti di altri...


     
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  14. Manu ©
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    Discussioni.



    Continuarono ad arrivare persone, ninja che Hamano osservava solo quando entravano per poi tornare a perdersi nelle proprie paranoie mentali, mentre questi chiaccheravano, si ritrovavano e si scambiavano convenevoli.
    Passò il resto di quella strana pausa a guardare un punto fisso nel vuoto, estraniandosi completamente da quello che lo circondava, almeno fino a quando non fecero il loro ingresso uno shinobi e una kunoichi.
    Si presentò come jonin di Konoha e come leader del gruppetto di ninja attorno alla tavola e dei due bestioni fuori. Inoltre presentò la kunoichi e due dei tizi come ninja di Suna, ma Hamano era sicuro di non averli mai visti nei pressi del villaggio.
    A parte questo buco delle sue conoscenze quello che il leader aveva illustrato sembrava un normale scenario di una missione. Gente sparita, zona pericolosa, alcuni decessi, indizi poco chiari e cose simili.
    Solo che questa volta erano coinvolte un maggior numero di persone, ma alla fine sembrava il solito tram tram del ninja odierno.
    E anche la pericolosità sembrava decisamente superiore ad altre missioni di quel tipo.
    Perlomeno avrebbe avuto modo di distrarsi dagli ultimi avvenimenti grazie alla a questo evento, cosa che non gli dispiaceva. Almeno avrebbe avuto la testa impegnato sul come sopravvivere anziché cadere in una depressione ridicola e infantile.
    Ascoltò alcuni pareri da parte degli altri ninja, tutte teorie abbastanza fondate che Hamano si ritrovò a condividere

    Mi ritrovo concorde con ciò che ha detto il chunin Drake Jo Ryouji. A questo punto, qualsiasi sia l’inidizio che troveremo per risolvere questo caso, bisognerà sempre tenere in considerazione l’ipotesi che possa essere stato lasciato apposta dal nemico.

    Aveva almeno detta la sua anche se il suo contributo era certamente stato inferiore a quello degli altri. Poi si accorse di non aver detto il nome.

    Ah sì, comunque sono Hamano Iga, chunin e guardiano di Suna.

    Anche però se diceva il suo titolo in un attimo tornò a valutare la definizione di guardiano. In fondo era stato capace di allontanare l’intruso, però si sentiva meno ninja di prima.
    Si ammutolì immediatamente, non proferendo più alcuna parola.
    Finito il discorso vide però la kunoichi sunese avvicinarsi a lui. O perlomeno a muoversi nelle sue vicinanze.
    Hamano la considerava una di quelle donne che mantengono quel cipiglio perchè si vogliono far rispettare alla pari degli uomini in quegli ambienti prettamente maschili, ma quando, appoggiata al muro lì vicino, gli parlò, Hamano capì che la sua comunque era solo un’apparenza. La sua voce era proprio quella di una donna normale, meno ferrea di quello che dava a vedere.
    Ci mise un po’ a rispondere. Era ovvio a cosa si riferisse, perciò diede un’occhiata al suo nuovo arto. Fatto bene, resistente e potente, con un bel marchingegno all’interno. Alal fine gli sarebbe potuta andare peggio.
    Forse per la prima volta iniziò a considerare quel braccio come un nuovo inizio anziché come fine della sua carriera.
    Forse gli serviva un po’ di interesse da parte degli altri per la sua situazione personale.

    Come è successo? Rispettando il mio lavoro di guardiano di mura a qualunque costo.


     
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  15. Akimaru Tokugawa
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    Briefing
    Drake quando hai imparato a elaborare Pensieri?



    Che bella riunione.
    Ormai si era al completo e, quando Hami entrò, finalmente il silenzio cadde nella catapecchia e il briefing iniziò. La situazione era più complicata del previsto, ma non mi dispiaceva più di tanto, il massimo che potesse capitarmi tanto sarebbe stato morire, almeno questo era quello che pensavo all'inizio.
    Dopo che Hami si presentò, insieme alla sua squadra, spiegò il motivo della chiamata e tutto si fece buio e cupo: non più la morte ad attenderci ma la pazzia, la disperazione e la solitudine. Ci andavo a nozze.

    Vi furono varie teorie incrociate, tutte valide, eccetto una che sembrò essere più un modo per giustificare qualcosa, oppure per minimizzare il tutto. Shinrai non mi convinceva molto, le sue supposizioni parevano voler minare qualcosa, ma lasciai perdere cercando di non toccare quel tasto e focalizzandomi sugli altri. Di sicuro Itai aveva ragione, doveva trattarsi di qualche tipo di Genjutsu molto potente e di sicuro quei fuuinjutsu ne erano il tramite per attivarne l'efficacia. Una barriera perimetrica, non c'era dubbio, che servisse a prolungare il potere della tecnica? Non potevo ancora dirlo. Che avessero altri effetti? Probabile, ormai era tutto probabile e possibile.
    Una delle affermazioni che più mi stupì però fu quella di Drake. Aveva intuito una cosa che già mi frullava nella mente, ci stavano di sicuro aspettando e, di sicuro, il sopravvissuto era solo una provocazione in stile "provate a fermarci!"

    Forse era il momento di dire la mia.
    « Shinrai in quanto ninja non va escluso nulla, neanche l'ipotesi di Itai che, per quanto possa sembrarti assurda, mi sembra l'unica valida. Drake da quando sai articolare pensieri tuoi? Comunque son d'accordo con te, ci stanno aspettando e l'ultimo sopravvissuto è stata solo una provocazione. Che siano Nukenin? forse. Che stiano cercando di accumulare più corredi genetici, cercando di acquisire innate? forse. Che abbiano fatto male i conti? Oh ma questo è sicuro.
    Comunque...Questo mi sembra un vero e proprio mistero, il che non mi dispiace affatto. Dobbiamo stare attenti, se si tratta davvero di un potente genjutsu i problemi sono inferiori, se le ferite erano vere le spiegazioni sono poche. Il genjutsu potrebbe, agendo su tutti contemporaneamente, farci comparire come demoni agli occhi dei nostri amici ed indurci a combattere fra di noi e dato che nessun genjutsu può provocare vere ferite, questa mi sembra una spiegazione. Se non si tratta di un genjutsu, beh ci troviamo di fronte a qualcosa di davvero potente e dubito che si possa fare qualcosa.
    Il genjutsu mi sembra però l'ipotesi migliore e spero che sia così.
    Comunque, se non sbaglio gli Hyuga con il loro Byakugan hanno una vista telescopica molto potente, che inoltre permette loro di vedere loro con un campo visivo di poco inferiore ai 360°, possibile che non abbia notato nulla di insolito nel suo campo visivo? Inoltre è anche un sensitivo, qualcosa deve aver pure sentito no? Possibile che non sappiate dirci nient'altro? Tipo di chakra, provenienza? Se la tecnica perimetrica ha un estensione di 10 km ipotizzo ci siano dei "ponti" che permettano all'utilizzatore di aumentarne il raggio, oppure potrebbero esserci più ninja intenti un una sorta di Jutsu combinato. Ci deve essere qualcosa.»

    Ripresi un attimo il respiro, stavo esagerando forse, ma era pur sempre il mio lavoro.
    « Scusate...non volevo attaccarvi, ne accusarvi di incompetenza. Non voglio che altri ninja perdano la vita, non sotto i miei occhi almeno, soprattutto ninja che conosco. » Guardai i Kiriani, poi Drake. Non potevano riconoscermi ma alla fine mi sarei presentato, forse. La carenza di informazioni era davvero impressionante e sinceramente, quello sparuto gruppo di ninja non mi convinceva per niente. Perché reclutare in gran segreto? Non esistono missioni diverse dalle altre, almeno non per me. Che l'accademia possa temere la presenza di Talpe all'interno di essa? Che quelli difronte a noi fossero falsi ninja accademici? Che io mi stessi facendo fin troppi problemi? Tutto era possibile.

    Mi alzai, facendo scrocchiare il collo, nervoso e pensieroso.
    Era una missione suicida e non avrei lasciato tutto al caso o a sconosciuti.
    « Itai da quand'è che prendi ordini da qualcuno? A mala pena ci riesce Shiltar a tenerti in riga e ti metti nelle mai di sconosciuti con scarse risorse e, soprattutto, scarse informazioni? Mi deludi molto.
    Non che non mi voglia fidare Hami-kun, ma non affido mai a sconosciuti la mia vita. Quindi ti pregherei di darci tutte le informazioni dettagliate, i rapporti accademici, la cartella clinica, il referto dell'autopsia, foto incluse. Mi interessa qualsiasi cosa, numero di ninja scomparsi, villaggi di appartenenza capacità speciali e abilità particolari. Ci serve qualunque cosa riusciate a trovare. »
    Dovevamo studiare tutto alla perfezione. Non potevamo lasciare nulla al caso e, nonostante non mi fidassi, quella squadra di sparuti ninja sottopagati, era l'unico contatto con l'accademia e con i file legati alla missione e questo mi puzzava molto ma avrei aspettato per esporre i miei sospetti. « Ah si, dimenticavo: Akimaru Tokugawa, Chunin di Kiri, un tempo conosciuto come Ao Yotsuki. »

     
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37 replies since 2/9/2010, 15:49   1080 views
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