I due shinobi atipici

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  1. Quicumque
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    Viaggio in Accademia



    [Giocata collocata temporalmente dopo l'entrata a Suna]




    Questi viaggi in accademia erano una rottura di scatole. Sopratutto perché erano semplici formalità burocratiche. E io le odiavo. Dovevo farmi un viaggio di questo genere solo per dire ad un maledetto idiota nascosto dietro una scrivania che io ero io, cioè Shu (cosa non vera, ma questo non c'entra con il discorso). Altrimenti non sarei stato riconosciuto ufficialmente come shinobi accademico per via del fatto che ero tornato esattamente un giorno dopo la data in cui avevano dato il mio sensei per "disperso".

    Si, odio la burocrazia.

    Una semplice formalità, a detta di quegli idioti. Gliela avrei fatta vedere io la "semplice formalità", sotto forma di un calcio stampato sulle loro flaccide chiappe ossute.

    Arrivai finalmente all'accademia, con la rabbia che durante il viaggio si era lentamente montata in disprezzo, per poi passare all'odio. Per infine arrivare alla distruzione totale. Sembravo quasi una bomba in procinto di esplodere e la gente mi stava lontano per paura. Dopotutto non si vedeva un tizio armato di tutto punto, vestito quasi da guerra e incazzato come una bestia. Sopratutto in un mondo, come quello degli shinobi, dove il saper controllare le proprie emozioni e il nascondere la propria identità era una delle regole basilari.
    Ma poco mi interessava. Se fossi stato abbastanza forte avrei potuto distruggere letteralmente quei patetici codardi e i loro trucchetti.
    Allora però dovevo ancora maturare completamente e non mi rendevo conto che il mio testosterone mi avrebbe messo nei guai in più di un occasione.
    Arrivai all'accademia e chiesi dove si trovava l'ufficio accertamento identità. Mi costrinsero però a consegnare le armi, dato che "non ero accertato come shinobi accademico e pertanto ero un soggetto potenzialmente pericoloso".
    Dannate ed inutili norme anti-nukenin. Secondo loro un nukenin sarebbe entrato, con le armi in vista, in pieno giorno e dalla porta principale?
    Glielo feci presente.
    "Le regole sono le regole", disse il vigilante panzone con un tono talmente petulante che mi fece venire voglia di sfondargli la zucca a craniate.
    Sbuffai, non mascherando per niente la mia irritazione, e consegnai le armi facendogli notare che le custodiva a suo rischio e pericolo.
    "Le armi non sono sorvegliate e la direzione dell'accademia non garantisce per la loro custodia", rispose l'idiota.

    Buffo. Ho pensato lo stesso io della tua misera ed inutile persona.



    C'era solo una cosa che odiavo di più della burocrazia: i deboli idioti senza alcun vero potere che credevano di essere i padroni del mondo solo perché avevano una misera posizione di potere.
    Mi disse di salire al secondo piano e di entrare nel secondo ufficio a destra.
    Arrivai nell'ufficio preposto all'accertamento di identità. Dissi chi ero e mostrai all'impiegata (una donna sposata di mezza età che tuttavia si manteneva in forma) i miei documenti.

    Mi dispiace ma deve andare prima all'ufficio accertamento documenti. I suoi documenti devono essere validati da timbro accademico prima di poter essere considerati idonei per l'accertamento di identità.



    Cioè per accertare la mia identità prima dovevano certificare che i miei documenti erano autentici e poi dovevo andare in un altro ufficio a registrare la mia identità?

    Sempre più deciso a demolire quell'edificio pietra su pietra andai al piano terra (non c'erano neppure ascensori, dove eravamo? Nella foresta pluviale?) ed andai all'ufficio accertamento documenti. Non c'era nessuno e mi avvicinai allo sportello. Iniziai a spiegare la mia situazione quando venni interrotto da un tipetto con un sorriso decisamente sadico. Quanto avrei desiderato rompergli i denti con un pugno.

    Deve prendere il numero.

    Ma non c'è nessuno in coda.

    Deve lo stesso prendere il numero.



    Andai a prendere il numero ma sfortunatamente venni preceduto da un anziano che impiegò mezz'ora semplicemente per pagare all'impiegato dei suoi servizi, con quel maledetto che allungava appositamente i tempi per farmi dispetto.

    Alla fine riuscii a parlare con quel tizio ma mi disse che per richiedere l'accertamento dei documenti avevo bisogno del modulo AK-47 che dovevo ritirare nell'ufficio preposto nella sala principale.

    Arrivai in quell'ufficio, al centro del salone, ma vidi affisso un cartello con gli orari.
    A quanto pareva quel particolare ufficio chiudeva di mercoledì. E che giorno avevo scelto per andare in accademia? Esatto. Proprio un mercoledì.

    Tirai un imprecazione che quasi spaccò i vetri e penso che mi sentirono in tutta l'accademia (comprese le classi degli studenti shinobi). Un tizio della sicurezza si provò ad avvicinare chiedendomi quale fosse il mio problema. Gli risposi che se non se ne fosse andato immediatamente dalla vista il mio problema più imminente sarebbe stato l'occultamento del suo cadavere.

    Me ne andai tirando un pugno alla porta di quell'ufficio, distruggendo la tabella degli orari e scardinando la porta.

    Avevo decisamente fatto una scenata, ma poco mi importava. Almeno mi ero sfogato e adesso mi sentivo più tranquillo. Era quasi ora di pranzo per cui decisi di andare nella mensa accademica (si, in base ad un cavillo potevo accedere alla mensa per gli shinobi accademici anche se l'accademia non mi riconosceva ufficialmente come ninja. Valli a capire questi burocrati...).

    Presi il mio vassoio e mi servii. La mensa era quasi completamente piena ma non faticai a trovare un posto dato che un tizio che era da solo su un tavolo si alzò per lasciarmi da solo (probabilmente spaventato dal fatto che avrei potuto spaccargli la testa se solo mi avesse guardato storto).

    Mi sedetti quindi a mangiare, sperando di riuscire a trovare un modo per risolvere la maledetta situazione in cui mi trovavo...

     
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