Corso Genin Classe R

Regione: [E 11] Sensei: Raizen

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    Camminava già da qualche ora con un passo tutt’altro che rassicurante mentre stringeva tra le mani una stropicciata missiva dell’accademia.

    Fatti chunin ti dicono! Fatti chunin e sarai libero!

    CITAZIONE
    All’attenzione di Raizen Ikigami

    La informiamo con la seguente che lei, consecutivamente al passaggio al grado chunin, è stato selezionato per tenere una missione di recupero ed addestramento a 2 aspiranti genin.
    A lei verrà affiancato un aiutante per gestire al meglio la missione.
    A lei la scelta del metodo di insegnamento e degli argomenti da trattare per preparare al meglio gli studenti.
    Se ritenuti idonei al passaggio di grado dovrà comunicarlo mediante lettera ufficiale all’accademia che provvederà a far recapitare agli studenti giorno e luogo in cui si terranno gli esami.
    Tale mansione sarà ovviamente ripagata e puntualmente inserita nel suo curriculum accademico.

    Con la speranza che dia un valido contributo all’accademia: Distinti saluti.

    Burocrazia schifosa!
    Distinti saluti un corno!
    Che ci mandino un cazzo di genin schifoso!
    Se al ritorno non mi danno almeno una missione decente gli ribalto quei di quattro uffici del cazzo!


    La lettera nel retro aveva una piccola mappa con sopra indicato il luogo in cui avrebbe dovuto incontrare il resto del gruppo, era poco distante da Konoha, ma da Castlevania erano comunque sei ore di cammino.
    Dovette abbandonare il letto molto presto per arrivare puntuale all’incontro, il poco sonno che aveva alle spalle non lo rendeva certamente più accondiscendete a qualsiasi tipo di attività o richiesta, inoltre gli rodeva che i suoi allievi avrebbero fatto il tutto con molta più calma visto che erano vicini al punto d’incontro.

    Maledetti loro e maledetta accademia!

    Se qualcuno dei suoi allievi fosse già giunto avrebbe visto una colossale figura, palesemente irata, emergere gradualmente dalla foresta: il colosso di Konoha era infine giunto.
    Era incazzoso, ma rivedere il verde di Konoha lo tranquillizzò, Castlevania non poteva vantare quei paesaggi, il sole delle 8 del mattino inoltre rendeva il tutto ancora più vivido.
    Allungò il passo per dirigersi verso l’unica costruzione presente in quello spiazzo erboso, non degnò nemmeno di uno sguardo i presenti (in caso ce ne fossero) si sarebbe limitato a fare un cenno con la mano se l’avessero salutato.
    Irruppe nella casa senza bussare e senza alcun particolare riguardo per i suoi padroni.

    Lo shinobi richiesto al villaggio della foglia è giunto, c’è nessuno?

    Dopo qualche secondo di attesa lo accolse un vecchio curvo sul suo bastone.

    Oooohhhh! Ma che eccellente garzone, mi sarai sicuramente d’aiuto con quel fisico!
    Il mio nome è Takoru, piacere!


    Squadrò il vecchio con la peggiore delle occhiate che potevano rivolgersi ad un ingenuo vecchietto mentre gli stringeva la mano nodosa.

    Vacci piano, vecchino, non sono il tuo garzone sono lo shinobi giunto ad indagare riguardo la scomparsa di...?

    Non sapeva ancora di cosa si trattasse, la lettera che gli era stata recapitata non parlava dell’oggetto da recuperare.

    Ooooh si capisco.
    È per l’altro affare quindi...beh, qualche giorno fa è sparito il mio gregge di pecore e non sono più riuscito a ritrovarle, e con le mie ginocchia ormai non riesco più a stargli dietro, dovreste farlo voi al posto mio.


    Le braccia dello shinobi per poco non ruzzolarono a terra per lo stupore.

    P...p...pecore?!?!?

    Uscì all’esterno per rincontrare i suoi allievi, si sarebbe seduto sulla staccionata che probabilmente un tempo era il recinto delle capre e attese che tutti fossero presenti prima di presentarsi, una qualsiasi richiesta prima che l’intero gruppo si fosse radunato avrebbe avuto in risposta il solito gesto della mano che pretendeva il silenzio.

    [...]

    Una volta che il gruppo fosse stato al completo Raizen avrebbe finalmente alzato la testa e si sarebbe presentato.

    Bene, omuncoli! Il mio nome è Raizen Ikigami, al momento non vi serve sapere nient’altro se non che sono il vostro sensei.
    Ora, se prima di passare al sodo mi dite i vostri nomi e i motivi che vi hanno portato a scegliere la via del ninja sarò felice di ascoltarvi.
    Mi interesserebbe sapere anche in che modo vedete il ninja, del tipo...se come una macchina da guerra, un soldato un semplice uomo o chessò io, ovviamente una risposta decente e motivata sarebbe meglio.


    Pareva che il tono fosse estremamente cordiale ma mentre parlava un intensa “aura” di cattiveria pareva aleggiare intorno a lui e attanagliare i due studenti.
    La sua vendetta l’avrebbe avuta, presto o tardi l’avrebbe avuta


    CITAZIONE
    Che dire: benvenuti *O*
    Primo e Semplice post di presentazione, dovrete ricevere una lettera in cui venite informati della piccola missione che vi è stata affidata, nella lettera trovarete la mappa e l'ora di incontro (8 del mattino), decidete voi se arrivare in orario o in ritardo... anche se la seconda opzione non è troppo consigliata :ghu:
    ovviamente non prendete troppo seriamente la faccenda dell' aura XD
    mi sembra tutto abbastanza semplice, se ci sono dubbi il mio contatto msn sta nel profilo.
    spero vi divertiate durante il corso della ruolata!

     
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    The First Step.
    A Wonderful Day!



    ____________



    La mattina in cui arrivò la lettera dell'accademia ninja -portata personalmente da un imbellettato postino dagli scompigliati capelli rossi- il cielo brillava dei suoi più caldi colori, e un venticello fresco e piacevole sferzava con piccoli sospiri il pianerottolo di un ampio appartamento sul quale, con lo sguardo perplesso e un lecca lecca in bocca, una ragazzina squadrava con curiosità le due buste bianche che aveva appena ritirato.

    « Beh? Finalmente sono arrivate le convocazioni » Disse la giovane aprendo con lo stecchino di legno del suo dolcetto una busta sulla quale, a grandi caratteri, spiccava il nome “Shizuka Kobayashi” « Non ci speravo più, se avessero tardato ancora, avrei accettato di buon grado l’offerta di lavoro del signor fruttivendolo » Aggiunse poi, con aria contrita, entrando in casa e richiudendo alle sue spalle, con un piedino scalzo, la porta di legno.

    La lettera, come si presentò agli occhi della sua proprietaria al momento dell’apertura, era semplice e ordinaria quanto sintetica. Con microscopici caratteri -addossati gli uni sugli altri senza la minima grazia- recava infatti, solamente, il seguente messaggio:


    “Gentilissima Signorina Kobayashi,
    l’accademia ninja di Konoha è felice di comunicarle la data e l’orario del suo corso d’addestramento, che si terrà fra tre giorni a partire da oggi presso la prateria adiacente alle mura del villaggio.
    L’orario d’incontro è segnato per le otto del mattino.
    Nella speranza di risentirla presto,
    L’amministrazione accademica”




    Erano le dieci del mattino nel tranquillo villaggio sempreverde e lei, Shizuka Kobayashi -17 anni di pura puntualità e sistematica organizzazione- non poté che sospirare con sguardo irritato dopo aver dato un’occhiata alla data di spedizione di quella raccomandata che, evidentemente, aveva fatto chissà quale peripezia prima di giungere a lei.

    « …Ma è domani, uffa! » Sibilò infatti, tra i denti, alzando gli occhi al cielo.
    Poi fu solo un attimo: Appese la seconda lettera, ancora chiusa, alla lavagnetta di sughero dell’ingresso -in bella vista per evitar che non venisse notata- poi corse rapidamente su per le scale dell’appartamento, chiudendo con un tonfo secco la porta della sua cameretta.
    Non c’era tempo da perdere. Aveva solamente un giorno per prepararsi!


    ¨•¤º°º¤•¨



    La mattina dopo Shizuka Kobayashi si alzò non appena i primi raggi del sole -sgattaiolando maliziosi nella sua camera, attraverso le finestre socchiuse- le solleticarono dolcemente il volto addormentato.
    Non era, invero, abituata a svegliarsi così presto, ma decisa più che mai a portare a termine al meglio il suo nuovo obiettivo, non poté che sorridere e alzarsi, pronta a impegnarsi al massimo anche quella volta e anche in quell’occasione.
    In fondo, lei era fatta proprio così, un dolce preparato con la giusta quantità di ottimismo, allegria e un’inesauribile energia tirata fuori da chissà dove... benché -come ogni buon dolce- anche lei aveva quel pizzico di sale che non può mai mancare, e che nel suo caso prendeva le vesti di un fiero orgoglio e una lungimirante ambizione.
    [...] Già. Ce l’avrebbe fatta. Sicuramente.
    Dopotutto non poteva essere così difficile come tutti dicevano… e se anche le voci che aveva sentito avessero corrisposto al vero, dove sarebbe stato il problema?
    Doveva solo impegnarsi di più, sempre di più, fino a quando non ci sarebbe riuscita!
    Semplice, no?
    Fu con questi pensieri nella mente che la ragazzina, dopo aver lasciato un foglietto sul tavolo della sala da pranzo per il fratello ancora addormento, s’infilò i suoi geta laccati color perla e uscì nelle vie di un villaggio ancora assopito nel torpore del mattino.

    Eccola.
    Lei era Shizuka Kobayashi.
    I lunghissimi capelli castani danzavano dolcemente dietro di lei, mossi dall'indomito vento del mattino, per ricadere poi ad incorniciare un volto da bambola di porcellana di pregiata fattura: La nivea carnagione, baciata dai tiepidi raggi di un sole ai suoi albori, era ravvivata dalla rosea tonalità delle sue guance che, con dolcezza, sembrava decantare la bellezza di quei grandi occhioni contesi tra il colore della terra bagnata e delle interminabili praterie primaverili.
    Vedendola camminare con passo veloce e leggero lungo le vie del villaggio, poteva addirittura sembrar una bambina -lei, così modesta nel suo metro e sessantacinque scarso d'altezza-, ma ci si sarebbe presto ricreduti notandone l'abbigliamento finemente ricercato e magistralmente abbinato, frutto di anni di rigida educazione.
    Erede del buon gusto e della pregiata raffinatezza che si tramandava da generazioni nelle donne del Clan Kobayashi, Shizuka aveva personalmente tessuto quella che sarebbe divenuta la sua divisa ninja, e che si presentava essere un perfetto connubio tra eleganza e dinamicità, poiché mentre la parte superiore era caratterizzata da un bellissimo kimono rosso -decorato con ricami floreali di incredibile minuzia- fermato in vita da un costoso obi policromo, la parte inferiore era composta solamente di un paio di semplici pantaloncini alla pescatora neri i quali, con la loro austera semplicità, sovrastavano dei raffinati geta smaltati sui quali poche persone sarebbero stati capaci di camminare con tanta disinvoltura.

    Che persona strana era Shizuka Kobayashi.
    A vederla, così candida e posata, nessuno mai l'avrebbe detta essere un'aspirante kunoichi... nemmeno lei stessa.
    Fu per questo motivo che quando trenta minuti dopo arrivò al luogo dell'incontro -segnato su di una mappa allegatale alla lettera accademica- non poté che fermarsi, palesemente nervosa.

    « Oh Dei, che da generazioni proteggete i membri della mia famiglia » Esordì incredibilmente dopo un attimo di silenzio, congiungendo le mani in un evidente segno scaramantico, e alzando gli occhi al cielo come se si aspettasse di avere una qualsiasi risposta « ...Vi prego, fate in modo che oggi vada tutto bene: Che io non deturpi il nome del clan, che non mi rompa niente durante l'addestramento e...emh, possibilmente che non finisca nemmeno nello stesso gruppo di Kuroro » Aggiunse con voce incerta, irrigidendosi nell'immaginare la reazione del suo protettivo fratello maggiore trovandola lì, quel giorno, a fare qualcosa che non avrebbe mai e poi mai approvato « Grazie » Concluse poi, prima di inspirare profondamente e, con passo deciso, accerchiare la casa dietro la quale si era soffermata, sino a portarsi dinnanzi alla facciata principale.

    [...] Ad aspettarla non c'era assolutamente niente e nessuno, se non una bellissima prateria verde e una staccionata di legno sulla quale, fermo e immobile, vi era seduto un ragazzo. Osservandolo con curiosa attenzione, Shizuka rimase colpita dall'immagine di lui, così serio e assorto in chissà quale rete interminabile di pensieri... almeno fino a quando, con stupore, non ne notò l'abbigliamento e la sacca porta shuriken posta sul di lui fianco sinistro, appena visibile sotto ad un pesante mantello nero.
    ...Un ninja?
    Incredibile -pensò la ragazza, avvicinandosi lentamente a piccoli passi, senza smettere di osservare l'oggetto della sua curiosità- non sembrava tanto più adulto di lei, benché la costituzione muscolosa e l'altezza imponente avrebbero potuto indurre a credere il contrario.
    Che fosse un suo compagno di squadra? O forse il suo maestro?
    Beh -rifletté la giovane, fermandosi a poca distanza dall'uomo con le mani intrecciate dietro la schiena- se era il primo ad essere arrivato, doveva sicuramente essere il suo maestro.
    Si! Decisamente!

    « ...Sensei? » Sussurrò quel nome a fior di labbra, abbassandosi leggermente di lato per ricercare con i suoi occhi lo sguardo del suo trovato interlocutore, mentre il suo volto andava ad illuminarsi di un sorriso gentile ed emozionato, il più radioso che da tempo donava al suo prossimo « Piacere di conosc-- »


    Silenzio.




    Questo fu quello che capì di dover fare non appena il ragazzo di fronte a lei non alzò un braccio a zittirla, come se desiderasse la più totale concentrazione per terminare un ragionamento di cui lei, nella sua inutile presenza, non sarebbe mai stata messa al corrente.
    Oh cielo, ottimo inizio -pensò allora Shizuka, scostandosi una ciocca di capelli ribelli dal volto mentre si riportava in eretta postura- sembrava proprio che il suo presunto maestro non fosse dell'umore adatto per intavolare una qualsiasi discussione. Che disdetta.
    Sospirò, portando entrambe le mani dinanzi al grembo e, canticchiando un motivetto di cui solo lei sapeva le strofe, non poté che sorridere nuovamente.
    Poteva succedere di esser di mal umore di prima mattina -rifletté, giocherellando con le sue stesse dita- l'importante sarebbe stato continuare al meglio la giornata, al massimo delle proprie capacità!

    ...Già.
    Lei, povera bimba dall'incontenibile ottimismo e inesauribile ingenuità, credeva realmente a quelle parole; ma quando -a distanza di qualche quarto d'ora- giunsero nella prateria altri due ninja, di cui uno dei due, chiaramente, era Kuroro Kobayashi...
    Beh, non solo gli Dei non l'avevano ascoltata, ma l'avevano persino punita. Atrocemente punita.
    Cos'aveva fatto di così malvagio nella sua vita, per meritare una lezione simile? Da bambina si rifiutava di mangiare la frutta, che la nonna diceva far tanto bene, ma le cose erano cambiate... adesso viveva di frutta!
    E allora perché? Perché tutto questo!?


    "Bene, omuncoli! Il mio nome è Raizen Ikigami, al momento non vi serve sapere nient’altro se non che sono il vostro sensei.
    Ora, se prima di passare al sodo mi dite i vostri nomi e i motivi che vi hanno portato a scegliere la via del ninja sarò felice di ascoltarvi.
    Mi interesserebbe sapere anche in che modo vedete il ninja, del tipo...se come una macchina da guerra, un soldato un semplice uomo o chessò io, ovviamente una risposta decente e motivata sarebbe meglio."




    Trasalì non appena la voce del sensei galoppò alle sue orecchie, improvvisa e repentina come un richiamo all'ordine e lei, decisa più che mai a non incrociare lo sguardo del fratello maggiore neanche una volta (almeno non sino a quando si fosse fatto una ragione della sua presenza lì, e avrebbe calmato l'apprensione che sapeva albergare dentro il suo animo) dedicò tutta la sua attenzione alle parole del ragazzo, fermo ad appena un metro e mezzo da lei.
    Ascoltò la sua striminzita presentazione, e nonostante si fosse imposta la più totale tranquillità -degna di un monaco zen- l'arroganza della sua voce non poté che irritarla: Perfetto, un altro ninja disturbato e perennemente adirato con il mondo. Ottima constatazione per chiudere il cerchio di disgrazie di quella mattinata degli orrori!
    Scosse impercettibilmente la testa e fu solo dopo qualche istante di religioso silenzio che, decisa a non arrendersi e a riportare la giornata al suo miglior splendore, si schiarì la voce ed iniziò la sua presentazione.
    Essendo arrivata per prima, sarebbe stata lei ad esordire.

    « Il mio nome è Shizuka Kobayashi » Disse la ragazza con voce ferma ma gentile « piacere di fare la vostra conoscenza » Aggiunse poi, con educazione, intrecciando le di lei mani in grembo prima di fermare la sua voce per un solo, impercettibile secondo.
    Osservò il suo maestro e, tacitamente, ne apprezzò l'ipocrita manifestazione di cordialità, che non riuscì tuttavia a non indurla a riflettere con la rapida e sistematica velocità che da sempre era stata la sua più fine peculiarità.
    Lei, chirurga scrupolosa di situazioni e persone.

    [...] L'uomo che si trovava di fronte non era una persona tranquilla, né tantomeno paziente. Difficilmente avrebbe potuto attrarre le sue simpatie (qualora ne avesse, e anche su questo nutriva seri dubbi, in quanto sembrava essere un uomo diffidente di nascita), o quantomeno il suo rispetto -come quello dei suoi compagni- qualora avesse esposto il vero motivo, meramente economico, che l'aveva spinta a trovarsi lì in quel momento.
    Doveva cambiare modus operandi. Doveva.
    La sincerità, con le persone lì presenti, non sarebbe servita. Non con loro. Non con lui.

    « I motivi che mi spingono ad essere un'aspirante kunoichi sono privati, e privi di qualsiasi interesse » Argomentò allora, appena una frazione di secondo dopo con una disinvoltura e una semplicità tali da renderla -agli occhi di tutti- la più sincera delle ragazze. « Mentre, per quanto riguarda la sua domanda, sensei... in che modo vedo un ninja? » Si portò un dito al mento, alzando gli occhi al cielo simulando una riflessione ben ponderata, e fu solo dopo qualche istante che riportò i suoi profondi occhi ad intrecciarsi allo sguardo del suo superiore « A mio parere, è un semplice uomo. Il ninja è un uomo comune, che nutre un'ambizione particolare e protegge determinati valori, che possono essere in ugual modo apprezzabili quanto biasimabili. Trovo, dopotutto, abbastanza ridicolo definirlo come "assassino" o con qualsiasi altro aggettivo agghiacciante » Disse poi prima di, inaspettatamente, sorridere con impassibile e dolce compostezza « Ognuno di noi può diventare la più feroce delle bestie. Per i più disparati motivi. Per i più lunghi o brevi periodi di tempo... essere una macchina da guerra o un soldato pronto a tutto pur di vincere la propria causa, trovo che non sia assolutamente peculiarità esclusiva dei ninja »

    Disse questo, e lo disse sorridendo.
    Non vi era strafottenza né rabbia nella sua voce, ma solo una gentilezza morbida e accogliente... incredibilmente, quanto anche inaspettatamente, permeata di decisione.
    Era come se, nel momento stesso in cui aveva terminato il suo discorso, avesse annunciato: "Eccomi qui, sono arrivata. Vedete di non mettermi in disparte o piegarmi al vostro volere, sono una vostra pari... e se non lo sono ora, lo sarò molto presto"


    Questo, è il nostro inizio.





    ____________



    Edited by Arashi Hime - 30/3/2010, 00:32
     
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  3. Arcangelo Gabriel
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    The way of the ninja


    CITAZIONE
    Un altro giorno…un altro giorno come tutti gli altri. Attendere pazientemente, questo sussurrava la sua coscienza. Aveva alternative del resto?
    Vagando in casa senza preciso scopo ed esatta meta cercava un modo per distendere la tensione. In momenti come quelli solitamente giocava a shogi con suo nonno o si allenava nell’utilizzo delle armi. Peccato dunque che non avesse in casa esperti giocatori di shogi, sua sorella era decisamente imbranata per cimentarsi in giochi di strategia simili.
    Allenarsi dunque? Preferiva non azzardare, se si fosse affaticato o infortunato in qualche modo avrebbe rischiato seriamente di saltare la partecipazione ai corsi dell’Accademia ninja e ovviamente ciò non era minimamente contemplato.
    Stava passando dal soggiorno alla cucina quando qualcosa attirò la sua attenzione, con la coda dell’occhio aveva notato un particolare insolito…con passo lento e pesante si avviò all’ingresso. Il suo sguardo si soffermò per un istante sulla busta attaccata alla lavagnetta di sughero…

    §Perché Shizu non mi ha avvisato?...§


    Socchiuse per un istante gli occhi per reprimere la rabbia che fugacemente stava accrescendosi e dopo un respiro li riaprì come se nulla fosse. Afferrò la lettera con la destrorsa e con pochi e misurati gesti la aprì strappandola lateralmente.
    Il messaggio contenuto al suo interno era tanto semplice quanto comprensibile e coinciso e leggendolo proseguì il suo cammino verso la cucina


    - "Gentilissimo Signor Kobayashi,
    l’accademia ninja di Konoha è felice di comunicarle la data e l’orario del suo corso d’addestramento, che si terrà fra tre giorni a partire da oggi presso la prateria adiacente alle mura del villaggio.
    L’orario d’incontro è segnato per le otto del mattino.
    Nella speranza di risentirla presto,
    L’amministrazione accademica” -


    La lettera era stata spedita due giorni prima…ciò voleva dunque significare che il primo passo sarebbe stato compiuto il giorno successivo.
    Fissò la missiva per qualche istante…poi con gesto del tutto svogliato e disinteressato la accartocciò gettandola nel cestino…la cosa migliore da fare era riposare e rilassarsi.


    [......]


    -Drin drin…drin drin…drin drin-


    Dannazione…è già ora…mi sembra di aver dormito due ore…


    Il ragazzo aprì poco a poco gli occhi per non essere violentemente accecato dalla luce del sole che quella mattina illuminava gioiosamente l’intera stanza.
    Aveva a sua disposizione un’ora per prepararsi e raggiungere il luogo destinato al raduno. Organizzatosi con calma e minuziosa attenzione dopo circa 30 minuti fu pronto per uscire di casa. Per un istante pensò a sua sorella, non la vedeva dal giorno precedente…le avrebbe chiesto spiegazioni successivamente.
    L’aria era fresca, seppur in alto già splendesse il sole la temperatura dell’aria ancora doveva essere mitigata. La città si stava lentamente destando, i commercianti aprivano i loro negozi e davano il consueto avvio giornaliero alle loro attività. Indossava come di consueto il suo kimono, più simile ad un keikogi d’allenamento che ad un’abito.
    Sua madre l’aveva fatto fare appositamente per lui da una sarta pochi mesi prima, appresa la triste notizia che il figlio avrebbe lasciato la famgilia per intraprendere quella rischiosa cariera. Era senza alcun dubbio di pregevole fattura, lo si poteva intuire dal materiale e dalle rifiniture perfettamente studiate. Qualcosa però spiccava, sua madre aveva insistito animosamente per aggiungere quel simbolo…il rosso stemma degli Uchiha sulla spalla sinistra saltava subito all’occhio su quel keikogi completamente grigio, fatta eccezione per il bavero bianco.
    E come ormai da anni era abituato a fare, anche quel dì aveva indossato la maglia nera aderente che copriva il suo viso fin sotto gli occhi. Per evitare che il keikogi si allentasse e potesse intralciare i movimenti del ragazzo, una lunga cinta nera più e più volte lo cingeva fino a renderlo praticamente un tutt’uno con il suo abito. Alle braccia inoltre indossava delle protezioni, non sapeva che tipo di addestramento o missione avrebbero condotto, dunque doveva aspettarsi di tutto.
    Per tale ragione aveva saggiamente deciso di portare con se uno zaino contenente un tonico coagulante, una corda di canapa, un respiratore e filo di nylon. Braccia, mani, caviglie e gambe erano totalmente ricoperte da fasce da combattimento con lo scopo di attutire eventuali colpi. Poco sotto la vita, legati alle gambe tramite speciali borsellini aveva portato con le kunai, un uchiha shuriken, tekken e un tanto. Legato al fianco destro penzolava ritmicamente l’Hanbo che gli era stato donato da suo nonno.
    Nel complesso l’Uchiha si sarebbe detto più pronto ad una guerra che ad un giorno di addestramento in Accademia, ma del resto la prudenza non era mai troppa e tanto meno per uno come lui sarebbe stato accettabile e ammissibile farsi trovare impreparato.


    Il suo sguardo era fermo e deciso, il vento sferzava con folate improvvise i capelli del giovane sparati all’indietro. Non vi era presunzione nel suo modo d’essere, la camminata era lenta e felpata, elegante e naturale. Ovviamente una figura come la sua non poteva che attirare l’attenzione della gente che lo incrociava. A vederlo l’avrebbero anche potuto scambiare per il figlio del Daimyo vista la fierezza che lo contraddistingueva e il raffinato Kimono. Quel simbolo poi…quel maledetto simbolo sulla spalla sinistra generava occhiate torve in ognuno di quanti posava su di esso lo sguardo.
    Ci vollero appena 20 minuti per coprire la distanza che separava la sua abitazione dal luogo prestabilito per l’incontro. Durante il tragitto l’idea che potesse fallire, avere paura o ripensamenti non l’aveva neppure sfiorato. Lui non provava mai queste sensazioni, era stato addestrato ad essere costantemente calmo e mantenere la situazione sotto controllo. Finalmente dunque si intravvedevano delle figure nei pressi di una abitazione e una staccionata.
    Quando la distanza fu ridotta e permise al ragazzo di mettere a fuoco bene le immagini, qualcosa lo lasciò momento basito…la sua mente si rifiutava di accettare quanto i suoi occhi stavano vedendo…SUA SORELLA al luogo dell’incontro?
    Non potevano esserci equivoci, ne coincidenze…non a quell’ora del giorno e non in quel luogo. Dunque anche lei doveva essere stata contattata. Shizuka evitò lo sguardo del fratello, particolare che ovviamente non sfuggì al giovane studente.

    Delusione…ecco cos’era quella spiacevole sensazione che prese piede poco a poco dentro di se…delusione per non essere stato partecipe della decisione da parte della sorellina di diventare ninja, delusione per essere stato tenuto completamente all’oscuro da tutto ciò…le parole di quello che a tutti gli effetti doveva essere il sensei passarono in secondo piano, piatte e monotone suonarono nella mente del ragazzo che non riusciva a capire il comportamento della sorella. O forse, non riusciva ad accettarlo…non era mai stata abituata al combattimento vero e proprio, seppur conoscesse tecniche basilari come lui non aveva il medesimo approccio al combattimento. Eppure egli sarebbe stato più che lieto di allenarsi con lei se glielo avesse chiesto…


    "Bene, omuncoli! Il mio nome è Raizen Ikigami, al momento non vi serve sapere nient’altro se non che sono il vostro sensei.
    Ora, se prima di passare al sodo mi dite i vostri nomi e i motivi che vi hanno portato a scegliere la via del ninja sarò felice di ascoltarvi.
    Mi interesserebbe sapere anche in che modo vedete il ninja, del tipo...se come una macchina da guerra, un soldato un semplice uomo o chessò io, ovviamente una risposta decente e motivata sarebbe meglio.
    "


    Sgradevole…falso…ipocrita…erano sufficienti a descrivere l’atteggiamento del loro sensei? Di certo quest’ultimo non sembrava così entusiasta di avere degli allievi e questo forse sarebbe stato un peccato…in fondo Kuroro aveva sembra immaginato i ninja di Konoha ligi ai loro doveri, orgogliosi e felici del loro lavoro…e invece..quell’atteggiamento era l’esatto opposto di quanto si sarebbe aspettato l’Uchiha.
    Sua sorella non tardò a rispondere con la sua abituale prontezza e loquacità, era senza alcun dubbio abile nell’arte oratoria…


    « Il mio nome è Shizuka Kobayashi piacere di fare la vostra conoscenza. I motivi che mi spingono ad essere un'aspirante kunoichi sono privati, e privi di qualsiasi interesse. Mentre, per quanto riguarda la sua domanda, sensei... in che modo vedo un ninja. A mio parere, è un semplice uomo. Il ninja è un uomo comune, che nutre un'ambizione particolare e protegge determinati valori, che possono essere in ugual modo apprezzabili quanto biasimabili. Trovo, dopotutto, abbastanza ridicolo definirlo come "assassino" o con qualsiasi altro aggettivo agghiacciante. Ognuno di noi può diventare la più feroce delle bestie. Per i più disparati motivi. Per i più lunghi o brevi periodi di tempo... essere una macchina da guerra o un soldato pronto a tutto pur di vincere la propria causa, trovo che non sia assolutamente peculiarità esclusiva dei ninja »


    Kuroro era d’accordo con il pensiero della sorella seppur in parte. Ovviamente il sensei fingendo un qualche interesse per la possibile risposta dell’altro allievo mosse lentamente il capo verso quello.
    La voce dell’aspirante shinobi era calma e pacata, cristallina


    Kuroro Kobayashi è il mio nome, come avrà intuito sono il fratello di Shizuka. E’ un piacere conoscervi sensei, seppur non si direbbe il contrario…


    L’ultima frase contenva un pizzico di scetticismo, o forse più rammarico e rabbia nei confronti di quell’uomo che indossando il coprifronte di Konoha non onorava di certo il lavoro dei ninja con il suo fastidioso comportamento.
    Senza soffermarsi per riflettere Kuroro sciorinò senza alcun freno ciò che in quel momento sentiva di dover dire


    Mai ho dovuto prendere la decisione di divenire uno shinobi semplicemente perché sono nato per farlo e non ho mai desiderato altro. Il mettermi in gioco e alla prova giorno dopo giorno mi fa sentire vivo e questo è quanto. Per ciò che riguarda invece la mia idea di ninja, penso che sia una pedina nelle mani del Kage, e quest'ultimo ne fa l’uso che più ritiene opportuno. Il ninja non è un guerriero, non è uno stratega né un assassino o una spia…il ninja è ognuna di queste cose e nessuna di loro al contempo. E’ il Kage che chiede al ninja di indossare i panni del guerriero o dell’assassino o della spia se ritenuto necessario. Ovviamente il ninja dunque è uno strumento per il villaggio, e per il suo paese. Quando un ninja giunge a decidere per se cosa vuole essere, bè… penso sia proprio in quel momento che smette di far parte del proprio villaggio e diventa un traditore. Non sono divinità ne esseri straordinari…come ha detto semplicemente mia sorella sono esseri umani e non credo di dover aggiungere altro per il momento…


    Non vi furono interruzioni o riflessioni a rallentare il suo discorso, per anni Kuroro si era interrogato sul significato del ninja e quelle erano le conclusioni alle quali era giunto. Servire il villaggio, questo era lo scopo di un ninja.
    Il suo sguardo era rimasto tutto il tempo fisso su quello del sensei. Non voleva incrociare quello di sua sorella perché probabilmente avrebbe notato in lui qualcosa di strano o che non andava e quello sicuramente non era il momento adatto per dare sfogo a discussioni o banali litigi.
    Non vi era mai stata presunzione nel suo modo di fare, questo Shizuka probabilmente lo sapeva…il sensei avrebbe dovuto notare l’indole apparentemente svogliata del ragazzo e intuire che al contrario era perfettamente calmo e concentrato…pronto a servire il suo villaggio…pronto ad essere un ninja.



    Edited by Arcangelo Gabriel - 2/4/2010, 10:18
     
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    b u c o l i c a » Prologue
    On The Other Side



    L'ultimo periodo era stato oltremodo stressante, tra pellegrinaggi in Accademia e seccature di varia natura somministratemi dal villaggio. A seguito della promozione al rango di Genin, e quindi all'effettivo inserimento nell'organico della comunità ninja, avevo potuto riscontrare un netto quanto prevedibile incremento di impegni, senza contare ovviamente le missioni che da un giorno all'altro avrebbero cominciato a vedermi coinvolto. Ero molto affezionato al mio tempo e pretendevo di avere la facoltà di scegliere come impiegarlo. Questo era uno dei motivi per cui ero restio a candidarmi ad un ruolo di maggior prestigio e responsabilità all'interno di Konoha, oltre al mio scarso interesse nel far carriera. Più si era delle persone autorevoli, più si rivestiva delle cariche importanti, ed inevitabilmente maggiore era il tempo e le energie che bisognava sacrificare per il villaggio, svolgendo attività spesso noiose o che esulavano dal proprio interesse. No, decisamente non ero pronto a mettere il villaggio davanti ad ogni altra cosa, anche me stesso, ed in tutta franchezza l'eventualità che le cose sarebbero cambiate mi vedeva molto scettico. Ad ogni modo, non era ancora il caso di lagnarsi. Avevo ancora il pieno controllo della routine giornaliera, e riuscivo comodamente ad occuparmi di tutti i miei studi e le attività collaterali. Quando decisi di intraprendere la carriera ninja ero consapevole che la posizione che avrei occupato mi avrebbe favorito ed aiutato nelle mie ricerche, oltre che pormi di fronte a sfide fisiche e mentali di difficoltà crescente che mi avrebbero messo a dura prova e avrebbero contribuito a formarmi. Ero altrettanto consapevole, però, che c'era un prezzo da pagare per godere di tali privilegi. Prezzo che si configurava principalmente con l'avere a che fare con l'Accademia e la sua pomposa struttura burocratica, con il rendersi disponibili al proprio villaggio assecondando ogni sua imposizione, e con il mettere a rischio costantemente la propria pelle. Un sistema che non si poteva aggirare, a meno che non si volesse andare incontro a grossi guai che, nel mio caso particolare, avrebbero sancito la fine dei miei propositi. Si trattava di uno scambio abbastanza equo, non potevo lamentarmi.
    Un giorno come tutti gli altri, dopo aver consumato una colazione frugale a base di riso e pesce, presi la porta della mia abitazione uscendo finalmente all'aria aperta. Il sole era ancora acerbo, affacciato oltre la chioma degli alberi in lontananza. L'aria era leggera e fresca, e respirarne a pieni polmoni mi diede un gran sollievo. Intorno era tutto tranquillo. Era ancora abbastanza presto, ma di lì a poco i primi commercianti avrebbero cominciato a farsi vedere per le strade della Foglia, recandosi ad avviare la propria attività. Solo quando abbassai lo sguardo verso il suolo mi resi conto che tra i miei piedi, proprio sull'uscio dell'ingresso, vi era una lettera. Mi chinai a raccoglierla, per poi scrutarne attentamente l'involucro. Era a me indirizzata ovviamente, mentre il marchio ed il mittente erano riconducibili all'Accademia. Non rilevai altri elementi interessanti dall'esterno. Gettai un altro sguardo ai margini della mia proprietà, nell'eventualità che il messaggero si trovasse ancora nei paraggi, ma non mi riuscì di scorgere nessuno. Poteva essere stata depositata lì da minuti, o addirittura ore, ma questo dettaglio poco importava.
    Rientrai in casa, chiudendomi la porta alle spalle. La speranza era che si trattasse di qualcosa di innocuo. La pubblicità di una qualche fiera patrocinata dall'organo, un invito ad un evento od incontro dalle tematiche più o meno banali, cose così. Cose che avrei potuto ignorare senza troppi crucci. Aprii la busta e tirai fuori il foglio di carta ben piegato, leggendolo con attenzione.

    CITAZIONE
    Egregio signor Zangyaku Jaken,

    siamo lieti di informarla che — a seguito della sua promozione a grado Genin con ottimo profitto — è stato selezionato come partecipante ad una missione di recupero, la quale fungerà come prova preliminare pratica per due studenti accademici provenienti da Konoha, aspiranti Genin.
    Il ruolo che ricoprirà in tale contesto sarà quello di aiuto sensei, operando come assistente di uno shinobi di rango ed esperienza superiore, nonché da supporto organizzativo e didattico.
    E' dunque pregato di recarsi, fra tre giorni a partire dalla data di ricezione della presente, presso il distretto E11.
    L'appuntamento con il suo collega e gli allievi è fissato per le ore 8.00 del mattino, alle coordinate indicate sulla mappa presente sul retro di questa missiva.

    Fiduciosi che svolgerà il suo compito con solerzia e dedizione, la salutiamo porgendole i nostri migliori auguri.


    In Fede,
    L'Accademia Ninja.

    Aggrottai leggermente la fronte, poi rilessi una seconda volta il messaggio, per assicurarmi che non mi fosse sfuggito nulla. Era qualcosa di piuttosto inaspettato. Non avevo fatto alcuna domanda per ottenere quel tipo di incarico, anche perché il ruolo di sensei non figurava certo in cima alla lista delle mie aspirazioni. Si trattava di un compito che spesso presentava molti fastidi, alcuni inconvenienti e poca gratificazione, almeno dal mio punto di vista. Un buon educatore, almeno per quanto richiesto dalle convenzioni, era colui che disponeva di grande affezione per il suo allievo, volontà di condivisione, e soprattutto una pazienza praticamente illimitata. Perché avere a che fare con dei giovani inesperti, ed in parecchie istanze ottusi ed indisciplinati, ne richiedeva davvero tanta. No, decisamente l'idea di fare l'insegnante a dei cadetti ninja non mi esaltava.
    Oltretutto, nemmeno mi ritenevo all'altezza del compito. Altri requisiti di un sensei degno di tale appellativo, quelli di vitale importanza per me, erano una vasta e approfondita conoscenza degli argomenti oggetto di insegnamento ed esperienza diretta pluriennale. Per quanto mi riguardava, il sensei poteva essere la persona più dolce e comprensiva al mondo, oppure la più folle e sadica, dettagli di tipo caratteriale non mi riguardavano né interessavano. Ciò che pretendevo era solo competenza, esperienza e possibilmente un cervello ben funzionante. In un'ottica del genere non rappresentavo affatto l'insegnante ideale. Ero Genin da nemmeno due mesi, le mie conoscenze erano piuttosto buone per via degli studi che conducevo con costanza da autodidatta, ma per nulla paragonabili a quelle di un ninja scafato, ed in quanto ad esperienza sul campo ero poco più che un novellino. Davvero, se fossi stato negli studenti non so quanto avrei apprezzato la scelta dell'Accademia, anche se, dettaglio da non trascurare, la mia veste era di aiuto sensei, quindi probabilmente avrei avuto un ruolo marginale nel processo didattico, mentre il grosso del lavoro sarebbe giustamente spettato al sensei "di ruolo". Inoltre, a seguito della riforma che l'Accademia aveva apportato al sistema di preparazione degli aspiranti Genin, già da un po' di tempo ormai, assimilare l'aspetto teorico dell'insegnamento sarebbe spettato in larga parte ai candidati stessi. Noialtri avremmo dovuto principalmente fugare eventuali dubbi e guidarli nella parte pratica del corso. O almeno, questa era stata la mia esperienza personale.
    Una cosa che mi pareva piuttosto strana risiedeva nei numeri: due sensei per due allievi, un esatto rapporto di 1:1. Dal punto di vista amministrativo, mi appariva come una scelta decisamente inusuale. Di solito si cercava di radunare il maggior numero di allievi possibile sotto la supervisione di uno o due istruttori, in modo da non dover ingaggiare un numero esagerato e superfluo di personale, che poi doveva essere adeguatamente retribuito. Non sapevo quante altre classi si sarebbero formate nell'imminente sessione e come sarebbero state strutturate, ma quel tipo di formazione, così simile ad un team da missione, probabilmente lasciava trasparire qualcosa che chi era dell'ambiente già sapeva bene: carenza di nuove reclute. Era da anni ormai che le iscrizioni all'Accademia erano drasticamente diminuite, ed era un fenomeno che andava accentuandosi con il tempo. Erano sempre meno le persone disposte ad intraprendere una carriera così aspra e pericolosa. Cosa che, francamente, non ritenevo necessariamente negativa. Quantità minore significava qualità migliore, oltretutto una diminuzione uniforme delle forze militari non poteva che essere un bene.
    Esaminai l'altra facciata del foglio, individuando il punto cerchiato con un pennarello rosso sulla mappa che vi era stampata. Conoscevo quella zona, ci ero stato parecchie volte. Era un'area boschiva molto tranquilla e quasi disabitata, eccezion fatta per un pugno di contadini e pastori che vi si erano stabiliti, essendo quello un posto ideale per svolgere le loro umili attività. Distava pochissimo da Konoha, in mezz'ora o poco più di cammino sarei giunto a destinazione in tutta comodità. Sperando che non si trattasse di una lettera fasulla che mi avrebbe condotto dritto dritto in una trappola, o un agguato. Annusai la lettera, in cerca di odori che potessero mettermi in allarme. La mia naturale diffidenza, che alcuni avrebbero definito paranoia, non tralasciava mai di farmi contemplare le eventualità peggiori di ogni situazione. Una cosa era certa: l'equipaggiamento non sarebbe rimasto a casa.


    [3 Giorni Dopo]

    Quando esibii la lettera che avevo ricevuto, e che mi ero premurato di portarmi dietro anche per mostrarla al sensei del corso, qualora avesse voluto una prova di identificazione, più il permesso di uscita ottenuto in amministrazione, i guardiani delle mura mi lasciarono passare senza indugi, consentendomi di recarmi presso il luogo dell'incontro. Così mi incamminai procedendo di buon passo, addentrandomi nella zona forestale che costeggiava i confini del villaggio. In quella giornata primaverile il cielo era sereno e tirava una leggera brezza tanto dolce che mi accarezzava la pelle e giocava con la mia folta chioma corvina, portata sciolta nella circostanza. Il cinguettio festoso degli uccelli ed il brusio di alcuni insetti era un piacevole sottofondo, mentre avanzavo stando bene attento a dove mettevo i piedi.
    Come mia abitudine, ero vestito in modo sobrio e semplice. L'abbigliarmi era decisamente una delle operazioni in cui non ponevo il minimo scrupolo, trattandosi di un procedimento di poco conto per me. Non consideravo parametri quali l'eleganza, la raffinatezza o la ricercatezza degni di attenzione, rapportati a indumenti la cui funzione basilare era e restava proteggere la persona dalle intemperie e coprirne le zone intime. Il mio guardaroba era abbastanza vario e contava anche dei capi che sarebbero stati giudicati più che pregevoli, ma li indossavo con totale noncuranza. La cosa essenziale, per me, era che l'indumento fosse comodo, poco elaborato e poco appariscente. E quel giorno non fu una eccezione. Indossavo una sottile maglietta a maniche lunghe di cotone, piuttosto aderente e di colore blu scuro. Le maniche erano leggermente più lunghe del normale, in quanto il loro bordo superava il polso arrivando quasi a coprire le nocche della mano. Sopra di questa, una maglia a maniche corte nera un pò più ampia, e lunga fino alle ginocchia, ma tenuta frontalmente aperta dalla vita in giù grazie ad una cerniera che percorreva l'abito per tutta la sua lunghezza. Il colletto era largo e leggermente alto. Un pantalone nero, largo quanto bastava a non intralciarmi nei movimenti e degli stivali neri che lasciavano scoperte le dita dei piedi ed i talloni, a mo' di sandalo. Il coprifronte non era esposto in bella vista, accorgimento che non trascuravo mai quando uscivo dal villaggio, per pura precauzione.
    Doveva mancare poco all'arrivo ed ero in orario. Più mi avvicinavo alla meta e più tenevo i sensi allertati, pronti a captare il minimo segno di pericolo. Guardandomi continuamente intorno, scorsi in lontananza alla mia sinistra la figura di una persona, ad occhio un ragazzo, che sembrava dirigersi verso la medesima destinazione. Continuai a tenerlo d'occhio da lontano fino a quando, inevitabilmente, cominciammo a convergere sulla stessa strada, che si arrestava di fronte ad una casetta di legno. Avendo già visitato la zona quella costruzione mi era familiare, sebbene non ne conoscessi gli abitanti. Ero dunque giunto, e non ero solo.
    Oltre al ragazzo che già avevo adocchiato ed insieme al quale ero arrivato, c'era anche una ragazza ed un uomo. La ragazza, al nostro arrivo, si voltò a guardarci e per qualche ragione parve spiazzata dalla presenza del mio compare, tanto che si affrettò a distogliere lo sguardo e porlo altrove. Pareva essere in imbarazzo, oppure che si vergognasse di qualcosa. Lanciai dunque uno sguardo in tralice al ragazzo che era al mio fianco, il quale, nonostante mantenesse una certa compostezza, apparve per qualche istante piuttosto contrariato. Doveva trattarsi dei due studenti del corso, che ad occhio e croce dovevano conoscersi di già, nonostante il loro incontro non avesse scatenato esattamente un tripudio di felicità. E, per il momento, non mi interessava indagarne i motivi, piuttosto mi concentrai sull'uomo adagiato su una staccionata antistante alla casa. Costui, sebbene fosse seduto, manifestava una stazza non indifferente, in quanto sembrava superare abbondantemente i due metri di altezza ed aveva un fisico robusto. Aveva lunghi capelli platinati ed occhi di un colore non dissimile.
    Ad un tratto alzò il capo e cominciò a parlare.

    CITAZIONE
    Bene, omuncoli! Il mio nome è Raizen Ikigami, al momento non vi serve sapere nient’altro se non che sono il vostro sensei.
    Ora, se prima di passare al sodo mi dite i vostri nomi e i motivi che vi hanno portato a scegliere la via del ninja sarò felice di ascoltarvi.
    Mi interesserebbe sapere anche in che modo vedete il ninja, del tipo...se come una macchina da guerra, un soldato un semplice uomo o chessò io, ovviamente una risposta decente e motivata sarebbe meglio.

    Come immaginavo, si trattava del sensei. Un individuo alquanto sgradevole, ebbi subito modo di constatare. Il tono amichevole che aveva usato strideva nettamente con il suo atteggiamento e le sue parole, tra cui figurava un "omuncoli" che gli intervenuti avevano senz'altro apprezzato. Non sembrava granché contento di trovarsi in quel posto. Probabilmente anche lui aveva ricevuto una mansione indesiderata dall'Accademia, ma almeno avrebbe potuto assumere un comportamento più aperto e costruttivo, come stavo appunto cercando di fare io. Ma probabilmente era la boria la sua caratteristica predominante. Speravo di lavorare con lui in maniera seria e tranquilla, ma non ne ero affatto convinto.
    Ad ogni modo, gli studenti risposero alla richiesta del sensei di presentarsi, di illustrare i motivi che li avevano spinti ad intraprendere quella carriera e della loro visione personale dello shinobi. Cominciò la ragazza, che doveva essere mia coetanea suppergiù, come l'altro ragazzo del resto. Era molto graziosa e vestiva raffinatamente. Aveva capelli tra il biondo ed il castano chiaro, molto lunghi e lisci, e grandi occhi verdastri. Si presentò come Shizuka Kobayashi. Il cognome non mi era affatto nuovo, anzi, era noto in tutta Konoha, o almeno tra i ceti sociali più alti. Si trattava del clan più rinomato e qualitativamente accreditato del villaggio per quanto concerneva il commercio di tessuti. Non potevo essere certo che si trattasse di una discendente di tale famiglia, ma tenendo conto delle dimensioni non così vaste della Foglia, dubitavo che si trattasse di omonimia. Se davvero apparteneva a tale stirpe, era curioso che le fosse stato consentito di diventare una kunoichi, non proprio un impiego degno della nobiltà, oltre che ad alto rischio. Fu evasiva sulle ragioni che l'avevano portata a fare quella scelta, mentre diede una risposta ragionevole all'altra domanda. La giovane mostrava un carattere deciso e proprietà di linguaggio, proprio come ci si aspetta da una ragazza istruita e di buona famiglia.
    Fu dunque la volta del ragazzo, il cui viso era coperto dal naso in giù, costume per nulla raro tra i ninja. Aveva dei begli occhi verdi e scuri capelli pettinati all'indietro. Vestiva sobriamente, ma bene, e sul keikogi che indossava, in corrispondenza di una spalla, era presente un piccolo simbolo fin troppo conosciuto. Un ventaglio stilizzato bianco e rosso, il marchio del clan Uchiha. Restai quindi un attimo dubbioso quando il ragazzo non si presentò come tale, dichiarandosi tale Kuroro Kobayashi. Se quel simbolo non era solo per sfoggio, probabilmente significava che Kuroro aveva ereditato sangue Uchiha dalla madre o comunque dal suo ramo familiare. Inoltre condivideva lo stesso cognome della ragazza. Erano dunque parenti, fratelli per l'esattezza. Sembrava un ragazzo serio e disciplinato.
    Quando anche lui ebbe terminato di rispondere, immaginai che fosse il mio turno di presentarmi. Ritenendo ormai la situazione sotto controllo, tirai fuori il coprifronte dalla mia veste e lo assicurai alla spalla sinistra. Avanzai di qualche passo, allontanandomi dai due allievi e fermandomi a metà strada fra gli stessi e Raizen, in un punto abbastanza esterno da riuscire ad osservare i tre disposti ai miei lati. Sembravo quasi un arbitro in procinto di segnalare l'inizio di un cruento scontro. Cominciai a parlare con tono tranquillo e sicuro, mentre il mio capo si volgeva un po' ovunque accompagnando le parole con degli sguardi rivolti a tutti i presenti.


    «Il mio nome è Jaken Zangyaku, e come voi vengo da Konoha.
    Sono qui in veste di aiuto sensei. Per qualsiasi problematica sentitevi liberi di rivolgervi a me.»

    Mi rivolsi poi espressamente agli studenti. «Potete chiamarmi per nome, o sensei, non ha davvero importanza.»

    Ormai ero lì e intendevo dare una possibilità a quella esperienza. Probabilmente ne sarebbe uscito qualcosa di buono, qualcosa di utile. Se non altro i cadetti non sembravano i soliti piantagrane. I cadetti.
    Tacqui, attendendo informazioni dal sensei sulla natura della missione affidataci.


    SPOILER (click to view)
    × Off-Game ×

    × Legenda
    Narrazione
    °Pensieri°
    «Dialoghi»

    Buon corso a tutti. :wosd:
     
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    Sbuffò varie volte prima che qualcuno dei suoi allievi si facesse vivo, la prima era una ragazza.

    Oh! Quale sorpresa!

    Nonostante tutto non le venne risparmiato il gesto che la invitava a tacere, ne rimase offesa, quasi Raizen si sentì in colpa per aver offeso quel viso che pareva dimostrare qualche anno in meno del suo.
    Poco dopo si aggiunse il secondo studente, a primo impattò gli parve uno spaventapasseri, poi, ricordandosi che generalmente gli spaventapasseri erano piantati in mezzo ai campi si convinse della natura umana del ragazzo.
    Erano tutti puntuali, tranne l’ultimo che aveva qualche minuto di ritardo, roba da poco.

    Mh. Quello ha la faccia da aiuto-sensei.

    La puntualità del gruppo fece calare il suo malumore a liveli accettabili e gli permise di ascoltare con interesse le presentazioni dei tre.
    Scese dalla staccionata misurando ogni movimento, mentre il mantello da ombra si ritirava velocemente scomparendo dietro il collo e mostrando il suo abbigliamento: un mantello bianco di scaglie di drago con un ampio colletto che pareva somigliare alla criniera di un leone nero, la parte più bassa era decorata con sinuose nuvole nere dai contorni dorati.
    Sopra gli stivali un paio di pantaloni neri non troppo larghi, e fermati in vita da un'ampia fasciatura rossa, ricadeva una veste nera tanto lunga da essere in grado di coprire entrambe le gambe sino alle ginocchia, il petto veniva coperto da una tuta protettiva nera lasciata a vista, era abbastanza calda da non necessitare di altri indumenti.
    Sovrastava non di poco tutti i presenti.

    Noia.

    Estrasse con un gesto minaccioso la nodachi, abbastanza rapidamente da far apparire il gesto potenzialmente letale.
    Il falso fendente si sarebbe diretto verso la testa dello studente, ad una velocità tale da garantire una decapitazione pulita, senza alcuna sbavatura. La lama si sarebbe però fermata a qualche centimetro dalla gola.

    TU!

    Una spudorata finta, uno scherzo di cattivo gusto.

    Hai bisogno di una pettinata.

    Era scherzoso, veramente scherzoso, un passaggio da uno stato emotivo ad un altro degno di uno schizofrenico, ma la reazione del ragazzo gli aveva alzato il morale.
    La lama venne spostata quasi gentilmente verso i geta portati dalla ragazza, non era una gentilezza involontaria.

    Bella presentazione sembri avere del buon sale in zucca. Ma! Quelli.

    Battè qualche volta con il piatto della lama sulle calzature inusuali nel mondo ninja.

    Non sono adatti, per nulla.
    Ho visto che hai del talento a star sopra a quei trampoli, ma fra poco saranno veramente scomodi, troppo scomodi.


    Alzò il piede mostrando la suola alla ragazza.

    Più superficie d’appoggio, più presa, più presa uguale più reattività durante gli spostamenti.
    La suola.


    Battè nuovamente sui sandali della ragazza.

    Gomma, stretto contatto col terreno in cui ti muovi, quindi passi più silenziosi, ben diversi dal legno...ma è anche vero che con quelli ti salvi dai makibishi.
    Tomaia.


    Questa volta batteva sulle proprie scarpe.

    Tiene il piede saldo al suo posto, con i geta avrai difficoltà, lo ripeto.
    Se vuoi cambiarli vai e chiedi al signore delle scarpe, non era un tizio particolarmente alto e aveva dei piedi non troppo grandi ad occhio e croce.
    Se poi ti fidi delle tue abilità e credi che io abbia torto puoi anche tenerli.
    Detto questo.


    Sospirò mentre rinfoderava la nera nodachi.

    Avrete capito che anche l’abbigliamento ha una certa importanza, ma si può usare più o meno tutto.

    Fece spallucce accompagnando il gesto con una piccola smorfia.

    Ma se ne siete in grado potete tranquillamente camminare su dei trampoli snodabili per quanto mi riguarda, devo portarvi all'esame genin, non farvi da balia.

    Tornò serio, abbandonando l’aria lievemente scherzosa assunta per fare quelle piccole critiche estetiche.

    Per quanto concerne le vostre risposte...
    Quando io domando solitamente ho interesse.


    Piantò gli occhi sulla ragazza con fare severo, fissandone, con gelida attenzione, le iridi.

    Vedi di trovarti una scusa migliore la prossima volta.

    Non era un vero e proprio rimprovero, infatti si affrettò a completare la frase.

    Ma dopotutto ti è concesso, non era un obbligo rispondermi.

    Si voltò verso il ragazzo, ne aveva anche per lui.

    Un vessillo non è un destino. Ricordatelo.

    Tacque, ad uno sprovveduto poteva sembrare un rimprovero ben minore di quelli fatti alla futura kunoichi, ma quelle parole seppur poche avevano un peso ben maggiore per chi fosse in grado di rielaborarle minimamente.

    Venendo alle altre risposte...

    Sospirò con fare paterno.

    Sono entrambe sbagliate.
    Ma anche giuste, ad entrambe manca la risposta data dall’altro.
    Siete proprio fratelli vedo.
    Un ninja è un uomo con un ombra, un ombra ben lontana dall’essere soltanto “assenza di luce”.
    Il ninja, la gente come noi, cammina su un sottile filo di seta che separa il freddo mondo della guerra dal caldo e accogliente mondo dei sentimenti.
    L’uomo vive per dare la vita, l’ombra vive per uccidere.


    Mentre parlava accompagnava le parole con i gesti delle mani, erano gesti comuni, ma si poteva intuire quanto quelle mani fossero abili, nonostante fossero grandi come padelle.

    Se siamo soltanto uomini non avremmo mai il coraggio per togliere la vita a chi la toglierebbe a noi, se siamo guerrieri spietati non avremmo mai il coraggio per risparmiare chi la vita potrebbe salvarcela.

    Si voltò poi a parlare soltanto con il ragazzo.

    Una pedina è sempre inutile, quali che siano gli ordini, quale che sia il grado di chi te li impone.
    Ma Questo.


    Battè con l’indice sulla fronte coperta dall’effige di konoha.

    Questo ci salva il culo, un ordine può sempre essere sbagliato, un agguato può non essere previsto.
    Una partita a shogi si può sempre perdere, non credo tu voglia essere la sfortunata pedina che cadrà sotto gli attacchi avversari.
    Vedi di sviluppare un po’ di autostima e autonomia, seguire solo gli ordini in un mondo di gente che vive di trappole non ti porterà lontano.
    Sii sempre pronto, cavallo, a disarcionare il tuo destriero.
    Spero di essere stato chiaro, potreste non condividere, ma vi consiglio di non dimenticare mai le mie parole, inizialmente ero combattuto tra le vostre due definizioni, ma trovo che quella da me data sia la più veritiera e libera da qualsiasi maschera di follia, falsità o patriottismo.


    Si grattò qualche istante la barba incolta con uno sguardo pensieroso.

    Ah, si, ho anche un piccolo consiglio per te.

    Indicò il coprifronte dell’aiutosensei.

    È l’orgoglio di ogni abitante di konoha, vedi di non farti ribeccare senza dal sottoscritto.
    Una morte con quello indosso è infinitamente migliore di una morte da codardo che cerca di nascondere la sua natura.
    Hai scelto un percorso, portalo avanti sino in fondo, sta tranquillo che chi vuole farti la pelle non guarda se hai o meno quel pezzo di metallo indosso.


    Spietato, ma niente l’avrebbe fermato in quel frangente, nessun kage gli avrebbe impedito di dire quelle cose.

    Ora!
    Se “faccia da aiuto sensei” non ha niente da aggiungere su questa piccolo primo argomento possiamo procedere.


    Avrebbe atteso qualche istante delle repliche da parte di Jaken o dai suoi studenti e con un primo passo ben disteso avrebbe iniziato a camminare.

    La “missione” consiste nel recuperare uno stramaledetto gregge di pecore, ma siccome questa è una “missione-scuola” il nostro caro aiutosensei tratterà vari argomenti teorici nel caso in cui vi dimostriate carenti nella conoscenza degli stessi, se poi lui dimenticherà qualcosa interverrò io, ma non credo.
    Voi dovete passare l’esame genin, e lui essendo genin saprà dirvi il necessario per far si che questo accada.
    Quindi...dite cosa sapete sul chakra, avete pochi punti da trattare:
    Definizione ed utilizzi, se non erro sapete usare qualche tecnica, almeno a naso dovreste sapere cosa è il chakra
    Sistema circolatorio del Chakra & Porte, qui è un po’ più ostico se non avete mai aperto qualche libro, ma i nomi possono suggerire qualcosa.
    Punti di Fuga & Tsubo beh, andate a tentoni.
    Ricordate che non è un esame, se non sapete basta ammetterlo.


    Continuò ad avanzare sino al limite della foresta, non ci sarebbe entrato sino a quando l’argomento non fosse stato trattato.


    CITAZIONE
    nuovo post, non c'è troppo da dire, sapete il fatto vostro in quanto a stile di scrittura.
    per quanto riguarda gli argomenti che dovrete trattare dite ciò che sapete, non si pretende troppo.
    in caso arashi decidesse di cambiare le scarpe il pastore gli fornirà delle pratiche scarpe in cuoio non troppo lavorato con i lacci del medesimo materiale: scarpe da pastore XD
    SPOILER (click to view)
    la numero uno è disponibile nella capanna del vecchietto image



    Edited by F e n i x - 30/3/2010, 01:08
     
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    Real face of truth:
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    ____________





    Lo aveva ferito.



    Questo fu il primo pensiero che intorpidì la mente della giovane ragazza non appena ella -con la coda dell'occhio e tanta ansia nello sguardo- si azzardò ad osservare, di sottecchi, il fratello maggiore durante il suo discorso di presentazione.
    [...] Lo aveva deluso. Offeso.
    Improvvisamente, tutto l'impegno di cui si era servita nelle settimane precedenti per tenere all'oscuro della sua decisione quel ragazzo che, con amore e comprensione, l'aveva accolta in casa sua senza nulla domandarle, le parve talmente tanto sciocco da farla vergognare di se stessa.
    ...Come aveva potuto mentire a suo fratello?
    Lei che non lo aveva mai fatto. Lei che lo adorava così tanto.
    Come aveva potuto prendersi gioco di lui? Persino di lui...
    Abbassò lo guardo, rialzandolo solo per qualche istante non appena il quarto e ultimo ninja -un tipo piuttosto distaccato e dai comportamenti accuratamente misurati- si presentò con sintetica semplicità, rivolgendosi poi a lei e Kuroro nell'invitarli a chiamarlo come più li aggradava.
    Suo malgrado, spinta da quella che avrebbe detto essere gentilezza da parte del suo nuovo interlocutore, Shizuka non poté che sorridere con dolcezza, socchiudendo gli occhi e abbassando leggermente la testa verso il moro, in una tacita forma di ringraziamento.
    Sembrava una persona tranquilla dopotutto -pensò la ragazza, rincuorata da quella constatazione- ...forse, a ben pensarci, non era tutto perduto, giusto?
    Era abbastanza chiaro che la sua nuova carriera da kunoichi non era partita nel migliore dei modi, poiché tra menzogne, sotterfugi e manipolazione del suo più diretto prossimo, aveva già ampiamente gettato al vento il presunto onore che ogni buon ninja dovrebbe sempre avere... ma del resto, ne era più che convinta, tutto sarebbe potuto migliorare!
    Già! Avrebbe cominciato dal parlare con Kuroro, spiegargli le sue motivazioni, e renderlo nuovamente partecipe dei suoi timori e dei suoi pensieri proprio come quando erano più piccoli!
    Certo, sicuramente lei...

    "Tu! Hai bisogno di una pettinata!"



    Fu solamente una frazione di secondo.
    Colta alla sprovvista come una bambina, a malapena riuscì a seguire di movimenti di quell'enorme spada che -con rapida e calcolata precisione- si bloccò a pochi millimetri dal collo di Kuroro Kobayashi, fermo solo a qualche passo di distanza da lei.
    Istantaneamente, tutto il sangue che quella ragazza dai profondi occhi nocciola era sicura di avere all'interno del suo corpo defluì verso i piedi, privandola del suo bel colorito roseo o delle dolci espressioni che da sempre caratterizzavano quel suo bel volto da bambolina.

    Fu solamente una frazione di secondo ma Shizuka si sentì morire.

    Inspirando profondamente, impiegò alcuni secondi per riprendersi dal terrore dell'immagine del corpo privo di vita del fratello maggiore -accasciato sull'erba verde brillante di fianco a lei- ma il modo in cui ritornò alla realtà fu, se non peggiore, addirittura mostruoso.

    "Bella presentazione sembri avere del buon sale in zucca. Ma... Quelli!"



    Raizen Ikigami -così si era presentato- si stava ora rivolgendo a lei.
    La di lui nera Nodachi, dopo esser stata teatralmente mostrata controluce quasi a volerne puntualizzare la pericolosità, cominciò ad essere battuta insistentemente sui suoi geta laccati -dono prezioso dell'amata nonna paterna, e ricordo di un'infanzia caratterizzata dalla rigida educazione femminile a cui era stata sottoposta.
    L'imponente ninja -con voce tonante e un irritante sorriso sul volto- continuava a sciorinare una sequela di accorgimenti estetici con la sua solita tipica supponenza, e sembrava essere talmente tanto preso dal suo discorso, da non accorgersi minimamente dello sguardo di quella stessa allieva a cui si stava rivolgendo.
    Shizuka Kobayashi infatti, immobile nel suo stesso orrore dinanzi al suo interlocutore, continuava a seguire silenziosamente -con lo sguardo contrito e gli occhi sgranati- tutti i ticchettii che la lama della nodachi scoccava ogni qualvolta batteva sulle sue preziose e amatissime scarpe.

    [...] C'erano poche cose che rendevano realmente furibonda l'indole di una così dolce e gentile ragazza.
    Tra i primi posti, proprio prima di "Fallire in ciò in cui doveva eccellere" o "Fare gli impacchi di erbe per purificare la pelle del viso", c'era il tanto temuto: "Essere umiliata da uno sconosciuto di fronte a una o più persone".
    Oh si. Questa opzione era decisamente una delle prime. La più agghiacciante. L'unica capace di ferire irrimediabilmente il suo fiero orgoglio.
    Fu per questo motivo che all'ottantesimo ticchettio contato, quando il sensei terminò il suo discorso chiudendo in bellezza con qualche apprezzato consiglio sull'importanza di essere ninja (che proprio non poteva mancare), Shizuka non riuscì più a trattenersi.

    « Vi prego di perdonarmi, Sensei » Esordì infatti, un istante dopo, sfoggiando il suo più affascinante sorriso « Purtroppo provengo da una tradizione tutt'altro che animalesca, e mi rendo conto che le mie calzature abbiano potuto stimolare la vostra apprensione » Continuò, avvicinandosi al ninja fermo di fronte a sé, azzerando la distanza che li separava solo con due passi ben decisi.
    La sua attenzione era in quel momento rivolta solo al suo interlocutore. Sembrava non gli interessasse più di nessuno: Né di suo fratello. Né di quel distaccato genin dai capelli corvini.
    No. Di nessuno. Non in quel momento.
    « …Ma non temete Sensei, sono una tipa sveglia e vedrete che non avrò problemi ad imparare con rapidità! » Aggiunse poi, dopo un breve momento di silenzio, e così dicendo, contro ogni previsione, si sfilò le scarpe dinanzi a tutti, scendendo a piedi scalzi sull'erba verde che, dispettosa, le solleticò la pelle morbida.
    Abbassandosi senza dire una parola in più, Shizuka raccolse i suoi amati Geta e quando si fu poi riportata in eretta postura, con uno scatto tanto improvviso quanto veloce per una ragazzina così minuta, andò ad afferrare il mantello nero, parte della divisa ninja di Raizen, abbassandolo successivamente verso di lei con uno strattone ben pronunciato.
    Fece in modo di portare il volto del giovane maestro proprio accanto alla sua bocca, e fu in quel momento che -con un sorriso divertito ad illuminarle il volto e la voce ridotta ad un sussurro che solo lui avrebbe potuto sentire-, non riuscì decisamente a trattenere un ironico: « ...In ogni caso, fattelo dire Sensei, indurre una donna a spogliarsi al primo incontro è davvero prematuro, sai? »

    Disse questo, poi, lasciando andare il Chunin a cui -incredibilmente- piazzò tre le mani le sue raffinate scarpette da Geisha, diede le spalle a tutti i presenti e prese a dirigersi rapidamente verso la casa del pastore, a pochi metri dalla staccionata di fronte la quale tutti ancora sostavano.


    ¨•¤º°º¤•¨




    L'interno della casa pastorale, si dimostrò tanto semplice quanto accogliente. Dopo aver ricevuto il permesso ad entrare, Shizuka rimase colpita dal tepore familiare che l'avvolse in un solo secondo... assieme anche ad un invitante odorino di stufato di carne che -con soavi fusa tentatorie- cominciò a stuzzicarle l'appetito.
    [...] Effettivamente, a ben pensarci, era dalla sera prima che non toccava cibo.
    Perché era tanto sciocca, certe volte?

    "Come posso aiutarti?"


    Ad accogliere la ragazza sull'uscio della porta, fu un'anziana signora dai capelli striati d'argento e un viso bonario, sotto le cui rughe e le pelle bruciata dal sole, si potevano ancora intravedere i segni incancellabili di una rara bellezza. Gli occhi celesti della donna, tranquilli ed esperti, scivolarono rapidamente ad analizzare la figura della nuova ospite, sorridendo gentili nel momento stesso in cui quest'ultima esordì nella sua impeccabile arringa in prosa -sospirando e scusandosi più e più volte per il disturbo che stava arrecando, prima di spiegare come il susseguirsi degli eventi (e il suo permaloso orgoglio) l'avevano condotta dentro quella casa scalza, alterata e affamata-
    "Capisco, capisco" Annuì la donna, sorridendo con dolcezza alla volta di Shizuka che, con delicatezza, invitò ad accomodarsi "Non ti preoccupare, vediamo adesso che cosa possiamo fare per questi bei piedini, mh?"
    « ...Mi spiace, non ho molto tempo a disposizione » Ribatté l'aspirante kunoichi, arrossendo per la sua stessa maleducazione « ...ma se ne avessi avuto, non sarei stata così indisciplinata, davvero!! » Aggiunse subito dopo in sua discolpa, muovendosi nervosamente sullo sgabello di legno sul quale si era seduta.
    Per tutta risposta la vecchia signora -poco prima sparita nella stanzetta adiacente a quella che sembrava fungere da salotto e sala da pranzo- si mise docilmente a ridere, ricomparendo dopo qualche attimo con una cesta tra le mani.
    Al suo interno, come poté constatare la stessa Shizuka una volta che la donna le si fu avvicinata, vi erano un paio di semplici ma graziosissimi sandalini rossi e due sacchettini.
    "Forse ti staranno un pò grandi" Disse l'anziana, prendendo un piede della ospite e infilando lei uno dei due sandali come nella più bella delle fiabe "Ma possiamo rimediare..."
    « Mi sembrano perfetti in verità » Mormorò la ragazzina, guardando ammirata la calzatura prima, però, di irrigidirsi gelidamente « Ma... emh, posso prenderli sul serio? » Domandò infatti, subito dopo, con aria compita e sguardo imbarazzato.
    "Sicuramente a me non stanno più" Obiettò la donna, ridendo "...E dunque, perché non dovresti?"

    Fu così, che ringraziando tutti gli Dei del cielo (che l'avevano sicuramente punita dandole un team un pò difficile, ma che infine l'avevano tratta in salvo con la bontà di quella santa nonnina), Shizuka si infilò anche l'altro sandalo e, sorridendo radiosa, si precipitò verso la porta della casetta, promettendo che quando sarebbe tornata dalla missione -qualunque essa fosse- avrebbe reso le scarpe.
    Era già sull'uscio, pronta ad andarsene, quando la voce della donna la fermò, inducendola a voltarsi.
    "Ti scordi metà delle cose che mi hai chiesto!" La rimbeccò infatti l'altra, continuando a ridere, e avvicinandosi a piccoli passi porse alla sua ospite un sacchetto di cotone nero e un contenitore di carta beige "...Beata giovinezza, così entusiasta di tutto!"
    « Scusatemi obasan! » Esclamò di rimando Shizuka, facendo una linguaccia, e prendendo i due recipienti dalla vecchia, legò il primo al suo obi -incastrandolo nelle cordicelle decorative di questo- mentre ripose il secondo, con attenta delicatezza, all'interno di una sacca ninja che si mostrò allo sguardo delle presenti, non appena la giovane commerciante sollevò i due lunghi lembi del suo raffinato obi.
    Inchinandosi poi più volte e sorridendo con allegria, schizzò rapidamente fuori, correndo a tutta velocità verso quelle tre figure che...
    ...si erano già, palesemente, messe in marcia.


    ¨•¤º°º¤•¨



    "La “missione” consiste nel recuperare uno stramaledetto gregge di pecore, ma siccome questa è una “missione-scuola” il nostro caro aiutosensei tratterà vari argomenti teorici nel caso in cui vi dimostriate carenti nella conoscenza degli stessi, se poi lui dimenticherà qualcosa interverrò io, ma non credo.
    Voi dovete passare l’esame genin, e lui essendo genin saprà dirvi il necessario per far si che questo accada.
    Quindi...dite cosa sapete sul chakra, avete pochi punti da trattare:
    Definizione ed utilizzi, se non erro sapete usare qualche tecnica, almeno a naso dovreste sapere cosa è il chakra
    Sistema circolatorio del Chakra & Porte, qui è un po’ più ostico se non avete mai aperto qualche libro, ma i nomi possono suggerire qualcosa.
    Punti di Fuga & Tsubo beh, andate a tentoni.
    Ricordate che non è un esame, se non sapete basta ammetterlo."



    Raggiunse il suo team giusto in tempo per sentire le parole del maestro e, portandosi proprio al di lui fianco, non poté non guardarlo allibita (e un pò ansante) nell'udirne le parole.
    Pecore? ...Pecore?
    [...] Beh, era abbastanza prevedibile dopotutto, la moglie del pastore era stata così cara con lei... ed era oltremodo ovvio, visto ciò che lei personalmente avrebbe dovuto fare per i due coniugi.
    Sospirò, alzando gli occhi al cielo, ma quando udì le ultime parole di Raizen, non poté che irrigidirsi.
    Eccolo. Il terribile momento era arrivato. L'orribile istante in cui cominciavano le domande sulla teoria ninja (uno studio di cui lei, ancora, era troppo inesperta) era dunque giunto.
    Aveva immaginato quel momento per giorni, e si era preparata come meglio poteva leggendo un intero libro preso in prestito dalla biblioteca pubblica, e chiedendo una mano a sua nonna materna -l'unica a cui aveva confidato i suoi propositi, e l'unica da cui aveva accettato insegnamenti e consigli.
    Dopotutto, aveva pensato, chi meglio di una ex-kunoichi uchiha poteva aiutarla nel migliore dei modi?

    Ancora una volta, non appena l'imponente ninja dai capelli argentei ebbe terminato il suo discorso, fu lei ad esordire. Non tanto perché desiderasse farlo, ma quanto piuttosto perché nel momento stesso in cui la voce di Raizen Ikigami si spense, si venne a creare un pesante silenzio –simile ad una coltre di nubi capace di annunciare solo pioggia- che aveva come l'impressione di dover essere la prima a infrangere.
    Sospirò, pronta a gettarsi in pasto ai leoni e, con voce decisa, provò ad esporre come meglio poteva tutto ciò che aveva imparato.

    « Dunque, vediamo... » Mormorò dopo un attimo, portandosi un dito alla bocca « Essendo ninja -o aspiranti tali- quando parliamo di Chakra facciamo riferimento ai Centri di Forza o Sensi Spirituali. Il Chakra, difatti, è semplicemente fluida e viva energia, presente in ogni creatura vivente, compresi noi Shinobi, che la sfruttiamo per realizzare tecniche di Genjutsu, Ninjutsu o Taijutsu.
    Sappiamo dagli studi del team medico di Konoha, che il Chakra è composto di due elementi fondamentali, quali l'energia fisica e quella spirituale, i quali devono essere adeguatamente impastati per poter dar luogo al corretto flusso energetico e, quindi, alla giusta esecuzione di una o più tecniche.
    A prescindere da queste basi elementari, il Chakra è utilizzabile anche sotto un'altra forma, ovvero quella di potenziamento articolare: Concentrando un'alta percentuale di energia nelle gambe o nelle braccia, infatti, è possibile rafforzarle, oppure rendere il nostro stesso corpo incapace di avvertire momentaneamente il dolore.
    E' importante evidenziare inoltre che esistono varie tipologie di Chakra, ne è un esempio quello medico -di cui tutti sappiamo i pregi- o quello demoniaco -che come abitanti di Konoha conosciamo in prima persona... »


    Si fermò per qualche istante e, inspirando pensierosa -come se stesse passando a setaccio la sua fine memoria alla ricerca di qualche altra nozione- si voltò a ricercare lo sguardo del ragazzo dai capelli color della luna accanto al quale cercava di camminare (il che, obiettivamente, non era un'impresa semplice per lei, vista la differenza esponenziale tra le falcate dei due individui), prima di intrecciare entrambe le mani dietro alla sua schiena e riprendere il discorso sorridendo con tranquillità.

    « Il sistema circolatorio del Chakra è un sistema di circolazione adibito allo scorrere di questa nostra particolare forma di energia, di cui ho appena parlato.
    Si presenta essere particolarmente affine al sistema nervoso centrale, e un suo mal funzionamento per qualsiasi tipo di motivo, rendono il ninja incapace di usare il suo stesso Chakra.
    Tuttavia, perché dovrebbero sorgere simili complicazioni? » Domandò allora, improvvisamente, alzando leggermente lo sguardo al cielo. Sembrava chiederlo a se stessa, come se stesse evocando la sua stessa nozionistica basilare e infatti, pochi secondi dopo, sorridendo, riprese a parlare « Eccetto le implicazioni puramente endogene, è possibile impedire un corretto uso del sistema circolatorio del Chakra tramite la chiusura dei cosiddetti "Punti di Fuga", i canali del discusso sistema, che si trovano a livello epidermico.
    Notiamo con interesse che lo sfruttamento di questa particolare tipologia di combattimento è adottata dal clan Hyuga, la cui vista permette loro l'individuazione e l'otturazione di questi importanti canali utili a mantenere una corretta fluidità del Chakra. »


    Annuì, inspirando ancor una volta.
    Era abbastanza stanca di parlare di tutte quelle cose, ma era ormai arrivata in procinto di argomentare ciò che più le interessava. Quello che realmente la affascinava, e che aveva lungamente studiato -assistita dalla nonna materna.
    Gli tsubo.
    « Nella medicina tradizionale cinese gli Tsubo sono i 361 punti, localizzati sul derma in particolari linee energetiche chiamate meridiani, attraverso i quali è possibile accedere al sistema energetico di ogni individuo mediante una particolare sollecitazione attraverso alcuni aghi e spiedi o con la pressione manuale.
    Ogni Tsubo possiede un nome che ne specifica una caratteristica e/o la localizzazione anatomica.
    Chiaramente, com'è facile intuire, la stimolazione indotta degli Tsubo può essere a finalità tanto curativa quanto offensiva. In quest'ultimo caso è possibile sfruttare questi centri nevralgici corporei per paralizzare l'avversario o un suo qualsiasi organo. Ad esempio »
    Continuò Shizuka, voltandosi improvvisamente verso suo fratello maggiore, pur tuttavia senza fermare il suo incedere « Se io volessi nuocerti in qualche modo, nonostante la differenza di altezza e stazza, mi basterebbe trapassarti, che so, lo tsubo della respirazione privandoti del corretto uso dei polmoni e quindi impedendoti movimenti complessi »
    Disse quelle parole sorridendo per poi farsi nuovamente pensierosa.
    I suoi grandi occhioni -il cui colore oscillava dispettosamente tra il verde e il nocciola a seconda dell'inclinazione del sole- si socchiusero per qualche istante durante il quale Shizuka non disse assolutamente niente.
    L'unico rumore durante quei lunghi attimi di pace, era quello dei passi dei quattro ragazzi e quello dello schiamazzo della natura che, quasi fosse divertita da quella situazione, sembrava prendersi beffa dei presenti.

    « Jaken-san? »

    Shizuka Kobayashi chiamò quel nome improvvisamente -interrompendo il flusso di pensieri di quella giornata così tiepida e accogliente- e nel dirlo si voltò verso il moro a qualche passo di distanza da lei, sorridendogli con un’unica dolce gentilezza « So cosa sono le otto porte del Chakra... almeno credo. Ma non ne sono dopotutto molto sicura, quindi preferisco astenermi dal dire idiozie che mi costerebbero care » Disse ridacchiando nello scoccare un'occhiata serena al suo sensei « Mi affido a te per un eventuale delucidazione, ti dispiace? » Domandò infine, socchiudendo gi occhi in un altro sorriso prima di alzare lo sguardo al cielo e inspirare a pieni polmoni la freschezza intrattenibile e indomita di quella prateria.

    [...] In una così bella giornata, nulla poteva andare storto.
    E dopotutto, dai, loro non erano così male e... tutto quello, non poteva davvero essere così difficile!!



    ____________




    SPOILER (click to view)
    Molto divertente, Max, molto divertente.
    Cos'è ti metti in combutta con Gab per rovinarmi l'estetica del pg?!

    Quando deciderò di fare la cosplayer del nonno di Heidi ti faccio un fischio, prima di allora beccati i miei sandalini rossi (in tinta con il kimono) gentilmente offerti dalla moglie del montanaro.
    Gne gne gne X°DD


    Edited by Arashi Hime - 30/3/2010, 22:38
     
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    Sorrise, un ampio sorriso che di naturale aveva ben poco, non il numero di denti lasciati scoperti, non gli occhi sbarrati colmi di folle soddisfazione.

    CENTRO!

    Ogni singola azione della piccola ragazza poteva essere ostacolata con un sospiro ben pronunciato del colosso di Konoha, ma la lasciò fare, voleva vedere sin dove poteva spingersi, voleva vedere cosa avrebbe fatto in preda al suo orgoglio.
    Lasciò qualche istante alla kunoichi per metabolizzare le sue stesse azioni per poi ribattere.

    Finito?

    La mano sinistra di Raizen scattò afferrando la piccola mano che ancora teneva teso il suo mantello, nel mentre la destra afferrava l’obi saldamente.
    Poco dopo il braccio destro iniziò a tendersi sollevando la kunoichi come un fuscello.
    Teneva gli occhi di ghiaccio a così poca distanza dal viso della sua compaesana che avrebbe potuto freddargli il viso mentre la sollevava lentamente ma senza alcuno sforzo.

    Un aggettivo l’hai proprio azzeccato: a n i m a l e s c o.
    Nessuna distinzione, maschi, femmine, ricchi o poveri.


    Sgranò gli occhi.

    A me non fotte un cazzo!
    Hai una cresta fantastica, affascinante...


    Era totalmente preso da quel piccolo discorso, ogni singola parola era incalzante, intrisa di violenza a stento repressa: calda follia.

    ...Ma al momento fa di te un tenero pezzo di carne in una ciotola di ramen.
    Niente di più.
    Niente di meno.


    Poggiò la placca del coprifronte sulla fronte della ragazza e continuò.

    Questa non è una sfida, ficcatelo in testa.
    Se ti porto dentro al bosco e dopo averti minuziosamente fatto a pezzi dico che ti sei cacciata nei guai per la tua testa dura chi credi che venga a reclamare? Mh?
    L’accademia farà a meno di me nei prossimi corsi genin, semplicemente.
    ”inadatto al ruolo di sensei” ecco a cosa porterebbe la tua sfrontatezza, ne va le la pena?
    DIMMI, NE VALE LA PENA?
    Io trovo che sia Penoso


    Lentamente la posò nuovamente a terra.

    Imparerai a conoscere i tuoi limiti durante questo corso, e imparerai a sfruttare la tua sfavillante cresta solo quando potrai.
    Imparerai a conoscere la paura e a sfruttarla per il tuo stesso bene, gambe molli.


    Si, l’aveva notato, aveva notato come la ragazza si fosse sbiancata quando aveva estratto la nodachi.

    Quando conoscerai i tuoi limiti e imparerai che ad essere impulsivi come te si rischia una mano...

    Voltò la sua mano sinistra che nascondeva nel palmo un kunai più grande del normale che aveva precedentemente estratto [abilità prestigiatore]

    ...E se io avrò fatto un buon lavoro, mi sarai grata in eterno.

    Quelle ultime parole avevano perso la tonalità orrida che avevano inizialmente, sostituendola con un tono quasi affettuoso, simile a quello di una paternale.

    Riguardo ai vestiti.

    Gli si avvicinò alle orecchie e prese a sussurrare.

    Prematuro, ma secondo te cosa mi importa?
    Che tu sia svestita o del tempo che deve passare prima che io ti faccia svestire?
    Animalesco! Ricorda che era l’aggettivo giusto!


    Sorrise lasciando andare l’obi.

    [azione antecedente alla piccola passeggiata verso il bosco]

     
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    Real face of truth:
    A chain is no stronger than its weakest link 2



    ____________





    Avrebbe voluto urlare.


    La forza e la violenza con cui Raizen Ikigami la sollevò da terra fu di una tale portata che lei, obbligata a fronteggiare le iridi di ghiaccio del suo interlocutore, non riscì a reprimere un moto di terrore.
    Ogni fibra del suo corpo sembrava dirle "Non ti muovere, stai ferma e tutto andrà bene!" strillando nella sua mente con tutta la forza che avrebbe voluto avere lei, non solo per liberarsi da quella presa il cui minimo tocco le procurava un brivido agghiacciante lungo tutta la schiena, ma anche e soprattutto per far fare qualcosa a quella se stessa che -posta dinanzi all'improvvisa verità dei fatti- risultava essere solamente una bambina sciocca e totalmente incapace.
    La verità che tamburellava pesantemente nelle tempie di Shizuka Kobayashi in quel momento, infatti, era semplicemente una: Non sei nessuno, piccola stupida.

    "Un aggettivo l’hai proprio azzeccato: a n i m a l e s c o.
    Nessuna distinzione, maschi, femmine, ricchi o poveri.
    A me non fotte un cazzo!
    Hai una cresta fantastica, affascinante...
    ...Ma al momento fa di te un tenero pezzo di carne in una ciotola di ramen.
    Niente di più.
    Niente di meno."



    Inghiottì silenziosamente il groppo alla gola che le stava bloccando la capacità di respirare, ma nonostante ogni suo buon proposito, nel momento stesso in cui la placca di metallo del coprifronte del Chunin si appoggiò, con gelida delicatezza, sulla sua pelle accaldata dall'ansia, non riuscì a reprimere l'istinto di mordersi un labbro.
    Immobile, con le braccia inermi lungo i fianchi e gli occhi fissi in quelli del suo maestro, ascoltò senza dire assolutamente niente tutto ciò che il ninja le urlò in faccia -senza grazia né premura-, distruggendo quell'ultimo muro di schizzinoso orgoglio che era sicura di essersi guadagnata nuovamente con il suo ultimo exploit da teatro kabuki.

    Tacque.

    Come potergli dare torto...?
    Tutto di quei discorsi aveva un senso, e se avesse continuato imperterrita a insistere nella sua infantile ignoranza, avrebbe dimostrato non solo una certa dose di idiozia, ma anche un'indole poco incline alla razionalità.
    Avrebbe dato, dunque, un'immagine errata di se stessa.
    [...] Perché aveva reagito in quel modo?
    Perché aveva perso così improvvisamente le staffe? Per un’idiozia simile come se non bastasse...
    Abbassò lo sguardo per qualche istante, muovendo febbrilmente le sue profonde iridi policrome su ogni stelo d'erba che -ai suoi piedi- si muoveva con placida serenità sotto il fresco vento mattutino.
    … Sembrava tutto così semplice.
    Ma lo era? Lo era davvero?
    Alzò lentamente lo sguardo, ben attenta a non incrociare quello del suo interlocutore, e fu solamente quando i suoi occhi si fermarono sulla figura immobile di suo fratello Kuroro Kobayashi, che tutto le apparve totalmente cristallino.

    Aveva paura.

    L'aveva sempre avuta. Sempre.
    Era terrorizzata.
    Abituata com'era alla dolce vita che la sua famiglia le aveva costruito intorno, coccolata e vezzeggiata da tutti i suoi parenti e amici come la piccola principessa di uno dei clan più ricchi di Konoha, non aveva mai avuto realmente modo di scontrarsi con la realtà di un mondo in cui lei, purtroppo, non era capace di camminare.
    Aveva sempre e solo visto la via del commercio, ed era quella che aveva sin da piccola seguito. Semplicemente.
    Non aveva mai realmente potuto dire "Cosa voglio fare della mia vita?" ...
    ...cosa che invece aveva fatto quando, svuotato il suo armadio e riempito un bagaglio a mano colmo di tutta un'esistenza, se n'era andata di casa. Aveva dovuto impegnarsi e ingegnarsi per guadarsi qualcosa da mangiare, per trovare un posto in cui riposare. Per vivere.
    Ora era realmente tutto diverso.
    Se avesse fallito, cosa ne sarebbe stato di lei? Aveva una sola opportunità, ed era quella.
    Se avesse sbagliato. Se si fosse arresa. Se avesse permesso agli altri di atterrirla... cosa sarebbe successo?

    Ispirò profondamente, chiudendo gli occhi nell'alzare la testa al cielo.
    Lasciò che i raggi del tiepido sole mattutino le baciassero il volto con la dolcezza di un amante al primo incontro, e fu solo dopo qualche istante che -riportando lo sguardo sul suo interlocutore- sorrise.
    Non vi era rabbia ora, sul suo volto, né paura.
    Non c'era angoscia né ansia. Presunzione o saccenza.
    Sorridendo con timido imbarazzo, Shizuka Kobayashi unì entrambe le di lei mani in grembo e poi, all’improvviso, si inchinò tanto profondamente che i suoi lunghissimi e brillanti capelli, caddero riversi a coprirle il viso.
    Proprio come una foresta di bambù che, dopo una tempesta feroce, nasconde i fiori nati dalla pioggia dietro i suoi fini corpi flessuosi.

    « Perdonatemi, sensei »



    Disse solamente questo, rimanendo immobile per qualche istante in quella posizione.
    Non aveva intenzione di alzarsi fino a quando non avrebbe cominciato a dolerle la schiena. Così aveva deciso.
    Già.
    Tuttavia, improvvisamente, una nuova frase da parte del suo maestro arrivò a stuzzicarle l'udito con inaspettata ironia. Sembrava divertito, anzi, quasi compiaciuto nel citare nuovamente la diatriba dei vestiti, delle scarpe e di tutta la scintilla che aveva innescato quel trambusto.
    ...Perché? Che si fosse veramente arrabbiato?
    Forse doveva ormai semplicemente…

    …Ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo e riportarsi in eretta postura, che si trovò –contro ogni sua previsione- Raizen Ikigami ad un millimetro di distanza dal suo volto.
    Il profilo niveo di quel ragazzo che avrebbe ormai detto essere solo di qualche anno più grande di lei, era tanto vicino al suo orecchio destro che ne sentì il respiro sul collo.
    Involontariamente, arricciò un labbro.

    "Prematuro, ma secondo te cosa mi importa?
    Che tu sia svestita o del tempo che deve passare prima che io ti faccia svestire?
    Animalesco! Ricorda che era l’aggettivo giusto!"



    Sgranò gli occhi e, in un solo unico istante, il suo volto avvampò.
    Era diventata talmente rossa che, a vederla, la si poteva addirittura scambiare per l'innocente vittima di un'ustione di terzo grado.
    [...] Socchiuse la bocca, basita nel rielaborare mentalmente le parole del suo maestro per la terza volta, come se sperasse di trovarvi un errore o un'interpretazione magari troppo maliziosa da parte sua… ma dopo un istante si rese conto della verità: Non c'erano equivoci.
    Non aveva capito male.

    « Raizen »



    Fu un secondo.
    Shizuka allungò rapidamente una mano ad afferrare quella del ninja che, sorridendo compiaciuto, stava proprio in quel momento ritirando la sua. Bloccandola con quella che avrebbe voluto sperare esser forza (ma che si rendeva conto era solo l'innocente tentativo di una ragazzina di sconfiggere un gigante), si avvicinò con passo deciso all'uomo che, senza timore, guardò dritto negli occhi.

    « Io chiedo scusa per la mia spiazzante e imbarazzante immaturità come kunoichi » Sussurrò in un sibilo la ragazza, socchiudendo gli occhi a due fessure livide di un sarcasmo indecifrabile « ma non intendo chiedere scusa per aver risposto alla maleducazione e all'arroganza con cui ti rivolgi al tuo diretto prossimo. Inoltre lasciatelo dire... » Aggiunse poi, avvicinandosi ulteriormente al chunin con sguardo tagliente e divertito « ...non sbilanciarti troppo. Per quanto ti puoi impegnare, credimi: Non hai speranze »

    E così dicendo, lasciando andare la mano di quel ninja che -ne era sicura- se non l'avrebbe colpita in quel momento l'avrebbe risparmiata per il resto della sua vita, si voltò incamminandosi verso la capanna del pastore.
    Ehi, dopotutto non era arroganza la sua.
    Un conto era la via dello Shinobi, un conto era la vita quotiana... ed era tanto sicura che, se nella prima strada avrebbe continuato ad inciampare ancora per molto tempo, nella seconda era l'unica che poteva permettersi di proseguire con geta di cinque centimetri di tacco e un kimono completo di accessori.
    Oh si. Non c'era ombra di dubbio.
    Mpf.




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  9. Arcangelo Gabriel
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    Reminding



    CITAZIONE
    Il quarto membro del gruppo era sopraggiunto poco dopo il suo arrivo e silente aveva pazien-temente assi-stito alle presentazioni dei tre compagni.
    Non appena Kuroro ebbe terminato l'esposizione dei sui pensieri dunque giunse il turno dell'aiuto-sensei che, ponendosi al centro della scena, con tranquillità e sicurezza si presentò per ultimo


    «Il mio nome è Jaken Zangyaku, e come voi vengo da Konoha.
    Sono qui in veste di aiuto sensei. Per qualsiasi problematica sentitevi liberi di rivolgervi a me.»
    «Potete chiamarmi per nome, o sensei, non ha davvero importanza.»


    A differenza del sensei, Jaken sembrava essere decisamente più umile e sulle sue … inutile dire che per Kuroro ciò voleva significare preferire proprio quest’ultimo piuttosto che il Chunin.
    Ovviamente per rispetto delle gerarchie ed esperienza l’Uchiha non avrebbe chiamato per nome Jaken, bensì senpai, come del resto insegnava la disciplina ninja.
    Il sensei si erse dalla staccionata con tutta la sua maestosità. Semplicemente colossale, non vi erano aggettivi che meglio avrebbero potuto descriverlo. Di certo poteva incutere timore un energumeno simile.
    Palesemente annoiato dalle risposte degli studenti si era avvicinato ai due.
    Estratta con fulmineo gesto la nodachi la puntò alla gola di Kuroro sfiorandone le carni. Per contro l’Uchiha non aveva mosso un muscolo, senza dar spazio a paura o timore. Quello era il suo sensei, non l’avrebbe ucciso senza alcuna motivazione. E se al contrario avesse voluto farlo, nulla avrebbe potuto impedirglielo poiché di certo il suo livello era tale da permettergli di uccidere i due studenti e il genin senza troppi problemi. Dunque sarebbe stata inutile e fuori luogo qualsiasi reazione.
    Mantenne il suo sguardo freddo e apatico puntato agli occhi del maestro che scherzosamente gli aveva consigliando di pettinarsi.

    Al contrario Shizuka sembrava essersi spaventata dal gesto del sensei, certamente l’idea di vedere il fratello morire le aveva fatto gelare il sangue … ma ora era il suo turno. Con lei Raizen ci andò più pesante


    Bella presentazione sembri avere del buon sale in zucca. Ma! Quelli.
    Non sono adatti, per nulla.
    Ho visto che hai del talento a star sopra a quei trampoli, ma fra poco saranno veramente scomodi, troppo scomodi.
    Più superficie d’appoggio, più presa, più presa uguale più reattività durante gli spostamenti.
    La suola.
    Gomma, stretto contatto col terreno in cui ti muovi, quindi passi più silenziosi, ben diversi dal legno...ma è anche vero che con quelli ti salvi dai makibishi.
    Tomaia.
    Tiene il piede saldo al suo posto, con i geta avrai difficoltà, lo ripeto.
    Se vuoi cambiarli vai e chiedi al signore delle scarpe, non era un tizio particolarmente alto e aveva dei piedi non troppo grandi ad occhio e croce.
    Se poi ti fidi delle tue abilità e credi che io abbia torto puoi anche tenerli.
    Detto questo.
    Avrete capito che anche l’abbigliamento ha una certa importanza, ma si può usare più o meno tutto.
    Ma se ne siete in grado potete tranquillamente camminare su dei trampoli snodabili per quanto mi riguarda, devo portarvi all'esame genin, non farvi da balia.


    Inutile obiettare o contraddirlo, aveva pienamente ragione. Se Kuroro avesse saputo anticipatamente che sua sorella aveva intenzione di diventare ninja di certo le avrebbe consigliato un abbigliamento più consono. L’equilibrio, la stabilità e capacità di aderenza con il terreno senza alcun dubbio erano fattori fondamentali.

    Per quanto concerne le vostre risposte...
    Quando io domando solitamente ho interesse.
    Vedi di trovarti una scusa migliore la prossima volta.
    Ma dopotutto ti è concesso, non era un obbligo rispondermi.
    Un vessillo non è un destino. Ricordatelo.


    Le ultime parole risuonarono nella testa del ragazzo il quale abbassando lo sguardo a terra tentò di me-tabolizzarle … il punto di vista di quell’uomo non era di certo sbagliato anzi, lasciava ampio spazio alla riflessione. Kuroro aveva da sempre interpretato la sua vita destinata ad un unico scopo, la via del ninja. Eppure il Chunin con quella semplicissima frase aveva con poco fatto traballare quella certezza. Quell’uomo seppur burbero e arrogante aveva dato un preziosissimo consiglio all’allievo.
    La voce del mastodontico ninja spezzò il filo dei pensieri del ragazzo


    Venendo alle altre risposte...
    Sono entrambe sbagliate.
    Ma anche giuste, ad entrambe manca la risposta data dall’altro.
    Siete proprio fratelli vedo.
    Un ninja è un uomo con un ombra, un ombra ben lontana dall’essere soltanto “assenza di luce”.
    Il ninja, la gente come noi, cammina su un sottile filo di seta che separa il freddo mondo della guerra dal caldo e accogliente mondo dei sentimenti.
    L’uomo vive per dare la vita, l’ombra vive per uccidere.
    Se siamo soltanto uomini non avremmo mai il coraggio per togliere la vita a chi la toglierebbe a noi, se siamo guerrieri spietati non avremmo mai il coraggio per risparmiare chi la vita potrebbe salvarcela.
    Una pedina è sempre inutile, quali che siano gli ordini, quale che sia il grado di chi te li impone.
    Ma Questo.
    Questo ci salva il culo, un ordine può sempre essere sbagliato, un agguato può non essere previsto.
    Una partita a shogi si può sempre perdere, non credo tu voglia essere la sfortunata pedina che cadrà sotto gli attacchi avversari.
    Vedi di sviluppare un po’ di autostima e autonomia, seguire solo gli ordini in un mondo di gente che vive di trappole non ti porterà lontano.
    Sii sempre pronto, cavallo, a disarcionare il tuo destriero.
    Spero di essere stato chiaro, potreste non condividere, ma vi consiglio di non dimenticare mai le mie parole, inizialmente ero combattuto tra le vostre due definizioni, ma trovo che quella da me data sia la più veri-tiera e libera da qualsiasi maschera di follia, falsità o patriottismo.
    Ah, si, ho anche un piccolo consiglio per te.
    È l’orgoglio di ogni abitante di konoha, vedi di non farti ribeccare senza dal sottoscritto.
    Una morte con quello indosso è infinitamente migliore di una morte da codardo che cerca di nascondere la sua natura.
    Hai scelto un percorso, portalo avanti sino in fondo, sta tranquillo che chi vuole farti la pelle non guarda se hai o meno quel pezzo di metallo indosso.
    Ora!
    Se “faccia da aiuto sensei” non ha niente da aggiungere su questa piccolo primo argomento possiamo procedere.


    Le idee del sensei ancora una volta non erano errate, ma probabilmente le parole di Kuroro erano state fraintese. La pedina infatti nel gioco degli scacchi non sempre è l’elemento sacrificabile, può addirittura trasformarsi in regina se ci riesce.
    Non necessariamente essere una pedina significa immolarsi inutilmente. L’Hokage disponendo delle sue pedine non le sacrifica senza motivo, le utilizza nel miglior modo possibile cercando di non mandarle al macello e al contempo proteggere e servire il villaggio. Nulla infatti è più importante della vita del villaggio stesso.
    Kuroro avrebbe voluto discutere ulteriormente di queste filosofie di vita con il sensei, ma non era quello il momento. Un giorno in futuro sarebbe stato più che lieto di scambiare le sue opinioni con una persona più anziana ed esperta di lui. E quanto ad autostima, di certo Raizen avrebbe scoperto che il ragazzo non ne difettava affatto.
    Non era mancato un rimprovero all’aiuto sensei … effettivamente indossare in quel modo il coprifronte non era simbolo di rispetto verso il villaggio e i ninja di Konoha. Probabilmente l’attenzione di Kuroro era eccessivamente focalizzata sul proprio villaggio, ma di certo anche in quell’occasione non poteva negare che Raizen avesse ragione. Avere un coprifronte era simbolo di onore e orgoglio, mai lo si sarebbe dovuto nascondere o indossare con leggerezza.


    « Vi prego di perdonarmi, Sensei » « Purtroppo provengo da una tradizione tutt'altro che animalesca, e mi rendo conto che le mie calzature abbiano potuto stimolare la vostra apprensione »
    « … Ma non temete Sensei, sono una tipa sveglia e vedrete che non avrò problemi ad imparare con rapidità! » « ...In ogni caso, fattelo dire Sensei, indurre una donna a spogliarsi al primo incontro è davvero prematuro, sai? »


    Shizuka aveva risposto forse con troppa arroganza e come se tutto ciò non bastasse aveva mancato di rispetto al maestro afferrandolo per il mantello e trattandolo da suo pari. Kuroro abbassò lo sguardo e voltò il capo per non osservare quella scena. La mancanza di rispetto per le gerarchia da parte della sorella lo infastidiva notevolmente. Seppur fosse un bastardo, arrogante e quant’altro di peggio si potesse dire su quell’uomo, era pur sempre il loro sensei.
    La pronta risposta di Raizen però non si fece attendere …


    Finito?
    Un aggettivo l’hai proprio azzeccato: a n i m a l e s c o.
    Nessuna distinzione, maschi, femmine, ricchi o poveri.
    A me non fotte un cazzo!
    Hai una cresta fantastica, affascinante...
    ...Ma al momento fa di te un tenero pezzo di carne in una ciotola di ramen.
    Niente di più.
    Niente di meno.
    Questa non è una sfida, ficcatelo in testa.
    Se ti porto dentro al bosco e dopo averti minuziosamente fatto a pezzi dico che ti sei cacciata nei guai per la tua testa dura chi credi che venga a reclamare? Mh?
    L’accademia farà a meno di me nei prossimi corsi genin, semplicemente.
    ”inadatto al ruolo di sensei” ecco a cosa porterebbe la tua sfrontatezza, ne va le la pena?
    DIMMI, NE VALE LA PENA?
    Io trovo che sia Penoso
    Imparerai a conoscere i tuoi limiti durante questo corso, e imparerai a sfruttare la tua sfavillante cresta solo quando potrai.
    Imparerai a conoscere la paura e a sfruttarla per il tuo stesso bene, gambe molli.
    Quando conoscerai i tuoi limiti e imparerai che ad essere impulsivi come te si rischia una mano...
    ...E se io avrò fatto un buon lavoro, mi sarai grata in eterno.
    Riguardo ai vestiti.


    Aveva sussurrato qualcosa all’orecchio della futura Kunoichi…la scena non era di certo l’esempio di un idilliaco rapporto tra sensei-allievo e la reazione dell’uomo era stata decisamente irruenta ma del resto, sentirsi provocato da una semplicissima studentessa doveva aver scosso il sistema nervoso di quello che già a prima vista non sembrava affatto essere un tipo paziente e calmo.
    Non poteva intervenire per difendere la sorella … non doveva intervenire perché avrebbe inutilmente peggiorato la situazione incrementando la tensione del momento. Avrebbero dovuto risolvere i loro problemi da soli, l’intromissione nella discussione da parte di un membro del gruppo avrebbe senza alcun dubbio scatenato un rabbioso diverbio e, di certo, non era quanto si sarebbe aspettato Kuroro quella mattina. Inoltre il suo spirito era interiormente combattuto tra il desiderio di proteggere Shizuka e quello di mantenere il silenzio e rispetto per il Chunin.
    In fondo non le aveva fatto del male, seppur quell’individuo sembrasse tanto aggressivo e spietato, fino a quel momento non aveva fatto loro alcun male. Probabilmente stava attuando una filosofia di insegnamento volta a terrorizzare i propri studenti per averne la massima attenzione e il massimo rispetto. Non condivideva quel punto di vista ma doveva al contempo rispettarlo. Forse con sua sorella quello era l’unico modo per darle un’idea del rispetto gerarchico che vigeva all’interno del mondo ninja.
    Seppur come sempre il suo sguardo non facesse trapelare alcuna emozione in quel momento era profondamente dispiaciuto per la figura che stava facendo sua sorella…


    « Perdonatemi, sensei »
    « Raizen »


    Purtroppo sua sorella aveva soltanto sibilato qualcosa a pochi centimetri dall’uomo e non aveva potuto udire. Non sarebbe stato difficile però intuire di cosa stessero parlando. Kuroro rimase immobile. Ancora una volta doveva assistere ad una scena estremamente fastidiosa per i suoi gusti. Un Chunin che palesemente ci provava con una studentessa e quest’ultima che per tutta risposta travalicava completamente qualsiasi forma di riverenza e lo trattava come suo pari.
    Era tutto completamente sbagliato e Kuroro non poteva sopportare una simile visione. La maglia aderente mascherava bene la smorfia che le sue labbra palesava la sua chiara disapprovazione.
    Terminato dunque quel patetico siparietto Shizuka si avviò verso l’umile abitazione locata a poche decine di metri da lì, probabilmente di pastori o artigiani della zona.
    Cercando di sorvolare su quanto accaduto e cogliendo l’invito del maestro Kuroro si sentì in dovere di ringraziare quell’uomo per i suoi consigli, in fondo in fondo seppur a livello caratteriale non ne approvava i modi di fare, ne apprezzava profondamente le ideologie.
    Chiara, limpida e rispettosa suonò la voce dell’aspirante ninja


    La ringrazio sensei per i suoi consigli, ne farò tesoro.

    Non vi erano inutili fronzoli retorici nelle sue parole…l’essenziale, non si sarebbe mai sprecato nel dire cose inutili.
    Trascorsero pochi minuti e finalmente Shizuka fece ritorno nel gruppo con i nuovi sandali. Di certo non era calzature d’alta moda ma sarebbero decisamente risultato più funzionali.
    Il sensei potè dunque riprendere il filo del discorso precedentemente interrotto e si avviò verso la foresta poco distante. Il rumore dei passi dei quattro si confondeva con quello del vento e della voce del Chunin


    La “missione” consiste nel recuperare uno stramaledetto gregge di pecore, ma siccome questa è una “missione-scuola” il nostro caro aiutosensei tratterà vari argomenti teorici nel caso in cui vi dimostriate carenti nella conoscenza degli stessi, se poi lui dimenticherà qualcosa interverrò io, ma non credo.
    Voi dovete passare l’esame genin, e lui essendo genin saprà dirvi il necessario per far si che questo accada.
    Quindi...dite cosa sapete sul chakra, avete pochi punti da trattare:
    Definizione ed utilizzi, se non erro sapete usare qualche tecnica, almeno a naso dovreste sapere cosa è il chakra
    Sistema circolatorio del Chakra & Porte, qui è un po’ più ostico se non avete mai aperto qualche libro, ma i nomi possono suggerire qualcosa.
    Punti di Fuga & Tsubo beh, andate a tentoni.
    Ricordate che non è un esame, se non sapete basta ammetterlo.


    Di certo non si aspettava una missione rischiosa o estremamente entusiasmante, ma di certo l’idea di recuperare un gregge di pecore risultava alquanto scioccante. Anche il sensei dicendo “stramaledetto” aveva lasciato trapelare senza troppi equivoci la sua “eccitazione” all’idea di svolgere una missione simile.
    A seguire la tanto breve esposizione della missione vi furono delle semplici e banali domande alle quale prontamente i due studenti avrebbero dovuto rispondere attingendo dalle proprie conoscenze. Forse un normale studente poteva ignorare il significato di molti degli argomenti toccati nei quesiti posti dal sensei, non era però il caso di Kuroro. Sapientemente i suoi genitori lo avevano fatto istruire su tutto quanto c’era da sapere riguardo il combattimento e l’arte dei ninja tramite l’ausilio e la supervisione di un sapiente maestro.
    Avrebbe voluto solo qualche secondo per riassettare le idee e iniziare il discorso, anche per poter aiutare la sorella la quale probabilmente ignorava qualcuno di quegli argomenti. Ancora una volta lo stupì, in positivo…


    « Dunque, vediamo... » « Essendo ninja -o aspiranti tali- quando parliamo di Chakra facciamo riferimento ai Centri di Forza o Sensi Spirituali. Il Chakra, difatti, è semplicemente fluida e viva energia, presente in ogni creatura vivente, compresi noi Shinobi, che la sfruttiamo per realizzare tecniche di Genjutsu, Ninjutsu o Taijutsu.
    Sappiamo dagli studi del team medico di Konoha, che il Chakra è composto di due elementi fondamentali, quali l'energia fisica e quella spirituale, i quali devono essere adeguatamente impastati per poter dar luogo al corretto flusso energetico e, quindi, alla giusta esecuzione di una o più tecniche.
    A prescindere da queste basi elementari, il Chakra è utilizzabile anche sotto un'altra forma, ovvero quella di potenziamento articolare: Concentrando un'alta percentuale di energia nelle gambe o nelle braccia, infatti, è possibile rafforzarle, oppure rendere il nostro stesso corpo incapace di avvertire momentaneamente il dolore.
    E' importante evidenziare inoltre che esistono varie tipologie di Chakra, ne è un esempio quello medico -di cui tutti sappiamo i pregi- o quello demoniaco -che come abitanti di Konoha conosciamo in prima persona... »

    « Il sistema circolatorio del Chakra è un sistema di circolazione adibito allo scorrere di questa nostra particolare forma di energia, di cui ho appena parlato.
    Si presenta essere particolarmente affine al sistema nervoso centrale, e un suo mal funzionamento per qualsiasi tipo di motivo, rendono il ninja incapace di usare il suo stesso Chakra.
    Tuttavia, perché dovrebbero sorgere simili complicazioni? » Domandò allora, improvvisamente, alzando leggermente lo sguardo al cielo. Sembrava chiederlo a se stessa, come se stesse evocando la sua stessa nozionistica basilare e infatti, pochi secondi dopo, sorridendo, riprese a parlare « Eccetto le implicazioni puramente endogene, è possibile impedire un corretto uso del sistema circolatorio del Chakra tramite la chiusura dei cosiddetti "Punti di Fuga", i canali del discusso sistema, che si trovano a livello epidermico.
    Notiamo con interesse che lo sfruttamento di questa particolare tipologia di combattimento è adottata dal clan Hyuga, la cui vista permette loro l'individuazione e l'otturazione di questi importanti canali utili a mantenere una corretta fluidità del Chakra. »

    « Nella medicina tradizionale cinese gli Tsubo sono i 361 punti, localizzati sul derma in particolari linee energetiche chiamate meridiani, attraverso i quali è possibile accedere al sistema energetico di ogni individuo mediante una particolare sollecitazione attraverso alcuni aghi e spiedi o con la pressione manuale.
    Ogni Tsubo possiede un nome che ne specifica una caratteristica e/o la localizzazione anatomica.
    Chiaramente, com'è facile intuire, la stimolazione indotta degli Tsubo può essere a finalità tanto curativa quanto offensiva. In quest'ultimo caso è possibile sfruttare questi centri nevralgici corporei per paralizzare l'avversario o un suo qualsiasi organo. Ad esempio » « Se io volessi nuocerti in qualche modo, nonostante la differenza di altezza e stazza, mi basterebbe trapassarti, che so, lo tsubo della respirazione privandoti del corretto uso dei polmoni e quindi impedendoti movimenti complessi »

    « Jaken-san? »

    « So cosa sono le otto porte del Chakra... almeno credo. Ma non ne sono dopotutto molto sicura, quindi preferisco astenermi dal dire idiozie che mi costerebbero care » « Mi affido a te per un eventuale delucidazione, ti dispiace?


    Prendendosi solamente qualche pausa o interruzione per prendere fiato, Shizuka aveva trattato più o meno tutti i punti riguardanti le domande. Aveva concluso la sua esposizione rivolgendosi al fratello stesso e prendendo la differenza delle loro altezze per evidenziare come ciò effettivamente non costituisse un problema fondamentale per il combattimento. Ciò non era del tutto sbagliato, ma in uno scontro possedere arti più lunghi in determinate circostanze poteva rivelarsi decisivo.
    Anticipando l’aiuto sensei Kuroro decise che era giunto il momento dunque di esporre le sue conoscenze e magari rispondere anche alla domanda finale posta dalla sorella.
    Ancora una volta la tutto ciò che avrebbe lasciato trasparire di se sarebbe stata soltanto estrema tranquilittà …


    Mia sorella ha già trattato sinteticamente quanto lei ha richiesto, ma presumo che debba ugualmente rispondere cercando di essere quantomeno originale, seppur questo mi sembri difficile.
    Chakra è un termine di origine attualmente non accertata, e i suoi molteplici significati ci fa pensare che probabilmente non sia nata da un’unica cultura o popolazione, ma con i secoli ci sia stata una mescolanza di studi e tradizioni. Come precedentemente detto attualmente le traduzioni più accreditate dagli studiosi sono “Centri di forza” o “Sensi spirituali”. Non si può obiettivamente immaginare il Chakra diversamente.
    Con la parola Chakra di fatti si può intendere al contempo come forma di energia, fusione di energia fisica ed energia spirituale, e come punto di fuga dell’energia stessa. Solitamente però si preferisce attribuire solo il primo significato.
    Un essere umano può potenziare il proprio Chakra con l’allenamento quotidiano. E’ risaputo però che con il sopraggiungere della vecchiaia l’energia di un essere umano tende inesorabilmente a diminuire. Esempio lampante di quanto sia triste la vecchiaia per uno shinobi fu il leggendario terzo Hokage il quale venne sconfitto dal Sennin Orochimaru diversi secoli fa, nonostante fosse nota la straordinaria bravura del terzo. Ma non siamo qui per discutere di storia … il Chakra viene utilizzato in qualsiasi azione quotidiana venga compiuta da un essere vivente. Chiaramente ciò avviene al livello puramente inconscio. L’ abilità di un ninja sta nel saper controllare dunque l’utilizzo e l’emissione del Chakra e canalizzarlo adeguatamente per i propri fini. Fini che si concretizzano in tecniche o potenziamenti o azioni apparentemente impossibili quali: camminare sull’acqua, camminare su pareti verticali o addirittura a testa in giù. Per potenziamenti intendo semplicemente riferirmi alla possibilità di rivestire una parte del proprio corpo con suddetta energia e incrementare una ben determinata capacità fisica. Può sembrare dunque impossibile ad un normale essere umano distruggere un muro con un pugno, spaccare il terreno con un pestone o compiere balzi di decine di metri quando invece sono azioni piuttosto accessibili a tutti gli shinobi e kunoichi. Non ci dovremo stupire dunque se vedremo una donna fare a pezzi un muro o una roccia. Nel mondo dei ninja non può esservi distinzioni di sesso … non esiste galanteria alcuna che possa evitare a kunoichi trattamenti destinati a shinobi …


    Probabilmente in questa frase vi era un’allusione e un avvertimento alla sorella, come per farle rendere conto che la distanza che nella vita di tutti i giorni separava l’uomo dalla donna, nel mondo dei ninja venisse totalmente azzerata.

    Quanto alle tecniche invece, queste costituiscono il cuore del patrimonio tecnico di un ninja. Possiamo dividerle in diverse categorie a seconda della loro tipologia: Arti Illusorie (Genjutsu), Arti Magiche (Ninjutsu), e Arti Marziali (Taijutsu) e Senjutsu. A loro volta si possono identificare dei sottogruppi, ma elencarli e descriverli significherebbe probabilmente andare fuori tema, dunque mi limiterò a spiegare brevemente le quattro categorie, visto che a tutti gli effetti costituiscono le principali applicazioni del Chakra.
    Le Arti Illusorie sono tecniche che utilizzano il Chakra presente nel sistema nervoso della vittima per creare illusioni che ingannano i cinque sensi. Sicuramente tra tutte le Genjutsu costituiscono la categoria di tecniche più complesse e di difficile applicazioni. Per tale motivo sono sempre rari i ninja che sappiano utilizzarne e ancor più contrastarle. Possedere un perfetto controllo del proprio Chakra e una perfetta attenzione per i dettagli costituiscono due dei principali requisiti che un ninja deve possedere se vuole intraprendere la difficile via dell’apprendimento di un Genjutsu. Vi è poi un noto clan del nostro villaggio, il clan Uchiha per l’esattezza, ad essere considerato il “padrone” dell’arte illusoria, grazie all’abilità innata denominata Sharingan. Tramite lo Sharingan però si giunge ad un livello d’arte illusoria irraggiungibile per qualsiasi altro ninja. Vi sono tre modi differenti per sciogliere un’illusione, i due più complessi sono: l’annullamento del proprio flusso del Chakra per far si che l’illusione non possa più perdurare, o subire una ferita che determini un dolore più forte dell’illusione. Per chi invece non fosse capace di attuare una di queste due opzioni, vi è sempre la terza, ovvero il ricevere Chakra da una terza persona, ciò infatti destabilizza il proprio flusso di Chakra annullando dunque l’illusione.
    I Taijutsu è la forma più rapida e semplice di utilizzo del Chakra. Sostanzialmente si utilizzano tecniche di taijutsu nei combattimenti corpo a corpo, con il preciso obiettivo di apportare consistenti miglioramenti fisici al proprio organismo. Celebri utilizzatori di tale arte sono i membri del clan Hyuga i quali praticano lo stile Juken. E’ inoltre una tipologia di utilizzo del Chakra consigliata per coloro che risultano incapaci di canalizzare le proprie energie nella realizzazione di Genjustu o Ninjutsu.
    L’effetto dei Ninjutsu è concreto e reale e il più delle volte vengono eseguiti tramite l’esecuzione di sigilli con le mani, seppur vi siano ninja in grado di eseguire sigilli con una sola mano e il battere di un piede. Sicuramente la lista dei Ninjutsu è la più vasta e particolareggiata, ogni villaggio ha una propria lista di tecniche che lo aiuta a rendersi originale e imprevedibile.
    Il caso del Senjutsu invece costituisce una vera e propria rarità, soprannominate anche “Arti Eremitiche” sono praticate da pochissimi eletti e si basano fondamentalmente sull’utilizzo di una tipologia di Chakra molto particolare, mi sto riferendo al Chakra della natura. Come pochi sanno il Chakra della natura apporta potenziamenti straordinari nel ninja che riesce sapientemente a farne uso. Risulta pericolosissimo non gestire accuratamente il Chakra della natura. Questo di fatti equilibrato nel proprio corpo con il Chakra spirituale e quello fisico. Se tale condizione non dovesse avvenire il proprio fisico ne subirebbe effetti a dir poco devastanti.
    Esiste infine una categoria estremamente particolare, spesso nominata come “Arti segrete” o “Abilità innate” e sono proprie ciascuna di un determinato clan, tramandabili solo al loro interno. A tale categoria fanno parte ad esempio Sharingan e Byakugan.
    Fino ad ora ho fatto riferimento a tre tipologie di Chakra, quello spirituale, quello fisico e quello naturale. Ma ne esistono degli altri quali ad esempio quello curativo, utilizzato per guarire ferite o altre applicazioni di tipo medico. Questo tipo di Chakra però richiede un perfetto controllo delle proprie energie per poter essere applicato, condizione che lo rende conoscibile solo da pochi.
    Vi è poi il Chakra demoniaco dei Bijuu, senza alcun dubbio superiore al normale Chakra di un essere umano. Ovviamente questa tipologia di energia è accessibile solo ai 9 possessori dei demoni.
    Per concludere questa trattazione sul Chakra, posso dire inoltre che con uno studio più approfondito si è arrivati a dividere il Chakra in 5 elementi fondamentali: terra, acqua, fuoco, vento, fulmine. Solitamente un ninja alle prime armi può padroneggiarne uno soltanto, con l’allenamento e l’esperienza però si possono conoscere molteplici elementi. Esiste un determinato metodo di riconoscimento del proprio elemento del Chakra, esistono metodologie di studio e potenziamento per ogni elemento, ma francamente ritengo sia attualmente fuori luogo …


    Dopo un lungo monologo Kuroro si fermò per un istante, giusto il tempo necessario per estrarre dallo zaino una bottiglia d’acqua e bagnare leggermente la bocca e la gola le quali dopo un così lungo discorso erano inevitabilmente seccate.
    Riposta la bottiglia nello zainetto riprese il discorso, augurandosi di non essere eccessivamente tedioso


    Scusatemi, riprendo il mio discorso. Ho dunque spiegato spero in modo esaustivo cos’è il Chakra e in che modo viene utilizzato, ma se non erro sensei ci ha chiesto anche di accennare al sistema circolatorio e alle porte del Chakra. I due concetti sono strettamente legati, di fatti il sistema circolatorio costituisce un sistema vero e proprio all’interno del nostro corpo il quale come si può ben intuire è costituito da milioni di piccolissimi tubi snodati in tutto il nostro corpo terminanti con 361 fori piccoli come la punta di un ago chiamati appunto punti di fuga del Chakra. Agendo su tali punti di fuga è dunque possibile incrementare o diminuire efflusso di Chakra e il suo conseguente utilizzo.
    Questi punti di fuga sono principalmente concentrati in 8 zone principali anche dette porte del Chakra le quali hanno ognuna un nome. Non elencherò i nomi poiché è solo un mero esercizio mnemonico e rischierei anche di dimenticarne uno o due. L’apertura di queste porte determina incrementi via via crescenti di potenza all’aumentare del numero di porte che si decide di aprire. Ciò ovviamente costituisce una violazione dei limiti umani ed è di fatti punita con conseguenti danni al proprio fisico. Addirittura aprire le 8 porte conduce alla morte.
    Generalmente l’apertura delle porte si utilizza con tecniche di corpo a corpo, Taijutsu appunto, ma non si esclude comunque che vengano diversamente applicate. Famose tecniche nelle quali l’apertura di tali porte risulta fondamentale sono quelle del Loto e del Susanoo, ma di quest’ultima si sa ben poco al di fuori dei possessori stessi dello Sharingan.
    La visualizzazione delle porte è possibile ai possessori di Byakugan, i quali grazie a tale abilità riescono a colpire questi punti detti anche Tsubo e bloccare completamente il flusso di Chakra nella vittima. Se tale condizione si realizza lo scontro risulta inevitabilmente concluso.
    Ah quasi dimenticavo, gli Tsubo in seguito a studi medici sono risultati essere 361, come ha già detto infatti Shizuka.
    Come ho già accennato, se stimolati o colpiti possono provocare letargo o finta una morte. Il cuore smette di battere solo per un certo periodo di tempo e si riattiverà poco dopo. Svegliatasi la vittima non potrà ancora fare nulla e resterà paralizzata per almeno una settimana. Oltre agli Hyuga, anche i ninja inseguitori e i ninja medici conoscono pressappoco l’esatta ubicazione degli tsubo, seppur non risulti sempre così semplice e scontato colpirne uno. Risulta semplice farlo in parti dove non ci sono molti muscoli a fare da velo o ostacolo, come il collo ad esempio. Inoltre tramite l’utilizzo di armi particolarmente appuntite e sottili, come spiedi ad esempio, ciò risulta facilitato.


    Tirò una sorta di sospiro di sollievo, parlare così tanto lo stancava più di un normale esercizio fisico … in cuor suo si augurava di aver esposto adeguatamente i concetti richiesti senza tralasciare nulla.
    Durante il lungo discorso il tono della sua voce era risultato estremamente piatto e monotono, il suo sguardo fisso nel vuoto di fronte a se per trovare la massima concentrazione e focalizzazione sugli argomenti. La sua disciplina e compostezza era portata agli estremi, così la sua voce infatti era perfettamente udibile e comprensibile ai presenti, la pronuncia perfetta, quasi come se si trovasse ad una recita teatrale … ma quella non era finzione, Kuroro lo sapeva bene …
    Quasi come svegliandosi dal torpore Kuroro mosse il capo a destra e a manca per osservare i volti dei suoi due superiori e della sorella. Conclusa quella noiosa parte teorica sarebbero dunque passati ai fatti? O il loro senpai avrebbe integrato a quelle spiegazioni altre informazioni utili?

    CITAZIONE
    Narrato
    Parlato aiuto-sensei
    Parlato Shizuka
    Parlato sensei
    Parlato Kuroro
    Pensato Kuroro



    Edited by Arcangelo Gabriel - 4/4/2010, 03:53
     
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    b u c o l i c a » Chapter I
    The Beauty, The Beast, And The Guy In The Middle



    Terminata la mia presentazione, ricevetti un cenno di saluto da parte dei due ragazzi, ed in particolare quello di Shizuka fu caratterizzato da taciturna eleganza. Di certo non era a corto di buone maniere. Vi furono alcuni istanti di silenzio, era evidente che tutti stessimo attendendo le disposizioni di Raizen, il quale nel frattempo era sceso dalla staccionata e si era riportato in posizione eretta. Era davvero alto come mi era sembrato a prima vista, anzi, di più. Io e Kuroro, che approssimativamente eravamo di uguale statura e probabilmente nessuno sarebbe arrivato a definirci bassi, raggiungevamo appena l'altezza delle sue spalle. In quanto al peso, non doveva essere proprio il doppio del mio, ma poco ci mancava. Non lo invidiavo affatto. Certo, essere di una simile taglia era senz'altro utile per intimidire gli altri, per svolgere lavori di fatica, o per afferrare oggetti su uno scaffale particolarmente alto, ma a mio avviso portava anche parecchi svantaggi, specialmente in un mestiere dove più si passava inosservati e meglio era. Il ragazzo, che tutto sommato non doveva essere molto più vecchio di me, si avvicinò agli studenti.
    Senza il minimo preavviso o apparente motivo, mise mano allo tsuka della sua spada e, con un unico gesto fluido, la sguainò facendole effettuare un movimento orizzontale, parallelo al suolo. Il tutto ad una velocità considerevole, ben superiore alla mia, ma che tuttavia riuscii bene a seguire con lo sguardo, anche perché la mia attenzione era dall'inizio rivolta alle sue azioni. Probabilmente gli studenti nemmeno l'avrebbero visto arrivare. Un colpo di taglio diretto al collo di Kuroro. Istintivamente la mia mano destra cercò l'elsa della mia di spada, ma senza estrarre, gesto che il sensei non avrebbe notato poiché in quel momento mi trovavo fuori dal suo campo visivo. Per un breve istante pensai al peggio. Pensai che, dopotutto, si trattasse davvero di una trappola ai danni di pochi e insulsi ninja di Konoha, e che quel gigante non fosse affatto un sensei, bensì il carnefice. Ma chi si sarebbe preso la briga di organizzare un tranello del genere per uccidere due studenti ed un genin? Davvero uno spreco di risorse e tempo. Fatto sta che non ebbi il tempo materiale per ipotizzare una risposta, poiché la lama di Raizen si arrestò a pochi millimetri dal collo del ragazzo, risparmiandolo da decapitazione certa. Una finta.

    CITAZIONE
    TU!

    Hai bisogno di una pettinata.

    Espirai lentamente dalle narici, mollando la presa dall'impugnatura della mia arma. Falso allarme. Si era trattato, a quanto sembrava, di uno scherzo. Privo di alcun senso e gusto, ma uno scherzo, come evidenziato dalle parole dell'assalitore. Parole, anche quelle, prive di senso. I capelli di Kuroro non avevano nulla che non andasse. Essendo essi di media lunghezza, probabilmente il ragazzo aveva deciso di tenerli tirati all'indietro così che non lo infastidissero o ne disturbassero la visuale. Nulla di trascendentale, insomma, una pettinatura normalissima. Probabilmente si trattava di un fragile pretesto per spaventare i due cadetti, e al tempo stesso dimostrare loro che avrebbe potuto ucciderli in qualsiasi istante senza che nemmeno avessero modo di accorgersene. Non ero bene in grado di stabilire lo scopo di tale atto. Forse aveva voluto sbatter loro in faccia nella maniera più diretta la sua superiorità fisica, intimandogli implicitamente rispetto e obbedienza incondizionata, oppure voleva constatare di prima mano come avrebbero reagito ad una aggressione inaspettata. O ancora, possibilità da non escludere basandomi sulle sensazioni che mi aveva dato fino a quel momento, l'aveva fatto per puro diletto, per farsi due risate alle nostre spalle.
    Non amavo particolarmente la politica del terrore quando si trattava di insegnamento, anche perché solitamente si rivelava efficacie solo con i ragazzini arroganti e con le teste di marmo che comprendevano solo la verga. Per il resto, risultava abbastanza inutile o controproducente, riducendo il tutto ad un omone che faceva la voce grossa e si pavoneggiava con dei ragazzi che nemmeno lontanamente potevano tenergli testa. Ad ogni modo lui era il sensei, ed io la sua spalla. Non avevo alcun diritto o autorità di dirgli come svolgere il suo lavoro, e francamente nemmeno valeva la pena di arrovellarsi più di tanto. Che facesse come gli sembrava più opportuno, dopotutto le responsabilità erano sue. Il massimo che avrei potuto fare sarebbe stato tentare di porgli un freno qualora avesse oltrepassato i limiti della decenza, non prima. Sembrava proprio il tipo di persona con cui è impossibile ragionare, quindi contrastarlo sarebbe stato non solo infruttuoso ma anche dannoso per me e di riflesso per l'intero corso. Oltretutto, ripeto, non ne valeva la pena.
    A quel punto Raizen volse l'attenzione alla ragazza la quale, me ne accorsi in quel momento, era sbiancata, comprensibilmente spaventata dal repentino attacco ai danni del fratello, il quale, invece, sembrava non essersi scomposto. Davvero notevole, aveva mostrato un sangue freddo non da tutti, ma anche piuttosto innaturale. Di fronte ad uno scenario di morte improvvisa, l'istinto di sopravvivenza che era saldamente radicato in ogni essere vivente ci imponeva una reazione difensiva volta all'autoconservazione, questo ancor prima che la ragione riuscisse ad analizzare la situazione in maniera distaccata. Non sapevo se tale sicurezza fosse dovuta alla fiducia che nutriva nella figura del sensei, alquanto irragionevole a mio dire essendo diretta ad un individuo che aveva appena incontrato per la prima volta, del quale non sapeva nulla e il cui comportamento non ispirava affatto fiducia. Quell'uomo poteva essere chiunque, poteva essere un impostore e non c'era modo di verificare il contrario, non conveniva fidarsi sulla parola. Altra spiegazione possibile era che Kuroro non temesse la morte, per ragioni che nemmeno mi andava di supporre.
    Stavolta il sensei si concentrò sulle particolari calzature di Shizuka, prendendo a picchiettarle con il piatto della sua spada. Adesso che la situazione era tornata piuttosto tranquilla, ebbi modo di osservare con maggior attenzione quella singolare arma. Data la sua lunghezza spropositata poteva definirsi una nodachi, ovvero una spada ben più grande di una katana che generalmente si impugnava a due mani. Sebbene non ne avessi una visuale proprio ottimale, potevo arrivare a dire che essa fosse lunga quasi quanto me. Dimensioni assurde insomma, come quelle del suo proprietario del resto, al quale andava comunque riconosciuto il merito di riuscire a brandire con sicurezza un'arma del genere, cosa che non sarebbe riuscita a chiunque. Era interamente nera, sia la lama che lo tsuba che lo tsuka, affusolata e tagliente nel suo design asciutto ma elegante. Davvero uno strumento pregevole, non c'era che dire, e dall'aria altrettanto letale. Raizen cominciò a criticare la scelta della ragazza di presentarsi a quella che era una pseudo missione ninja con dei geta, illustrandole sistematicamente le ragioni per cui tale calzatura era inadatta alla circostanza. Non aveva affatto torto. Valutare l'adeguatezza dei propri indumenti, per quanto questi potessero apparire fattori insignificanti e puramente estetici, non era affatto un aspetto da sottovalutare. Come stava spiegando il sensei, per un ninja era importante indossare scarpe comode e che gli consentissero di svolgere attività fisica, compreso lo stesso combattimento, con la massima sicurezza e stabilità, senza il rischio di restare scalzi o peggio di inciampare o subire distorsioni alle caviglie per colpa di piedi malfermi all'interno della struttura. Inoltre degli zoccoli di legno producevano molto rumore quando si camminava, mentre una scarpa con la suola in gomma permetteva spostamenti più silenziosi, e tutti sappiamo quanto la discrezione e la segretezza sia importante per chi svolge questo mestiere. In quel mondo non vi era spazio per futili frivolezze, e l'eleganza era legittima solo laddove coniugata con la funzionalità.
    Al termine della sua considerazione, Raizen rinfoderò la nodachi e consigliò alla ragazza di chiedere in prestito un paio di scarpe più consone all'uomo che viveva nella casa alle nostre spalle, ma comunque lasciò a lei libera scelta in proposito. Tuttavia la ragazza parve non prendere molto bene tali critiche. Per tutto il tempo del monologo del sensei, aveva fissato ad occhi sgranati i suoi geta venir ripetutamente toccati dalla nera lama dell'altro. Sembrava per lei quasi un affronto personale, come se la stessero schiaffeggiando. Forse era particolarmente affezionata a quei calzari, magari per ragioni affettive. Un sentimento che uno come me non poteva condividere. Ad ogni modo la ragazza replicò al sensei mostrando inizialmente un sorriso smagliante, ma era chiaro dal suo tono a tratti ironico che le sue parole non esprimevano allegria.

    CITAZIONE
    « Vi prego di perdonarmi, Sensei »
    « Purtroppo provengo da una tradizione tutt'altro che animalesca, e mi rendo conto che le mie calzature abbiano potuto stimolare la vostra apprensione »

    « …Ma non temete Sensei, sono una tipa sveglia e vedrete che non avrò problemi ad imparare con rapidità! »

    Dopodiché si sfilò i geta e si chinò a raccoglierli, restando a piedi nudi. Afferrò con una mano il mantello nero del gigante e lo strattonò a sé in modo che la testa di lui scendesse al livello della sua, ovvero quasi mezzo metro più in basso. A quel punto, Shizuka prese a sussurrargli qualcosa all'orecchio, qualcosa che non riuscii ad udire dalla mia posizione arretrata. Decisi di avvicinarmi di qualche passo al punto in cui i tre individui stavano interagendo fra loro, fermandomi a circa tre metri di distanza dal sensei, alla sua destra, dove avevo una ottima visuale di tutti loro e potevo udire meglio le loro parole.
    Temevo proprio che la ragazza avesse avuto una reazione fuori luogo. Nonostante fosse ormai appurato che i modi di Raizen non fossero il massimo della simpatia e della raffinatezza, in quella circostanza aveva tutte le ragioni del mondo ad aver voluto fare quel tipo di osservazioni. Non era stato un attacco personale indirizzato alla ragazza, eppure mi sembrava che come tale fosse stato recepito. Non sarebbe stato nemmeno necessario scusarsi per la sua leggerezza, bensì sarebbe bastato, una volta elaborate le parole del sensei e classificatele come degne di ascolto, andare nella casetta lì vicino a chiedere calzature più consone al frangente. Senza aggiungere altro, senza dare dimostrazione a tutti i costi del proprio spirito indipendente, o fare commenti sprezzanti che qualcuno avrebbe potuto interpretare come la supponenza propria di molte famiglie nobili. In fin dei conti non mi aveva dato l'impressione di essere una sciocca. La cosa peggiore, però, era che quella sua reazione avrebbe spianato la strada al sensei per un'altra delle sue uscite infelici. Ne ebbi la certezza quando, guardandolo in faccia, vidi un ghigno da psicopatico dipingersi sul suo volto. Non avrebbe perso una occasione del genere, che gli era stata così opportunamente servita su di un piatto d'argento.
    Quando Shizuka terminò di parlare, Raizen le agguantò la mano con la quale si era attaccata al mantello, mentre con la destra afferrò l'obi del kimono della giovane, sollevandola letteralmente di peso. Non era esattamente un bello spettacolo quello a cui stavo assistendo, ma la ragazza adesso avrebbe dovuto affrontare le conseguenze della sua sfrontatezza. Non che avesse detto chissà cosa, intendiamoci, ma bisognava anche imparare a capire quando ci si poteva permettere di dire certe cose e soprattutto con chi. Capire l'indole di colui con il quale si aveva a che fare e agire di conseguenza era per me segno di grande intelligenza e adattabilità. Probabilmente la ragazza avrebbe imparato la lezione e avrebbe riflettuto meglio prima di parlare dopo aver sperimentato sulla sua pelle cosa implicava sgarrare con la persona sbagliata. Ciò non toglieva, ovviamente, che continuassi a non amare i mezzi di cui si serviva il sensei per farsi ascoltare.
    Dopo che quest'ultimo ebbe sollevato da terra la ragazza con estrema facilità, portò il suo viso alla medesima altezza del proprio. L'espressione di Shizuka mostrava apertamente disagio, per non dire paura rispetto a quella che poteva definirsi una volgare manifestazione di forza. L'uomo puntò i suoi grigi occhi sul volto di lei e prese a parlarle con tono aggressivo ed intimidatorio, incalzante. Le disse chiaramente di non cullarsi troppo nel suo essere donna poiché lui non faceva distinzioni di sesso o ceto sociale, e le disse che il suo caratterino non era necessariamente un difetto, ma al suo attuale livello di esperienza la esponeva unicamente a dei rischi. Le sbatté in faccia che se avesse voluto avrebbe potuto ucciderla e farla a pezzi in quel bosco e passarla liscia, senza che nessuno lo venisse mai a sapere. Infine, mentre lentamente la rimetteva a terra, ed anche il suo tono di voce calava di intensità e veemenza, le disse che durante il corso le avrebbe insegnato a conoscere i suoi limiti, a controllare le sue paure e a dar fiato alla bocca solo quando opportuno.
    Nonostante la brutalità dei modi, il succo del suo discorso era senz'altro condivisibile e gli insegnamenti che voleva impartire alla giovane assolutamente giusti ed utili, se non vitali. Anche la ragazza parve rendersene conto e, dopo essere riuscita a scacciare il timore e a riacquistare serenità, si esibì in un profondo inchino scusandosi formalmente. Bene, almeno quello sgradevole e seccante intermezzo era giunto al termine e finalmente si sarebbe passati a cose più interessanti, come ad esempio organizzarci per la missione.
    Ecco perché non ero una persona ottimista. Perché le poche volte che lo ero, la vita mai mancava di smentirmi. Il tedioso scambio di battute tra sensei e allieva non era ancora giunto al termine. Infatti, mentre la ragazza era ancora immobile come una statua nel suo gesto di inchino, il sensei le avvicinò la bocca all'orecchio e bisbigliò qualcosa. Ancora una volta, sebbene fossi molto vicino al trio, non riuscii bene ad intendere cosa disse, sapevo solo che si trattava dei vestiti della kunoichi. E doveva trattarsi di qualcosa che aveva messo in forte imbarazzo Shizuka, poiché assunse un'espressione allibita e il suo candido volto divenne pesantemente paonazzo. Il sensei sorrideva maligno.
    Le aveva forse fatto degli apprezzamenti un po' troppo espliciti? Essendo la questione legata agli indumenti della ragazza, ed essendosi lei in un certo senso spogliata dei suoi calzari, e considerando l'inequivocabile reazione alle parole che non avevo potuto udire, ero quasi certo di aver ragione. Davvero splendido. Proprio quando si riusciva ad intravedere un barlume di coscienza e sensatezza nelle parole di Raizen, subito si affrettava a tornare sul suo tenore balordo ed irritante, quasi non reggesse allo stress di dire troppe cose intelligenti di fila, una dietro l'altra. Un sensei che faceva il cascamorto con un'allieva era giusto la ciliegina sulla torta, il degno completamento di un quadro che qualcuno sembrava aver burlescamente voluto dipingere con i piedi. Sebbene fosse vero che di solito, come si usa dire, can che abbaia non morde, speravo almeno che avesse la decenza di non fare nulla di indecoroso.
    La ragazza ovviamente fu tutt'altro che lusingata dalle parole del ragazzo dalla chioma argentea e, ripresasi dallo sbigottimento iniziale, gli afferrò la mano che le aveva retto l'obi fino a pochi istanti prima e guardandolo negli occhi gli parlò con estrema serietà. Gli disse che rinnovava le scuse per il suo comportamento immaturo in quanto kunoichi, ma che non si sarebbe scusata per aver ribattuto ai modi discutibili dell'uomo. Poi si avvicinò ulteriormente al suo interlocutore e lo guardò torvo.

    CITAZIONE
    Inoltre lasciatelo dire... »
    « ...non sbilanciarti troppo. Per quanto ti puoi impegnare, credimi: Non hai speranze »

    Stavolta avevo sentito bene le parole della ragazza, ed esse fugarono qualsiasi ulteriore dubbio sulla mia precedente ipotesi.
    Dopodiché, finalmente, la ragazza si allontanò da noi e dopo aver bussato alla porta sparì all'interno della casa. A quel punto il sensei riprese a parlare, rivolgendosi particolarmente a Kuroro, l'unico allievo rimasto presente. Il suo discorso verteva sue due argomenti principali. Uno era espressamente indirizzato allo studente, e voleva infondere allo stesso il concetto di non limitarsi ad obbedire agli ordini dei superiori e del villaggio pedissequamente, bensì di imparare a ragionare con la propria testa e sviluppare senso critico anche nei confronti dei propri commilitoni.
    Effettivamente la visione del ninja era suonata anche a me come quella di un fedele soldato pronto a dare la vita al minimo cenno del proprio Kage, riponendo in esso massima ed incondizionata fiducia. Probabilmente si trattava dell'ennesimo patriottico e squadrato servo del villaggio, che metteva il proprio onore prima di ogni altra cosa, anche della sua stessa vita. Un'ideologia che non potevo condividere, ma dovevo rispettare. Apprezzai ciò che disse il sensei, erano indubbiamente concetti molto preziosi e sui quali il ragazzo avrebbe fatto bene a riflettere attentamente. Coincidentemente, a livello di contenuto, erano gli stessi principi che il sensei del mio corso Genin, l'Amministratore di Suna Tatsumaru Azuma, aveva cercato di inculcarci sin da subito. Non che io ne avessi bisogno, ovviamente, dato che già avevo le idee ben chiare in proposito. Ad ogni modo, Kuroro ringraziò il sensei per i consigli elargitigli, assicurandogli che li avrebbe presi in seria considerazione.
    L'altro argomento riguardava le considerazioni che gli studenti avevano fatto riguardo la loro idea personale di ninja. Raizen le commentò dicendo che prese singolarmente esse erano errate, mentre riteneva che fossero complementari fra loro. Ovvero che un ninja fosse costituito sia dalla componente umana che da quella più oscura, spietata, che lui chiamava "ombra". Comprendevo ciò che intendesse dire, ma per come aveva formulato ciò che era il suo punto di vista, non mi trovavo d'accordo. Da come parlava lui, sembrava che "umanità" fosse sinonimo di bontà, carità, amore e in generale buoni sentimenti, rappresentando ciò che ci rendeva capaci di atti spietati o spregevoli come frutto delle nostre ombre, come si trattasse di un'entità aliena al nostro essere. Non ero d'accordo. Semplicemente, l'essere umano era un essere abbastanza complesso da rendersi protagonista di atti e sentimenti illimitati e complessi, anche diametralmente opposti in natura. Essere malvagi, spietati, arrecare danno ai propri simili, faceva parte dell'umanità tanto quanto essere gentili, generosi ed aiutare il proprio prossimo. Non vi era nessuna distinzione netta da fare, non era il caso di tracciare una riga e mettere da un lato le cose belle e dall'altro quelle brutte. Non era con bambini che si stava conversando. Oltretutto la duplice valenza della nostra natura non era prerogativa esclusiva degli shinobi, ma concerneva tutti gli uomini, sebbene i primi fossero maggiormente esposti a dilemmi di tipo etico e comportamentale, e le loro azioni avessero una gran risonanza nel mondo a causa del loro potere. Quando ebbe terminato di rivolgersi a Kuroro, il sensei si voltò verso di me ed indicando il coprifronte che portavo legato alla spalla sinistra, disse.

    CITAZIONE
    Ah, si, ho anche un piccolo consiglio per te.

    È l’orgoglio di ogni abitante di konoha, vedi di non farti ribeccare senza dal sottoscritto.
    Una morte con quello indosso è infinitamente migliore di una morte da codardo che cerca di nascondere la sua natura.
    Hai scelto un percorso, portalo avanti sino in fondo, sta tranquillo che chi vuole farti la pelle non guarda se hai o meno quel pezzo di metallo indosso.

    Mentre mi parlava ricambiai il suo sguardo, e quando ebbe finito di esporre il suo consiglio, o critica, o qualsiasi cosa fosse, restai in silenzio, facendogli comunque intendere che avevo capito. Non gli risposi, non ne avevo la minima intenzione.
    Si trattava di ideologie diverse che si basavano su preconcetti diversi, discuterne non avrebbe approdato a nulla, specialmente con un soggetto simile. Oltretutto non ritenevo di dover rendere conto a lui di una questione simile. Personalmente, il coprifronte in dotazione ai ninja accademici era qualcosa che non avevo mai compreso fino in fondo. Era come dare un distintivo da indossare in bella vista ad un agente segreto, il cui compito era spesso quello di operare in estrema segretezza o sotto copertura. Era un controsenso. Comprendevo e apprezzavo l'utilità del coprifronte come documento di riconoscimento all'interno dei villaggi, permettendo a chiunque di distinguere a colpo d'occhio i ninja dai civili. Ma una volta usciti dalle mura più o meno sicure della propria patria, indossarlo portava più fastidi che altro. Indossarlo poteva portare ad essere localizzati e attaccati da ninja traditori che covavano risentimento nei confronti dei membri del proprio ex villaggio o dell'Accademia, si poteva essere braccati da cacciatori di taglie, o semplicemente fornire un'informazione che sarebbe stato più conveniente tenere per sé. Oltretutto celare la propria natura avrebbe potuto concedere in diverse occasioni un certo vantaggio strategico, giocando sul fattore sorpresa. D'altro canto, sbandierare la propria identità non portava nessun beneficio, ma potenzialmente solo guai. Se per tali mie idee dovevo essere ritenuto un codardo dagli altri, poco male.
    E nemmeno mi interessava la cosiddetta morte onorevole, con la bara portata in trionfo e relativo funerale di stato. La morte era morte, era uguale per tutti. Non ce n'era una bella e una brutta, una migliore e una peggiore. Era sempre orrenda, ed evitarla era sempre l'opzione migliore per l'individuo. Per quanto mi riguardava, da morto avrebbero anche potuto gettare il mio cadavere in un cassonetto, non mi interessava.
    A quel punto, Raizen disse che si poteva passare ad altro, a meno che io non avessi qualcosa da aggiungere sulle cose dette fino a quel momento. Anche se avrei potuto evitare, decisi di farlo. Dopotutto a degli studenti avrebbe fatto comodo collezionare il maggior numero possibile di punti di vista diversi, per formarsi una propria opinione che poggiasse su basi solide ed estese. Fronteggiai Kuroro, l'unico studente presente, e cominciai a parlargli con espressività atona e scrutando un punto imprecisato un paio di metri sopra la sua testa, tra i frondosi rami degli alberi.


    «Il ninja è quell'individuo addestrato nella disciplina militare ed esperto in svariati campi affini, tra cui principalmente l'arte del combattimento, dello spionaggio e della gestione e utilizzo dell'energia interiore detta chakra.
    Egli è un fedele servitore del proprio villaggio e del proprio Kage.
    Agirà sempre e solo nel loro interesse, prefiggendosi come obiettivo primario la loro difesa.
    Darà volentieri la vita per la salvaguardia della propria comunità e del proprio capovillaggio.»

    Presi fiato qualche istante. Tale enunciazione era stata proferita tutta d'un fiato, senza pause rilevanti, senza darvi particolare spessore.
    Posi finalmente lo sguardo sul giovane e ripresi. Il mio tono era tornato quello di sempre, composto e serio.

    «Questa, pur esposta sinteticamente, è una definizione di ninja da libro di testo.
    Nel mondo reale tuttavia non troverai molti soggetti che vi aderiscano, che antepongano davvero il benessere del proprio villaggio alla propria vita.
    Questo perché la carriera ninja non sempre viene intrapresa come vocazione, ma è spesso un mezzo per uscire dalla povertà, per girare il mondo, per fare carriera o semplicemente per acquistare potere.

    Non esistono definizioni di ninja corrette od errate, ma solo personali.
    Il mio parere è che un ninja sia una persona comune con predisposizione naturale, forgiata dalle asprezze della vita e da brutali regimi di allenamento.
    La nostra umanità non ci consente di essere diversi dalla gente comune, né di essere immuni ai sentimenti.
    Siamo capaci sia di bontà che di crudeltà, come tutti, ma le nostre azioni godono di un enorme clamore per via dei potenti strumenti di cui disponiamo, che ci rendono fautori di atti meravigliosi e terrificanti.»

    Terminai così il mio parlare, confidando che il mio intervento fosse stato di qualche utilità. Subito dopo, vidi Shizuka emergere dalla casetta con dei sandali rossi ai piedi. A quel punto fummo pronti per metterci in marcia.
    Il sensei accennò al fatto che la missione consistesse nel trovare un gregge di pecore scomparso. Avevo previsto che si sarebbe trattato di una missione di semplicità estrema, almeno sulla carta, trattandosi di una prova per studenti, e quella effettivamente si sarebbe potuto classificarla come una missione di rango E. Tuttavia non mi dispiaceva affatto come compito, nonostante l'apparente mancanza di alcun elemento di difficoltà o di mistero. Adoravo stare all'aperto e trattare con gli animali, quindi sarebbe stato tutto sommato una mansione da svolgere con tranquillità e serenità.
    Raizen aggiunse però che, trattandosi sostanzialmente di un corso Genin, gli studenti avrebbero dovuto anche dimostrare le loro conoscenze teoriche sugli argomenti cardine che sarebbero stati oggetto d'esame, e a me sarebbe spettato il compito di risolvere eventuali dubbi ed ampliare. Prevedibile. Sapevo che avrebbe affibbiato a me la parte più noiosa dell'incarico, ma ovviamente non potevo tirarmi indietro.
    Fu Shizuka a cominciare, esponendo gli argomenti richiesti dal sensei in forma abbastanza sintetica ma dimostrando discreta padronanza. Era evidente che si fosse già data da fare studiando per conto suo, oppure che avesse ricevuto una adeguata istruzione. Qualche istante dopo che ebbe terminato la sua trattazione, la udii chiamare il mio nome. Volsi il capo per guardarla, accorgendomi che anche lei faceva lo stesso con me, ed un sorriso colmo di dolcezza si palesò sul suo viso.

    CITAZIONE
    « So cosa sono le otto porte del Chakra... almeno credo. Ma non ne sono dopotutto molto sicura, quindi preferisco astenermi dal dire idiozie che mi costerebbero care »
    « Mi affido a te per un eventuale delucidazione, ti dispiace? »

    Continuai ad osservarla. Era una buona cosa che non avesse remore a chiedere delucidazioni su argomenti di cui non aveva una sufficiente comprensione. Nell'ambito dell'apprendimento l'umiltà, assieme alla curiosità, erano forse le qualità più importanti. Mi rivolsi a lei con l'usuale pacatezza.

    «Meglio dire una sciocchezza adesso che giocarsi l'esame poi.» Dissi, abbozzando un accenno di sorriso, ma durò solo un istante.
    «Comunque, nessun problema. Sono qui apposta.
    Come hai giustamente detto, il sistema...»

    Ma non potei continuare, poiché nel frattempo Kuroro stava cominciando la sua di esposizione, e le nostre voci si sarebbero fastidiosamente accavallate, creando gran confusione. Decisi di non interrompere il ragazzo, che pure mi aveva tolto la parola. Magari durante il suo discorso sarebbe anche riuscito a rispondere alla domanda della sorella, chi poteva dirlo. La sua dissertazione fu ben più prolissa, in alcuni punti forse anche esageratamente, ma dettagliata, nonostante qualche piccola imprecisione qua e là. Parlò anche dei vari tipi di jutsu, nonostante non gli fosse stato formalmente richiesto. Anche lui dimostrava una ancor maggiore istruzione di un certo livello. Ormai quelle nozioni mi erano giunte a noia, tante erano le volte che le avevo studiate o sentite enunciare.
    Quando ebbe terminato, annuii e ripresi la parola rivolgendomi alla kunoichi.


    «Le Otto Porte sono quindi dei dispositivi di controllo, paragonabili a delle dighe.
    Come saprai, gli esseri umani utilizzano solo una piccola percentuale delle forze e delle energie che il loro organismo sarebbero in grado di sprigionare.
    Le otto porte difensive servono proprio a limitare il flusso di chakra nell'organismo e a mantenerlo costante, impedendo che esso possa essere sfruttato alla massima efficienza.
    Abbattere tali restrizioni forzatamente, come accade nel Loto nominato da tuo fratello, porta all'acquisizione di una potenza spropositata, ma consecutivamente anche al totale collasso del proprio organismo. Danni permanenti non sono solo possibili, ma probabili.
    Le Otto Porte sono:»

    Indice e medio della mano destra formarono una V e li poggiai sulla mia fronte
    «Porta dell'Apertura, del Riposo...»
    Indicai col dito indice, man mano che li nominavo, cinque punti situati su una linea immaginaria che divideva in due il mio corpo verticalmente, compresi tra la base del collo ed il pube, equidistanti fra loro.
    «Porta della Vita, della Ferita, della Chiusura, della Visione, dello Stupore...»
    Puntai il dito sul mio cuore.
    «Porta della Morte. Aprirla non è una buona idea.»

    Attesi che la ragazza assimilasse quelle informazioni e che eventualmente chiedesse ulteriori delucidazioni, poi mi rivolsi a Kuroro. Il mio tono era sempre tranquillo e serio, non v'era saccenza o rimprovero nella mia voce.

    «Kuroro, fai attenzione a non confondere gli Tsubo, ovvero i punti di pressione utilizzati in medicina e specialmente nell'agopuntura, con i Tenketsu, i punti di fuga presenti lungo il sistema circolatorio del chakra.
    I primi vengono adottati tra le altre cose per stimolare od intorpidire i fasci muscolari, aumentare o diminuire la pressione sanguigna, causare paralisi, inibire il sistema nervoso, e così via; i secondi sono le fessure attraverso cui il chakra fuoriesce dal nostro corpo, e la loro stimolazione consente di aumentare, diminuire o addirittura azzerare il flusso di chakra nel sistema circolatorio, e di causare danni agli organi interni adiacenti.


    A proposito.
    Se avete altri dubbi da espormi, prima di farlo gradirei che deste un'occhiata a questi.»

    Era il momento opportuno per consegnar loro i rotoli che mi avevano dato in amministrazione a Konoha quando avevo chiesto il permesso d'uscita. Aprii la cerniera della maglia fin sotto lo sterno. Infilai dentro la mano destra e tirai fuori due rotoli di piccole dimensioni, per nulla ingombranti. Richiusi la zip e ne porsi uno ad ogni studente, poi continuai.
    «Vi sono trattati gli argomenti teorici sui quali verterà l'esame.
    E' molto stringato come testo, e a giudicare da ciò che ho sentito probabilmente potreste cavarvela anche senza, ma vi consiglio di leggerlo comunque.»


    SPOILER (click to view)
    I rotoli sono un link che porta alla teoria gentilmente offerta dall'Amministrazione.
    Sappiate che non vi sarà di grande aiuto durante l'esame. :omgda:
     
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    Appena la kunoichi le diede le spalle il braccio di Raizen si stese e le accarezzò la testa, non era un gesto ne aggressivo ne particolarmente affettuoso, quasi paterno, posò la mano sulla testa della ragazza e le scompigliò i capelli, senza ribattere oltre, lei avrebbe probabilmente capito cosa quel gesto significava: perdono, ma era ben lungi dall’essere l’inizio di una convivenza pacifica.
    Se quella ragazza avesse riflettuto su quel gesto avrebbe probabilmente compreso che, pur essendo qualcosa che poteva considerarsi affettuosa nascondeva un significato lievemente più ampio: non aveva potuto far nulla per evitare che il colosso le scompigliasse i capelli, che sino a pochi secondi prima erano perfettamente lisci.
    Nonostante l’avesse perdonata e accettata era ovvio che era ancora nelle sue mani, da ogni punto di vista.
    Era appena iniziato un rapporto tra lei e Raizen difficile da comprendere per persone dissimili da loro.

    Mi somigli piccola donna con la puzza sotto al naso, hai quasi passato il primo test, forse il più importante.

    Se si fosse voltata avrebbe solamente potuto vedere le spalle del ninja che ascoltava la risposta di Kuroro, impassibile mentre assicurava le calzature della ragazza alla fascia che teneva in vita.

    Dovresti scioglierti ragazzo, il tuo comportamento si addice al rapporto che si dovrebbe instaurare tra me, sensei, e Kuroro, allievo.
    Ma!
    Io sono qui per sbaglio, io sarò la vostra guida più che un sensei, cerca di cancellare il tuo carattere servizievole, come ti ho detto poco fa c’è bisogno di un po’ più di arroganza, se è necessario mandarmi a fare in culo: fallo.
    Come avrai immaginato le scale gerarchiche non mi piacciono troppo, di conseguenza un carattere come il tuo non mi piace più di troppo, anche se è certamente migliore di altri.
    Sciogliti.


    Gli diede una pacca sulla spalla abbastanza forte da sbilanciarlo lievemente, come a scuoterlo, senza però volergli far del male.

    Sii un po’ più Uchiha, ma non troppo, se non vuoi darmi ascolto prendilo come l’ordine di colui che chiami sensei.

    Una volta “recuperata” Shizuka continuarono ad avanzare verso il bosco, scoccò un’occhiata non troppo benevola alle sue calzature senza però proferir parola.
    Li lasciò sciorinare milioni di parole a cui diede poca attenzione, solo alcune parole dei due riuscirono a penetrare la cappa di noia che avvolgeva il cervello di Raizen, le prime considerazioni giunsero riguardo la ragazza poiché era stata la prima a parlare.

    Mmmm ottima preparazione, lievemente carente nel campo puramente pratico ma approfondita nell’aspetto medico.

    Il ragazzo parlò parecchio di più rispetto a sua sorella.

    Anche lui estremamente preparato, anche se in una maniera molto più classica, nessun approfondimento in campi particolari ma una buona preparazione generica.
    Al momento non saprei dove piazzarlo.


    Appena Jaken estrasse i due rotoli Raizen rimase basito.

    No, voi non leggerete nulla sino a quando non lo dirò io.
    In caso contrario appicco fuoco a quelle cartacce.
    Cosa vuoi fare finchè non troviamo il gregge? Parlare del tempo e della bontà del te preso al pomeriggio?


    Si rivolse all’aiuto sensei.

    E poi a te che ti hanno solo fatto leggere? Che diavolo di corso genin hai fatto? A sto punto mettiamoci a ricamare un centrino e a studiare economia domestica.
    Per dio.


    Raizen si sarebbe mantenuto pensieroso per qualche minuto mentre si inoltrava nella foresta.
    Si voltò verso i tre che lo seguivano.

    Bene, come avrete immaginato la notte si passerà qui in mezzo, non ho voglia di andare abbastanza veloce da concludere la missione entro oggi.
    La notte non sarà troppo fredda a quanto pare.
    Ma!


    Si spostò di qualche metro per far vedere agli altri che la strada si diramava.

    Prima c’è una piccola prova da svolgere, due strade, diciamo che io non so quale prendere, in entrambe è presente un indizio che può essere decisivo, esaminatele entrambe e ditemi quale devo prendere.
    Ah, più tardi devo parlarvi, ricordatemelo.


    Si sedette e sbuffando rumorosamente aspettò che i due concludessero il lavoro.
    Dopo qualche minuto si stancò e si rivolse a Jaken.

    Dimmi un pò, quante missioni hai fatto?

    Attese risposta con uno sguardo pesantemente annoiato

    CITAZIONE
    Bene, una semplice prova, non vi dirò quale è la strada giusta e nemmeno gli indizzi presenti, sarà definita da chi, fra voi due, farà il lavoro migliore... ah! ovviamente niente tracce a mo di film d'azione scadente e! il suolo del bosco non è troppo adatto a conservarle



    Edited by F e n i x - 5/4/2010, 00:21
     
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    A fox smells its own lair first.



    ____________





    Sin da bambina Shizuka Kobayashi aveva profondamente amato la sua famiglia.
    Era convinta che l'affetto e l'incoraggiamento che ogni membro del suo clan le donava con gratuita dolcezza, fosse l'unica energia di cui avesse bisogno per affrontare quell'impervia strada che era la vita.
    Era per il sorriso delle persone che amava che era riuscita a diventare la donna che era, e non si vergognava di ammettere il grande amore che provava per i suoi parenti... per suo fratello, in special modo.
    [...] Kuroro Kobayashi era, infatti, sempre stata una persona insostituibile per lei. La perfetta compensazione della sua stessa personalità.
    Lungi da lei erano i sentimenti di "ammirazione" e "devozione" che così spesso sentiva sulle labbra delle sue coetanee, parole a suo parere prive di significato e rilevanza.
    Il rispetto -nel suo personalissimo codice di comportamento, creato e curato con le sue fatiche da bimba e adolescente- era infatti il prendere in considerazione il proprio interlocutore come suo pari. Chiaramente, era conscia che esistevano persone con più esperienza di lei, che come tali dovevano essere ascoltate e seguite per poter carpirne i segreti e la cultura, e questa loro maggior preparazione implicava la nascita una certa qual stima... ma la vera devozione -nella sua mentalità da sterile razionalista- era un confronto di personalità e non di abilità.
    Ecco perché, sin dall'infanzia, aveva sempre considerato suo fratello degno di fiducia.

    Tuttavia, in quel giorno di sole che inaugurava la sua carriera da Kunoichi, quella sua convinzione si sgretolò.

    Suo fratello si vergognava di lei; era così evidente ai suoi occhi esperti di lettrice di anime e persone...
    Kuroro era umiliato e offeso del suo comportamento e, in fin dei conti, di quello che lei stessa era.
    Ascoltando la spiegazione di lui, che seguì incalzante quella da lei stessa offerta, non poté che abbassare lo sguardo per un attimo: Era giusto così, no?
    Suo fratello era indubbiamente più Uchiha di quanto lei non sarebbe stata mai. Il sangue Kobayashi non era che un timido sospiro sulla sua personalità, una sfaccettatura di colore utile a rifinire un dipinto dalle tonalità molto più ampie e accecanti.
    Lui aveva sempre vissuto per la via del ninja. Era nato per fare quello e solamente quello.
    Lei invece...

    Sorrise amaramente, per poi scoccare una rapida occhiata ai due ninja che -almeno in quella missione- costituivano quello che avrebbe tanto voluto chiamare "team".
    Jaken Zangyaku era una di quelle persone a cui difficilmente riusciva a legarsi.
    Così silenzioso e calcolatore, sentiva il sospiro dei suoi giudizi e del suo sguardo indagatore in ogni sua azione, spingendola spesso a domandarsi cosa pensasse realmente di quel gruppo che era così palesemente costretto a seguire. Nella sua ottica, Shizuka era infatti convinta che quello che il moro ninja esprimeva a parole o con le rade espressioni del suo atono volto, fosse solo una minima percentuale di ciò che in realtà serbava dentro di sé.
    ...Che tipo di persona può essere una che nasconde la sua indole ai suoi stessi compagni di gruppo -si domandò l'aspirante kunoichi sorridendo gentilmente al diretto interessato quando lui, dopo un istante di silenzio seguito alla fine del discorso di Kuroro, cominciò ad esporle la teoria sulle otto porte del Chakra.
    Quella domanda che così accuratamente aveva evitato di esporre.

    Tacque.

    In un attimo la sua attenzione fu solamente per il Genin che, con voce priva d'espressione, le esponeva una teoria di cui sembrava averne già avuto abbastanza.
    Shizuka socchiuse dunque i profondi occhi color dell'erba fresca e, simulando un interesse rapito ed entusiasta, annuì con fittizia concentrazione alle parole di quel compagno di cui -con rapida e incalzante attenzione- studiò invece movimenti, inflessioni vocali, e persino lo spostamento delle di lui iridi, che di tanto in tanto scivolavano sulle spalle di Raizen Ikigami con un'ostentata indifferenza che avrebbe definito addirittura ammirevole.
    Sorrise divertita non appena il ninja terminò il suo interloquire, abbassando quindi leggermente la testa nel ringraziarlo per la chiarezza di esposizione che così gentilmente aveva messo a disposizione per colmare la sua lacunosa preparazione accademica.
    [...] Non si era sbagliata, mh?
    Quel ragazzo non aveva intenzione di mostrarsi a nessuno dei presenti. Era come se avesse imposto un limite oltre il quale aveva deciso che nessuno si sarebbe potuto spingere, e in base a quello calcolava precisamente cosa dire e cosa fare.
    Niente di lui era lasciato al caso. Niente.
    Sospirò, riportando lo sguardo nuovamente dinanzi a sé mentre sentiva la voce di quello stesso ninja dall'eclissata personalità esporre qualche accorto appunto a suo fratello che -a quanto sembrava- aveva confuso qualche definizione durante le sue prolisse esposizioni.
    Improvvisamente, e contro ogni sua previsione, trovò tutta quella situazione estremamente divertente.
    Per quanto il prendere coscienza di quel dettaglio le causasse un forte desiderio di fare seppuku in quell'immediato momento, Shizuka si rese conto che all'interno di quel gruppo così disomogeneo e, volendo, addirittura ridicolo... lei era la persona più affine all'arrogante colosso che camminava alla sua sinistra.
    La più simile a quell'ammasso di sarcasmo e istintiva voglia di primeggiare che -con una vitalità pulsante- caratterizzava anche il suo carattere.
    Sorrise, scoccando una rapida occhiata al ragazzo dai capelli argentei di cui cercava ancora di seguire il passo, e fu in quel momento che si rese conto di poterlo chiamare “Sensei” senza quella punta d’ironia di cui si era servita fino a quel momento.
    Già. Certo il traguardo di una convivenza pacifica e priva di scontri d'ego era ancora lontano, ma almeno di una cosa Raizen Ikigami poteva andar fiero, qualora gliene fregasse qualcosa: Si era guadagnato la stima della sua più testarda studentessa.
    Solo lui, tra tutti.


    ¨•¤º°º¤•¨




    Cinque minuti dopo quelle commoventi riflessioni da ragazza sentimentale e gentile (quale in fondo era), Shizuka Kobayashi si trovava dinanzi a un bivio. Nel senso letterale del termine.
    Il Chunin di Konoha, dopo aver sequestrato dei rotoli ricchi di informazioni che il suo vice aveva tentato di offrire a lei e suo fratello, aveva deciso che era giunto il momento di gettarsi in mezzo alla selva come animali selvatici e di lasciar scegliere a loro "la strada giusta da intraprendere" che -era pronta a scommetterci- sapeva già quale fosse.
    Alzò gli occhi al cielo, esausta per quelle continue prove a cui il maestro sembrava divertirsi a sottoporli, e dopo aver seguito i movimenti di lui che, con strafottente disinteresse, si gettava a sedere su di un ramo sospirando sonoramente come un montone ammaestrato, non poté che scuotere la testa rassegnata.

    La strada. Dovevano trovare la strada.
    Erano avvantaggiati, fortunati quasi, visto e considerato che sembrava ci fossero degli indizi a loro disposizione.
    …Già, ma quali?
    Era divertente come -nonostante adorasse farcire i propri rimproveri di tutti i dettagli possibili e inimmaginabili (insulti compresi)- quando si trattava di fornire informazioni utili, Raizen si limitasse a dire poche e sintetiche frasi prive di un reale interesse.
    Shizuka Kobayashi, livida di rabbia (e di una pungente fame che non lascia scampo alla lucidità dell'intelligenza), si voltò a fulminare con lo sguardo il suo maestro comodamente stravaccato a parlare di chissà che cosa con il moro Genin che gli faceva da spalla, ed era già pronta a sibilare qualcosa a denti stretti che... improvvisamente, si calmò.
    [...] Non aveva senso. Realmente, non ne aveva.
    Era sicura che se si fosse messa a litigare avrebbe rallentato tutto il gruppo, lei compresa. Avrebbe trascorso chissà quanto tempo in un altro scontro d'ego che non avrebbe portato da nessuna parte e inoltre -rifletté rapidamente scoccando un'occhiata al fratello maggiore fermo al suo fianco- non aveva nessuna intenzione di acuire l'intolleranza o il disinteresse che, era convinta, provassero i suoi compagni nei suoi confronti.

    Era stanca di essere l'ultima. La più scarsa.
    Non era brava nei rapporti di gruppo. Lasciava a desiderare nella teoria. E ora...? Avrebbe confermato il triste quadro dell'ennesima kunoichi incapace, dimostrandosi inetta persino nel riuscire a orientarsi all'aria aperta?
    Sorrise, scostandosi i lunghi capelli castani che -ribelli e serpentini- caddero a nasconderle una parte del volto in seguito ad una sferzata di vento più violenta delle precedenti.
    Nel suo viso, ora, c'era solo divertente ironia.
    Cavarsela all'aria aperta, da sola, quella era la sua specialità. Qualcosa in cui persino suo fratello, cresciuto tra le mura del loro clan, non poteva eguagliarla.
    Decisamente no.

    « Permetti, Kuroro? » Disse infatti Shizuka, compiendo un passo avanti rispetto al ragazzo e portandosi dunque perfettamente centrale rispetto alle due diramazioni della strada, che adesso si aprivano dispettosamente a ventaglio sia alla sua sinistra che alla sua destra.

    Se la sarebbe cavata in qualche modo. Nel suo modo.
    Doveva quantomeno provarci.

    […] Sotto gli occhi attenti del fratello, l’aspirante kunoichi cominciò a spostare lentamente lo sguardo lungo tutto il paesaggio circostante, lasciandolo scivolare in rapido silenzio da una parte all'altra del suo campo visivo, prima di compiere nuovamente il gesto con più accorta e accurata lentezza:
    Le due stradine sterrate si presentavano apparentemente identiche. Diramandosi da un unico punto -come due gemelli separati alla nascita- serpeggiavano veloci dentro la foresta, venendo poi inghiottite dalla profondità della selva e delle tenebre dell'ignoto.
    Shizuka, immobile come una di quelle statuette votive di pietra a cui i viandanti chiedevano la saggezza di imboccare sempre la retta via, osservò per un ultimo breve istante le due strade poi, inaspettatamente, cominciò a muoversi con calcolata rapidità.
    Si portò di fronte alla via che si apriva alla sua destra, e inginocchiandosi lentamente tastò il terreno, prendendone tra le mani una manciata che strofinò poi tra le di lei mani fino a quando, in esse, non rimase che il colore bruno del terriccio sporco e un forte acre odore di cui sembrò particolarmente soddisfatta, come testimoniò il sorriso compiaciuto che andò ad illuminarle -per qualche breve istante- il viso da ragazzina.
    Proseguì dunque su quella strada, senza dire assolutamente niente. Nel silenzio più totale.
    Camminando con graziosa tranquillità lungo quella via che sembrava esser stata disegnata solo per lei, osservò con cura la vegetazione, scostando di tanto in tanto qualche cespuglio e strappando qui e là qualche foglia -come fanno insensatamente i bambini, per puro sadico divertimento, durante i loro pomeriggi di giochi organizzati.
    Ed in effetti, i gesti di quella bambola dai capelli color dell'orzo poco avevano a che fare con la semplice razionalità di ogni creatura normo dotata d'intelligenza: Per un paio di minuti, infatti, ella continuò semplicemente a passeggiare lungo la stradina, divertendosi a scorrazzare come un animale domestico lasciato libero dalle catene... poi, quando sembrò dunque appagata di chissà quale suo personalissimo raggiungimento, si portò all'imboccatura dell'altra strada.
    L'approccio che adottò fu, anche stavolta, perfettamente identico: Guardò tra la vegetazione, annusò il terreno e contro ogni previsione per i presenti -come a voler concludere quel circo delle bizzarrie in grande stile- si confuse tra la vegetazione, sparendo per una manciata di minuti che parvero secoli, prima di ricomparire sospirando stancamente, con una mano sulla pancia e il volto livido di chi non mangia da giorni.
    Nel suo sguardo da gatto privo di collare -brillante e compiaciuto- non vi erano segni di disagio o stanchezza. Sembrava abituata a quel genere di procedure, come se per lei fossero l'ennesimo dovere in una lista dai punti interminabili.
    Perseverando nel suo silenzio, con la semplicità di cui solo lei era capace anche in un momento del genere, Shizuka avanzò allora verso l'uomo dai capelli color della luna.

    « Ehi, Raizen-sensei »



    Chiamò quel nome con decisione, passando di fronte al fratello senza degnarlo dell'attenzione che era solita offrirgli e che ora, al contrario, sembrava incentrata su qualcun altro, il cui giudizio -almeno così sembrava dallo zelo con cui ripeté quel nome per altre ben due volte- era per lei davvero importante.
    « Io ho finito, quindi girati e ascoltami, perché ho fame e voglio mangiare » Annunciò Shizuka, mettendosi a braccia conserte a qualche passo di distanza dalla coppia dei suoi superiori.
    Benché non vi fosse arroganza o rabbia nella sua voce, la sicurezza delle sue parole e dei suoi modi -così tipico dell'aspirante kunoichi- sarebbe potuto facilmente esser confuso come l'ennesimo tentativo di attaccar briga senza motivo, soprattutto da chi, come Jaken e Kuroro, erano così formalmente avvinghiati alla gerarchia ninja. Fu probabilmente per questo motivo che Shizuka -dopo aver richiamato l'attenzione dell'interlocutore a cui si era rivolta, e che era sicura l'avrebbe capita senza ulteriori spiegazioni- offrì all'aiuto sensei uno dei suoi più affascinanti sorrisi, che sostenne senza vergogna prima di riportare il suo sguardo su Raizen, a cui donò dunque tutto il suo interesse.

    « Il gregge è passato di qui »
    Esordì in questo modo, fissando in silenzio le iridi del Chunin di Konoha senza batter ciglio, colma di una certezza forse persino spiazzante « Precisamente dalla strada di destra, la prima che ho osservato. » Continuò, indicando una delle due strade in cui si diramava la via principale « Si muovono in gruppo, e penso di essere abbastanza sicura che non sia trascorso poi molto tempo dalla loro ultima visita qui » Mormorò, lasciando cadere a terra una decina di foglioline mangiucchiate, per potersi annusare una mano con rassegnato disgusto « Quindi potrei dirti di andare verso destra... MA! » Esclamò improvvisamente, in una palese imitazione di una delle inflessioni tipiche del parlato dello stesso Raizen « Proseguendo lungo la strada di sinistra c'è un ruscello, come tu stesso potrai confermare se rimani un attimo zitto... le vibrazioni dell'acqua si sentono fino a qui, no? » Mormorò, socchiudendo gli occhi e rimanendo lei stessa in silenzio per una manciata di secondi, prima di riprendere rapidamente a parlare. « ...Inoltre sulla strada di sinistra la vegetazione è più fitta, e questo può essere interessante in quanto ci può aiutare a trovare un riparo confortevole per la notte –qualora tu non lo abbia già individuato-, e a nascondere la nostra presenza a chicchessia, visto e considerato che abbiamo anche la benedizione di un vento che soffia da nord-est. Il profumo è importante, soprattutto se parliamo di bestie, non vorrei che si rovinasse la missione per colpa di una sciocchezza del genere » Disse ancora, estraendo un fazzoletto di cotone bianco dal bordo del suo bellissimo obi policromo per poi pulirsi lentamente le mani « Ogni animale addomesticato tende a fermarsi nel luogo più confortevole per lui, una volta che è lontano dal recinto che lo ha tenuto prigioniero una vita intera... Sono pronta a scommettere ciò che vuoi che il gregge andrà a quel ruscello, e se anche ci fosse già stato, tornerà: C'è acqua, riparo e cibo a sufficienza.
    Gli animali che sono nati e cresciuti sotto la protezione di qualcuno che si è sempre occupato di loro, solitamente non tendono ad allontanarsi dai pascoli che conoscono o dai luoghi nei quali erano condotti in precedenza, e se anche lo facessero tenderanno sempre e comunque a rimanere in un posto per loro appagante.
    Tu che ne pensi? »


    Fu a quel punto, dopo aver esposto con cura il suo punto di vista ed essersi dovutamente pulita le mani, che la ragazza sorrise alla volta del suo interlocutore, prima di far scivolare lentamente una mano sulla sua schiena senza un apparente motivo. Le minute ed esperte dita sgattaiolarono sotto i due lunghi lembi del suo obi, e infilandosi nella sacca porta oggetti che da essi era celata alla vista, ne estrasse il sacchetto di carta beige che aveva ricevuto in dono dalla moglie del pastore circa due ore prima.
    Dall'interno del contenitore, si sprigionava un invitante odorino di riso lesso e carne essiccata dinanzi al quale Shizuka non poté che socchiudere gli occhi entusiasta: Onigiri.
    « ...Su, Raizen-sensei, non fare quella faccia, questa missione non potrà essere così complicata a meno che non ci troveremo a fronteggiare vere e proprie pecore ninja, armate di tutto punto » Disse la ragazza, ghignando divertita del suo tentativo di punzecchiare scherzosamente l'orgoglio del colosso di Konoha « Inoltre, se calcoli ciò che hai a disposizione, ti renderai presto conto che non siamo messi poi tanto male, direi che le facoltà di noi tutti si compensano a vicenda, e sono anche abbastanza sicura che un lavoro di squadra tra noi quattro sarebbe quanto più di proficuo si possa immaginare » Aggiunse infine, concludendo il suo discorso con un sarcastico sorriso che, sul suo volto, sembrava proprio dire "Ho già capito come siete fatti. Tutti voi. Nessuno escluso"

    Aprì infine la bustina, estraendo un onigiri ulteriormente incartato, e dopo averlo guardato per un attimo con aria contesa tra l'egoismo di uno stomaco affamato e la sensibilità di una ragazza dalle buone creanze, sospirò, lanciando la pallina di riso verso Raizen.
    « Tieni, mi sembra buono » Mormorò, afferrando un istante dopo un altro onigiri che, stavolta, lanciò docilmente al moro Genin fermo a qualche passo di distanza da lei « Penso che mangiare qualcosa ci faccia bene, visto l'ora a cui presumo ci siamo alzati tutti »
    Guardò poi dentro la busta: Ne rimanevano solo due.
    Gemette, abbandonandosi alle spalle il sogno di una pancia piena e appagata quando si voltò a guardare suo fratello, ancora fermo alle sue spalle, a cui chiaramente sarebbe spettato il penultimo spuntino.
    [...] Beh, che poteva farci.
    Del resto, se non lo iniziava lei quel benedetto lavoro di squadra, chi si sarebbe degnato di farlo?




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  13. Arcangelo Gabriel
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    CITAZIONE

    Dovresti scioglierti ragazzo, il tuo comportamento si addice al rapporto che si dovrebbe instaurare tra me, sensei, e Kuroro, allievo.
    Ma!
    Io sono qui per sbaglio, io sarò la vostra guida più che un sensei, cerca di cancellare il tuo carattere servizievole, come ti ho detto poco fa c’è bisogno di un po’ più di arroganza, se è necessario mandarmi a fare in culo: fallo.
    Come avrai immaginato le scale gerarchiche non mi piacciono troppo, di conseguenza un carattere come il tuo non mi piace più di troppo, anche se è certamente migliore di altri.
    Sciogliti.
    Sii un po’ più Uchiha, ma non troppo, se non vuoi darmi ascolto prendilo come l’ordine di colui che chiami sensei.


    Queste dunque erano state le parole di Raizen rivolte a spronare il ragazzo dal suo eccessivo formalismo. Sbilanciato dalla vigorosa pacca ricevuta dal Sensei, Kuroro vacillò di fronte a quel colosso. Essere meno servizievole, forse … ma mandare a quel paese un proprio superiore era di certo una cosa inaccettabile per l’Uchiha. Dalle parole del Chunin era risultato evidente che Kuroro non gli sarebbe andato a genio, l’aveva detto chiaramente. Problemi lo studente non ne avrebbe creati, avrebbe agito per il bene del team e della missione, cercando di obbedire quanto più possibile agli ordini, ma di cambiare radicalmente il proprio carattere non ne aveva per niente intenzione. Che cosa significava dunque essere più Uchiha? I suoi nonni e i suoi zii Uchiha non erano veramente dissimili dal suo modo di fare così silenzioso e educato. Sicuramente l’orgoglio e l’arroganza erano parte di loro, quasi per patrimonio genetico, ma di Kuroro si poteva dire che soltanto il primo dei due difetti si fosse tramandato.
    Se il suo Sensei gli avesse chiesto di andargli contro, quello era con certezza il primo passo, non avrebbe obbedito a quell’ordine.


    “Sensei, mi perdoni se continuo a chiamarla in questo modo ma ritengo sia più opportuno, penso proprio che questa volta seguirò il Suo consiglio iniziando con il disobbedire alla sua richiesta. Non sarò mai diverso da quel che sono. Se desidera che sia più aperto nei suoi confronti, posso accontentarla tranquillamente. Ma quanto ad essere più Uchiha mi spiace ma non posso trovarmi d’accordo con lei. Kobayashi è il mio cognome e tale resterà. Che poi metà del mio sangue appartenga ad un altro clan non ha affatto importanza. Che le piaccia o no questo è il mio carattere, spero di essere stato chiaro e al contempo di non essere stato irrispettoso.”

    Giunse poi il momento della risposta alle domande teoriche. Tutti ascoltarono pazientemente quanto avevano da dire sia Shizuka che Kuroro. Il ragazzo però non si era affatto reso conto d’aver iniziato il suo discorso interrompendo quello del senpai, il quale infine poté dunque rispondere ai due.

    «Le Otto Porte sono quindi dei dispositivi di controllo, paragonabili a delle dighe.
    Come saprai, gli esseri umani utilizzano solo una piccola percentuale delle forze e delle energie che il loro organismo sarebbero in grado di sprigionare.
    Le otto porte difensive servono proprio a limitare il flusso di chakra nell'organismo e a mantenerlo costante, impedendo che esso possa essere sfruttato alla massima efficienza.
    Abbattere tali restrizioni forzatamente, come accade nel Loto nominato da tuo fratello, porta all'acquisizione di una potenza spropositata, ma consecutivamente anche al totale collasso del proprio organismo. Danni permanenti non sono solo possibili, ma probabili.
    Le Otto Porte sono:»
    «Porta dell'Apertura, del Riposo...»
    «Porta della Vita, della Ferita, della Chiusura, della Visione, dello Stupore...»
    «Porta della Morte. Aprirla non è una buona idea.»
    «Kuroro, fai attenzione a non confondere gli Tsubo, ovvero i punti di pressione utilizzati in medicina e specialmente nell'agopuntura, con i Tenketsu, i punti di fuga presenti lungo il sistema circolatorio del chakra.
    I primi vengono adottati tra le altre cose per stimolare od intorpidire i fasci muscolari, aumentare o diminuire la pressione sanguigna, causare paralisi, inibire il sistema nervoso, e così via; i secondi sono le fessure attraverso cui il chakra fuoriesce dal nostro corpo, e la loro stimolazione consente di aumentare, diminuire o addirittura azzerare il flusso di chakra nel sistema circolatorio, e di causare danni agli organi interni adiacenti.
    A proposito.
    Se avete altri dubbi da espormi, prima di farlo gradirei che deste un'occhiata a questi.»
    «Vi sono trattati gli argomenti teorici sui quali verterà l'esame.
    E' molto stringato come testo, e a giudicare da ciò che ho sentito probabilmente potreste cavarvela anche senza, ma vi consiglio di leggerlo comunque.»


    Kuroro aveva ascoltato con attenzione ciò che aveva da dire il senpai. Ascoltando i nomi delle otto porte si rese conto che come al solito avrebbe dimenticato quella dello Stupore. Non riteneva fondamentale ricordare i nomi delle otto porte, quanto piuttosto il loro posizionamento. Comunque si sarebbe sforzato di ricordarle tutte.
    Tenketsu e Tsubo, una scossa elettrica attraverso il suo cervello quanto sentì quei due nomi posti a confronto. Aveva sbagliato effettivamente confondendo i due concetti e sovrapponendoli. La sua attenzione dunque aumentò per raccogliere preziose informazioni dal Genin riguardo quell’argomento che ancora ostico lo aveva indotto all’errore. Seppur il suo sguardo non fosse mutato, lo mantenne costantemente puntato su quello del senpai.
    Infine per potersi rendere utile una seconda volta, Jaken porse a ciascuno studente un rotolo contenente una descrizione accurata della terminologia ninja. Avrebbe voluto ringraziarlo ma immediatamente la voce rabbiosa del sensei intervenne contraddicendo violentemente il senpai.


    No, voi non leggerete nulla sino a quando non lo dirò io.
    In caso contrario appicco fuoco a quelle cartacce.
    Cosa vuoi fare finchè non troviamo il gregge? Parlare del tempo e della bontà del te preso al pomeriggio?
    E poi a te che ti hanno solo fatto leggere? Che diavolo di corso genin hai fatto? A sto punto mettiamoci a ricamare un centrino e a studiare economia domestica.
    Per dio.


    Bè quei due rotoli non avrebbero fatto male a nessuno, ma evidentemente Raizen era particolarmente contrario ad un’istruzione prettamente teorica. Ovviamente un ninja non aveva bisogno solamente di banali concetti, ma comunque possedere una solida preparazione di base non avrebbe fatto di certo male.
    Il Chunin si apprestò a strappare quei rotoli dalle mani degli studenti ma Kuroro, con un gesto fulmineo, evitò che il suo gli venisse strappato via, rivolgendosi al Sensei cercò di giustificare quel comportamento


    “Non è mia intenzione mancarle di rispetto Sensei, ma ritengo che questo sia stato un semplice gesto di gentilezza da parte del Senpai Jaken, dunque per ora mi limiterò a riporre il rotolo nel mio zaino, eventualmente lo leggerò durante le pause o le soste, sempre se questo non la disturba Sensei …”

    Anche in questo caso dalla sua voce, dai suoi modi di fare e dal suo atteggiamento non lasciava spazio ad arroganza. Ogni suo gesto e ogni sua parola erano educati e rispettosi nei confronti di Raizen, seppur in quel caso fosse in disaccordo con il suo pensiero.
    Come annunciato ripose il rotolo nello zaino che serbava ancora un piccolo spazio disponibile.


    Bene, come avrete immaginato la notte si passerà qui in mezzo, non ho voglia di andare abbastanza veloce da concludere la missione entro oggi.
    La notte non sarà troppo fredda a quanto pare.
    Ma!
    Prima c’è una piccola prova da svolgere, due strade, diciamo che io non so quale prendere, in entrambe è presente un indizio che può essere decisivo, esaminatele entrambe e ditemi quale devo prendere.
    Ah, più tardi devo parlarvi, ricordatemelo.


    Un altro test. Questa volta Raizen aveva intenzione di mettere alla prova le capacità d’indagine e studio del territorio dei due studenti. Nella mente di Kuroro questa non era risultata affatto essere una richiesta così originale. Un gregge di pecore era scomparso nel nulla, sarebbe dunque stato più che legittimo chiedere ai due studenti di identificare una possibile via. Seppur in quella missione l’obiettivo dell’indagine fosse semplicemente un gregge di pecore, la capacità di rilevare possibili elementi utili in una missione per rintracciare qualcuno o qualcosa era senza alcun dubbio di primaria importanza.
    Dato che ormai si era stabilito un ordine naturale di azione e risposta nel team, avrebbe lasciato fare prima a sua sorella.


    « Permetti, Kuroro? »

    Cercando di attirare l’attenzione su di se e dimostrare qualcosa a qualcuno, Shizuka iniziò la sua attività investigativa sondando ovviamente dapprima il terreno, poi la vegetazione. Si stava allontanando troppo però, in una missione il distaccamento dal gruppo poteva portare a gravi conseguenze. La morte per via di un possibile nemico appostato nelle vicinanze o peggio ancora, il rapimento … Se si fossero trovati in una missione di inseguimento seria, un ninja avversario avrebbe potuto tenderle tranquillamente un’imboscata mentre ignara era intenta a sondare il territorio. Una volta catturata, sarebbe stata probabilmente torturata allo scopo di ottenere informazioni sul team.
    Chissà quale sarebbe stata invece la reazione di Raizen. Kuroro attese che la sorella finisse quanto stava facendo.


    « Ehi, Raizen-sensei »
    « Io ho finito, quindi girati e ascoltami, perché ho fame e voglio mangiare »
    « Il gregge è passato di qui »
    « Precisamente dalla strada di destra, la prima che ho osservato. » « Si muovono in gruppo, e penso di essere abbastanza sicura che non sia trascorso poi molto tempo dalla loro ultima visita qui » « Quindi potrei dirti di andare verso destra... MA! » « Proseguendo lungo la strada di sinistra c'è un ruscello, come tu stesso potrai confermare se rimani un attimo zitto... le vibrazioni dell'acqua si sentono fino a qui, no? » « ...Inoltre sulla strada di sinistra la vegetazione è più fitta, e questo può essere interessante in quanto ci può aiutare a trovare un riparo confortevole per la notte –qualora tu non lo abbia già individuato-, e a nascondere la nostra presenza a chicchessia, visto e considerato che abbiamo anche la benedizione di un vento che soffia da nord-est. Il profumo è importante, soprattutto se parliamo di bestie, non vorrei che si rovinasse la missione per colpa di una sciocchezza del genere » « Ogni animale addomesticato tende a fermarsi nel luogo più confortevole per lui, una volta che è lontano dal recinto che lo ha tenuto prigioniero una vita intera... Sono pronta a scommettere ciò che vuoi che il gregge andrà a quel ruscello, e se anche ci fosse già stato, tornerà: C'è acqua, riparo e cibo a sufficienza.
    Gli animali che sono nati e cresciuti sotto la protezione di qualcuno che si è sempre occupato di loro, solitamente non tendono ad allontanarsi dai pascoli che conoscono o dai luoghi nei quali erano condotti in precedenza, e se anche lo facessero tenderanno sempre e comunque a rimanere in un posto per loro appagante.
    Tu che ne pensi? »
    « ...Su, Raizen-sensei, non fare quella faccia, questa missione non potrà essere così complicata a meno che non ci troveremo a fronteggiare vere e proprie pecore ninja, armate di tutto punto »
    « Inoltre, se calcoli ciò che hai a disposizione, ti renderai presto conto che non siamo messi poi tanto male, direi che le facoltà di noi tutti si compensano a vicenda, e sono anche abbastanza sicura che un lavoro di squadra tra noi quattro sarebbe quanto più di proficuo si possa immaginare »
    « Tieni, mi sembra buono » « Penso che mangiare qualcosa ci faccia bene, visto l'ora a cui presumo ci siamo alzati tutti »


    Non aveva ben compreso l’atteggiamento della sorella, dal suo modo di fare si sarebbe potuto pensare che considerasse il fratello incapace di condurre un’indagine del territorio.
    Sciocchezze. Se era una ripicca la sua avrebbe urtato un muro di indifferenza invalicabile. Erano in missione, non era il caso di cedere a stupidi sentimentalismi da fratelli o ripicche da bambini.


    § Le passerà … ne va della sua maturazione §

    “Grazie Shizuka” esordì con un sorriso sincero “ma non ho fame, prima di partire ho fatto colazione. Penso che il Sensei viste le sue dimensioni sia più che lieto di approfittare anche della mia porzione … se non vi dispiace intanto conduco anche io uno studio del terreno …”

    Posò lo zaino a terra poco distante dal team e si avviò lentamente verso il bivio. La trattazione di Shizuka era stata piuttosto dettagliata, ma mancante di qualcosa … Aveva esaminato bene lo spazio circostante ma non aveva tenuto conto delle abitudini di animali come le pecore. Lui non ne sapeva molto, ma il suo caro nonno paterno spesso gli parlava delle più svariate cose, dalla pesca all’allevamento di animali e al commercio … anch’egli era stato un gran giramondo.
    Lentamente il ragazzo si chinò per tastare il terreno come precedentemente fatto dalla sorella. La terra battuta certamente non facilitava il compito, di fatti le impronte degli animali erano vaghe, confuse … quasi illeggibili. Probabilmente avevano preso entrambe le vie, ma solo su una di loro avevano proseguito il loro cammino. Vi erano residui di sterco sparpagliati in giro, impossibile dunque decretare una scelta solo da quell’elemento. L’erba e le piante del sottobosco erano state brucate in entrambe le vie.
    Quella di sinistra scendeva gradualmente e come detto in precedenza giungeva sino ad un torrente, mentre quella di destra aveva una leggera pendenza.
    Davvero sarebbe stato più opportuno attendere il gregge a sinistra? Kuroro era immobile a braccia conserte, rifletteva silenziosamente come suo solito.


    § Ma certo! §

    Suo nonno una volta aveva accennato al fatto che gli ovini temessero l’umidità e inoltre preferissero di gran lunga brucare prati piuttosto che piante del sottobosco. Aveva chiaro in mente il quadro della situazione. Probabilmente il gregge o una parte di esso si era spinto nella via in discesa, quella di sinistra. Percepita però un’eccessiva umidità e individuato un torrente le pecore erano tornate indietro scegliendo l’altra via. Quanto detto da sua sorella riguardo l’abbondanza di cibo era parzialmente vero, ma le pecore addomesticate solitamente preferiscono mangiare erba piuttosto che cercare nel sottobosco. Inoltre, a dispetto di quanti molti potessero pensare, le pecore non andavano affatto sottovalutate per la loro intelligenza. Fermarsi vicino un torrente, o tornare ripetutamente nello stesso luogo per abbeverarsi costituiva un pericolo. Di fatti possibili cacciatori quali volpi, lupi o orsi avrebbero seguito le loro orme e percepito il loro odore, giungendo al ruscello e cogliendole sicuramente indifese.
    Le pecore probabilmente sapevano bene che tornare in quel luogo per dissetarsi sarebbe potuto essere pericoloso. Andare a sinistra non era la scelta giusta. Probabilmente avrebbero preferito salire di quota per trovare la fine del bosco – che significava anche dire avere meno probabilità di incontrare predatori quali lupi e volpi – e giungere a prati sicuramente più consoni per la loro alimentazione. Quanto all’acqua, avrebbero trovato senza problemi il ruscello a monte del suo percorso in un luogo sicuramente più sicuro di quello indicato da Shizuka.
    Tornare dal proprio team e riferire quanto aveva dedotto significava andare contro sua sorella … non poteva però tener nascosto quanto aveva rilevato. Del resto se un membro del team in missione commette un errore, gli altri devono essere pronti a farlo notare e correggerlo. Per Kuroro quella non era una semplice missione di recupero di un gregge, bensì era il modello comportamentale da seguire in qualunque altra missione, seria o meno che fosse. Che l’obiettivo fosse un Nukenin o un gregge di pecore non faceva alcuna differenza per lui.
    Ricongiuntosi al gruppo, senza interrompere il pasto dei suoi compagni espose le proprie idee


    “Direi che le pecore sono andate a destra e non cambieranno il loro percorso. Magari inizialmente si sono dirette a sinistra, ma devono aver percepito un’elevata umidità e la presenza di folta vegetazione, percepita più come possibile riparo per predatori che cibo. Se mio nonno aveva ragione, le pecore “domestiche” preferiscono brucare l’erba, e sicuramente ne troveranno in abbondanza nei pascoli che si trovano salendo di quota sulla via di destra. Inoltre seguendo quella via con molta probabilità la vegetazione andrà diradandosi, lasciando dunque pochi rifugi a bestie selvatiche potenzialmente pericolose. Queste cose le pecore le sanno e non sono così sciocche da tornare ad abbeverarsi ad un ruscello dove sono già state, e soprattutto in un luogo che offre potenzialmente molti nascondigli per animali ostili. Dunque ritengo che sia più opportuno dirigersi a destra”

    La voce atona e tranquilla del ragazzo fu direttamente rivolta a Raizen. Dal suo atteggiamento si poteva chiaramente capire la sua indifferenza al comportamento infantile della sorella, non avrebbe risposto alle sue provocazioni con ulteriori provocazioni, si sarebbe limitato a fare il suo dovere e condurre adeguatamente il corso. Dopo qualche istante Kuroro aggiunse brevemente

    “Ah Sensei, come ci ha precedentemente detto, voleva riferirci qualcosa … “

    Come sarebbe stata accolta la teoria di Kuroro? Ragionevolmente immedesimandosi nella mente di un animale che di certo non ha molti strumenti per difendersi da altri animali cacciatori, la soluzione di lasciare il bosco era senza alcun dubbio più opportuna. Ma Kuroro lo sapeva bene, da un ninja più esperto poteva aspettarsi di tutto…


    CITAZIONE
    Narrato
    Parlato aiuto-sensei
    Parlato Shizuka
    Parlato sensei
    Parlato Kuroro
    Pensato Kuroro



    Edited by Arcangelo Gabriel - 9/4/2010, 00:53
     
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    b u c o l i c a » Chapter II
    The Right Path



    A seguito delle parole di ringraziamento che Kuroro rivolse a Raizen per i consigli che gli aveva dato, quest'ultimo ritornò a rivolgersi al ragazzo. Sembrava in qualche modo contrariato dalla formalità e rigidità dello stesso. Gli disse che il suo comportamento era consono a quello che un allievo avrebbe dovuto avere nei confronti del proprio sensei, ma che in fin dei conti lui non si riteneva un sensei vero e proprio, ma più che altro colui che li avrebbe guidati in quella breve avventura. Insistette sul fatto che avrebbe dovuto liberarsi di quel modo di fare umile ed educato ed essere un pizzico più arrogante, "più Uchiha", autorizzandolo anche a mandarlo a quel paese qualora ne avesse avuto voglia. Tale discorso fu farcito anche da una poderosa pacca sulla spalla dello studente, il quale barcollò leggermente in avanti. Il nerbo impresso in tale gesto aveva per un attimo minato il suo equilibrio, ma l'atto aveva chiaramente connotazione amichevole, se non gioviale. Una sorta di incentivo fisico volto a suggerire una certa informalità.
    Pensai che stesse pretendendo un po' troppo dall'altro, e anche da se stesso. Kuroro era un individuo ormai maturo, un giovane uomo. Doveva avere almeno la mia stessa età. Era chiaro che avesse un carattere ed un modo d'agire preciso e ben delineato, che aveva faticosamente costruito in quasi due decadi d'esperienza di vita e, ad occhio e croce, di ferrea disciplina. Qualche frase maldestra ed una pacca sulla spalla di certo non sarebbero stati sufficienti a provocare nel giovane una stramba epifania che l'avrebbe spinto a rinnegare ciò che era stato fino a quel momento e ad abbracciare un nuovo modo di essere conforme ai desideri del sensei. Non stavamo trattando con dei bambini ancora piccoli, le cui menti potevano essere plasmate ed indirizzate su una strada piuttosto che su un'altra. Parlavamo di una persona adulta, che difficilmente sarebbe cambiata nella mentalità e nei modi, e di certo non grazie a qualche consiglio di un emerito sconosciuto, pur dispensato da un superiore con propositi che molti avrebbero potuto definire apprezzabili. Solo il tempo ed eventi di importanza o gravità enorme per lo studente sarebbero potuti riuscire a corrodere o ad alterare leggermente la percezione di se stesso, degli altri, e di conseguenza il suo atteggiamento. Cercare di cambiare una persona era sciocco, ed un inutile spreco di tempo.
    Per quanto mi riguardava, il carattere di quei due studenti non mi interessava più di tanto. Il mondo presentava una stupenda varietà, e non era nel mio interesse cercare di rendere chiunque mi capitasse a tiro una persona dal mio punto di vista migliore, o più congeniale ad instaurare un rapporto con il sottoscritto. Mi bastava che i due fratelli svolgessero il loro compito senza crearmi grossi grattacapi, il resto era tutto grasso che cola.
    A quel punto Kuroro replicò alle parole di Raizen, dicendogli che, prendendolo in parola, gli avrebbe disobbedito continuando a comportarsi in accordo alla propria indole, a prescindere dai gusti del superiore. Avrebbe continuato ad essere se stesso, pur magari aprendosi un po' di più al gruppo, ed il fatto che nelle sue vene scorresse anche del sangue Uchiha non l'avrebbe influenzato in alcun modo. Apprezzai la risposta del ragazzo. Era stato deciso e rispettoso al contempo, e aveva dimostrato una certa coerenza, caratteristica che non sempre apprezzavo. In fin dei conti, cambiare atteggiamento dopo le parole del sensei non solo avrebbe significato cominciare ad agire in maniera innaturale, fingendo, ma anche dare segno di cedevolezza, e quindi debolezza. Per un ragazzo tutto d'un pezzo come sembrava essere Kuroro sarebbe stato inammissibile.
    Quando più tardi presi a spiegare le caratteristiche e le funzioni delle Otto Porte difensive a Shizuka, la osservai per tutto il tempo del mio parlare. Un contatto visivo con la persona alla quale stavo illustrando dei concetti, mi permetteva di percepire quando ciò che stavo dicendo veniva efficacemente assimilato e quando invece vi erano ostacoli all'apprendimento od incomprensioni, che avrei potuto individuare tramite eventuali espressioni spaesate o corrucciate. La ragazza mi sorrideva, come suo solito ormai, e durante il mio discorso mantenne un'aria concentrata ed annuì di quando in quando. In realtà sembrava fin troppo rapita ed estasiata della mia spiegazione, tanto che mi fece sospettare che dentro di sé stesse pensando ad altro. Effettivamente non potevo dire che fosse distratta, poiché anche lei ricambiava il mio sguardo, ed i suoi occhi erano decisamente attenti, ma non ero sicuro che fosse merito della lezione.
    Quando terminai, mi sorrise nuovamente con maggiore allegria e si esibì in un lieve inchino in segno di ringraziamento. Cosa le aveva provocato tale sollazzo? Il mio commento sul fatto che non fosse consigliabile aprire l'ottava ed ultima porta, quella della Morte? Non lo trovavo molto divertente. Non era stata una battuta la mia, non voleva esserlo. Era dannatamente seria la questione, non c'era da rallegrarsi.
    Seguì poi il mio appunto alla dissertazione di Kuroro, in cui gli spiegai la differenza fra Tsubo e Tenketsu. Per un attimo i suoi occhi si animarono di una luce particolare, come se le mie parole stessero illuminando una parte oscura della sua mente. Mi prestò la massima attenzione e concentrazione, era chiaro che fosse completamente intento ad immagazzinare preziose informazioni.
    Dopodiché, tirai fuori i rotoli che contenevano le nozioni teoriche su cui si sarebbe basato l'esame Genin e li consegnai ai due studenti. Raizen assunse un'espressione incredula, evidentemente non se lo aspettava o non condivideva il mio gesto. Intimò agli studenti di non leggere alcunché fino a quando lui stesso non li avrebbe autorizzati, o in caso contrario avrebbe dato fuoco ai rotoli. Poi si rivolse a me, chiedendomi che razza di corso Genin mi avessero fatto fare e se avessi in programma di trascorrere il tempo a parlare solo della teoria. Ovviamente le sue esatte parole non furono queste, ma evidentemente ritenne necessario inserire nel discorso alcuni commenti ironici piuttosto ridicoli ed insensati.
    Davvero, non riuscivo a comprendere la sua reazione. In primo luogo, era stato proprio lui a tirare in ballo per primo la trattazione teorica durante il corso, affidando a me il compito di supervisionarla, quindi era più che lecito che fornissi agli allievi il materiale didattico designato. Perché, ricordiamolo, il test per diventare Genin era fondato in larga parte su di una prova scritta, che si basava appunto sulla teoria, non sulle scampagnate in campagna. Non che criticassi l'aspetto pratico del corso, al contrario, esso costituiva per me la parte più interessante dello stesso e di utilità forse anche superiore per chi voleva intraprendere questa strada. Ma l'esame era strutturato in una maniera tale per cui le nozioni teoriche rivestivano un'importanza determinante al fine di ottenere la promozione. Non stava a me stabilire se il sistema di valutazione delle reclute fosse dei migliori o meno, le cose stavano così e basta. Avrei potuto capire se Raizen avesse adottato una politica del tipo "Eccovi i rotoli con la teoria, studiateveli da soli a fine corso, qui ci concentreremo sulla pratica", ovvero scaricare tale incombenza direttamente sugli studenti, come era accaduto durante la mia sessione, ma così non era stato. Non si potevano fare le cose a metà.
    Oltretutto, nessuno aveva detto che i ragazzi dovessero leggere il contenuto dei rotoli seduta stante, facendo passare in secondo piano la missione. Potevano farlo quando volevano e soprattutto potevano, in piena autonomia. Di certo non avevo la minima intenzione di mettermi ad interrogarli, più che altro era per offrire agli studenti tutti gli strumenti che l'Accademia metteva a disposizione, e al contempo evitarmi domande che avrebbero trovato facilmente risposta tra quelle carte. Insomma, era anche un modo per fare una scrematura degli eventuali dubbi che i fratelli avrebbero potuto sottopormi.
    Mi voltai dunque verso il sensei e, con un tono sereno e asciutto, replicai.


    «Come ho accennato, la documentazione presente in quelle dispense è molto sintetica.
    Leggerne il contenuto richiede non più di quindici minuti.
    Penso che non ci saranno problemi se potranno farlo in un momento di inattività o riposo. Nessuna fretta.»

    Terminai così il mio parlare, senza aggiungere altro.
    Intervenne anche Kuroro, il quale si rifiutò di dar via il rotolo rassicurando Raizen nella mia stessa maniera, ovvero dicendogli che eventualmente gli avrebbe dato un'occhiata durante un tempo morto. Mi sembrava più che ragionevole, non rappresentando alcun intralcio alla missione.
    Procedemmo nel nostro avanzamento nei meandri della foresta. Più mi addentravo, allontanandomi dalla cosiddetta civiltà, e più mi sentivo a mio agio. Certo, essendo in compagnia la sensazione non fu tanto appagante quanto lo sarebbe stata se fossi trovato da solo, ma meglio di niente. L'atmosfera presente grazie alla penombra creata dalle folte chiome degli alberi, ove solo saltuariamente penetravano raggi solari di forme e dimensioni variegate, era davvero stupenda.
    Uccelli canterini ed insetti si esibivano nella loro sinfonia che era un gradito e rilassante sottofondo, interrotto solo dal suono dei nostri passi e di foglie che venivano smosse dagli affannosi spostamenti di qualche indiscreto osservatore. Gli odori non erano da meno, con quell'inconfondibile profumo di terra ed erba fresca. E ogni tanto anche di sterco, che c'è di male?
    Avanzammo ancora per qualche minuto, durante il quale ci muovemmo sinuosi tra la quiete vegetazione senza che nessuno proferisse parola. Ad un certo punto il sensei, il quale era in testa alla formazione guidando i nostri passi, si fermò e si girò verso di me e gli studenti.
    Ci disse che avremmo trascorso la nottata lì all'aperto, poiché a suo dire non aveva intenzione di completare la missione in giornata. Dopodiché spostò la sua ampia sagoma al lato di qualche passo, così che la visuale di tutti fosse perfettamente libera e potessimo osservare cosa c'era alcuni metri più avanti: un bivio. Raizen riprese, stavolta rivolgendosi in particolar modo agli allievi, dicendo che sarebbe stato loro compito decidere quale dei due percorsi imboccare dopo averli ispezionati entrambi in cerca di qualche indizio utile alla nostra causa. Detto questo, il sensei si sedette su di un vecchio ceppo d'albero e gli studenti, capendo che non avrebbero ricevuto ulteriori istruzioni o qualche informazione più dettagliata, si allontanarono fino a fronteggiare la biforcazione. Per quanto mi riguardava, mi appostai di fianco al Chunin, alla sua sinistra, in piedi e con le braccia conserte, osservando l'operato degli allievi.
    Ecco uno dei motivi per cui ritenevo che il ruolo di sensei non mi si addicesse. Ero un tipo molto paziente e per nulla egocentrico, ma mi dava gran noia vedere altre persone cimentarsi in delle ricerche, delle indagini, delle diagnosi, e non poter prendervi parte. In quel momento avrei davvero voluto unirmi a quei due, esaminare il territorio e trarre delle conclusioni che potessero aiutarci a trovare ciò che stavamo cercando. Non solo per contribuire alla buona riuscita della missione, ma per una soddisfazione personale, per appagare il mio bisogno di mettere costantemente alla prova la mia mente ed il mio spirito d'osservazione, e di risolvere qualsiasi mistero o stranezza mi capitasse di incrociare. E invece no, dovevo stare in disparte. Dovevo guardare passivamente altri individui che facevano quello che io avrei dovuto fare. Non vi era grande spirito di condivisione e di divulgazione in me, ed ero ancora troppo avido di conoscenza e di esperienze per poter essere interessato ad occuparmi di quelle degli altri. In fin dei conti ero ancora un novellino, avevo ancora molto da fare e da vedere, non mi ritenevo affatto così diverso da quelle due reclute, che pure mi mostravano un rispetto che non ero convinto di meritare in qualità di loro istruttore.
    I miei pensieri furono disturbati dal sonoro sbuffare del sensei. Mi voltai a guardarlo, e una volta tanto dovetti abbassare il capo per riuscirci. Sembrava che l'attesa lo stesse tediando oltremodo, e di certo non cercava di nasconderlo. Effettivamente non mi aveva mai dato l'idea di essere una persona molto paziente, e penso che ne avesse già dato dimostrazione diverse volte. Fu probabilmente in preda ad una claustrofobica noia che l'uomo decise di rivolgermi la parola, chiedendomi a quante missioni avessi partecipato.
    Non sembrava realmente interessato alla risposta, a giudicare dai suoi occhi che pur rivolgendomi attenzione restarono essenzialmente apatici. Si trattava di una domanda comune, che probabilmente i ninja di un livello almeno discreto spesso si scambiavano al primo incontro, in un tentativo di quantificare l'esperienza sul campo del loro interlocutore. Era un quesito innocuo per me, in quanto non vedevo ragione per cui avrei dovuto nascondere la mia inesperienza. Quindi la mia risposta fu sincera, e data con leggerezza mista a una punta di rammarico.


    «Ne ho svolto due in via ufficiosa, inclusa quella del mio corso Genin.
    Nessuna missione ufficiale.

    Mi domando come mai l'Accademia selezioni un elemento con così scarsa esperienza, per quanto il suo ruolo sia marginale.»


    Quell'ultima considerazione la proferii riportando lo sguardo sulle due reclute. Ovviamente parlavo di me stesso. Ci fu una breve pausa, in caso Raizen avesse avuto qualcosa da aggiungere, poi ripresi la parola guardandolo negli occhi. Il mio tono era tornato serio e la mia espressione concentrata.

    «Mi chiedevo se il committente della missione le abbia fornito maggiori dettagli sui quali si possa lavorare.
    Ad esempio, sappiamo quando è avvenuta la sparizione e dove sono state viste le creature per l'ultima volta? Nel loro recinto, immagino.
    Ne conosciamo il numero esatto? Non vorrei che, una volta individuate e restituite, il pastore lamentasse che qualche pecora manca all'appello.
    Ovviamente terrò per me qualsiasi informazione voglia condividere, starà a lei decidere cosa dire agli allievi.»

    Non sapevo se il Chunin si sarebbe dimostrato collaborativo, ma valeva la pena di fare un tentativo. Nella mia mente non avevo ancora escluso che egli potesse effettivamente essere già a conoscenza di ogni cosa, o esserne addirittura l'artefice. Per quanto remota, tale evenienza avrebbe implicato che il sensei sapesse già cosa fosse accaduto alle pecore e la loro attuale collocazione. Insomma, che avesse creato ad arte questo piccolo mistero al fine di mettere alla prova le nuove leve. Non ci credevo molto però, giacché, a meno che non fosse un attore provetto, sembrava davvero annoiato ed insofferente verso quella situazione, e non sembrava saperne molto più di noialtri. E comunque, anche se fosse stato, di certo non sarebbe venuto a confidarlo a me, quindi era inutile rimuginarci più di tanto. Le domande che avevo posto erano la base minima per la ricerca, immaginavo che ne conoscesse le risposte e che non avesse ragioni per nascondermele. Almeno era ciò che auspicavo.
    Riportai la mia attenzione sulle reclute. A quanto sembrava avevano deciso di condurre l'ispezione separatamente, uno alla volta. In una missione più seria ciò non avrebbe avuto senso, poiché ad entrambi era stato assegnato il medesimo compito. Sarebbe stato più ragionevole se avessero esaminato le due strade insieme, aiutandosi a vicenda, o in alternativa che si dividessero il lavoro prendendo un percorso a testa. Ma se l'intento del sensei era quello di valutare le capacità individuali dei due, forse si trattava della soluzione migliore.
    Iniziò Shizuka che, dopo essersi chinata a raccogliere un po' di terriccio dall'imbocco del sentiero di destra, prese a passeggiarvi osservando la vegetazione e scostando i cespugli ogni tanto. A tratti sembrava distogliere la propria attenzione da ciò che stava facendo e semplicemente divertirsi a scorazzare tra gli alberi. Adottò poi la stessa condotta anche per l'altra strada, salvo poi scomparire per alcuni minuti oltre la discesa del sentiero.
    Quando riemerse, si reggeva la pancia. Mentre si avvicinava alla postazione mia e di Raizen, chiamò a gran voce il suo nome, affermando che lei aveva terminato la sua ricerca e che stava morendo di fame. Lo disse senza alcuna arroganza, bensì con una espressione ironica sul suo volto mentre guardava il suo interlocutore. Raggiuntici, poi, si rivolse anche a me dispensandomi un sorriso radioso. Un bel cambiamento.
    Non mi convincevano per niente quei sorrisi che pareva riservare sempre e solo a me, quasi si prendesse la briga di impostare una linea di condotta più leggiadra quando trattava con me. Evidentemente aveva intuìto la mia predilizione per i soggetti tranquilli e non esageratamente espansivi. Mi prendeva in giro? Cercava la mia benevolenza? Non ne ero sicuro, fatto stava che non apprezzavo molto quello che qualcuno avrebbe potuto definire come un occhio di riguardo nei miei confronti. Se pensava di riuscire a manipolare qualcuno sfruttando il suo bel viso e una buona dose di furbizia, ne aveva ben donde. Ma quel qualcuno non ero io.
    Quando anche Kuroro ci raggiunse per ascoltare ciò che aveva scoperto la sorella, questa iniziò ad esporre le sue considerazioni. A suo avviso le pecore erano passate per il sentiero di destra, ma sarebbero sicuramente tornate indietro e avrebbero intrapreso quello di sinistra, che conduceva ad un'area provvista di fitta vegetazione e di un corso d'acqua. A quel punto, dopo essersi pulita accuratamente le mani con un fazzoletto, tirò fuori un sacchetto. Continuò scherzando con il sensei, e dicendo che applicandoci nell'assemblare un buon lavoro di squadra ce l'avremmo fatta senza problemi. Sembrava decisamente sicura di sè, forse anche troppo per i miei gusti.
    Finalmente aprì il sacchetto rivelandone un contenuto che comunque l'aroma aveva suggerito. Onigiri. Ne prese uno per se stessa, poi ne lanciò uno al sensei, ed un altro anche a me, sebbene con maggior cortesia, dicendo che ci avrebbe fatto bene mangiare qualcosa data l'ora in cui eravamo dovuti levarci. Afferrai al volo la pietanza, esitando qualche istante.
    Shizuka aveva pescato casualmente all'interno del contenitore, e stava mangiando senza esitazione. Escludevo che avessi qualcosa da temere da quel boccone, ma decisi comunque di non consumarlo subito, anche perché non era passato poi molto dalla colazione e non avevo fame.
    Mi rivolsi alla kunoichi con tono cortese, chinando lievemente il capo in segno di gratitudine mentre riponevo al sicuro la polpetta di riso incartata.


    «Grazie, Shizuka.
    Lo serberò per dopo.»

    Dopo che Kuroro ebbe declinato la medesima offerta, si affrettò a fare anche lui la sua valutazione sul terreno, in maniera radicalmente diversa.
    Anche lui si chino a tastare ed esaminare il terreno, ma a parte questo restò impalato a rimuginare, probabilmente basandosi sulle informazioni acquisite dal resoconto della sorella. Evidentemente si fidava del suo giudizio, io non l'avrei mai fatto.
    Quando tornò da noi, ci spiegò che a suo avviso le pecore dovevano aver preso il sentiero di sinistra per abbeverarsi, ma che poi dovevano aver intrapreso il percorso di destra, che conduceva ad un'area dalla maggiore altitudine, ove avrebbero dovuto esserci pascoli più invitanti per gli animali.
    Per il momento non mi andava di fare supposizioni ancor prima di riuscire ad esaminare personalmente il territorio, anche se così, in linea puramente logica, l'argomentazione di Kuroro mi pareva più plausibile. Tuttavia c'era qualcosa che entrambi stavano trascurando, un aspetto da non sottovalutare.
    Così, prima di lasciare la parola a Raizen, feci solo un breve appunto.


    «Vi consiglio di basare le vostre considerazioni specialmente sugli indizi che avete acquisito.
    Preconcetti errati possono fuorviare.
    Io non darei così per scontato che il gregge si sia allontanato spontaneamente.»
    Dissi laconico.
     
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    Il viso di Raizen si distorse lievemente in una smorfia di disapprovazione.
    Portò una mano alla fronte e dopo qualche secondasi concesse l’ultima battuta di quelle arringa.

    Beh, fa un po’ come ti pare, personalmente non mi sarei rispettato più di tanto, ma se credi che sia la cosa migliore da fare allora...così sia.

    Fece spallucce e lasciò cadere il discorso.

    [...]

    Kuroro, non me ne faccio un emerito organo-riproduttivo-di-un-qualsiasi-animale del tuo rotolo, ti ho semplicemente detto di non leggerlo.

    La sua voce schioccò, secca e scocciata, probabilmente in caso gli avessero disubbidito uno dei suoi repentini cambi d’umore non sarebbe stato sufficiente a risparmiali da una qualsiasi forma di punizione.

    [...]

    Quando l’aiuto sensei rispose Raizen rimase lievemente allibito, non era la peggiore delle sue facce di stupore ma era semplice leggervi quello stato d’animo.

    Beh, insomma, non hai fatto nessuna missione in pratica

    Continuò aggiungendo a voce più bassa, ma comunque udibile.

    Occristo

    Poggiò la testa sulla mano del braccio che veniva sostenuto dal ginocchio.

    Quasi quasi ci mando pure te.

    Sorrise lievemente, era una piccola battutina che non voleva essere particolarmente fastidiosa.

    Non è questione di esperienza sul campo Jaken, avanti, ti sembra veramente necessaria dell’esperienza? Diavolo! Stiamo andando dietro a delle pecore, degli animali, mica dei ninja!
    Comunque no, niente di importante, sappiamo solo che sono bianche e lanose.


    Si alzò per sgranchirsi le gambe, il punto in cui si era seduto non era particolarmente comodo.

    E dopotutto non ci serve nient’altro, come vedi questo è un bosco, per le bestie che ci stanno dentro sbranare una pecora è facile come lo è per te aprire una scatoletta di carne.
    Sei quasi peggio di Kuroro, Giuda ballerino!
    Rilassatevi, stiamo andando dietro a delle pecore!


    Poco tempo dopo aver finito il suo discorso Raizen rispose a Shizuka voltandosi da lei, senza nessuna particolare espressione, gli concesse solo muta attenzione mentre prendeve le foglie che lasciava cadere.
    Ascoltò poi le sue deduzioni fatte in base all’ambiente e agli indizi che aveva raccolto.

    Aspettiamo tuo fratello e do il verdetto.

    Ridacchiò mentre Shizuka gli parlava della missione, gli rispose divertito.

    Avanti! Ti sembro veramente preoccupato?
    Come dicevo questa è una missione scuola, procediamo così lenti solo per questo, se fossi da solo probabilmente il gregge sarebbe già nuovamente dentro il suo recinto!


    Notò poi che Shizuka stava per lanciargli parte del suo pasto, era una cosa che non gli andava, non gradiva privare del pasto un qualsiasi membro di quel gruppo, anche perché non sarebbe stato difficile procurarsi da mangiare li in mezzo.
    La sua mano si mosse rapida con l’indice teso ed andò ad intercettare con estrema precisione il medio di Shizuka chiudendolo nella palletta di riso prima che questa venisse lanciata.

    No, grazie.

    Sorrise sinceramente.

    Non ho fame, e certamente se ne avessi una palletta di riso farebbe ben poco.
    Mi procurerò qui in mezzo qualcosa da mettere sotto i denti, e poi magari potresti avvelenarmi.
    Tienila per te, non farti problemi.


    Sorrise nuovamente per poi ascoltare le conclusioni di Kuroro e ascoltare lo sproloquio di Jaken.

    Jaken, per dio!
    Fai a meno di fare questi commenti, altrimenti rischiamo di farli crescere simili a te e crederanno che il muschio cresce a nord perché qualche mistica forza che trama contro di loro lo attira da quella parte!
    Bene, quanto a voi: nuovamente incompleto.


    Li guardò entrambi.

    Quindi non troppo bene.
    Veniamo prima di tutto agli errori.


    Prese in mano le foglie di Shizuka.

    Sei proprio sicura che questo sia il morso di una pecora? Qui dentro potrebbe esserci ben più di una razza erbivora, anche un carnivoro con problemi digestivi potrebbe mangiucchiarsi qualche foglia sai?
    Inoltre, guarda qua, hai perso un altro importante dettaglio.


    Prese due foglie e ne poggio una su ogni mano.

    Guarda attentamente la foglia che ho nella mano di sinistra, è sufficiente per far crollare le tue ipotesi: il morso tra le due foglie è identico, ma uno dei due è più vecchio, ma ora non sai quale delle due foglie sia della strada di destra e quale di quella di sinistra, normalmente non sarebbe un errore grave, ma nel tuo caso denota una scarsa attenzione nella catalogazione degli indizi che in una missione di spionaggio determinano la buona riuscita della missione.
    Hai detto che sono andati verso destra, ma non mi hai detto il motivo, forse è per via della differenza che IO ho esposto, ma questo un altro team non lo saprà mai, è probabilmente morto prendendo la strada sbagliata dopo aver decifrato male i tuoi indizi.
    Tuttavia la deduzione sull’ambiente e sul comportamento degli animali è corretta, torneranno ad abbeverarsi, non si sa tra quanto però, potrebbero aver trovato un altro ruscello oppure accontentarsi dell’acqua contenuta nell’erba che non è poca.
    Kuroro invece ha fatto qualche errore basandosi troppo sulle conoscenze altrui e non su ciò che avrebbe potuto osservare, Jaken aveva ragione in parte: non basatevi su dei preconcetti.
    Ti sei mai soffermato a guardare l’altezza dell’erba in questo periodo dell’anno?


    Lasciò qualche secondo allo studente per rispondere, poi con un gesto della mano indicò un’altezza di quasi un metro.

    Secondo te in quest’altezza quanti lupi accovacciati ci stanno?
    Te lo dico io: abbastanza da fare un rave party di ululati.
    Ti dico un’altra cosa, non paragonare un animale domestico ad uno selvatico, quest’ultimo ha vissuto un intera vita a doversi difendere da ogni tipo di attacco da parte dei suoi naturali avversari, l’unico pericolo che incombeva sui primi invece era qualche brutta epidemia, ergo una pecora o un qualsiasi animale domestico non è minimamente paragonabile ad uno selvatico.
    Un cane domestico, non ninja, sarà sempre più rumoroso di un lupo.
    E una pecora domestica sarà sempre maggiormente esposta ai pericoli rispetto ad una domestica, soprattutto perché è domestica da più generazioni.
    Vediamo ad altri piccoli errori.
    Shizuka, ti sei allontanata troppo durante la ricerca degli indizi, eri esposta a delle imboscate, dovevi chiedere supporto.
    Kuroro, poco spirito di osservazione, hai guardato dalla parte giusta ma non con la dovuta attenzione.
    Inoltre non ho mai detto di voler fare una valutazione sul singolo, e se anche fosse potevate zittirmi con una qualche scusa del tipo “in due si lavora meglio”, in modo da farmi capire che avete anche la minima concezione di team e della sua utilità
    Venite con me.


    Li riportò nuovamente al bivio.

    Il gregge non è troppo piccolo, e quando il gregge riposa si sparpaglia, tutta la zona è quindi inquinata, dovete quindi ricercare la quantità.
    Avete notato svariate cose, ma una vi mancava.
    Gli uomini perdono capelli, gli animali perdono pelo.


    Si chinò e da un ramo che stava sul bivio di sinistra raccolse un po’ di bianca lana.
    Sembravano quasi capelli d’uomo per via della loro infima quantità.

    E i rami che stanno nel bosco sono come dei pettini.
    Tuttavia non ne perdono troppa e quindi non inquinano tutta la zona, bensì solamente la strada percorsa più frequentemente, o anche l’unica percorsa avrà più residui.
    Tra l’altro è molto più semplice da individuare.


    Aggiunse con una faccia lievemente stupita.

    Ergo, si va a sinistra, dovrei assegnare mezzo punto a Shizuka, ma visto che non fraziono siete ancora zero a zero.

    Si voltò verso Shizuka.

    E non rifarmi il verso, i tuoi MA non saranno mai abbastanza rivelatori.

    Accennò un altro sorriso.

    Per quanto riguarda la scelta del posto su cui fermarci direi che senza ulteriori specifiche è errata. Un territorio con troppi arbusti ci nasconderebbe ma ci darebbe problemi nell’individuare il nemico.
    Mentre una zona libera da essi ci renderebbe troppo esposti.


    Sbuffò.

    Odio fare il sensei.
    Insomma, in questi casi non si può stare tutti occultati o tutti allo scoperto.
    Chi dorme si nasconde, chi fa la guardia occupa una posizione di vantaggio e si occulta come meglio può.
    Inoltre ci sono mille altre considerazioni da fare sul momento che si fanno in base al luogo scelto.
    In poche parole non si individua la zona, ma il punto esatto.


    Arrivati al torrente Raizen vi camminò sopra, era possibile per via della corrente che in quel punto era abbastanza tranquilla.
    Si chinò a prendere qualche sorso d’acqua.

    Sfruttate al meglio le risorse naturali prima di ricorrere alle vostre che devono essere la vostra scialuppa di salvataggio.

    Un piccolo appunto, quasi un pensiero a voce alta, come se Raizen lo ricordasse più che altro a se stesso.
    Mentre lui passava sopra il fiume gli altri sarebbero stati costretti a passarvi in mezzo.
    Una volta che fu raggiunto dal resto del gruppo rallentato dalla traversata avrebbe parlato con un tono allegro.

    Eccellente!
    Credo che tutti abbiate addosso più o meno 5 sanguisughe!


    I tre ispezionando il loro corpo avrebbero potuto individuarle in vari punti del loro corpo in tutta la loro viscida presenza.

    Staccarle è impossibile, o meglio, lo è, ma questo provocherebbe delle ferite che, in assenza di un medico e dentro a questo bosco sarebbero a rischio di infezioni.
    L’unico modo per staccarle e rimpinzarle di chakra.
    Jaken non avrà problemi, ne ha il tanto giusto per cavarsela, voi due però dovrete accrescere la vostra attuale riserva per nutrirle a sufficienza, ma entro stanotte dovreste farcela.


    Prese tre tonici per il recupero del chakra dalle tasche.

    Questi sono i vostri bonus, usateli a fine prova o prima di schiattare, ai miei tempi non furono necessari, ma chissà se voi sarete bravi come il vostro sensei.

    Fece una pausa.

    Shizuka ha ancora delle pallette di riso, sfruttatele per il pranzo, è poco, ma eviterà i morsi della fame.
    Restate immobili e risparmiate energie durante l’esercizio.
    E tranquilli soprattutto, non vi varò schiattare per delle sanguisughe.
    Sarò di ritorno tra qualche ora.
    È una prova necessaria.
    Inoltre Jaken potrebbe darvi altri preziosi consigli, io questo passaggio lo feci da autodidatta, ma non so quanto voi siate bravi.


    Dopo aver pronunciato le ultime parole scomparve in uno sbuffo di fumo, aveva usato la sushin per allontanarsi abbastanza velocemente da non essere rintracciabile.

    [Varie ore dopo, più o meno alle 6 del pomeriggio]

    Raizen fece ritorno con qualche ramo tra i capelli, lo avrebbero udito avvicinarsi saltando tra i rami della foresta, arrivato più o meno sopra il gruppo di studenti si lasciò cadere tra di loro.

    Bene, direi che avete finito, e ci siete ancora tutti!

    Si avvicinò dai due studenti, senza una particolare espressione sul volto.

    Siete stanchi?

    Li guardò entrambi e senza dare ai due il tempo di rispondere li afferrò

    Si, lo siete.

    Mentre pronunciava quelle parole si issò Kuroro sulle spalle, ovviamente la forza di Raizen sarebbe stata troppa per permettere a Kuroro una qualsiasi forma di ribellione.

    Tieniti stretto, damerino.

    Si sarebbe poi avvicinato a Shizuka prendendola in braccio.

    Tu puoi anche dormire.

    Gli diede due pacche scherzose sulla testa.

    Queste sono le mie scuse, non voglio sentire ne domande ne proteste a riguardo.
    Andiamo faccia da aiutosensei, vi porto al campo che ho messo su per la notte.


    Raizen sarebbe scattato, ben più veloce di Jaken, mentre per i due studenti che si era caricato sulle spalle la corsa sarebbe stata quasi stupefacente visto il divario che li divideva dal loro sensei.
    Sarebbero arrivati poco dopo in un piccolo spazio erboso circondato da piccoli arbusti e da due grossi alberi posti uno di fronte all’altro.
    Erano presenti solamente due tende, al centro di esse un fuoco su cui arrostiva della carne: un cinghiale perfettamente scuoiato che, dopo essere stato diviso per il lungo, era stato infilzato su alcuni pali di legno per arrostire, anche il ventrale arrostiva appeso ad un ramo, quasi come gli addobbi di un albero di natale. Poco distante, in un mucchietto terroso dai variegati colori, si potevano individuare varie radici commestibili.
    Entrambe le pietanze sarebbero stati per i quattro un ottimo pasto.
    Raizen avrebbe mostrato particolare interesse per il suo "albero di natale".

    Ceneremo tra poco, immagino abbiate fame
    Prima però un ultimo sforzo: ditemi come potreste difendere al meglio questo accampamento in mia assenza.


    Li avrebbe lasciati riflettere per poi ascoltare le loro risposte.

    Scusami Jaken, per prima, ma gli serviva una guida e un sostegno, da più punti di vista, e io non ero adatto.

    Una volta cenato si sarebbe rivolto ai due studenti.

    Prima ho ascoltato il vostro discorso sul chakra con molta più attenzione di quanto non sembrasse.
    Direi che Shizka è adatta a fare il ninja medico, per una studentessa ha un ottima preparazione in quel campo, quasi strabiliante.
    Tuttavia la sfrontatezza potrebbe essere utile anche in prima linea, le due cose possono sembrare un po’ contrastanti, ma imboccando le giuste vie nulla è impossibile.
    Kuroro, le tua preparazione è più vasta ma non così approfondita, non ti ho ancora inquadrato al meglio, ma direi che il supporto è la tua categoria, mi pare che in te sia assente quell’aggressività e sfrontatezza necessaria al brutale attacco delle prime linee, mentre la tua mente fredda è utile per pianificare un secondo attacco risolutivo.
    Ovviamente queste sono impressioni basate su poco, ma se l’idea vi piace iniziare a pensare al vostro futuro sin da ora non sarebbe una cattiva idea.


    Tacque per qualche istante mentre muoveva le mani per far toccare i polpastrelli tra loro, accompagnando il movimento con un ampio sorriso degno del più malvagio tra i nukenin.

    Stanotte non ci sarà bisogno di mettere qualcuno di guardia, ma le tende sono due, decidete con chi dormire.

    Aveva notato l’aria che tirava tra Kuroro e Shizuka, probabilmente si sarebbe divertito.





    CITAZIONE
    Beeeeeeeeeeeeeene *__________*
    Le sanguisughe prendono il chakra molto lentamente, non potete ovviamente staccarle ma quando lo faranno da sole lasceranno solamente 3 segni rossastri che si cureranno da soli entro la notte di riposo.
    non mi interessa il chakra che spendete, quindi non è importante che lo segnaliate a fine post :zxc:
    per Jaken ovviamente non è una prova, come dice Raizen è solamente li a sostegno dei due.
    spero vi divertiate *_*

     
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36 replies since 26/3/2010, 14:36   1747 views
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