Amministrazione di Kiri

[Amministrativo]

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  1. Jotaro Jaku
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    Sanjuro delle Nevi



    La mattina seguente lo strano incontro sui dirupi di Gensoha, lo sciamano della palude sotterranea si sarebbe svegliato, e per tornare in sè rapidamente, si sarebbe dato un paio di schiaffi sulla faccia da solo; senza dubbio era un tipo strano. Rimessa sul viso la maschera rituale che teneva vicino al sacco a pelo, si sarebbe alzato, per recarsi fuori dal rifugio; non era abituato a stare dentro una casa, da molto tempo; e la mancanza con la natura lo metteva a disagio. Quando abbandonò la stanza i ninja ancora dormivano, lo avrebbero trovato seduto a terra nella neve, con addosso solo un paio di logori calzoncini corti, a meditare. Quando tutti fossero stati pronti a partire, avrebbero salutato il bonario eremita, il quale riunitosi con i suoi lupi giganti, ora docili e quasi sorridenti a loro volta, li salutava con un cenno della mano, felice di aver fatto conoscenza con dei giovani simpatici.
    Il gruppetto di 4 persone, compreso Samoru, che nemmeno sembrava avesse fatto a pugni con dei lupi giganti il giorno prima, si stava dirigendo alla spiaggia, dove una piccola imbarcazione li stava aspettando. Ovviamente il marinaio si offrì come capitano, generando il panico tra i giovani, mentre Sanjuro senza troppi problemi avrebbe fatto di sì con la testa e si sarebbe seduto sulla punta della nave, a gambe incrociate, per sentire il vento in faccia. Aveva portato con sè il suo strano bastone, ed era nascosto dietro la sua maschera per le belle occasioni, fatta di legno, piena di disegni e scritte, con un sacco di penne che la adornavano. Si, era davvero un tipo strano.




    Durante il viaggio Akira riuscì a trovare qualche minuto di coraggio, riuscendo staccarsi da dove si stava sorreggendo, per la navigazione scomposta di Samoru, e si avvicinò allo strano sciamano, chiedendogli come mai dovesse tornare a Kiri a parlare con il Mizukage, gli disse che sembrava un tipo strano e che come nuovo ninja era benvenuto a Kiri. Sanjuro dal canto suo, non era mai stato un tipo troppo misterioso, e non aveva problemi a raccontare la storia della sua vita a chi glielo avesse chiesto, ma prima chiarì la situazione ad Akira.

    - Oh, ma io non sono un nuovo ninja amico mio, anche io come te sono nato a Kiri, e 15 anni fa, ero un jonin della nebbia, una guardia del corpo a dire la verità. Incaricato di proteggere il Daimyo del paese dell'acqua con la mia vita se necessario. Tu forse non conosci il Daimyo di cui parlo io, sono passati tanti anni e lui è morto tempo fa. Era un uomo spregevole, e un giorno io e altre guardie dovemmo fare una scelta. Accettare che il capo della nostra nazione vendesse armi sottobanco a dei terroristi, oppure far cessare queste sue attività. Decidemmo per la seconda, ma quando venne il momento di affondare una lama nel suo cuore, uno tra di noi ci tradì in cambio di molto denaro e avvertì il Daimyo in questione, che ci dichiarò tutti fuorilegge, obbligandoci a fuggire. Dopo alcuni anni, sono stato ricondotto a Kiri, e la Mizukage dell'epoca, che conosceva la verità, decide di spedirmi a Genosha in esilio, sigillando tutte le mie capacità; non poteva darmi la grazia, dato che il Daimyo era ancora lo stesso, quindi preferì esiliarmi. Anni dopo ho saputo che l'uomo in questione è stato assassinato dagli stessi loschi individui con cui faceva affari, ma ormai mi ero stabilito nella Palude sotterranea di Genosha, e non volevo tornare. Ora le cose sono cambiate. Devo tornare a Kiri perchè...comincio a sentire freddo. -

    Era serissimo.

    [...]

    Quando giungemmo a Kiri, le guardie del porto si interposero a Sanjuro, alcune di loro, quelle più attempate, lo conoscevano, ed erano a conoscenza della sua situazione, quindi una volta controllato che i sigilli di prigionia fossero sempre al loro posto, lo lasciarono proseguire con il gruppo, senza bisogno di mettergli delle manette o di scortarlo. Dopotutto al momento, aveva le capacità di un cucciolo di foca.
    Tutti salutarono il prode Samoru, vero eroe di questa avventura, il quale trovò la moglie al porto, che lo coprì di mazzate per aver distrutto l'ennesima imbarcazione, e lo riportò a casa tirandolo letteralmente per un orecchio.
    Quindi Akira, Meika, e Sanjuro, si sarebbero diretti in amministrazione.
    Giunti sul posto, ed entrati nell'ufficio, Sanjuro fece la conoscenza con il nuovo Kage della nebbia per la prima volta. Aveva saputo che dopo Tsunade, un nuovo kage, Shiltar, la falce dei Kaguya, le aveva succeduto, quindi pensava di parlare con lui, ma si trovò davanti un ragazzo molto più giovane, che non corrispondeva affatto alla descrizione che si aspettava. Doveva esserci stato un cambio, e le informazioni non arrivavano spesso nell'isola di ghiaccio, anzi, praticamente non arrivavano affatto. Dopo che i due ninja ebbero finito con il rapporto della missione, Akira introdusse Sanjuro al Mizukage.


    - Salve nobile Kage, il mio nome è Sanjuro, o come forse più probabilmente mi conosce, Prigioniero-001254. Vengo dalla palude di Genosha, dove sono rimasto a scontare gli ultimi dieci anni di esilio. Porto notizie di orribili visioni, le nebbie mi hanno mostrato un orribile pericolo. -

    In quel momento, Sanjuro iniziò a ballare in cerchio attorno alla stanza, agitando il suo bastone in aria, e chinandosi come se fosse ubriaco. L'uomo, che si era avvicinato allo sciamanesimo dopo aver abbandonato la vita da ninja, era, secondo lui, in contatto con le forze della natura, le quali gli comunicavano tantissime cose, anche il futuro, se uno ci credeva. Quindi si sarebbe fermato, sedendosi a terra a gambe incrociate, con il bastone appoggiato orizzontalmente sulle gambe.

    - Le chiedo di riconsiderare la mia situazione, reintegrandomi nel corpo dei ninja di Kiri, rimuovendo con il tempo i miei sigilli di prigionia. Il che era la stessa cosa che sarebbe successa quando avessi finito di scontare 20 anni di esilio, ma sono sicuro che passare gli altri 10 che mi restano essendo di aiuto, sia più proficuo. Senza contare che a Genosha fa freddo, e che i funghi rivelano una stagione di messi fredde, e sette cervi sembrano ballare sul teschio dell'uomo senza il cuore. -

    Era nuovamente serissimo. E tamburellava con le dita sul bastone, borbottando una cantilena strana.

     
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