Amministrazione di Kiri[Amministrativo]

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  1. ~Sekiro~
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    Gli Abiti della Nebbia


    ~I~



    Di Padre in Figlio



    Quando il Tasso Testa Nera scoprì di essere rimasto vittima degli stessi rapimenti che fino ad allora aveva così efficacemente compiuto, ormai era troppo tardi. Arreso, distrutto e col rancore e la rabbia nel cuore, in primis verso sé stesso, l'assassino era immobile davanti alla tomba... la tomba di suo figlio... uno dei tanti esperimenti falliti di quei monaci dalla tunica arancio. Le girandole giravano senza sosta, lassù, al vento impetuoso che imperversava tra le fronde dei monti sopra Ashina... lassù, sul Monte Kongo, qualcuno poteva ancora sentirli ridere e correre spensierati... i bambini delle Acque del Ristoro.
    Doveva passare per quei lidi uno shinobi senza un braccio, perchè colui che una volta faceva parte dei Ratti, si decidesse a schierarsi apertamente contro coloro che erano stati i suoi mandanti.
    Il Tasso Testa Nera... lo spietato mercenario che alla fine perisce sotto i colpi del fuoco Rosso del Governo Centrale, solo per far scudo col proprio corpo ad un bambino che passava da quelle parti...
    Il Tengu di Ashina, dall'alto della sua ronda, quella volta, forse, sarebbe riuscito a distingue un Tasso da un Ratto.


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    A Tenkichi, da Tasso.



    La scritta scarabocchiata sulla Sfera Mibu era quasi del tutto svanita. Il freddo della bufera in corso faceva cadere e depositare, sopra quel pallone dai colori dell'arcobaleno, riempito con acqua ritenuta benedetta, granuli di neve che opacizzavano l'unica prova al mondo che, sì, Tasso e Tenkichi, un tempo erano davvero esistiti.
    Il suo Signore, Kusabimaru, era saldamente piantato nel suolo ghiacciato. Lo shinobi era inginocchiato davanti alla spada scintillante, come se stesse in riverenza di fonte a una persona in carne ed ossa. Testa bassa, con la destra teneva quel ricordo tanto fragile e prezioso. Una leggera pressione. La Sfera del Pellegrino scoppiò con un tonfo sonoro. L'acqua che ne uscì, acqua presa direttamente durante il Pellegrinaggio alla Fonte del Drago, si cristallizzò in un istante, trasformandosi in una cascata di brina che parve fermare il tempo per sempre. L'attimo di Tenkichi e Tasso. L'attimo che si ripete in eterno, segnato dal costante roteare delle girandole sul Monte Kongo. In eterno. Quei cimeli sarebbero durati in eterno.
    La carta che racchiudeva il liquido giaceva per terra. Quei colori vividi risaltavano tra il bianco di Azumaido. Il Santuario Kenkichi sarebbe stato un ottimo riposo per il padre ed il figlio. Così, almeno, aveva deciso. Seppellì l'involto del pallone nella neve, davanti a quel disperso luogo di culto. Si dice che se si viene bagnati dall'acqua benedetta racchiusa in una sfera Mibu mentre si prega, il fortunato possa ricevere ogni sorta di vantaggi. Che quella benedizione allora possa tornare a chi in origine era destinata...

    Riposate in pace.


    Il Lupo estrasse Kusabimaru dalla neve, destato improvvisamente dal sopraggiungere di un silenzioso battito d'ali. Dalla parte posteriore delle sue vesti poteva intravedersi una specie di meccanismo oblungo penzolare, avvolto in uno strato di logori panni.
    Un pipistrello. Giungeva il messaggero come angelo oscuro inviato da un Fantasma. No, decisamente, non era Kyofu...

    […]



    Un Pellegrino venuto da lontano varcava l'enorme cancello dell'Amministrazione di Kiri. Il ritorno dall'isola gemella di Genosha era durato più del previsto. I guardiani, i suoi compagni... non sarebbe stato facile riconoscerlo. Un ninja dal volto rude, con barba incolta, un mantello arancio lacero e vesti grigie consumate, si sarebbe palesato nell'ufficio dell'altro suo Signore: il Kenkichi di Ferro. Il Fantasma di Azumaido.
    Perchè aveva intrapreso quel viaggio? La sua spada ritrovata, Kusabimaru, ormai corpo metallico del Signore suo originario, Kuro-sama, l'Erede Divino, aveva smesso da tempo di parlargli. Quel drago ributtante era entrato in lui e doveva aver interferito in qualche modo con il legame che si era appena ricreato col suo passato. Il Drago Divino non poteva di certo essere imparentato con quell'essere...

    Mio Signore, di nuovo rispondo alla sua chiamata.

    Come sempre inchinato, come sempre pronto, come sempre disposto a sacrificare la sua vita perchè la volontà che lo manovrava potesse raggiungere i suoi scopi.
    Sette sedie nere come la notte e sette shinobi seduti al di sopra di esse. Li conosceva tutti.
    La Pantera lo aveva quasi ucciso a Genosha. L'Ombra gli aveva fatto ricordare quanto le illusioni della Falena potessero essere terrificanti. Il Ghepardo gli aveva mostrato come superare i propri limiti. A completare il quadro v'erano poi un altro disperso Kenkichi con il quale non aveva mai approfondito la conoscenza ed il Primario di Kiri, che, durante la missione alla Bruma, era sparito quasi subito.
    In effetti c'era qualcuno che il monco non aveva mai visto. Nascosta dall'imponenza di quei temibili guerrieri, una piccola creatura fece capolino alla chiamata del Mizukage.

    Io so praticamente tutto su di te. Sei da sempre un'osservata speciale del Paese dell'Acqua; ma quello che realmente mi interessa, Jukyu, è sapere chi tu credi di essere. Prendi parola.

    Una giovane ragazza dai capelli neri, con sguardo deciso e scontroso, lanciato tramite occhi che facevano da medium fisici, perle verdi incastonate in seta bianca come il latte, iniziò a parlare.
    Ella era la figlia del precedente Mizukage. Tuttavia, non sapeva nemmeno lei chi fosse realmente. Aveva abbandonato, a quanto pareva, ogni legame col passato ed ora la vita, impassibile, la trascinava di nuovo nel gorgo, in un mulinello irrefrenabile verso la fine che attende ogni essere. Il Villaggio, però, sembrava poter essere per lei un buon punto di partenza da cui spiccare il balzo.
    La storia continuava. Di padre in figlio.

    Il Lupo ed il Gufo.
    Tasso e Tenkichi.
    Jukyu ed Itai.




     
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