Amministrazione di Kiri[Amministrativo]

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  1. Youshi2
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    Utsubo, la Murena


    II

    Una ad una si riempirono le sedie dell'ufficio del Mizukage, avrei rivolto un semplice cenno con il capo verso i nuovi arrivati a mo' di saluto, lasciando che il silenzio venisse poi interrotto da Kensei-sama e la nuova arrivata. Il capovillaggio sembrò apprezzare le parole della figlia di Itai-sama e colse l'occasione per rivelare le trame che, ordite con precisione, si stavano lentamente delineando nel panorama politico continentale. La vicinanza con Oto si era fatta sempre più concreta, anche i ninja meno coinvolti nella formazione dell'Asse si sarebbero potuti accorgere di quel rapporto che si era consolidato: la venuta del Kokage a Kiri, che all'epoca fu un giorno di festa per le strade di Kiri, e in un secondo momento dell'amministratore del Suono, anche se non gli venne riservata un'entrata in pompa magna; conoscendo la storia tra i due villaggi, cosa nota, si sarebbe riconosciuta l'importanza storica di quei due eventi. Il Mizukage doveva avere considerato che i tempi fossero maturi per svelare le carte, i sentimenti antiaccademici che, fino a quel momento, erano stati sottocutanei, vennero dichiarati a tutti i ninja del villaggio con un discorso che sapeva da manifesto futurista*Maledettamente marinettiano.
    Stavo nella sedia più esterna delle sette, il coprifronte, messo di traverso sul viso per nascondere l'occhio mancante, copriva la mia espressione agli altri sei ninja di Kiri. Il mio sguardo era fisso sull'elmo segnato dal simbolo di Kiri, il Mizukage sapeva della mia fedeltà e l'aderenza ai suoi pensieri e prospettive.

    Come era prevedibile Fudoh rimase perplesso e ritenne necessario esprimere il proprio dissenso, non lasciai adito ad alcuna reazione nella mia prossemica: il respiro rimase regolare, lo sguardo fisso verso la vetrata da cui si vedeva Kiri, le labbra leggermente arricciate in un sorriso la cui natura bifida non lasciava modo di interpretare facilmente se fosse un sorriso di divertito o sadico. Mi ero promesso che non sarei intervenuto, il Mizukage era lì presente e a egli si rivolgeva direttamente, non rientrava nel mio ruolo e nella mia posizione intervenire. Era evidente, però, che la sua posizione fosse decisamente contraria alle parole del Kage e si pose di traverso ad ogni parola precedentemente usata nell'ufficio amministrativo.
    Mi morsi la lingua quando lo sentii nominare alcuni dei ninja degli altri villaggi, come prove che anche al di fuori delle mura della Nebbia vi fossero shinobi validi. Ebbi difficoltà a tacermi non solo perché aveva citato tre ninja, uno dei quali era letteralmente l'amministratore del villaggio coinvolto nell'asse Oto-Kiri, ma soprattutto perché il primo ninja citato era divenuto l'apprendista del Mizukage e, sembrava avere, egli stesso una concezione fluida di fedeltà al villaggio natio: sentendo quelle parole mi convinsi che Fudoh non era a conoscenza di Minarai. Dell'ultimo ninja citato, invece, rimasi interdetto: un chunin sunese che sì, aveva partecipato agli eventi dell'Abete, ma che non aveva certo attirato l'attenzione per essere un ninja ineccepibile in altre occasioni, come in quella missione del legno particolare.
    In ultimo, fortunatamente, il primario non ragionava considerando le mire espansionistiche, non ne era a conoscenza, non li aveva visti dividersi il continente su quella mappa tramite linee di sangue. Se lo avesse saputo, però, non avrebbe considerata così stretta l'alleanza tra Oto e Kiri, se l'avesse saputo sarebbe stato a conoscenza che questi due grandi paesi avrebbero inglobato gli altri. La disciplina kiriana, la ferrea mentalità guerriera nata tra i ghiacci di Genosha: la Nebbia di Sangue si sarebbe espansa fino alle rive del continente e oltre forgiando altri ninja con cui, come diceva Fudoh, avremmo condiviso missioni e saremmo cresciuti in forza. Ma con ninja altrettanto validi, non quelle due eccezioni citate dal primario che confermavano la regola.

    [. . . ]

    Comunque fosse andata la discussione che ne sarebbe seguita, avrei eseguito con calma le indicazioni del Kage: l'indice e medio della mano si affilarono e, grazie alle conoscenze dell'arte proibita del mio clan, tagliarono la mia carne facendo sgorgare qualche goccia di sangue a terra. Il liquido cremisi iniziò a scorrere e ribollire sul terreno, mentre le parole filtrate dall'elmo risuonavano nella stanza e sette altari comparvero di fronte a noi e, su ognuno di essi, una delle sette leggendarie katane di Kiri.
    Rimasi interdetto nel constatare la bellezza di quell'arma: le decorazioni dell'elsa, il legno d'ebano che costituiva il fodero, ma più di tutti i dettagli estetici, era la forza che sembrava pulsare in essa ad attirarmi. Il mio sguardo si alzò verso il Mizukage, quello che ci stava offrendo non era un dono per i suoi ninja, quello che ci stava dando era un pegno, un ulteriore anello da aggiungere alla catena dei legami tra l'individuo e il villaggio. Inspirai ed espirai con calma, quindi - non capace di trattenere la curiosità nei confronti di un'arma simile - allungai la mano raccogliendo Utsubo. È un onore, Mizukage-sama Ne apprezzai il peso mentre con lentezza sguainai i primi venti centimetri per riflettere un sorriso enigmatico sulla lama oscura.
     
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