Amministrazione di Kiri[Amministrativo]

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    Rapporto O1


    III

    Il mio occhio si spalancò e il piede, fortunatamente coperto dal mantello così che non fosse notato dal Kage, si mosse all'indietro; un gesto istintivo di salvaguardia dall'ira improvvisa del capo villaggio. Serrai la mandibola, non staccando lo sguardo dall'elmo del Mizukage, mentre mi rimproverava di aver perduto quella prova materiale che ricollegava gli eventi del Paese del Ferro con Taki, o meglio, la Vera Taki. Feci un cenno con il capo, malgrado - data la situazione che era venuta a crearsi, in seguito all'incendio che aveva attirato la guardia cittadina - non avevo avuto il tempo e la lucidità per escludere che la lettera avrebbe potuto prendere fuoco e, soprattutto, ero riuscito a registrare tutte le informazioni scritte su di essa, meno i nomi di altri samurai coinvolti.
    In parte avevo imparato a conoscere il Mizukage, il suo umore era come un cielo carico di nuvole tetre pronto ad esplodere in profondi rombi e saette per poi tornare silente. Così, infatti, superato e calpestato il legno che costituiva la scrivania e i fogli che ivi vi erano, mi redarguì con tono meno duro rispetto a quello che le sue azioni mi avrebbero potuto far immaginare.
    Dunque mi informò che aveva già avuto a che fare, in maniera indiretta, con la Signora di Taki. Guardai incuriosito la piccola ampolla di vetro contenente del sangue, indicatomi come suo modo per trasmettere informazioni e mantenerle segrete, il mio sguardo si alzò incuriosito aspettando il momento migliore per chiedergli maggiori informazioni su quel particolare metodo. Lui stesso, però, non era in possesso di informazioni precise su quella sfuggente figura, seppe darmi ben poche notizie sul suo conto: era un'esperta di fuuinjutsu ed era immanicata con persone potenti.

    Un lungo silenzio calò nello studio, il Mizukage sembrò chiudersi nei suoi pensieri studiando dall'alto la città di Kiri. In quel momento esplicitai la mia richiesta a Kensei-sama rompendo così la quiete, si avvicinò lentamente, percepii chiaramente la tensione alzarsi nello studio. "I Kiriani non pregano nessuno" Quindi con un colpo velocissimo mi colpì al viso, non ebbi il tempo di reagire ed incassai in silenzio. Era evidente che quel colpo era un rimprovero, non vi era la forza che già altre volte mi aveva dimostrato, sentii il gusto del sangue riempirmi la boccca mentre il mio sguardo non si muoveva dall'elmo del mizukage. Ascoltai impassibile le sue parole, non volevo dargli adito di criticare nuovamente la mia condotta, mi ero comportato effettivamente da stupido lasciandomi trasportare dalle emozioni e dall'urgenza.
    Non tremai quando posò sulle mie spalle la responsabilità circa l'eventuale fallimento di quella missione, dovevo continuare a dimostrargli di potersi fidare di me e del mio giudizio.

    Dunque, ricevuto l'ordine di comporre un team e muovermi alla ricerca della spada, feci un leggero inchino in sua direzione. Sarà il primo a ricevere tutti gli aggiornamenti del caso, Mizukage-sama rialzai lo sguardo Per quanto riguarda il team ho già in mente chi chiamare, prima però farò una tappa in Accademia per poter leggere i rapporti della guerra che ci fu con Taki e successivamente un rapido sopraluogo nei loro territori snocciolavo rapidamente il modus che avrei seguito: prima raccogliere più informazioni possibili e, in un secondo momento, eventualmente confermare i nomi che avevo in mente o cercare altri ninja a seconda della situazione che ci saremmo trovati ad affrontare. Un'unica domanda, signore con la mano annerita dalle ombre della Bakujira estrassi l'ampolla che mi aveva consegnato dal mantello Quali informazioni vi sono qui dentro e come posso raggiungerle? Mi feci zitto aspettando l'eventuale risposta

    Quindi, in seguito ad un ultimo cenno di riverenza, uscii a grandi passi dall'ufficio in direzione del porto dove, in precedenza, nella speranza che andasse tutto come volevo, avevo dato ordine di preparare una nave.
     
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    Scavare nel passato


    Capitolo Unico


    Atto III
    ... per trovare Ago. †



    Rimase stoico ed impassibile Youshi, quando la mia mano gelida lo colpì in faccia, facendolo sanguinare un poco. La marzialità che il Tokugawa tanto amava, dopotutto, non era a senso unico. Poteva fare lo squalo con tutti gli studenti che voleva, poteva agire coperto dal mantello delle squadre speciali con fare imperante e da bullo, poteva farsi beffa di qualsiasi genin passasse per i ranghi dell'Accademia, ma doveva ricordarsi che c'è sempre un pesce più grande. Ed a Kiri il pesce più grande ero io.
    Rimase inespressivo e freddo anche mentre esponevo il poco che avevo da dire. Ascoltò con rinnovata attenzione ciò che gli indicai. Quando poi il silenzio cadde nuovamente nella stanza comprese che aveva il permesso di esprimersi nuovamente. Sarà il primo a ricevere tutti gli aggiornamenti del caso, Mizukage-sama. Per quanto riguarda il team ho già in mente chi chiamare, prima però farò una tappa in Accademia per poter leggere i rapporti della guerra che ci fu con Taki e successivamente un rapido sopraluogo nei loro territori. Mi voltai, osservandolo, prima di parlare nuovamente. Bene. Passa pure dall'Archivio di Stato, potresti trovare altre utili informazioni. [Note]In sostanza, chiedi a Febh cosa puoi sapere che, per un motivo o per un altro, potrebbe sapere Kiri attraverso rapporti di ninja e cose varie. Avrai quei cartigli.
    Tuttavia non fu tutto. Youshi chiese un'ultima cosa: Un'unica domanda, signore. Disse, riallungandomi il filatterio che gli avevo porto. La mano con cui fece questo gesto, nera, era rimasta di quel colore dalle vicende dell'Abete. Non ne ero a conoscenza. Quali informazioni vi sono qui dentro e come posso raggiungerle? Incuriosito dalla domanda e, sotto un certo punto di vista inorgoglito, sorrisi impercepibile sotto l'Elmo, rispondendo, facendo tuttavia passare prima alcuni istanti. Il tuo braccio. Dissi, indicandolo con la destra. Non è ancora guarito dalle vicende dell'Abete. Credo sia il caso di indagare. Quando vorrai proveremo alcune cose: innanzitutto utilizzando qualche sensitivo, dopo di che alcuni rimedi erboristici e, in fine, qualche fuuinjutsu. In qualche modo risolveremo la situazione, che si tratti di una malattia, di una maledizione o di una qualche traccia di chakra corrotto dell'Arma. Detto questo, tornai con l'attenzione alla sua domanda. Per quanto mi chiedi, invece, è piuttosto semplice: vi sono contenute le poche parole di una anziana donna, quelle di una ninja di Konoha, ed alcuni miei pensieri sulla Signora di Taki. Sono quanto di più vicino possibile al rivivere l'esperienza diretta. Sono ricordi in vitro. Presi un secondo di pausa: il ricordo di mia madre così vecchia e di Ahri in coma furono un'ulteriore stoccata all'anima che a stento ressi. Ti basterà ingerirne una goccia per sapere quanto so io. Ma bada bene: solo perché sono io a volerlo. [Abilità]Arte della Conoscenza Scarlatta
    Arte: L'utilizzatore è in grado di far apprendere temporaneamente la competenza "Arte dei Filatteri" ad un ninja previa ingerimento di una goccia di sangue proveniente da un filatterio contenente il sangue dell'utilizzatore. I filatteri creati dal ninja che impara "Arte dei Filatteri" in questo modo sono leggibili anche dall'utilizzatore e viceversa. (¼ Basso per round di acquisizione)
    [Da genin in su]

    Nel filatterio trovi le informazioni sulla Signora di Taki venute fuori nella giocata "Il Dolore delle Stelle".
    Mi mossi verso la porta, mettendo la mano sul pomello. Se dovesse capitarti di ricevere nuovamente un mio filatterio, una volta ingerita una goccia del suo contenuto e compresa l'informazione, distruggi l'ampolla. Solo in questo modo renderai il sangue illeggibile a chiunque altro. Feci un piccolo gesto di ringraziamento, aprendo la porta. Ed ora va', Hidarite.
    Quando il Tokugawa lalsciò la sua stanza, il rumore metallico della serratura che si chiude risuonò forte nel corridoio dirimpetto al mio ufficio. Alcuni istanti dopo, dalla stanza, iniziarono a provenire grida furibonde e rumori di vetri, fogli e mobili distrutti. Dalla fessura sotto la porta una violenta luce azzurra iniziò ad alternarsi ad un profondo rosso cremisi.




    Chakra:
    Vitalità:
    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 650
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Difesa
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Azione
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    4: ///
    Slot Tecnica
    1: ///
    2: ///
    3: ///
    Equipaggiamento
    • Arto Artificiale Kiriano Avanzato × 2
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Tonico di Recupero Minore × 1
    • Tonico Coagulante Medio × 2
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1

    Note
    ///


    Parlato
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    Yakusoku

     
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    Gli Abiti della Nebbia


    Capitolo Unico


    Atto I
    Doveri Ciclici



    Anche chi non avesse mai messo piede in un palazzo amministrativo, anche se non avesse mai avuto il piacere di conoscere i dettagli della carriera o, più in generale, della vita subordinata, sapeva che prima o poi, dopo una serie di determinati eventi, le cose dovevano cambiare. Si doveva venir puniti per gli errori ed imparare da essi, specie se questi fossero stati reiterati e piuttosto plateali; al contempo, però, vivere rettamente secondo le proprie mansioni ed i propri doveri, meritava un elogio e, talvolta, un premio. E quel giorno queste idee non volevano lasciare la mia testa, insieme a molte altre ad esse collegate: era passato ormai un po' di tempo da tanti eventi nevralgici per il futuro di Kiri e dei suoi ninja e ogni giorno nuove sfide si presentavano figuratamente alle mura del paese chiedendo udienza e, talvolta, riscatto. Lo strano, quasi ironico, e mirabolante rivolgersi e torcersi del destino durante gli eventi della Bruma mi continuava a dare da pensare su numerosi fronti, uno dei quali era proprio un lascito di Itai, forse uno dei più importanti che un uomo possa lasciare sulla Terra al suo passaggio, e che ora si muoveva, inesperta e promettente, nella sua terra natia dopo un lungo e forzato periodo di lontananza; un altro pensiero che mi assillava costantemente, imperterrito e ripugnante, ed il peso che il mantello ed il cappello che portavo non potevano che appesantirmi gli oneri della questione: dovevo valorizzare i miei ninja e le loro capacità, dovevo far di tutto pur di renderli spietate macchine da guerra temute in tutto il continente. Per questo, oltre alla inflessibile, dura e fortificante educazione con cui venivano forgiati attraverso il rinnovato ed ammodernato rituale della Nebbia di Sangue, dovevo renderli dei moniti per tutti gli altri villaggi: dovevo mostrare come Kiri fosse il migliore ed il più virtuoso tra tutti i Villaggi Segreti ed i suoi ninja erano la migliore cartina tornasole per questo. Ma le dicerie, il chiacchiericcio, il sentito dire ed il timore reverenziale non bastavano - ed io lo sapevo bene! Io che più di chiunque altro avevo rinunciato alla mia identità per incarnare un simbolo, per muovermi come si muoverebbe l'impersonificazione di un'idea, per sobbarcarmi un messaggio, un valore, una perfezione formale e applicativa del potere, della giustizia e dell'immensa volontà connaturata nell'essere umano. Bisognava divenire simboli incarnati, essere reale manifestazione di ciò che si voleva comunicare. Le sembianze dei ninja kiriani doveva essere una vera e propria epifania per chiunque posasse gli occhi su di loro.
    Ed era arrivato il momento di rendere chiaro questo messaggio.
    Come l'ennesima di tante missive amministrative firmate di mio pugno, un cartoncino nero sigillato dal simbolo della Nebbia in cera ed accompagnato dalle artigliate unghie dei chirotteri di uno dei numerosi stormi ai miei servigi avrebbe presentato una semplice convocazione formale, scritta con inchiostro argenteo a Youshi, Fudoh, Etsuko, Akuraguri, Sekiro, Hideo e Jukyu Shinretsu. La mattina del giorno seguente, diceva la lettera, erano tutti attesi nel mio ufficio, al piano più alto del Palazzo Amministrativo. Tutti loro conoscevano quei luogo, chi per un motivo, chi per un altro: qualcuno lo avrebbe trovato però assai diverso dall'ultima volta in cui vi aveva messo piede. La stanza, ora, dava con una parete di vetro, su tutta Kiri, come un alto faro che osserva e controlla la spiaggia ed il mare tutt'intorno a lui; i mobili, gli scaffali, le teche, gli armadi erano tutti di fattura piuttosto scarna, priva di dettagli, spartana, spessa e ben solida anche al solo sguardo. L'ebano era l'unico mobile utilizzato e gettava un'aura tanto tetra quanto regale nell'ambiente. La scrivania, gigantesca e pesante, difficilmente spostabile anche per un ninja di alto livello, aveva uno scranno largo e robusto ma privo di fronzoli, piacevolezze e comodità: era una sedia, leggermente più grande di quelle che gli stavano dirimpetto - tante quante i ninja che avevo chiamato quel giorno -, e stava lì solo per far sì che io non sedessi in terra. Le dimensioni narravano il rapporto verticale tra me e chiunque avrebbe seduto dall'altra parte, studente, shinobi, Anbu o Kage che si trattasse. Le cose erano cambiate molto negli ultimi anni, per tutti. Ma, probabilmente, erano cambiate in meglio. Ma sarebbe stato ai posteri giudicarlo saggiamente.

    [...]

    Quando tutti giunsero nel mio ufficio, dopo averli invitati con un gesto della mano ad accomodarsi, poggiandomi leggermente alla dura scrivania avrei preso parola, squadrandoli ad uno ad uno col mio solito tutt'altro che affabile sguardo filtrato dal mio ferreo volto. Avete dimostrato ottime capacità in questi ultimi mesi. Ed è arrivato il momento che i vostri meriti siano riconosciuti. La testa si voltò sulla Nara rinnegata. Ma prima gradirei che qualcuno qui presente si presentasse. Il tono freddo e tagliente, alterato inumanamente dal meccanismo vocale che albergava nel mio Elmo, avrebbe ammesso poche repliche. Io so praticamente tutto su di te. Sei da sempre un'osservata speciale del Paese dell'Acqua; ma quello che realmente mi interessa, Jukyu, è sapere chi tu credi di essere. La fissai alcuni istanti, cercando la forza del suo sguardo. Prendi parola. Comandai, sinteticamente.
    Gli equilibri a Kirigakure no Sato, stavano per cambiare profondamente.




    Chakra:
    Vitalità:

    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 700
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 700
    Slot Azione
    1:
    2:
    3:
    4:
    Slot Difesa
    1:
    2:
    3:
    4:
    Slot Tecnica
    1:
    2:
    3:


    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note

    • [TS] Lama Insanguinata disattivata.
      - Basso a round per mantenimento.

    • [TS] Kirai Mugen Disattivata.
      - Unità d'Odio restati: 12.
      - Unità d'Odio extra generabili: 2.

    • Combattere con Handicap Attivo.
      - Numero di Round passati con l'equipaggiamento debilitate indossato: 0.

    • Assetto Gakutensoku: Nessuno.
      - 0 Round rimanenti al prossimo Cambio di Assetto.




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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Gli Abiti della Nebbia


    I

    Ero rientrata da quattro giorni quando ricevetti la convocazione dal Mizukage. Ero tornata direttamente nella vecchia casa dei miei genitori, in quella che abitavano prima di trasferirsi al palazzo del Mizukage. Non ricordavo minimamente né dove fosse, né come accedervi. Forse ero stata troppo avventata. Del resto ero stata davvero piccola quando avevamo traslocato. Una serie di fortunate coincidenze però riuscirono a farmi recuperare una chiave (lasciata da una vicina di casa in caso di emergenza e dimenticata per anni in un vaso portaoggetti, sepolta da innumerevoli minuterie). Avevo passato due giorni a pulire la polvere.
    Presi posto nella mia vecchia stanza, priva di qualsiasi mobile. Vi stesi un futon e mi poggiai su esso, mettendo le braccia incrociate a sostenere la testa. Ero stanca, sia fisicamente che mentalmente, per cui rilassarmi mi venne facile. E mentre piano piano scivolavo in un dormiveglia leggero, la mente, traditrice, tornò ad indugiare sui ricordi. I maledetti ricordi.

    Mi svegliai, di soprassalto, sentendo la gola serrarsi ed il cuore martellare all'impazzata. Non vedevo la stanza davanti a me, ma mio padre che si voltava, tenendo il cadavere insanguinato di Ayame tra le braccia. Non riuscivo a vedere l'espressione di lui. Presi a tremare, violentemente, tenendomi con la mano sinistra il petto mentre con la destra cercai affannosamente qualcosa sul comodino.
    Era un kunai. Un singolo kunai, che presi con la mano sinistra (ero mancina, del resto) cercando fi fermare i tremiti. Lo impugnai, guardandomi l'avambraccio destro.
    La faccia volare era un continuo di tagli. Dal polso a metà strada fino al gomito, si sommavano molteplici ferite. Alcune già cicatrizzate, altre fresche, e tutte le vie di mezzo. Lacrime iniziarono a cadermi dagli occhi, sentii l'odio per ciò che stavo facendo combattere con la necessità di doverlo fare, con la pulsione inspiegata che mi richiamava a ferirmi per calmarmi. Poi, calai il coltello.
    Un singolo taglio orizzontale, né troppo profondo da essere pericoloso, né troppo leggero da non far male. Un rivoletto di sangue ne uscì ma si asciugò sulla pelle prima che potesse gocciolare sul futon. Gemetti per il dolore, ma subito dopo sospirai di sollievo, mentre ritrovavo il controllo di me.
    Non posso andare avanti così mi dissi. Non è normale, non è sano... Ma non mi sarei fermata. Quella strana forma di autolesionismo era l'unica cosa in grado di tenerla ancorata alla realtà. Per qualche ragione a lei non chiara. E più si feriva, più si rendeva conto di non poter cancellare quella sensazione di morte incombente senza quel dolore.



    Non avevo dubbi che la notizia del ritorno della figlia del nono Mizukage sarebbe giunta presto alle orecchie del Decimo. Aveva intenzione di presentarsi lei stessa, ma era stata anticipata sul tempo. Mi preparai per uscire ed essere perfettamente puntuale. Misi la fascia attorno al braccio destro, dalla spalla alla punta delle dita, nascondendo completamente qualsiasi ferita sotto un accessorio che avrebbero potuto indossar tutti.
    Mi richiusi la porta alle spalle e percorsi strade famigliari, dirigendomi verso il palazzo dell'Amministrazione. Verso l'ufficio di mio padre.
    No.
    Non era più l'ufficio di mio padre.
    Avevo passato lì dentro molto tempo, specie dopo che il mio precoce talento era esploso. Itai tendeva a tenermi più vicino a se, a darmi lezioni quando non era impegnato con altro. Sarebbe stato strano ritornarvi senza trovarlo lì, dietro la scrivania, con Yogan in forma umana al suo fianco. Pensai con nostalgia a Yogan, che per prima si era accorta della mia precocità nelle arti ninja. Probabilmente era in giro mio padre.
    Quei pensieri accompagnarono i miei passi fino al Palazzo, che guardai da piano terra con aria di sfida. Non ero lì per pensare ad Itai Nara, ma a me stessa, ed al mio futuro. E dato che certamente il mio essere sarebbe stato definito dalla sua ombra ingombrante, quel primo momento doveva essere il primo decisivo passo verso la mia autodeterminazione.

    Il Decismo Mizukage era Kensei. Lo ricordavo, vagamente, e ricordavo che quando ero bambina mi faceva paura. Con il suo elmo, la sua voce metallica e la sua aria tetra. I pensieri semplici di una bambina, del resto, non comprendevano altri tipi di timori. Quelli che provavo in quel momento. La consapevolezza di essere al cospetto con il ninja più forte di Kiri.
    Avevo abitato sotto lo stesso tetto del "ninja più forte" per tutta la mia vita. Ma non avevo mai pensato a quello, anche quando ero diventata una Kunoichi. Itai era mio padre, non mi avrebbe mai fatto del male. Non volontariamente. Kensei aveva il potere di farlo, l'autorità di imporlo e l'aria di chi non avrebbe avuto rimorso.
    Parlò, e per prima cosa, con mia sorpresa, si rivolse a me.
    Sentii gli sguardi di tutti su di me, e li trovai fastidiosi. Istintivamente il braccio sinistro strinse il destro, quasi avessi paura che quegli sguardi potessero penetrare gli strati di tessuto e scoprire il suo segreto.
    Non abbassai lo sguardo, sostenni quello del Mizukage. Io, osservata speciale?
    Pensavo di essere solo la figlia di... di Itai Nara dissi, avendo quasi difficoltà a pronunciare quel nome. Chissà come avrebbero reagito gli altri. Dubitavo avessero sospettato la mia reale identità. Non sapevo di essere un'osservata speciale. Ma Mizukage-sama, se mi chiede cosa sono, io non so risponderle davvero. A quel punto, abbassai lo sguardo. So solo di essere una Kunoichi di Kirigakure no Sato. Con tutto ciò che questo comporta. Sono... troppo giovane, me ne rendo conto bene. Devo crescere, definirmi, trovare la mia strada. Ma qualsiasi strada sia, è qui, in questo Villaggio. Non lo abbandonerò come ha fatto mio padre. Ed a quel punto, rialzai lo sguardo. Una gelida furia brillava nei miei occhi. Perché tutto ciò che avevo detto era vero, animato dal più sincero dei propositi. Itai, distrutto, avevo abbandonato tutto. Kiri e me. E lo odiavo per quello. Lo odiavo tanto quanto l'avevo amato come padre per tutta la mia vita. E non avrei ripetuto gli stessi, stupidi e tragici errori.


     
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    a Rapporto


    I

    Quando non mi trovavo al di fuori dei territori di Kiri, per missioni o ricerche personali, ero solito trascorrere il mio tempo all'interno della sede della Mano Nera. Avevo da poco finito una sessione d'allenamento e, all'interno di uno stanzino sotterraneo, studiavo i rapporti riguardanti l'invasione di Cantha e lo scontro, avvenuto al Tempio, tra Seinji, Akira, Ryuu e Keiji Kagome. Era quell'ultima figura, infatti, ad avere attirato il mio interesse, c'erano state diverse informazioni che lo riguardavano e che avevo raccolto in molteplici occasioni: prima di tutto, il mio interesse nasceva dal fatto che non sapessi nulla su di lui e, considerato il ruolo avuto durante il kagecidio, la cosa mi sembrava quanto meno particolare soprattutto scoprendo la mancanza di informazioni che, in un secondo momento, una volta iniziate le ricerche, scoprii esserci su di lui; in secondo luogo, era coinvolto nell'omicidio avvenuto diversi anni prima sulla scogliera di Kiri le cui dinamiche e motivazioni erano state palesemente insabbiate, improbabile, infatti, che dei lupi lasciassero dei segni come quelli riportati sulla vittima e segnalati nel rapporto firmato da Akira in persona; a ciò si aggiungeva il fatto che fosse il precedente proprietario di Unagi, la spada ora in possesso dell'attuale Mizukage, ma non trovavo la data precisa in cui era avvenuto il passaggio all'interno dei documenti in cui si è soliti segnare quel tipo di eventi. Insomma, sembrava vi fossero una serie di briciole che tracciavano un sentiero verso quella figura, ma che si perdevano in un alone di oscurità determinato dalla mancanza di documenti su di lui, cosa particolare considerata la precisione con cui i segretari della Mano Nera erano soliti catalogare gli avvenimenti all'interno del Paese della Nebbia.
    La mia attenzione si era soffermata sull'evidente mancanza di diverse pagine all'interno di un fascicolo, che passavano da due a cinque, quando venni interrotto da uno dei pipistrelli della Baronessa che fece capolino dalla porta. Aprii la lettera che portava con sé e lessi il contenuto rapidamente, quindi la richiusi appoggiandomi sullo schienale della sedia e passando la mano sul mento. La convocazione era stata fissata per la mattina seguente nell'ufficio del Mizukage, nulla anticipava quali sarebbero stati i punti del giorno, ma la cosa non mi stupì: Kensei-sama era solito riferire le cose a voce per assicurarsi che le sue direttive venissero comprese in tutte le sue sfumature. Scrocchiai il collo, controllando l'ora e riprendendo la lettura dei fascicoli recuperati negli archivi delle squadre speciali. [ Nota Come accennavo al Robatayaki, mi piacerebbe giocare un'indagine sulla figura di Keiji. Magari potresti cogliere l'occasione e darmi qualche informazione in più su di lui. Banalmente non so come, a livello ufficiale, sia morto ne quando]

    [. . .]

    Il mattino seguente apprezzai la coltre di nebbia che, alle prime luci dell'alba, filtrava i raggi del sole sulla città di Kirigakure no Sato. Mi sentivo più a mio agio durante la notte e, per questo, rifuggivo la luce solare, quindi qualsiasi evento atmosferico che la smorzasse era sempre ben accetto. Conclusi gli allenamenti mattutini, fatta una rapida doccia e indossate le mie solite vesti, mi diressi verso l'amministrazione muovendomi calmo tra le strade del villaggio. Non venni trattenuto da guardie o altri lavoratori degli uffici: erano, d'altronde, piuttosto abituati a vedermi andare a colloquio con il capovillaggio.
    Quando varcai la porta dell'ufficio del Mizukage rimasi leggermente interdetto nel trovare una kunoichi che non avevo mai visto, i motivi della sorpresa - sebbene poco era stato lasciato trapelare dalla mia espressione - erano semplici: non sapevo che erano stati convocati altri ninja, cosa che potei notare dalla presenza delle sette sedie dirimpettaie la scrivania del Kage, ma, soprattutto, non conoscevo minimamente quella ragazza. La cosa mi incuriosì, considerato che, dato il mio ruolo all'interno della Nebbia di Sangue, ero solito - se non direttamente, quanto meno indirettamente tramite i rapporti del villaggio - essere a conoscenza dei genin o, comunque, dei futuri ninja del villaggio.
    Il mio occhio si posò placido verso l'elmo di Kensei-sama e, con un leggero - ma non per questo meno sentito - cenno del capo, gli rivolsi i miei omaggi. A rapporto, Mizukage-sama Dopo di che mi feci zitto, posizionandomi in piedi dietro allo schienale di una sedia attendendo sia gli altri ninja convocati che le spiegazioni per quella chiamata.

    Il capovillaggio prese parola una volta che tutti si fossero presentati nel suo ufficio e dopo averci invitato a sederci, tirai leggermente il labbro obbedendo ai suoi ordini: avrei preferito decisamente rimanere in piedi, la situazione doveva prevedere che rimanessimo in piedi al suo cospetto, perché invitarci ad accomodare? Comunque sia, malgrado non apprezzassi quell'abbassamento di tono, obbedii. Le sue prime parole mi riportarono alla memoria lo scontro avvenuto nell'isola ghiacciata di Genosha con Fudoh, là, infatti, concluso il combattimento ci aveva promesso che saremmo stati convocati in amministrazione a seguito della nostra buona condotta. Un leggero sorriso si aprì sulle mie labbra: per indole non si allontanava molto dal mio maestro, entrambi non riuscivano a perdere il tono duro e severo nemmeno in quei rari momenti di lode, mi sarei proprio divertito nel vedere come avrebbe riconosciuto gli sforzi dei suoi ninja. Prima di fare ciò invitò la ragazza a presentarsi agli altri ninja presenti nell'ufficio, non le mossi uno sguardo finché non dichiarò la sua semenza: era la figlia del precedente Mizukage, Itai Nara. L'uomo a cui, diversi anni prima quando mi aveva concesso l'onore di entrare nella Mano Nera, avevo promesso che ne sarei divenuto l'ombra, ma, per volere del destino, fu del suo successore che ne divenni un fidato ninja. Rimasi impassibile ascoltando le sue parole con rinnovata curiosità, se da una parte apprezzavo il fatto che si ritenesse una kunoichi di kiri, dall'altra non capivo perché continuava a definirsi giovane, troppo giovane. Come mi aveva insegnato Ossuri-sensei durante i miei allenamenti, gli shinobi non hanno età se non il calcolo degli anni di addestramento. Le rivolsi un ultimo sguardo cercando di decifrare, dalle fattezze e della prossemica con cui si rivolgeva a noi, l'età e la maturità della ragazza e non mi sembrava essere molto minore di quando suo padre mi aveva accolto nelle squadre speciali, ma, effettivamente, la mia strada era stata segnata da altri fin da quando ero piccolo e i miei obiettivi chiari fin da subito. Era comprensibile, allora, che la ragazza si ritenesse troppo giovane. Comprensibile sì, ma non condivisibile, la giovane età non era ciò che la limitava, lo erano le esperienza, proprio come lei stessa aggiunse poco dopo.
    Il mio sguardo si mosse verso l'elmo di Kiri, le labbra si schiusero in un sorriso divertito e violento, il Rito avrebbe aiutato la ragazza a trovare la sua strada e, oltretutto, avrebbe soddisfatto la mia curiosità nel vedere combattere la figlia del celebre Itai Nara.
     
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    Scheda di Etsuko della Nebbia

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    Convocazione


    i figli di Kiri



    Il vapore acqueo saliva dalla superficie piatta della jacuzzi, sul terrazzo della tenuta Akuma che affacciava sul golfo di Kiri, la vista nelle giornate soleggiate era spettacolare, ora la figura che riposava, godendosi il torpore dell’acqua, pregustava un tramonto di quelli che solo il villaggio della nebbia poteva offrire. Il sole iniziava a scendere sulle nuvole frastagliate all’orizzonte, colorandole prima di un rosso intenso, per poi sfumare su un pannello cromatico che dal violaceo andava al rosa tenue per poi sparire all’orizzonte e lasciare spazio alle tenebre.
    E proprio l’ascesa delle tenebre avrebbe portato un repentino cambio d’umore dell’uomo, tant’è che l’acqua che sino a poco prima gli aveva dato sollievo, ora bruciava le carni e gl’occhi pulsavano in modo petulante, rimbombando, quasi volessero uscire dalle orbite, un dolore atroce che l’uomo avvertiva tutto, in ogni singolo nervo fino a giungere nella sua testa. Che fosse reale oppure no, non importava, ciò che importava era che fosse tremendamente doloroso e mentalmente debilitante.
    Così cominciò ad agitarsi, increspando la superficie dell’acqua che sino a poco prima era placida. Tutto durò una manciata di secondi, lunghi come secoli per il kiriano, come se fosse assorto in un’altra dimesione, una dimensione che troppo spesso nell’ultimo periodo l’aveva inghiottito. Tutto era cominciato alle mura con l’arrivo del kage della foglia… era stata in quell’occasione che il diavolo nero Masamune aveva fatto la sua comparsa, facendo breccia nelle abilità del kiriano e attingendo al suo potere e da quel momento era come se un pezzo di lui fosse ancora nella sua testa e ogni tanto riaffiorava come un brutto ricordo, difficile, anzi impossibile da cancellare.
    Si toccò le iridi, premendo in cerca di sollievo… poi si lasciò scivolare immergendosi nell’acqua, alla ricerca di silenzio, alla ricerca di pace… cercando di essere lui, in quel momento a scegliere la dimensione in cui essere… come se potesse farlo. Come se potesse sfuggire ai problemi, ai guai che sempre troppo veloci lo rincorrevano e per la prima volta in vita sua, desiderò di non essere SOLO. Desiderò una spalla sulla quale appoggiarsi, delle braccia che potessero sorreggerlo quando non riusciva a farlo da se, desiderò semplicemente qualcuno che potesse osservarlo… oltre i suoi occhi… e CAPIRLO.

    EDIFICIO AMMINISTRATIVO

    Camminava lungo i corridoi amministrativi, all’ingresso aveva salutato i funzionari con un cenno del capo e un cordiale sorriso, per poi iniziare a salire, là dove il Mizukage l’aveva convocato. Non erano chiari i motivi del perché fosse lì, ma presto avrebbe dissipato ogni dubbio. Era a pochi metri dalla stanza sita all’ultimo piano dell’edificio amministrativo, il sole delle finestre illuminava a tratti il pavimento ed Etsuko l’osservava ancora perso nei suoi pensieri. Sul suo viso ancora i segni di una notte insonne, un piccolo accenno di occhiaie, mascherato con abilità dalle creme che usava per mantenere il suo aspetto sempre fresco e giovanile a contornare un viso dai lineamenti stupefacenti. Era bello e sapeva di esserlo e con orgoglio mostrava la sua bellezza.
    La giacca dalle decorazioni quasi regali, esaltava le spalle e cingeva il busto snello, lo jabot in stile neoclassico legato al collo, cadeva sulla chiusura della giacca con al petto e addome ornamenti militari, l’orecchino sul lato sinistro disegnava l’orecchio, donandoli una linearità a punta, quasi elfica e un ciondolo, un cimelio di famigli, cadeva pendente. Fù cosi che si presento agl’occhi dei presenti, varcando la soglia.



    Fu investito dalla luce proveniente dall’esterno, l’ampia vetrata era un faro su Kiri, nonché punto d’osservazione altamente strategico. Lo stile dell’arredo era pesante, classico, quasi legato al medioevo occidentale. D’altra parte rispecchiava esattamente quello che presentava agl’occhi del popoli Kensei, che ora sedeva sul suo scranno, dietro ad una scrivania ampia in legno di mogano, che faceva da padrona in quello studio.
    Non erano soli, le presenze della mano nera di Kiri, Youshi e della kunoichi Jukyu che scoprì in seguito essere la legittima figlia del nono, ne erano la prova così come le restanti quattro sedie vacanti.
    Quando tutti furono presenti, ascoltò con attenzione le parole del Kage. Parole di encomio per le azioni perpetuate negl’ultimi periodi. Il Kiriano però non avvertiva di aver fatto nulla di encomiabile e diverso dal solito in quel lasso di tempo. Ma non intervenne per capire dove Kensei volesse arrivare. Lo conosceva e non era solito lasciarsi andare a complimenti e riconoscimenti se non per ottenere qualcosa in cambio. ed ora era lì nell’attesa di capire…
    Cosa voleva in cambio il Kage? E cosa era disposto a dare ai suoi figli?

    Etsuko Akuma, come richiesto son qui al servizio.



     
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    Falce dei Kaguya


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    Riunione


    Sette Sedie ed una Poltrona



    Era una giornata come tante in ospedale a Kiri: avevo fatto il solito giro dei pazienti, chiacchierato un pò con quelli che venivano più spesso da quelle parti per talune terapie o controlli, disquisito con i vari dottori ed infermieri delle strategie terapeutiche da portare avanti, restando molto sul vago per il caso del Terumi con la dissenteria, con spiacevoli problemi extra legati alle abilità del suo clan.
    Ma sto divagando, scusate.

    Dicevo: era stata una giornata normale ed ero infine tornato nel mio ufficio da Primario lì in ospedale, che era anche la mia abitazione, sulla mia poltrona girevole con ruote e stavo usando il mio controllo del chakra naturale-gravitazionale per spostarmi avanti ed indietro per l'ufficio.
    Lo so, lo so cosa pensate: "Ma Fudoh! Sei il Primario dell'ospedale di Kiri, se aprissero la porta e ti trovassero a giocare sulla tua poltrona?"
    Non è un comportamento serio, lo ammetto, ma era il modo migliore per non riflettere sul problema che mi rodeva negli ultimi mesi.
    Tutti potevano chiamarmi "Fudoh", persino "Dottor Fudoh" o "Fudoh-san", ma come avevo scoperto a Tsuya, io ero una Terza Generazione degli Dei Guerrieri, le cosiddette Armi di Iwa, ero "Sangue degli Dei": al pari dell'Isola dell'Abete, ero la prigione, di una parte, di una gigantesca arma di distruzione di massa. Da qualche parte c'erano anche altre due prigioni dello stesso Dio Guerriero... avevo dei fratelli (o sorelle, da ciò che avevo visto a Tsuya).
    Inoltre, io non ero nato, ero stato creato.
    Tutte cose che mi davano non poco da pensare, chiedendomi esattamente quale dei restanti Dei Guerrieri fossi, ma, più di questo, io ero un medico e come tale volevo guarire gli esseri viventi (tranne i demoni bianchi che infestavano le coste e le strade di Kiri), compresa la Seconda Generazione: volevo ritrovare le altre Armi, i miei antenati, e curarli... liberarli!
    Anche se il Gashadokuro aveva dimostrato che non sempre tendevano ad essere riconoscenti di tutto ciò.
    Avevo pochissime tracce su dove si trovassero gli altri, giusto qualche informazione sul Kappa datami da Yato-san, ancora meno sapevo, soprattutto, di me stesso: come facevo ad avere ricordi solo degli ultimi otto anni, o poco più, dimostrarne diciotto ed essere la prigione di qualcosa che era stato sigillato circa tremila anni prima?

    Quindi, per non pensare a tutto questo, ed al fatto che la più plausibile traccia poteva essere ad Iwa, passavo il mio tempo libero a spingermi avanti ed indietro, con il mio controllo del chakra gravitazionale-naturale, sulla mia bella sedia girevole.

    Questo almeno, finché non sentii i soliti urli in giro per l'ospedale, che indicavano l'arrivo di uno dei pipistrelli messaggeri di Elmo-san.
    Non tutti si abituano facilmente ad un pipistrello che entra in ospedale e svolazza per i corridoi, almeno avevo spiegato alle infermiere di non cercare di scacciarli.
    Così, sceso dalla mia poltrona, andai ad aprire la porta, trovando il pipistrello che ci sbatteva contro, per bussare. Vi ho visto, che potete prendere anche forma umana, voi pipistrelli, non sarebbe più comodo per bussare?, avrei chiesto al chirottero, ringraziando poi per la missiva.
    Quando il topo alato avesse lasciato l'ospedale, avrei, come sempre, controllato che non fossero rimaste tracce di guano a segno del suo passaggio. Prima o poi devo segnalare ad Elmo-san la mancanza di igiene in questo sistema di comunicazione.

    Finito l'ulteriore giro di controllo, sarei tornato nel mio ufficio ed avrei aperto la missiva: una convocazione per l'indomani a Palazzo.
    Chissà di che si tratta? Qualche missione? Qualche ulteriore lagna filosofico-etica sulla giustizia kiriana?, validi timori, se volete sentire il mio parere. Ad ogni modo, avrei scoperto il tutto l'indomani.

    [...]

    Quando arrivai nell'ufficio di Elmo-san scoprii che la riunione era abbastanza globale: c'erano ben sette sedie al di qua del tavolo del Juudaime e poi l'Inquisitore stesso dall'altra parte, con le spalle che davano su una gran bella e gigantesca vetrata, unico elemento di buon gusto in tutta la stanza.
    Bella miglioria! Meglio del resto del mobilio., ovviamente tenni quel pensiero per me e, semplicemente, feci un inchino verso Elmo-san: Mizukage-sama, come richiesto, sono a rapporto., avevo sentito parte delle parole di chi era arrivato prima di me, quindi più o meno seppi cosa dire.

    Poi, mi voltai verso gli altri presenti: Youshi-san, Etsuko-san, piacere di rivedervi., avrei salutato i due chunin, quindi avrei guardato la ragazzina che mi risultava del tutto sconosciuta.
    Sapete, mi passò per la mente la tizia di Azumaido che avevo conosciuto l'ultima volta che ero stato in quello stesso ufficio, ma decisamente non ci somigliava, esclusi di conoscerla, di conseguenza e per ogni buona educazione, feci un leggero inchino anche verso la suddetta sconosciuta: Fudoh di Kiri, piacere., avrei detto semplicemente, prima di prendere posto.

    Come vi dicevo, c'erano sette sedie, noi eravamo in 4, poco dopo arrivarono anche gli altri elementi che avevano partecipato alla missione alla Bruma: lo spadaccino dal nome improponibile del clan di Elmo-san, il tizio strambo con una mano ed il ragazzino con i piercing.
    Non c'era traccia di Akira-san, o dello Sciamano-sama, fortunatamente considerando il demone che teneva sulla testa.
    Fu a quel punto che l'Inquisitore-san iniziò il suo discorso accennando a qualcuno che aveva dimostrato ottime capacità e che meritava che fossero riconosciute, poi si concentrò sulla ragazzina ignota, che risultò chiamarsi Jukyu e si presentò come la figlia di Itai Nara.

    Ammetto che ci misi un pò a ricollegare quel nome, tant'è che mi persi il resto del suo discorso di presentazione, ma alla fine ci riuscii: era quello che dovevamo salvare assieme a Meika-sama alla Bruma (tralascio di ricordarvi com'è finita)!
    Era la figlia del predecessore di Elmo-san.
    Ok., pensai con una scrollata di spalle, poggiandomi meglio su quella sedia ed attendendo di capire chi dovesse avere cosa riconosciuto lì in mezzo fra gli altri e se mi sarei dovuto sorbire un'altra disquisizione su giustizia kiriana e teorie affini.
     
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    Gli Abiti della Nebbia


    La Chiamata



    Tranquillità, una sensazione che ben poche volte avevo provato nelle ultime settimane ma che ora sembrava potesse tornare da me. Mi trovavo nella cantina del Robatayaki completamente in silenzio e al buio in modo da stare solo soletto con me stesso, un ottimo modo per meditare qualche minuto senza che nessun elemento esterno potesse disturbarmi. Senza accorgermene però il meditare diventò molto presto..una bella e profonda dormita. Ormai non dormivo bene da molto tempo.. ve lo avevo raccontato no? sogni strani che mi svegliavano ogni notte e la voce di quel sensei non voluto che continuava a trapanare le mie meningi..Beh per fortuna questa volta sembrava volesse lasciarmi in pace perchè fu la prima dormita che effettivamente riuscì a rifocillare le mie membra. Dopo alcune ora finalmente riaprii gli occhi in un luogo ben lontano da quello oscuro in cui mi ero addormentato, nuovamente rinchiuso in quell'oblio di nulla in cui ormai venivo catapultato ogni notte. Questa volta però qualcosa era diverso, le sensazioni che provavo si erano tramutate completamente in paura.. paura per ciò che stava passando davanti alle mie retine in quel momento. Corpi grigi e senza volto si lamentavano in un sinistro silenzio contorcendosi per miglia e miglia davanti a me. Cos'era quella visione? a cosa stavo assistendo di preciso?! Ad un tratto poi nuovamente il vuoto.

    Aperti nuovamente gli occhi cercai subito l'interruttore per accendere la fioca luce in quella che ormai era diventato il mio stanzino. Ero sudato e sentivo freddo, anche s la temperatura era nella norma per quella giornata di settembre. Mi guardai attorno alla ricerca di quelle visioni ma per fortuna nulla era più presente, erano tornate le mie cose, il mio equipaggiamento e, in due teche di vetro, i due mondi soggetti alla mia volontà. Gli occhi di bianca e quelli di Shitto erano rivolti verso di me, come se nel sonno avessero cercato di raggiungermi ed aiutarmi..che i miei poteri si fossero attivati a mia insaputa? troppo domande ancora mi cingevano la mente e poche risposte potevo trovare in quel momento. Notai sul tavolino di legno scuro la missiva che mi era arrivata da poco..Finalmente il Mizukage voleva vederci..Sarebbe arrivato finalmente il momento di scoprire qualcosa in più su tutto questa storia e forse proprio per questo i sogni si stavano facendo ancor più insistenti?

    Entrai nell'edificio dell'amministrazione con passo pesante e con la stanchezza che mi portavo dietro, completamente sciupato da tutto ciò che stava accadendo. quella piccola camminata mi aveva fatto sudare più del solito. Kazuma, un amico, mi notò da lontano ma lo ignorai completamente..Dovevo avere le mie risposte e quei sogni dovevano sparire dalla mia testa, l'unica cosa che mi faceva andare avanti era quello. Una volta che entrai nella sala del Mizukage non feci minimamente attenzione ai cambiamenti della sala ma notai le varie sedie, palesemente messe li per ospitarci. Alcuni ninja erano già arrivati, Youshi..Fudoh..Etsuko..persino una ragazzina che non avevo mai visto era li di fianco a noi e con il passare del tempo si unirono anche tutti gli altri ninja che avevano partecipato alla spedizione contro la bruma. Mi sedetti senza guardare in faccia nessuno se non Kensei stesso. Di li a poco il Kage inizio a parlare e a riferirsi direttamente alla sconosciuta ragazza, non che mi importasse molto il loro discorso ma faticavo a seguirlo..in realtà faticavo a seguire qualsiasi discorso in quel momento.. Sentivo le ultime due dita di ogni mano iniziare a formicolare e minuto dopo minuto respirare diventava sempre più difficile. Non avevo mai provato delle sensazioni simili e iniziai a sudare freddo e a muovere le dita sulla coscia in modo spasmodico e scocciato dalla situazione. Da quello che capii la ragazza era una discendente di un vecchio Mizukage e nulla di più, ma tutto ciò non era importante al momento..Quando le intere mani stavano formicolando ancora aspettavo che Kensei parlasse di quello che era successo ad Azumaido..e che desse qualche spiegazione in merito al ragazzino dai capelli del colore del sole. [Note]Visto che mi dai gli Horcrux io faccio un po' il pazzo come Harry quando vede le visioni di Voldemort e va da Silente <3


     
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    Gli Abiti della Nebbia


    ~I~



    Di Padre in Figlio



    Quando il Tasso Testa Nera scoprì di essere rimasto vittima degli stessi rapimenti che fino ad allora aveva così efficacemente compiuto, ormai era troppo tardi. Arreso, distrutto e col rancore e la rabbia nel cuore, in primis verso sé stesso, l'assassino era immobile davanti alla tomba... la tomba di suo figlio... uno dei tanti esperimenti falliti di quei monaci dalla tunica arancio. Le girandole giravano senza sosta, lassù, al vento impetuoso che imperversava tra le fronde dei monti sopra Ashina... lassù, sul Monte Kongo, qualcuno poteva ancora sentirli ridere e correre spensierati... i bambini delle Acque del Ristoro.
    Doveva passare per quei lidi uno shinobi senza un braccio, perchè colui che una volta faceva parte dei Ratti, si decidesse a schierarsi apertamente contro coloro che erano stati i suoi mandanti.
    Il Tasso Testa Nera... lo spietato mercenario che alla fine perisce sotto i colpi del fuoco Rosso del Governo Centrale, solo per far scudo col proprio corpo ad un bambino che passava da quelle parti...
    Il Tengu di Ashina, dall'alto della sua ronda, quella volta, forse, sarebbe riuscito a distingue un Tasso da un Ratto.


    mibu_pulgrimage_balloon-quick-item-sekiro-wiki-guide



    A Tenkichi, da Tasso.



    La scritta scarabocchiata sulla Sfera Mibu era quasi del tutto svanita. Il freddo della bufera in corso faceva cadere e depositare, sopra quel pallone dai colori dell'arcobaleno, riempito con acqua ritenuta benedetta, granuli di neve che opacizzavano l'unica prova al mondo che, sì, Tasso e Tenkichi, un tempo erano davvero esistiti.
    Il suo Signore, Kusabimaru, era saldamente piantato nel suolo ghiacciato. Lo shinobi era inginocchiato davanti alla spada scintillante, come se stesse in riverenza di fonte a una persona in carne ed ossa. Testa bassa, con la destra teneva quel ricordo tanto fragile e prezioso. Una leggera pressione. La Sfera del Pellegrino scoppiò con un tonfo sonoro. L'acqua che ne uscì, acqua presa direttamente durante il Pellegrinaggio alla Fonte del Drago, si cristallizzò in un istante, trasformandosi in una cascata di brina che parve fermare il tempo per sempre. L'attimo di Tenkichi e Tasso. L'attimo che si ripete in eterno, segnato dal costante roteare delle girandole sul Monte Kongo. In eterno. Quei cimeli sarebbero durati in eterno.
    La carta che racchiudeva il liquido giaceva per terra. Quei colori vividi risaltavano tra il bianco di Azumaido. Il Santuario Kenkichi sarebbe stato un ottimo riposo per il padre ed il figlio. Così, almeno, aveva deciso. Seppellì l'involto del pallone nella neve, davanti a quel disperso luogo di culto. Si dice che se si viene bagnati dall'acqua benedetta racchiusa in una sfera Mibu mentre si prega, il fortunato possa ricevere ogni sorta di vantaggi. Che quella benedizione allora possa tornare a chi in origine era destinata...

    Riposate in pace.


    Il Lupo estrasse Kusabimaru dalla neve, destato improvvisamente dal sopraggiungere di un silenzioso battito d'ali. Dalla parte posteriore delle sue vesti poteva intravedersi una specie di meccanismo oblungo penzolare, avvolto in uno strato di logori panni.
    Un pipistrello. Giungeva il messaggero come angelo oscuro inviato da un Fantasma. No, decisamente, non era Kyofu...

    […]



    Un Pellegrino venuto da lontano varcava l'enorme cancello dell'Amministrazione di Kiri. Il ritorno dall'isola gemella di Genosha era durato più del previsto. I guardiani, i suoi compagni... non sarebbe stato facile riconoscerlo. Un ninja dal volto rude, con barba incolta, un mantello arancio lacero e vesti grigie consumate, si sarebbe palesato nell'ufficio dell'altro suo Signore: il Kenkichi di Ferro. Il Fantasma di Azumaido.
    Perchè aveva intrapreso quel viaggio? La sua spada ritrovata, Kusabimaru, ormai corpo metallico del Signore suo originario, Kuro-sama, l'Erede Divino, aveva smesso da tempo di parlargli. Quel drago ributtante era entrato in lui e doveva aver interferito in qualche modo con il legame che si era appena ricreato col suo passato. Il Drago Divino non poteva di certo essere imparentato con quell'essere...

    Mio Signore, di nuovo rispondo alla sua chiamata.

    Come sempre inchinato, come sempre pronto, come sempre disposto a sacrificare la sua vita perchè la volontà che lo manovrava potesse raggiungere i suoi scopi.
    Sette sedie nere come la notte e sette shinobi seduti al di sopra di esse. Li conosceva tutti.
    La Pantera lo aveva quasi ucciso a Genosha. L'Ombra gli aveva fatto ricordare quanto le illusioni della Falena potessero essere terrificanti. Il Ghepardo gli aveva mostrato come superare i propri limiti. A completare il quadro v'erano poi un altro disperso Kenkichi con il quale non aveva mai approfondito la conoscenza ed il Primario di Kiri, che, durante la missione alla Bruma, era sparito quasi subito.
    In effetti c'era qualcuno che il monco non aveva mai visto. Nascosta dall'imponenza di quei temibili guerrieri, una piccola creatura fece capolino alla chiamata del Mizukage.

    Io so praticamente tutto su di te. Sei da sempre un'osservata speciale del Paese dell'Acqua; ma quello che realmente mi interessa, Jukyu, è sapere chi tu credi di essere. Prendi parola.

    Una giovane ragazza dai capelli neri, con sguardo deciso e scontroso, lanciato tramite occhi che facevano da medium fisici, perle verdi incastonate in seta bianca come il latte, iniziò a parlare.
    Ella era la figlia del precedente Mizukage. Tuttavia, non sapeva nemmeno lei chi fosse realmente. Aveva abbandonato, a quanto pareva, ogni legame col passato ed ora la vita, impassibile, la trascinava di nuovo nel gorgo, in un mulinello irrefrenabile verso la fine che attende ogni essere. Il Villaggio, però, sembrava poter essere per lei un buon punto di partenza da cui spiccare il balzo.
    La storia continuava. Di padre in figlio.

    Il Lupo ed il Gufo.
    Tasso e Tenkichi.
    Jukyu ed Itai.




     
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    Gli abiti della Nebbia


    Facce conosciute


    Non era la prima volta che veniva convocato in amministrazione. Non la prima e, molto probabilmente, non l'ultima, il giovane pensò, quando il solito pezzo, nero pece, di cartone, si presentò alla sua porta, con un messaggio lapidario ma chiaro. Bisognava presentarsi, il mattino del seguente giorno, al piano più alto dell'Amministrazione, nell'ufficio del Mizukage. La lettera, se così si poteva chiamare, non rivelava chi altri fosse stato convocato, o il motivo di tale riunione, ma Akuraguri immaginava che, se fosse stato chiamato lui, molto probabilmente altri ninja avrebbero ricevuto la stessa comunicazione.

    Sarebbe stato interessante anche rivedere qualche faccia, qualche ninja che non aveva incontrato da quando si erano addentrati nella bruma, la sua vita quotidiana consistente di allenamenti, visite ai suoi genitori e nient'altro. La sua vita mondana non esisteva, ed il suo tempo era speso raffinando le sue tecniche di spada, prendendosi cura del suo equipaggiamento ed ascoltando storie sul passato del clan da Haremashita. L'incontro con il Kage sarebbe capitato in un momento abbastanza propizio, dato che da un paio di giorni, un'idea aveva iniziato a frullare nella testa del giovane. Voleva diventare più forte, più veloce, imparare nuove tecniche. Chi altri dunque, se non il Mizukage, esperto della via della spada Kenkichi, per allenarlo? [Note]Magari buttiamo qui le basi di una giocata di allenamento, come si era detto, no?

    La mattina dopo arrivò abbastanza velocemente, con una fine nebbia che accoglieva i pochi kiriani svegli a quell'ora. Da quando si era trasferito nel quartiere del clan, Akuraguri dormiva pochissimo, avendo adottato l'abitudine di svegliarsi presto per potersi allenare, meditare, o prepararsi per la giornata. Così, dopo essersi vestito, egli si avviò per la strada, un lieve brezza mattutina accompagnando il suo passo. Al suo arrivo, quasi in ritardo come suo solito, trovò tutti i ninja che si aspettava di trovare.

    Akuraguri a rapporto.

    Erano tutti arrivati prima di lui, egli comprese velocemente, una sola sedia lasciata libera, che, dopo aver salutato i presenti, il giovane occupò di fretta, provando a non far perdere altro tempo. La prima a parlare, rispondendo alla domanda del Mizukage, fu Jukyu, che Akuraguri aveva già incontrato. La sua risposta gli piacque, la fedeltà al villaggio fondamentale. La ragazza gli era già simpatica ed la scoperta di questa sua natura fu una conferma di aver trovato un nuovo compagno, che avrebbe, insieme a loro, portato alto il nome di Kiri. Ora bisognava solo vedere cosa il Mizukage avesse in serbo per loro.


    La Sanguinaria
    SPOILER (click to view)

    Legenda:
    Parlato/Pensato Akuraguri
    Parlato/Pensato Haremashita
    Parlato/Pensato Satsubatsu


     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Gli Abiti della Nebbia


    Capitolo Unico


    Atto II
    Ciclici risvolti †



    [Note]Tutti i flashback e le interazioni per altre giocate verranno ruolate alla fine di questa o si fa troppo casino. <3

    Giunsero tutti, ad uno ad uno: giunse la figliol prodiga, giunse l'Hidarite, giunse la Migite; non tardò neanche il primario, né l'allievo involontario, pur solo nella sua persona. Al seguito vi erano i miei consanguignei, entrambi dispersi ritrovati, chi in terre più lontane, chi in terre più prossime. Erano un gruppo variopinto: ognuno di loro possedeva caratteristiche uniche, indoli speciali ed acerbe che aspettavano solo di essere coltivate. Kiri era l'umido terriccio in cui le loro radici si sarebbero nutrite. Io dovevo essere la loro Acqua.
    Ricambiai il gesto d'ossequia di Youshi al suo ingresso; osservai interdetto l'eccessivo abito di Etsuko; apprezzai la natura caritatevole di Fudoh - unico che ebbe la gentilezza di presentarsi alla figlia di Itai -, pur non incitandola né, certamente, condividendola; scrutai l'inquietudine di Hideo, conscio del tormento che le mie scelte stavano dandogli; feci rialzare lo Shinobi della lontana Ashina che, ad ogni nostro incontro, si prostrava con zelo e passione. Mi ricordava il sottoscritto ad ogni incontro col Nono; infine, notai Akuraguri, la sua fretta, il suo leggero ritardo, i calli che aveva sviluppato sulle giovani mani utilizzando il bokken d'addestramento che spesso Taddaro faceva utilizzare alle giovani leve prima dell'apprendimento del pericoloso gioco del Tributo di Sangue.
    Non li accolsi con grandi discorsi ma ebbi poche e brevi parole di merito. Notai l'espressione interdetta della mia Destra nel sentirmi pronunciare tale elogi, come se non si rendesse conto dell'importanza delle sue azioni nell'ultimo periodo. [Note]So che è difficile giustificare una giocata a posteriori senza che si abbiano input decenti sul futuro della Bruma, però, dando per scontato che siam tornati tutti vivi e che abbiamo saputo che Itai è vivo. Almeno questa prendiamola come una vittoria. Inoltre, ci sarà qualcosa che hai concluso, di accademico, per cui Kensei possa premiarti. :sinve:
    C'è pure Re Rosso di mezzo, tra l'altro, e le Parole!
    Notai il sorriso macabro del Tokugawa, tra il divertito ed il perverso, tra l'ansante e lo spasmodico e lo lasciai crogiolare in quelle sue utili passioni. Ma poi feci rompere il ghiaccio alla nuova ventura, tenendoli ancora sulle spine. Pensavo di essere solo la figlia di... di Itai Nara. Disse candidamente Jukyu, con una leggerezza che però nascondeva quasi un certo risentimento. Non sapevo di essere un'osservata speciale. Ma Mizukage-sama, se mi chiede cosa sono, io non so risponderle davvero. continuava, mentre io rimanevo impassibile su di lei. La vedevo torcersi intimamente, cercare un senso a quella mia richiesta, a quella mia domanda. Ma poi, finalmente, quasi epifanica, giunse la sua risposta: So solo di essere una Kunoichi di Kirigakure no Sato. Con tutto ciò che questo comporta. Annuii leggermente, mentre lei finiva il suo discorso, specie quando chiuse duramente il discorso con quella piccata riflessione sul padre. Bene. Dissi, di rimando. Questo è tutto ciò che devi sapere. Passai poi a rivolgermi a tutti, senza distinzione alcuna. Essere bravi shinobi e kunoichi non basta più, non è più abbastanza. La premessa era delle peggiori. È necessario essere i migliori, è necessario divenire i migliori! Mi portai al centro della stanza, tra la mia gigantesca scrivania e le sette sedie che mi stavano dirimpetto. Come saprete, Kiri ha stipulato un'alleanza, un Asse, con la sola Oto, interno ma opposto al senso stesso dell'Accademia, l'organo che lega in alleanza i quattro grandi villaggi ninja. Questo perché l'ideale accademico è marcito nel suo immobilismo stagnante, nella retorica infruttuosa della pace ad ogni costo. La pace, però, che si meritano gli altri, non noi kiriani. Dov'era l'accademia durante l'attacco di Cantha? Dov'era l'accademia quando Byakuei ha raso al suolo buona parte del villaggio? Dov'era l'accademia quando siamo andati a cercare Itai, Meika e Yogan? Il tono di voce era divenuto sempre più alto, nervoso, violento. L'aria nella stanza si era rapidamente fatta fredda e pesante. Nell'istante di pausa che presi in quella prima parte del discorso, anche l'ansia e l'angoscia che generavo parvero affievolirsi. Ma quando riaprii bocca tornarono imperterrite ad opprimere l'animo di ogni presente. Non esiste nessuna Accademia. Non esiste nessuna pace. Scossi la testa. La Pace è una menzogna. C'è solo la passione. I miei occhi cercavano quelli di ogni presente. Attraverso la passione, acquisto forza. Guardai Akuraguri. Attraverso la forza, guadagno potere. Posai gli occhi su Etsuko. Attraverso il potere, guadagno la vittoria. Fissai Youshi. Attraverso la vittoria, spezzo le mie catene. Mi portai davanti a Fudoh. È finito il tempo delle missioni corali, degli aiuti intervillaggio. Un ninja non è mai contato come un altro qualsiasi ninja. Tornai al centro della stanza. Voi siete Kiri e dove voi mettete piede è Kiri. Una frase che avevo ripetuto spesso nella mia vita e che ormai era diventato un simbolo tanto quanto lo ero io stesso. Voi non contate come un ninja di Konoha: voi contate di più! Voi non contate come un ninja di Suna: voi contate di più! Voi non contate come un ninja di Oto ... voi contate di più! Alzai il pugno davanti al petto, con fare e tono fermi. Ed è per questo che voi siete qui, oggi: perché raccogliate il mantello, perché rispondiate alla chiamata, perché poniate su di voi l'onere di rappresentare la Nebbia ovunque andiate. Indicai con l'indice per terra, sul pavimento, davanti a dove ogni scinobi teneva i propri piedi. Mordetevi un dito, tagliatevi leggermente, fate uscire una goccia di sangue e lasciate che cada sul pavimento. Ordinai, severo e chiaro.
    Non appena il sangue avesse toccato terra, il liquido cremisi si sarebbe incanalato come se direzionato, andando a comporre alcuni simboli nel terreno, ribollendo finanche, fino a quando non apparve per terra un piccolo sigillo davanti ad ognuno di loro. Sette ninja ... composi i simboli necessari alla tecnica del richiamo. ... per sette leggendarie Spade. E davanti a loro comparvero sette piccoli altari con un rotolo in dimensioni ridotte e una delle Nuove Sette Spade Leggendarie. C'erano però due eccezioni: mancavano due spade. [Note]Decidiamo sul server di Kiri chi avrà quale spada! Lo dovrete poi descrivere nel prossimo post, autonomamente. Le spade che mancano sono, ovviamente, Nishikigoi e Unagi. La prima solo perché va giocata! [Note per lo Staff GdR]Ho preso autoconclusivamente Sameha a Hidan. Quando e se tornerà gliela restituiremo. Non ha senso continuare 'sto giochino. Si tenga, per ora, Samehada e Rombosogliola. Le altre giocabile e di villaggio, però, tornano a Kiri. Pochi tra voi sono già in grado di utilizzare quest'arma ma non è importante. Finché non potrete brandirla, voi ne sarete i custodi. Avrete un dovere nei suoi confronti e nei confronti di Kiri. Tuttavia, un occhio attento si sarebbe accorto, sicuramente, che sull'altare, tra il rotolo e la spada c'era un'altro piccolo sigillo, scritto, questa volta, con comune inchiostro.
    Le sorprese non erano finite.




    Chakra:
    Vitalità:

    En. Vitale: 30/30
    Statistiche Primarie
    Forza: 850
    Velocità: 700
    Resistenza: 700
    Riflessi: 700
    Statistiche Secondarie
    Concentrazione: 700
    Agilità: 700
    Intuito: 700
    Precisione: 750
    Slot Azione
    1:
    2:
    3:
    4:
    Slot Difesa
    1:
    2:
    3:
    4:
    Slot Tecnica
    1:
    2:
    3:


    Equipaggiamento
    • Sistema di Ancoraggio dell'Arto Artificiale × 3
    • Cotta di Maglia Completa × 1
    • Elmo integrale dell'Inquisitore × 1
    • Specchietto in Metallo × 1
    • Spiedi Potenziati × 1
    • Arto Artificiale Kiriano Superiore × 2
    • D-Visor dell'Elmo da Inquisitore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Telescopica × 1
    • Tonico di Recupero Medio × 1
    • Tonico di Recupero Superiore × 1
    • Lente per D-Visor - Visione Fotocromatica × 1
    • Tonico Coagulante Superiore × 1
    • Yakusoku Kenkichi × 1
    • Simbolo della Stella × 1
    • Braccio Sinistro dell'Inquisitore × 1
    • Gakutensoku × 1
    • Equipaggiamento Debilitante × 1
    • Unagi × 1

    Note

    • [TS] Lama Insanguinata disattivata.
      - Basso a round per mantenimento.

    • [TS] Kirai Mugen Disattivata.
      - Unità d'Odio restati: 12.
      - Unità d'Odio extra generabili: 2.

    • Combattere con Handicap Attivo.
      - Numero di Round passati con l'equipaggiamento debilitate indossato: 0.

    • Assetto Gakutensoku: Nessuno.
      - 0 Round rimanenti al prossimo Cambio di Assetto.




    Parlato
    Citato
    Pipistrelli
    Yakusoku




     
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    Falce dei Kaguya


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    Deja-Vu


    Quelli Brutti



    Avete presente cos'è un Deja-vù? Ecco, d'improvviso mi ritrovai in uno di quelli, o comunque in una situazione che sotto tanti aspetti me ne ricordò un'altra.
    Ma andiamo con ordine.

    La figlia di quello prima di Elmo-san aveva finito di presentarsi e le prime parole di risposta del Mizukage, sinceramente, mi piacquero: dovevamo puntare al meglio, dovevamo diventare migliori.
    Peccato che fu l'unica frase che apprezzai del suo discorso.

    Parlò di un'alleanza con Oto e, in effetti, avevo sentito in ospedale parlare di una visita di due otesi in quel della Nebbia, qualche tempo fa, ma non ci avevo fatto tanto caso, alla fine i ninja viaggiano di continuo: non sapevo di questo "Asse" ed ancora meno potevo capire ed apprezzare le parole successive.
    Iniziò parlando di "pace stagnante" e continuò con domande, retoriche a mio dire, per poi, mentre si muoveva e ci guardava, continuare con tutto uno sproloquio sulla superiorità dei kiriani.

    Fu a quel punto che ebbi il mio deja-vu: Tsuya, su una mano d'ossa, mentre il Gashadokuro mi ripeteva e ripeteva che noi Dei Guerrieri eravamo stati creati per portare la pace, attraverso il controllo di tutte le altre creature che ci erano inferiori.
    Ora ero a Kiri, l'unico luogo che riconoscevo come casa, seduto nel palazzo amministrativo con il Mizukage che argomentava come noi ninja di Kiri dovevamo portare la pace, attraverso il controllo di tutti gli shinobi che ci erano inferiori.
    Forse, in un altro momento, prima di Tsuya e Taki, avrei potuto trovarlo divertente, quasi disinteressarmi con un'alzata di spalle di tutto quello stupido fanatismo, ma ora non ci riuscivo.
    Che fossero i deliri di un teschio svolazzante, mio famigliare, o i deliri di Elmo-san, capo del mio villaggio, non potevo più vivere alzando le spalle sempre.

    Feci comunque ciò che l'Inquisitore-san chiese: mordendomi il dito e lasciando che qualche goccia arrivasse a terra, osservando poi mentre il Mizukage evocava davanti a noi cinque katane, di cui almeno due, probabilmente, le avevo viste, tempo prima, in mano ad altri ninja del villaggio.
    Guardai quella posizionata davanti a me, ma ammetto che non feci troppo caso nemmeno al colore della lama: la osservavo, ma non la vedevo, mi risuonavano ancora in testa le parole di Elmo-san, e quelle della seconda generazione. [Nota]Scusa, ma ne approfitto per approfondire l'evoluzione di Fudoh post Tsuya & Taki ^^'
    Dai discorsi interni avevo pensato a Sarupo, come detto nella chat di villaggio.


    E tu puoi salvare milioni di vite, dopo averle messe sulla retta via. E' il tuo DESTINO! L'unica vera pace è quella che i Creatori ci hanno consegnato come missione!

    ....

    Quando la tua mente non avrà più difese, agirai come è giusto che agisca un Dio Guerriero! Col tempo mi ringrazierai per questo!


    La stessa follia, che mi portò ad alzare lo sguardo e parlare.
    Mizukage-sama, grazie per questo dono e sono pienamente d'accordo che l'obiettivo di tutti noi dovrebbe essere migliorarci, diventare i migliori possibili.
    Ma con tutto il rispetto: ìil resto mi sembra quanto di più lontano ci sia dalla giustizia, anche solo immaginabile.
    , avrei esordito, con un leggero riferimento a quello che mi aveva chiesto diverso tempo prima a Genosha.
    Non ne so niente di politica, non metto bocca su Assi, stagni ed affini, ma dire che i ninja di Kiri sono superiori a tutti gli altri è... incorretto e tutto ciò che ne segue, sfocia nella follia. Con tutto il rispetto., guardai gli altri sei shinobi lì presenti, dubitando seriamente che Youshi potesse essere d'accordo con me, ma non sapevo per ciò che riguardava gli altri.
    Non si tratta di essere i migliori, siamo semplicemente diversi, tutti: io non mi ritengo migliore di Yato-san, o di Masa-san, due ninja che conosco e che rispetto di Konoha e Suna, di certo so di essere inferiore allo Yakushi-sensei.
    Le differenze ci distinguono, ci permettono di crescere, di migliorarci, interagendo con altri troviamo modi per crescere, troviamo idee che possono aiutare a risolvere i nostri difetti.
    Se d'ora in poi andassi in missione solo con Youshi-san, Etsuko-san, o qualcun altro di noi, alla lunga svilupperemmo delle tattiche assieme, di certo, ma non ci sarebbe nessun fattore esterno, saremmo sempre e solo noi. Stagneremmo ad un certo punto.
    Le missioni corali aiutano in questo, ma, ancora di più, aiutano tutti i villaggi.
    Lei dice che Kiri è migliore degli altri villaggi e ci chiede perché Konoha, Oto e Suna non hanno fatto niente quando Piumino-san ci ha attaccati, ma se non ce lo aspettavamo noi, così migliori, cosa potevano saperne loro per aiutarci?
    Per Meika-sama e... il padre di Jukyu-san qui, qualche pipistrello è volato a proporre una strategia di gruppo agli altri villaggi?
    , mi fermai un attimo.
    Lo so che state pensando: "Fudoh, stai pisciando fuori dal vaso leggermente esagerando", ma sul momento ero preso dalla foga di quel deja-vu, che mi portò alla successiva osservazione, ironicamente, sui miei famigliari.
    Lasciando stare il passato, Mizukage-sama, se non ci fossero più missioni corali, cosa dovremmo fare per quei pericoli così grandi da non poterli affrontare con le nostre attuali forze?, chiesi, allargando le braccia per indicare tutti i presenti, Per uccidere la Bakekujira è servito un esercito di ninja, ed a quel che ho saputo, anche per il Gashadokuro. Restano altre quattro creature simili.
    Yato-san mi ha accennato alla posizione del Kappa: dovremmo andare noi otto da soli? O vogliamo lasciare ai villaggi meno perfetti questa creatura ed i suoi fratelli?
    Se qualcuno, un Piumino-san, la Bruma, o chissà chi, liberasse il Kappa e ne prendesse il controllo, spuntando alle Mura di Kiri? Vogliamo attendere un altro attacco nemico da soli, contro una creatura così potente?
    Certo, l'alleanza con Oto ci concede l'aiuto dello Yakushi-sensei, ma anche voi due assieme avreste i vostri limiti, suppongo.
    L'alleanza accademica, con tutto il rispetto, serve per questi scenari, per non restare in difesa, ma essere tutti liberi di aiutarsi vicendevolmente, perché Kiri che aiuta Suna protegge la libertà di Suna, così come la Sabbia protegge quella della Nebbia.
    Nemmeno forzare su tutti la superiorità di Kiri è giusto, anzi è l'esatto contrario di Giustizia, credo.
    La Giustizia è aiutare chi te lo chiede e chi ti è amico, oltre a difendere chi non può farlo da solo, rispettare e proteggere la libertà altrui, non forzare il proprio volere sugli altri perché siamo migliori, dal suo punto di vista.
    Seguissi questa logica, mi dovrei fermare davanti ad ogni passante, per strada e dargli dei consigli medici non richiesti, ma sarebbe maleducato, quanto meno.
    , a quel punto mi sarei interrotto, attendendo, come minimo, che Elmo-san mi decapitasse, o piantasse la spada in qualche parte del corpo, per sottolineare il suo disappunto.

    Oltre, ovviamente, a riprendersi la katana davanti a me.

    C'era comunque un'infinitesima parte di me che un pò ci sperava di riuscire ad ottenere un discorso costruttivo, ma diciamo che avrei avuto più speranze di ragionare con il Gashadokuro, quasi certamente.
     
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    Utsubo, la Murena


    II

    Una ad una si riempirono le sedie dell'ufficio del Mizukage, avrei rivolto un semplice cenno con il capo verso i nuovi arrivati a mo' di saluto, lasciando che il silenzio venisse poi interrotto da Kensei-sama e la nuova arrivata. Il capovillaggio sembrò apprezzare le parole della figlia di Itai-sama e colse l'occasione per rivelare le trame che, ordite con precisione, si stavano lentamente delineando nel panorama politico continentale. La vicinanza con Oto si era fatta sempre più concreta, anche i ninja meno coinvolti nella formazione dell'Asse si sarebbero potuti accorgere di quel rapporto che si era consolidato: la venuta del Kokage a Kiri, che all'epoca fu un giorno di festa per le strade di Kiri, e in un secondo momento dell'amministratore del Suono, anche se non gli venne riservata un'entrata in pompa magna; conoscendo la storia tra i due villaggi, cosa nota, si sarebbe riconosciuta l'importanza storica di quei due eventi. Il Mizukage doveva avere considerato che i tempi fossero maturi per svelare le carte, i sentimenti antiaccademici che, fino a quel momento, erano stati sottocutanei, vennero dichiarati a tutti i ninja del villaggio con un discorso che sapeva da manifesto futurista*Maledettamente marinettiano.
    Stavo nella sedia più esterna delle sette, il coprifronte, messo di traverso sul viso per nascondere l'occhio mancante, copriva la mia espressione agli altri sei ninja di Kiri. Il mio sguardo era fisso sull'elmo segnato dal simbolo di Kiri, il Mizukage sapeva della mia fedeltà e l'aderenza ai suoi pensieri e prospettive.

    Come era prevedibile Fudoh rimase perplesso e ritenne necessario esprimere il proprio dissenso, non lasciai adito ad alcuna reazione nella mia prossemica: il respiro rimase regolare, lo sguardo fisso verso la vetrata da cui si vedeva Kiri, le labbra leggermente arricciate in un sorriso la cui natura bifida non lasciava modo di interpretare facilmente se fosse un sorriso di divertito o sadico. Mi ero promesso che non sarei intervenuto, il Mizukage era lì presente e a egli si rivolgeva direttamente, non rientrava nel mio ruolo e nella mia posizione intervenire. Era evidente, però, che la sua posizione fosse decisamente contraria alle parole del Kage e si pose di traverso ad ogni parola precedentemente usata nell'ufficio amministrativo.
    Mi morsi la lingua quando lo sentii nominare alcuni dei ninja degli altri villaggi, come prove che anche al di fuori delle mura della Nebbia vi fossero shinobi validi. Ebbi difficoltà a tacermi non solo perché aveva citato tre ninja, uno dei quali era letteralmente l'amministratore del villaggio coinvolto nell'asse Oto-Kiri, ma soprattutto perché il primo ninja citato era divenuto l'apprendista del Mizukage e, sembrava avere, egli stesso una concezione fluida di fedeltà al villaggio natio: sentendo quelle parole mi convinsi che Fudoh non era a conoscenza di Minarai. Dell'ultimo ninja citato, invece, rimasi interdetto: un chunin sunese che sì, aveva partecipato agli eventi dell'Abete, ma che non aveva certo attirato l'attenzione per essere un ninja ineccepibile in altre occasioni, come in quella missione del legno particolare.
    In ultimo, fortunatamente, il primario non ragionava considerando le mire espansionistiche, non ne era a conoscenza, non li aveva visti dividersi il continente su quella mappa tramite linee di sangue. Se lo avesse saputo, però, non avrebbe considerata così stretta l'alleanza tra Oto e Kiri, se l'avesse saputo sarebbe stato a conoscenza che questi due grandi paesi avrebbero inglobato gli altri. La disciplina kiriana, la ferrea mentalità guerriera nata tra i ghiacci di Genosha: la Nebbia di Sangue si sarebbe espansa fino alle rive del continente e oltre forgiando altri ninja con cui, come diceva Fudoh, avremmo condiviso missioni e saremmo cresciuti in forza. Ma con ninja altrettanto validi, non quelle due eccezioni citate dal primario che confermavano la regola.

    [. . . ]

    Comunque fosse andata la discussione che ne sarebbe seguita, avrei eseguito con calma le indicazioni del Kage: l'indice e medio della mano si affilarono e, grazie alle conoscenze dell'arte proibita del mio clan, tagliarono la mia carne facendo sgorgare qualche goccia di sangue a terra. Il liquido cremisi iniziò a scorrere e ribollire sul terreno, mentre le parole filtrate dall'elmo risuonavano nella stanza e sette altari comparvero di fronte a noi e, su ognuno di essi, una delle sette leggendarie katane di Kiri.
    Rimasi interdetto nel constatare la bellezza di quell'arma: le decorazioni dell'elsa, il legno d'ebano che costituiva il fodero, ma più di tutti i dettagli estetici, era la forza che sembrava pulsare in essa ad attirarmi. Il mio sguardo si alzò verso il Mizukage, quello che ci stava offrendo non era un dono per i suoi ninja, quello che ci stava dando era un pegno, un ulteriore anello da aggiungere alla catena dei legami tra l'individuo e il villaggio. Inspirai ed espirai con calma, quindi - non capace di trattenere la curiosità nei confronti di un'arma simile - allungai la mano raccogliendo Utsubo. È un onore, Mizukage-sama Ne apprezzai il peso mentre con lentezza sguainai i primi venti centimetri per riflettere un sorriso enigmatico sulla lama oscura.
     
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    Gli Abiti della Nebbia


    Il Rituale Del Sangue



    La grande sala era ormai piena di ninja kiriani, tutti quelli che avevo già conosciuto più la nuova arrivata, avevo già capito che il discorso degli accadimenti di Azumaido si sarebbero protratti in un altro momento. Tutto ciò però mi infastidiva, nella mia mente era troppo importante capirci qualcosa in più.. Stavo per prendere parola per finalmente fare le mie richieste quando la voce del Mizukage ruppe il silenzio, poco prima della mia. Mi zittii subito, quasi inconsciamente, la sua voce mi provocava una sensazione di inferiorità, mi sentivo schiacciare solo udendolo. Il suo discorso iniziò con delle parole di monito, dovevamo diventare qualcosa di più, diventare i migliori..fosse così facile, forse il Mizukage non si ricordava degli avvenimenti al villaggio, quando febh si era presentato senza preavviso, migliori anche di un ninja come lui? Impossibile.. o almeno non al momento. Comunque non mi soffermai molto su quei pensieri. Continuavo imperterrito a battere le dita sul mio polpaccio, come in preda ad un tic nervoso in piena regola che sembrava non volersi fermare. Il discorso si spostò sulla situazione tra Kiri e Oto, una situazione che sembrava rosea ma che fece venire a galla alcuni dei progetti del Mizukage stesso. Si sentiva un forte astio verso l'accademia nelle sue parole che volesse smantellarla in qualche modo insieme ad Oto? Un compito difficile se non impossibile ma che iniziò a togliere quelle brutte sensazioni dal mio corpo. La frase che più mi colpì di più fu proprio: "La pace è una menzogna. C'è solo la passione" Cosa intendeva? è vero che la pace è difficile da raggiungere e ancora molto lontana anche sotto l'organizzazione accademica ma sicuramente non è una menzogna. Iniziai a pensare a quelle parole sempre più intensamente..Cos'è la pace? e cosa la rende tanto speciale e necessaria? ma soprattutto..raggiungere la pace tramite la guerra è davvero giusto? o ci porterebbe semplicemente in un circolo vizioso che non farà altro che scatenare nuovamente altre guerre? Se fosse proprio la pace il problema? il cercare con così tanta convinzione quel barlume di speranza in una parola che ormai sembrava aver perso il suo vero significato..Portare felicità, tranquillità e benessere. Forse questo mondo era creato apposta proprio per essere governato semplicemente da dolore, sofferenza e futilità e in tutto questo non c'era spazio per quella che noi chiamiamo pace. Potrebbe davvero esistere un mondo di soli vincitori? un mondo di sola pace? un mondo di solo amore?

    Quando il Kage finì il discorso ci chiese di ferirci per lui e lasciare cadere il nostro sangue a terra. Quasi senza pensarci smisi di picchiettare la gamba e guardai il palmo della mia mano destra da cui, pochi attimi dopo, iniziò a fuoriuscire un piccolo ricevitore appuntito. Con un gesto veloce della mano feci in modo di recuperarlo a mezz'aria per poi andare direttamente a ferire il palmo della mano opposta. Il sangue iniziò a colare, goccia dopo goccia, sul pavimento dove il rituale era cominciato. Davanti ad ognuno di noi si generò un piccolo altare con sopra una spada dalle forme invidiabili e dalle decorazioni eccelse. Un dono degno di un Daymio a dei semplici genin? Cos'erano quelle spade? ma ancor più importante era il fatto che solo cinque dei ninja ne avevano davanti una ad una occhiata più approfondita. Davanti a me, sull'altare, era presente semplicemente un rotolo mentre il luogo dove doveva essere posizionata la lama era vuoto. Guardai con attenzione e notai anche un piccolo sigillo proprio in mezzo agli altri due oggetti. Cos'era tutto questo?

    Fudoh sembrò reagire per primo iniziando subito un discorso impegnato e esponendo le sue perplessità su ciò che aveva appena detto il Kage. Non sembrava essere d'accordo con lui, anzi.. ad un primo ascolto sembravano proprio su due strade differenti quasi al cento per cento. Sapete.. mi sentivo molto confuso, tutti quei discorsi mi stavano continuamente mettendo in testa una miriade di domande a cui non riuscivo a trovare una risposta. Parlavano di giustizia.. alleanza.. ma sapevano davvero di cosa si trattava? I miei pensieri tornarono a poco prima fino a che non presi il coraggio di intervenire. Non ho ancora molta esperienza ma dirò la mia. Senza farmi scrupoli di nessun tipo. feci una piccola pausa di riflessione. Alleanze, giustizia, doversi difendere dagli attacchi di altre organizzazioni o villaggi.. è tutto sbagliato. E' proprio il mondo ad essere sbagliato. Un mondo in cui i bambini vengono rapiti dalle proprie madri, un mondo dove, cercando di instaurare una pace, facciamo nascere nuove guerre, un mondo dove la ricerca del potere è così importante.. Questo è un mondo marcio. fino all'osso.. nuovamente mi fermai per riprendere fiato. Io credo che Kiri possa creare ciò che gli altri non vedono. un mondo di soli vittoriosi. Un mondo di sola pace. Un mondo di solo amore. un mondo perfetto sotto un'unica bandiera riportante il simbolo della nebbia. Mi fermai a quel punto. Ero sicuro di aver detto ciò che davvero pensavo? cosa avrebbe pensato il Kage delle mie parole? in me si sarebbe potuto vedere un piccolo sentore di indecisione che venne spazzato via dall'immagine del viso di Kimiko. In un mondo del genere lei sarebbe stata ancora al mio fianco..

     
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    Scheda di Etsuko della Nebbia

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    e cos'altro ancora?



    Bleaaa… che nauseabondi…

    Ma facevo davvero parte di quel villaggio? Erano questi i momenti in cui mi pentivo delle scelte di una vita… tutti quei sacrifici, le difficoltà di scelte folli e restringenti. Avevo abbandonato la possibilità di guadagnare potere in passato per vie traverse a quella della rettitudine, avevo scelto di non svendere la mia fedeltà per un bene superiore, di villaggio. Persino ultimamente avevo deciso di ricoprire una carica, che doveva essere “Diplomatica” per migliorare le possibilità della Nebbia e dei suoi abitanti. Per cosa?
    Per cosa avevo fatto tutto questo?
    Cosa sarebbe stato di me se avessi deciso di seguire le orme del Mikawa alla fossa dei Sennin o la volontà di Hayate… forse sarei ad Ame, forse avrei avuto potere al pari delle Virtù, di certo non sarei stato qui ad ascoltare le elucubrazioni di un Kage, che prometteva potere, che prometteva la pace ma a quale costo? Dare le colpe alla inefficienza dell’asse accademico era per Kensei, semplicemente un pretesto. Si, non attendeva altro che dimostrare quanto quello fosse inconsistente e nell’ultimo periodo di occasioni ne aveva avute. Ma cosa faceva invece lui per dimostrarne il contrario? Aveva mai chiesto aiuto agli alleati? Cosa aveva fatto quando Etsuko aveva tentato di ricucire i rapporti con Raizen? E soprattutto cos’ero io…?
    A che serviva la diplomazia se la strada era già spianata ai propri piani?
    Mi aveva utilizzato come palliativo? Conosceva i miei rapporti con Raizen e sapeva che il kage della foglia si fidava di me, sapeva che avevo rapporti in tutti i villaggi e forse aveva sfruttato le mie capacità semplicemente per guadagnare tempo… per ovviare a spiacevoli inconvenienti con alleati troppo pressanti, quando l’alleanza per Kiri, già non esisteva più. Che motivo avevo io di essere? Di essere lì…
    Fudoh, mi aveva anticipato. Quel pensiero era oligarchico e come ogni forma di oligarchia, molto pericoloso… concentrare il potere nelle mani di pochi, significava distruggere il concetto stesso di democrazia. L’aggiunta di un pezzo di semitismo era aberrante. Chiunque dei presenti bramava al potere, chiunque voleva il bene di Kiri, chiunque sarebbe morto per la giusta causa. Quella però per me non era una giusta causa… la divergenza di vedute con Kensei era oceanica e non avrei mai potuto rappresentare un simile pensiero.

    Fudoh è stato sin troppo diplomatico…

    Avrei affermato prendendo la parola.

    Permettetemi di affermare che tutto ciò che sento è ridicolo… essere richiamato qui, senza alcun preavviso, essere messo a conoscenza di questa linea amministrativa così, come se fosse una comunicazione di servizio, buttando all’aria mesi di lavoro è aberrante. Non metterò in dubbio le scelte del Mizukage… è lui la guida politica del paese. Lanciai uno sguardo a Kensei. Ma non chiedetemi di condividerle, perché non le condivido.
    Rinnovo la mia fedeltà a Kiri… e seguirò i fondamenti della nebbia mi costassero essi la mia stessa vita, perché è questo il credo di un ninja.

    Mi morsi il pollice eseguendo il rituale che ci veniva richiesto, una goccia del mio sangue cadde sul pavimento attivandolo. Apparve un piccolo altare davanti a me… non ci prestai troppa attenzione dopotutto, dopo le parole che avevo appena pronunciato mi aspettavo che quel dono mi fosse ritirato.
    Con il mio sangue mi privo anche della possibilità di ricoprire la carica che mi era stata assegnata, la ritengo a questo punto inutile e incongruente. In realtà mi sentivo completamente preso in giro e non volevo che quella farsa continuasse neppure per un momento ancora.



     
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