Amministrazione di Kiri

[Amministrativo]

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Il Flagello e la Spada

    VII



    Lui accettò il piano senza remore e non solo, quasi a voler dimostrare la sua lealtà a Kiri (poiché non richiedevo ai ninja di Kiri la lealtà verso la mia persona quanto più al Villaggio che essi avevano giurato di servire), si propose per un eventuale incarico delicato, quasi che mi costringesse a fidarmi di lui. Rimasi per alcuni attimi in silenzio, dopo di che, con calma, parlai.
    Posso comprendere la tua idea, Keiji, ma finché il tuo potere sarà dimezzato non potrò affidarti alcun incarico realmente delicato, comprendi? La Spada era la sua migliore qualità, ed ovviamente avrei dovuto affidargli un compito adatto alle sue capacità. Senza però aveva perduto gran parte del suo potere. Recupera l'arma che intendi cercare Keiji. Ciò che potrò affidarti dipenderà dalle condizioni in cui tornerai.
    Ero certo che anche se Saruhyondo fosse stata perduta lui avrebbe potuto fare in modo che potesse risorgerne una nuova. Per quanto le Spade dei Kenkichi fossero armi sopraffine e cariche di segreti esse rimanevano armi. E così com'era stata creata Saruhyondo una nuova compagna di battaglie per Keiji sarebbe potuta essere creata.
    Ma non era ancora il momento di pensare al rimpiazzo quando l'originale era presumibilmente ancora intatta, seppur sottratta al suo legittimo proprietario. Riposa, Keiji. Sei tornato sfinito e ciò che ha fatto il medico che ti ha sistemato è stato aggiustarti una costola rotta e qualche botta. Non ha alleviato la fatica del viaggio, ne il tuo ovvio bisogno di rifocillarti e probabilmente dormire. Non conoscevo abbastanza Keiji da poter dire se potesse essere razionale o meno, ma in altri tempi mi sarei gettato alla ricerca della nuova spada senza nemmeno attendere che le forze fossero tornate del tutto. Va, torna con una spada e ti darò l'incarico che speri di ottenere.
    Apprezzavo la sua volontà, non l'avrei soffocata. Ma la volontà non era tutto ciò che serviva per portare a termine un lavoro nel modo migliore.
     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    Piani Rovesciati
    Capitolo Quarto


    Atto IX
    Congedarsi
    Fui forse troppo impulsivo: il Kage aveva ragione. Come potevo affrontare una missione delicata se ... non ero neanche definibile uomo senza la mia spada? Nonostante tutto parve comprendere le mie necessità e supportarle finanche. Erano i mezzi quelli che mancavano. « Recupera l'arma che intendi cercare Keiji. Ciò che potrò affidarti dipenderà dalle condizioni in cui tornerai. » disse Itai, con un certo tono di riguardo, quasi paternalistico. « Una Spada per la mia Spada. Una Spada per Kiri e contro i suoi nemici. » dissi, portandomi la mano al petto, chiusa. Sarei dovuto tornare dal Flagello il prima possibile, una volta recuperata la spada: se volevo poi mettermi in mostra anche col Kage, sarei dovuto tornare dal mausoleo ancor prima: adesso la mia unica preoccupazione era raggiungere la palude e lo sciamano descritto dal Jinchuuriki. La mia testa era oramai già preda dei miei mille impegni, dei miei mille compiti e doveri, l'adrenalina stava quasi prendendo il sopravvento su tutto quando un suono spezzò le mie certezze e mi riportò sulla via della ragionevolezza: « Riposa, Keiji. Sei tornato sfinito e ciò che ha fatto il medico che ti ha sistemato è stato aggiustarti una costola rotta e qualche botta. Non ha alleviato la fatica del viaggio, ne il tuo ovvio bisogno di rifocillarti e probabilmente dormire. » era effettivamente due giorni interi che non dormivo - e l'essere svenuto non poteva certo ritenersi un riposare. La fame poi era davvero tanta - un po' come la delusione quando affrontai l'uomo obeso sulla spiaggia, conscio del fatto che non avrei potuto godere di carne sana. « Sarà fatto, Signore. Andrò domani dallo sciamano, seguirò il suo consiglio, è bene che prima metta qualcosa sullo stomaco e poi che dia pace alle mie membra. » dissi, con un nuovo ardore acceso negli occhi, una nuova speranza viva nel cuore. « Va, torna con una spada e ti darò l'incarico che speri di ottenere. » mi spronò, alla fine, Itai. « L'Attesa sarà breve, te lo prometto, Itai. » accennai un inchino, questa volta completo e doveroso, congedandomi. Mi voltai verso la porta e la aprii, voltandomi un'ultima volta verso il Kage cercando uno sguardo d'intesa: la chiusi poi subito alle mie spalle.
    Ero entrato mentendo, timoroso di perdere Saruhyondo ed ero uscito di lì con la certezza di poterla andare a recuperare con forze rinnovate ma sempre, solo e soltanto mie. Non sapevo quale fosse la mia nuova considerazione del Kage: lo avevo davvero odiato in alcuni momenti del discorso, trovato inetto e di difficile concentrazione ma quando riuscii ad aggirarlo con i miei discorsi, ogni sua argomentazione mi parve soave e pregnante. Ero molto indeciso. Il mio destino a Kiri dipendeva da quell'uomo in un modo molto più profondo di quanto lui potesse credere.
    Ero diretto a casa: avrei preso qualcosa da mangiare per strada e sarei poi andato diretto a letto; il giorno dopo mi sarei dovuto alzare davvero presto per andare alla ricerca dello sciamano mascherato.




    Legenda


    Narrato
    « Citato! »
    « Parlato! »
    « Pensato! »
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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    «Dialoghi»



    Una richiesta per il mizukage.
    Sì, era più o meno questo che frullava nella mente del giovane-vecchio Seinji Akuma. Sempre e comunque. Quando questi era a casa, al bar, quando era a pescare il pesce per il sushi, e quando, di notte, si svegliava improvvisamente per via del problema, del grosso problema, che gli turbava l'anima e la mente. Doveva parlarne, ma non sapeva con chi; doveva risolvere quel suo problema, ma non sapeva se era ancora risolvibile: Etsuko Akuma poteva essere morto ormai, proprio per colpa sua e delle sue parole, e nessuno avrebbe potuto farci nulla. Nessuno avrebbe potuto resuscitare un giovane esponente degli Akuma dai morti, e nessuno avrebbe potuto portare Seinji indietro nel tempo, nelle ombre, nelle tenebre e nelle nebbie, per cancellare alcuni passi, per modificare alcuni ricordi. L'unica cosa che Seinji Akuma, dal canto suo, poteva fare, era andare almeno a cercare il suo fratello, di cui ben conosceva l'energia vitale e il volto. Perché doveva sapere, se era vivo, se era morto, oppure se magari sostava in qualche prigione oscura, a metà tra il vivo e il morto, in attesa che qualcuno, che fosse lui o che fosse Itai, sarebbe venuto a salvarlo. E considerando che ormai Seinji è stato troppo tempo a celare quella speranza dentro di sé, nasconderla, cercare di ridurla, e combatterla senza sconfiggerla mai del tutto, una buona mattinata, quando il sole non era ancora arrivato allo zenit, Asmodai decise di incamminarsi verso l'amministrazione del Nara, con la fulgida speranza di trovarselo seduto la, nel suo ufficio, dietro alla sua scrivania. Sapeva che sarebbe stato un dialogo difficile: Itai necessitava di shinobi, e non poteva permettersi, nelle condizioni in cui versava il villaggio, di lasciar andare via un chunnin esperto come Seinji, d'altro canto però lo stesso Seinji non aveva minimamente voglia di cedere un solo passo alle sue paure e alle paure del Nara. Il conflitto mondiale poteva aspettare; la minaccia di Diogene e dei suoi piani cresceva, ma non era ancora all'apice. Non vi poteva essere momento più proficuo per riportare a casa i vagabondi, prima che le grandi nubi si fossero mosse in tutte le direzioni e in contempo. Prima della tempesta, insomma, la farfalla doveva essere cercata, e riportata sull'apice del fiore, tra le alte mura, al sicuro da ogni pericolo esterno. E dunque quel che Seinji necessitava era la comprensione, e l'accettazione del fatto: un NO di Itai alla richiesta di andare a cercare Etsuko prima dell'imminente pericolo, avrebbe reso solo le cose più difficili di com'erano di già. Nessuno poteva ignorare un legame di sangue, e tantomeno: un legame di sangue fraterno, migliorato e potenziato più volte, reso più grosso dagli scontri e dalle avventure; dai salvataggi e dalle richieste.
    Arrivato dinnanzi all'ufficio di Itai, Seinji avrebbe bussato tre volte, come era suo caratteristico fare, e qualora Itai gli avesse permesso di entrare, questi lo avrebbe fatto senza indugiare, con un modo sicuro e tranquillo.
    «Itai...» - egli avrebbe abbassato il capo, - «Devo parlarti.»
    Pochi, ma intensi secondi avrebbero diviso quelle tre parole, dalla sua seconda frase.
    «Si tratta di Etsuko Akuma.»


    Seinji
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    I



    Non c'erano mai giornate noiose quando le cercavi. Quella mattinata sembrava essere successo di tutto per cui ero appena arrivato in ufficio e mi ero portata una fin troppo esuberante Jukyu dietro. Ayame aveva sentito dolori che ci avevano fatto preoccupare - niente di che a quanto pareva -, Nana aveva la febbre e tra Ayame che voleva riposare e Nana che non stava bene la presenza pestifera di Jukyu non era salutare.
    Così, non senza esitazioni, avevo deciso di portarla con me ed in quel momento stava giocando (torturando) con Yogan in un angolo. La dragonessa, in forma umana, finiva sempre per occuparsi della bambina senza troppi dilemmi. C'erano diversi fogli sparsi per terra mentre Jukyu esprimeva il suo pessimo talento artistico.
    Decisamente preso da me. Così quando Asmodai entrò, con la sua nuova faccia, trovò una situazione per nulla seria come quella che probabilmente credeva di trovare. Pastelli colorati, fogli scarabocchiati ed accartocciati avevano sostituito il legno del pavimento grazie all'incredibile perizia di quella esagitata ed eternamente insoddisfatta bambina che era Jukyu.
    Asmodai, entra pura. Alla fine mi stavo convincendo a fidarmi di lui. Per cui quando parlò di Etsuko, seppur senza dir nulla, non sentii un moto di orrendo fastidio e preoccupazione ma solo una moderata e quantomai normale ansia riguardo l'argomento. Etsuko che fine aveva fatto? Hai saputo qualcosa di lui?
    Ero certo che non fosse così, piuttosto, che volesse chiedermi qualcosa. Era forse solo un presentimento, ma avevo l'impressione che fosse fin troppo corretto.

     
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    Al di la della porta l'Akuma si trovò in una stanza che aveva già visto, ma che mai aveva visto essere conciata in quel modo. Sembrava essere uscita da una storia stupida dei bambini, dove l'ennesimo papà indaffarato si ritrovava essere sommerso dai pannolini e dai disegnini dei piccoli talenti, sparsi un po' qua e la per tutto l'ufficio. Bhe, del resto si sapeva bene che i bambini portavano un'indole artistica non indifferente, specie guardando tutti quei cerchi, quei alberelli e quei tizi strani disegnati per lo più da un paio di linee (per altro spesso storte). Sembrava proprio, in tutto questo, che i bambini portavano a Itai molta gioia e molti guai; guai che avrebbe voluto avere anche Seinji: un desiderio nascosto da qualche parte nel suo animo, e che, ahimé, nonostante tutti i problemi, avrebbe voluto veder realizzarsi un giorno. Vide anche la dragonessa, che sembrava intenta a giocare con la bambina, facendole un po' da babysitter nel mentre Itai era occupato a salvare Kiri e il mondo intero. Solo dopo riuscì a riconcentrarsi nuovamente su Etsuko e su quelle faccende spinose che a Etsuko lo riguardavano direttamente.
    Rimase in piedi dinnanzi alla scrivani, con un sguardo da ninja, - concentrato e intenso, - ma in qualcosa molto triste e malinconico.
    «No, non ho minimamente idea di dove sia ora... » - Iniziò l'Akuma. - «Come mi sembra di averti già detto, venne con gli accademici a salvare un certo bambino, un certo Sun Wukong, e fu ferito da un certo Atasuke Uchiha della Foglia, di suo ferito per mano mia,» - sospirò, - «ma come ben saprai, un tizio venuto con gli accademici ha decapitato Sun Wukong e mandato fuori combattimento il nostro leader.» - Si fermò per un attimo. - «Dopo ho portato il ferito fratello ad Ame, nell'ospedale, dove si trovava mentre è venuto Diogene e mentre mi sono unito ad esso. » - Si fermò di nuovo, raccogliendo un disegno dal suolo e portandoselo al livello degli occhi: raffigurava una persona, forse un caro, che tornava a casa dopo molti giorni di assenza. - «Questo mi fa pensare che Etsuko possa essere ancora ad Ame...» - Sì, sospirò di nuovo. La ragione diceva che dopo il tradimento non poteva essere altrove. - «Ma è il mio lato razionale a farmelo pensare. Quello sentimentale... bhe...» - lasciò cadere il disegno sul pavimento - «...mi fa pensare che possa essersi unito a Diogene, spinto dalle mie parole e dalle mie Idee.»
    Alla fine poteva essere andata proprio così: Diogene poteva essere tornato ad Ame, o Etsuko poteva averlo incontrato. Oppure poteva essere che, una volta guarito, sia stato Etsuko stesso ad essere andato a cercare lui, Seinji, e venuto a conoscenza dei venti di guerra, sarebbe potuto andare direttamente a Oto, nella casa del Colosso Mikawa, ed ora era, magari, sotto il Patto di Sangue del Colosso.
    «...lui mi dice che fra non molto tempo potremmo ritrovarci faccia a faccia su un campo di battaglia. Mi dice, che Etsuko possa essere a Oto, insieme a Diogene. Mi dice... mi dice che è tutta colpa mia.»
    Lo sguardo nostalgico dell'Akuma sarebbe caduto sulla dragonessa e sulla bambina, intenti a giocare, e quindi sarebbe ritornato posandosi su Itai. No, doveva farlo da solo: non poteva rischiare con la vita di un qualcuno che aveva una famiglia da proteggere e da mantenere.
    «Non ti chiedo di andare a cercare Etsuko insieme a me. Ti chiedo di darmi il permesso di andare a cercarlo da solo. Ho in mente di fingermi nuovamente Seinji Akuma, - basta una tecnica, - e tornare ad Ame con la faccia di Seinji. Cercarlo li. Quindi andare ad Oto e cercare Etsuko ad Oto, magari facendomi di nuovo vivo dinnanzi al Mikawa, fingendomi di nuovo suo alleato, raccogliendo informazioni sulle sue forze, e, possibilmente, salvando Etsuko, portandolo al villaggio. O, magari, semplicemente parlandogli... Facendogli capire che io ero in errore, e che è in errore anche lui.»
    Sedutosi dinnanzi al tavolo del Nara, su una sedia qualsiasi, il tizio con la faccia falsa avrebbe abbassato il capo.
    «Non nego che in questi giorni venderei l'anima a chiunque che sia solo capace di dirmi se sta bene, e di dirmi... di dirmi dov'è. Inoltre... c'è un posto ad Ame che vorrei visitare, e che ha visitato anche Diogene insieme a me quando è venuto. Se non sbaglio, voleva farci qualcosa tipo una base...»


    Seinji
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    II



    Quella mia intuizione si rivelò giusta. Asmodai non sapeva dove si trovasse Etsuko ed intendeva cercarlo. Non che la cosa mi sorprendesse: era suo fratello e con ogni probabilità nella sua situazione avrei agito allo stesso modo. Lui mi propose parecchie cose, alcune che potevo accettare altre che onestamente mi facevano storcere il naso.
    Capisco. Dissi soltanto, spostando lo sguardo da lui a Jukyu per un istante che non si curava minimamente dei discorsi "dei grandi". A cinque anni e mezzo avevi il lusso di poter vivere nel tuo mondo ed essere autorizzato a rimanerci.
    Dopotutto la famiglia è importante. Bé, ragioniamoci Seinji. Non so come il tuo cuore arrivi a pensare che si sia unito a Diogene, hai dei dati oggettivi a supporto di questa teoria oppure parli solo per paura che sia così? Dopotutto mi pare di capire che non l'hai mai più visto dopo che ti sei unito al Mikawa o sbaglio? Domandai. Se dovevo scegliere se mandarlo da qualche parte tanto valeva farlo nel modo più sicuro possibile! Ammettiamo però che le tue sensazioni siano giuste, sei appena divenuto Asmodai, vuoi già tornare ciò che eri? No, non posso concederti questo. Se il tuo cuore ti dice questo non posso di certo impedirti di cercare tuo fratello ma per favore non presentarti davanti al Mikawa. Agisci nell'ombra, Seinji. Diogenes abiterà da qualche parte ad Oto, no? Vacci come Asmodai, trovando un motivo plausibile per essere ad Oto, scopri dove abita Diogenes e controllalo dalla distanza. I tuoi occhi possono vedere ovunque, attraverso ogni cosa o sbaglio? Se tuo fratello è lì lo troverai. Per quanto riguarda Ame... va prima ad Oto, è più sicuro di quel covo di pazzi che è Ame. Quando avrai scoperto tutto ciò che potrai, torna qui a Kiri. Ah, Asmodai ascolta. Non parlare con Diogenes. Non trasformarti in Seinji. Sei sparito da troppo tempo e nella tua testa ospiti ricordi che non sono in grado di cavarti fuori. Ora sei troppo compromesso agli occhi di Diogenes, non puoi riavvicinarti a lui nello stato in cui sei, protetto solo da una Henge. Sospirai, ripensando ad Etsuko ed ai guai che aveva combinato. Se ero riuscito a perdonare Seinji però avrei potuto farlo con lui se avesse dimostrato sincero pentimento.
    Quando sapremo dov'è Etsuko, lo recupereremo, te lo prometto. Però niente mosse affrettate, ok? Gettarsi tra le braccia di Diogenes in quel modo era più un biglietto di sola andata per l'inferno che un modo sicuro di riportare un uomo perduto a casa. Inoltre avevo i miei sospetti che Etsuko potesse trovarsi insieme a Diogenes ma avevo la certezza che se avessi negato a Seinji di cercarlo lui avrebbe provveduto a cercarlo per fatti suoi contravvenendo alle mie più elementari indicazioni sulla sicurezza. Se era convinto di ciò uno sguardo ad Oto con i suoi penetranti occhi non avrebbe di certo fatto male. Mi fido di te Asmodai. Non tradire la mia fiducia, fa quanto ti ho chiesto, ok?
    Poteva capire quanto pesanti fossero le parole "mi fido di te". Ma il peso delle parole dipendeva solo da chi le ascoltava: avrebbe potuto non importarsene nulla o credere che quella era una importante dimostrazione di fiducia nei suoi confronti da che era tornato al villaggio. A lui la scelta.
     
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    In realtà Itai aveva ragione: su ogni parola, su ogni sillabo, su ogni accento posto lui aveva ragione, anche se Seinji quella ragione faticava ad ammetterla e dargliene atto. Sì, probabilmente Diogene l'avrebbe ucciso, schiavizzato, imprigionato o anche torturato, qualora fosse stato necessario, ma era un rischio che andava corso, e di questo Seinji ne era assolutamente convinto. Il soldato Etsuko andava salvato, andava portato in salvo, a qualsiasi costo. Lo diceva il cuore, l'istinto, il sentimento, e il sentimento non andava tradito perché era il sentimento, l'eterna fiamma dell'ideale a spingere i ninja in avanti, verso il sole, verso la salvezza e verso un futuro meno tenebroso.
    «No, non ho alcuna informazione di Etsuko da molto tempo...» - sospirò egli con un tono molto nostalgico ed era vero. Etsuko, colui che sembrava essere un fantasma, non dava sapere di sé. Magari ora era a Nord, con il popolo di quelle terre, a svolgere una vita del tutto tranquilla in mezzo ai prati, o magari era a Suna, o ad Ame. Non era dato saperlo a nessuno, se non a Etsuko stesso. Ciò però non escludeva che il ninja andava riportato a casa: troppo tempo è passato senza di lui a Kiri. Dinnanzi alle tenebre che da Oto minacciavano non solo Kiri ma ogni villaggio libero, Etsuko Akuma doveva prendere suo posto sulle mura, nell'Ospedale di Kiri, affinché ogni attacco venga respinto, e affinché ogni onda oscura si abbatta sulle alte scogliere di Kiri e retroceda.
    «E non ho alcuna paura del Mikawa, Itai. Né della gabbia. Né delle torture. Né degli inferi. Non temo di venir ucciso per mano del Mikawa; temo che sul campo di battaglia Etsuko venga ucciso per mano mia, » - rivelò egli al Nara il contenuto di uno dei propri sogni, incubi, che lo tormentavano ormai da un po' di tempo. - «Siamo ninja, shinobi. Non siamo fifoni incapaci di vivere retti, con la schiena dritta e la testa alta, nascosti sotto alla sottana di ninja più forti. Piuttosto preferisco lasciare la vita camminando sulla strada dell'onore, in cerca di colui che mi è caro e combattendo per esso finché l'ultimo respiro non lasci questo corpo. » - Da quando Itai Nara era divenuto un sincero padre di famiglia che si preoccupava per la vita di colui che fino a poco prima era stato un nukenin, che a Itai Nara lo voleva morto?.. Tutta quella situazione era assurda, iniziando dalla situazione di Diogene e dalle sue voglie, e finendo con i pensieri di Itai.
    «E Itai, dimmi sinceramente, cosa ne sappiamo di Diogenes? Cosa ne sappiamo dei suoi piani? E delle sue armi?.. E dei suoi alleati? Da un momento all'altro potrebbe venire qui, con la testa di Etsuko impalata su di una delle sue lance. Potrebbe abbattersi su queste mura e spianarle come farebbe un tsunami,» - disse Asmodai, tranquillo e calmo come non mai, con quella fredda maschera di puro raziocinio sul suo volto, mirata a nascondere il fuoco che gli bruciava dentro e che voleva lasciar esplodere, similmente a come farebbe un vulcano.
    «So che Kiri è debole ora. So che c'è bisogno di me, e proprio per questo eseguirò i tuoi ordini, come un soldato esegue gli ordini del proprio capitano. Ma se non riuscirò a trovare Etsuko né a Oto, né ad Ame, non mi rimarrà altro da fare che parlare direttamente con Diogene. Al momento è lui l'astro che fa gravitare intorno a sé i pianeti più piccoli; è il buco nero che risucchia le giovani menti. E sì, sono disposto a correre qualsiasi rischio, pur di veder realizzato il mio sogno.»
    Finendo di parlare, l'Akuma si alzò dalla sedia.
    «Io ho sempre amato questo villaggio, così come ho amato i suoi abitati, Itai. Io e te siamo solo la punta dell'iceberg; il meglio è invisibile agli occhi, ed è proprio questa parte invisibile che vivrà anche quando noi due ormai saremo morti. » - Poi sospirò. - «Farò come dici, e fidati di me così come io mi sono fidato di te. Ora andrò a Oto, m'intrufolerò in qualche modo nel villaggio, e cercherò Etsuko li con i miei occhi. Se non sarà li, partirò per Ame immediatamente: da questo momento ogni secondo ci è caro, e il tempo è più prezioso del sangue. E non preoccuparti, Itai. Ame è da sempre stato un covo di pazzi, ma in quel covo di pazzi ho vissuto tranquillamente un bel periodo della mia vita.» - Detto questo Seinji si sarebbe alzato, impassibile e freddo come prima.
    «Se non dovessi tornare, Itai, cerca di fare tutto per evitare una guerra. Invita Diogenes a sedersi dietro a un tavolo. Proponigli la Pace, ma non lasciare che il sangue innocente scorra. »
    E dunque, qualora Itai non lo avesse fermato - cosa che non sarebbe dovuta succedere, visto che Seinji accettò di buon grado gli ordini del Nara, - l'Akuma si sarebbe allontanato dall'Amministrazione, camminando sulla strada di ritorno a casa.


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    III



    C'era un limite oltre il quale si smetteva di essere sentimentali nei confronti dei propri consanguinei e si iniziava a sfociare nel campo della pura idiozia. Ed in quel momento Asmodai l'aveva superato con un salto acrobatico niente male. Non che glie ne facessi una colpa: lui faceva ciò che riteneva giusto per il suo cuore ed in quanto persona francamente interessata non potevo addossargli la colpa di non riuscire a vedere chiaramente la situazione. Così sospirai, mentre Yogan, lasciando sola Jukyu per un istante - non si era persa una parola - scoccò un'occhiata obliqua all'Akuma.
    Porco Jigoku. Quell'esclamazione mi pareva di averla sentita già. Hai intenzione di morire male eh, bel faccino. Bel lavoro ha fatto Meika comunque.
    Yogan ha ragione, Seinji. Confermai. Sei tutt'altro che lucido sulla questione e sopratutto, non comprendi il fatto che io ho i miei alleati per scavare nel covo di Diogene. Tu, Asmodai, sei l'ultima persona che senza un'adeguata preparazione che non posso fornirti deve avvicinarsi al Mikawa. Forse non hai compreso con chiarezza: ti è, assolutamente proibito, in ogni circostanza, contattare Diogene. Non è che non mi fidi di te, non è questione di fiducia. È questione che lui potrebbe avere sospetti e se volesse potrebbe tirarti fuori dalla mente ciò che vuole senza che tu possa minimamente impedirgli di fermarlo. Il mio tono era perfettamente calmo: perché arrabbiarmi? Aveva proposto un piano insensato ma finché non avesse iniziato ad insistervi sopra non avrei dovuto calcare la mano sfruttando la mia autorità.
    Il capo ha ragione. Yogan sedette sulla mia scrivania, dondolando le gambe con fare quasi infantile. Era difficile credere che in realtà fosse così forte e possente quando assumeva quella forma. Se solo notasse che il Jutsu che ti ha fatto è sparito, comprenderebbe immediatamente che sei un traditore.
    E non abbiamo modo di scoprire se è in grado di farlo o meno. Motivo per cui tu ti terrai estremamente alla larga da lui, ancor di più con l'aspetto di Seinji Akuma. Lo dico per te, non voglio perdere un uomo che ho ritrovato solo per la sua fretta di ritrovare un fratello perduto. Agisci con calma: se Etsuko è vivo, se Etsuko è con Diogenes, se Etusko cammina ancora in questo continente lo riporteremo a casa... O morirà. Aggiunsi nella mia mente.
    Etsuko rimaneva un traditore. Si era rivoltato durante una missione contro i suoi stessi compagni per seguire suo fratello e per quanto Seinji si fosse ravveduto lui stesso mi stava dicendo che non si poteva dire lo stesso per l'altro.
    Va ad Oto, ti fornirò io la scusa per parlare con Febh Yakushi. Scopri da lui dove abita Diogenes dunque lascia Oto. Fuori dal Villaggio, controlla accuratamente la casa del Mikawa con i tuoi occhi, se Etusko è lì lo vedrai, altrimenti nona ndare ad Ame: torna qui e riferiscimi ciò che vedi. Dopodiché decideremo come comportarci per Ame... se è vero che Etsuko è vicino a Diogenes dovrai agire con cautela, a piccoli passi, per non morire in un lago di sangue.
    Non ero io che dovevo fidarmi di lui. Era lui che doveva fidarsi dei miei ordini e delle mie deduzioni. Non era a conoscenza dell'alleanza che avevo stretto con Konoha.
    Inoltre, giacché sarai in viaggio, voglio che tu porti una missiva all'Hokage. Aggiunsi, ricordandomi di ciò che gli dovevo scrivere. Avevo elaborato un piano di difesa che lui avrebbe potuto aiutare a mettere a punto, qualcosa fossi riuscito a completare l'opera di allenamento che stavo faticosamente portando avanti.

     
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    La pura idiozia e il puro sentimento erano forse la stessa cosa, e nonostante Seinji comprendeva benissimo il pericolo, comprendeva benissimo anche l'assoluta necessità di salvare un'anima che egli stessa aveva portato sulla strada più oscura, tra le nebbie e le ombre più fitte. Non vi era niente che il Mizukage poteva dirgli od ordinargli, che Seinji non capiva di già: sì, bisogna agire cauti; andare piano per andare lontano, così come vi era un'assoluta necessità di portare dentro alle mura ogni anima viva possibile, prima che la tempesta si fosse abbattuta su di esse. Sì, era d'accordo con Itai su come agire: non sarebbe andato a gettarsi tra le braccia del Mikawa così facilmente, ma nemmeno così facilmente glie l'avrebbe data vinta nel caso ce ne fosse stato bisogno. Quel che voleva dire, era un più qualcosa di simile al "sono pronto a disobbedire agli ordini e morire pur di riavere Etsuko salvo" piuttosto che un "voglio morire in fretta e furia per riavere Etsuko nel villaggio". Perché sì. Perché le pecore smarrite andavano riportate nel gregge; perché i vari kiriani spersi per il continente dovevano ora obbedire al loro pastore e a nessun altro.
    Perché era così che funzionavano le cose: nei tempi di pace ognuno poteva scherzare come li pareva, ma nei tempi in cui villaggio stesso veniva messo sotto attacco, non si poteva far altro che difenderlo con ogni forza, con ogni uomo. Con ogni... medico.
    Perciò sorrise soltanto alle parole della dragonessa, mentre inchinò lievemente il capo alle parole di Itai, portandosi la mano al petto in segno di rispetto (dopo aver ritrovato la calma dal suo stato d'animo precedente).
    «Non sono lucido sulla questione, è vero. E farò come mi dici, Itai. Andrò a portare la missiva a Konoha, come mi chiedi, e andrò a Oto per parlare con Febh Yakushi. E dunque tornerò qua a farti rapporto... Hai la mia parola d'onore: non parlerò con il Mikawa, né lo contatterò in alcun modo, limitandomi unicamente a spiargli in casa.»
    Si calmò per un attimo riflettendo bene sulle parole che stava per pronunciare, e che non voleva risuonassero troppo "radicali". No, voleva soltanto dar modo al Mizukage di comprendere il suo reale stato d'animo.
    «Tuttavia, se non dovessi ritrovare Etsuko né ad Oto, né ad Ame, ti chiederò di darmi il permesso di morire così, come meglio preferisco: in battaglia. Sono pur sempre un ninja, e non voglio vivere col disonore di non essere riuscito a salvare un fratello.»
    Detto questo Seinji avrebbe fatto un altro inchino, chiedendo:
    «Posso essere libero?»


    Seinji
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    Il Fabbro Immortale

    Ritorno a casa


    Il sole era appena spuntato all'orizzonte e dalla prua della nave, Ryuu poté infine avvistare la sua amata terra, avvolta da una coltre di nebbia che lo faceva sentire a casa. Dopo tante peripezie il suo viaggio poteva considerarsi ormai concluso, rimanendo appoggiato al parapetto ad osservare il nuovo giorno mentre il vento gli soffiava tra i capelli ed attendendo solo il momento in cui avrebbe potuto poggiare i piedi sulla terra ferma per riabbracciare il suo villaggio.


    Non fu una missione particolarmente lunga come era da programma, ma dopo tanti guai non aveva sognato altro che poter tornare nella tranquillità del suo paese e potersi finalmente rilassare. Anche se non tutto era andato secondo i piani, era comunque riuscito a trovare e riportare indietro Ocha (seppur ferito alle gambe), quindi poteva dire di aver fatto comunque un buon lavoro e di aver portato a termine l'incarico che avrebbe consentito di far risorgere le leggendarie spade della Nebbia.
    Quando alla fine scese dalla nave e mise piede sul molo, salutando tutti i marinai a bordo ed accompagnato dal fabbro, non poté resistere a tirare un bel respiro profondo per assaporare di nuovo l'aria di casa, dirigendosi poi molto tranquillamente alla sede dell'amministrazione, cercando di riabituarsi a quell'ambiente che gli era tanto mancato. Lungo il cammino salutò felicemente i suoi conoscenti che non vedeva da tanto, ma non si fermò neanche un istante, sapendo che la priorità del momento era portare Ocha dal Mizukage.
    Dopo vari minuti di passeggiata arrivarono infine a destinazione, salendo le scale che li avrebbero portati al piano dell'ufficio del Mizukage e bussando successivamente alla sua porta. Ryuu non stava più nella pelle al pensiero di aver portato a termine una missione tanto importante e dei complimenti che gli avrebbe fatto il suo capovillaggio, dato che l'ultima parte l'aveva svolta praticamente da solo, quindi dopo aver avuto il permesso di entrare, avrebbe spalancato la porta per far passare prima l'uomo che stava scortando e poi entrando a sua volta.
    Buongiorno Mizukage-sama. Ecco Ocha-sama, siamo appena sbarcati.
    Avrebbe quindi atteso una risposta, restando fermo e sorridente ed aspettandosi un qualche elogio per il buon lavoro svolto.
     
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    Le Nuove Sette

    I



    Alcuni giorni prima dell'arrivo di Ryuu ed Ocha era giunto un messaggio da parte di un tale Tsukishima, Magistrato del Villaggio di Mizushima. Affermava che due Shinobi (Ryuuto Furunji e Ryuu Mizukiyo) avevano creato un bel po' di scompiglio presso il carcere della città, cercando di forzare l'accesso all'interno dello stesso con un'azione offensiva di scarsa pericolosità e nessuna probabilità di riuscita. Il Magistrato che era una persona ragionevole, aveva dichiarato che non voleva intralsciare una missione di un Villaggio Accademico senza una reale necessità e così, scaricando su di me i problemi causati da Ryuu aveva presentato il conto in denaro sonante della questione.
    Non era una richiesta di pagamento, Mizushima (e tutto il Paese del The) non avevano la forza di richiedere del denaro a Kiri per lo svolgimento di una missione, sopratutto considerando la totale nullità dei danni conseguiti. In realtà, così come diceva il Magistrato nella comunicazione, il problema reale era che Ryuu avesse tentato un'azione così sconsiderata, degna di un mulo da soma arrabbiato con tanto di paraocchi. Ma a quello avrei posto rimedio io: purtroppo (o per fortuna) Ryuu era mio allievo e certe cose non le avrei lasciate passare inosservate.




    QUando Ryuu entrò nel mio ufficio mi trovò solo. Ocha, al suo fianco, riservò un'accoglienza assai rumorosa e poco formale.
    Oh, e quindi tu sei il Mizukage. Ma vi fabbricano sempre più giovani per caso? Quanti anni hai eh? domandò con un certo ardore. Sorrisi, contento del fatto che almeno la missione fosse andata a buon fine nonostante la defezione di Ryuuto.
    Ventisei, Ocha-san. Sono estremamente felice che abbia accettato. Confessai, alzandomi per stringere la mano all'Immortale.
    VENTISEI! MA VEDI TU! Ah comunque, tu fai la mia felicità, sul serio. Spade per rendere immortale il mio nome e poi un sano riposo. Si fece serio per un breve istante Onestamente, il nome è l'unica cosa che dovrebbe rimanere immortale di una persona. Il nome ed il ricordo che esso si porta dietro.
    Comprendo, Ocha-san. Molti uomini mortali la penserebbero diversamente però. E tu? Sei tra questi? No. Vivere in eterno è l'ultima delle mie intenzioni, sarò onesto.
    Saggio ragazzo, dopo i centovent'anni inizi a pensare di aver fatto un errore, a duecento ne sei decisamente convinto e se ne hai trecento come me... bé, capisci bene come mi possa sentire. Allora, quando si inizia? Domandò, decisamente eccitato... di mettersi al lavoro o di morire?


    Presi un rotolo che, da quando il metallo era stato recuperato, portavo costantemente con me e dopo averlo aperto richiamai il suo contenuto: il metallo. Sette pezzi di metallo (compreso quello che si era incastrato nella testa dell'Eremita e che aveva creato così tanti problemi a Meika ed Akira) perfettamente allineati e pronti per essere lavorati. Li risigillai subito, consegnando la pergamena ad Ocha che l'afferrò con gioia.
    Questo è il metallo, Ocha. I progetti sono in quel rotolo allo stesso modo. Dissi, senza riuscire a nascondere una punta di eccitazione nella voce.
    Inizierai subito? Dammi una fucina e due settimane di tempo ed avrai le tue spade. Oh, sento la morte che si avvicina!
    Così gli dissi di recarsi al secondo piano e parlare con un certo Hokai che lo avrebbe accompagnato nell'isolata fucina preparata negli intricati canali sotto la mia residenza dove avrebbe avuto modo di sfogare il suo estro. Quando io e Ryuu fummo soli mi rilassai sulla sedia, fissando il ragazzino in viso.


    Buon lavoro Ryuu, sul serio, anche se ho ricevuto una lettera da Mizushima... mi grattai appena la guancia con fare distratto. Hai davvero deciso di assaltare una prigione da solo sperando di entrarci quando potevi chiedere il permesso di entrare?
    Non riuscii a nascondere un certo stupore nella mia voce, anche se ero abbastanza certo che ciò potesse imbarazzare il ragazzo più di quanto ne avessi intenzione. Perché Ryuu, in quel caso, dovrei proprio infilare un po' di buonsenso in testa prima che la prossima volta tu finisca ammazzato. Aggiunsi, con serietà.


    Leo, il tuo post giungerà in serata con ogni probabilità :sisi:

     
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    Le nuove sette

    Lo sa!


    Il Mizukage fu visibilmente felice di trovarsi davanti il famoso fabbro, e Ryuu non poteva che chiedere di meglio, dato che si sentì perfettamente soddisfatto di aver fatto un buon lavoro. I due presero a parlare del più e del mano, soprattutto dell'argomento che Ryuu ormai si era abituato a sentire da quando aveva conosciuto Ocha ma che comunque gli suscitava una certa angoscia, ovvero il pensiero di sapere che quell'uomo avrebbe presto trovato la morte per sua scelta.
    La cosa non durò molto per fortuna e subito passarono a discutere delle questioni veramente importanti e che avevano dato inizio a tutta quella faccenda, quando il Mizukage tirò fuori da un rotolo 7 grandi pezzi di metallo e consegnandoli successivamente nelle mani del fabbro. Ryuu rimase immobile a poca distanza dal grosso uomo, guardando stupefatto il materiale che in un prossimo futuro sarebbe stato trasformato nelle mitiche sette spade prima che questo fu fatto sparire all'interno del rotolo. Come lui e Ryuuto avevano avuto una metà della missione da svolgere, l'altra metà era stata assegnata agli altri 2 genin che erano stati convocati in amministrazione quel lontano giorno prima della partenza, e a quanto pare erano già tornati indietro con il bottino.
    Il ragazzo fu felice che fossero tornati sani e salvi, perché anche se aveva sempre tenuto una sorta di spirito competitivo nei loro confronti, il pensiero di aver entrambi compiuto il proprio dovere ed aver contribuito a mettere insieme tutti i pezzi per finire quell'importante missione come fosse tutto un unico lavoro di squadra, era decisamente più soddisfacente che vincere una piccola sfida tra ragazzi.
    Ocha, tra l'altro si disse disposto a cominciare immediatamente il lavoro, cosa che mise ancora più di buon umore Ryuu, salutandolo cortesemente prima che lasciasse l'ufficio e poi aspettando che il Mizukage si rivolgesse finalmente a lui.

    Il giovane rimase impazientemente in attesa che l'uomo difronte a lui gli dicesse qualcosa e alle prime parole che questi pronunciò, si sentì sempre più in estasi, ma fu quando continuò il suo discorso che cominciò a provare un po' di inquietudine.
    Buon lavoro Ryuu, sul serio, anche se ho ricevuto una lettera da Mizushima...
    Il ragazzo in fondo se l'era aspettata una cosa del genere, ma venire così bruscamente a contatto con la realtà che stesse realmente succedendo si ritrovò decisamente spiazzato. Che cosa poteva avergli scritto il magistrato di Mizushima? Certo, lo avrebbe dovuto sicuramente aver informato del suo assalto alla prigione, oltre allo scarso risultato, ma chissà cos'altro.
    Hai davvero deciso di assaltare una prigione da solo sperando di entrarci quando potevi chiedere il permesso di entrare?
    Quelle parole gli gelarono completamente il sangue nelle vene. Rimase immobile con gli occhi sgranati a fissare il Mizukage, riflettendo a cosa avrebbe mai potuto rispondergli. Nonostante si fosse pentito quella stessa sera di quel grosso sbaglio, il terrore di essersi finalmente reso conto che le cose erano sicuramente molto più semplici di quanto non gli erano apparse e che il suo capo lo fosse venuto a sapere fu come una pugnalata al cuore.
    In quei momenti avrebbe voluto sparire nel nulla per la vergogna, eppure per quanto lo desiderasse e continuasse a pregare i kami che accadesse, dovette fare i conti con la realtà ed accettare che non sarebbe potuto andare a nascondersi da nessuna parte dallo sguardo che gli stava bruciando l'anima.
    Perché Ryuu, in quel caso, dovrei proprio infilare un po' di buonsenso in testa prima che la prossima volta tu finisca ammazzato.
    Questa volta aveva la prova che stesse facendo sul serio, poiché i suoi occhi ed il suo tono non lasciavano dubbi.
    Merda, merda, merda, perché non succede niente? Fatemi sparire, vi prego.
    Nonostante tutto, in fondo si rendeva conto di aver commesso un grave errore e già se n'era pentito a sufficienza, ma non riusciva proprio a trovare le parole per spiegarlo al Mizukage e non farsi contemporaneamente crepare di botte da quest'ultimo. Non se la sentiva di metterla troppo sul drammatico e pietoso, ma non sapeva proprio come difendersi, riuscendo a malapena a balbettare qualcosa, prima di mettere insieme delle parole a casaccio.
    Ma-ma-ma...b-bé, io...cioé, non sapevo che fare. I-io, noi avevamo visto uno che...cioé rischiavamo di farli uccidere...e-ero sotto pressione. Non ci avevo proprio pensato, mi scusi.
    Il ragazzo non riuscì a non far emergere il suo rammarico ed il suo imbarazzo, arrossendo e rimanendo a cercare di scusarsi abbassando lo sguardo e rialzandolo continuamente, sentendosi fin troppo osservato.
     
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    IV



    Fortunatamente non dovetti insistere molto sulla questione. Seinji accettò di buon grado le mie condizioni anche se, alla fine della fiera, fece un discorso che francamente trovavo inconcepibile.
    Se vuoi ti taglio direttamente la gola io così la facciamo finita subito, che dici? Domandai allora alzando un sopracciglio, cercando di sottolineare il sarcasmo nelle mie parole con l'inclinazione della mia voce. Se non troverai Etsuko tornerai a Kiri e metterai il tuo culo a disposizione del villaggio, morendo per difenderlo se necessario, Seinji. Ciò che è successo ad Etsuko è solo colpa sua. È adulto, ed è responsabile delle sue azioni.


    Di che onore parlava dopotutto? Quello che stava cercando di ricostruire dopo averlo gettato per le sue azioni del passato? E perché il non ritrovare suo fratello era un disonore? Lo avrebbe probabilmente ferito e lo avrebbe fatto soffrire, ma Etsuko era responsabile del suo stesso destino. Asmodai non ne aveva nulla a che fare.
    In ogni caso... ti scrivo la lettera che devi consegnare all'Hokage. Se ti dovesse consegnare qualcosa ti prego di farmela avere al più presto. Dunque presi carta e penna e vergai la lettera.


    Salve Hokage, perdonerai lo scarso tono formale della missiva.
    In base a ciò che decidemmo a Kurohai vorrei proporti qualcosa. Non so effettivamente se quel simpatico potere che hai dimostrato ha limiti o meno, ma mi pare di capire che funziona facendoti trasportare su degli oggetti, no?
    Se hai un modo di superare i limiti di distanza imposti posso suggerire che tu mi dia uno di quegli oggetti (da tenere con me) così avremmo un collegamento alquano utile se serve, dati i tempi di pericolo che corriamo.
    Sto lavorando ad un modo per riuscire a contattarti rapidamente per necessità, spero di riuscire presto a fare ciò che intendo. Per ora fammi sapere se puoi teletrasportarti a tale distanza.

    Se riuscissi a trovare un modo di comunicare efficacemente potremmo, qualora la situazione lo richieda, essere sempre in due ad affrontare i nemici che appestano il mondo.
    Credo che due Jinchuuriki non sarebbero piacevoli da affrontare, specie due come noi.

    Fammi sapere presto.

    p.s. Non maltrattarmi troppo Asmodai, il ragazzo è un po' depresso, non farmelo ammazzare prima del tempo.

    Itai


    Dunque chiusi e sigillai quella missiva. Dunque presi un secondo foglio, cercando due righe da scrivere a Febh che non potessero produrre eccessiva preoccupazione se lette dal Mikawa. Poi mi resi conto che in effetti non c'era un qualsiasi motivo che potesse spingere me ad andare a parlare con Febh. Nessuno che non potesse produrre una certa dose di sospetti.
    Non riesco a trovare la scusa adatta per mandarti ad Oto, lo ammetto. Parla con l'Hokage, lui sapeva di Diogenes. Domandagli dove si trova la sua casa e controllala dalla distanza. Non servirà che tu entri nel Villaggio, sarai perfettamente al sicuro fuori. Se vuoi entrare è una tua scelta Asmodai, fallo solo se l'Hokage non sa dirti dove sta la casa del Mikawa. Non sapevo se lo sapesse o meno dove si trovava l'abitazione di Aloysius. Cosa dire alle mura starà a te, ma ti sconsiglio di inventare troppe balle se serve. Trova una scusa e perseguila sul serio, solo così non attierai attenzioni. Era tutto ciò che potevo dirgli. Ora poteva andare dove voleva.

     
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    Alla domanda del mizukage l'Akuma lievemente sorrise, comprendendo quanto quel biondino fosse lontano dal comprendere il reale stato d'animo di Seinji Akuma. Certo, essere un ninja forte non significava essere anche abbastanza empatico per capire il reale stato d'animo di coloro che si trovavano intorno a lui, però... Che diamine! Possibile non capisse? Possibile? O forse era soltanto un figlio unico? Per un attimo gli volle proporre di immaginare in mano al Mikawa una delle sue figlie, e di chiedergli cosa avrebbe fatto allora, ma all'istante stesso sorrise soltanto con un sorriso malinconico e ironico.
    «Credo sia meglio farmi tagliare la gola subito, anziché continuare a vivere complice della mia incapacità di far tornare una fratello a casa...» - Poi ascoltò il resto del discorso di Itai. - «Ai vecchi tempi sarebbe stato il villaggio intero ad andare a cercare un elemento perduto, Mizukage. Indipendentemente da dove questo elemento si sarebbe trovato, i Mizukage dei tempi remoti lo avrebbero trovato anche in bocca del diavolo, e lo avrebbe riportato qua incuranti delle conseguenze. Ma fintanto che ora la tua volontà combacia con quella del villaggio, la rispetterò...» - Disse Seinji, incurante del tono, ancora malinconico e un po' depresso, privo della sua freddezza precedente. Quindi si ricompose, aspettando la missiva per l'Hokage e gli altri ordini che avrebbe dovuto portare a termine. E nel mentre Itai scriveva, l'Akuma stette li, rigido e composto, come più si addiceva per un... maggiordomo. Doveva entrare in quella personalità al più presto, e al più presto doveva distaccarsi dai precedenti discorsi, dai pensieri e dalle parole di Seinji Akuma, per iniziare a essere in tutto e per tutto colui di cui portava la faccia: un maggiordomo. Che per altro stava anche per diventare un maggiordomo-minore, ma quello sembrava essere un problema minore. Il problema più grande era che, almeno nei confronti di Etsuko, continuava a essere Seinji Akuma.
    Una volta avuta la missiva, l'Akuma ascoltò ciò che Itai ebbe da dirgli a proposito di Febh Yakushi, Diogene e Oto, e avuta la risposta si meravigliò di essa.
    «Dirò al guardiano che Itai Nara ha invitato Febh Yakushi qua a Kiri per fargli assaggiare il mio buon sushi...» - scherzò l'Akuma rendendosi conto che aveva ancor meno senso di umorismo di Itai stesso. - «Oppure gli dirò che vuoi parlargli dietro a un tavolo da Kage a Kage per discutere di alcune questioni interplanetarie e per evitare una guerra mondiale che ammazzi un po' tutti.» - Si fermò per un attimo riflettendo sulle possibili motivazioni che lo potevano spingere verso il villaggio di Oto. Poi continuò: - «Anche se forse sarà meglio che sorvoli il villaggio dall'alto, così potrò indagarci un po' su in giù e vedere se riesco a trovare Etsuko.»
    Quindi fece un flebile inchino.
    «Le manderò la missiva dell'Hogake con uno dei miei volatili, sperando che riesca a trovare il palazzo di Sua Eccellenza. Uhm... Uhm... Ah, credo sia tutto. Sono libero ora, o c'è altro che Itai Nara deve dirmi?»


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    V



    Alzai un sopracciglio con fare incerto mentre lui ricordava "i vecchi tempi". Non era più anziano di me e non avevo idea a quali tempi si riferisse se non quelli dorati che esistevano solo nella sua testa.
    Un traditore, Seinji. È tuo fratello e se sarà disposto a redimersi lo riaccoglierò, ma non credere che sarei disposto a mettere in pericolo la vita di un mio uomo per il suo benessere, puntualizzai un po' piccato dal fatto che fosse proprio lui - che aveva tradito il villaggio - a pretendere di ricordarmi come ci si dovesse comportare in certe situazione. Non posso permettermi di essere incurante delle conseguenze. Solo gli stolti lo sono, aggiunsi poi, con tono un po' distante e pensieroso.


    Quanado poi lui propose diverse cose da dire a Febh iniziai a rabbrividire al pensiero di doverlo incontrare senza una scusa. Soprattutto perché tutto ciò che stava proponendo erano ottime invenzioni per scatenare chissà quali sospetti nel Mikawa. Mi misi una mano sul volto iniziando a dubitare che mandarlo fosse la cosa giusta.


    Sei tanto vicino così dal non andare più da nessuna parte e non accendi il cervello Asmodai, ti prego, era un po' stancante dover spiegare certe cose ad un ninja che sarebbe dovuto essere esperto Il pericolo è rappresentato dal fatto che Diogenes Mikawa possa capire che io sappia di lui e che tu sei Seinji Akuma. Per cui non devi mettere in mezzo me, tantomeno Kiri, trova qualcosa di personale, altrimenti sarei riuscito a trovare un pretesto io stesso, ma non ce ne sono l'idea che andasse lì a dire quelle cose mi spaventava alquanto. Così se Febh avesse accettato oltre a dovermi sorbire un Consigliere irritato per averlo fatto lavorare avrei dovuto inventare un sacco di baggianate che avrebbero potuto irritarlo ancora di più.
    Un comportamento così considerato che non poteva non far nascere dei sospetti.


    Poi, riguardo la missiva. Se avessi voluto affidare questa lettera a dei volatili avrei mandato i miei. Portala all'Hokage di persona, è di strada dopotutto, non perderai tempo, dissi all'uomo. Ah, e non chiamare Raizen "sua Eccellenza", che o si irrita o potrebbe gonfiarsi tutto e gli spunterebbero le piume come un pavone... non so quale delle due sia più probabile, aggiunsi con tono non così sarcastico dopotutto. Puoi andare, conclusi, sperando avesse capito tutto.
    E non parlare di me in terza persona mentre sono davanti a te! Aggiunsi mentre lo vedevo uscire dalla mia porta. Quando parlava in quel modo mi era difficile comprendere se fosse serio o se mi stava prendendo in giro.
     
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