Vita Quotidiana

[Addestramento]

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  1. Iron_Malfoy
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    L'addestramento è ambientato cronologicamente in questo modo:

    Iron è tornata al villaggio dopo quasi un anno di assenza, ha rivisto Xander, ha curato Xander ma non gli ha detto di aver avuto due figli da lui. Tuttavia non si parlerà di questi eventi per non ingarbugliare gdr non ancora effettivamente avvenuti. Inoltre la "lite" tra Shay e il giovane Inuzuka è temporalmente avvenuta durante il corso genin di Shay in una delle fugaci apparizioni al villaggio di Iron. L'addestramento avviene dopo qualche tempo dalla conclusione dell'esame di Shay.

    ---

    *Iron calciò con forza un sassolino mandandolo a conficcarsi sulla corteccia di un albero. Era particolarmente arrabbiata. Non aveva nessuna voglia di addestrare dei mocciosi. Borbottò tra se e se. Si, era stata una pessima idea tornare. Aveva la netta sensazione di non aver fatto nemmeno un passo in avanti, sebbene i risultati si vedessero eccome. Era stanca e annoiata e l'idea di dover addestrare qualcuno a quella vita la innervosiva. Sapeva già che si sarebbe trovata davanti alla faccia di un ragazzino tutto pieno di energia che non aveva la minima idea di cosa volesse dire essere ninja. Si faceva presto a compilare una serie di fogli in una classe. Era facile seguire le lezioni una dietro l'altra seduti comodi (pressapoco) su di una sedia davanti ad un banco al sicuro.*

    *Sbuffò. Beata innocenza. Ma chi glielo faceva fare a quei ragazzini di lanciarsi in una vita simile. Sospirò. Che compito ingrato.*

    *Sharpy e Mikomi non erano con lei ovviamente avevano un compito ben più importante da assolvere in quei giorni. Sarebbe stato il caso di tornare quanto prima da loro comunque.*

    *Gli odori del porto la innondarono ancora prima dei suoi rumori. L'appuntamento era li.*

    "Vediamo un pò se è puntuale"

    *L'amministrazione non le aveva dato la scheda di chi sarebbe stata costretta ad addestrare. Gli avevano solo detto "Per addestrare il migliore del corso abbiamo pensato a te." Iron aveva alzato un sopracciglio e aveva risposto "Sempre molto gentili". Almeno non le avevano dato un caso umano... sperava. Al ninja di turno sarebbe arrivata missiva dall'amministrazione con segnalato di farsi trovare all'alba del giorno venturo presso il porto di Konoha.*

    *Iron si sedette sopra dei barili vicino alla banchina 7 e attese. Il sole non era ancora sorto ma non sarebbe mancato molto. L'aria era leggermente frizzantina, le onde spumeggiavano tranquille sulla riva facendo oscillare le navi all'ancora. Qualche gabbiano strillava in lontananza. Respirò l'aria salmastra e attese.*

    ----

    Pensieri e aspettative. Post d'introduzione al corso.
    Shay sa che ad addestrarla sarà Iron è scritto nella lettera.
     
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  2. S h a y
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    La mia (Futura) Vita Quotidiana.

    Erano appena suonate le ore quattro zero zero del mattino.
    Giusto un paio di giorni prima mi era stata recapitata una lettera dall’accademia, in seguito ad una mia richiesta per avanzare nell’addestramento Ninja Accademico; si delineava una prospettiva molto interessante, giacché la mia sensei sarebbe stata una Inuzuka. Per la precisione “Quella” Inuzuka, Iron Tobi.
    A volte ne sentivo parlare, qua e la, dai parenti e dagli amici di mamma; La descrivevano come una persona schiva ma dal grande senso del rispetto.. o onore o qualcosa che non avevo seguito bene, poco interessata. L’avevo vista solo una volta, molto tempo prima, durante i corsi accademici, mentre viaggiavo per Konoha con le mie volpi, mi aveva difesa assieme ad Ashura da quei due squilibrati..

    Onestamente non sapevo cosa pensare di quella donna. Mi sentivo particolarmente elettrizzata all’idea di incontrarla, di conoscerla, di imparare. Dopo aver pianto per almeno due interi giorni, visto il risultato che riscontrai all’esame da Genin, la mia vita era diventata molto meno traumatizzante, anzi, ero decisamente pronta a iniziare un nuovo ed entusiasmante ciclo di studi.

    Mi alzai qualche minuto dopo la sveglia, feci una doccia veloce, mi sistemai i capelli, facendo in modo che il copri fronte scintillante di Konoha vi spiccasse bene usandolo come passata, ed infine l’uniforme da Genin. Quanto l’avevo sognata? Troppo a lungo. La indossai in silenzio, lunga, nera, con i risvolti colorati di giallo, Mel’aveva regalata Hyn, facendola cucire a sua Moglie, una bravissima Sarta. Sulla schiena aveva un enorme foglia color verde pallido. E mi calzava perfettamente.

    Quando riuscì ad uscire di casa, le strade ovviamente deserte, erano circa le cinque del mattino. Dovevo raggiungere il porto, avrei dovuto tenere un’andatura piuttosto rapida per essere in anticipo sull’orario, ma non volevo sembrare eccessivamente spavalda. Non riuscivo a pensare ad altro che a ciò che era successo nel passato, rivedevo qua e la volti, persone, colori appartenuti alle genti che avevo incontrato, di cui mi ero spaventata. Sentivo una forte determinazione ma anche un’irrefrenabile inquietudine dentro di me, se non fossi stata all’altezza di quella donna? Infondo avevo solo imparato bene tutto quello che potevo dai libri, dai consigli e dalle riflessioni di Fujiko, adesso si trattava di qualcosa di vero, reale. Di Ossa rotte, di ferite sulla pelle.

    La calma iniziale lasciò ben presto il posto ad una strana sensazione di inquietudine, quasi paranoia. Continuavo a muovermi verso il porto, pensando insistentemente a come sarebbe stato il mio futuro, forse avevo davvero qualche chance di arrivare ai trent’anni, come Kaworu? Magari diventare Chunin un giorno! Sarebbe stato bello, in effetti, poter partecipare a qualche missione, salvare delle vite, come mi ero ripromessa più e più volte di fare in tutta la mia carriera.
    Ebbene adesso era il momento buono per dimostrare a me stessa che potevo di nuovo valere qualcosa, potevo superarmi, reinventarmi, costruire un futuro ancora migliore di quello che ero già riuscita a fare. E magari farmi qualche amico, così, giusto perché ero ancora sola come una bestia..

    Avevo volutamente evitato di farmi raccontare ogni orpello macabro degli addestramenti successivi al Genin, era mio preciso desiderio sperimentarli in prima persona, diventare più forte anche caratterialmente. Sapevo sin troppo bene che l’essere riuscita a comunicare con due o tre persone per qualche minuto non era sufficiente a definirmi “guarita” da quella mia strana patologia Asociale.
    In cuor mio sperai che Iron non fosse una sensei così rude come l’avevano descritta alcuni, avrei voluto affezionarmi, come era successo con Fujiko durante quei due giorni sulle Montagne, ma forse era solo la mia testa che vagava troppo alla ricerca di una figura da ammirare che, in famiglia, era venuta a mancare.

    Alle primissime luci dell’alba ero in vista del porto.
    Non avevo portato con me altro che l’equipaggiamento standard, contenuto nella divisa, le fasce arrotolate saldamente attorno alle braccia ed una fiaschetta piena di succo di limone. Mi piaceva il succo di Limone. Passando accanto ad uno degli ultimi alberi prima dell’inizio delle banchine, notai un bel sasso incastrato nella corteccia. Mi parve assai buffo in un primo momento. Forse qualche bambino, per gioco, lo aveva conficcato la dentro a forza di colpire la corteccia. Sorrisi inconsciamente, osservando il cielo illuminarsi ogni secondo di più al sorgere del sole. L’odore di Salsedine, di Pesce, mi piaceva il mare e il suo paesaggio.

    Poi la vidi. Una figura seduta sui barili della Banchina, proprio vicino ad un cartello con un numero, il Sette. Mi si gelò il sangue nelle vene, come se tutti i bei discorsi sul futuro, sul cambiamento portato dal Genin, fossero stati lanciati a velocità stratosferica dentro al sole e, in quel momento, fossi al gelo più completo. Cercai di farmi forza, di concentrarmi. Alla fine era una sola persona, avevo dialogato con persone da sole in passato, ed era andata sempre benissimo. Dovevo solo fingere che non fosse chi era, ovvero dovevo fare in modo che la sua persona non mi mettesse in assoluta soggezione. Peccato che mi tremassero le gambe.

    -D’accordo Shay – Iniziai a parlare a me stessa –Poche ciance, questa è la tua grande occasione. Non buttare all’aria tutto per le tue crisi mentali da sclerotica.. – scossi la testa, come a voler scacciare via il pensiero negativo. Avanzai verso Iron.

    Arrivata a circa una decina di metri mi immobilizzai, perdendo completamente la fiducia in me stessa. La fissavo con occhi colmi di un misto di stupore, meraviglia, terrore e soggezione assoluta. Vista da fuori, con tutta probabilità, sarei sembrata sul punto di farmi cogliere da un infarto stroncante.

    Poi, passandomi le palme delle mani sulla casacca, iniziai a presentarmi con voce tutt’altro che decisa, seppur rispettosa e cordiale. – Lei è Iron Tobi Inukuza? – Chiesi con garbo, anche se era mia precisa idea che non fosse necessario domandare quella banalità. – Io sono Shay Hyuga, La sua Allieva, Sono Onorata di fare la vostra conoscenza. – Finita l’ultima parola, esaurì anche la mia riserva di coraggio. Restai come ammutolita, in silenzio, attendendo un suo qualsiasi gesto.
     
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  3. Iron_Malfoy
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    *Iron sentì l'odore di quella ragazzina ancor prima di vederla. Ne percepì il sudore freddo, l'aspettativa, la paura...*

    *Era paurosa di suo od era lei ad incuterle timore? Alzò impercettibilmente le spalle. Poco male, faceva bene ad aver paura. La vita non faceva altro che proporci situazioni paurose, prima si abituava e meglio era.*

    *La vide arrivare davanti a lei con quel suo fare impacciato da cucciolo.*

    CITAZIONE
    – Lei è Iron Tobi Inukuza? –

    *Iron si guardò attorno e si puntò un dito al petto.*

    "Chi io? No."

    *La guardò seria quindi sorrise.*

    "Chiamami Iron o al massimo Sensei"

    CITAZIONE
    – Io sono Shay Hyuga, La sua Allieva, Sono Onorata di fare la vostra conoscenza. –

    "E non azzardarti a darmi del Lei o del Voi o potresti morire senza accorgertene."

    *Non scherzava e la minaccia era quanto di più reale e terrificante la kunoichi probabilmente avesse provato in vita sua.*

    *Iron scese dalle botti con un movimento agile e aggraziato quindi iniziò a camminare lungo la banchina verso l'acqua.*

    "Mettiamo subito le cose in chiaro. Scorda quelle stupidaggini che hai appreso durante il corso Genin. Sei qui perchè devo un favore ad una persona."

    *All'orizzonte apparve un'imbarcazione.*

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    *Iron rimase al molo per un pò finchè la barca non fu quasi vicina quindi diede le spalle al molo e tornò ai barili.*

    "Aiutali ad attraccare."

    *Di tutta risposta dall'imbarcazione arrivò un grido da parte di un marinaio.*

    "Ehi al molo!"

    *Poco dopo un uomo enorme e con un gran pancione apparve e fece un gesto di saluto verso Iron.*
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    *Pareva non avesse neanche degnato di uno sguardo la ragazzina che nel frattempo aiutava i marinai a far attraccare la barca quasi fosse abituato a vedere Iron insieme a dei ragazzini. Una volta attraccato fecero scendere la passerella e l'uomo a passo veloce andò dritto verso Iron urtando lievemente Shay a causa della sua grossa mole.*

    "Iron-sama come state! E' un onore poterti rivedere in piena salute. Mi hai portato un moccioso ho visto."

    *Iron per tutta risposta sorrise e lasciò che l'uomo l'abbracciasse con fare paterno tradito dalla formalità delle sue parole.*

    "E' sempre un piacere Willy vedere che non hai perso la tua forma smagliante. Si chiama Shay."

    *L'omone allargò il sorriso.*

    "Shay! Aiuteresti i miei uomini a far sbarcare il carico?"

    *Iron guardò la kunoichi e fece segno di si con la testa per confermare l'ordine.*

    "Shay, 2 alla volta e da sola."

    *Quindi a voce più bassa si mise a parlare con Willy. Quando Shay fosse salita sulla nave avrebbe visto un carico enorme di casse di pesce di media dimensione. Tutto il ponte della nave ne era coperto.*

    "Davvero Iron-Sama c'ha mandato te per aiutarci?"

    "Ehi taci se Iron-Sama ritiene che vada bene vuol dire che va bene."

    "Non lo metto in dubbio ma guardala."

    "Sarai costretta a sporcarti i vestiti."

    *Gli uomini iniziarono le operazione di sbarco. Due di loro alzavano a fatica una cassa sebbene fosse evidente dalla quantità di muscoli e tatuaggi che fossero uomini di mare ben esperti. Era quanto di più evidetente per Shay che quella sarebbe stata una sfacchinata atroce.*
     
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  4. S h a y
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    Aye,Aye!

    Se Fujiko mi era sembrata potente e invincibile, Iron era alla stregua della divinità.
    Ogni sua parola risuonava nella mia testa, come se provenisse da un altro luogo, un altro tempo, non saprei dire perché mi fece quell’effetto, ma mi sentivo frastornata dalle sue prime parole. Anche se riuscì a carpire un sorriso, tenevo gli occhi bassi per mera timidezza, attendendo che esprimesse il suo disappunto sull’uso di termini formali e burocratici.
    Avrei forse dovuto scordarmi tutto quello che avevo imparato? Dovevo dimenticarlo realmente? Forse doveva andare così in quella nuova parte della mia vita, ancora tutta da comprendere, da esplorare.

    Non badai alla minaccia, più che altro perché non potevo essere maggiormente intimorita dalla sua persona di quanto non lo fossi già, vista da fuori sarei sembrata un piccolo animale domestico che attende gli ordini del padrone. Una scena molto.. particolare, che in quell’istante non riuscivo nemmeno a focalizzare.

    CITAZIONE

    " [..] Sei qui perchè devo un favore ad una persona."


    Annuì in silenzio. Se il mio addestramento implicava l’aiutare la mia Sensei a fare qualcosa, era mio desiderio eseguire gli ordini, senza troppe lamentele. Forse, come era successo con Fujiko, anche Iron sarebbe risultata una persona interessante, con un trascorso nascosto e misterioso. Per un secondo tornai a pensare al passato. Non c’era però molto a cui pensare, oramai il sole era alto nel cielo e qualche anima pia iniziava a mobilitarsi nel porto.

    Da lontano apparve una nave, diretta con tutta probabilità al porto. Mi piacevano le navi, avrei viaggiato per mare un giorno di questi, andando a Kiri a trovare gli altri. Ma per adesso, l’unica cosa su cui mi tenevo concentrata erano le richieste della Inuzuka. La prima, inaspettatamente,fu di aiutare l’imbarcazione in arrivo ad attraccare al molo. Non avevo Mai fatto una simile attività prima d’ora, non sapevo nemmeno da dove iniziare. Tenevo sotto controllo a stento i vari arti del mio corpo, cercando di dargli un’andatura regolare fino al limitare della banchina, dove avrei dovuto sistemare le cime di ormeggio della nave.
    -Su Shay.. è una Nave, non è la fine del mondo. – Il problema più grande dei pescherecci commerciali è il carenaggio. Ossia sono navi estremamente capienti e.. Una Enorme Cima venne lanciata a pochi centimetri dalla mia testa, rovinando con un tonfo sordo sul molo, alzando qualche schizzo d’acqua salmastra. Ne rimasi inorridita, come minimo doveva pesare una decina di kilogrammi, in più era bagnata fradicia. Con una riluttanza borghese, del tutto impropria per me, la raccolsi da terra, andando a legarla con non poca fatica ad uno dei piloni della Banchina. Mi assicurai che il nodo fatto riuscisse a reggere gli eventuali strattoni della corrente e mi voltai verso Iron. Per terra c’erano altre sette o otto cime, accavallate una sopra l’altra. Non volevo certo passare per scansafatiche, quindi mi presi la briga di legarne altre quattro ad altri due differenti piloni, mentre alcuni dei Marinai si occuparono delle restanti.

    Speravo di aver fatto un buon lavoro! Quelle cime erano pesanti e difficili da legare a causa del logoramento ricevuto dal sale, avevo le palme delle mani arrossate per stringere i nodi. La sensazione era piuttosto sgradevole. Inoltre un puzzo di pesce a dir poco nauseabondo veniva giù dalla barca. Credevo di dar di stomaco ad un certo punto, mentre tornavo vicino ad Iron come a voler comunicare che il lavoro assegnatomi era concluso. Certo, sarebbe stato fondamentalmente bello se il mio Addestramento avesse consistito nel legare decine di cime umide e sporche a dei pali, ma le vie dei Sensei sono pressappoco infinite.

    Un grosso tizio, che sembrava un piccolo elefante, scese vedendo Iron, urtandomi mentre mi avvicinavo e facendomi perdere l’equilibrio su una cima lanciata dietro di me. Caddi, battendo il sedere per terra. Arrossì pesantemente in volto, non era certo stata colpa mia, ma non stavo con la testa al presente e, mentre fantasticavo, avevo perduto l’equilibrio in quell’urto. Cascando lanciai un piccolo gridolino mozzato di dolore. –Urgh!-.
    Tuttavia i due non sembravano curarsi troppo degli infortuni che avrei potuto subire, mi limitai però ad alzarmi, ascoltando curiosamente e un poco inopportunamente i loro discorsi. Sembravano conoscersi da un po’ di tempo, forse amici di vecchia data. Certo, non era bello sentirsi chiamare mocciosa.. infondo anche lui doveva essere nato bambino, no? La cosa più inquietante è che in tutto quel trambusto, la mia iniziale paura e timidezza si era spostata verso quella che potrei definire.. una vergogna giustificata.

    Non potevo pretendere di capire certi aspetti della vita portuale, ne a cosa fosse precisamente utile legare cime luride a dei pali per migliorare il proprio addestramento, ma ero IO quella che doveva imparare, proprio per questo.

    Non aggiunsi altri inutili pensieri a quel groviglio di riluttanza che provavo per le tonnellate di pesce stipate la dentro, a giudicare dall’odore della nave, ma l’Ordine Perentorio di Willy, così si chiamava il piccolo pachiderma, mi forzò a cambiare idea.

    CITAZIONE

    "Shay! Aiuteresti i miei uomini a far sbarcare il carico?"


    CITAZIONE

    "Shay, 2 alla volta e da sola."


    Due alla volta. Istintivamente sospirai, poi mi ripresi di nuovo, non potevo e non volevo fare la faccia arrendevole solo per una semplice richiesta. Volevo essere una brava Allieva..
    Quindi sorrisi, con un leggero cenno del capo mi avviai sulla passerella della nave. –Vado, Sensei Iron -
    Arrivata sul ponte, mi guardai un attimo attorno, non avevo affatto notato che di casse ce ne erano a dozzine, il ponte ne era totalmente ricoperto! E puzzavano terribilmente di pesce marcio.
    Inoltre c’erano un sacco di nerborutissimi marinai che guardavano con occhi poco discreti una piccola sedicenne che si appresta a fare il loro lavoro, e non potevo nemmeno biasimarli, solo io, povera stupida, potevo mettermi un’uniforme di Seta per andare ad Addestrarmi, ovvio!

    Mi sentivo terribilmente in imbarazzo, ma almeno il compito non sembrava troppo arduo, le casse erano normali, di una dimensione tutto sommato trasportabile. Il problema arrivò quando due di quegli omaccioni, tanto muscolosi, ne alzarono a fatica una. Una! E io che avrei dovuto portarne due alla volta? Iniziai ad avere un principio di panico, non dovevo, non volevo avere paura. Adesso l’unica cosa importante era concentrarsi sul lavoro che mi era stato assegnato. Avevo già dimostrato a me stessa di potercela fare in passato, e ora? Non era certamente diverso.

    Osservai i Marinai, mentre commentavano il mio aspetto, li guardai con lo stesso sguardo con cui un martire osserva la folla inferocita che ne reclama la morte, senza aggiungere una sola parola, se non un sorriso di circostanza, falso come la guerra, per mascherare il profondo terrore che mi cresceva dentro.

    Mi avvicinai ad una cassa, ascoltando però i commenti dei Marinai riguardo al mio vestiario e alla mia reale utilità in quel posto. Mi demoralizzarono non poco quei discorsi disfattisti, ero già conscia del fatto che quel bel vestito non sarebbe stato più lo stesso. Afferrai una delle case , tentando di sollevarla con una mano sola, A stento riuscì a non farla cadere addosso a me, tanto era pesa. Aprivo e chiudevo la mano ritmicamente per mandare via il bruciore dovuto all’attrito con il legno. Erano effettivamente pesantissime, ma non ero ancora data per vinta, quindi ne misi due, una sopra l’altra, per terra, cercando di sollevarle. Spostando il baricentro troppo in avanti, mentre tentavo di afferrare la prima saldamente, la seconda slittò da sopra, rovinandomi sopra un piede. –mmmmgh! – mi trattenni dal cacciare un urlo, solo per evitare di essere rimproverata da Iron, mi avrebbe ferito di più il senso di fallimento per aver sbagliato che il dolore stesso al piede. Quel ponte era Unto, a dir poco, di acqua, sudore e altri genere di schifi innominabili e cadendo per terra, tenendomi il piede con le mani, mi inzaccherai il vestito. Provavo un senso di infinito disgusto ad indossare quell’affare, ma sarei entrata sotto la doccia a tempo debito, adesso dovevo portare giù quelle maledette casse. Mi rialzai a fatica, prendendone una sotto il braccio destro e una sotto il braccio sinistro, tenendole con le mani strette al fianco perché non scivolassero. Mi facevano un male inenarrabile le dita, e la schiena stava per andare in mille pezzi, passo dopo passo, iniziai a muovermi.

    Tenevo la mente occupata in altre cose, cercando di non pensare alla fatica, come quando si marcia per lungo tempo e si cerca di non pensare al male ai piedi sfruttando piccoli escamotage come l’immaginarsi di essere già arrivati e banalità simili che di solito funzionano. Nel mio caso no, mi doleva anche il fianco, visto che uno dei lati di entrambe le casse spingeva li per restare in posizione. Inizia a scendere dalla nave come se avessi appena visto un’oasi dopo quaranta anni nel deserto. Poggiai le casse assieme a quelle che stavano depositando i marinai. Non riuscì nemmeno a guardare cosa facevano, o sentire se parlavano di me, tanto ero presa dal riprendermi e tornare subito a prendere altre due Casse, buttando uno sguardo ubbidiente ad Iron.

    In qualche modo, mi piaceva quello che stavo facendo. Ero dell’idea che senza un po’ di umile lavoro non si ottiene nulla di concreto. Non era molto importante in che modo esso venisse svolto. Presi altre due casse, con maggiore fatica, una di queste si impigliò nel fianco, sulla veste, lacerandone via un pezzetto e creandomi una piccola abrasione sulla pelle. Sentivo male in talmente tante parti del corpo che lo ignorai completamente, iniziando di nuovo a scendere. Avevo i capelli totalmente fuori posto, il copri fronte mi era scivolato sul collo e penzolava liberamente ondeggiando sopra il decolté, creatosi dalla rottura di uno dei bottoni del colletto. Ansimavo.
    Non avevo mai sperimentato quel tipo di fatica in vita mia, e non perché fossi servita o riverita, ma perché mai avevo provato a lavorare, come una persona normale.

    Al terzo viaggio stavo già grondando di sudore, la doccia di neanche un’ora prima era solo un lontano ricordo, il luridume marittimo aveva imbrattato il vestito che ora puzzava di pesce come un peschereccio vecchio di cinquant’anni. Le dita erano diventate rosse e doloranti, così come i fianchi. Ogni volta che prendevo una nuova cassa altre parti del fianco del vestito andavano a farsi benedire. Ma quando si è in quelle condizioni e si ha come solo scopo quello di far bella figura, non si sente il dolore, non tutto assieme almeno. Arrivai a non sentire più le mani, o meglio, a sentirle pulsare, come se l’acqua fredda e la mia circolazione fossero entrate in contrasto diretto. Non avrei mai desiderato così tanto gettarmi nell’acqua come in quel momento, ma non potevo.

    Continuai a portare Su e giù casse, sempre più lentamente, fino ad avere la veste piena di sudore e qualche goccia di sangue qua e la dalle varie abrasioni che mi ero procurata. Alla fine, dopo dieci viaggi, mi reggevo a stento in piedi, ed il ponte era sgombro solo parzialmente. Continuai a portare giù un altro paio fino a che, dopo dodici viaggi, non riuscì nemmeno a sollevare la prima e mi sedetti su una cassa, sfinita.

    Ansimavo, le mani mi tremavano e le ginocchia avevano perso ogni tipo di sensibilità. Il vestito era uno straccio lurido da buttare e ci vedevo persino male dopo tutta la sfaticata indecorosa. Mi riposai giusto dieci minuti, fino a che il mio cuore non tornò a battere normalmente. Avevo il terrore che Iron mi sgridasse per essermi fermata, ero più in ansia li ferma, che non prima, quando mi muovevo così goffamente con le casse. Credo di aver voluto piangere in quel momento. Però in cuor mio sapevo che se era una cosa importante, dovevo continuare a farla. Quindi ripresi altre due casse e iniziai a scaricarle. Dopo la pausa il dolore era solo aumentato, come succede quando si fa una piccola sosta dopo una lunga scarpinata, stringendo i denti riuscì a portare a termine altri due viaggi, al termine del secondo mi accasciai sulle casse già depositate, incapace di fare qualsiasi altra azione oltre a osservare in Direzione di Iron con uno sguardo simile a quello di un cane Bastonato. Speravo che per lei fosse stato sufficiente quel mio sforzo, sul ponte c’erano rimaste meno di un terzo delle casse ed i marinai si accingevano a portarle via con un ultimo viaggio.
     
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  5. Iron_Malfoy
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    *Iron aveva guardato con attenzione il muoversi di Shay sebbene la giovane kunoichi non se ne fosse accorta. Iron l'aveva già inquadrata e questo poteva non essere un bene per la giovane kunoichi.*

    *Appoggiata l'ultima coppia di casse Shay vide Iron dare a Willy con fare frettoloso una bustina con della polverina bianca all'interno. L'uomo parve sentirsi gli occhi di tutti addosso, si guardò a destra e a sinistra nervosamente mentre riponeva con gran cura la bustina nella tasca dei pantaloni tenendo salda la mano all'interno.*

    *Iron con tranquillità si avvicinò alle casse di pesce e a Shay. La guardò seria.*

    "Vedi i marinai seduti a terra? Alzati."

    *Come se nulla fosse impignò 4 casse una sull'altra e le alzò con la mano destra tenendo la pila come un cameriere porta un piatto al tavolo. Senza quello che sembrava il minimo sforzo percorse alcuni metri e depose le casse su di un carretto giunto pochi minuti prima.*

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    *L'uomo al carretto si inchinò davanti ad Iron più e più volte. Shay riuscì solo a sentire pezzi di discorso prima che Iron indicasse le casse rimaste, il numero 3, indicasse Shay e battesse la mano sul carretto. L'uomo pareva avesse detto qualcosa come "con quella bustina... mi sento euforico." Iron aveva posto una mano sulla spalla dell'uomo e aveva borbottato un "non parliamone" aveva sorriso e preteso che l'uomo si prendesse un pò di relax mentre Shay caricava le casse.*

    *Il carretto andava trasportato a braccia perchè il cavallo dell'uomo era ormai troppo vecchio per quel mestiere e l'aveva lasciato a casa. I marinai aiutarono Shay a caricare il carretto. Una volta pronto Iron controllò la stabilità delle ruote quindi fece segno a Shay ti trascinarlo. Avrebbe percorso circa un chilometro con tutto il peso dietro di lei fino al mercato avanti e indietro finchè sul molo non fosse rimasta più neanche una cassa.*

    *Willy nel frattempo era risalito sulla barca e si apprestava a sistemare le reti.*

    *Il mercato iniziava a popolarsi e mentre Shay distribuiva le casse in due banchi di pesce Iron pareva conoscesse tutti i presenti e passava di bancherella in bancherella raccogliendo i vari omaggi che la gente le offriva. La cosa che forse poteva dar più fastidio era che così come tutti vedevano e salutavano la ragazza nessuno si accorgeva della fatica che stava facendo Shay.*

    *Finito il giro di trasporto Iron fece segno alla ragazza di tornare al molo. Willy le attendeva sul ponte.*

    "Iron me la mandi a lavare il ponte?"

    "Certo!"

    *Quindi guardò Shay. Facendole segno di salire sulla nave e abbracciare lo scopettone. La tigre di Konoha saltò sul ponte con grazia ed agilità quindi in pochi passi risalì l'albero maestro e si stese in bilico sulla T dell'albero in attesa.*
     
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  6. S h a y
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    Market St.

    Ero seduta da poco meno di un paio di minuti, giusto il tempo per riprendere fiato e iniziare ad allentare la tensione muscolare, quando Iron mi si avvicinò con un cipiglio poco rassicurante.
    Era vero che mi ero fermata, ma avevo anche concluso il lavoro, mi sarei aspettata almeno un cenno positivo. Forse non lo avevo fatto come voleva e, in qualche perversa maniera, si era accontentata del mio operato. La cosa che mi lasciò più di stucco, tuttavia, non fu la mancanza di gratificazione ma il fatto che Iron consegnasse polvere bianca a quell’individuo. Non ero certo un’esperta in quel genere di attitudini, ma con quasi assoluta certezza, potevo affermare che quel tizio si vergognasse della transazione appena fatta con la mia Sensei. Inoltre, che cosa ci guadagnava Iron a distribuire droghe ai mercanti del porto? No, non era sicuramente droga, non era possibile che Iron vendesse analgesici tritati sottoforma di stupefacenti.. Probabilmente erano una qualche medicina per certe malattie “indesiderate” di cui nessuno vorrebbe far menzione in pubblico. Si, intendevo malattie Veneree..
    CITAZIONE


    "Vedi i marinai seduti a terra? Alzati."


    La voce di Iron mi riportò alla realtà. Non doveva interessarmi quello che la Inuzuka faceva con le sue amicizie, ne se spacciava medicinali sottobanco o robe simili, dovevo proseguire l’addestramento. Mi alzai a fatica, leggermente ripresa dall’enorme fatica fatta – Scusatemi..Scusi.. SCUSA – cacciando un piccolo urlo. –Dispiace, non sono abituata a dare del tu ai miei Sensei.. – quindi la guardai sobbarcarsi quattro casse con una mano, come se volesse prendermi in giro o qualcosa del genere. Era palesemente ed ovviamente più forte di me, se solo avessi provato ad alzare quelle casse con una mano mi sarebbero scoppiate le articolazioni in diecimila pezzi. Ma non mi sentì frustrata, anzi, come era successo già in precedenza, questo mi spronò a tentare ancora. E aumentò di molto l’ammirazione che nutrivo per quella Donna.

    Osservai poi la scena: Iron stava parlando col proprietario del carretto in cui aveva caricato le sue quattro casse, l’unica cosa che riuscì a capire riguardava quella “magica” polverina bianca, di cui non mi volevo fare un’idea, inoltre mi fece capire che sarebbe toccato di nuovo a me caricare le casse sul carro, possibilmente tre alla volta. D’accordo, con due casse avevo rimediato abrasioni e strappi muscolari degni di un combattimento all’ultimo sangue, ma adesso era il momento di farsi veramente male. Socchiusi gli occhi, fissando mentalmente quelle maledette casse. Quindi ne impilati tre una sopra l’altra, perché quello era l’unico modo per portarle adesso, e cercai di afferrare l’ultima in modo tale che le altre, oscillando, andassero a fermarsi sul mio petto e non a rovinare per terra. Quando iniziai ad alzare, sentì i muscoli delle braccia sfilarsi come una corda in tensione tagliata di netto, li sentivo stridere e tirare, persino bruciare.

    Non riuscivo nemmeno ad immaginare l’espressione, contorta in una smorfia di fatica, che mi si era stampata in volto. A malapena riuscivo ad alzarle usando tutta la forza che possedevo nelle braccia, barcollando arrivai al carretto, dove le appoggiai con un tonfo sordo che lo fece vibrare non poco, mentre io ansimavo dopo uno sforzo gigantesco a quella maniera. Distribuì le casse in modo che le altre potessero trovare spazio incastrandosi agilmente e ritornai al mucchio originario.

    Qualsiasi cosa stessi facendo con quelle casse, iniziava a diventare una specie di rituale dove più soffrivo, prima sbrigavo il lavoro assegnato. Non per nulla, portare tre casse alla volta avrebbe snellito i viaggi di un buon terzo; mi fissai in mente questo pensiero, proprio come avevo fatto prima con tutte quelle storie sulle marce forzate, per darmi un minimo di vigore interiore. Altre tre casse impilate, altri muscoli che gridavano di smetterla con quel suicidio immotivato. Altri pensieri positivi. Non credevo che sarei riuscita ad alzare nemmeno una di quelle casse, adesso ne stavo sollevando tre! E cosa mi importava se le mie braccia stavano per staccarsi dal busto in segno di protesta? Se non volevano lavorare dovevano nascere Neuroni, non fibra muscolare. Era questo ciò che ripetevo dentro la mia testa ogni volta che un muscolo stava per cedere. Iron sembrava scrutarmi, adesso era li vicina e potevo sentire quando i suoi occhi si fermavano sul mio operato e, in quel momento, mi tornavano completamente le forze, tanto era il mio desiderio di essere la migliore in quello che facevo. Per la prima volta in tanti anni, qualcuno si stava interessando di me, e non dico solo a ruolo accademico, insegnandoti le basi di questo o quell’altro, ma qualcuno che si interessasse della tua persona, che desiderava vederti crescere. Ad Ogni costo.

    Che poi le motivazioni di Iron fossero diverse da quelle che la mia testa aveva elaborato, poteva essere, ma a me non importava. Avevo le mani completamente arrossate dopo il quarto viaggio, avevo persino alcune schegge di legno conficcate nei polpastrelli, tanto forte avevo trattenuto le casse di legno rozzo col pesce. Le braccia oramai le lasciavo penzolare ai lati del corpo, stremate. Non sentivo nemmeno più la puzza di pesce insistente che si era impregnata in ogni centimetro della mia pelle, dei capelli e del vestito che, di li a poco, avrei potuto usare tranquillamente come costume estivo per andare al mare, tanto poco ne era rimasto a causa dei continui strappi.

    Dopo aver posizionato la prima serie si casse sul carretto, in modo tale che occupassero ogni centimetro disponibile entro le sponde, in modo da non cadere, mi limitai a fissare il vecchio in attesa che partisse.
    Davo per scontato che un qualche animale da soma, del peso di una tonnellata, si aggirasse per il porto con fare errabondo in attesa di essere richiamato al trasporto di quella meraviglia della tecnologia che chiamiamo “Carro a Trazione Animale”. Ma come ben sospettavo, per Iron, la “trazione Animale” include sedicenni sudate e inzaccherate con le forze agli sgoccioli.
    Mi fece semplicemente cenno di prendere la sbarra ed iniziare a tirare il carro lungo la strada, verso il mercato. Alzai una mano come a voler avanzare un qualche tipo di protesta, ma non ci riuscì, abbassando gli occhi risposi – Si, Sensei.. – con aria da cagna bastonata molto, molto forte.
    Sebbene l’aiuto dei marinai non fosse mancato, nel tempo che io avevo portato otto casse, loro erano riusciti a caricarne solo quattro. In un certo senso mi piaceva aver dato smacco a quei simpatici uomini muscolosi dall’alto delle mie braccine minute.

    Afferrai la Sbarra, iniziando a Tirare, dopo che Iron ebbe controllato accuratamente che il tutto non scoppiasse su se stesso per colpa del Peso. Il mercato, seguendo le direttive della Donna, si trovava a circa un Chilometro di distanza, la strada non era propriamente adattata al trasporto merci a mano; qua e la c’erano dei sassi sporgenti che avrebbe facilmente fermato il carro e mi avrebbero costretta a fare manovre poco carine ed estremamente gravose. Quindi stavo con la testa bassa, controllando accuratamente il terreno e curvando appena ad ogni dosso o sasso in mezzo alla strada.

    Tirare il carretto era molto meno faticoso delle casse, questo è certo, ma il fatto che fossero una ventina, rendeva l’impresa ugualmente estenuante, credevo che da un momento all’altro le mie mani avrebbero semplicemente smesso di esercitare un qualsiasi tipo di presa sul legno. Tentai in ogni modo di focalizzare la mia attenzione su altro, di non pensare per alcun motivo a quello che stavo facendo. Non riuscivo a trovare nulla, nemmeno una singola cosa che riuscisse a distogliermi dal dolore incessante alle braccia e alla gambe. Poi mi voltai verso Iron, che stava seguendo il percorso assieme a me. Ecco qualcosa su cui riflettere: Iron Tobi Inuzuka! Chissà perché non ci avevo pensato prima.

    Così forte e così famosa, era una delle pochissime donne Ninja ad aver sfondato nella propria carriera; persino ad una sporca asociale come me era giunta voce delle sue abilità. O forse ero solo io che, nel disperato e continuato tentativo di trovare un modello da imitare, l’avevo Idolatrizzata? Così come ero fuggita da Kaworu solo perché mi aveva confidato di essere un Sannin, forse mi sentivo vicina ad Iron perché volevo diventare come lei, un giorno.. famosa e coraggiosa.
    Un sobbalzo del carretto mi fece tornare nell’abisso di dolore muscolare e acido lattico da cui avevo preso il volo. Il mercato adesso era molto vicino ed entro breve sarei riuscita a prendere un minimo di sollievo.

    La Zona iniziava già a popolarsi con le prime massaie alla ricerca del pesce migliore della giornata. Ed ovviamente spettava a me sistemare le casse sui banchi del mercato, essendo diventata parte integrante degli strumenti di lavoro portuali. Sospirai, rinunciando alla tanto agognata pausa, iniziando ad aprire le casse, uno dopo l’altra, mettendole nei vari scaffali. Nessuno sembrava accorgersi di quanto ero malridotta, tra vesti tracciate, capelli in disordine, sudore e chiazze di pece del ponte della nave, sembravo un qualche tipo di creatura deforme che, meccanicamente, scoperchiava casse piene di pesce puzzolente.

    Iron intanto sembrava venire osannata da tutti, senza motivo apparente, questo contribuì notevolmente a convincermi che quella era una donna a cui potersi ispirare per il proprio futuro. Se lei riusciva a fare certe figure plateali, forse un giorno, anche io potevo riuscirci, con l’uso della medicina, salvando delle vite..
    Solo una vecchia donna, dall’aspetto trascurato di chi sta a contatto con aria salmastra per una vita intera, mi offrì un piccolo otre pieno d’acqua, con un sorriso sdentato e contorto ma dietro al quale si nascondeva un’infinita gentilezza d’animo. –Grazie Infinite, nobile signora – dissi soltanto, prima di avventarmi a tracannare come un’animale assetato dopo la scoperta di un fiume d’acqua dolce in mezzo al deserto.

    L’acqua mi rinfrescò notevolmente la gola ed il corpo, il lavoro mi aveva fatto perdere molti liquidi e, proseguendo troppo a lungo, sarei in cappata in spiacevoli problemi di disidratazione. Avevo già le labbra secche per il troppo ansimare. Sistemai le ultime due casse della prima consegna. Quindi ripresi il carro per dirigerlo di nuovo verso il Molo.

    Il ritorno era molto facile, il carro sembrava pesare pochissimi grammi, quasi non lo sentivo gravare sulle mani, mi costrinsi a guardare in lontananza il Molo. Non riuscivo a vederci troppo bene, la stanchezza iniziava a farsi sentire, per quanto quella marcia non fosse faticosa, essendo priva di carico.

    Willy si era rintanato sul Ponte, lavorando con una rete, probabilmente dopo essersi fatto di sostanze illegali o aver curato quelle malattiucce da scaricatore di porto, abbastanza squallide perché io non volessi ricordare i nomi. I Marinai si erano evidentemente riposati, visto che quando tornai con carretto vuoto, iniziarono subito a ricaricarlo con rinnovato vigore, mentre io ansimavo e boccheggiavo come un pesce fuor d’acqua.

    Trascinandomi vicino alle casse, ne presi altre tre, salutando mentalmente i muscoli che soffrivano sotto quello sforzo inconcepibile. Dopo altri tre carichi, la cosa iniziava a farsi decisamente complessa. Non avevo quasi più energie e dovevo in qualche modo continuare a fare quello che mi era stato chiesto, non avrei fallito proprio adesso! Mancava così poco a completare in modo definitivo la transazione delle merci; avrei dimostrato quanta determinazione possedevo sotto quegli occhi dolci e timidi da Hyuga adolescente. Iron sarebbe stata orgogliosa di me. Ripresi la sbarra, iniziando a muovermi. Avevo quasi un vigore bestiale dentro, non uno di quelli che ti vengono in uno scatto di rabbia o quando sei nervoso, un vigore dovuto al desiderio incontrollabile di non darmi per vinta per nessuno motivo. Come avevo brillato al Genin, sebbene fossero solo parole, avrei brillato con Iron. Non ero una stupida Bigotta! Non Ero una Hyuga di quelle da Salotto che pensano solo al dannatissimo lignaggio, facendo vedere chi di loro ha il sangue più Blu.
    Shay Hyuga è Shay Hyuga e basta. Al diavolo tutto il resto. Eccetto Iron.. ovviamente.

    Rabbrividì alla banalità del mio ultimo pensiero. Chissà come riuscivo ad escogitare frasi di tale banalità nella mia testa.. Ma infondo era un modo come un altro per non soccombere in quella situazione disastrosa, era una fortuna che fossi ancora in piedi dopo quella sfacchinata invereconda.

    E di nuovo, meccanicamente, cassa dopo cassa, riempì gli scaffali del mercato. Iron era sempre li, ad osservarmi, prendendosi gli allori e gli onori di quello spaurito gruppo di pescatori e mercanti che la osannava come se fosse la salvatrice delle terre. Magari lo era?..

    Chi mi diceva a me, povera stupida Genin, cosa aveva fatto realmente Iron per quel posto?
    Nel distrarmi, con questo pensiero, uno dei coperchi di legno delle casse si scheggiò, ferendomi il palmo della mano, che prese a sanguinare in modo inopportuno. –Cacchio! Che male.. – Ero uno squallido colabrodo di ferite da lavoro e contusioni. Tanto valeva fregarsene di un taglio in più o uno in meno. –scusami signora Hyn, ma non ho proprio tempo per usare altro.. – strappai un pezzo, tra i tanti a penzoloni, della casacca, arrotolandolo sulla mano in modo che non sanguinasse sul pesce. La ferita era una cosa da niente, ma il sale usato per il pesce la rendeva insopportabilmente urticante.

    Iniziavo a sentirmi sempre più debole, l’effetto benefico avuto da quei pochi sorsi d’acqua era andato scomparendo durante il ritorno al Molo. Le casse erano sempre meno, ma anche la mia capacità di proseguire a quel ritmo ne stava venendo gravemente compromessa. Adesso le gambe avevano iniziato a farmi veramente male, le spalle mi parevano tutt’uno con la schiena dal dolore, i polsi non riuscivo quasi a ruotarli da quanto si erano gonfiati per lo sforzo e la fatica. Caricai altre sei casse, l’ultima delle quali rischiò di scivolarmi dalle mani e rovinarmi addosso, ma uno dei Marinai l’afferrò al volo, evitando che mi spezzasse qualche osso. – Grazie.. – non riuscì nemmeno a provare imbarazzo per quel gesto che, in altri momenti, mi avrebbe vista avvampare sino all’inverosimile.

    Alla fine, dopo aver trasportato il carro al mercato ed essere tornata al molo per l’ultimo carico, sentivo come un senso di liberazione dentro al cuore. Caricai le ultime nove casse da sola, con la forza della disperazione quasi. Ero così determinata a concludere il tutto che feci in modo di escludere tutto il dolore che provavo e camminare. Impiegai persino meno dei primi tre viaggi a raggiungere il mercato, ed ero decisamente veloce nel disporre le casse! Erano diventate una cosa quasi naturale, nonostante lo sforzo che comportavano, non ci pensavo nemmeno più all’addestramento quasi; sapevo solo di dover concludere in qualche modo ciò che Iron mi aveva ordinato. E lo avrei fatto.
    Poggiata l’ultima cassa di pesce sul bancone per poco non crollai, sfinita, sopra al carretto. Riuscì a riprendermi e sedermi sopra una piccola botte. Risentivo totalmente dello sforzo fatto e non riuscivo a stringere le mani da quanto mi si erano indolenzite e ferite. La gentilissima vecchietta di prima mi portò anche un piccolo mandarino. –Non.. dovevate.. vi ringrazio.. anf.. molto.. – non riuscivo nemmeno a parlare, mi limitai a sventrare quel frutto e ingozzarne gli spicchi come se fosse la cosa più buona del mondo. Era dolce e fresco, un vero faro in quell’immensità di esaustione fisica.

    Iron, con un altro gesto Fluido, abbandonò lo stuolo di cortigiani che si erano riuniti e mi intimò di riprendere il carretto e tornare al Molo. Non esitai nemmeno un secondo, afferrai di nuovo la sbarra e iniziai a tirare. Aspettavo un complimento, una festa, qualcosa.. come un cane che, dopo aver fatto ciò che gli era stato ordinato, desidera un biscotto o una polpettina come ricompensa. Ma come si suol dire.. quando fai il tuo lavoro, nessuno deve dirti grazie, ed io stavo facendo esattamente il mio lavoro. L’Allieva Ubbidiente.

    Willy ci aspettava sul Ponte, dopo aver sistemato la rete in modo accurato in una parte della nave.

    CITAZIONE

    "Iron me la mandi a lavare il ponte?"


    CITAZIONE


    "Certo!"


    Certo! Tanto è solo Shay Hyuga! Sospirai nuovamente, ero tentata di accasciarmi al suolo e non muovermi fino al recupero totale delle mie forze. Ma infondo cosa poteva mai essere lavare il ponte di una Nave in confronto a trainare casse come un mulo da soma?

    -Vado subito, Iron. – Dissi, decisa, salendo sul ponte e afferrando la scopa ed il secchio. Iniziai da un angolo della nave e, proprio mentre intingevo lo spazzolone nell’acqua per iniziare a strofinare con forza quel luridume marittimo via dal Ponte, Iron si arrampicò sull’albero, proprio dove sta ancorata la prima vela, ad osservarmi. Per un istante sorrisi a quella scena, era in qualche modo giocoso quel suo gesto, sarebbe piaciuto anche a me poterlo fare, ammirare il paesaggio dall’alto, cullata dal dolce momento delle onde del mare..

    Il pavimento era davvero incrostato, come se non venisse lavato da settimane, gettai un’occhiataccia a Willy, come a volerlo accusare di trascuratezza nei riguardi della sua barca. Le braccia, già doloranti, con quel momento perpetuo stavano perdendo sensibilità e forza, rendendo ogni passaggio meno efficace e, di conseguenza, più lungo il lavoro di pulitura. Poi, mi venne spontaneo, senza motivo apparente, giusto per sopperire allo strazio che stavo sopportando.. mi misi a cantilenare dolcemente e a bassa voce, una canzone inventata sul momento..


    Una bambina, piccina piccina,
    stava sul ponte Naval,
    Oh piccola, disse il capitano,
    dove vuoi andare a giocar?

    Voglio andare, oh mio capitano,
    Dove sorgettramonta il sol,
    Ma piccolina lo sai anche tu,
    Il sole non tramonta più!

    Oh capitano, disse la bimba,
    la luna è così bella da lassù!



    Alzai gli occhi verso Iron, istintivamente, quasi come un riflesso condizionato. Se l’avessi trovata in disaccordo con quella mia melodia, avrei smesso di cantare, altrimenti avrei proseguito, continuando ad inventare una specie di storia. Era tutta una semplice allegoria, stavo parlando di me stessa in contorti e misteriosi modi, che solo la filastrocca e la poesia riuscivano ad esprimere..

    Bimba Bambina, Si piccolina
    Questo lo sai anche tu..
    noi salperemo guardando all’insù
    togliete gli ormeggi, orsù!



    E continuai a cantare, strofa dopo strofa, ignorando il male alle braccia, le occhiate perplesse dei marinai e di Willy, fino a che anche l’ultimo centimetro del ponte non fu così lucido da potervisi quasi specchiare.
    Non sentivo più le braccia, ne le gambe, mi abbandonai semplicemente all’indietro, accasciandomi su una vecchia rete da pesca ruvida e sporca, che in quel momento avrei desiderato avere come letto.
    -Credo.. di aver finito, Sensei.. – Dissi, restando in ascolto, visibilmente stremata, ma felice di non averla delusa.
     
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  7. Iron_Malfoy
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    *Shay non se ne era nemmeno resa conto, la nave era partita verso il largo, il mare cullava l'imbarcazione e i marinai erano tutti ai loro posti. Solo Iron sembrava assorta in pensieri non catturabili. Lasciò cantare la ragazza perchè in fondo non la infastidiva. La giovane Hyuga finì il suo lavoro e quasi come se evocata Iron si parò al suo fianco. Quando si era mossa? Quando era scesa dall'albero maestro?*

    "Regola numero uno. Non si accetta mai acqua o cibo senza aver verificato non contengano veleno. Tra mezz'ora sbarcheremo. Per quell'ora ti sentirai male."


    [ot. Nausea, vomito, affaticamento generale, brividi di freddo, leggero sfocamento della vista per sicuramente tutto il post successivo]

    *Dannazione sembrava stesse gufando. Sarebbe sorto spontaneo il pensiero che fosse stata proprio Iron a mandare la vecchia da Shay. Iron rimase impassibile.*

    "Ti consiglio di darti una sistemata e ripulita. Non vorrei ti sbranasse un orso."

    *In lontananza si scorgeva un molo spuntare da una foresta. Erano ancora a Konoha, avevano solo percorso poche miglia con la nave. Il necessario per arrivare all'accampamento permanente dei taglialegna.*

    *Qui in questa landa dimenticata da tutti viveva una piccola comunità di uomini che aveva dedicato la propria vita al bosco. Si accostarono al molo e Iron non attese che l'imbarcazione fosse bloccata per scendere, semplicemente si gettò sul molo e vi atterrò come una piuma. Lo percorse a grandi falcate e salutò con una stretta di mano l'ennesimo omone gigantesco quindi fece segno verso la nave e l'uomo annuì salutando probabilmente Shay. Una volta a nave ferma Shay sarebbe potuta scendere agevolmente tramite la passerella.*

    "Buongiorno signorina sono Timothy responsabile della falegnameria. Venga le faccio vedere la fabbrica."

    *La fabbrica era un capannone enorme. All'interno una ventina di uomini erano all'opera. C'era chi toglieva a mano con un apposito attrezzo la parte grezza della corteccia di grossi alberi. C'era chi si occupava di misurare e tagliare in porzioni i tronchi puliti e chi poi divideva quei tronchi in sezioni per diverso uso. C'era un gran vociare e un frastuono di attrezzi all'opera.*

    "Visto che non si sente molto bene le faccio portare un secchio."

    *Fece segno ad un anziano di cedere il posto. Il banco aveva appoggiato sopra una lastra di legno ruvida. Alla destra del banco vi erano diversi fogli di quella che sembrava carta vetrata. Iron si allontanò e iniziò a parlare con l'anziano che aveva lasciato il suo posto. Neanche a dirlo, pure li la conoscevano. Si avvicinò pochi minuti dopo a Shay.*

    "Ti è chiaro il compito? Hai 10 lastre 3 metri per 1 da passare a cartavetro finchè non sono lisce su ogni lato."

    "Queste tavole una volta pronte andranno caricate sulla nave"

    *Iron annuì.*

    "Konoha ne ha bisogno per un edificio."

    *Iron lasciò Shay al suo lavoro quindi entrò nell'ufficio di Timothy e si chiuse dentro con lui. Di tanto in tanto Timothy metteva la testa fuori per chiamare a turno i suoi uomini. Pareva che uno a uno tutti andassero a far rapporto nella stanza.*

    *Intorno mezzogiorno il lavoro di piallatura di Shay sarebbe stato concluso e non le sarebbe rimasto che caricare, a spalla, le lastre lucide. Willy era pronto sulla nave. Shay si accorse che la nave era stata foderata sul pavimento con un telo impermeabile e su di essa vi erano già posate una trentina di assi e legname vario.*

    *Posata l'ultima asse Iron si presentò sul molo.*

    "Buon rientro Willy"

    "Grazie a voi! Ci vediamo per il rientro."

    *Guardò quindi Shay e le mise in mano un panino mentre con l'altra mano le toccava una spalla.*

    "Mangia non è avvelenato questo. Dobbiamo attraversare la foresta per la prossima destinazione. Devi essere in forze."

    *Se Shay avesse mangiato il panino si sarebbe sentita subito più in forze. Il malessere che l'aveva tormentata fino a quel momento pareva sparito inoltre, sebbene non se ne sarebbe resa conto immediatamente pareva che tutte le sue ferite si fossero richiuse. Ciò che era rimasto era solo una grandissima sensazione di stanchezza.*
     
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  8. S h a y
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    Io, Una volta ho Vomitato!

    "Regola numero uno. Non si accetta mai acqua o cibo senza aver verificato non contengano veleno. Tra mezz'ora sbarcheremo. Per quell'ora ti sentirai male."
    sobbalzai, quasi impaurita, non avendola nemmeno sentita avvicinarsi.
    Impiegai alcuni minuti prima di rendermi conto di cosa mi aveva riferito, non per altro iniziai a sentirmi poco bene. Dapprima era un semplice disturbo che, mescolato alla stanchezza devastante, non riuscivo a percepire, ma poi divenne qualcosa di penetrante. Guardai stupita Iron e non volevo credere nemmeno per un solo istante che fosse stata colpa sua, che mi avesse volutamente fatto recapitare, da una innocente signora, cibo avvelenato. -Sensei?.. credo di sentirmi poco bene.. - nemmeno il tempo di arrivare al corrimano della nave, che vomitai anche l'anima in acqua.

    Una sensazione tra le più schifose che avessi mai provato in vita mia, il sapore che mi rimase in bocca era di ferro, come se avessi appena rimesso un litro di sangue. Avevo i brividi lungo la schiena e la nave aveva iniziato a muoversi senza che io mi accorgessi di nulla, tanto ero distrutta e accasciata su quella comoda rete. Odiavo avere la nausea, dopo il mal di testa era la cosa più fastidiosa che avessi mai provato in vita mia, a stento riuscivo a tenermi aggrappata a quella balaustra, ogni tanto credevo di precipitare in mare e restarci secca. Tra le varie aperture della mia casacca serpeggiava la brezza, facendomi rabbrividire e freddando il sudore sulla pelle, cosa che di li a poco mi avrebbe portato ad avere continui brividi.

    Mi sentivo uno straccio, non avevo più nulla da vomitare eccetto quel mandarino e chissà quante altre sostanze nutritive. Mi accasciai di nuovo sulla rete, stringendomi le braccia al petto e tremando ad occhi chiusi, nel tentativo di recuperare almeno un po' le forze.

    CITAZIONE

    "Ti consiglio di darti una sistemata e ripulita. Non vorrei ti sbranasse un orso."


    Mi sarei ripulita volentieri, fatta anche una doccia se avessi potuto, ma appena aprivo gli occhi vedevo girare il mondo sottosopra, i brividi che non mi lasciavano in pace un secondo, ed il viaggio per mare aumentava solo il mio malessere. Se prima erano dolci onde, adesso erano maledette e perpetue agonie per il mio povero stomaco. Continuavo a pensare a come quella vecchietta avesse potuto darmi del cibo avvelenato, non era importate se qualcuno gli aveva chiesto o ordinato di farlo, era il principio! Le dolci vecchiette non dovrebbero comportarsi in questo modo.. Ero stata gentile, non avevo fatto nulla di male, l'avevo ringraziata come si conviene ad una nobile signora e mi ero presa la briga di fare tutto quello che Iron mi aveva chiesto. Se era stata Iron, e non potevo escluderlo, parte dell'alone mistico che la rivestiva si sarebbe spezzato. Comprendevo bene quale era la Lezione dietro quel gesto, ovvero che non tutto quello che ti viene offerto è ciò che sembra. Ed era qualcosa di cui fare tesoro, ammetto, ma non a quel prezzo.

    Mi strinsi nelle braccia ancora un po', mentre continuavo a mugolare come un'animale ferito e malato che chiede aiuto alla madre. Ma Iron non sembrava essere toccata minimamente dai miei lamenti o dalla mia pietosa situazione, anzi, pareva quasi ignorarmi del tutto, cosi come mi ignoravano gli altri Marinai. Se fino a quel momento non avevo ceduto nemmeno per un istante in quel mentre, sola e dolorante, avrei tanto voluto gettarmi tutto alle spalle e lasciar perdere una vita in cui tutti possono farti tutto, dai veleni alle botte, ai soprusi di ogni genere, ad impartire ordini stupidi ed immotivati atti solo alla mortificazione del corpo e dello spirito altrui.

    Mi tirai a sedere, con fatica, aprendo gli occhi. Per fortuna non avevo ingerito troppa di quella roba schifosa, e molta l'avevo smaltita o vomitata poco prima, tutto quello che restava era un profondo senso di Nausea e una certa vista sfocata, come dopo una pesante sbornia. I brividi ed il sudore freddo non avevano ancora smesso di tormentarmi e facevo realmente fatica a muovermi in quelle condizioni. Guardai Iron, come ad invocare un aiuto che sapevo essere in grado di concedermi, ma non arrivò nulla del genere, anzi, appena raggiunta la destinazione, saltò giù senza badarmi.

    Avevamo raggiunto un insediamento permanente di falegnami e boscaioli vicino al limitare dell'area della Foglia, dove c'era un via vai di legname ed un certo odore di legna bruciata, come quando viene lavorata a lungo con oggetti metallici. Improvvisamente mi tornò un conato di vomito a quell'odore e dovetti scappare a vomitare ancora fuoribordo, dalla parte opposta al molo, sotto gli occhi divertiti di alcuni dei marinai che iniziavano ad attraccare la barca. Non ci trovavo nulla di divertente, e non doveva trovarci niente da ridere nemmeno loro sulle mie disgrazie, al mio posto probabilmente si sarebbero lamentati al punto tale da invocare la mamma e piangere per avere la medicina. Io invece, per quanto barcollante e sudaticcia, scesi dalla nave usando la passerella, il passo precario, la vista ancora parzialmente offuscata, mi impedivano di avere una chiara percezione di quello che ci fosse attorno a me.

    Non mi resi nemmeno conto che Willy mi aveva salutata ma, viste le circostanze, dubito che volesse un bacino di arrivederci o qualcosa di simile. Avevo le labbra di un colorito poco sano, tendente al pallido, molti dei taglialegna che mi passavano da vicino, scartavano subito in una direzione diversa come se avessero visto un'appestata della peggiore specie. E non avevano tutti i torti visto l'aspetto che avevo.
    CITAZIONE


    "Buongiorno signorina sono Timothy responsabile della falegnameria. Venga le faccio vedere la fabbrica."


    La voce proveniva da un uomo, si rivolgeva a Iron probabilmente, visto che io cercavo di starle dietro come una specie di Processionaria, tenendomi stretta le spalle con le mani e massaggiandole con vigore, nel tentativo di stare al caldo, sebbene la temperatura non fosse affatto fredda. Avrei voluto spiccicare qualche parola ma ero costretta quasi ad ansimare per avere un respiro decente, lo stomaco continuava a voler vomitare anche le interiora, ogni passo che facevo, seguendo l'Inuzuka e l'Uomo, all'interno della fabbrica era un'agonia. L'odore pungente del legname tagliato ed il rumore degli strumenti mi rimbombavano nel cervello come tanti piccoli aghi che perforavano la mia testa da parte a parte.

    Per mia grazia l'uomo, notando il drammatico stato in cui versavo, ordinò di portarmi un secchio, ma non prima di aver fatto alzare un vecchio lavoratore, così che io, evidentemente, ne prendessi il posto. Probabilmente non sarei riuscita a non vomitare almeno un'altra decina di volte con tutta quella segatura e truciolato di legno in giro per l'aria. Mi entrava nel naso, mi ostruiva quasi la gola, mi si appiccicava al sudore della pelle. Una delle più brutte sensazioni della mia vita, che culminò quando vomitai di nuovo dentro quel secchio, sotto gli occhi probabilmente stralunati degli altri operai.
    Iron mi spiego che sarebbe toccato a me sistemare altri dieci pannelli, di tre metri per uno, proprio come stava facendo il vecchio, utilizzando la carta vetrata per smussare e lisciare i lati, in modo che potessero essere utilizzati facendoli combaciare l'uno con l'altro.

    Oltre al danno, la beffa. Anche li Iron sembrava essere una specie di strana celebrità. Il che non era necessariamente un male, visto sotto certi punti di vista, anzi. Però in quella situazione mi creava enorme disagio, io ero li, stavo soffrendo come un cane, tentando in ogni modo di eseguire un compito virtualmente impossibile nelle mie condizioni, mentre lei si accollava il "peso" degli onori e dei saluti di tutti. -Va ..bene.. - risposi alla mia Sensei, prima di afferrare un pezzo di carta vetro ed iniziare a smussare quei lati, irti di schegge e mal tagliati dai boscaioli.
    Ogni volta che passavo la carta sui trucioli, questi si alzavano, andando a compromettere il già delicato respiro che avevo; usai persino la benda con cui avevo legato la ferita sulla mano per metterla davanti alla bocca. Fu allora che mi accorsi di non essermi nemmeno pulita in tutto quel vomitare continuo e, ovviamente, la cosa mi schifò a tal punto che vomitai di nuovo. Non c'era niente da vomitare, avevo solo un devastante senso nauseabondo che mi impediva di fare qualsiasi cosa di umanamente semplice. Impiegai diversi minuti a pulire meno di metà dei pannelli, alcune schegge mi si erano conficcate nella pelle, in profondità, ma stavo soffrendo così tanto a livello interiore che non mi accorsi quasi per nulla di quegli ospiti indesiderati sotto la cute.

    Continuavo a pensare ad Iron e a come avesse potuto avvelenarmi e ridurmi in quelle condizioni. E se anche non fosse stata lei, perché mi lasciava agonizzare in quel modo? Era un perverso e sadico gioco che si sviluppava naturalmente tra allievo e Sensei? Qualcosa che io non avevo previsto, un genere di attività decisamente fuori dal coro, che comprometteva a tal punto la mia esistenza che, una volta concluso l'addestramento, mi sarei sentita segnata per sempre.

    No. Scossi la testa a destra e sinistra, proseguendo a laminare, non avrei permesso a nessuno di cambiarmi, di farmi diventare uno di quei mostri che camminano come spettri nel buio, seguendo ordini alla cieca e sperando che, tra tutti i problemi, sopravvivano abbastanza da vedere il giorno dopo.

    Ma che diavolo stavo pensando? Mi ero completamente persa in quei deliri, provocati da un accenno di febbre, venuto probabilmente a causa della ghiacciatura del sudore sulla pelle, esposta al vento.
    Altre schegge, altri puntolini rossi sulle dita, oramai insensibili, che strofinavano quei maledetti pannelli. Non vedevo l'ora che fosse tutto finito, di andare a casa, fare una doccia e distendermi ad ascoltare musica al buio, vestita con il mio adorato pigiama di cotone a pois. Ma non potevo arrendermi. Anche se non ne potevo più di scartavetrare come un falegname, di ..di conficcarmi legni nelle dita, io dovevo andare avanti, dovevo finire quell'agonia al più presto, tornare a Konoha, partire alla volta di un Lungo viaggio. Questo volevo fare.

    Dopo alcune ore, vicino al mezzogiorno, le tavole erano quasi finite. Il mio stato di salute era quasi stabilizzato sul "circa morente" e, se non altro, non avevo più nulla da vomitare, quindi avevo un problema in meno da risolvere. Prendendo due tavole alla volta, caricandomele sulle schiena e camminando gobba, sostenendo il peso con le mani, le trascinai verso la barca di Willy, che mi aspettava baldanzoso. Avevo un'insana voglia di vomitargli addosso che riuscì a trattenere per amore di me stessa e di quello che Iron mi avrebbe fatto. Feci cinque lunghi e dolorosi viaggi, tanto che mi vennero violentissimi capogiri per essermi mossa in quella posizione astrusa, alla fine dei quali mi sentivo come se avessi appena sperimentato un frana in piena spina dorsale. C'erano anche altre assi di legno, indice che Willy era li non solo come pescatore ma anche come trasporto merci.

    Iron apparve sul Molo poco dopo che le ultime lastre presero posizione, salutando Willy che incurante del mio stato la salutò con fare allegro. Ero sul punto di mettermi in ginocchio e supplicare qualche tipo di cura medica o di guarigione miracolosa. Non resistevo veramente più in quelle condizioni. Mi avvicinai ad Iron con uno sguardo pietoso, che mai e poi mai volevo mostrare, ma in quel momento non potevo realmente farcela con le mie sole forze. L'Inuzuka mi appoggiò la mano sulla spalla, proprio mentre trovavo il coraggio di chiederle aiuto, offrendomi da mangiare.. mangiare.. sano.

    CITAZIONE

    "Mangia non è avvelenato questo. Dobbiamo attraversare la foresta per la prossima destinazione. Devi essere in forze."


    -Davvero?.. - la guardai con occhi impauriti. Avevo sofferto davvero molto con quello schifo in corpo e non volevo ripetere l'esperienza per una seconda volta. La donna però parve rassicurante, quindi mi decisi a prendere il panino e addentarne un grosso pezzo. Mentre masticavo, avidamente, sentivo quella sensazione opprimente scivolare via, sempre di più ad ogni boccone di pane.
    Avrei voluto piangere di gioia. -Grazie Iron.. sono stata stupida a prendere quel sorso d'acqua prima.. - sospirai, deglutendo un boccone - credo di essermi lasciata ingannare dall'aspetto grazioso e familiare di quella donna.. - altro boccone, un altro pezzo di malessere che andava verso l'oblio.
    Anche la vista iniziava a migliorare, adesso non avevo più problemi a mettere a fuoco le cose e osservavo Iron con tale e rinnovata ammirazione, come se mi fossi dimenticata che era lei una delle probabili cause del mio Male. - Sono stata brava, Iron? -

    Domandai, dopo aver buttato giù l'ultimo morso di pane. Non era una domanda banale, fatta per pura gratificazione, era una domanda che voleva ricevere una risposta seria, non un semplice contentino. Il mio più grande desiderio era riuscire a dimostrare anche alla mia Sensei quanto potevo valere, nonostante la mia stupidità e la mia ingenuità. Che mi avesse risposto o meno, mi sarei comunque alzata, pronta a seguirla ovunque avesse desiderato recarsi. Mi sentivo benissimo, eccezion fatta per la fatica fisica che, tutto sommato, si era alleviata dovendo fare un lavoro di carpenteria statico.
    -Sono pronta, Sensei. - Non aggiunsi altro, in attesa.
     
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  9. Iron_Malfoy
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    CITAZIONE
    - Sono stata brava, Iron? -

    *Iron la guardò semplicemente. Era uno sguardo però diverso dai molti che fino a quel momento aveva lanciato alla ragazza. Quegli occhi azzurro ghiaccio avevano la capacità di penetrarti dentro parevano guardarti nel profondo e scovare i più intimi segreti. Non vi era minaccia in quello sguardo poi quasi come se arrivasse come un'ondata Iron sorrise. I lineamenti si addolcirono, gli occhi si socchiusero leggermente e gli angoli delle labbra si inarcarono verso l'alto. Fu breve e fugace ma assieme a quel sorriso arrivò l'onda dell'emozione associata. Sarebbe stato come essere stati abbracciati teneramente come se si fosse ricevuta una carezza rassicurante sul volto. Era come una calda coperta d'inverno e il caldo torpore al risveglio.*

    *Poi così come era venuto sparì. Il volto della Sensei ritornò impassibile d'emozioni distaccato come se avesse indossato una maschera asettica. Mosse leggermente la mano facendo un segno di avvicinarsi a qualcuno alle sue spalle. Giunse quindi di corsa un giovane ragazzo. Pantaloncini al ginocchio neri, anfibi neri ai piedi, torso nudo, una collana a forma di scheggia che pendeva al suo collo, un'arma a forma di coltello che pendeva legato alla vita, la classica sacca ninja dietro la schiena e alla gamba. Capelli neri, occhi marroni, fisico scolpito. Sul braccio sinistro aveva tatuato un nome in spalla aveva uno zaino con il simbolo di 4 graffi.*
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    "Sensei..."

    *Il ragazzo mise la mano destra chiusa a pugno sul cuore e si inchinò. Iron alzò impercettibilmente gli occhi al cielo. Il ragazzo quindi aprì lo zaino ed estrasse un paio di pantaloni neri e una serrafino nera che sporse ad Iron. Quindi strizzò l'occhio a Shay con fare da play boy incallito e si morse lievemente le labbra. Era tutto sommato parecchio attraente.*

    "Rapporto"

    "Nulla da dichiarare, situazione tranquilla sensei... posso far altro?"

    "Torna da loro e riferisci che tornerò per il fine settimana."

    "Posso occuparmene io della ragazza se dovete rientrare..."

    "Si, certo... sono sicura provvederesti a farla... sudare"

    *Il ragazzo ridacchiò quindi si inchinò nuovamente.*

    "Con il vostro permesso."

    *Iron annuì e sporse i panni puliti a Shay.*

    "Muoviti non ho tempo da perdere. Cambiati."

    *Il belloccio era sparito così come era arrivato lasciando però nell'aria una sensazione di calore famigliare. Era come se tra Iron e quel ragazzo vi fosse un legame molto intimo. Non lo aveva sgridato per la forma verbale che aveva usato nei suoi confronti e non lo aveva sgridato nemmeno per l'occhiata che aveva lanciato a Shay. Da quanto in ogni caso li pedinava? Era partito con loro? Era probabile che Iron fosse salita sulla cima dell'albero maestro per controllare da distante la nuotata del ragazzo? Poteva davvero averli seguiti a nuoto?*

    *Iron attese che la ragazza si cambiasse d'abiti quindi si inchinò a terra e con il dito tracciò dei segni sul terriccio.*

    "La nostra posizione è questa. Ci aspettano 3 ore di corsa verso quella direzione. A metà percorso attraverseremo un torrente particolarmente pericoloso. In linea di massima non dovremmo aver problemi. Dovremo solo star attenti a questa zona paludosa e a questa in quanto popolata da... orsi. Per il resto sarà una scampagnata."


    *Indicò quindi prima e dopo del fiume per le due zone pericolose.*

    "Pensi di riuscire a starmi dietro?"

    *No, ovvio che la risposta era no e che Iron avrebbe dovuto procedere al rallentatore ma era parecchio retorica come domanda. Iron guardò in direzione del bosco ma non verso il luogo in cui sarebbero dovute andare. Era come se comunicasse con qualcuno a distanza. Come se stesse mandando un messaggio al bosco. Shay la vide strofinare distrattamente le punte delle dita appena sopra il ginocchio mentre si rialzava.*

    "Stammi vicina. Sarà parecchio buio li dentro."

    *Percorse a passo lento i metri che la separavano dal limitare di quell'oscura entità boscosa. La sentì sospirare e gettarsi dentro. Cosa la preoccupava? Potevano essere solo gli orsi? Era davvero popolata solo da orsi quella zona? Shay si rese conto di averla persa immediatamente quasi come se quell'oscurità l'avesse inghiottita. Si decise a sua volta ad entrare e la vide pochi metri più avanti con una mano appoggiata ad un albero nella semi oscurità. Pareva si stesse fondendo con quell'oscurità quasi come se ne facesse parte. La luce del sole restava dietro di loro. L'oscurità e l'ignoto si parava davanti a loro.*
     
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  10. S h a y
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    Nel Mezzo dell'Addestramento della Vita...

    Quando non sia ha nulla da perdere ma tutto da guadagnare, nasce spontaneo avere un rapporto quasi simbiotico con una persona migliore di te. Per me quella persona era Iron. Per quello che poteva valere mi sentivo onorata di essere sua allieva e di non averla delusa col mio operato. Quando gli chiesi direttamente cosa pensava di me non rispose, in un primo momento credetti di averla offesa in qualche modo e, se avessi potuto, avrei abbassato le orecchie in segno di timore.
    Ma ciò che vidi nei suoi occhi non era rabbia o disprezzo, era qualcosa di diverso, di più profondo, che colpiva l'anima delle persone, la mia anima. Quegli occhi azzurri, quante storie celavano? Cosa aveva visto e cosa potevano raccontare assieme all'attimo di sorriso che, di quando in quando riuscivo a carpirle, quella donna tanto misteriosa?

    Mi scoprì curiosa, come una bimba che fa le sue prime esperienze con il mondo esterno, cercavo di bearmi in ogni modo di ciò che la donna mi conceda in fatto di "affetto".. ed ero veramente felice di essermi meritata un sorriso.

    Certe volte, specie in persone come Iron, il cui passato appare nebuloso, dove le storie gonfiate dagli studenti si mescolano con un pizzico di leggenda, le parole diventano uno strumento così pericoloso che anche un solo gesto, riesce ad esprimere al meglio quello che provano e quello che sentono.
    E forse anche io, dopo tanto isolamento, riuscivo a percepire il mondo in modi assai diversi da quelli normali, tanto che in quel momento mi sentivo bene, felice, lasciando che la mia mente vagasse così lontano da perdersi completamente in ricordi passati e futuri di cui non avevo realmente fatto esperienza.

    Era quella la cosa importante di tutto il mio addestramento forse.. la capacità di restare persone umane, con un sentimento ed un repertorio di desideri da esaudire. Una grande lezione di umiltà che solo i più Grandi possono aspirare ad ottenere.

    Sorrisi di rimando ad Iron, istintivamente, socchiudendo appena gli occhi come se mi stessi facendo cullare dolcemente dal suo sguardo. Poi, come era venuto, il sorriso fu ricacciato nell'oblio di freddezza e rigore marziale che avevo imparato a vederle stampato sul viso. Sospirai, conservando per me quel dolce e meraviglioso momento.

    Iron chiamò a se qualcuno che non avevo neppure visto arrivare. Iniziavo a rendermi conto di quanto potesse essere facile cogliermi di sorpresa.. ma tralasciando questi particolari tattici, il ragazzo che era stato richiamato dall'Inuzuka era un tipetto decisamente.. appetibile.

    Ora, non che io dalla potenza dei miei sedici anni di asocialità abbia fatto troppa esperienza nei riguardi dei fanciulli, però quel ragazzo.. sapeva il fatto suo no? Cioè alla fine.. un bel fisico, capelli corvini, collana in classico stile isolano.. il ragazzo con cui molte mie "amiche" di Clan si sarebbero volentieri intrattenute una..due, tre.. forse anche di più notti. Non che la cosa mi interessasse minimamente, non mi sentivo di certo in vena di flirtare con un perfetto sconosciuto che poteva tranquillamente torcermi il collo senza che io mi accorgessi della sua presenza. Però..

    Scossi la testa, mentre assistevo ai convenevoli tra Iron ed il Ragazzo che, per tutta risposta ai miei pensieri, mi lanciò un occhiolino tale da farmi arrossire vistosamente sulle gote e costringere a distogliere lo sguardo, tornando ad ammirare la zona boschiva circostante. Era certo che quella sottospecie di casacca che avevo addosso lasciasse intravedere un pò troppe cose; per buona norma strinsi le braccia sui fianchi così da coprire quanto più possibile, ascoltando silenziosa lo scambio di battute trai due. Sembravano conoscersi abbastanza bene, dico abbastanza perchè anche a me Iron aveva vietato di usare terminologie formali, era plausibile che quello fosse un qualche suo allievo passato o roba simile.

    Ero talmente assorta nei miei pensieri, che formavano un intricatissimo roveto di congetture e vicoli ciechi in cui la mia testa rimbalzava dolcemente, quando sentì queste parole, di sfuggita.

    CITAZIONE

    "Si, certo... sono sicura provvederesti a farla... sudare"



    -Sudare aiuta a restare in forma, ho sentito dire qualcosa del... -
    osservai i due, inarcando un sopracciglio. Poi una specie di reflusso temporale, come un nastro che torna indietro di un secondo, mi fece risentire l'intero discorso. -NO! AARGH! NO, CANCELLA.- agitandomi come una specie di babbuina impaurita, col il desiderio intrinseco di infilare la mia testa fulva sotto l'acqua e soffocarmi da sola. -Cancella. Io non ho detto Nulla. Stavo pensando ad Altro.- piccola pausa dove mi soffermai a guardare i bicipiti del ragazzo, inclinando un pochino la testa. - Altro. - mi voltai nuovamente, lasciando che i due concludessero il loro discorso in tranquillità. Inspiravo ed espiravo profondamente, non ero nuova a fare figuracce di questo stampo, anzi, solo che in quel frangente mi aveva seccata più del previsto. Sospirai, giusto per sentire il ragazzo che consegnava delle vesti Donna e si allontanava, congedato, senza fare alcun rumore.

    -Chi era quello, Sensei? - Dissi, spontaneamente, mentre prendevo le vesti nuove che mi venivano offerte da Iron. Inoltre come sapeva che avevo bisogno di vestiti nuovi? Iron era davvero pragmatica in questi momenti, iniziavo quasi a temerla perchè era decisamente impossibile trovare una coerenza logica in quello che stava facendo, con le persone che conosceva, col il motivo per cui le conosceva. Non volevo farmi troppi problemi, ma per buona norma andai a cambiarmi dietro una fitta rete da pesca, al riparo da sguardi indiscreti. Non che Iron mi avesse potuto far provare imbarazzo, era una donna e dubitavo seriamente di avere qualcosa che non avesse già visto almeno ogni giorno in vita sua, però quell'altro individuo aitante poteva ancora essere nei paraggi. La cosa mi insospettiva non poco.

    I nuovi abiti, per quanto spartani, era indubbiamente più adatti allo scopo che non quelli precedenti, in seta, che abbandonai al loro destino. -Eccomi Sensei.. grazie del cambio d'abito - Stavo recuperando anche parte delle mie energie in quella piccola pausa. Certo, non mi aspettavo che la bonaccia durasse per sempre, tanto più che vidi Iron inginocchiarsi ed iniziare a disegnare qualcosa per terra, una mappa grossolana di ciò che dovevamo affrontare. Mentre ascoltavo, attenta, mettevo in posizione tutto il mio equipaggiamento nella nuova divisa, così da non trovarmi impreparata.
    CITAZIONE


    "La nostra posizione è questa. Ci aspettano 3 ore di corsa verso quella direzione. A metà percorso attraverseremo un torrente particolarmente pericoloso. In linea di massima non dovremmo aver problemi. Dovremo solo star attenti a questa zona paludosa e a questa in quanto popolata da... orsi. Per il resto sarà una scampagnata."


    Tre ore di corsa.. tra alligatori di palude, orsi incavolati neri e chissà che altre indicibili sofferenze. Rabbrividì un poco, incerta sul da farsi, non credevo che Iron mi avrebbe spinta ad andare in un luogo tanto pericolo, almeno non da sola. Lei sarebbe venuta con me e questo mi infondeva una sicurezza non differente nei miei confronti, con Iron non avevo paura di affrontare alcuna bestia assetata di sangue che si trovasse in quella maledetta foresta buia.. dove.. non.. entra il.. sole. Avevo decisamente timore di quel postaccio infido, ed il fatto che le mie forze fossero ancora piuttosto scarse rispetto ad una situazione ottimale, non contribuivano affatto ad avere maggiore coraggio.

    Osservai Iron, tentando di sostenere il suo sguardo, ma la cosa non riuscì propriamente bene, finì per guardare il disegnino e abbozzare un "si" con la testa quando mi chiese, molto velatamente, di non farle perdere tempo e cercare di stare al suo passo. Non mi era possibile, certo, però avrei fatto del mio meglio.

    Iron guardò il bosco, con fare esperto di chi conosce, sa ed immagina ogni cosa vi possa essere all'interno. Sembrava quasi che ci stesse parlando, che trasferisse le sue emozioni alle piante e che le piante facessero lo stesso con lei. Mi ricordava incredibilmente i miei gatti e le mie volpi.. quel legame, quella simbiosi.
    CITAZIONE


    "Stammi vicina. Sarà parecchio buio li dentro."


    Iron per prima, ovviamente, si avviò verso la macchia. Non sembrava affatto tranquilla però, come se qualcosa la turbasse appena. Probabilmente temeva che io potessi perdermi o farmi male finendo contro un albero o dentro lo stomaco di qualche simpatico orsetto boschivo affamato e, per quanto mi dispiacesse, non potevo darle torto.

    Avrei voluto fermarla, chiederle molte cose. Era davvero interessante quanto quella donna stimolasse la mia curiosità, anche in quella situazione imbarazzante, dove stavo per farmela sotto dalla paura, avrei voluto che si fermasse a parlare con me, raccontarmi qualche storia.. abbassai gli occhi solo un secondo, giusto il tempo per cacciare via quel velo traslucido di malinconia che mi aveva avvolta. Iron era scomparsa, all'interno della macchia, come inghiottita da una creatura mostruosa che lentamente, inesorabilmente, si muoveva sospinta appena dal muoversi delle foglie sul vento.

    Non c'erano più rumori, d'un tratto ero sola. Mi guardai attorno, impaurita, senza riuscire a capire cosa dovevo fare. E come diceva un famoso filosofo, se guardi troppo a lungo nell'abisso, alla fine l'abisso guarderà te, e quella foresta stava iniziando a scrutarmi, studiarmi, controllare il mio respiro. Pareva adeguarsi come una specie di essere senziente pronto a tendermi un agguato, di li a poco sarei dovuta entrare, i suoi rami mi avrebbero sfiorata, le sue foglie avrebbero riflettuto i colori della mia anima sulle gocce di umidità. Chiusi gli occhi ed entrai, cercando di toccare meno rami possibili, all'interno della macchia.

    Oltre c'era il buio, l'aria era quasi fredda rispetto a fuori, Iron era li ad attendermi. Appoggiava una mano ad uno degli alberi più grossi, gli ultimi raggi del sole incespicavano furiosamente oltre i rami contorti nel tentativo di portare luce dove luce non doveva esistere. Iron pareva tutt'uno con quell'ambiente, immersa nella natura, nel buio che accoglie una vita diversa da quella a cui io ero abituata. Avrei voluto che un raggio di sole le illuminasse il volto, non so perchè, ma avevo una brutta ed inquietante sensazione in quel preciso momento. Ero con Lei, ma mi sentivo incredibilmente sola. -Sono.. qui ..Sensei. - Dissi, mentre le mie parole risuonavano appena, facendo un leggerissimo eco sull'ovattato ambiente creato dalla selva, per poi tacere.

     
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  11. Iron_Malfoy
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    *Shay sentì l'eco della sua voce diventare quasi stridulo. Guardò Iron mentre strani giochi d'ombra sembravano vivere attorno a lei. D'un tratto quelle ombre attorno alla kunoichi si fermarono e tornarono ad essere inanimate.*

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    *Iron annuì e iniziò a correre. Correva più veloce di quanto realmente potesse correre Shay. Sembrava dannatamente desiderosa di uscirsene da quel posto il prima possibile. Il terreno era pieno di radici d'albero che fuoriuscivano da ogni dove, ogni passo poteva portare a cadere, inciampare, perdere di vista Iron. Non c'era tempo per fermarsi.*

    *Shay poteva vedere solo la schiena in leggera lontananza. Percorsero almeno mezz'ora di corsa continuando a saltare a destra e sinistra tra una radice e l'altra mentre attorno tutto sembrava immutato e pericoloso. Pareva che a breve la foresta dovesse animarsi e sbranare le due kunoichi. La sensazione opprimente si poteva sentire sulla pelle e la tensione si poteva tagliare col kunai nell'aria tanto era densa.*

    *Iron non si fermò mai, di tanto in tanto segnalava la nuova via con un gesto della mano procedendo sempre in maniera tortuosa. Improvvisamente Shay iniziò a sentire una brutta sensazione, come se qualcuno da dietro di lei la stesse fissando con insistenza. Girarsi significava perdere di vista Iron e ritrovarsi sola in quel posto. Parlare poteva far segnalare la propria posizione. Più procedevano e più sentiva quegli occhi sul collo. Quasi come se una qualche creatura del bosco fosse intenzionata ad azzannarle la carne.*

    *Quando la sensazione divenne troppo forte per resistere oltre Shay si girò. Il bosco pareva tacere e l'unico rumore pareva essere il battito insistente del cuore della giovane kunoichi e il suo respiro affannato dalla corsa. Ovunque Shay si guardasse il bosco rimaneva all'ombra e vuoto. Poi dalla sua destra provenì un ringhio quindi un secondo. Due creature ringhianti, feroci e pronte a sbranarla si stavano avvicinando pronte a divorare la sua carne dopo averne dilaniato la pelle. Di tutta risposta ai pensieri di Shay una di quelle belve si leccò i baffi.*



    *Brandelli di carne pendevano da quelle due creature che tutto sommato non parevano soffrirne troppo. Shay si guardò attorno. Iron era sparita. I due cani si lanciarono verso Shay.*

    ---

    Ot: L'utente può decidere se combattere contro i due animali o meno. Uso dell'ipotetico obbligatorio.
    Nel primo caso dovrà descrivere:
    1 turno di combattimento con questi parametri:

    1. Massimo delle azioni concesse dal grado

    2. Forza Tra gialla e verde

    3. Resistenza Tra gialla e verde

    4. Chakra gialla

    5. Velocità Tra gialla e verde

    6. Impasto massimo concesso dal grado

    Considera che gli animali hanno 2 attacchi a testa e si muovono come un'energia verde. Attacchi che l'utente dovrà ideare.

    Nel secondo caso dovrà inventarsi qualcosa di intelligente per sfuggire al combat.
     
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  12. S h a y
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    ..Incontrai una Fauna Oscura..

    Un connubio di ombre danzanti e sensazioni orribili mi attraversò la schiena, come un alito gelido che ti accarezza le spalle sudate. Non disse nulla, compiva solo gesti sistematici e precisi, che significavano tutto e niente, mi inquietava più di ogni altra cosa il posto dove ci eravamo avventurate ma Iron, per quello che avevo imparato a vedere, non era una donna che prendeva nulla alla leggera.

    Il senso di innata protezione che avevo provato prima era andato scemando fino a scomparire quasi del tutto, adesso vedevo solo ombre, buio e giochi di rami contorti che sembravano bramare qualcosa.

    E poi Lei iniziò a correre. Veloce come non mai. Non mi resi immediatamente conto di quanto veloce stesse scappando, per i primi dieci secondo la distanza tra me e lei era quasi nulla, ma un centimetro alla volta, nel giro di pochi secondi, di Iron riuscivo solo ad intravedere la figura muoversi rapida e agile trai rami.
    Il terreno era contorto, intricato, scivoloso e umido, radici spuntavano da ogni dove come mani nodose pronte ad afferrarti per le caviglie e trascinarti verso l'oblio oscuro che si trovava oltre il raggio visivo.

    Mi batteva forte il cuore, tenevo gli occhi fissi su dove andavo a mettere i piedi ed ogni secondo netto controllavo la posizione della Donna, cambiando direzione o cercando una strada meno irta di ostacoli ogni volta che mi faceva un cenno. Più correvo dentro quella selva, maggiore era il senso di oppressione ed indebolimento che provavo nelle mie ossa e nella mia carne, come se non bastasse non ero nelle condizioni migliori per correre in ambienti ostili e dopo dieci minuti avevo già il fiato corto e dovevo sforzarmi il più possibile per non perdere la mia Sensei.

    Passai accanto ad un Salice, uno dei rami bassi mi sfiorò il collo mentre correvo, provai una bruttissima sensazione, come se quel "tocco" mi stesse mettendo in guardia da qualcosa. Mi pareva di sentire la foresta parlare, l'erba dire qualcosa come un bisbiglio sconnesso che si fermava ogni volta che passavo vicino al sottobosco. Qua e la ombre, animali notturni, che si aggiravano circospetti, fermandosi ad osservare quelle due figure che correva evitando rami e artigliate frasche pronte a strapparti gli occhi alla minima distrazione.
    Riuscivo a vedere poco o nulla di quello che mi stava attorno, per paura di perdere Iron, ma le sensazioni che percepivo erano quanto più sgradevoli; un sentore di morte e putridume, forse quella palude che Iron aveva confessato preoccuparla.

    Poi, proprio mentre saltavo oltre un grosso ramo caduto e marcio, mi sembrò di avvertire la presenza di qualcuno alle mie spalle. Per un secondo pensai di girarmi, di chiedere "chi va là?", ignorando che Iron mi sarebbe sfuggita e sarei rimasta da sola. Riuscì a controllarmi giusto in tempo per vedere l'ultima parte della sua mano scartare in una direzione diversa.
    La zona era piena di pozzanghere d'acqua create dall'umidità delle piante, il fango aveva abbondantemente rovinato i pantaloni puliti che mi erano stati donati, un paio di volte rischiai di scivolare, riprendendomi all'ultimo e perdendo sempre più terreno nei confronti dell'Inuzuka che, a questo punto, sembrava voler uscire il prima possibile da quel postaccio, quasi dimenticandosi di me.

    Avrei voluto chiamarla, urlare! Ma quegli occhi che sentivo addosso, che scrutavano e studiavano, come un cacciatore che punta la propria preda, un predatore che avvista un animale ferito. E come una gazzella anche io, impaurita, correvo alla ricerca disperata del branco, di Iron. Ma non riuscivo, per quanto mi sforzassi, a starle dietro, lei correva ed io ansimavo sempre di più.
    Iniziavo a vedere i rami chiudersi davanti a me, come se non volessero farmi passare, come se cercassero di strapparmi la carne dalle braccia, dal viso. Un ramo sottile mi aprì una lievissima feritina sulla guancia, bruciava incredibilmente tanto, probabilmente era urticante.

    L'aria era divenuta quasi fredda, il senso di oppressione che quelle piante e quell'incessante sguardo mi provocava era diventato quasi insostenibile. Da quanto correvamo? Il mio cuore oramai batteva forte, le ginocchia iniziavano a chiedermi cosa stessi facendo, avevo perso la cognizione del tempo. Potevano essere passati cinque minuti così come due ore, per me non faceva differenza, volevo solo seguire quella scia di salvezza che si chiamava Iron. Niente Altro.

    Ad un tratto però, come accade in qualche film dell'orrore di pessima categoria, l'emozione negativa che mi provocava il non potermi guardare alle spalle stava per schiacciarmi e mi voltai, un solo istante, tanto bastò per perdere Iron di vista definitivamente. Non riuscivo nemmeno ad udire i movimenti, i suoni che faceva nel muoversi, niente. Mi fermai, slittando per un paio di metri sul suolo fangoso, guardandomi attorno.
    Non c'era nulla, solo alberi altissimi ed un buio tombale ed impenetrabile.

    Rumori lontani e ovattati, come se arrivassero dall'altro capo di un lunghissimo tunnel, distorti e sconnessi, parevano bestie feroci in agguato, in attesa che qualcuno come me passasse ignara dalle loro parti, finendo i suoi giorni come pasto. Il cuore mi batteva all'impazzata, ora anche per la paura, ed il respiro affannoso della corsa interrompeva quell'odioso silenzio che si era venuto a formare.
    Mi tremavano le mani, vigorosamente, il terrore che Iron si fosse dimenticata di me mi assalì come un'onda travolgente, lasciandomi inerme ed indifesa, come un pulcino caduto dal nido che chiama disperatamente la madre, senza riuscire ad emettere alcun suono. E così ero io, tanto terrorizzata da non riuscire nemmeno ad Urlare.

    Poi un rametto spezzato. Una foglia secca smossa appena, un ringhio sommesso in quel silenzio, dalla mia destra. Girai la testa lentamente, immobile sul posto, come un'azione meccanica e istintiva, portai una mano dentro la casacca dove avevo riposto l'equipaggiamento, troppo impaurita per scegliere un'arma.

    Due bestie, luride, schifose, uscite dai miei peggiori incubi erano li a fissarmi.
    Perdevano brandelli di carne come se fossero appena state dilaniate da qualche orso, eppure mi fissavano, sbavando saliva e sangue, con i muscoli tesi, gli occhi deformi ed i denti acuminati. La prima immagine che mi attraversò la mente fu il mio corpo smembrato, ridotto in mille pezzi ed ingozzato da quelle bestie, i denti che affondavano nella pelle, lo sguardo omicida e ferale negli occhi di quella specie di cani. Uno di essi si leccò quel che gli restava dei baffi, prima di lanciarsi alla carica seguito dal compagno.

    Di Iron non c'era più alcuna traccia, nemmeno lei avrebbe potuto salvarmi in quel momento. Ero da sola, volevo scappare, correre, ma temevo che mi avrebbero raggiunta, ferita, che sarei morta aggrappata in cima ad un albero di fame, dissanguata.. Quelle bestie agivano con istinti primitivi, senza uno schema preciso da cui dedurre qualcosa, una carica furibonda e brutale che in pochi istanti bruciò il piccolo spazio di terreno che le divideva da me.

    La prima cosa che riuscì a prendere furono due carte bomba che avevo messo in tasca per chissà quale evenienza, riuscì solo ad estrarre quelle prima che la prima bestia, percorsa la decina di metri che la divideva da me, affondasse i denti nel mio stinco sinistro. [Movimento + Attacco della prima Bestia] Il dolore fu indescrivibile, quei denti affondarono nella carne come se fosse burro, perforando gran parte del tessuto muscolare e sfiorando di poco l'osso, cercai di impastare quanto più chakra potevo nella gamba, con risultati non molto soddisfacenti, ma abbastanza perchè non mi tranciasse via la gamba di netto [Res+1/2Basso=250+50=300]. La gamba era decisamente mal messa, sanguinava da ogni morso che avevo subito, inoltre l'altro animale, giunto quasi assieme al primo, saltò, cercando di mordermi alla gola. Non potendo muovere la gamba, immobilizzata dal morso, alzai il gomito, e tentai di difendermi con l'avambraccio. La bestia fu più rapida di me e, ignorando il braccio, atterrò di lato azzannandomi la coscia dalla parte interna. Non ero riuscita a proteggermi, i denti avevano affondato saldamente nella carne e sentivo le gambe sul punto di cedere.

    In una frazione di secondo, alzai gli occhi, sognando di vedere arrivare Iron per salvarmi la vita, ma non c'era nessuno, solo il dolore lancinante e le mie urla che si spargevano per la foresta. Gridavo forte, per il dolore e per la paura, usando entrambe le mani, ognuna con una carta bomba, tentai di applicarle sulla testa di quelle bestie con un rapido movimento. Erano così inchiodate dalla mia carne che, anche volendo, sarebbe stato difficile per loro evitare che riuscissi ad applicarle [Slot Azione 1 e 2 di Shay].
    Immediatamente dopo, avrei cercato di liberarmi di quelle bestie prima che l'esplosione avesse luogo, nel caso non ci fossi riuscita sarei morta sul colpo, senza venire sbranata come un'animale da quelle creature.

    Facendo leva sulla gamba morsa alla coscia, eseguì la tecnica della Raffica della Foglia - Konoha Reppuu [Tecnica]. Partendo con il calcio, avrei letteralmente dovuto trascinare via la prima bestia che in quella posizione avrebbe potuto opporre poca resistenza, e colpire l'altra, quella che mi stava mordendo lo stinco.

    La mia speranza era che ruotando con tanta forza ed in modo così inaspettato, quelle due bestiacce si sarebbero scontrate l'una contro l'altra e, perdendo la presa con i denti a causa della rotazione o dello strappo dei tessuti della mia gamba, fossero scagliate ad almeno due o tre metri di distanza.

    Non avrebbero avuto nemmeno il tempo di togliersi la carta dalla testa, visto che sarebbe esplosa dopo tre secondi esatti dall'uso della mia tecnica e quindi dalla rimozione delle mie dita dalla carta.
    Se tutto avesse avuto successo, le teste di quei mostri sarebbero letteralmente scoppiate in un caleidoscopio di sangue e cervello. Le mie gambe però avrebbero subito gravi lesioni, sanguinando notevolmente. [1 leggera nello stinco e 2 leggere nella coscia].

    Mi sarei quindi accasciata al suolo o, nell'eventualità che quelle due non fossero ancora morte, avrei scalato rapidamente uno degli alberi, cercando di portarmi più in alto possibile e sperando nell'arrivo tempestivo di Iron. Non volevo morire, non in quel modo..

    SPOILER (click to view)
    Riassunto Tecnico:
    Bestia 1:
    - Azione 1 [ Movimento superiore a quello Gratuito ]
    - Azione 2 [ Morso allo Stinco ]
    Bestia 2:
    - Azione 1 [ Movimento superiore a quello Gratuito ]
    - Azione 2 [ Morso al Fianco / Finta ]

    Shay:
    - Difesa 1 [ Impastato 1/2 Basso sullo Stinco (300 Res) ]
    - Difesa 2 [ Fallita - Subito Morso alla Coscia ]

    - Azione 1 e 2
    [ Attivazione ed Applicazione Cartebomba ]
    - Tecnica [ Raffica della Foglia - Konoha Reppuu ]

    Resoconto Fisico di Shay :

    Chakra Usato
    : 2 Bassi e 1/2 Basso.
    Ferite: 1 Leggera allo Stinco e 2 Leggere Alla Coscia
    Stato Generale: Impaurita e con la gamba sinistra seriamente compromessa dopo l'uso della tecnica.

     
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  13. Iron_Malfoy
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    *Alle volte non tutto va come avevamo pensato. Shay era si riuscita ad attaccare le due cartebombe sui due cani ma gli stessi mentre subivano in pieno la sua tecnica erano altresì riusciti a togliere l'uno la cartabomba dalla testa dell'altro. La deflagrazione rimbombò forte nella silente foresta. Una nuvola di polvere e foglie si levò impedendo per qualche istante la vista alla kunoichi.*

    *Essere a terra, sanguinante e senza sapere l'esito della battaglia non era il massimo. Passarono pochissimi istanti forse meno del battito di ciglia che servì a Shay per rendersi conto che qualcosa era andato storto. Lo percepì chiaro e forte davanti a lei. Un ringhio netto, bestiale, guturale e minaccioso da gelare il sangue nelle vene. Era giunta la sua ora?*

    *La nube si abbassò e davanti a Shay con il busto leggermente in avanti e le braccia spalancate a T vi era Iron. Da lei proveniva quel ringhio feroce molto più spaventoso di quello dei due animali. A ben pensarci era meglio morire sbranati da quei due che da Iron. I cani latrarono, abbassarono le orecchie. Iron ringhiò nuovamente quindi i due si avvicinarono timorosi. Shay vide la donna mettere le mani sulle teste di quei due famelici come se stesse toccando due cuccioli impauriti e bisognosi di coccole. Stava davvero accarezzando quei due cosi? Ma s'era accorta che Shay sanguinava? S'era accorta che l'avevano quasi sbranata viva?*

    *I due cani si sedettero davanti ad Iron mentre dalle mani della ragazza era lampante fuoriuscisse del chakra. Shay vide le ferite degli animali ricomporsi davanti ai suoi occhi. Vide nettamente il sangue che smetteva di fuoriuscire e la carne che si ricomponeva dove ferita. Era troppo intenta a guardare la scena per accorgersi che la stessa cosa stava avvenendo alle sue di ferite. Senza toccarla Iron la stava guarendo. [Guarigione a distanza]*

    *Pochi istanti e i due animali erano tornati al pieno delle loro forze e ricostituiti nel fisico. Shay li vide leccare le mani di Iron e struscisarsi contro come due micetti. Lo sguardo che però i due diedero a Shay quando incrociarono i suoi occhi rimase lo stesso e sembrava dire "Sei stata fortunata ragazzina c'è un capobranco a cui devo sottostare". Un brivido freddo percorse la schiena di Shay.*

    *Gli animali tornarono alla foresta come se nulla fosse successo.*

    "Mi stai facendo perdere tempo ed energie preziose. Non torno una seconda volta indietro a salvarti."


    *Quel tono non accettava repliche.*

    "Ora muoviti la strada è ancora lunga."


    *Con grosso stupore di Shay riuscì a mettersi in piedi senza problemi. Iron riprese la corsa tra gli alberi. Corsero a lungo mentre il terreno passava da terriccio ad umido. Era evidente stessero entrando nella zona più paludosa. Iron saltava a destra e manca come una gazzella. Shay si arabbattava quanto poteva sia per tenere il passo sia per evitare le paludi.*



    *Tuttavia era destino che dovessero succedere tutte a lei. Un passo falso e quella che sembrava una piccola pozzanghera si rivelò essere una pozza profonda diversi metri. Shay ci finì completamente dentro. Precipitò nell'acqua per diversi metri sotto il suolo.*

    *Quando riemerse da quello schifo puzzava come una capra in decomposizione abbandonata in una discarica di pesce marcio. Si alzò a fatica e uscì dall'acqua. Fu un prudore lungo il corpo a farle accorgere che piccole e disgustose sanguisughe stavano salendo e foderando tutto il suo corpo ad una velocità impressionante. Doveva far qualcosa subito!*
     
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  14. S h a y
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    ..Alchè la retta via era Smarrita..

    Agonizzante. La parola che poteva meglio descrivere la mia situazione oltre quella nube di polvere e detriti legnosi sollevata dalla detonazione delle carte bomba.
    Qualunque fosse stato l'esito del mio avventato gesto oltre quella foschia risiedeva il mio futuro. Sentì un ringhio, animalesco, selvaggio, che di umano aveva poco o nulla, una di quelle cose che ti fanno rizzare i capelli, raggelare le ossa, al punto tale che non sentivo nemmeno lo sgocciolare incessante del sangue dalle mie ferite giù nel terreno.

    Quel maledetti erano sopravvissuti? Che diavolo era successo in quella baraonda infernale? Dove era Iron?.. non volevo morire senza combattere, presi un Kunai dalla tasca, protendendolo verso il fumo ed il fogliame, quando una figura alta e slanciata apparve, sfumata, come un'ombra. Era Iron! Era tornata per me dopo aver sentito l'esplosione probabilmente.. o le mie urla lancinanti.

    Mi sarei aspettata che, con un colpo ben preciso, tranciasse via la testa a quelle due bestie infernali. Invece no, niente di tutto questo, sembrava che quegli essere l'ascoltassero, che il ringhio che avevo sentito venisse da Iron stessa e non dai cani. La cosa mi provocò un brivido lungo la schiena, di pura inquietudine.

    Quelle due la fissavano, uggiolando, come se avessero disobbedito ad un orso bruno che era loro padrone e che, con una zampata, avesse potuto distruggerli senza pensarci due volte.
    Non mi degnava di uno sguardo, quella Donna, lasciandomi li a sanguinare, come se la colpa di tutto quello che era successo fosse mia, in qualche modo. Mi sentivo in colpa, se fosse stato per me avrei crivellato quelle bestie al punto che nemmeno la terra li avrebbe riconosciuti, ma Lei no, era diversa. Ci stava come parlando..

    Poi iniziò a fare qualcosa, lentamente li stava rimettendo in sesto, ferita dopo ferita, come se nulla fosse successo, come se non meritassero una punizione per avermi aggredita in quel modo.. avrebbero ucciso il prossimo malcapitato che fosse passato da li, magari sarebbero usciti dalla selva andando ad uccidere capre o pecore.. ma di questo ad Iron non importava niente. Per quanto la sua aura di eroismo risplendesse ancora nella mia mente, l'alone opaco dell'incapacità di saper uccidere creature pericolose ne offuscava la grandezza.. Persino io adoravo gli animali, a tal punto da considerarli l'unico modo per essere me stessa.

    Eppure anche tra le bestie, come tra gli uomini, ci sono quelle innocenti e quelle che non lo sono.. e spetta a noialtri stabilirlo, cosi come stabiliamo che quello o quell'altro Ninja sono Nukenin spietati..

    Quando quei due si furono rimessi completamente leccarono le mani di Iron, per un breve istante mi parvero cambiati, diventati buoni, stavo per ricredermi quando, allontanandosi, mi lanciarono un'occhiata selvaggia e furiosa. Li fissai dritti negli occhi, non con paura o terrore, ma con un senso di rassegnazione. Avevo fallito il mio compito, fino a quel momento ero riuscita a cavarmela discretamente, ma quel test era decisamente troppo oltre le mie aspettative.. mi sentivo veramente persa. La mia espressione lasciava trapelare il disappunto che mi era cresciuto dentro. Improvvisamente Iron si rivolse a me, come se stesse parlando ad una galeotta appena evasa da prigione che rallenta un gruppo più numeroso, braccato dalle guardie.
    "Mi stai facendo perdere tempo ed energie preziose. Non torno una seconda volta indietro a salvarti."
    Non mi andava di rispondere "si Sensei".. non trovavo niente che mi aiutasse a metabolizzare l'astio che tutto un tratto Iron aveva per me. Mi rimisi in piedi senza alcuna difficoltà, restando particolarmente stupita dal fatto che laddove c'erano grossi morsi, ora c'era solo pelle rosa e pulita. Era stata Iron, quasi sicuramente, a fare quel piccolo Miracolo. Eppure non capivo che cosa volesse da me, perché doveva trattarmi male a quel modo? Non avevo speranze da sola contro quelle bestie, non ero una maledetta Inuzuka con il controllo delle mille bestie infami e dei cani dell'inferno!
    Mi uscì giusto una lacrima.

    Ero terribilmente dispiaciuta e mi bruciava dentro da morire, bruciava aver fallito, essere stata rimproverata in quel modo dopo aver dato tutta me stessa.. perché? Perché Iron mi trattava in quel modo, dannazione?! Non me lo meritavo.. era colpa sua se quelle due bestie mi avevano aggredita e ci avevo quasi rimesso la vita.. io avevo fatto del mio meglio.. ma avevo fallito.
    Mi asciugai la lacrima dalla guancia, giusto in tempo per vedere il menefreghismo di Iron correre assieme a lei ancora più all'interno della foresta. Le corsi dietro, con crescente difficoltà a causa del mutare del suolo in una specie di acquitrino paludoso.

    Avrei voluto dirle che mi stava facendo soffrire, che non era giusto quello che mi aveva detto.. che volevo che mi chiedesse scusa. diventava sempre più difficile continuare l'inseguimento in quel territorio, iniziavo ad intravedere pozzanghere poco invitanti e, saltando qua e la, afferrando rami e rametti, cercavo di emulare Iron e poggiare il meno possibile i piedi su quella terra fangosa ed instabile.

    Continuavo a pensare all'Inuzuka, a quello che avevo fatto per farla indispettire tanto.. pensavo si congratulasse con me per non essermi fatta ammazzare in un solo colpo.. io non sapevo mandare giù una cosa del genere, un fallimento di quella insignificante portata.. che mi aveva fatta sgridare dalla persona che al momento stimavo più in assoluto. Mi sentivo doppiamente umiliata, la voglia di piangere c'era, qualche altra lacrima sfuggì dalle mie guance.

    Inavvertitamente, distratta da quei pensieri nefasti e dolorosi, con gli occhi appena traslucidi dalle lacrime che a stento riuscivo a fermare, misi piede in fallo, il ramo a cui mi ero aggrappata si spezzò poiché marcito e caddi in una pozza. Era profondissima, come se fosse una trappola scavata volutamente, sprofondai per almeno un paio di metri in quell'acqua torbida e melmosa. Sentivo le vesti comprimersi addosso a me ed impregnarsi di schifo. Si, schifo era la parola adatta ad indicare quella roba putrida che mi era rimasta addosso appena misi la testa fuori dall'acqua. Tirai un grosso respiro con la Bocca. - Iron! - Chiamai subito a gran voce, d'istinto.

    Mi trascinai fuori da quella pozza disgustosa, sputando gocce d'acqua paludosa e lurida. Mi veniva il voltastomaco solo al sentire l'olezzo che emanavano i miei capelli. Per non parlare di tutto il resto..
    Improvvisamente avvertì come un prurito diffuso in tutto il corpo, quasi contemporaneo, scostai la parte superiore del vestito dal corpo, notando una quantità impressionante di Sanguisughe attaccata Ovunque nella mia pelle. - Oddio! Oddio ..Che.. Chi schifo .. aarhg.. - mi tolsi rapidamente la maglietta, poggiandola su un ramo sporgente, poi anche i pantaloni, adagiandoli nella medesima posizione. Si, mi stavo denudando in mezzo ad una palude, mentre un migliaio di quelle schifosissime sanguisughe stavano cercando di divorarmi. Non ci pensavo proprio ad usare metodi ortodossi con quelle. Non erano Cani, erano schifosi Parassiti.

    Misi i piedi in un punto particolarmente solido rispetto alla melma circostante. Cercai di ignorare quelle fastidiose punturine, da li a poco sarebbero state disintegrate. Proprio così, ero arrabbiata per quello che era successo con i cani, maledetti. Se avessi avuto la lucidità necessaria per agire in questo modo anche con loro.. scossi la testa. Il passato era passato, ora dovevo pensare a rimuovere quelle bestiacce; Composi due sigilli: Tigre e Capra. Quindi aprendo la bocca sputai fuori cenere e fumo grigiastri che già di per se causarono gravissimi danni alle creature acquatiche, socchiusi appena gli occhi, mentre sfregavo i denti gli uni contro gli altri, mordendo quasi dolcemente il miasma di carbonio esplosivo.

    Il risultato fu un'esplosione pazzesca per gli standard sonori della foresta, nel raggio di sei metri un'ondata di fuoco e fiamme si diramò dal mio corpo, disintegrando all'istante ogni creatura che stava assalendo la mia pelle e facendo tabula rasa dei rami che mi erano vicino.

    Avevo utilizzato quasi tutta la mia riserva di Chakra e mi sentivo provata, tuttavia con quell'ondata distruttiva erano andati via anche gran parte dell'olezzo e delle impurità presenti su pelle e capelli. L'intimo ne aveva risentito anche se reggeva.. più o meno bruciacchiato, grazie ai filamenti metallici delle giunture del reggiseno. I vestiti che mi ero tolta, invece, con l'aria rovente che aveva spazzato l'aria, avevano perso il grosso dell'acqua, ed erano solo umidi e vagamente puzzolenti. Li rimisi rapidamente, pronta per proseguire quella folle corsa.

    Avevo perso di vista Iron, quindi avrei atteso che si fosse mostrata o fatta viva prima di continuare a seguirla senza fiatare. L'espressione di tristezza sul mio viso si era attenuata dopo il successo dell'ultima azione antiparassitaria, tuttavia continuavo a domandarmi il perché di tanta ostilità. Ma non c'era tempo, dovevamo proseguire.


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    CITAZIONE
    Nuvola Esplosiva – Haisekishou
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tigre, Capra
    L'utilizzatore espellerà una nuvola di cenere e fumo dalla bocca, che andrà ad espandersi in una sfera avente raggio circa 3 metri; la velocità dell'espansione sarà pari all'energia dell'utilizzatore. Nel momento in cui l'utilizzatore interrompe il flusso di fumo, mordendo tale nube, questa andrà ad esplodere, causando un'esplosione di potenza 40 nel raggio di 6 metri, senza però danneggiare l'utilizzatore.
    Tipo: Ninjutsu - Katon
    (Livello: 4 / Consumo: Medioalto)
    [Da genin in su]
     
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  15. Iron_Malfoy
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    *Shay era riuscita abilmente a liberarsi di tutte le sanguisughe e come promesso da Iron la kunoichi non era tornata indietro a prenderla. Iron non era certo una che diceva una cosa per poi farne un'altra ed era ora che Shay crescesse. Era una genin ormai non più uno studentello d'accademia col moccio al naso. Aveva scelto la vita ninja o come spesso accade altri la scelgono per te e non vi era modo per evitarlo. Quella vita era dannatamente difficile. Molto più pesante della vita dei marinai che erano costretti ad alzarsi all'alba per andare a pescare, portare indietro il carico, prepararlo per il mercato e ripartire per essere utili ad altri. Molto più difficile della vita dei falegnami che giorno e notte abbattevano e lavoravano il legno per poter dare un tetto ai fogliosi, un tavolo su cui riporre il pesce cotto e una sedia per sedersi a tavola. La via del ninja era molto più dura di questi lavori che già di per se potevano sembrare massacranti.*

    *Non era un semplice "ammazzo quello che mi trovo davanti" ma era più complesso. Bisognava valutare la situazione, comprendere le meccaniche, carpire ciò che non veniva detto e ciò che i nostri occhi non erano in grado di vedere. Era dolore, sofferenza e fatica. Era il continuo tentare di portare a termine con successo una missione e questo non sempre significava vincere. Spesso ci si ritrovava davanti ad un muro invalicabile, spesso con noi c'era chi ci limitava, spesso dai limiti nostri e di chi avevamo a nostra responsabilità poteva dipendere la vita di altri. Un genin neo diplomato avrebbe faticato non poco a percepire il disegno oltre la macchia di colore informe. Egoisticamente avrebbe ricercato in altri la colpa della propria frustrazione. Col tempo avrebbe compreso, col tempo avrebbe fatto tesoro di quegli errori e sarebbe cresciuto o perito nel tentativo.*

    *Non era così anormale morire giovani. Molti non avevano le capacità, altri seppur avendole non erano in grado di sfruttarle a loro vantaggio. Spesso poteva realmente dipendere dal sensei che li seguiva ma altrettanto spesso era la poca forza di volontà dello studente. Era facile restare seduti e dire "aspetto che torni a prendermi" era troppo semplice pretendere che altri ci tagliassero i bocconi di carne per non far fatica.*

    *La vita ERA fatica, la vita ERA sofferenza, la vita ERA DANNATAMENTE difficile. Per di più sebbene convinti d'essere il fautore del proprio destino, spesso ci si rendeva conto che non era propriamente così. Ora Shay era di nuovo sola. Poteva forse pretendere che Iron tornasse a prenderla? Poteva forse essere orgogliosa di quello che stava facendo? Poteva realmente pensare che un Jonin d'alto livello come Iron non si urtasse della sua continua incapacità a compire un'azione semplice come il correre dietro di lei?*

    *Perchè Iron era così? Non era mai stata una genin neo diplomata? Non aveva mai faticato correndo dietro un sensei alto graduato? Od era proprio perchè sapeva cosa significavano quei primi momenti fuori dal guscio di casa e da quell'ampolla magica chiamata Konoha che era così severa con lei? Probabilmente anche Iron era stata bambina, probabilmente anche lei aveva sofferto le pene dell'inferno per arrivare dov'era ora e allora perchè non capiva? Era forse stata abbandonata anche lei in luoghi nefasti sola con se stessa e la sua incapacità di relazionarsi con quel destino ed essere ninja ancora troppo prematuro?*

    *Il silenzio era assoluto, il bosco non lasciava penetrare il minimo spiraglio di luce. Shay si guardò attorno più e più volte, meccanicamente poi qualcosa dentro di lei scattò. In lontananza lo percepì lontano e debole vi era il rumore di un torrente. Fu come venir illuminati, come un brivido di gioia e stupore che ti pervade. Le ritornò in mente il disegno fatto da Iron. Ecco perchè le aveva mostrato la via, ecco perchè l'aveva avvisata dei probabili pericoli. L'aveva fatto perchè sapeva che prima o poi Shay si sarebbe persa. Iron sapeva e nonostante questo le aveva mostrato la via come una stella luminosa da seguire.*

    *Shay avrebbe dovuto correre come mai in vita sua, non come aveva fatto fino a quel momento ma con maggior forza, spingendo i muscoli delle sue gambe oltre quel confine invisibile che ne limitava la velocità. Avrebbe dovuto raggiungere nuovamente Iron. Glielo doveva, doveva dimostrarle di non essere più uno studente. Lei era un Genin a tutti gli effetti. Lampante divenne il motivo per cui Iron l'aveva fatta lavorare fino a quel momento in quel modo. Era una lezione di vita quello che la Tigre di Konoha voleva darle. Era molto più di quanto non avesse pensato fino a quel momento.*

    *Nel suo silenzio, nei suoi movimenti, nei suoi sguardi Iron le stava urlando "Sei un ninja! Nulla è più come prima. Siine fiera, siine all'altezza. Alzati quando cadi e con rinnovato coraggio affronta questa vita perchè da te dipenderà la vita, la sicurezza e la gioia del villaggio di Konoha". Shay riuscì per un brevissimo istante a percepire le forme di quel disegno più grande di lei. Per un istante percepì Iron diversamente, ne sentì l'umanità, la femminilità, la passione per ciò che era e per ciò che faceva. Fu un breve istante che si confuse tra i misteri delle cose più grandi di lei. Il tempo avrebbe insegnato il resto.*

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    Ot. Arriva correndo fino al torrente.
     
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35 replies since 15/11/2010, 13:59   1214 views
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