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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Luce nell’ombra




    Ero venuto a Suna praticamente da solo, nonostante la presenza fisica di Shiltar e Fujiko. Principalmente volevo assistere all’incontro che si era tenuto quella mattina tra il Mizukage e l’Amministratrice. Ora però, che era da poco passato il tramonto e il cielo Sunese era ancora di un blu molto scuro, puntellato di stelle. Cercai e trovai in breve tempo dove Shinodari alloggiava, insieme ai suoi (numerosi) accompagnatori.

    Mi presentai dinanzi alla porta e una signora anziana che gestiva la pensioncina dove alloggiavano. Chinai il capo in segno di rispettoso saluto e lei fece altrettanto, poggiando le mani screpolate dall’età sul bancone di legno.

    «Posso fare qualcosa per te, giovane?»
    «Si.
    Qui alloggia l’Amministratrice Shinodari Kazekumo. Vorrei che le consegnaste questo messaggio da parte mia gentilmente.
    »
    «Oh, se è solo questo, non ci sono problemi.»


    Ringraziai la signora e le porsi la brevissima lettera, quindi mi voltai e uscii, dirigendomi verso il luogo che avevo segnato sulla breve lettera che avevo lasciato a Shinodari. La vecchia signora avrebbe consegnato subito dopo il foglio all’Amministratrice, sul quale c’erano poche righe.

    CITAZIONE
    Ciao Shinodari, non ti chiedo come va perché preferirei sentirmi la risposta di persona. Ritengo indecente non incontrare mia cugina ora che ci troviamo nello stesso villaggio e soprattutto, devo parlarti di una cosa che – spero – ti farà piacere. Credo che in questi giorni bui un po’ di felicità non guasti.
    Ci vediamo tra un’ora Bar de Sables, si trova esattamente cinquanta metri a destra dell’Amministrazione.
    Non accetto rifiuti.

    Itai.



    Un’ora dopo ero davanti all’ingresso del Bar. L’aspettavo, nella speranza di terminare nella tranquillità una giornata che non era proprio stata idilliaca. L’argomento di Yami mi bruciava ancora e dovevo concentrarmi su dell’altro. Per fortuna che almeno quella sera potevo farlo: dopo tante nubi oscure era arrivato almeno un momento di felicità che all’orizzonte si prospettava più luminoso di quanto io stesso mi aspetassi.


    Edited by -Max - 20/7/2010, 11:06
     
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    Y Danone
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    Era stata una giornata “intensa”, se così l'avessi voluta definire.
    La riunione, come avevo scoperto fin troppo presto, si era rivelata il minore dei miei problemi.
    In quel momento altri era i pensieri che si agitavano nella mia mente.
    Ero seduta sul davanzale della camera che avevo preso in affitto durante il soggiorno sunese da circa un'ora, forse di più... difficile contare i minuti, seguire il flusso del tempo.
    Non sapevo più neanche io quale fosse la causa dominante di quel senso di tristezza che attanagliava il mio cuore.
    Avrei voluto dare un ultimo saluto a Yami, alla persona che era stata così importante nella mia vita e mi sentivo in colpa per non avergli mai voluto rivelare la verità su quel bambino che era comparso all'improvviso un paio di anni fa.
    Lo stesso bambino che stava soffrendo per una colpa non sua, per un'eredità che l'avrebbe marchiato per gli anni a venire.
    Avevo sottovalutato quel quarto di sangue, non credevo che fosse così forte da prevalere sugli altri, ma i risultati delle analisi non avevano lasciato adito a dubbi.
    E se Reverie non mi avesse sbattuta fuori dall'Ospedale minacciandomi di prendere provvedimenti per il mio bene, sarei ancora accanto a Ryutsuki.
    La tentazione di non essere nella mia stanza, ma tra le braccia di colui che desideravo divenisse parte del mio mondo era forte. Avrei voluto poggiare la mia testa sul suo petto, sentire il suo cuore battere all'unisono con il mio, sapere che ci sarebbe sempre stato per me, che i sentimenti che avevo cominciato a provare per caso, forse per un capriccio del destino, si erano trasformati in qualcosa di più profondo, ma sapevo che sarebbe stato solo egoistico da parte mia. Avevo scelto di lasciarlo andare, di separare i nostri destini per il suo bene. Mi aveva detto che per conoscerlo avrei dovuto “viverlo” e avrei tanto desiderato farlo, però sapevo che alla fine lo avrei distrutto. Per quanto mi costasse ammetterlo non sarei mai stata la persona che l'avrebbe potuto accompagnare per il resto della sua vita. Ero una ragazza troppo problematica e non sarebbe stato giusto che lui affrontasse le mie battaglie per starmi accanto. Me ne ero resa conto alle mura di Suna... Non avrei mai dovuto chiedergli di seguirmi, non avrei mai dovuto tornare da lui, dopo quel giorno sulla spiaggia.
    Faceva male, dannatamente male, ma se davvero ci tenevo a lui era giusto che trovasse la felicità con qualcuna che non portasse con sé l'Inferno.
    Il bussare alla mia porta mi distolse per un momento dalle mie riflessioni.
    L'anziana signora che ci aveva ospitati aveva un messaggio per me.
    La ringraziai cortesemente, mentre prendevo la missiva dalle sue mani.
    Era una lettera da parte di mio cugino Itai.
    Mi chiedeva di incontrarci al bar vicino gli uffici amministrativi.
    Abbozzai un sorriso, mentre leggevo.
    Si, in fondo distrarmi sarebbe stata la cosa migliore e poi avevo davvero voglia di scambiare due chiacchiere con lui.
    Per l'occasione scelsi di indossare uno yukata bianco ornato con disegni di draghi stilizzati in argento.
    Raccolsi i capelli corvini lasciando libere di ricadere alcune ciocche oltre le mie spalle.
    Diedi una carezza a Ko, che riposava acciambellato sopra il mio letto.
    Un cucciolo che aveva dovuto affrontare una sfida più grande di lui...
    Chiusi la porta alle mie spalle, incamminandomi verso il luogo dell'appuntamento.
    Il dolore l'avevo imprigionato in un angolo profondo del mio animo.
    In fondo ero un'esperta in materia.
    Quando incrociai lo sguardo di Itai, sulle mie labbra si dipinse un sorriso sincero.
    Ero davvero felice di rivederlo.
    Lo salutai con la mano.
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Argomenti pessimi. Ecco cosa avevamo trattato alla riunione. Argomenti abbastanza malinconici da gettare chiunque nello sconforto. Perciò, quando i miei occhi incrociarono quelli di mia cugina nacque un sorriso sulle mie labbra e una piccola preoccupazione: mi sembrava di cogliere un moto di preoccupazione e tristezza. Non feci però domande, non ancora: immaginavo solamente quanto doveva essere stata dura per lei tutta quell’immensa storia. Chissà, forse c’era anche dell’altro, anche se non lo sapevo e non volevo ancora saperlo, forse era meglio concentrarci sulle cose belle, finché duravano.

    «Ciao Shinodari.»


    La salutai semplicemente. Aprii la porta del Bar e la feci entrare, seguendola subito dopo richiudendo la porta del locale subito dopo alle spalle. Trovai subito un tavolino per due persone, piccolo e circolare, con dei cuscini poggiati per terra per far sedere. Ci sedemmo in silenzio, mentre io le lanciavo una piccola occhiata: vi erano molte cose che la turbavano, chissà, almeno questo avrebbe migliorato l’umore della sua serata.

    «I signori ordinano qualcosa?»
    «Del sakè per me andrà benissimo. Tu cosa vuoi Shinodari? Offro io stasera.»


    E avevo anche tutti i motivi per farlo. Il cameriere si allontanò, avendo preso le ordinazioni, lasciandoci soli. Tamburellai per qualche secondo con le dita sul tavolino, prima di parlare.

    «Non ti vedo proprio felice Shinodari. Posso immaginare la giornata però e per questo non voglio insistere oltre.
    Nonostante ciò però, ho qualche buona notizia da portarti e spero che ti farà piacere.
    »


    Dissi. Stavo per aprir bocca quando lo stesso cameriere di prima arrivò con un vassoio in mano, dove teneva la mia tazza con il sakè e l’ordinazione di Shinodari. Posò sul tavolo il tutto e si congedò con un piccolo e cortese inchino.

    «Mi rendo conto solo ora che in effetti tu della mia vita a Kiri non sai nulla.
    Non sai che sono fidanzato da tempo è che tra un mese mi sposo.
    »


    Dissi, arrossendo sulle guance senza accorgermene. Vent’anni, sulla strada dei ventuno e non riuscire ancora a parlare di queste cose senza arrossire. Se avessi voluto avrei potuto conquistare da solo un villaggio, ma quelle piccole cose della vita avevano un effetto più devastante di una guerra sulla mia psiche.

    «Bé, si, cugina, vorrei tanto che ci fossi anche tu.»


    Meno una. Poi c’era anche da dire quella grossa.


    Edited by -Max - 20/7/2010, 11:09
     
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