Vecchio Palazzo dell'Amministrazione

[Amministrativo]

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  1. Arashi Hime
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    TALKING

    When you don't talk, there's a lot of stuff that ends up not getting said.



    «Senju, eh? …Non ti smentisci mai, Raizen.»

    Sarebbe stato bello se a Raizen Ikigami fosse piaciuta la pioggia.
    Perché tale fu quella che si abbatté nel suo ufficio: di fogli, cassetti degli archivi, e soprammobili.
    In un istante il chakra della ragazza sarebbe infatti esploso con un tale caos da far schizzare tutto in aria, lontano da lei.

    «Non godo di grande simpatia per i Senju, sai…questioni di sangue.»

    Non che fosse propriamente vero, ma in quel momento avrebbe detto l’esatto opposto di qualsiasi cosa Raizen avesse affermato. Una mezza idea che fu chiara quando lanciò uno sguardo inceneritore all’uomo, il quale, se intelligente, avrebbe fatto bene a non dire più frasi come “e direi che può pure bastare”.

    Rinomatamente, del resto, quando una donna era furente, era la donna che decideva quando l’argomento terminava. E in quel caso c’era ancora molto da dire.

    «Mi sono appena ricordata che il tuo ultimo Kimono costa 230.500 Ryo.» Disse, fulminea, mentre si sedeva. «Essendo stato confezionato dalla Principessa dell’Airone in persona è un pezzo unico.» Sibilò con occhi dardeggianti. Per qualche preoccupante ragione, a quel punto, sorrise. «Non è ancora stato pagato, mi risulta…perciò, sai, non credo che il mio Clan potrà rammendare i buchi che ci hai fatto mentre facevi il figo all’ultimo evento formale cui hai partecipato.» Si mise a braccia conserte, reclinando leggermente la testa di lato. «Immagino che Kiyomi sarà felice di cucirlo per te. Ora e per sempre, intendo.»

    Silenzio.

    A quel punto fu molto evidente quale fosse il problema.

    E fu anche chiara un’altra cosa: Shizuka Kobayashi poteva avere ventuno anni.
    Ma in certi contesti ne dimostrava tre.

    Quale che fosse la faccenda, si sarebbe ben presto calmata quando gli ordini di Raizen arrivarono a suonare forti e chiari nella sua mente.

    «Mi stai dando come missione…capire una persona?» Chiese. La sua voce non riuscì a mascherare lo stupore. «Raizen…credi che non sarei capace di ottenere informazioni sul Mikawa?» Domandò a quel punto, esitando. Improvvisamente la vecchia ferita che la divorava dall’interno tornò a riaprirsi e lei, per un istante, non parlò. «L’attacco in serbo per Oto, gli Illuminati e ancora altro...c’è così tanto ancora che dovremmo sapere sui piani dell’organizzazione, tu lo sai…e io sono ancora una faccia sconosciuta in quei posti, tuo contrario.» Strinse le labbra finché queste non sbiancarono. «Questa volta non mi metterei in pericolo come l’ultima...» Disse, ma sapeva da sola che se le cose fossero andate storte si sarebbe ritrovata da sola, faccia a faccia, con Diogene Mikawa. Una possibilità caldamente sconsigliata per chiunque, tantomeno per la persona che si era resa artefice di aprire lo scrigno dei segreti del suo braccio destro.

    Chiuse gli occhi, intrecciando le dita delle mani tra loro in una fitta e stretta rete. Non si mosse, ferma in quella posizione per un attimo.
    Sapeva bene che il suo desiderio di potere e la sua sete di sapere, di migliorare sempre più, di issarsi al livello di Raizen per poter essere guardata non come una donna e kunoichi da proteggere, ma da affiancare, così da diventare lo scudo perfetto del suo Villaggio; si scontrava con la sua inesperienza. E sapeva altrettanto bene che se ambiva al grado Jonin non doveva solo dimostrare le sue abilità, ma anche capire quando era lecito farlo.
    Era consapevole, dunque, che quello non era uno dei momenti giusti: scontrarsi con il Signore del Sangue era una possibilità che probabilmente anche Raizen avrebbe trovato difficile da gestire…lei, per questa ragione, non avrebbe semplicemente avuto possibilità.
    Eppure…
    «Febh Yakushi mi piace, come ti ho detto mi interessa.» Disse la donna, mantenendo la voce ferma. «Avrei cercato di capirlo per il solo fatto che sarebbe mio desiderio riuscirci.» Poteva essere una persona improbabile oltre ogni limite, ma nessuno arrivava dov’era arrivato lui se era davvero un completo deficiente. E se lo era davvero, beh, era già curioso così. «Non accetto come missione quella di legarmi ad una persona a solo scopo di interesse.» Ma lo aveva già fatto. E lo avrebbe rifatto, all’occorrenza. Era stata formata per quello, del resto… «Permettimi almeno di iniziare a formare una rete di comunicazione e conoscenze dentro Oto. Qualsiasi cosa ci sia in quel Villaggio, avere qualcuno di solido a cui appoggiarsi dentro le mura, che non sia un pezzo instabile come Febh Yakushi, potrebbe farci comodo.» Accennò ad un sorriso. «Anche questo a titolo personale, ovviamente…»

    Stavolta non avrebbe puntato i piedi. Non avrebbe disobbedito di nascosto.
    Riconobbe la sua debolezza, e provò semplicemente a superarla. A piccoli passi, però.

     
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