Vecchio Palazzo dell'Amministrazione

[Amministrativo]

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  1. Zakira
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    Non era saggio discutere con persone del tutto estranee. Ma soprattutto non era saggio discutere con l’Hokage. Il capo del villaggio della foglia. Colui che lo rappresentava nella forza e nello spirito. Chi poteva discutere con lui? Chi poteva mettere in dubbio le parole di un uomo che, per diventare Hokage, aveva affrontato pericoli non indifferenti guadagnandosi quel prestigioso titolo?
    Molto probabilmente nessuno all’interno del villaggio aveva mai provato un affronto così con lui o con i Kage precedenti. Nessuno tranne Asami che in quel momento aveva fatto un affronto nei suoi confronti. Dopo un breve discorso, gli voltò le spalle trattandola con un semplice essere umano. E in realtà lo era ma in quell’ufficio e in quel villaggio lui era molto di più. Un simbolo, un’ispirazione, una figura d’ammirare e rispettare. Tutte qualità che la giovane Hoshiyama aveva forse dimenticato. Dopo le parole dell’Hokage, la confusione regnava nella sua mente. La fiducia che riponeva in Shunsui era troppa e non voleva avere dei dubbi su di lui, anche se faceva parte di un altro villaggio.
    Nemmeno il tempo di avvicinarsi alla porta che qualcosa glielo impedì. Una forza possente la stringeva e le impediva di arrivarci. Il battito del suo cuore aumento. Perchè non riusciva a raggiungerla? Abbassò leggermente lo sguardo notando una mano che la bloccava, ascoltando quelle parole che avevano attirato immediatamente la sua attenzione. Era di nuovo l’Hokage che la invitava a comportarsi con più educazione. Solo dopo quella frase si rese conto dell’atteggiamento utilizzato. Spesso e volentieri era il padre la vittima di quegli affronti. Il suo tono arrogante per esprimere i suoi pensieri al genitore erano per la maggior parte delle volte la causa dei loro battibecchi. Ma in quella stanza non si trovava suo padre e l’Hokage poteva reagire in qualsiasi modo con la giovane donna. Ma ciò che aveva fatto era stato di esprimere un suo pensiero. Forse era stata troppo impulsiva, decidendo di non salutarlo come lui desiderava. Tanto da rimproverarla proprio per quel motivo. Decisamente era stata impulsiva.

    Aveva calcolato di aver immischiato in tutta quella storia anche il giovane sunese. Ma non pensava in un’immediata partenza solo per parlare con Shunsui. Una faccenda che che , sicuramente da solo non poteva gestire. Ma non si sentiva in colpa di averlo nominato davanti al capo-villaggio. Non prima di ascoltare dalla bocca dell’uomo i varie probabili scenari che la giovane Hoshiyama aveva ignorato ingenuamente. Forse per la sua poca esperienza o per la sua cieca fiducia sul compagno di squadra. Non aveva verificato, come ipotizzato dall’Hokage, se aveva detto la verità oppure, in quell’occasione, aveva scelto la via della menzogna. Lui aveva perso solamente i sensi e al risveglio aveva affermato di non ricordare nulla. Ma davvero aveva mentito alla ragazza? Davvero c’era la possibilità che i segreti del villaggio della foglia erano stati copiati?
    Non aveva mai considerato quella ipotesi. Davvero Shunsui sarebbe stato capace di copiare ogni singola parola dal rotolo proibito così da portare i preziosi segreti a Suna?
    C’era la probabilità che tutti i segreti di Konoha si trovavano, in quei precisi istanti, nelle mani dei sunesi?
    Eppure entrambi facevano parte dello stesso Team 1 capitanato dal maestro Asmodai Akuma. Ricordava ancora il discorso del ninja di Kiri. Il team doveva rappresentare come una seconda famiglia per ognuno di loro. Una famiglia senza discordia, capace di collaborare per raggiungere un obiettivo comune. Come la prova che dovettero affrontare rubando con successo il guanto del maestro. Solo collaborando tra di loro e avendo fiducia l’uno sull’altro erano riusciti nell’impresa. Nonostante quella prova superata, che rapprensentò la vera nascita del team, Shunsui decise di recitare con lei?
    Era vero quello che diceva l’Hokage. Si erano incontrati solo un paio di volte dopo la formazione del Team 1 ma lei si fidava del suo compagno di squadra. Sperava, come aveva detto il suo superiore, di concludere quella faccenda con una semplice ma significativa stretta di mano.

    Quando l’Hokage finì di pronunciare l’ultima parola, i suoi occhi verdi si soffermarono sulla figura davanti a sè. Rispetto a lei, lui aveva molta più esperienza. Dopotutto era l’Hokage e i suoi sforzi in battaglia erano stati ripagati con il titolo di Kage. Il titolo più prestigioso che ogni ninja del continente puntava. Molto probabilmente aveva già affrontato minacce simili. A differenza della Hoshiyama. Lei che, nascendo in una famiglia nobile estranea da quello stile di vita, vedeva i ninja come dei paladini della giustizia secondo i vari racconti che leggeva lontano dagli occhi indiscreti dei suoi genitori.
    A differenza di suo padre che li aveva sempre considerati bugiardi e violenti. E dopo i probabili scenari esposti dal suo Kage sul vero scopo di Shunsui, forse doveva rivalutare le parole del padre. Ma non tutti i ninja erano così. Doveva solo dimostrarlo.
    I secondi diventarono minuti. Minuti di puro silenzio, quasi assordante. La sua mente si era allontanata troppo dalla realtà, fissando l’Hokage senza pronunciare una minima parola. Davvero doveva andarsene senza dire una parola, come aveva consigliato l’Hokage.

    -Ho compreso il vostro discorso, Hokage...-

    Non ci riuscì. Quelle parole uscirono dalle sue labbra improvvisamente. Senza nemmeno rendersene conto. Con il capo annuì solamente, chiudendo per qualche istante gli occhi.
    Poco dopo, come consigliato dall’Hokage, avrebbe lasciato il suo ufficio questa volta senza fiatare nemmeno una parola. Una volta uscita, non avrebbe lasciato subito il palazzo, restando all’interno di quel corridoio ancora davanti alla porta del capo villaggio, guardando in un punto imprecisato del pavimento in legno.

    §Io mi fido dell'Hokage...§

    Ma al contempo avrebbe voluto fidarsi anche del genin della sabbia, sperando di non aver nessun risvolto negativo per il Team 1.
     
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