Vecchio Palazzo dell'Amministrazione[Amministrativo]

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    A rapporto dall'hokage


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    C'era qualcosa su cui erano d'accordo, in fondo in fondo. E cioè che non erano d'accordo.

    Le parole dell'uomo non erano sbagliate, ma erano ingiuste. Una differenza sottile, ma il diavolo si nascondeva nei dettagli. Ciò che il genin si aspettava, no, sperava forse era il termine migliore, era che si comportasse come ci si sarebbe aspettato dal suo ruolo: da guida. Ci aveva provato, fino all'ultima richiesta, schietta, forse troppo, di mostrare loro la strada. Raccogliere quello che avevano raccolto, analizzarlo con calma insieme, trovare gli errori commessi ed evidenziarli, proporre loro di correggerli. Tutto, allo scopo che alla fine crescessero, diventando capaci di camminare con le proprie gambe. Invece, ciò che avevano ricevuto era stato disprezzo, critica, sfiducia. Come delle tenere gemme che avevano fatto del loro meglio per sopravvivere ad una tardiva gelata, e che invece di cure e concime per dischiudersi al massimo del loro potenziale, erano state trapiantate con eccessiva fretta, invitate ad affrontare da sole un nuovo ambiente ostile. Non era quella la figura di guida che il giovane cercava. Quella era un'occasione, persa, per migliorare le risorse del Villaggio. Così non erano diversi da Oto, dove vigeva la legge del più forte, ognuno per sé. Dovevano arrangiarsi e imparare a correre con le proprie gambe. Se qualcuno non ce la faceva, voleva dire che non era abbastanza forte e nessuno l'avrebbe pianto. Quelle erano le regole della landa selvaggia. Le parole di un saggio Uchiha che aveva conosciuto tempo prima non poterono che tornargli in mente. Non reclamare le cose, ottienile; solo così sarai ricompensato. Solo ora il Kinryu ne coglieva fino in fondo il senso. Se questo era tutto ciò che il mondo aveva da offrire, se perfino il suo kage li invitava a prendere quell'impervia strada, non avevano alternative.

    Nel mentre, il capovillaggio pose la parola fine a quell'incontro, ma non prima di aver condiviso con loro alcune considerazioni. Il fatto che fosse consapevole di non piacere a nessuno in parte sollevò lo spirito del genin, convinto che ci fosse qualcosa di sbagliato in sé per trovare irritante il modo di fare del suo superiore. Allo stesso tempo gli apriva una serie di interrogativi senza risposta. Se lo sapeva e non agiva, era perché gli andava bene così? Perché credeva di essere nel giusto? Forse aveva ragione: in un muro contro muro, ciascuno sarebbe rimasto della sua idea. Era un errore, probabilmente, ma ripensando alla conversazione appena avuta il ninja si convinse di esservi stato trascinato dalla pervicacia del suo interlocutore. Accolto da modi duri, si era irrigidito a sua volta. Farò come dice, signore, ripenserò a mente fredda alle parole che ci siamo scambiati, per migliorarmi. Autocritica, agire, belle parole, condivisibili, ma di fatto non stava che dicendo loro di arrangiarsi a trovare la propria strada. E così avrebbe fatto.

    Tralasciò l'ennesima stoccata sui sensi di colpa, spostando appena lo sguardo per inquadrare con la coda dell'occhio la compagna, viceversa molto sensibile all'argomento, che sembrava essersi fatta piccola piccola, al punto da rimanere in silenzio per la maggior parte del colloquio. Nel male, il giovane era almeno sollevato per aver attirato la maggior parte delle critiche sulla sua persona, preservando il rapporto tra l'Uchiha e l'Hokage da possibili incrinature. Con un saluto educato, ma troppo formale, si sarebbero quindi congedato per primo, portando l'amica con sé mentre lasciavano la sala. I due si sarebbero allontanati dal palazzo dell'amministrazione senza scambiarsi una parola, ma il ragazzo poteva indovinare i pensieri nella testa della kunoichi. Se la conosceva un minimo, era entrata lì dentro sperando in una sorta di assoluzione. Magari non un "ben fatto", ma almeno in un "non potevate fare altro". Ora, invece, si ritrovava sola con il peso delle sue scelte, criticata dal suo capo. In un'altra occasione, le avrebbe offerto da mangiare per tirarla su, magari uno dei gelati che le piacevano tanto, ma dubitava che il suo stomaco fosse disposto ad accettare del cibo in quel momento. Sospirando, per l'ennesima volta in quella lunga giornata, Shin se ne uscì con una novità per lui, che probabilmente sarebbe riuscita a stupire anche la fanciulla, distraendola almeno per un istante dai suoi tetri pensieri. Andiamo a farci un bicchiere? Ho la gola secca dopo tutto quel parlare! Dai, offro io! Per la prima volta, pensava di capire i suoi colleghi che se ne uscivano con sparate come "ho bisogno di berci sopra".
     
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