Vecchio Palazzo dell'Amministrazione

[Amministrativo]

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    Y Danone
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    MEETING

    How we treat the earth basically effects our social welfare and our national security.



    «BLEARGH»

    Raizen Ikigami era un uomo dalle lungimiranti aspettative, questo si diceva a Konohagakure no Sato.
    …Eppure, per quanto forte egli fosse e pieno di doti (da qualche parte) risultasse, c’era una sola cosa che riusciva a lasciarlo sempre e puntualmente spiazzato. Quel qualcosa, o meglio, quel qualcuno, era Shizuka Kobayashi.

    Più o meno fu così anche quella volta.

    «INDOVINA CHI E’.»

    Appesa a testa in giù con il chakra da una delle finestre aperte dell’ufficio dell’Hokage, la Principessa del Fuoco sostava con le braccia penzoloni e i capelli di fronte al viso. Di tanto in tanto si dava una piccola spinta per poi ondeggiare allegramente come un frutto gelatinoso, cosa che più che farla vergognare come una ladra di Suna sembrava invero divertirla, come dimostrava sghignazzando in modo mal celato da sotto il sipario capelloso.

    Silenzio.

    «Se indovini, entro. Sennò ti lancio una pigna nell’ufficio.»

    Insistette la voce della ragazza, prima che una mano venisse sollevata. Teneva tra le dita una pigna di dimensioni cospicue e per giunta piena di pinoli.
    […] Rimaneva il mistero di come e dove avesse trovato quell’oggetto.

    Per sua fortuna non c’era nessuno nell’ufficio ad eccezione di quel pover’uomo di Raizen: sembrava che la Chunin avesse quantomeno avuto la premura di aspettare che il Kage fosse rimasto solo prima di esibirsi in quel teatrino davvero poco appropriato per due persone nelle loro posizioni. Un guizzo di responsabilità, si sarebbe detto. In verità Shizuka non apprezzava rivelare quel lato di sé un po' infantile e spensierato a tutti, anzi, onestamente a nessuno.
    Era una faccenda privata, insomma.
    ...La cosa dell'intimità, non quella della pigna (forse).

    «Vabbé, dai che scherzo.» Avrebbe brontolato a conti fatti la ragazza, e allungando le gambe avrebbe posato le mani sulla balaustra della finestra. Dandosi una leggera spinta, sarebbe poi entrata con una capriola dentro l’ufficio. «Non te la lancio. Però te la nascondo, e se non la trovi i pinoli marciscono. Vedi tu.» Minacciò seriamente, passandosi con fare mafioso il pollice della mano sul naso. Per tutta risposta si lasciò sul viso una strisciata nera, causa della pigna stessa, ma lei parve non accorgersene. «Allora, sono qui a dirti un paio di cose.» Disse a quel punto, accerchiando la scrivania e sedendosi su una delle sedie libere per gli ospiti. «Ah, sono un Clone.» Puntualizzò, come se fosse rilevante. «Quella vera si trova in questo momento con Febh Yakushi presso l’Ospedale di Villaggio. Sembra che io debba andare ad Oto.» Annunciò, ma stavolta il sorrisetto ironico di qualche attimo prima, semplicemente non si palesò. «Ogen Yakushi, la Capoclan degli Immortali, mi ha richiesta per confezionare un corredo nuovo di suoi kimono: la richiesta è per l’Erede dei Kobayashi perciò non posso rifiutarmi di andare al Suono…» Alzò le mani, con i palmi rivolti verso l’alto, al soffitto. «…nonostante questo non sia proprio il momento migliore.» Commentò, accavallando le gambe e intrecciando le mani in grembo. I suoi profondi occhi verdi andarono alla ricerca di quelli scarlatti del Kage. «Quindi, Raizen, parliamo di affari.» Intavolò, e subito prese a parlare.

    Espose il discorso che aveva fatto all’Amministratore di Oto, e anche le sue preoccupazioni, sottolineando le tempistiche e gli effetti che avrebbero potuto conseguire alle “cause”. Non che ci fosse niente di certo nelle sue preoccupazioni, ovviamente: una persona di un certo livello intellettivo non avrebbe mai osato nulla quando sapeva di avere già il culo a terra; ma era pur vero che Diogene Mikawa non aveva più ragione di diffidare l'ira dell'accademia e c’era una sola cosa da temere più di un uomo sciocco, ossia un uomo che non aveva niente da perdere.
    Le premesse non erano dunque delle migliori, lo scenario che la Principessa stimò infatti all’Hokage della Foglia era una serie ben costruita di supposizioni e presunzioni più o meno (in)desiderate, prima tra tutte quella che Ogen Yakushi mantenesse fede all’Ospitalità, cosa che, fu abbastanza evidente, avrebbe potuto essere presto dimenticata in favore del “bene” di Oto.
    Febh, però, era diverso.
    «Non credo che tradirebbe un accordo.» Osservò la Chunin, alzando gli occhi al soffitto in modo pensoso. «Insomma, è un tipo strano.» Esitò. «Strano forte, intendo.» Tacque. «Però mi sembra…mmh.» Si portò la mano al mento, passandosi poi indice e pollice attorno alla bocca. Per disgrazia quella era la mano sporca di fuliggine, ragion per cui la ragazza si disegnò un bel pizzetto. Neanche quella volta parve accorgersene. «Penso che sia un po’ difficile da spiegare e in verità credo che dipenda molto dai legami che instaura, però ecco, tutto sommato credo che non correrei alcun pericolo andando nel Paese delle Risaie con lui.» Sorrise. «Mi interessa: un po’ perché è il tuo maestro, un po’ perché ho come l’impressione che potrei imparare davvero tanto da lui… quindi sono venuta qui per dirti che intendo andare e che voglio dare fiducia a quel tipo. Ammetto che mi piace.» Disse con sincerità, sciogliendosi in quella sua tipica espressione da sciocca bambina -ormai spesso dimenticata- capace di credere a tutti senza riserve. Detto questo aggrottò però un attimo la fronte, fissando Raizen negli occhi. «Ci hai fatto caso che indossa occhiali senza lenti?» Chiese a quel punto, a voce bassa e vagamente cospiratoria. «No dico…non pensi che sia una persona un poco particolare?» Detto da una che aveva una barbetta di fuliggine sul viso e il naso maculato come una bambina di dieci anni, era tutto un programma. C'era inoltre da domandarsi come potesse essere possibile che Shizuka Kobayashi riuscisse ad attrarre attorno a sé la gente più stramba del Continente.
    ...Quale che fosse la faccenda, la ragazza sembrò lieta di essere riuscita ad esporre tutto quel discorso, come testimoniò stiracchiandosi sulla sedia. Quando ebbe finito si alzò, e posando le mani sulla scrivania, si sarebbe distesa sulla stessa, così da arrivare più vicino alla Volpe. Solo a quel punto sorrise, posando il mento sui palmi aperti delle sue mani.
    «Indagherò.» Disse a quel punto, nel silenzio che si sarebbe venuto a creare. «Indagherò sui piani del Signore del Sangue: credo che ad Oto io possa ottenere molto più di quello che già abbiamo. Dissipare i dubbi che ci portiamo dietro è fondamentale per permettere all'Alleanza di appianare le divergenze che altrimenti impedirebbero di fermare l'avanzata che già conosciamo...» Sollevò le gambe, prendendo a dondolarle. Sorrideva allegramente, come se non fosse minimamente preoccupata. «Questa occasione è troppo ghiotta, Raizen, e lo sai anche tu.» Proprio in quell'istante, però, nel sorriso gentile che illuminava il volto della Principessa del Fuoco ci fu un lampo di qualcosa che rassomigliava troppo alla paura: l’ultima volta che aveva fatto quel discorso era quasi morta tra le mani di uno dei peggiori Nukenin del continente. Allora si era salvata per un pelo, e per quante notizie avesse riportato, aiutando in effetti l’Alleanza a tutelarsi maggiormente, aveva vissuto nella paura per qualche tempo. Un tempo durante il quale Raizen l’aveva confinata dentro le mura di Konoha, con il divieto assoluto di uscire dal Villaggio. Per proteggerla, aveva detto lui. Per punirla della sua inettitudine e della sua debolezza, aveva sempre pensato lei.
    Inspirò a fondo, chiudendo poi gli occhi: era cambiata da allora? Era diventata più forte? Si poteva davvero permettere quella richiesta?
    Era certa che la risposta fosse ancora “no”, ma era anche convinta che se non avesse rischiato per proteggere ciò che amava, non sarebbe mai migliorata quanto e come sperava. Se avesse dovuto aspettare il giorno in cui si sarebbe sentita davvero "pronta", non avrebbe mai fatto niente.

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    «C’è una dislocazione del mio Clan, ad Oto, se dovesse andare male troverei rifugio lì.» Bella cazzata: un edificio da ricchi mercanti non l’avrebbe protetta, e lo sapeva bene. «Ti porto qualche souvenir, che ne pensi?» Chiese a quel punto, riaprendo gli occhi e mostrando i denti nel sorridere allegramente. Non voleva che le venisse rifiutata quella possibilità, ma non voleva neppure far preoccupare Raizen: aveva deciso di diventare la più potente Kunoichi del Continente, e ci sarebbe riuscita. Voleva poter dimostrare lui che non doveva temere perché lei poteva molto più di quello che si pensava. «Beh insomma, dammi qualche dritta...e poi dammi anche un bacino di buon viaggio. Su, forza, per augurarmi buona fortuna ♥» Cinguettò come un’amorevole mogliettina, chiudendo gli occhi e protendendo il viso.

    Senonché qualcosa accadde. E lei, improvvisamente, si irrigidì.

    «Ah.»


    Disse solo, prima di riaprire gli occhi e inchiodarli immediatamente in quelli di Raizen.
    In un solo secondo le iridi verde smeraldo sprofondarono in una tonalità molto più scura, mentre l’espressione amorevole di poco prima svanì in favore di una smorfia che forse, in un modo molto parallelo e molto distante da quello , avrebbe potuto chiamarsi “sorriso”.
    «Ah.» Ripeté la kunoichi, facendo leva sulle braccia per mettersi in ginocchio sulla scrivania del Kage. «Quindi stanno così le cose.» Commentò. Per un istante fissò il legno sul quale si trovava, come se questo conservasse nelle sue venature chissà quali incredibili risposte. Esitò, sentendosi improvvisamente molto, molto, molto stupida... «E io che ancora penso a modi per stupirti...» Mormorò la donna, portandosi una mano alla fronte nel reclinare leggermente la testa di lato e sorridere grottescamente. «...e tutte queste stronzate di conquistare la tua fiducia e la tua stima...» La sua voce stava andando progressivamente abbassandosi. «...studio come una schiava giorno e notte, lavoro come una disperata, faccio le cose peggiori dei quattro Villaggi per proteggerti, e detengo primati unici in tutto il dannato Continente...» Non era arrabbiata. Era furiosa. E lo si sarebbe capito non dal tic nervoso sopra il suo occhio sinistro, quanto piuttosto dal colore delle sue iridi, ormai praticamente nere. «Eppure...» Fu un sibilo. «...ancora, vengo dopo una sciacquetta vestita da gatta.»

    A quel punto, non importava quanto Raizen Ikigami avrebbe potuto muoversi rapidamente.
    Non si sarebbe mosso più veloce di tutti i fogli della sua scrivania, che di punto in bianco schizzarono da ogni lato, come allontanati dall'aura di chakra fuori controllo che avvolgeva la Primario dell'Ospedale, la quale, premendo i palmi delle mani sulle ginocchia e stringendo le labbra a fessura, sembrò trattenersi dal non urlare.

    Fu un tentativo vano.

    «Era bella la Corte di Kusa, Ikigami?!» Ringhiò, alzandosi in piedi sulla scrivania del Kage. Inconsciamente avrebbe alzato una gamba, caricando un pestone. «Senti, per quella cosa lì, lascia stare: me la sbrigo da sola.» E il calcio avrebbe fatto per impattare sulla scrivania. Non ci voleva un genio per capire che della stessa sarebbe rimasto molto poco. «RAIZEN.» Strillò la Principessa, fuori di sé dalla rabbia: non importava quanto si impegnasse per renderlo un Hokage a modino, galateo, abiti ed etichetta tutto compreso. Rimaneva e sarebbe sempre rimasto un Randagio. «DEFICIENTE!»

    Tanto per dire, insomma.
     
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    Il peso degli Occhi








    Guardò strabiliato Yato.

    Cioè, ma ti rendi conto?
    Gli ho SOLAMENTE fatto un offerta di lavoro!
    Porca puttana gli bastava reclinare!


    Allargò le braccia per poi darsi delle pacche sulle cosce.

    “eh ma hokage cattivo, tutti ti odiano, sei antipatico”
    PORCA PUTTANA GUARDA QUESTO AVANZO DI REPARTO PSICHIATRICO CHE CAZZO FA!


    Liquidò la faccenda con un gesto della mano mentre alzava gli occhi al cielo dedicando la sua attenzione a Yato, le espressioni di quel ragazzo lo incuriosivano sempre di più, non ci aveva praticamente mai interagito eppure sembrava che lo odiasse, o disgustasse, o entrambe le cose assieme.
    Decise di giocarci un po’, chissà a quali risvolti avrebbe portato un po’ di tensione.
    Lo scatto della serratura sancì la chiusura della porta, più che un reale impedimento un avviso, per chiunque, di non entrare od uscire, e nessuno generalmente era tanto sciocco da provocare la pazienza dell’hokage.
    Compì tutte quelle azioni in silenzio, senza interrompere Yato, e facendogli cenno con la mano di continuare nel suo racconto mentre lui preparava il piccolo palcoscenico montando sul viso un espressione mai vista da Yato, addosso a quell’uomo che reputava forse troppo poco serio, ma sicuramente non degno della sua compassione.
    Gli passò nuovamente davanti, andando a riprendersi il suo posto sulla scrivania allisciandola con una mano, quasi la carezzasse, mentre gli passava vicino. Attese qualche istante accanto alla sedia prima di prendervi posto.
    Impossibile non notare un particolare: i suoi occhi erano costantemente puntati sul Senju, ogni tanto si distoglievano, per poco, ma non dedicavano all’intorno quella stessa attenzione, complesso dire se fosse più spiacevole averli addosso oppure no, visto l’intensità crescente con cui tornavano a focalizzarsi su di lui.
    Cosa cercava?
    Cosa stava osservando?
    Il senju?
    Oppure qualcosa dentro di lui?
    Gli occhi dell’Hokage dopotutto erano tutto fuorchè ordinari, che fossero in grado di scavargli nella mente?
    E cosa vi avrebbero trovato?
    Una volta preso posto si protese verso la scrivania, ma non ritrasse le braccia, le lasciò distese, perpendicolari al busto, protese verso Yato seppur rilassate, una posizione particolare.
    Nonostante tutto si poteva leggere nel corpo, sotto i muscoli più evidenti, una tensione, quella tipica calma prima della tempesta o di un cataclisma apocalittico, era come se quelle mani fossero pronte ad agguantargli il collo, spremendogli via gli occhi dalla faccia con la semplice pressione di due mani in grado di ghermirgli il cranio come fosse quello di un neonato.
    Silenzio.
    L’Hokage aveva smesso di parlare fin da quando Yato aveva preso parola, l’aveva ascoltato?
    Oppure era concentrato in quella sua analisi così estenuante?
    I minuti passavano, eppure quello sguardo, quel rituale alienante non accennava a finire, le sopracciglia lievemente inclinate verso il naso come anche la bocca, gli occhi lievemente più chiusi del normale, nessuna di quelle tensioni era del tutto percepibile, eppure ognuna contribuiva ad indurire un volto già di suo poco gentile.
    I minuti passavano e il Colosso, non esitava a cambiare posizione o muoversi, immobile, impassibile a qualsiasi stimolo del Senju, solo gli occhi stavano incollati sul Bersaglio.
    Cosa cercava?

    Cosa?!?
     
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    Amministrazione di Konoha
    III
    ::.
    Occhi di Kage.::


    Lo guardavo mentre sembrava aver deciso di prendere sul serio le mie parole man mano che spiegavo, al punto da chiudere la porta per evitare intromissioni. Sarei stato completamente solo con lui, eppure terribilmente impotente. Un'occasione d'oro che non avrei mai potuto cogliere, perché lui era ancora troppo più forte di me, misero genin neopromosso. Spiegai di Otafuku e della biblioteca, del prigioniero e dell'archivio sotterraneo, ma mentre parlavo lui non mi interruppe mai...continuava solo a fissarmi, con occhi implacabili, quasi fossi io la sua preda invece che viceversa. Sotto il peso di quegli occhi cominciai a sudare appena e incespicare un po' nelle parole: ero nervoso, terribilmente nervoso per colpa della situazione in cui mi ero cacciato e dalla quale avrei tuttavia potuto ottenere grandi vantaggi in futuro, per la Missione. Sempre che la Missione progredisse, perché se il Bersaglio avesse deciso di uccidermi lì e in quel momento non ci sarebbe stata più nessuna Missione per me. Né vita, ma la Missione era sicuramente più importante.

    Arrivai a parlare dell'individuo col bastone e della sua velocità infinitamente superiore alla mia e di come avesse ripulito tutto, e parlai anche del Sunese che mi aveva accompagnato, ma nulla di tutto questo riuscì a far cambiare espressione al leader del villaggio. Quando finii, lui si sporse in avanti con una naturalezza quasi felina, pericolosa, che istintivamente mi fece arretrare. Perché continuava a guardarmi a quel modo? Cosa potevo aver fatto di male? La Missione era segreta, anche con la morte non mi avrebbe mai cavato una sola parola al riguardo, ma forse aveva letto l'ostilità nel mio sguardo e non la gradiva? Avevo già appreso che il suo carattere non era nemmeno in minima misura compatibile col mio, e forse stava solo cercando di intimorirmi per il puro piacere di farlo. Era una carogna, e io lo odiavo a prescindere dal mio doverlo uccidere...e che gli piacesse o meno, non poteva aspettarsi che tutti i ninja della foglia lo ammirassero: anche la kunoichi uscita poco prima evidentemente non era in buoni rapporti con lui! Io tacevo, e lui non fece domande. Si, sicuramente voleva sottomettermi con lo sguardo, voleva umiliarmi, ma non gliela avrei data vinta, mai e poi mai!

    Non ero più uno studentello, all'isola delle fenici avevo visto la morte in faccia e grandi ninja che combattevano. Non ero a quel livello ma ormai si trattava di un mondo che mi aveva già accolto, e non mi sarei lasciato intimorire dal quel bastardo. Quindi non parlai, a labbra serrate, cercando di fermare le mani che stavano stringendo la stoffa dei calzoni, controllando il respiro e fissando di rimando l'Hokage. Lui aveva il peso dell'esperienza e del ruolo a ingigantire il suo sguardo, ma io avevo un colore quasi innaturale che mi dava vantaggi in quel frangente. Sostenni lo sguardo, facendo del mio meglio, pur con tutta quella pressione, di mantenermi impassibile...fu un processo lento ma alla fine riuscii a quietare i segni delle emozioni sul viso. Solo il fastidio brillava ancora nello sguardo, quello di qualcuno che parla con chi non gli sta affatto simpatico, ma credo non sarei mai riuscito a cancellarlo. Non ancora.

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    Ho-hokage-sama. Alla fine mi decisi a dire, dopo quasi cinque minuti di assoluto silenzio sotto quello sguardo implacabile, al cui non mi potevo abituare ma che perlomeno ero riuscito a tollerare. Devo...devo ripetere? Si poteva sapere dove voleva andare a parare? Perché si stava comportando a quel modo? Dannato, lo odiavo come poche cose al mondo in quel momento! Forse non ha compreso bene la questione. O magari preferisce che ne parli con qualcun altro? Se voleva tacere ancora, allora avrebbe avuto un interlocutore muto quanto lui, che lo fissava di rimando con occhi azzurri dall'aria sinistra.
     
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    Missione Conclusa








    Si voltò, osservò per qualche secondo e dopo aver alzato un sopracciglio tornò sulla scrivania.

    Contando le tette direi Shizuka, le riconoscerei tra mille paia.
    Eh!


    Sghignazzò una singola volta.

    Comunque i pinoli non marciscono, lo sai vero?
    Al massimo si seccano.
    Ai ai… questi nobili…
    Ti butterebbero via il formaggio solo perché ammuffito.


    Alzò gli occhi al cielo.

    Povera Konoha…

    Borbottò mentre continuava ad ascoltare la Kunoichi, decidendosi a poggiare la penna solamente quando lei parlò degli occhiali di Febh.
    Prese fiato, chiuse gli occhi mentre orientava il viso verso di lei.

    Shizuka…

    Congiunse i polpastrelli e riaprì gli occhi.

    Ti stai chiedendo davvero se Febh sia normale?
    Cioè, uno indossa occhiali senza lenti e ti chiedi se è normale?
    Ti fai davvero venire il dubbio?


    Lasciò passare qualche secondo.

    Febh è totalmente scemo.
    Una fottuta bijudama ambulante.
    Tranne quando si concentra, quando si concentra allora è una bijudama che sa quando esplodere.


    Un quadro perfetto, e più ci pensava più se ne convinceva.
    Quando poi stava per dire la sua riguardo la questione otese, parve che le tornarono alla mente delle informazioni, probabilmente ottenute da Febh, riguardo l’uscita a Kusa.
    Purtroppo per lei dalla scrivania avrebbe ottenuto solamente un deciso contraccolpo, essa, come tutto l’edificio era infatti resistentissimo legno Senju, parecchi materiali edili si sognavano quella solidità.

    Tosti i Senju eh?

    Sorrise mentre lo diceva.

    Siediti va.
    Potresti starci mesi che tanto non riusciresti a rompere quella scrivania ahah!
    Pensa, è pure inchiodata al pavimento, prima di rompere quella temo faresti prima a distruggergli ciò che gli sta attorno.
    Comunque.


    Battè le mani, come a scacciare l’ira.

    Non so con quale filtro Febh possa aver visto quella missione, tuttavia ti assicuro che piacevole è l’ultimo aggettivo che gli darei, stavo per schiattarci, giusto il ritrovamento di Kushami, un piccolo drago verde, è riuscita a risollevare la situazione.
    Detto questo, e direi che può pure bastare, passiamo ad Oto.


    Se ancora il suo viso poteva essere definito scherzoso da quel momento svanì ogni traccia di goliardia.

    Cancella dalla tua memoria OGNI cosa che riguardi Diogene.
    Non l’hai mai conosciuto e per te tale dovrà essere: uno sconosciuto.
    Lui e tutto ciò che lo riguarda.
    Tieni solamente alcuni dei ricordi di Eiatsu, sei stata il medico o uno dei medici che l’ha assistito, per cui qualcosa dovrai sapere, ma NIENTE di più, un paziente speciale.
    E disfati al più presto pure di quella roba che hai in laboratorio, direi che l’esperimento ha fatto il suo ciclo in base a ciò che mi dicesti.
    Vai ad Oto con un'unica cosa: la consapevolezza che devi stare alla larga da villa Mikawa e che del suo capo non ci si può fidare.
    Non ci serve indagare su di lui, abbiamo già il necessario, e non potremmo avere di più, tre villaggi contro uno direi che sono più che sufficienti, no?


    La guardò a lungo.

    Non voglio metterti inutilmente a rischio, vai, fai ciò che devi e ritorna.
    Stop.
    Niente missioni secondarie.
    Tranne una: cerca di capire Febh, ragiona in modo intricato, ma c’è sicuramente un filo conduttore, quando tornerai ne parleremo e forse saremo in grado di elaborare una strategia per gestire anche lui.


    Pareva essere la conclusione, ed un ordine soprattutto.
     
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    TALKING

    When you don't talk, there's a lot of stuff that ends up not getting said.



    «Senju, eh? …Non ti smentisci mai, Raizen.»

    Sarebbe stato bello se a Raizen Ikigami fosse piaciuta la pioggia.
    Perché tale fu quella che si abbatté nel suo ufficio: di fogli, cassetti degli archivi, e soprammobili.
    In un istante il chakra della ragazza sarebbe infatti esploso con un tale caos da far schizzare tutto in aria, lontano da lei.

    «Non godo di grande simpatia per i Senju, sai…questioni di sangue.»

    Non che fosse propriamente vero, ma in quel momento avrebbe detto l’esatto opposto di qualsiasi cosa Raizen avesse affermato. Una mezza idea che fu chiara quando lanciò uno sguardo inceneritore all’uomo, il quale, se intelligente, avrebbe fatto bene a non dire più frasi come “e direi che può pure bastare”.

    Rinomatamente, del resto, quando una donna era furente, era la donna che decideva quando l’argomento terminava. E in quel caso c’era ancora molto da dire.

    «Mi sono appena ricordata che il tuo ultimo Kimono costa 230.500 Ryo.» Disse, fulminea, mentre si sedeva. «Essendo stato confezionato dalla Principessa dell’Airone in persona è un pezzo unico.» Sibilò con occhi dardeggianti. Per qualche preoccupante ragione, a quel punto, sorrise. «Non è ancora stato pagato, mi risulta…perciò, sai, non credo che il mio Clan potrà rammendare i buchi che ci hai fatto mentre facevi il figo all’ultimo evento formale cui hai partecipato.» Si mise a braccia conserte, reclinando leggermente la testa di lato. «Immagino che Kiyomi sarà felice di cucirlo per te. Ora e per sempre, intendo.»

    Silenzio.

    A quel punto fu molto evidente quale fosse il problema.

    E fu anche chiara un’altra cosa: Shizuka Kobayashi poteva avere ventuno anni.
    Ma in certi contesti ne dimostrava tre.

    Quale che fosse la faccenda, si sarebbe ben presto calmata quando gli ordini di Raizen arrivarono a suonare forti e chiari nella sua mente.

    «Mi stai dando come missione…capire una persona?» Chiese. La sua voce non riuscì a mascherare lo stupore. «Raizen…credi che non sarei capace di ottenere informazioni sul Mikawa?» Domandò a quel punto, esitando. Improvvisamente la vecchia ferita che la divorava dall’interno tornò a riaprirsi e lei, per un istante, non parlò. «L’attacco in serbo per Oto, gli Illuminati e ancora altro...c’è così tanto ancora che dovremmo sapere sui piani dell’organizzazione, tu lo sai…e io sono ancora una faccia sconosciuta in quei posti, tuo contrario.» Strinse le labbra finché queste non sbiancarono. «Questa volta non mi metterei in pericolo come l’ultima...» Disse, ma sapeva da sola che se le cose fossero andate storte si sarebbe ritrovata da sola, faccia a faccia, con Diogene Mikawa. Una possibilità caldamente sconsigliata per chiunque, tantomeno per la persona che si era resa artefice di aprire lo scrigno dei segreti del suo braccio destro.

    Chiuse gli occhi, intrecciando le dita delle mani tra loro in una fitta e stretta rete. Non si mosse, ferma in quella posizione per un attimo.
    Sapeva bene che il suo desiderio di potere e la sua sete di sapere, di migliorare sempre più, di issarsi al livello di Raizen per poter essere guardata non come una donna e kunoichi da proteggere, ma da affiancare, così da diventare lo scudo perfetto del suo Villaggio; si scontrava con la sua inesperienza. E sapeva altrettanto bene che se ambiva al grado Jonin non doveva solo dimostrare le sue abilità, ma anche capire quando era lecito farlo.
    Era consapevole, dunque, che quello non era uno dei momenti giusti: scontrarsi con il Signore del Sangue era una possibilità che probabilmente anche Raizen avrebbe trovato difficile da gestire…lei, per questa ragione, non avrebbe semplicemente avuto possibilità.
    Eppure…
    «Febh Yakushi mi piace, come ti ho detto mi interessa.» Disse la donna, mantenendo la voce ferma. «Avrei cercato di capirlo per il solo fatto che sarebbe mio desiderio riuscirci.» Poteva essere una persona improbabile oltre ogni limite, ma nessuno arrivava dov’era arrivato lui se era davvero un completo deficiente. E se lo era davvero, beh, era già curioso così. «Non accetto come missione quella di legarmi ad una persona a solo scopo di interesse.» Ma lo aveva già fatto. E lo avrebbe rifatto, all’occorrenza. Era stata formata per quello, del resto… «Permettimi almeno di iniziare a formare una rete di comunicazione e conoscenze dentro Oto. Qualsiasi cosa ci sia in quel Villaggio, avere qualcuno di solido a cui appoggiarsi dentro le mura, che non sia un pezzo instabile come Febh Yakushi, potrebbe farci comodo.» Accennò ad un sorriso. «Anche questo a titolo personale, ovviamente…»

    Stavolta non avrebbe puntato i piedi. Non avrebbe disobbedito di nascosto.
    Riconobbe la sua debolezza, e provò semplicemente a superarla. A piccoli passi, però.

     
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    La Bestia








    Il viso di Raizen non si mosse, immobile in quel suo sguardo soltanto superficialmente decifrabile.
    Quando Yato inciampò sulle prime vocali il pugno destro si serrò e con uno scatto impattò sul tavolo, sviluppando in quel ristrettissimo lasso di tempo e movimenti una forza inaudita [for nera +8] ma senza riuscire a danneggiarlo, tuttavia l’impatto si sarebbe trasmesso rapidamente al pavimento e poi alla sedia, distintamente percepibile in caso il suono non fosse stato sufficientemente forte da far comprendere quanto l’impatto fosse stato pesante.
    Una mera dimostrazione fisica, un gigantesco stivale posto sul viso di quello che appariva sempre più come un infante indifeso.
    Dopo quel rombo di tuono l’ufficio riprecipitò nel silenzio.

    Sssshhhhhhth.

    Un crescere e decrescere di tensione quasi alienante, ma era nell’intenzione dell’Hokage non farla mai calare al minimo, di modo di tenerla sempre in aumento.
    Chinò lievemente il capo sulla spalla destra, nei cinque minuti successivi come se lo studiasse da un’altra angolazione, per poi tornare in posizione eretta.

    Sai con quanti omuncoli come te ho avuto a che fare?

    Chiese con un fil di voce, più che udibile nel silenzio venutosi a creare nell’ufficio.

    Di omuncoli pomposi e ricolmi di se stessi che pensano di potermela fare sotto il naso.

    Gli occhi si affilarono.

    Ne ho ovunque, probabilmente se mi girassi ora…

    Ed accennò col capo alla sua destra, pur senza muovere gli occhi da quelli del Senju, forse ormai consapevole che gli occhi scarlatti dell’Hokage non si sarebbero mai più staccati dai suoi, non prima di bruciarli.

    … sarei in grado di scorgerne uno.
    Sai cosa mi permette di fare questo?
    Sai cosa succede quando una bestie viene cacciata per tutta la sua vita da dieci, venti, cento cacciatori?
    La bestia si abitua, inizia a muoversi con discrezione, ad osservare a riconoscere i suoi cacciatori e prenderli in contropiede, a riconoscerli tra mille persone persino in quei momenti in cui non pensano nemmeno di dover cacciare La Bestia.
    Sai cosa permette di fare l’esperienza?


    E sorrise.
    La bocca gli si allungò lentamente, dischiudendosi e lasciando intravedere nell’oscurità della cavità orale dei canini lievemente più grandi del normale.

    Ti ho visto, quando pensavi che nessuno ti vedesse, o quando pensavi di esserti nascosto sufficientemente bene.
    Ho visto i tuoi occhi.
    L’esperienza, Yato… Permette di leggere dentro a quei tuoi occhietti.
    Cosa pensi che si legga al loro interno?


    Il ritmo di quel discorso era lento, una marcia funebre, doveva lasciare il tempo al piccolo ninja di vagare con la mente e scavare nei suoi più piccoli errori o presunti tali.
    E mentre Yato scavava il tempo passava, il Colosso davanti a lui lo mirava con la faccia di chi legge sul diario segreto per sbugiardare anche i più nascosti vizi, le verità più celate… senza possibilità di negazione.
     
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    Partenza per Oto







    Alzò le spalle con innocenza, il Colosso.

    Amo essere previdente.

    Disse con tono quasi lusingato mentre Shizuka gli disordinava i fogli della scrivania, poteva sembrare un paradosso, ma Raizen non teneva nel suo ufficio infiniti archivi, bensì solamente il lavoro della giornata o comunque quello arretrato, gli archivi infatti erano in un’altra stanza in mdo che potesse accogliere li gli ospiti in un luogo ordinato.

    Hai dato ad Hitomi del lavoro da fare, brava.
    Di solito sta sempre appollaiata nella sua scrivania fuori dall’ufficio a non fare un cacchio.


    Osservò mentre i fogli si posavano in ordine sparso sul pavimento.

    Ma torniamo a Febh.
    Vedila dal punto di vista che vuoi, accettala oppure no, ma per Oto è l’unico incarico che abbiamo.
    Sul resto mi sono già espresso, e no, non è a causa della tua supposta debolezza.
    Semplicemente abbiamo già il necessario.
    Non mando le persone in missione se non serve, sono io che tengo la cassa di questo villaggio sai?


    Mise poi una mano nel mento, intento a ragionare, come se un dubbio gli fosse improvvisamente balzato per la testa.

    Ah, mi raccomando, sii prudente con Febh, spesso va accontentato ma abitualo a pareri contrari.
    Va educato da questo punto di vista, trattalo un po’ come un autistico.


    Fece un rapido occhiolino per poi cedergli il passo con un gesto della mano ed invitandola ad andare.

    Sta attenta, mi raccomando.
    E non dimenticarti nulla di ciò che ti ho detto.


    La congedò con una smorfia di circostanza, incerto sul fatto che dovesse o meno qualcosa alla donna che gli aveva dato un bambino che non voleva di nascosto.
    Decise infine che era sufficiente per il momento e probabilmente sarebbe stato più divertente osservare la reazione di Shizuka più che cercare di reagire in base alle sue.
     
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    Y Danone
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    A PAIR OF

    The difficulties you meet will resolve themselves as you advance. Proceed, and light will dawn, and shine with increasing clearness on your path.



    «Senti, sai cosa? Vaffanculo.»

    Disse quelle parole con un sorriso. A prima vista sarebbe apparsa tranquilla e forse, in modo preoccupante, lo era davvero.

    «Hai proprio rotto i coglioni, detto di cuore.»

    Ancora comodata con le gambe accavallate, la donna reclinò la testa di lato. I suoi lunghissimi capelli castani, scivolarono come seta lungo la schiena, fino alla spalla, ondeggiando lentamente prima di fermarsi.
    Per qualche attimo lei non disse niente, limitandosi a guardare la Volpe negli occhi, poi scrollò le spalle.
    «Questa storia del fatto che mandi avanti Konoha da solo, la tua parola è unica, batti cassa, e come te nessuno mai…ecco, diciamo che hai rotto le palle: vai a raccontare questa storiella ai tuoi piccoli e inutili genin di belle speranze, o agli studentelli con gli occhioni brillanti e la voglia di morire per una causa superiore.» Disse, e la sua voce era molto gentile. «Non a me, che non sono proprio nella posizione di essere trattata come una deficiente incapace di poter discernere ciò che si può da ciò che, invece, non si può. Ma soprattutto, a me che ho da tempo abbandonato il posto di subordinata senza la lingua.» Sorrise educatamente. «Mi dispiace, Raizen, non sono più sotto di te, ormai.» Affermò con cortesia.
    Non era una presa di posizione a cipiglio insensato, e non stava contestando la gerarchia. Stava solo rimettendo in riga un modo di esprimersi irritante e irrispettoso: Raizen Ikigami era l’Hokage, e da lui dipendeva la gestione dell’intero Villaggio, era vero. Ma quel Villaggio non era suo, e non era lui che lo faceva da solo. E del resto, se egli deteneva primati inaccessibili, anche Shizuka ne aveva altri. Ed erano unici.
    «Non è bello far pesare la propria posizione in ogni momento e in modo così gratuito.» Fece presente, solo a quel punto alzandosi dalla sedia. «Ti ho ripetuto più volte che dovresti imparare a parlare ed esprimerti, perché credimi, una di queste volte finirà male per te. E con te andremo giù tutti noi.» Osservò, socchiudendo gli occhi. «Andrò a Oto e no, non cercherò informazioni su Diogene Mikawa, ma agirò comunque secondo mio giudizio qualora si vengano a creare situazioni di un certo interesse. Senza mettere in pericolo me o Konoha, ovviamente.» Non era una richiesta quella: in passato aveva già agito secondo il suo criterio e non aveva sbagliato. Aveva rischiato di schiantarci, il che non era poco, ma ciò che aveva riportato indietro aveva implementato le possibilità del Fuoco e addirittura di tutta l’Accademia, che a Raizen piacesse o meno. «Ah, un’altra cosa…non ho mai proposto di entrare dentro Villa Mikawa, ho solo suggerito di ascoltare e osservare senza fare niente, il che è ben diverso. Cosa sono deficiente?» Ridacchiò di quella possibilità. «Non voglio morire, né tantomeno dare a Diogene un buon pretesto per farti scomodare. Avrei solo voluto rendere più sicura la rete che stai cercando di aprire, ma tant’è…» Fece spallucce, alzando i palmi delle mani verso l’alto. «A me non importa di ricordarti che non ho alcun interesse a farti sentire meno importante con quel mantellino da supereroe sulle spalle. Per me puoi essere l’Hokage o anche il Daimyo, francamente non desiderio essere un “Eroe” e no, nemmeno la gloria mi affascina. Quindi non angosciarti, non voglio toglierti lo scettro delle decisioni che ti piace tanto sventolare a destra e a manca.» Sottolineò. In caso contrario, del resto, non si sarebbe mai prestata ad essere ciò che era diventata: l’ombra del Sole. E quel Sole era proprio il Kage. «Voglio solo rispetto, quindi la prossima volta che apri bocca impara a gestire le tue parole, almeno nei miei riguardi: se sei preoccupato che mi succeda qualcosa, perché hai paura che io venga attaccata e ci rimanga sotto, dillo semplicemente, senza offendere. Se invece non te ne frega un cazzo, allora chiudi la tua boccaccia e sii così cortese da evitare di ricordare in modo insensato che qui quello che batte cassa sei solo tu, perché non ho né insistito né contestato, ho solo fatto una domanda, ho ricevuto una risposta, ho acconsentito alla stessa e il discorso poteva chiudersi senza problemi.» Disse, lapidaria. «Non sono una tua pezza da piedi, Raizen, sono una tua compagna. Fattelo piacere, oppure vai a farti fottere.» Solo a quel punto, sorrise. «...Che stupida che sono, nonostante tutto quello che sto facendo per ottenere le tue attenzioni e la tua approvazione, è evidente che se dopo sei anni non mi riconosci come un pezzo da tenere al tuo fianco e una donna di cui valutare la stima, non lo farai mai.» Osservò a quel punto, chiudendo gli occhi in un altro sorriso. «Non meriti tutti i miei sforzi, Raizen. Ma sei fortunato, perché invece Konoha li merita eccome, e fintanto che ci sarà la Foglia continuerò a migliorarmi e diventare sempre più potente. E quello che sono ora, è solo l’inizio.» Ragionò, grattandosi il mento. «Sai, se dobbiamo vantarci, allora…» Mormorò, lanciando uno sguardo sarcastico al Kage. La cosa davvero grottesca era che con ogni probabilità aveva ragione: i miglioramenti di Shizuka potevano essere davvero solo all’inizio. Il problema vero era capire in che direzione si sarebbero orientati. «Quindi non preoccuparti, farò quanto mi è stato ordinato. Non sono così idiota da non capire che non bisogna andare a bussare alla porta del nemico.» Che era proprio quello che Raizen aveva insinuato. «Detto questo, ti auguro uno splendido proseguimento. Sono certa che la tua giornata è fertile di possibilità e conquiste.» Si mise a ridere, scuotendo la testa.
    Detto questo si voltò, dirigendosi con calma verso la porta dell’Ufficio. Prima di aprirla, però, si fermò, esitando.
    «Un’altra cosa.» Mormorò, senza girarsi. «Quando starò via, vorrei che tu dessi un’occhiata a mio figlio.» Calcò la voce sul possessivo. Conosceva troppo bene Raizen Ikigami da non capire quando qualcosa tra lei e lui si andava incrinando. Era così esperta sulle loro incomprensioni, da aver sviluppato un’abilità innata nel capire il perché e il per come dei suoi comportamenti. E della loro continua danza del vicino e del lontano. «Hotaka sta entrando al quarto mese di gestazione, è un periodo delicato, e io non so quanto starò via: escludo fortemente che possa succedere qualcosa, e del resto Makuramon si occupa di monitorare tutti gli strumenti medici cui è attaccato.» Strinse le labbra: non aveva mai chiesto a Raizen di considerare quel bambino come suo figlio, e del resto aveva già più volte sottolineato che aveva usato un quarto del suo DNA solo perché, come Jinchuuriki, possedeva capacità genetiche solide che avevano impedito il rigetto del suo esperimento. Tutto ciò che era nato dopo quel momento: il suo attaccamento per il piccolo, il suo senso di responsabilità, il suo stupido istinto materno da scienziata senza moralità ed etica…era un problema solo suo, che non aveva voluto imporre a quell'uomo. E non lo avrebbe mai fatto. Ma già da tempo era stanca di ripetere le solite cose al Colosso della Foglia, e ormai aveva cominciato a dirle una volta sola: era sempre stata lei quella che si muoveva in sua direzione, adesso era giunto il momento che fosse lui a denotare di capire e comprendere, e non solo esigere. Era un po’ troppo adulta per giocare a fare la bambina. Non aveva davvero più sedici anni, purtroppo. «…Però, in caso accadesse qualcosa, chiama Atsushi Kagure del mio Team medico, è l’unico che saprebbe gestire la faccenda. Non è necessario che ti dica che nell’eventualità tutto questo accada, lui non deve uscire dal mio laboratorio fino al mio ritorno e io devo essere chiamata all’istante per tornare qui il più velocemente possibile.» Mormorò, alzando la mano sulla maniglia della porta. «Non ti sto chiedendo di farti piacere quel bambino, ti sto chiedendo di supportare me, per una volta. E per farlo devi solo portare da mangiare a quella stupida scimmia psicolabile e masochista che se ne occupa…» Sorrise di quell’appellativo, chiudendo gli occhi e abbassando la testa «…Hotaka è prezioso, per me, e se dovesse accadere lui qualcosa…» Lasciò la voce in sospeso, sentendosi improvvisamente stupida. Più di quanto non si era sentita quando, per la centomillesima volta, si era resa conto che la Volpe si curava solamente di due cose al mondo: i suoi piani e se stesso. «In ogni caso non dovrai fare niente, non allarmarti. È solo questione di darci un occhio ogni tanto. Fallo quantomeno per le grandi opportunità mediche e belliche che questo bambino rappresenterà, se non ti va di dare una mano a me.» Disse dopo un istante di silenzio, solo a quel punto girandosi e lanciando un sorrisetto al Kage. «Sono o non sono la migliore dottoressa e scienziata di tuuuutto il continente?» Cinguettò, facendogli l’occhiolino.
    A quel punto, se non ci fosse stato altro, avrebbe semplicemente aperto la porta.
    «Beh io vado, ci vediamo. Spero di tornare viva.» Ironizzò, sospirando. «In caso fosse il contrario, il kimono te lo regalo.» E puntando l’indice della mano destra ad un occhio, fece una linguaccia.

    Sarebbe partita entro un’ora e mezzo.
    Non programmava di tornare a breve, però.
     
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    The Breaker








    Stava ricominciando a farlo, per l’ennesima volta e doveva fermarla prima che continuasse all'infinito.
    Nella propria testa iniziava a rimbombare costantemente il più grande problema che Konoha avesse: l’individualità dei suoi abitanti.
    Perché non poteva essere ad Oto?
    Una torturina qui, un morto la, e tutti avrebbero vissuto nella paura.
    No, invece doveva fare il leader buono e giusto, quello a cui toccava sempre spiegare i perché e i per come delle sue azioni nonostante fossero giuste.
    Spiegare che il fine giustificava i mezzi.
    Spiegare che…
    …sollevò la mano mentre Shizuka parlava e sorrise raggiante, agitanto la mano in segno di saluto.

    Combo Breaker!!!
    A Presto Shizuka!
    Ti aspetto qui, riguardati!


    L’ultimo messaggio che il clone avrebbe riportato alla kunoichi insieme ad una divertita risata di Raizen e del suo clone comparso alle spalle di lei dopo l’esecuzione di un sigillo al di sotto della scrivania che gli piantò indici e medi sulle costole con abbastanza forza da far dissolvere il clone. Probabilmente a Shizuka sarebbe ritornata indietro la sensazione di un intenso solleticare più che di un colpo vero e proprio.
    Un colpo infimo, ma sarebbe bastato, con quella forza e quella velocità, a far dissolvere il clone.

    Si arrabbierà tantissimo.

    Il suo clone annuì seriamente prima di sparire.
     
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    Amministrazione di Konoha
    IV
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    Il Sollievo della Verità.::


    Presi a tremare come una foglia quando il pugno si abbatté sul tavolo rilasciando un'eco micidiale nonostante fosse semplice legno che, notai, non si crepò nemmeno sotto la brutale forza del più forte shinobi di Konoha. Uno shinobi che mi stava guardando fin troppo per voler essere semplicemente un individuo dal carattere disdicevole che provava piacere nel sottomettere chi era più debole di lui...e in ogni caso il suo carattere era solo uno sprone nella Missione...fosse anche stato un santo doveva comunque cadere. E' per questo che, anche se tremante, anche se spaventato, non mi permisi di distogliere lo sguardo, continuando a sostenere quello dell'Hokage come se fosse l'unica cosa importante che potessi fare.

    Poi lui parlò, e ad ogni parola sentivo i peli del collo rizzarsi come se fossi azzoppato davanti ad una bestia feroce. Mi definì omuncolo, mi parlò del suo riconoscere le occhiate ostili, ma non poteva sapere della Missione. No, quello no. Era impossibile, e questa nozione era salda almeno quanto la mia dedizione. Poteva pensare che io lo odiassi, il che non era vero, e forse persino che volessi fargli del male, ma mai e poi mai avrei creduto che sapesse della Missione, qualunque cosa dicesse. E poi fece quella domanda, alla quale rimasi in silenzio ancora tremando con le dita quasi conficcate nel legno della sedia sulla quale mi ero accomodato. Ricordava terribilmente le sessioni di addestramento per resistere alle torture.

    Voi avete più esperienza di me, Hokage-sama. Dissi dopo pochi secondi, tra le labbra secche. Non potevo vincere quello scontro, non avrei mai potuto se non fosse cambiato qualcosa. Ma il mio sguardo si fece più infuocato, perché non gliela avrei data vinta fino all'ultimo. Che mi spaventasse pure: avere paura di lui non era un impedimento alla Missione, non necessariamente. E tutto quello che contava era la Missione, non le mie personali opinioni. Quindi quelle potevo anche servigliele come piatto forte. Nulla è meglio della verità per nascondere un segreto, specie se quella verità è carica di emozione, questo era ciò che avevo imparato. In molti campi, anche nel leggere le persone. E credo che... Deglutii. Credo che sappiate benissimo che cosa c'è nei miei occhi. Strinsi le labbra, sbiancate per l'enormità che stavo per pronunciare e che forse avrebbe ostacolato la missione...ma era la verità, e mentire in quel frangente mi avrebbe esposto a troppi rischi di non portare proprio a termine il mio incarico. Sapete bene che c'è solo disprezzo per voi.

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    Ecco, lo avevo detto, e in quel preciso momento mi sentii come avvolto dal sollievo, rilasciando le spalle. Avevo preso una decisione fondamentale e ne avrei subito le conseguenze, ma era la mia Missione, e come avevo detto ai miei genitori uscendo da casa, ormai dovevo iniziare a prendere la MIA strada secondo le MIE scelte. Ovunque mi avessero portato. Visibilmente più rilassato, ancora con gli occhi fissi su quelli dell'Hokage continuai a parlare. Forse avete salvato il villaggio dalla follia, forse la gente vi ha apprezzato a quel ridicolo concerto, ma questo non mi basta. Vi ho sentito parlare. Ho persino parlato con voi al vostro insediamento. E qualunque cosa abbiate detto mi ha provocato solo irritazione, con continue provocazioni prive di senso o scopo. La verità è che eravate l'unica alternativa nel vuoto di potere dopo l'attentato, ma il popolo non vi ha mai scelto, siete stato piazzato dal Daimyo e la cosa è risaputa. Non avete la mia fiducia, anche se so benissimo che siete potente oltre ogni mia immaginazione. Io sono un microbo irrilevante per voi, ma questo non significa che io non possa pensare che siete il peggior Kage che potesse capitare. E forse potreste dire che non ve ne fare niente della mia fiducia...ma questo mi darebbe ancora più certezze: la fiducia della gente dovrebbe essere quello che da forza a un Kage, non le sue capacità. Feci un respiro profondo dopo quella sparata. Questo è quello che penso di voi. E non ho ancora avuto motivo per pensare il contrario, che la cosa vi interessi o meno.

    A quel punto mi alzai, poggiando le mani sulla scrivania. Quello di cui mi importa davvero è Konoha. E diventare più forte per Konoha. Vi sto parlando di una cosa seria e vi mettete a fare giochetti con me. DI NUOVO. Il mio tono si era fatto sempre più solido e aggressivo mentre mi sporgevo verso di lui. E la Mela Marcia è un'occasione che non voglio perdere. Permettetemi di occuparmene, Hokage-sama. Sapevo benissimo che dopo avergli parlato a quel modo avanzare richieste era fuori questione, non avrebbe mai accettato. Certo, ora vi chiedo un'occasione dopo avervi espresso il mio disprezzo, quindi siete libero di cacciarmi a pedate, ma almeno ho detto quello che penso e quello che voglio per Konoha, che è la mia casa. Forse stavo esagerando...mi fermai, facendo un respiro profondo dopo la mezza scenata. Finalmente abbassai il capo, lasciando le mani lungo i fianchi, con i pugni serrati. Vi prego. Se il Kage non era stupido poteva capire benissimo quanto mi fossero costate quelle ultime due parole.
     
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    Il Muro e gli Occhi








    L’Hokage ascoltò attentamente le parole di Yato , soppesando ogni singola sillaba del suo discorso così pregno d’odio.
    Quadrava quasi tutta quella piccola impalcatura, ma c’era una piccola parte che ancora non riusciva a convincere Raizen, in quel momento ben poco Hokage ma parecchio ninja.

    Cosa temi del poppante Raizen?
    Lo stai torchiando peggio di un acino d’uva


    Guardagli gli occhi, presta attenzione alle parole.

    Era come se i due guardassero da una gigantesca finestra sul mondo

    Hai presente quel pelacappelle di Atasuke no?
    Non penso possa esistere alcun essere che mi disprezzi più di lui, un continuo controbattere, arrabbiarsi, minacce, eppure non mi ha mai mostrato quegli occhi, tantomeno ha mai parlato di forza.
    Non mi ha MAI paragonato a lui.


    Il demone parve farsi interessato, abbassando la testa verso il Colosso e osservandolo con uno dei suoi giganteschi occhi infiammati.

    Mmmmh.

    Un dubbio che esternato dal demone poteva essere sentito sul petto più che sulle orecchie.

    Vai avanti.

    Domandò.

    È… come dire, una questione di inconscio, hai presente no?
    Atasuke pur essendo uno snocciola palle non è mai entrato nell’ottica dei paragoni di forza.
    Credo che ci sia un motivo, Atasuke non ha mai voluto sovvertire l’ordine, destabilizzarlo, o andare contro la gerarchia. Lui penso di si, sin dal primo giorno l’ho visto impalato come uno stoccafisso, eppure pareva avesse ricevuto un ottimo addestramento.
    Perché questo timore, questa prevenzione?
    Perché pensare alla forza che ci separa, per poi spostarsi a parlare di acquisizioni di forza in futuro?


    Il demone si accigliò, parve essere dubbioso, rifletteva.

    Non ci stai forse facendo troppo la punta?
    Potevo sentire il pacchetto di concime Senju fin da qui, insomma soltanto paura magari.


    Il Colosso strinse le labbra, scuotendo la testa, terminando con un piccolo schiocco delle labbra.

    Nch.
    Vedi, quegli occhi?
    Non è paura, regge la botta, non crolla, quella non è soltanto paura.
    Certo, è inequivocabile che la provi, però gli resiste, come se fosse un baluardo per lui.
    Non è solo odio, è di più.
    Quella è una porta chiusa a chiave da lui, sta evitando di mostrarmi qualcosa ed è proprio con la paura che l’ha chiusa.
    Ma gli occhi… oh no.


    Sorrise.

    Quelli non mentono MAI.

    Sentì il manto della volpe farsi ispido.

    A volte sai far drizzare i peli persino a questo vecchio ammasso di chakra.

    Sollevò una mano, poi un indice, muovendolo ritmicamente prima a destra poi a sinistra, seguito poco dopo dal volto impassibile.

    Risposta errata.

    La lingua umettò il labbro inferiore, gesto naturale, quasi invisibile grazie al garbo con cui era stato fatto, eppure vi si poteva leggere qualcosa, la vittoria data da un intuizione, il pregustarsi di ciò che sarebbe avvenuto.

    Non è solo l’odio che si legge nei tuoi occhi, quello lo noterebbe chiunque, non potrei farmi vanto di questo, non trovi?

    Parlava con serenità, con la tipica tranquillità dell’occhio del ciclone.

    Potremmo dire che i tuoi occhi sono a strati, l’odio è il primo. E dopo l’odio la paura, ma è li che gli strati si fermano.
    Sei scaltra piccola anguilla travestita da serpente.


    Un mezzo complimento di cui si poteva andar fieri.

    Ma il problema è che quella paura la sfrutti per coprire quello che ci sta dietro, conveniente, non è vero?
    “mi sta intimidendo forse così me la cavo”
    C’eri quasi riuscito, il problema è per l’appunto che sono tante le persone ad odiarmi, e nonostante tutti mi odino non l’hanno mai messa in rapporti di forza.
    Nessuno ha mai pensato alla mia forza, vedi, ho l’innato talento, nel bene e nel male di mettere le persone sufficientemente a loro agio da farmi dire se mi odiano o se mi amano con sincerità, cosa che permette in un modo dell’altro di abbattere SEMPRE il muro della formalità, cosa che con te non è avvenuta.
    Potrai dire che solo questo minuscolo particolare della forza conta poco.
    Infatti è un’altra cosa quella che conta, quella paura.


    Il suo sguardo si fece nuovamente intenso, fino a poco prima vagava quasi sognante, fintamente inebriato dalla sua deduzione.

    png


    Quel muro impenetrabile, sigillato.
    Che non è sparito quando hai parlato dell’odio, bensì è stato sostituito dal sollievo mentre i tuoi occhi rimanevano incollati sui miei per vedere quanto la tua bugia stesse mettendo radici.

    png


    Me lo dici cosa credevi d’esser riuscito a nascondere piccolino mio?
     
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    Vedo il tuo Bluff.::


    Nei vostri invece leggo solo qualcosa di inadatto a un leader. Replicai a muso duro quando lui passò al contrattacco, ma ormai la paura aveva lasciato posto a qualcosa di diverso...timore privo di rispetto, ma legato a un crescente desiderio di vittoria. Negli occhi di un uomo che spendeva tante energie con un genin che palesemente non poteva nuocergli io vedevo solo paranoia, o magari un bluff elaborato. E non mi avrebbe assolutamente sconfitto con le sole parole: la Missione era adamantina nella mia anima.

    Se siete così abile a togliere gli strati dal mio sguardo evidentemente non avete bisogno che vi dica l'ovvia conseguenza di ciò che ho detto prima. O forse amate a tal punto intimidire la gente perché temete che qualcuno sia sincero con voi, Hokage-sama? Avete paura di un genin che dice esattamente quello che pensa? Socchiusi gli occhi, sollevandomi dal tavolo sul quale avevo poggiato le mani e fissando l'enormità del mio Bersaglio con occhi nuovi. Io parlo di forza, perché solo chi è forte può fare in modo che ci sia qualcun altro su quella poltrona. O forse l'idea di un successore vi terrorizza, Hokage-sama? Magari uno degno del titolo che porta. Certo, il mio obbiettivo era in fondo quello di avere un Kage diverso a capo della foglia. Per poi uccidere anche lui, ma questi erano dettagli. La vecchia volpe aveva fiutato il mio intento omicida e non aveva senso provare a nasconderlo, ma da qui a indovinare che io volessi effettivamente ucciderlo passava parecchia distanza, e non c'era un'oncia di falsità nelle mie parole...desumere più di quanto gli stessi dicendo solo da uno sguardo, in tutta onestà, era solo sintomo di paranoia, non certo di intuizione. E tanta cautela nei confronti di un semplice genin che lo stava apertamente sfidando e che lo odiava dimostrava solo che quell'uomo era indegno del suo rango, a prescindere dalla Missione.

    Chinai il capo. Vi disprezzo, ma per ora siete il mio Hokage e obbedirò a ogni ordine. Ma se mai apparisse qualcuno che vuole il vostro posto, senza che questo danneggi Konoha, questi avrà sicuramente tutto il mio appoggio. Fino ad allora...avete qualcosa da dire riguardo al rapporto che vi ho presentato? O forse pensate che i desideri di un genin siano più importanti di una minaccia reale alla sicurezza della Foglia? Avrei indicato la porta. Se non avete altro da dirmi, a parte continuare a guardarmi come se fossi il vostro peggior nemico, posso andare?

    Edited by Febh - 27/6/2016, 12:31
     
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    Vicolo Cieco








    Sorrise alle parole di Yato.

    Hai paura di mentire sapendo di farlo, Yato?

    Era la prima volta che lo chiamava col suo nome.

    Hai paura che i tuoi occhietti color del cielo non possano più schermarti come desideri?
    Facile cambiare argomento una volta arrivati al fondo del sacco, vero?
    Ti darò un po’ di spago.


    Battè con l’indice nella parte della scrivania più vicina alla sedia di Yato.

    Ma siediti nuovamente prima, non farti venire fretta.

    Attese che il suo consiglio venisse eseguito.

    Potrò non essere un leader, eppure non mi sembra di aver fatto sbaglio alcuno da quando siedo dietro questa scrivania.
    Oppure puoi negare?
    Certo potresti avere fonti diverse dalle mie, ma insomma, faccio fatica a credere che ci sia qualcuno che sappia più del diretto interessato.
    Ma dimmi pure dove sbaglio, non sarò un leader ma mi piace sapere dove migliorare.


    Dopo eventuali risposte, o un silenzio sintomo della mancata volontà di rispondere avrebbe posto un’altra domanda.

    E poi, dimmi, come si comporterebbe un leader davanti ad uno che gli dimostra aperta, quanto poco motivata, ostilità come te?
    E per favore non tirare in ballo la dialettica!
    Ma per il resto sentiamo, è sempre facile dire “questo non si fa” ma mai nessuno dice come si dovrebbe fare.
    Lascerò per ora da parte l’argomento del quanto potrebbe essere sconveniente sottovalutare un genin, ci sono infiniti modi per un ninja di fingersi qualcosa che non è, o questo non te l’hanno detto?


    Sorrise, per quanto plasticoso quel sorriso potesse essere.

    Avanti, sono tutto orecchie, uomo di mondo.
     
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    Lo avevo colto in fallo, di questo ero certo perché cambiò completamente tono, mettendosi sulla difensiva, almeno per quanto potevo valutare. Non badai al suo discorso sul cambiare argomento: gli avevo risposto in maniera più che chiara e mi sedetti come mi indicava. Iniziò a parlare di sé e di eventuali sbagli, come se questo potesse in qualche modo redimere il modo in cui aveva raggiunto il potere, ma lo lasciai parlare fino a quando non arrivò a chiedermi come doveva comportarsi. Io non sono l'Hokage. Fu la mia semplice risposta. Ma se lo fossi, forse darei ascolto ad uno che mi odia a prescindere da ciò che penso, se questo può essere utile alla gente della Foglia. Incrociai le braccia, quelle parole lasciavano forse intendere che la "persona che ambiva alla sedia dell'Hokage" ero io stesso? Se era tanto paranoico forse lo avrebbe pensato. Forse le mie motivazioni vi sembrano poca cosa, ma questo non le rende meno valide ai miei occhi. E la vostra incapacità di capirle è l'ennesima prova ai miei occhi. L'ostilità verso di lui, a ben guardare, era una faccenda puramente personale, il suo essere Hokage forse aveva acceso la scintilla ma al momento il fatto che io dovessi ucciderlo e quello che io VOLESSI ucciderlo erano due cose completamente slegate.

    Potete punirmi per la mia insolenza, anche incarcerarmi, ho realizzato che stavo superando il segno mentre parlavo, ma ammetto che è stato un sollievo. Dissi, imbronciato. Ma spero almeno che questo non vi faccia sottovalutare quello che sto dicendo. Un leader che presta tanta attenzione agli sguardi di un genin dovrebbe considerare seriamente il pericolo che si nasconde a Otafuku. Io vi ho visto muovervi quando abbiamo trovato i terroristi, mesi fa. Non so se era il vostro massimo, ma posso assicurarvi che l'uomo della Mela Marcia era veloce almeno quanto voi...e ha spostato una quantità di materia senza il minimo sforzo in un battito di ciglia. Siete il peggior Hokage che potessimo avere, ma per ora siete l'unico che abbiamo, e forse l'unico che può contrastare questo nemico. Per questo non ho lasciato un semplice rapporto e sono venuto da voi. Per avere il permesso di investigare e avvisarvi. Quando sarò più forte, allora non avrò bisogno di venire a chiedere il vostro favore, pur con tutta l'ostilità possibile.

    Alla sua battuta finale invece mi abbandonai a un amaro sorriso, decisamente sincero. Se fossi più forte di quanto appaio state pur certo che sarei venuto a dirvi queste cose molto prima. Ma sono solo quello che sono. Un Senju appena promosso al rango Genin, con una sola missione importante alle spalle. Già...a ben pensarci tutta la faccenda del Sensei e di Hayate non la avevo riportata nel rapporto consegnato alla Foglia...Feng Gu mi aveva chiesto di mantenere la faccenda riservata e così avrei fatto fino a quando svelare quei fatti non mi fosse stato utile. Non chiesi più di andare via, né gli chiesi di concedermi di seguire quella faccenda né di non essere punito. Non avevo realmente altro da dire e rimasi in silenzio, a fissarlo con quello stesso sguardo che lo aveva disturbato tanto.
     
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    Mentre Yato parlava il Colosso aveva poggiato il viso sulla mano, sorreggendolo.

    Sembra che hai buona memoria Yato, io ne ho un po’ meno, scarso esercizio forse… tuttavia le tue parole mi hanno fatto ricordare una delle prime cose che ti ho detto.
    “io io io io ti hanno sicuramente insegnato ad essere convinto di ciò che dici”
    E diavolo, sei sempre convintissimo!
    I tuoi ragionamenti hanno mai incluso qualcuno che stesse al di fuori del tuo metro quadro di comfort zone?


    Domanda retorica, un sorrisetto fastidioso lo puntualizzava.

    Io non posso ragionare come te.
    La mia visuale di leader non corrisponde a “ciò che farei io” ma ciò che la maggioranza farebbe, o in alternativa ciò che alla maggioranza farebbe più comodo ottenere.
    Ora, capita la storia della mela marcia, però piantala.
    Non la sto ignorando.
    L’ho messa da parte per…


    Guardò l’orologio alle sue spalle.

    Oh si, cinque minuti, accidenti!
    Cinque minuti in cui cercavo di capire se le mele marce non fossero due.
    Però…


    Disse appuntandolo con un dito.

    La cosa della paranoia ed anche quella del Daimyo mi hanno colpito.
    Sai come il precedente Hokage è salito al potere?
    Una riunione pseudo accademica, una manciata di amministratori e un kage di un altro villaggio.
    Li si è dichiarato come ad un ballo di fine anno e nessuno ha fiatato.
    Onesto, eh?
    Sai invece quante mele marce ci stavano prima che io stessi dove sto?
    Erano presenti tre amministratori che facevano il bello e il cattivo tempo mentre loto ed edera erano infiltrati così a fondo nel nostro villaggio che non si capiva dove finiva uno e dove iniziava l’altro.
    In un simile ambiente secondo te quanto sarebbe stata obiettiva l’elezione di un kage da parte degli shinobi?
    È stato quindi errato recarsi dall’unica figura che non fosse immischiata in tutto questo?
    Figura che, tra l’altro, ha potere assoluto su quasi qualsiasi cosa, in assenza di un kage su praticamente tutto.
    Ma si, io ho sbagliato tutto.


    Lo fissò qualche istante.

    L’ignoranza. Quello è un grande errore.
    Ma, supponiamo che il tuo ragionamento possa germogliare, per fare una simpatica metafora, in altri cittadini.
    Facciamo un piccolo sondaggio e vediamo come la pensano gli altri, riguardo TE e riguardo me.
    In questo ufficio ci stanno delle telecamere a circuito chiuso.
    Mostriamogli il video, vediamo che ne pensano.


    Chiamò la segretaria con voce quasi melodica, cosa che fece scattare la serratura e comparire la donna.
    Non si poteva dire che non fosse di bell’aspetto.

    Hitomi, fammi un favore, contatta Sho, Atasuke, Ayuuki, Oda, Sasori e pure quello nuovo… Youkai.
    Si, quello che sembra vecchio ma ha solo i capelli bianchi.


    Nel mentre che aspettavano sarebbe tornato su Yato.

    Immaginali pure come dei consiglieri se gradisci, ma non sono che una buona fetta delle risorse del villaggio.
    Bene.
    Abbiamo un po’ di tempo.
    La mela marcia.
    Otafuku non è un certo uno dei luoghi più raccomandabili del paese, io stesso ci ho avuto a che fare.
    Ti parlavo di Edera e Loto, avevano base li, e se i kami ci hanno in gloria sono state debellate, ma penso che per quanto ci si impegni certi problemi non svaniscano mai.
    Sarebbe stupido non dargli attenzione, ergo gliene verrà data.
    Ma se la mela marcia è un nemico di tale portata non potrai certamente occupartene da solo.
    Avevi in mente qualcuno a cui accompagnarti o avevi intenzione di continuare da solo?


    Il discorso degli intenti di Yato venne momentaneamente accantonato, fino all’arrivo degli shinobi convocati che vennero invitati a sedersi finchè non fossero arrivati tutti.

    Vi prenderò giusto qualche minuto, abbiate la pazienza di visualizzare il piccolo filmato.

    Al che, avrebbe fatto partire la registrazione degli ultimi minuti, dall’attacco di Kyomi fino al presente in cui era possibile visualizzare le espressioni che Raizen aveva notato e il confronto silenzioso dei due.

    Oh, te guarda che sguardo estasiato eh Yato, eri proprio preoccupato di vedere quella pazza saltarmi addosso.

    Rise sotto i baffi.

    Tralasciando quella poveraccia, Yato qui mi dava del paranoico, e la vostra convocazione potrebbe farmi apparire come tale, ma mi chiedevo se davvero avessi sbagliato a insospettirmi così tanto.
    Di base, sappiate che al momento ritengo di essere nel giusto.
    Cosa rara, no?


    Sorrise nuovamente, Shizuka mancava all’appello per un'unica ragione, un piatto forte come quello, in grado di rivoltare il cervello a Yato, sarebbe dovuto entrare in scena soltanto quando lui arrivasse a pensare di essere al sicuro, che le parole potessero salvarlo, che qualsiasi cosa nascondesse potesse essere celata soltanto deviando il discorso facendo leva sul carattere di Raizen.


    Kat Asgrael Sasoril Sho Ryose waket
     
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