Ospedale della Foglia

[Gestionale]

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    THE WRONG PLACE

    No plan can prevent a stupid person from doing the wrong thing in the wrong place at the wrong time - but a good plan should keep a concentration from forming.




    «Mh, dunque, praticamente...»



    Era in piedi rivolta verso uno dei muri del laboratorio, in una sorta di spazio vuoto chiuso da una serie di librerie di legno rotte. Per terra giacevano alcuni oggetti abbandonati –una teiera dal manico più grande del normale, una sedia con una gamba troppo corta e un barattolo di miso di latta che sedeva sopra un buco nel terreno di pietra.
    «Il principio è lo stesso, non può essere poi troppo improbabile...» Borbottò, lanciando l'ennesima occhiata ad un grosso registro farcito di foglietti e cartoline di animaletti carini, su cui spiccava una serie infinita di calcoli e supposizioni, la maggior parte dei quali incomprensibili. Accanto a quel quadernaccio giaceva, aperto e consunto, un tomo dall'aria piuttosto vecchia. «...riuscire a fare qualcosa, del tipo...» Mormorò ancora, alzando le mani di fronte a sé. Rimase un attimo immobile, fissandole, poi incastrò l'incavo tra pollice e indice della sinistra con la destra e si concentrò... un secondo dopo le sue mani vennero avviluppate di chakra, e lei, allargando le braccia, guardò attraverso una forma romboidale opaca...
    ...prima che questa esplodesse disastrosamente e lei, sbalzata all'indietro dall'urto, cominciasse a rotolare fino alla colonna di roccia che si trovava cento passi alle sue spalle, sulla quale si fermò, con il sedere in alto e le gambe piegate in avanti ad incorniciare la testa posata a terra, tutta spettinata e sudicia.
    Era la posizione più sgraziata e rovinosa in cui poteva essersi mai messa in vent'anni, ma fu ugualmente quella in cui Raizen Ikigami, l'Hokage di Konoha e suo unico maestro, la trovò.
    «Oh, sei arrivato finalmente!» Esclamò Shizuka, lasciandosi cadere per terra, di lato, e mettendosi a quel punto seduta. Aveva il viso sporco di ditate nere, come se fosse stata fino a quel momento a giocare con della fuliggine e poi avesse ben deciso di grattarsi il naso. «Ti abbiamo aspettato per tutto questo tempo, ti giuro, Pochi non ci sperava più.» Commentò, alzandosi e spolverandosi il lungo camice bianco. Chi fosse Pochi ovviamente non era dato saperlo, ma come non avrebbe faticato a immaginare il nuovo arrivato con ogni probabilità era un'altra delle astrazioni di quella mente naturalmente incomprensibile. «I parametri vitali sono buoni, il coma indotto non ha causato nessun tipo di danno sul paziente.» Disse ancora la Chunin, afferrando da terra il grosso registro pieno di appunti, che ripose tra le mani di Raizen, sorridendo allegra. «Guarda qua.» Esclamò allora a quel punto, entusiasta. Come al solito saltava da un argomento all'altro senza il minimo rispetto per il buon senso. «Questa è la nuova frontiera che presto concretizzerò. Che te ne pare?» Chiese elettrizzata, poi però, guardando la faccia del Jonin, ci pensò un pò su, dubbiosa. Prendendo una penna a forma di coniglietto pescatore dalla tasca del suo camice, la ragazza girò allora la pagina del registro e si affrettò a disegnare una serie di strisce a fumetti, per lo più comprendenti una donnina stecchino dal seno molto grosso che faceva cose strane, giacché Shizuka aveva molti talenti, ma pareva proprio che quello artistico non fosse uno di quelli. «Ecco, ora lo capisci meglio, vero?» Domandò educatamente quando ebbe finito, battendo la penna sui disegnini che spiegavano una dinamica che, se ben analizzata, assomigliava alla creazione e lo sviluppo di qualche tipo di tecnica. Reclinando la testa di lato e sorridendo composta, la Principessa annuì stringendo la mano del Jinchuuriki con dolcezza. «Prenditi pure il tempo che ti serve, Raizen, non sforzarti...»

    […] E dunque eccola lì: una ragazzina di un metro e sessantacinque centimetri, niente più di una Chunin come tanti altri, che prendeva in giro il più potente Shinobi del Fuoco.
    C'era sicuramente qualcosa di sbagliato in quella situazione, ma Shizuka Kobayashi, la bella Erede dell'Airone, non parve curarsene poi troppo mentre sghignazzava divertita e tornava ad illustrare al suo interlocutore i vari parametri e le condizioni di "Pochi". Non aveva idea di chi quell'individuo realmente fosse e neanche per quale motivo Raizen avesse dovuto seccarlo ad una festa il cui eco si sarebbe fatto sentire in tutto il continente per almeno tutto il mese a venire, rischiando in quel modo di attirare le attenzioni sbagliate sul Villaggio, che ancora si stava rialzando dalla corruzione che l'aveva divorato e dal terrorismo che l'aveva così brutalmente colpito.
    Quando le aveva ordinato di occuparsi del corpo, lei aveva ubbidito, come spesso accadeva, senza fare domande. Se avesse dovuto essere onesta non le era interessato sapere le ragioni dell'azione della sua Volpe per prendere una decisione, quanto piuttosto il comprendere che quella stessa avrebbe potuto portare uno scompiglio che il suo Villaggio non poteva permettersi. In nome di quella consapevolezza si era dunque mossa.
    Arrivati a quel punto, però, voleva sapere in cosa era stata coinvolta. E cosa aveva tra le mani.
    Shizuka non era una donna che si preoccupava di etica o morale, di ciò che era “giusto” e lo era per tutti. Da tempo aveva abbandonato la strada che veniva considerata retta per intraprendere quella che, forse più storta e scura, avrebbe però portato a tutelare la più luminosa su cui il resto delle persone camminava. Non le interessava con chi sarebbe dovuta scendere a patti, cosa avrebbe dovuto fare e dove si sarebbe dovuta recare, tutto era per il bene di Konohagakure no Sato. E dunque, ora, anche per Raizen. Nonostante ciò, era indipendente nelle sue decisioni e valutazioni, e qualora avesse dunque interpretato la circostanza in modo diverso da come sembrava intenderla il Jonin, non avrebbe esitato ad alzare una mano. Nemmeno Raizen, del resto, aveva sulla sua mente alcun tipo di potere di giogo.
    Per la verità nessuno lo aveva. E mai lo avrebbe avuto.
    «Quindi insomma.» Avrebbe intavolato il discorso lei se il suo compagno non l'avesse fatto per primo. «Chi è Pochi? Chi lo manda? Perché lo hai addormentato e soprattutto cosa rischiamo per averlo fatto?» Avrebbe domandato educatamente. «Raizen, potresti cortesemente dirmi...» Aggiunse poi, sorridendo. «...in cosa mi hai invischiato stavolta? Se il mio Pochi è pericoloso, come mi dai buona idea di dover pensare...» Mormorò, fissando il suo interlocutore che preparava una sorta di piccola lancia di chakra con l'intento di spogliare il suo paziente mantenendo delle dovute, e per questo preoccupanti, distanze. «...non intendo tenerlo a Konoha. Non metterò a rischio i miei pazienti e i civili perché sono troppo inesperta per gestirlo come dovrei.» Disse, e la sua voce di fece allora risentita. Ma che lo fosse per la possibilità di avere tra le mani qualcosa più problematico del previsto o perché fosse frustrata di non avere ancora il potere a cui anelava, non era dato saperlo. «Posso mettere al tuo servizio le mie scarsamente imbarazzanti conoscenze ogni volta che desideri, ma non rischierò la pelle stando al riparo di casa mia. L'ultima volta che è successo, ho dovuto inchinarmi ottanta volte al cimitero della Foglia, Raizen. E lo sai.» Non era necessario tirare fuori di nuovo l'episodio di Kurotempi perché il suo interlocutore capisse e lei, dunque, si sarebbe come al solito accontentata di averlo stimolato nel modo che sapeva essere giusto perché lui, riflettendoci, le avesse infine offerto risposte e considerazioni perché insieme ne parlassero e decidessero.
    A quel punto, però, accadde l'incredibile... e quando la piccola lama di vento del Jinchuuriki andò a lacerare i vestiti dello Shinobi disteso sul lettino operatorio, intaccandone così la cotta di maglia nascosta, qualcosa esplose, qualcos'altro si ruppe, e ben presto dall'addome dello straniero si liberò una trama di radici di fumo che iniziarono a spargersi nell'aria.
    Sgranando gli occhi Shizuka smise istantaneamente di respirare mentre contemporaneamente alzava a sbattere una mano sopra la bocca e il naso del Randagio Bianco, senza però distogliere lo sguardo dalla scena.
    “Peccato, Pochi –pensò la kunoichi, facendo un cenno a Raizen di non respirare e girandosi poi per andare rapidamente dalla parte opposta del laboratorio, dove un quadrante elettrico di ottava mano giaceva aperto– questo tipo di conoscenza è un po' troppo all'acqua di rose per me”.
    Premendo un bottone sbeccato, un impianto di areazione vecchio di almeno due decadi iniziò ad aspirare l'aria dal laboratorio, producendo un rumore metallico irritante, simile a quello dell'aria refrigerata che veniva accesa in estate, mentre depurava. Nonostante quel sistema di aspirazione e purificazione sarebbe ampiamente bastato per eliminare i vapori del veleno rilasciato, quando Shizuka tornò verso il Jinchuuriki indossava una maschera a gas grigia a cui erano state applicate due orecchie da orsetto di stoffa.
    «Scusa, morivo dalla voglia di usarla.» Si giustificò con voce metallica la Chunin. «Non hai idea di quante cose offra questo posto. Non ho idea per cosa fosse usato durante l'ultima grande guerra, ma credimi, c'è ogni genere di diavoleria con cui giocare.» Esclamò, entusiasta, avvicinandosi a quel punto al corpo del ninja mentre Raizen, alle sue spalle, continuava a parlare. «Ah.» Disse la ragazza ad un certo punto. «Ti chiami Eiatsu, allora...» Mormorò, fissando il volto addormentato dello straniero prima di sospirare sonoramente nell'ascoltare l'ennesimo ordine della Volpe, al quale lei non poté che alzare gli occhi al cielo. «Non c'è bisogno di nessuna tac, ho già provveduto a controllare la testa e qualsiasi altro centimetro del suo corpo in modo non invasivo e soprattutto non così imbarazzante Commentò fissando il corpo nudo dello Shinobi. Dopo un attimo di silenzio, la ragazza alzò il pollice della mano sinistra verso l'alto, dando per qualche motivo la sua pienissima approvazione. Sembrava essere per qualche ragione davvero entusiasta. «Posso garantirti che il suo cervello sta bene, nessuna parte di lui ha la minima percentuale di danno. Non sono ancora una Jonin dalla preparazione completa, ma almeno soccorsi di questo tipo li so fare.» E così dicendo sorrise cupamente, guardando un punto fisso di fronte a sé: la sola idea di aver continuato ad abbracciare e tirare quel corpo, che aveva appena scoperto essere vestito di veleni, la fece sentire improvvisamente grata agli Dei. Guardando Eiatsu con profonda serietà, Shizuka posò sulla spalla di lui una mano, annuendo gravemente.
    “C'è mancato poco” sembrava star dicendo. “Mio caro Pochi, che ti salta in testa?”
    ...E visto che era curiosa di saperlo davvero, ma non era ancora così incauta da voler aprire un vaso che aveva già cercato di rigurgitarle addosso una delle tante possibili disgrazie che conteneva, la giovane dottoressa iniziò ad analizzare da capo il corpo, palmo per palmo. Com'era logico iniziò dal cranio e sotto lo sguardo indagatore di Raizen, di cui cercò di calciare per ben due volte uno stinco perché “gli Dei solo sapevano chi diavolo poteva lavorare con una bestia che gli alita sul collo”, analizzò ogni centimetro di pelle.
    Non fu immediato per lei capire che i segni neri che coprivano il cuoio capelluto dello Shinobi erano Fuuinjutsu, anzi, per la verità inizialmente andò oltre, catalogandoli come nei estesi o qualche voglia più scura del consueto, non era del resto la prima volta che vedeva qualcosa di simile. Tuttavia, dopo aver esaminato ogni parte del corpo, ironizzando in certi casi e in certi altri invece complimentandosi con madre, padre e tutto il parentado, Shizuka esitò di fronte al non aver trovato niente di anomalo.
    Da un carrellino sgangherato e senza una rotella, rimpiazzata da un libro senza costola, la ragazza decise allora di prendere un bisturi, e dopo essersi rimessa guanti e mascherina bianca, si avvicinò di nuovo al viso di Eiatsu con sguardo dubbioso facendo poi passare la lama, irrorata di chakra per renderla sterile, sul bordo del viso. Per un attimo trasalì quando, facendo leva, vide un pezzo di pelle coriacea alzarsi.
    «GLI DEI CLEMENTI.» Gemette, ritraendosi sconcertata. «Ha una faccia sopra un'altra faccia, maledizione!» Esclamò, allibita. Ricordò però a quel punto le parole di Raizen sul viso non uguale a quello che ricordava e anche alcune delle tecniche del corpo eliminatori della Foglia, con cui aveva avuto già il piacere di lavorare. «Spero che tu non sia brutto come temo, qui sotto, caro Pochi.» Si limitò infine a dire quando unì tutti i pezzi del ragionamento, e così dicendo, con una calma che richiese ben più di un'ora –in parte perché non aveva mai fatto niente di simile e in parte perché, suo malgrado, la sua prima preoccupazione rimaneva quella di non ledere il paziente– la Chunin lavorò sul viso dello straniero fino a quando, lentamente, riuscì a togliere il suo volto fittizio.
    Benché probabilmente qualche altro Shinobi avrebbe trovato quell'operazione poco più che una passeggiata, quando lei ebbe finito dovette sedersi e riprendere fiato per le tante volte che l'aveva trattenuto. Era stata così nervosa tutto il tempo che le ci volle persino qualche minuto prima di fare un altro sonoro apprezzamento sul viso di Eiatsu, di cui pattò un braccio pregandolo di ringraziare sua madre quando e se mai fosse ritornato a casa. Quella santa donna aveva molte ragioni per sentirsi benedire, ed erano tutte ben in vista ormai.
    «Nonostante tutto ammetto che sia una delle cose che più mi ha fatto effetto fare.» Ammise, ritornando al carrellino, su cui posò il bisturi. «Ma se sei arrivato pure a renderti brutto per venire fino a qui a dare noia, caro Pochi... ti spiace se controllo le tue voglie?» Chiese. Ammiccò un attimo per il doppio-senso, poi visto che aveva idea che alla fine Raizen l'avrebbe davvero calciata in terra, si affrettò a tornare al ninja, di cui prese la testa e, inclinandola sotto una delle lampade, cominciò ad analizzare per più di venti minuti buoni.
    Si rese ben presto conto che aveva fatto bene a prendersi il suo tempo, perché quelle non erano voglie. Anzi, non era niente di ciò che lei poteva gestire.
    «Posso accerchiare questo e quest'altro sigillo.» Disse la Principessa indicando alcuni punti della testa dell'uomo, e solo dopo aver lungamente studiato i Fuuinjutsu che vi erano tracciati, averli controllati tutti quanti per scrupolo sui vari libri di medicina disseminati nel laboratorio, e infine aver spiegato tutta la situazione, non certo florida, a Raizen. «Le mie capacità potrebbero riuscirci, ma sarebbe un processo lungo e di cui non saprei conoscere in anticipo le conseguenze. E' possibile che tutti i sigilli siano correlati tra loro, se ne scatta uno, cioè, scattano tutti. Una situazione del genere l'ho già vista, ma non sono stata io ad occuparmene. In ogni caso non posso confermare che sia la stessa possibilità.» Spiegò con cura, togliendosi i guanti e la mascherina. «Se io fossi in quest'uomo avrei organizzato la mia mente come una trappola ad effetto domino. Un infiltrato è pronto a morire ogni volta che esce dal suo Villaggio, è ciò a cui siamo addestrati e pertanto ciascuno di noi preferirebbe l'auto-distruzione ad affidare informazioni a ignoti. Non posso dunque escludere la possibilità che, toccando qualcosa che non devo, lui schianta e si porta dietro tutto quello che sa.» A quel punto fissò la Volpe, mortificata, e dopo essersi torturata un poco le mani abbassò la testa. Aveva la bocca secca come polvere nel dire quelle parole. «Ciò significa che non ho la conoscenza per gestire questo paziente da sola. In questo caso posso solo essere di supporto per qualcuno più esperto di me.» La voce si fece flebile mentre la ragazza si guardava la punta dei piedi. Improvvisamente, prepotente e rabbioso, quel canto profondo e graffiante che languiva nel suo animo corrotto e sporco tornò a canzonarla: “non sei ancora abbastanza” le diceva. “ancora non quanto vorresti”...e lei, di nuovo, sentiva l'irritazione della sua ignoranza pungerla come un ago rovente. «Il corpo Fuuinjutsu di questo ospedale è uno dei migliori. Sto studiando presso di loro per sviluppare alcune conoscenze. Posso solo consigliare di chiamare Mitsuki, è un Jonin della Prima Fazione e mio amico di fiducia.» Chiuse gli occhi. «Immagino che non potrà dire di no al nuovo Hokage...»
     
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