Ospedale della Foglia

[Gestionale]

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    STUDYING

    If you have a dream, you can spend a lifetime studying, planning, and getting ready for it. What you should be doing is getting started.




    Mitsuki era un Jonin con un paio di baffi perennemente spettinati che lo facevano assomigliare ad un vecchio ciabattaio con la fissa per gli spolverini invece che ad un uomo di trentaquattro anni sposato e con un figlio. Quello che arrivò dentro il suo laboratorio, invece, era una specie di manichino con la parrucca e un visibile problema odontoiatrico, visto il sorriso retto come le grate di un bento al pesce che aveva. Il che era persino peggio.
    Aggrottando così tanto la fronte da sembrare per un attimo uno sharpei, Shizuka Kobayashi rimase immobile, con ancora la mano di Pochi stretta tra le sue e sollevata dal lettino per agevolare, probabilmente, l'atto di infilare lui un guantino rosa da super eroina. Per un attimo, sbattendo gli occhi, cercò di convincersi di non vedere bene.
    «Chi diavolo è questo qui?» Chiese alla fine, quando Raizen le si avvicinò seguito dai movimenti ondeggianti e ostentatamente teatrali dell'altro ignoto individuo. «Posso capire che ho ben poche possibilità di convincere qualcuno che questo sia davvero un laboratorio super segreto, ma ecco... ero stata chiara sul non dire niente a nessuno, Raizen. Parlo il dialetto di Kumo, forse?» Ringhiò, fissando poi l'altro individuo e squadrandolo dalla testa ai piedi. Era evidente che il poveretto avesse perduto una scommessa e si fosse pertanto vestito di conseguenza prima di essere lì –pensò la kunoichi, addolorata, posandosi la mano di Pochi sul seno con fare contrito... prima di sgridare il comatoso per gli atteggiamenti poco consoni al momento, che rimandò a "quando sarebbero stati soli"– perché la sola idea che qualcuno potesse abbinare quel genere di capi, colori e tessuti le faceva voglia di strapparsi gli occhi e piangere sangue. Ma giacché nel suo caso né l'una né l'altra possibilità le parvero novità assolute, lasciò perdere.

    “Piacere mio”



    Disse improvvisamente il tipo, senza che lei avesse nemmeno detto niente.
    «Ehi, frangetta. Almeno presentati prima!» E così dicendo tirò su l'indice della mano guantata di rosa di Eiatsu, facendo un “no no”.
    […] C'era qualcosa di tristemente comico nel suo modo di trattare quel paziente, ma Shorinku probabilmente non lo notò perché si presentò senza fare una piega e a quel punto persino la Principessa dei Kobayashi, ragguagliata sulla nuova scelta della Volpe, non vide altro da fare che prendere la mano sospesa nel vuoto del biondo, stringendola con forza sincera.
    «Mi dispiace averti... avervi...» Guardò lo Yamanaka per un istante. Aveva un'età indefinibile, gli Dei lo perdonassero. Decise di abbandonare il Keigo e ripiegare su un più informale approccio rispettoso. «...di averti scomodato, Shorinku-san. Questa è l'anamnesi del paziente.» Offrì una cartellina rosa al Jonin e spiegò ciò che aveva trovato e come aveva già pensato di affrontare i vari sigilli, quali erano le sue preoccupazioni e che tipo di approccio medico riteneva idoneo tenere in quel caso. Per tutta risposta il biondo annuì poi, a colpo diretto, andò alla testa del paziente che cominciò ad analizzare scrupolosamente.
    Da quel momento in poi, Shizuka, tacque.
    Facendosi rispettosamente cinque passi indietro, la Chunin della foglia, con le mani ancora strette attorno ad un foglio scarabocchiato delle sue inutilissime tecniche da principiante, guardava un vero professionista lavorare con una maestria e leggiadria rare.
    Per un istante, chiudendo gli occhi, la ragazza si chiese se sarebbe mai arrivata a quel livello...
    ...era così sbagliato –pensò improvvisamente, lanciando un'occhiata a Raizen– volere di più? Desiderare il “potere”, il “grande sapere”?
    Lavorava duramente, senza sosta, eppure, ancora...

    “MALEDETTO STRONZO!”



    Aveva immaginato quella reazione mentre lo Yamanaka ancora parlava e l'aveva confermata nella sua mente quando il Kage si era messo a ridere.
    Voltandosi verso Raizen, la Principessa dei Kobayashi rimase immobile un istante, ma quando la Volpe colpì il muro con rabbia, si mosse. A dispetto dell'esperto in Fuuinjutsu, Shizuka non temeva nessuna apertura del vaso di cui Raizen era il coperchio e difatti, senza pensarci poi troppo, si avvicinò, alzò una mano, e tentò di colpire il Colosso dietro la nuca con un colpo leggero ma severo.
    «Queste fondamenta reggono in piedi il mio ospedale, vuoi far tremare tutti i piani fino al tetto?» Disse, austera, guardando malamente il Jinchuuriki. «Quanto pensi che ci metteranno i Jonin di turno a scendere fino a qui se fai troppo casino? Oppure pensavate di essere gli unici due, qui intorno?» Si mise a braccia conserte. «Questo laboratorio è quello che è, niente più di una topaia che ho ripulito, e neanche troppo bene, ma finché non scoverò un posto più idoneo è tutto ciò che abbiamo per trattare casi come questo...» Disse, indicando Eiatsu. «...penso che potrò presto fare qualcosa in merito all'isolamento di... beh, ci penserò un po', ma tu sta calmo. Vuoi una tazza di valeriana e biancospino?» Chiese poi, dubbiosa. «La tazza è a forma di orsetto.» Puntualizzò, come se quella constatazione fosse risolutiva nella scelta. A quel punto, però, si voltò verso lo Yamanaka, e quando Raizen ebbe finito di dare l'ordine che ritenne più consono, fu lei ad intervenire. «In questi casi come siete soliti agire voi... esperti in Fuuinjutsu?» Domandò, avvicinandosi all'uomo. Sembrava perplessa. «Io avrei fatto così.» Spiegò la sua idea, di fronte alla quale frangetta-san sorrise divertito, chiamandola poi quasi affettuosamente “piccola principiante”, con un tono di voce vanitoso e ostentato che per un attimo fece venire a Shizuka la voglia di strozzarlo per tutto il laboratorio e distruggere qualcosa.
    Tale maestro, tale allieva, insomma.
    Calandosi su Eiatsu, la Principessa del Fuoco iniziò dunque a seguire tutto l'avvicendarsi del lavoro di Shorinku Yamanaka... che per la verità non fu affatto tranquillo e sereno, ma anzi continuamente interrotto, tanto da triplicarne quasi il tempo di conclusione. Ogni gesto o azione che il Jonin faceva, infatti, era subito seguita da un'esclamazione della dottoressa di Konoha o da una sequela di domande senza fine: «Perché hai apposto questa risoluzione chakrica proprio qui?» Chiedeva di continuo. «Ah! Cosa! Non sarebbe stato più semplice violare questo Genjutsu per accedere a questo sigillo e scioglierlo secondo questa seconda combinazione?!» E puntualmente, prendendo da terra il grosso registro pieno zeppo di foglietti e cartoline di animaletti, la Chunin scarabocchiava simboli... alcuni dei quali inventati, altri risultanti dall'abbinamento di diversi sigilli, due o più. «Vedi?» Diceva allora, socchiudendo gli occhi e facendo una smorfia di concentrazione assai improbabile da trovare in altri momenti sul suo viso così noto. «Se alteriamo la composizione del Fuuinjutsu in questo modo, secondo la Teoria delle Linee della Composizione Chakrica di Imposizione di livello due, possiamo ottenere qualcosa tipo...» E subito scarabocchiava un altro sigillo, del tutto nuovo, partendo da zero.
    Poiché interpretare le espressioni o in generale i pensieri dello Yamanaka fosse un privilegio raro concesso forse ai suoi affetti più cari, non fu dato sapere se il comportamento della piccola Shinobi lo innervosì o meno, ma certo fu che rispose ad ogni domanda e accolse ogni esclamazione di stupore con una pazienza difficile da trovare, soprattutto in un momento come quello. Contestava gli interventi che venivano lui dati, oppure li correggeva e, purtroppo per la giovane principiante, quasi mai li approvava. Quando infine arrivò un momento in cui evidentemente la sua concentrazione doveva completamente devolversi al suo lavoro, il Jonin si limitò a chiedere silenzio e pace, e Shizuka allora, senza neanche esitare, si quietò in una frazione di secondo. Ma non si allontanò. Rimase lì, registro aperto in una mano e la sua fedele penna a forma di coniglietto nell'altra, seguendo con rapidi scatti delle pupille ogni singolo movimento delle dita dello Yamanaka, ogni irrorazione di chakra, ogni scioglimento e risoluzione...
    ...e intanto appuntava fittamente, senza però assurdamente togliere gli occhi da ciò che vedeva, scrivendo quelle che ben presto divennero pagine di calligrafia storta e addossata un kanji sopra l'altro. Quando infine l'uomo annunciò di aver finito, di pagine se ne contavano tre.

    Accolse con poco gaudio l'ordine di Raizen, ma non si oppose e riponendo con cura il suo registro su uno degli sgabellini liberi attorno al lettino di Eiatsu, si avvicinò lui, pose le mani ai lati delle sue tempie, si concentrò e appose il suo personale sigillo. Un secondo dopo, era nella sua mente.
    Lavorare con un comatoso non si rivelò troppo diverso dal farlo con qualcuno di consenziente o reso tale con un bel colpo alla fronte, ma certo fu subito evidente la traccia che i sigilli ormai rimossi avevano lasciato: sembrava di muoversi in una selva abbandonata dalla natura stessa, scura e angosciante, ma dopotutto, proprio per questo affascinante come lo poteva essere un bosco selvaggio o, in quel caso specifico, la mente di un infiltrato.
    Storse la bocca mentre raggiungeva il ricordo che le interessava e vi allungava sopra le sue dita per rubarlo. Poteva senz'altro essere affascinante, ma non era un terreno quieto e lei, per un istante, si domandò se fosse necessario apporre una modifica e forse qualche aggiunta alla sua conoscenza... perché il terreno su cui lavorava imparasse a germogliare al suo contatto e non solo a lasciarle il permesso di cogliere il frutto già maturo. Mentre estraeva il ricordo fino al momento in cui Eiatsu avvertiva e comprovava la consapevolezza di essere braccato, distanziando nel farlo la mano sinistra dalla tempia corrispondente e così trascinando via un filo di chakra di uno scuro verde salvia, Shizuka sospirò: era uno dei peggior affronti per un infiltrato avere la propria mente violata. Era suo opponente, ormai lo capiva, ma ne ebbe comunque pietà. Se fosse capitato a lei, con ogni probabilità, ne sarebbe dopotutto rimasta lesa in modo profondo.
    Afferrando un foglio che si era già avvicinata prima di cominciare l'operazione, la kunoichi appose in esso il sigillo e a quel punto, interrompendo l'azione, si sarebbe limitata a chiedere se avesse o meno dovuto distruggere quel ricordo... e in caso le fosse stata data una risposta positiva, si sarebbe limitata a strappare in mille pezzi il foglietto. Basta così. Quando il contenitore si rompe, del resto, il ricordo va perduto, e ricostruirlo è qualcosa che...
    Socchiudendo gli occhi Shizuka ritornò subito sul suo sgabellino, riprese in mano il suo registro e la penna, e ricominciò a scrivere fittamente, stavolta in modo ordinato. Di fronte a lei, Shorinku iniziava a lavorare nuovamente su Eiatsu dopo un rapido scambio di battute e suggerimenti e allora lei, pronta, ricominciò a seguire tutto l'avvicendarsi del suo operato. Quando anche quello terminò, di pagine sul registro ce n'erano ben sette.

    “Shizuka, saresti così gentile da dare una mano a Shorinku?
    Se farete domande in due, oltre che confonderlo svolgerete più rapidamente il lavoro.”



    Girandosi, la Chunin si avvicinò allo Yamanaka, e aprendogli una grande mano dalla carnagione liscia e curata, vi pose sopra il suo registro. Lì, in una cascata di congetture e calcoli ben fuori dalla norma, c'erano Fuuinjutsu, annotazioni e previsioni, quasi tutti nuovi, unici. Privi di qualsiasi riscontro in qualsiasi altro libro. Creati sul momento, in quel momento, per quell'occasione e per fronteggiare molto di più e molto oltre la stessa.
    Un flusso di coscienza fertile e vivo, pulsante e bramoso... si diceva dopotutto che non ci fosse niente di meglio di una delusione o il fronteggiare di una propria mancanza per indurre in un Creatore l'istinto a costruire dallo zero vuoto. E Shizuka Kobayashi, che auspicava ad essere una delle migliori Creatrici di sempre, forse avrebbe dovuto ringraziare la sua immaturità come ninja anziché biasimarla. Perché era grazie a quella che non si stancava mai di mettersi alla prova.
    «Non posso porre nessuna domanda, ma posso arrivare al ricordo che questa suggerisce. Le mie capacità non interrogano, prendono, è diverso.» Disse a quel punto girandosi verso Raizen. «Che il ricordo sia sopito, addormentato o dimenticato, non è rilevante. Se c'è, io lo prenderò. E lo prenderò così com'è, senza che niente possa rovinarlo o distorcerlo... ovviamente, qualora il singolo ricordo abbia un divieto d'accesso come quelli che Shorinku-san ha eliminato, il discorso cambia. Devo uscire, risolvere e rientrare. Ecco perché il soggetto deve essere consenziente o quantomeno addormentato abbastanza da permettersi di esserlo.» Spiegò la ragazza, guardando la Volpe negli occhi. «Si può mentire ad un'interrogazione mentale, ma non si può mentire a me. Però io ho un altro tipo di limitazioni e se le troverò non posso far altro che rimettermi al nostro amico frangetta.» Tornò ancora una volta, per un secondo, con lo sguardo sullo Yamanaka. «Inoltre, non mi limito a prendere immagini, ma interi brani di vissuto. Anche questo è diverso. Se il ricordo c'è, è quello che io prendo, in tutte le sue sfumature: discorsi, pensieri, valutazioni... tutto.» Fece spallucce. «Ma possiamo fare anche di meglio, in caso Pochi non collabori: posso ridurre il quantitativo di medicinali e ridurre il suo livello di coma indotto. Renderlo cioè sensibile, più di quanto non sia ora, agli stimoli esterni. A quel punto c'è poco che potrà fare. Sarà come trovarsi in un guscio vuoto che non gli permette movimento, ma darà lui l'agghiacciante consapevolezza di ciò che accade. Un po' come essere svenuti, ma in modo irrimediabile diciamo: sente, percepisce, forse riconosce. Ma non può fare niente, né con noi, né con chi lo aspetta.» E a quel punto, sorridendo, la Principessa del Fuoco reclinò leggermente la testa di lato, sorridendo soavemente. Di punto in bianco era diventata il ritratto di una Dea della Misericordia: bella e pietosa. Soprattutto pietosa. «...che sarebbe Diogenes Mikawa, Capoclan della Dinastia del Sangue di Oto, eh?» Non si poteva dire se le lacrime che le salirono agli occhi erano per l'eccitazione di avere tra le mani qualcosa di così strabiliante oppure per un sentimento molto più terreno. «Mi hai fatto prendere l'amante di Diogenes Mikawa, Raizen...? Sto tendendo qui il cagnolino bau bau del Signore del Sangue?» Visto che iniziò pure a sudare, era evidente che delle due precedenti possibilità, la seconda fosse la più accreditabile. «Ti rendi conto, vero, che non è necessario per me conoscerlo di persona per conoscerlo di nomea...? E tu mi hai permesso di vestire da eroina dokidoki il suo amico del cuore? L'amico del cuore di Diogenes Mikawa?» Ripeté per la centesima volta quel nome, quasi sperando che magari, a forza di pronunciarlo, cambiasse. Ma non accadde, e a quel punto, piazzandosi le mani sui fianchi, la Chunin sorrise con ardore e dopo un minuto di silenzio annuì.
    Già. Era così che doveva essere la vita dello Shinobi: sul filo del rasoio...
    ...magari avrebbe preferito un po' più sul filo e un po' meno sul rasoio, ma visto che mentre Raizen era andato via aveva persino messo il rossetto al ben dotato Pochi, intrattenendo con lui dieci minuti di grave discorso su come il rosso cremisi ravvivasse lui i lineamenti, era evidente che avrebbe dovuto devolvere una cura particolare a pulire la mente di lui da qualsiasi ricordo di lei, anche quelli che si dicevano potessero giacere in una mente comatosa.
    Un conto in effetti sarebbe stato morire in guerra, come un eroe. Un conto perché chi si era messo contro non apprezzava il rosa shocking. Eh già.

    Qualora le fosse stato campo libero, si sarebbe dunque limitata a sedersi sul suo sgabellino ormai vuoto, e dopo aver riacquistato la calma, avrebbe iniziato a cercare ricordi ben precisi:
    - Associazione Diogene e Eiatsu
    - Scopi dell'associazione
    - Scopi di copertura dell'associazione
    - Membri dell'associazione
    - Alleati dell'associazione
    - Appoggi di cui poteva godere l'associazione
    ...Ovviamente non sapeva se tutti i ricordi fossero presenti nella mente di Eiatsu –detto Pochi–, ma qualora non ci fossero stati l'unica cosa che Shizuka avrebbe trovato sarebbe stato il vuoto della selva della mente di lui. Un archivio a cui manca un fascicolo...ma le risultava che l'unico modo per svuotare quell'archivio ce lo avesse lei. In caso invece avesse trovato ciò che le interessava, avrebbe estratto tutto il ricordo per intero e lo avrebbe via via apposto in un rotolo ninja che aveva preso precedentemente dal carrellino sgangherato del suo materiale, catalogando ogni sigillo di apposizione con il kanji idoneo: “associazione”, “scopi”, “copertura”....
    Era una tipa un pò particolare, quella Shizuka Kobayashi, mai realmente seria, o forse così tanto da permettersi di dimostrare il contrario, ma senza dubbio era scrupolosa. Il suo lavoro lo faceva sempre bene.
     
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