Ospedale della Foglia

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    PLAY THE GAME

    You have to learn the rules of the game. And then you have to play better than anyone else.




    Ferma di fronte al Jonin degli Yamanaka, Shizuka fissava il registro dei suoi appunti con la faccia di chi non ha ben capito come fosse possibile che la sua (invidiabile) intelligenza avesse fallito. Grattandosi il collo, la ragazza reclinò leggermente la testa di lato nell'ascoltare la spiegazione dell'uomo, perplessa.
    «Ah. E' così, dunque?» Chiese la Principessa. Non era un'esperta in Fuuinjutsu e aveva ancora molto da imparare, quindi benché stupita non apparì realmente mortificata. «Quindi, visto che io per creare questo sigillo ho unito questi due...» Riprese a dire, e affiancandosi al Jonin biondo, estraniando quasi del tutto Raizen, a cui diede persino le spalle, iniziò poi a tracciare due Fuuin accanto ad uno dei suoi sigilli negati. Aveva gli occhi brillanti di emozione. «...visto che se non mi sbaglio la codificazione alfabetica di cui parli è indicata da queste due inflessioni di linee di liv.5...» Continuò, cerchiando alcune stanghette dei due sigilli appena scritti. «...se io cambio la composizione in questo modo, posso ottenere un sigillo che abbia la capacità di resistenza che sto cercando, è giusto?» Domandò, disegnando da zero un nuovo Fuuinjutsu.
    Alzò lo sguardo, cercando gli occhi dello Yamanaka, poi sorrise. Le sue iridi verde smeraldo brillarono di quel tipo di tensione che nasce dal mettersi alla prova con un'impresa molto più grande del proprio sé. Sembrava pronta a ricevere un altro ragguaglio, ad essere corretta ancora una volta.
    Affamata di sapere, curiosa sopra ogni altra cosa, e soprattutto con un'innata capacità a creare abilità personali del tutto uniche nel loro genere, Shizuka sembrava trovare la presenza di Shorinku Yamanaka emozionante e soddisfacente come da tempo non capitava con altrui suoi mentori. E quel pensiero fu chiaramente evidente nel leggere l'espressione del suo viso, felice come quello di un bambino.
    «Se ho ragione vuol dire che se pulisco le linee come hai detto tu, Shorinku-san...» Disse ancora la Principessa dell'Airone, premendosi il dorso della penna sulle carnose labbra scarlatte. «...io posso ottenere questi Sigilli.» E facendo una freccia da alcuni dei vecchi, bocciati dal giudizio del Maestro in Fuuin, la ragazza ne tracciò di nuovi. La base era quasi la stessa, ma più pulita. Ordinata. Inquadrata. «Quindi il risultato che voglio sarà il medesimo, ma ecco più mirato, giusto?» A quel punto però esitò, alzò lo sguardo verso l'alto e si grattò la nuca con la penna. «Vorrei però qualcosa... perché solo io possa farlo, capito?» Fissando la faccia dello Yamanaka fu evidente che no, non aveva capito. Non che lei si fosse spiegata, del resto. «Solo io posso leggerli. Solo io posso scioglierli. Solo io.» Spiegò di nuovo, cercando di essere chiara. «E' in mano mia. E basta.» Socchiuse gli occhi, reclinando leggermente la testa di lato. «Mi appartiene.» Concluse. «Ed appartenendomi solo io posso deciderne. Questo come posso ottenerlo? Come posso sovvertire l'alfabetizzazione canonica, conosciuta, e avere il dominio assoluto di questo obiettivo?» Chiese, incatenando le sue iridi verde smeraldo in quelle chiare dello Yamanaka. Poi, sorrise.

    [...] Era fuori controllo. La sete di sapere di quella ragazza andava ben oltre quella ritenuta apprezzabile da una persona comune. Voleva sapere, e si impegnava per sperimentare sempre cose nuove.
    Ed era sola, in questo.
    Da tempo ormai Raizen aveva alzato le mani con lei, le conoscenze della sua allieva, del resto, non erano più niente di quello che lui sapeva. Non capiva la maggior parte delle specializzazioni che lei otteneva, né le abilità che creava per se stessa. Si limitava ad apprezzarne, quando lo riteneva giusto, il risultato. E se nemmeno l'Hokage poteva seguirla nei suoi studi, questo lasciava ben poca speranza ad altri ninja.
    Shizuka era difatti seguita da Norio Uchiha e Iron Tobi Inuzuka, raffinata da Izumi-sama della Peonia Bianca di Otafuku... ma nella sua arte creazionista era completamente sola. Come un composto in continua evoluzione, quella ragazzina alta un metro e due bokken pensava, inventava, sperimentava... da sola.
    E nel farlo, non aveva freni. Solo un grande potenziale nato da un'inesauribile voglia di migliorare.

    «Vorrei, sai, Shorinku-san, arrivare ad un risultato come questo...»

    Disegnò sul registro alcune composizioni e dei calcoli basati sulle equazioni alfanumeriche dell'arte dei Fuuinjutsu, con accenni persino alla maestria in Genjutsu come una specie di improbabile abbinamento.

    «Come posso riuscirci?»

    Sorrise, allegra.

    «Devo leggere tutti i libri della biblioteca di Fuuinjutsu di Konoha, forse? In effetti non ne so abbastanza...» E voltandosi verso Raizen, che riprese in considerazione solo a quel punto, quasi si fosse dimenticata della sua presenza, aggiunse: «Posso, Raizen? La biblioteca, intendo... posso leggere anche quei tomi, per favore?» Domandò gentilmente.

    Non si sarebbe arresa anche qualora avesse ricevuto un rifiuto.
    Avrebbe sviluppato ciò che voleva. Da sola o con l'aiuto di qualcuno. Era del resto indifferente, per lei, il “come”.
    Simile ad un cane sciolto e senza padrone, era la forma che più si avvicinava a ciò che un tempo era Raizen stesso: uno shinobi in continua mutazione, alla ricerca di ciò che considerava "perfezione", "miglioramento" ed "efficienza".
    Non per forza un bocciolo destinato a marcire. Ma probabilmente bisognoso di più attenzioni del normale. Forse.

    “Shizuka, mi raccomando stai attenta a cancellare i ricordi, non deve rimanere traccia di questo trattamento.
    E stai attenta all’attivazione di Genjutsu, non vorrei che il ragazzetto nascondesse qualcosa tra le righe mentre lo interroghiamo.”



    Quel breve sprazzo di divago cessò subito, e i tre, appurata una nuova strategia sul da farsi, ricominciarono a lavorare.

    “Pare sia necessario usare i cari vecchi metodi.”

    “Se così dev’essere.”



    Ascoltando la decisione dei due, Shizuka si avvicinò abbastanza perché solo loro due sentissero, e grattandosi una guancia con l'indice della sinistra, fece spallucce.
    «Non penso di poter essere molto utile a questo punto dei fatti.» Disse allora, inarcando le sopracciglia in due lune inverse. «Ma posso combinare le mie abilità con quelle di Shorinku-san...ho capito qual è la falla della mia abilità, ma assieme a lui, adesso, penso di poter risolvere e avere un quadro generale più completo.» Spiegò la ragazza, guardando prima lo Yamanaka e poi l'Hokage. «Posso rimanere dentro la mente di Eiatsu e sedere pazientemente in attesa che l'interrogatorio si compia, e mentre questo accade vedere quali ricordi vengono utilizzati per rispondere.» Disse, poi parve perplessa. Alzò gli occhi al soffitto per un istante, e allora cercò di spiegarsi meglio. «Quando si risponde ad un'interrogazione, mentale o meno non ha importanza, bisogna per forza attingere dal subconscio della propria mente. E' normale. Quando viene fatta una domanda su un evento passato anche di pochi istanti, è chiaro che lo si abbini ad un ricordo. Se i ricordi sono più di uno, si attivano tutti insieme, per permettere a chi rispondere di mentire, manipolare, gestire. Non è un discorso troppo complicato, se ci pensate. E' ciò che facciamo tutti i giorni, no?» Disse Shizuka, annuendo. Che lo facessero “tutti i giorni” però, sembrava essere una peculiarità solo sua. «Perciò stavo pensando... non mi è possibile scegliere a mia discrezione ciò che posso prendere, è vero, ma posso vedere tutto, se chi lavora al mio fianco agisce nel modo che manca a me. Pertanto, benché ritenga di non poter essere utile come interrogatrice, stavolta, potrei essere una valida risorsa come semplice... spettatrice, diciamo così.» Sorrise quando terminò di parlare, e guardò trepidante sia Shorinku che Raizen, muovendo la testa nella direzione dell'uno e dell'altro.
    Non era ben chiaro se agisse per la voglia di vedere le sue abilità espandersi, per curiosità, o per una sincera voglia di aiutare, ma chi la conosceva davvero bene –e in quel luogo era forse la Volpe l'unica a poterlo dire– avrebbe detto che il suo cercare di partecipare nasceva da una combinazione di tutte quelle cose. Avrebbe infatti aspettato una risposta da ambo i due prima di agire, ritirandosi nel caso le fosse negato l'intervento, oppure avvicinandosi ad Eiatsu qualora le fosse stato concesso. In quest'ultimo caso si sarebbe messa alle spalle di lui, così da lasciare libertà di movimento a Shorinku Yamanaka, e avrebbe poi apposto le mani sulle tempie del paziente così da entrare nella sua mente.
    Era un uso improprio della sua tecnica in quanto, per la verità, la ragazza non andava ad estrarre proprio niente, ma solo a sfruttare le competenze altrui per godersi un buono spettacolo.
    Come al solito Eiatsu non avrebbe avuto probabilmente alcun modo di capire che Shizuka era arrivata, non avrebbe potuto percepire con distinzione il suo entrare nella sua mente e sedere in mezzo a quella foresta di arbusti e specchi, al centro esatto del suo “sè”, rimanendo poi in silenzio. La tecnica del Jonin degli Yamanaka, del resto, molto più invasiva rispetto a quella della Chunin, avrebbe presto cancellato ogni perplessità. Era quella la tecnica a cui Eiatsu avrebbe dovuto resistere...del resto, se anche avesse cercato di capire cosa stava succedendo, cosa avrebbe potuto vedere?
    C'era la figura di una donna nella selva del suo essere. Come una Mononoke dal velo di nebbia e il sorriso flemmatico di chi non ha niente a che vedere con quella circostanza, sedeva su uno scoglio della sua mente, e rimaneva ferma, senza fare assolutamente niente, senza dire proprio nulla. Guardava di fronte a sé. Ferma.
    Tutto qua.
    Era giusto preoccuparsi di lei, dunque, o di chi lo stava così drasticamente violando? La scelta poteva essere solo una.

    Quando l'operazione fosse finita, a prescindere dal risultato, Shizuka avrebbe dovuto sedersi. Ora cominciava a denotare i primi segni di stanchezza.
    «Devo prendere qualche tonico.» Gemette la ragazza, deglutendo. Aveva la gola secca come polvere. «Le mie capacità sono quelle che sono, ma la mia riserva di chakra sembra che rimanga quella di una Chunin.» Borbottò offesa, poi, sospirando, fece l'atto di alzarsi per andare alla sua sacca shinobi posata sopra la sua scrivania...
    ...Ma non fece in tempo a fare niente che improvvisamente un forte rumore provenne dal condotto dell'aria.
    Trasalì, alzando di scatto la testa, e senza neanche pensarci fece l'atto di tracciare un segno nell'aria: incise nel vuoto una linea orizzontale, due oblique da sinistra verso destra... e prima che alzasse la mano per chiudere il simbolo con una strisciata verticale, Raizen intervenne, sfondando la presa d'aria e afferrando al volo un corvo, quasi quella fosse una pellicola d'azione di pessimo gusto.
    La sola vista di quella bestia sembrò disgustare profondamente la Principessa, quasi portandola a rigettare si sarebbe detto, ma ella non disse comunque niente. Si limitò a fissare il suo maestro in silenzio, avvicinandosi per sbirciare il biglietto.
    «Che brutta calligrafia.» Commentò, rammaricata. «Si dice che la scrittura sia lo specchio dell'anima.» Aggiunse, come se quelle osservazioni da ragazzina adolescente fossero davvero rilevanti in quel momento. «...Ma che mi posso aspettare da uno così vecchio stile che scrive le lettere con il sangue? Giusto, Pochi?» Domandò, seguendo con un rapido gesto degli occhi le frasi che sparivano rapidamente dopo essere state lette.
    Sorrise tra sé e sé, grattandosi il retro del collo bianco, e per un attimo si strinse nelle spalle.
    Festa finita. Il Mikawa sapeva.
    Se anche avesse ripulito Eiatsu fino a salvificarlo della mondezza che portava addosso, a poco sarebbero valse le sue operazioni.
    Cosa stavano rischiando, precisamente? Ma soprattutto come poteva aiutare Raizen, stavolta?
    «Cosa pensi di fare a questo giro?» Domandò la ragazza, alzando gli occhi in quelli del Colosso. Era talmente bassa, in confronto a lui, che arrivava appena alla sua spalla, costringendo l'Hokage ad abbassarsi per parlarle. «Mi dispiace, Raizen, credo che stavolta la situazione sia un po' oltre le mie possibilità...» Diogenes Mikawa, in poche parole, lo era. E non solo un po'. «...ma sono qui, Raizen, e come sempre rimango al tuo fianco. Non esiste nessun Kobayashi che non abbia servito Konoha e il Fuoco nelle centinaia di anni della nostra supremazia...» Disse, mettendosi una mano all'altezza del cuore e inchinandosi con fare molto teatrale. «...come ultima esponente della mia famiglia, dunque, farò altrettanto. Al meglio e oltre le mie abilità.» E così dicendo sorrise, socchiudendo gli occhi.
    Conosceva la Volpe e le sue inclinazioni e dunque non si stupì di sentirsi ordinare di pulire la mente di Eiatsu come tutta risposta per le sue affermazioni.
    Suo malgrado, sospirò: sarebbe stata una faccenda lunga, quella. Se lei fosse stata al posto di Eiatsu, del resto, non avrebbe permesso l'accesso a nessuno.
    Si tolse il camice bianco da Primario, che posò su uno degli sgabelli posti attorno al lettino del laboratorio, e con esso anche il coprispalle scuro. Rimase con indosso solo il suo bustino nero e i pantaloni di pelle con un cinturone da cui pendevano penne, forbici e bisturi.
    Dopo essersi fermata i capelli in un'alta crocchia, la ragazza si concentrò, e lasciò che le sue dita si circondassero di un palpitante alone di chakra blu elettrico che poi adagiò con dolcezza sulle tempie dell'otese. Quando chiuse gli occhi, si trovò dentro la mente di lui.
    C'era un bel caos lì, più che un fiume in piena o una foresta abbandonata, come le era parso di vivere poco prima, adesso quel luogo rassomigliava ad un gioco di specchi riflettenti, alcuni rotti, altri interi, certuni piegati, certi altri convessi e distorti. In mezzo a quel percorso di inganni, l'acqua fredda dell'inconscio dello shinobi arrivava a Shizuka alle ginocchia, vischiosa e nera come la notte, rendendole difficile muoversi per cercare ciò che voleva. Era un posto claustrofobico, lo aveva sempre pensato e difficilmente avrebbe cambiato idea, ma non si aspettava da meno dal lucida scarpe di Diogenes Mikawa.
    Fortunatamente il ricordo che cercava era vicino, e lei non avrebbe dovuto rimanere invischiata in quel posto per troppo tempo, così, allungando le dita sul bagliore che le interessava, avrebbe strappato via ad Eiatsu tutto ciò che concerneva quella situazione, dal momento in cui Raizen lo aveva colpito e lui era svenuto, a quel preciso istante. Appose il ricordo su uno dei fogli di carta ancora posati sul lettino medico, che poi bruciò con un getto di fuoco dalla sua bocca, finché non ne rimase niente.
    «Ciao, Pochi.» Disse a quel punto la kunoichi, sorridendo. «Piacere di conoscerti.»
    E così dicendo sospirò, stanca. Ormai aveva perso il conto di quante volte si era presentata alla solita persona per la seconda, terza, quarta volta...
    Era vero ciò che le aveva detto Norio: quello che aveva scelto di fare, corrodeva.
     
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