Ospedale della Foglia

[Gestionale]

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  1. Arashi Hime
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    GOOD TO KNOW

    Never make a decision when you are upset, sad, jealous or in love.




    Atasuke Uchiha era il cosiddetto “buon partito”: giovane, attraente, di buon carattere, per giunta appartenente ad un Clan di tutto rispetto e con una florida carriera shinobi di fronte a sé. Molte donne a Konoha lo guardavano con gli occhi di chi, ormai alla pericolosa soglia dei vent'anni, iniziava ad entrare in quella fascia d'età detta “da matrimonio”. Inutile dire, dunque, che il Chunin godesse di quel tipo di attenzione che esulava dal titolo di Eroe che si era guadagnato nei suoi avventurosi passati. Si poteva infatti affermare che fosse il sogno (non necessariamente erotico, ma quasi sempre tale) di molte donne, nel Paese del Fuoco. Per questa ragione, ovunque lui andasse, una scia di sguardi sognanti e fauci pronti all'attacco lo guardavano con malizia.
    […] Era terribile l'età pre-matrimoniale in una donna nubile.
    «“Shizuka Kobayashi”?» Disse stupita la donna al banco informazioni che corse incontro al Kurogane (per fare bella figura con Atasuke). «Intende la Primario dell'Ospedale?» Chiese, come se ci si potesse sbagliare su chi fosse a capo di quel posto. «Mi dispiace, questo pomeriggio la Sensei è occupata con il giro di visite al reparto Degenze Brevi...» Borbottò la ragazza, pensierosa. Purtroppo per lei, però, si diede il caso che proprio in quel momento l'Uchiha si voltò in sua direzione per ascoltare la risposta, e la diretta interessata, dunque, ringalluzzandosi tutta e sfilando da sotto il banco informazioni due fogli da compilare, sorrise in modo smagliante. «...Ma sono certa che potrà ritagliare un po' di tempo per voi! Riesce a trovarlo sempre per tutti, del resto...» Aggiunse, quasi a scusare se stessa.
    Diede poi la modulistica ai due Shinobi, uno da compilare con le referenze dell'Okita e l'altro per il Chikuma, invitandoli a consegnare “con calma e nessunissima fretta” anche all'uscita. A quel punto indicò loro la direzione da seguire per il reparto citato e rimase a salutarli finché i tre non girarono l'angolo.

    L'ospedale di Konohagakure no Sato era una struttura imponente dislocata su cinque piani e con ben nove reparti. Un labirinto per chiunque non fosse vi fosse avvezzo. Fu probabilmente per questa ragione che i tre Shinobi dovettero chiedere più volte per trovare il fantomatico reparto di Degenze Brevi, collocato a quanto pareva al terzo piano... per loro fortuna, comunque, c'era sempre qualche prodiga infermiera pronta ad aiutarli, che spuntava dietro di loro quasi per caso quando ad uno o l'altro del trio fosse uscita di bocca una qualsiasi frase di perplessità sulla loro collocazione (o anche qualora non fosse uscito niente, il che era forse la cosa più preoccupante). Nonostante ciò, quando arrivarono al posto indicato loro, individuare colei a cui tutti si rivolgevano rispettosamente con l'appellattivo di “sensei” non sarebbe stato affatto difficile... E come poteva essere diversamente? Shizuka era in piedi al centro del corridoio, accerchiata da ben quattro persone che sembravano aspettare il proprio turno per dirle qualcosa, anche se lei non sembrava affatto preoccupata di quella fila, dando a ciascuno dei suoi interlocutori l'attenzione che meritava.
    Indossava una divisa bianca pantalone-maglia di morbido cotone, con sandali ospedalieri e un lungo camice recante il simbolo nin del Capo della Squadra Medica. I lunghi capelli castani, raccolti in una treccia, erano fermati dietro la nuca con un fermaglio floreale d'argento, che lei toccava distrattamente mentre leggeva le documentazioni che le venivano offerte. Aveva anche un paio di occhiali sulla punta del naso, dalla montatura fine e assolutamente una novità nel suo aspetto, e un piccolo stetoscopio rosa attorno al collo pieno di pupazzi e peluche per bambini.
    «Non ho idea di chi sia questo mittente, è sicuro di non aver sbagliato persona?» Stava dicendo ad un fattorino che sembrava aver bisogno di una dose massiccia di Valium e Xanax insieme, ma viste tutte le frasi febbricitanti che questo le snocciolò perché lei prendesse la lettera, apponesse il suo timbro e gli permettesse di andarsene, la dottoressa non poté che sospirare e annuire. Non che ci si potesse sbagliare: di Kobayashi in tutto il Fuoco c'era solo il suo Clan. «Certo, del resto lei non ha colpe. La ringrazio per il suo servizio signor...» Lesse il nome dell'impiegato sulla targhetta identificativa e aggrottò la fronte. «...Hayate-san, dal Paese del Ferro.» A quanto pareva esistevano davvero persone che nascevano in un periodo storico sbagliato e con un nome molto più sbagliato.
    «...Devo sedarlo, sensei?» Sussurrò una ragazza dai profondi occhi bianchi e una voluttuosa cascata di capelli corvini, fissando il fattorino che correva via dopo che Shizuka aveva preso la sua lettera e se l'era messa in tasca.
    «Si, Junko. Sedatelo.» Convenne lei. «Quella persona non vi sembra in stato confusionale? Forse ha bisogno di aiuto.»
    Accanto a lei un uomo alto e dai capelli biondo cenere ghignò raggiante mentre si snocciolava le dita. Per qualche preoccupante ragione indossava la divisa da medico e aveva in mano una siringa che stava riempiendo con un liquido bianco.
    «Ci penso io, tesoro.» Rise questo, con occhi brillanti. «Consideralo fatto.»
    «Con garbo, Atsushi.»
    Mormorò sconsolata l'altra prima di trasalire per delle improvvise grida.
    Di punto in bianco, infatti, due bambini arrivarono di corsa nel corridoio, superando Atasuke, Shinichi e Kojiro, fermi di fronte all'entrata del reparto, girando attorno alle loro gambe e lanciando smorfie e linguacce d'occasione con un'energia che li avrebbe detti completamente in salute se non fosse stato che il primo dei due aveva un braccio ingessato e il secondo la testa e un occhio bendati. Ridendo i bimbi si precipitarono addosso a Shizuka che, mettendosi le mani sui morbidi fianchi, si fece severa. Se aveva visto il trio di adulti, sembrava averlo ignorato.
    «Accipicchia, quanta confusione!» Sbottò la Primario, facendosi seria e guardando i due piccoli che cominciarono a trotterellarle attorno, saltando. Per la verità non sembravano prendere sul serio la sua espressione arrabbiata... e se ne sarebbe subito capita la ragione, giacché la donna si accovacciò piano a terra e sospirando lasciò che i due le saltassero addosso. «Spero bene che tutto questa energia sia stata messa anche nel mangiare il pranzo di oggi!»
    «Il pranzo fa schifo!»
    Strillò il bambino con il braccio ingessato, sedendosi comodamente sulla gamba della medico e abbracciandola con forza.
    «Schifissimo per novemila più ottocento!» Gli fece eco l'altro, che saltò sulla schiena della poveretta, stringendola e stropicciandosi tutto a lei che, per tutta risposta, sembrò trattenere a stento una risata.
    «Addirittura?» Domandò divertita, poi parve però ricordarsi di dover essere molto seria e si corresse subito. «Non si dice “schifo”, al limite può non piacervi! Testoni!» Ringhiò ferocemente.
    «La Sensei crede ancora di poter convincere queste due piccoli furfanti a comportarsi come si conviene pur essendo così gentile?» Rise improvvisamente un'anziana donna, arrancando nella porzione di corridoio alle spalle di Shizuka. Accompagnata a braccetto da un'infermiera, teneva con la mano libera una lunga flebo con fiale di medicinale appese. Tossì qualche volta, stancamente, ma poi annuì.
    «Toyama-san, come sono andate le analisi oggi?» Chiese prontamente la ragazza, alzandosi di scatto e tenendo uno dei bambini sulla schiena e l'altro sotto il braccio, come se entrambi non pesassero niente. I due, entusiasta, strillarono felici.
    «Come devono andare per una donna nelle mie condizioni.» Annuì la vecchia, sorridendo. «L'età non lascia scampo a nessuno, Sensei...»
    «Macché, macché!»
    Replicò per tutta risposta Shizuka, sorridendo. «Passerò da lei in serata, sono certa che andrà meglio. Mi lasci solo finire il lavoro di oggi, la notte è giovane per entrambe, ne sono certa!»
    Ridendo, l'anziana donna scosse la testa con dolcezza. «Voi siete troppo buona, Sensei... ma io non sono ancora così sciocca.» E lanciando poi uno sguardo verso l'entrata, si fece dubbiosa. «Piuttosto...» E improvvisamente il suo volto parve perdere dieci anni d'età e acquistarne cento in malizia.
    «Piuttosto.» Ripeté Junko Hyuga, fissando la Primario in silenzio. «Per quanto intendete ignorarli, Sensei?» Sussurrò piano, nell'orecchio dell'interlocutrice. «Qui c'è tutto il reparto ad aspettare di vedere come reagite con Atasuke Uchiha-sama e il suo amico, che pare sia di Suna e venga qui per una faccenda delicata. Anche il suo attendente ha bisogno di una visita, forse è malato.»
    E in effetti dandosi un'occhiata più attenta in giro, Shizuka poté non notare che tutte le infermiere di turno erano indaffarate in chissà quale improbabile incombenza che le teneva ferme nel corridoio, con la testa innaturalmente rivolta verso di lei. Persino i pazienti in grado di alzarsi facevano capolino con la testa dallo stipite delle loro stanze, fissando in silenzio la scena. Aggrottando la fronte, la ragazza esitò.
    «Chi diavolo ti ha detto tutte queste cose?» Bisbigliò, allibita. Per tutta risposta Junko fece spallucce.
    «Lo sanno tutti.» Rispose con aria complottistica. «La notizia sulla confusione al Gate Principale di questa mattina è arrivata qui prima di voi, Sensei...eh beh, il Primario di Konoha che fa eruttare il terreno e incendia il cielo con katon maestosi, non passa certo di secondo piano.» Disse annuendo gravemente.
    «Io non ho mai incen–...» Ma lasciò perdere, aveva idea che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe finita ugualmente nei guai.
    Alzando lo sguardo al soffitto e pensando circa un triliardo di bestemmie, tali da assicurarsi una villa con terme private negli alloggi personali di Tenma, in quel dì infernale, Shizuka cercò di calmarsi. Perché quando c'era Atasuke di mezzo doveva sempre avere problemi? Perché era lì? Cosa voleva, ora? Sperava di trovare qualche paziente nuda nei corridoi...? Ah no, forse era lì per concupire il suo corpo infermieristico. Maledetto dongiovanni, gli avrebbe somministrato dosi di eccitanti tali che sarebbe dovuto rimanere seduto per i prossimi cinque anni. Se aveva tanta voglia di vedere il suo amichetto in forma smagliante ci avrebbe pensato lei, personalmente. E non in quel senso.
    «Vedi che sta pensando qualcosa di arrabbiato...» Commentò uno dei bambini all'altro, fissando il viso di Shizuka dalla spalla sulla quale era aggrappato.
    «Mh, già. Forse.» Replicò l'altro, poco interessato, rimanendo accoccolato con la testolina nell'incavo del collo della donna. Sembrò prendere piuttosto male quando questa lo fece scendere. «Mi lasci di nuovo!» Protestò infatti, offeso.
    «Verrò a trovarvi appena finisco, giocheremo insieme.» Promise con dolcezza Shizuka, mentre Junko l'aiutava con il secondo dei piccoli. «Vi porterò un nuovo gioco che ho costruito io, sono sicura che vi piacerà.»
    «Quanti anni pensi che ho io?!»
    Urlò il bimbo, furioso. «Ho otto anni! Sono un uomo adulto!»
    «Questo balocco sputa ninjutsu di fuoco.»
    Osservò Shizuka.
    «Ti aspetto al mio lettino dopo la cena.» Replicò l'altro, e così dicendo il bambino, gesticolando lentamente, si allontanò con flemma accanto a Junko, che si inchinò profondamente ad Atasuke e Shinichi, prima di proseguire verso Pediatria.
    A quel punto, non tanto per gli sguardi pesanti che sentiva bucarle la schiena in modo chiaramente insistente, ma per puro dovere, la Kobayashi sospirò e si avvicinò ai tre, a cui sorrise.
    «Buon pomeriggio, signori.» Disse, accennando ad un inchino verso Shinichi e Kojiro. «Atasuke.» Disse, con voce di otto none più bassa, un vago sentore di fuoco tra le labbra e gli occhi guizzanti di zampilli assassini. Un istante dopo era già tornata tranquilla, rivolgendosi agli altri presenti. «Il mio nome è Shizuka Kobayashi, Primario dell'ospedale di Konoha.» Si presentò, schiarendosi la voce. «Mi sembra di capire che mi cercavate. Purtroppo mi duole informarvi che questo è l'orario della mia...»
    «Posso occuparmi io delle cartelle dei pazienti, Sensei!»
    Strillò improvvisamente una delle infermiere, correndo con una velocità da primato olimpionico dal carrellino di materiale sanitario nel corridoio del reparto fino alla Chunin, a cui strappò letteralmente di mano il programma del giorno.
    «Nessun problema per i prelievi, Sensei, possiamo pensarci noi!!» Esclamarono in coro, concitate, altre due ragazze, scattando poi davanti alla dottoressa e prendendo lei i fogli delle anamnesi.

    Silenzio.

    Ferma al centro del corridoio, con le mai ancora protese nel vuoto ma ormai prive di documentazioni, Shizuka Kobayashi rimase un attimo zitta... poi alzò di scatto gli occhi verso Atasuke, lo stesso Atasuke a cui tutte le infermiere sorridevano desiderose, e improvvisamente sembrò sul punto di aprire un varco spazio-dimensionale verso l'inferno e infilarci di testa il ragazzo degli Uchiha: i suoi occhi brillarono di rabbia, il suo volto avvampò, e lei parve davvero intenzionata a impalarlo con l'asta di una flebo vuota lasciata in un angolo del corridoio.
    Per qualche congiunzione astrale favorevole, però, non fece niente di tutto questo.
    «Hara maaa... che corpo ospedaliero volenteroso, che ho. Sono proprio una dottoressa fortunata.» Disse, portandosi una mano alla guancia e sorridendo dolcemente nel reclinare la testa di lato. «A questo punto pare proprio che non possa rifiutarvi un colloquio privato. Prego, da questa parte.» Aggiunse stizzita, facendo strada.
    Fu così che il trio venne ricevuto nell'ufficio di Shizuka Kobayashi, il Primario dell'Ospedale della Foglia: grande abbastanza per accogliere un lungo tavolo da riunioni e una scrivania, posta in linea retta rispetto alla porta d'ingresso, con una poltrona imbottita nera dalla parte della seduta e due poltroncine per i visitatori dalla parte opposta, quella stanza era... assolutamente stipata di libri, rotoli e archivi. Ce n'erano letteralmente un'infinità, sulle quattro librerie poste ai muri, sulle sedie del tavolo del riunioni (e sul tavolo delle riunioni stesso), per terra e persino a sorreggere vasi di fiori. Erano così tanti che avrebbero potuto tranquillamente gareggiare in numero con la più piccola delle sezioni della Biblioteca della Foglia.
    «Scusate la confusione, vi prego. Sto lavorando ad una cosa e purtroppo ho sempre bisogno di avere tutto sott'occhio.» Spiegò la ragazza. Fogli con appunti troppo complicati da capire per chiunque, forse perché in gran parte elaborati da zero dalla stessa mano che li aveva scritti, erano effettivamente disseminati ovunque. «E scusate anche per la confusione di poco prima, il reparto Degenze Brevi è uno dei più vivaci dell'ospedale...» Disse, liberando una sedia dai suoi documenti e ponendola accanto alle due sedute dei visitatori. Sorrise ai tre, prendendo a quel punto posto sulla sua poltrona. «Dunque, dicevamo, come posso aiutarvi?»
     
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