Ospedale della Foglia

[Gestionale]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Arashi Hime
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Y Danone
    Posts
    8,529
    Reputation
    +561

    Status
    Anonymous


    DUCK AND EAGLE

    Don't quack like a duck, soar like an eagle.




    Kokoro Tabigusa era una bella infermiera di diciotto anni.
    Aveva superato l’esame di abilitazione alla professione appena due settimane prima, e con grandi speranze aveva fatto domanda all’Ospedale di Konoha, dove sognava da sempre di aiutare persone bisognose. Ricordava ancora la grande gioia che aveva provato quando le era stata recapitata la lettera con cui veniva assunta, e quanta emozione nel vedere che era firmata direttamente da Shizuka Kobayashi, la Primario dell’Ospedale…!
    Di quella donna aveva sempre sentito cose splendide. Un genio, sembrava. Così di buon cuore. Una persona tanto modesta nonostante i natali illustri. E altruista. Gentile, misericordiosa, con uno spiccato senso dell’etica e della morale. Un esempio per tutti quanti alla Foglia…!

    «E-emh…»

    Non avrebbe esagerato dicendo che il suo sogno era quello di diventare elegante, raffinata e premurosa come la Principessa dell’Airone. Lei -proprio lei!- che era la perfetta incarnazione di ciò che doveva essere una vera Yamato Nadeshiko.
    La più splendida dei fiori di magnolia.

    «S-s-s-sensei…»

    Ritenne dunque che quella fosse una brutta giornata.
    A tutti capitavano brutte giornate, del resto.
    A tutti.

    «DANNATO VECCHIO, SMETTILA DI MANGIARE SNACK AL WASABI! NON FA BENE AL TUO STOMACO, QUANTE VOLTE TE LO DEVO DIRE?!»
      «SE MI TOGLI L’ALCOOL E IL CIBO, COSA MI RESTA SHIZUKA?! EH?!»
    «MA CHISSENEFREGA?! NON SONO LA TUA PSICOLOGA, SONO IL TUO MEDICO CURANTE! NON VOGLIO PIU’ VEDERTI NEL MIO OSPEDALE PER LE TUE COLICHE, MALEDETTO PARASSITA! È QUESTA LA FINE CHE FANNO I JONIN IN PENSIONE, AH?!?!»


    Ferma sull’uscio della sala delle visite, Kokoro Tabigusa si chiese chi fosse la donna che aveva appena battuto in testa ad un attempato uomo di mezza età il suo stesso bastone da passeggio, dopo aver usato lo stesso per lanciare fuori dalla finestra aperta un pacchetto di patatine piccanti.
    Si chiese anche come fosse possibile che l’uomo –un gigante dal ventre prominente e le pasciute gote rosse– pur apparendo ovviamente contrariato da quel trattamento, non osasse ribellarsi. La risposta le arrivò immediatamente quando alla fine, stanco, il grosso ninja si alzò in piedi tuonando un potente: «Io mangio quello che mi pare.»

    Tre secondi dopo qualcosa impattava al suolo.
    E un buco comparve dove il piede della dottoressa sostava.

    «Tu mangi quello che dico io, Saburo.» Sussurrò la donna, che si alzò lentamente dalla sedia. Benché non arrivasse che allo sterno dell’uomo, questo parve impallidire quando il suo sguardo incontrò quello di lei. «Ingoia un’altra schifezza e io ti troverò. Non importa dove sarai: ti prenderò.» Sorrise. «E ti sventrerò.»

    «All’inizio ci rimaniamo tutti male, ma passerà presto, posso garantirtelo.»
    La voce maschile che solleticò le orecchie dell’infermiera arrivò proprio quando la Primario serrava le dita attorno alla gola dell’Akimichi, e non prima di aver dato lui anche due ceffoni che sarebbero echeggiati come tuoni all’interno dei corridoi dell’ospedale. Accanto a lei un alto e snello ragazzo dai capelli biondi e lo sguardo accigliato che sembrava prendere per il culo tutto il creato, sorrise ironico.
    «Sei quella nuova, eh?» La povera Kokoro di belle speranze annuì. «Tranquilla, adesso te la porto via.» E così dicendo si piantò due dita in bocca, fischiando. Non ebbe nemmeno il tempo di allontanare la mano dal viso che un registro dalla copertina in cuoio lo colpì dritto in fronte.
    «SMETTILA DI FARE CASINO ATSUSHI! TI SEMBRA IL CASO DI FISCHIARE IN OSPEDALE?!»
    «M-m-ma…»
    Balbettò Kokoro dal cuore infranto, sgranando gli occhi.
    «Doc, urli così forte che quelli del reparto di otorinolaringoiatria hanno riacquistato l’udito...» Mormorò in modo indolente il biondo, massaggiandosi la fronte. Era così tranquillo che dava la preoccupante idea di essere quasi abituato a quel trattamento. «Comunque, c’è un uomo che chiede di te all’entrata.»
    Per qualche ragione quell’affermazione bastò per frenare la Primario dal riprendere a tambureggiare il viso del povero Jonin, che massaggiandosi il collo con le lacrime agli occhi gemette con vocina strozzata. Sembrava dicesse qualcosa in merito all’iniziare una dieta.
    «È giovane?» Chiese gentilmente la donna, continuando a dare le spalle all’interlocutore.
    «Sì.»
    «È bello?»
    Domandò ancora, sciogliendosi i capelli dalla crocchia che li imprigionava e lasciando che questi ondeggiassero in ampie volute dietro la sua schiena.
    «Boh, così pare.»
    «…Quindi è l’uomo della mia vita?»
    Cinguettò la fanciulla, girandosi con un grande, affascinante e affabile sorriso verso il medico del corpo nin di pronto intervento. Ma questo, dopo essere rimasto a guardarla fissamente, inarcò un sopracciglio.
    «A-ah…la tua famiglia ha ricominciato con la storia del matrimonio, eh?» La Primario non rispose. «Deve essere dura avere ventuno anni ed essere zitella.» Una mano si alzò. Non era quella di lui. «È il destino delle Primario di Konoha, pare. Tutte di piacente aspetto, ma pure con problemi ad accasarsi ed un carattere davvero di mer–…»

    Sarebbe stato il suo secondo dente di porcellana.

    […]


    «I-i-io non parlerei così se fossi in voi…» Era indietreggiata appena l’aveva visto entrare. E si era nascosta sotto il bancone della reception appena lo aveva sentito parlare. «…n-non siete di Konoha, vero?»

    Ovviamente non lo era.
    Nessuno a Konoha andava in giro conciato in quel modo. E non parlava della maschera, purtroppo (forse la cosa più normale di quel tipo).
    Era chiaramente uno straniero. E probabilmente nemmeno tutto sano, se veniva nell’Ospedale del Fuoco dicendo stramberie sulla Principessa dell’Airone.
    Eppure…
    …c’era qualcosa di vivo, negli occhi di lui. In quelle due gemme preziose color della notte.
    Il suo volto era bello come quello di un sofista del passato, protagonista dei suoi amati racconti storici nella Biblioteca Centrale…e nemmeno la maschera ninja che egli indossava, che anzi dava lui un carisma misterioso tutto da scoprire, poteva togliere dalla mente della giovane infermiera la certezza che quell’uomo fosse speciale.

    Lo era. Lo sentiva.
    Sentiva che quell’uomo ne aveva bisogno.

    Aveva bisogno di aiuto.

    […]


    «È un tipo strano, eh?» Un ticchettio regolare scandiva un incedere rapido.
    «Shizuka…quando mai ti cerca gente normale?» Qualcuno rise sarcasticamente.
    «Gli Dei possano sollevarmi da questo destino…» Qualcun altro sospirò.
    «No, no, ferma!» Una voce si alzò, sorpresa. «Ma dove vai? Di qua! Ho detto alla reception!»

    jpg
    Un’esitazione.

    «Dove?»

    Una figura femminile che si fermava nel corridoio successivo a quello che si affacciava sull’atrio dell’Ospedale, voltandosi.

    «Qui.» Insistette una voce maschile. «Eccolo.» Un tipo biondo che alzava maleducatamente un dito e lo puntava su un giovane uomo che, piegato sul bancone della reception, probabilmente era intento a fissare una ragazzina dai capelli rossi e grandi occhiali tondi sul naso, che inginocchiata per terra teneva i suoi occhioni sognanti su di lui, dal basso. «Di qua, Shizuka!»

    Il passo deciso e sicuro di sé fu solo l’anticamera della figura che fece capolino un istante dopo da dietro l’angolo su cui il medico dalla faccia di bronzo si trovava.
    Lunghissimi capelli lisci e castani, un volto dalla bellezza antica e profondi occhi verdi che parlavano di una personalità forte e indomabile come la Tempesta che aveva ispirato il vezzeggiativo di chi li possedeva.

    «Grazie Atsushi.»

    Il fisico morbido e dalle forme generose proruppe nella visuale dello straniero. Impossibile il contrario, anche con il camice bianco addosso, la maglia morbida sulle spalle e i pantaloni di cotone leggero, c'era molto spazio per l'immaginazione.

    «Buongiorno.»

    Non era molto alta. E non poteva avere più di vent’anni.

    «Il mio nome è Shizuka Kobayashi, Primario di questo Ospedale.»

    Per qualche ragione aveva in mano un bastone dal pomello d’argento.
    Il pomello era a forma di testa d’anatra. Ed era ammaccato.

    «A chi devo l’onore…?»

    Sembrava una creatura disponibile e gentile. Ma il suo carattere fu evidente nel momento stesso in cui inarcò un sopracciglio e sorrise.
    Si sarebbe potuta forse dire addirittura affascinante… se la prima impressione non fosse stata quella di una donna piuttosto difficile da gestire.

    «Mi rendo conto che abbiate bisogno di aiuto, ma se cercate uno psichiatra, mi dispiace, non sono io che dovete richiedere.»

    Questo fu il primo incontro tra Shizuka e Febh.
    Molti raccontarono che quel giorno qualcosa, nel tessuto del creato, si ruppe.

     
    .
292 replies since 20/11/2005, 15:40   6821 views
  Share  
.