Ospedale della Foglia

[Gestionale]

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  1. Arashi Hime
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    Ferma alla sua scrivania la Principessa del Fuoco aggrottò la fronte e per un attimo si chiese non avesse forse capito male. Le ci volle poco per rendersi conto che non era lei quella che aveva mal compreso.
    Socchiudendo gli occhi, la donna non poté trattenersi dallo sghignazzare. Ed era divertita, nel farlo.
    Nonostante in un primo momento si era sentita vagamente offesa e irritata per essersi vista rispondere in quel modo, le fu sufficiente poco per capire che in verità, quel tipo, le piaceva. Abbastanza per non prenderlo per la gola, almeno.

    «Molto bene.»

    Era evidente che i suoi giochetti di manipolazione con Febh Yakushi non avrebbero mai funzionato.
    Ne conseguiva solo una cosa.

    «“Sua magnificentissima esistenza senza la quale non potrei vivere”…giusto?»

    Ed era quella più chiara.

    «Penso di aver fatto un errore, con te. Ho sbagliato a valutare con chi avevo a che fare.» Non mentiva. Avrebbe anticipato qualsiasi risposta appoggiando i gomiti sulla scrivania, sulla quale si distese per arrivare più vicina all’interlocutore. «Ricominciamo, mh?» Disse allora, sorridendo divertita. «Mi chiamo Shizuka: chiamami pure così. Ho passato tutta la vita tra gente che mi chiama Principessa, ma nemmeno io amo le manfrine ad essere sincera, quindi capirai che non sento il bisogno di far sapere a tutti il mio titolo.» Appoggiò il viso sul palmo aperto delle mani, allegra. «Il mio nuovo maestro non ha bisogno di usare troppe accortezze con me del resto.»

    Silenzio.

    «Credo di aver omesso di dirti una cosa, Febh.» Disse allegramente la ragazza. «Io sono l’unica allieva di Raizen Ikigami, il tuo allievo.» Lo fissò. «Che immagino sia il tuo unico allievo.» Non per altro, ma aveva dubbi sul fatto che qualcuno potesse sopravvivere a quel tipo. «Insomma, morale della favola: se io sono allieva del tuo allievo, sono anche tua allieva. No?» Il discorso era vagamente psicolabile, ma non faceva una piega. «Ma visto che ho come la netta sensazione che tu non sia propenso a prendere chiunque sotto la tua guida…Sua magnificenza illustrissima.» Disse con tono grave. Poi fece l’occhiolino. «…facciamo un patto?»

    La cosa era solo una: abbozzarla di cercare di manipolarlo. E semplicemente essere se stessa.
    Il che, nel suo caso, poteva essere un pericolo per tutto ciò che di buono e giusto c’era al mondo. Ma tant’era.
    Di natura, del resto, si era sempre fatta troppi problemi su tutto e abituata com’era a muoversi tre passi avanti a chiunque, trovava difficile smettere di ragionare per seguire il flusso. Ma le parve evidente, di punto in bianco, che giocare alla manipolazione con Febh Yakushi sarebbe stato una roulette in cui il primo errore le avrebbe fatto detonare tutti i neuroni del cervello. E con ogni probabilità anche tutti gli arti del corpo.

    Si chiese se forse, per lei, non sarebbe stato troppo difficile limitarsi a…mmh

    «Ti va di essere mio amico?» Appoggiando il viso sui palmi delle mani, sorrise. Si divertì a immaginare già la risposta. «E mentore.» Aggiunse, a scanso di equivoci. «Oto è pericolosa e io come Shinobi sono una sfigata, hai detto bene. I Villaggi non c’entrano in effetti, ma ciò non toglie che è meglio se non mi metto a fare a botte con nessuno…non vorrei davvero far intervenire Raizen.» La sola idea di vedere arrivare la Volpe a Oto a pararle il culo le fece arricciare la bocca in un’espressione disgustata. Piuttosto sarebbe rimasta al Suono per sempre. «Insomma, ti starò attaccata come una cozza a Kiri e tu -maestrodelmiomaestro- allungami una mano se dovessi trovarmi nei guai…con il carattere che ho potrei finire in qualche casino in men che non si dica.» Aggrottò la fronte: in effetti sarebbe stato un miracolo il contrario. «Poi, già che ci sei, tu che ne sai più di me, dammi anche qualche dritta: Raizen non è più capace di farlo, sembra, ma immagino che tu sappia come mettere in difficoltà un ninja, no?» Niente di più vero. «Vai tranquillo, sono stata cresciuta secondo il principio per cui “più forte le prendo meglio imparo”.» Non era necessario puntualizzare chi l’avesse svezzata in quel triste modo. «Ah, non mi interessa se ti rifiuterai. Io potrò uscire anche scema da questo viaggio che stiamo per fare, ma riuscirò in quanto ho detto, che tu voglia o meno.» Obiettò a quel punto, alzando una mano e puntandogli un indice in faccia. «E non ci provare nemmeno a lavartene le mani, testa di flauto, anche non hai idea di quanto io possa diventare insistente.» Alzò le gambe, iniziando a dondolarle. Sorrise. «E ripetitiva.» Non mentiva…purtroppo. «Fammi sistemare un altro paio di cose, poi possiamo partire.» Disse, facendo per pattargli le spalle. «Allora patto fatto, eh?! Tu mi prendi sotto la tua ala e io offro il primo pasto del viaggio!» Esclamò allegramente, mettendosi seduta sulla scrivania. «Spero ti piacciano le okonomiyaki.»

    Insomma, se poteva essere vero che il potere sovrannaturale di Febh Yakushi fosse quello di non capire un tubo, era altrettanto vero che Shizuka Kobayashi poteva fare di peggio: mettere le cose perché quel tubo non le dispiacesse poi troppo.

    In poche parole, quei due erano l’accoppiata peggiore di tutto il continente.
    Come fu, del resto, tristemente evidente.

    «DI COSA DIAVOLO STAI PARLANDO, DANNATO ACCOMBINATRESCHE?!» Quella volta avrebbe cercato davvero di prenderlo per la gola, il che comprovava il fatto per cui, quando Shizuka era se stessa, non era poi l'accomodante signorina per bene che ci si aspettava. Né tantomeno una manipolatrice provetta. «NON SONO IO LA CERAMISTA! HAI BATTUTO LA TESTA DA BAMBINO E ANCORA SI DEVE RIMARGINARE LA FERITA NEL CERVELLO?! AH?!» Abbaiò la donna, saltando addosso allo Yakushi per strangolarlo. «BECCATI QUESTA COINCIDENZA, FEBH!» Strillò, furiosa. In effetti non sapeva di cosa diavolo stesse parlando il tipo. «GUAZZAGARBUGLI!!» Qualsiasi cosa avesse voluto dire.

    […] Da quel momento, la situazione sarebbe andata più o meno così: Atsushi Kagure dovette intervenire e tirare via la sua boss per i piedi. Ci vollero dieci minuti e un calmante per farla tornare in sé. E anche un carpentiere per rimettere in sesto il muro che lei crettò a suon di pugni mentre si allontanava strillando a Febh di farsi trovare alle mura di Konoha entro l’ora prestabilita.
    Come da programma in quaranta minuti il messaggio al Clan Kobayashi circa il grosso incarico ad Oto aveva già messo radici: l’Airone aveva infatti organizzato una carovana di quattro carri che sarebbe partita nel pomeriggio.
    Raizen Ikigami, avvertito dello spostamento, fornì la documentazione necessaria al trasferimento intervillaggio.

    Shizuka Kobayashi, invece, andò sul suo laboratorio.
    Quando ne fosse uscita avrebbe avuto un forte mal di testa e un vago odore di acido addosso. Tutto questo, però, non la demotivò dal farsi personalmente il bagaglio per il viaggio prima di farsi trovare al Gate dall’Immortale.
    «Non vedo l’ora di arrivare ad Oto.» Esclamò allegramente e in modo emozionato. «Non ricordo davvero l’ultima volta in cui ho avuto a che fare con la tua gentaccia!»

    E non lo ricordava davvero.
     
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