[Primo Accesso] Mura di Konoha

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  1. Alastor
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    _The Doors_
    CAPITOLO II


    C h e c k I n





    « SIANO MALEDETTI TUTTI GLI DEI, QUEL DEFICIENTE DI UN UCHIHA E' COTTO COME POCHI DI QUELLA PUTTANA! TI PARE CHE NON NE PARLI BENE!? »

    Ora era senz'altro appurato che ci fosse qualcuno sulla sommità delle mura, e che non sarei rimasto abbandonato a me stesso davanti a quel portone ad attendere che, chissà quando, qualcuno si degnasse di ricevermi. Non che avessi forti dubbi al riguardo, dato che a Konoha, di norma, gli shinobi prendevano molto sul serio gli incarichi a loro assegnati e lasciare sguarnito il varco principale che introduceva al villaggio avrebbe costituito una leggerezza davvero deprecabile.
    Non potei fare a meno di aggrottare la fronte all'udire di quelle parole, che destarono in me un certo stupore e per qualche stranissima ragione, mi indussero ad allentare un poco la tensione. Spesso i guardiani dei confini del villaggio erano considerati degli individui perennemente all'erta, perennemente concentrati, sempre attenti a captare ogni presenza sospetta, e diffidenti e ostili nei confronti di chiunque si presentasse al loro cospetto con anche solo un capello fuori posto. Ora, per quanto io non me la fossi mai bevuta e fossi consapevole che si trattava semplicemente di normali ninja che stavano di sentinella per scongiurare la penetrazione di elementi indesiderati, faceva specie sentirli fare di simili discorsi. Era ragionevole pensare che, tra un ingresso e l'altro, costoro si annoiassero alquanto, e avevo sempre immaginato che trascorressero il tempo chiacchierando del più e del meno, o che giocassero a carte, o a dadi. Non avevo però mai contemplato l'idea che tra i vari argomenti di conversazione potesse esserci anche la vita sentimentale dei compaesani, e per quanto tale scoperta mi risultò quasi buffa, rimasi abbastanza basito e constatai che c'era un che di grottesco e inquietante nella cosa.
    Sorvolando su tali considerazioni, verificai, basandomi sul suo timbro vocale, che la persona che aveva inveito a quel modo mi era ignota, tanto quanto ignota era l'identità dell'Uchiha e della donna malamente ingiuriata che, a quanto sembrava, lassù erano tema di discussione.
    Rompendo gli indugi mi feci avanti palesando a parole la mia presenza. Pochi istanti di attesa e due figure maschili si affacciarono dall'alto della struttura. Uno sembrava avere qualche anno meno di me, l'altro era più anziano, comunque sotto la trentina ad occhio e croce, capelli biondi in disordine, pizzetto, sigaretta in bocca. E un viso vagamente truce. Se fossi stato uno che si lascia influenzare dalle apparenze, e non era proprio il caso sospettoso com'ero, avrei potuto asserire con una certa facilità che il primo, con la sua faccia pulita, era il proverbiale bravo ragazzo, mentre il secondo una carogna incallita. Ma ripeto, avevo ormai da tempo imparato a non affidarmi a tali superficiali valutazioni.

    Fu proprio il fumatore che, dopo aver gettato la cicca, si premurò di darmi il bentornato a modo suo, come si confaceva a un sorvegliante ligio e responsabile.
    « Tanto per cominciare inizia a dire il tuo nome e i motivi che si presuppone ti abbiano tenuto fuori dal Villaggio. Non mi risulta che Konoha abbia mandato ninja a scortare maiali nei porcilai del paese, quindi sii preciso mentre ti dilunghi a raccontarmi la tua storia. »
    Si rivolse poi irritato al suo collega, che a quel punto, come anche la differenza d'età poteva suggerire, si dimostrò piuttosto il suo secondo, assistente, o comunque guardiano in erba. Questo era evidente non solo dal fatto che l'uomo lo comandasse a bacchetta, ma anche dalla poca dimestichezza che il giovane dimostrava nell'espletare la procedura che il suo lavoro prevedeva.
    « Vuoi andare a prendere i registri delle entrate e uscite ninja oppure vuoi un invito in carta di riso, ragazzino? »
    Fu così che il ragazzo, colto in fallo da quello che sembrava tanto essere il suo superiore, scattò rapido fuori dalla mia visuale per recuperare, con ogni evidenza, quanto richiestogli.
    Era dunque giunto il momento di dare delle risposte, spiegazioni per la mia lunga e apparentemente ingiustificata lontananza dal villaggio. Quell'uomo sarebbe stato solo il primo della lista di coloro ai quali avrei dovuto rendere conto delle mie azioni, per fortuna una lista non eccessivamente lunga, tenendo presente la severa carenza, per non dire assenza, di legami che avevo instaurato a Konoha nel corso della mia vita.
    Il guardiano mi scrutava col suo sguardo tagliente, nell'impaziente attesa di ricevere una replica. Abbassai un attimo il capo, raccogliendo le idee e cercando le parole giuste. Non avevo ragione per mentire, non più ormai, e non era nelle mie intenzioni farlo, ma avrei dovuto usare cautela. Avrei dovuto tralasciare alcuni dettagli, più che altro che riguardavano terze persone e situazioni accessorie. Particolari del racconto che comunque non sarebbero stati di alcun interesse o rilevanza per la Foglia, ma che almeno per il momento era bene tacere. Soprattutto a un tizio mai visto prima. Dovevo identificarmi e giustificare la mia assenza, soltanto questo, non avevo altri obblighi nei confronti di costui. Poi, certo, mi aspettava una chiacchierata anche in amministrazione, ma ogni cosa a suo tempo.
    Alzai lo sguardo così che i miei occhi, stanchi per il viaggio ma vitali e penetranti allo stesso tempo, incontrarono quelli del mio interlocutore, e con tono serio e fermo a lui mi rivolsi.
    «Mi chiamo Magato Kanzaki. Quasi tre anni fa sono partito in missione accademica, ma sulla via del ritorno sono stato intercettato da alcune persone. Mia madre era di Konoha, ma io non sono nato qui, e nel luogo dal quale provengo mi sono fatto nemici piuttosto tenaci che continuano a darmi la caccia anche a distanza di molti anni.»
    Feci una breve pausa, sospirando e grattandomi il braccio sinistro. Poi ripresi.
    «Sul registro che ha mandato a prendere non troverà scritto il mio nome, bensì quello di Jaken Zangyaku. Si tratta della falsa identità che ho usato sin dal mio arrivo alla Foglia, anni orsono, come ulteriore precauzione volta a far perdere le mie tracce a chi mi braccava. Ma a quanto pare non ha funzionato a lungo e, come le ho detto, sono stato rintracciato e attaccato. Sono riuscito a cavarmela ma da allora, consapevole che sarebbero arrivati altri a cercarmi, mi sono dato alla macchia spostandomi di frequente, ritenendo poco prudente tornare qui al Villaggio, essendo probabilmente il primo posto dove avrebbero pensato di trovarmi.
    Adesso sono tornato perché, molto francamente, non ne posso più di questa situazione. Voglio tornare a Casa mia, voglio riprendermi la mia vita. Sono pronto a pagare il fio di questa decisione, a partire da una probabile e ben meritata punizione per aver mentito per anni ai miei stessi concittadini.
    Non ha importanza, voglio solo varcare quella porta.
    »

    Sinceramente non riuscivo a stimare con precisione la gravità delle mie rivelazioni, specialmente riguardo all'aver fornito persino alla stessa Amministrazione un nome falso. Per quanto nella mia mente si affacciassero immagini di fustigazioni in pubblica piazza e torture della peggior risma, era assai più verosimile che mi esiliassero o addirittura che mi chiudessero in gattabuia. Forse correvo troppo con la fantasia, e stavo esagerando, ma non me la sentivo di essere troppo ottimista.

    L'uomo dichiarò di non riconoscermi, attribuendone ironicamente la colpa alla sporcizia che avevo addosso, dopodiché mi canzonò per il fatto di essere senza calzari. L'essere schernito raramente aveva sortito il benché minimo effetto su di me, lasciandomi praticamente indifferente, ma la questione del sudiciume mi suonava abbastanza strana.
    Obiettivamente, se mi fossi accasciato contro le mura, al margine del cancello, la gente di passaggio avrebbe potuto tranquillamente cominciare a lanciarmi le monetine. Ero fisicamente malandato, i lunghi capelli erano costantemente spettinati dal vento che continuava a soffiare impietoso, e ricoperto da quel mantello frusto e imbrattato di terra, sì, potevo anche passare per un mendicante effettivamente. Ma a parte tutto ciò ero pulito, insomma, prima di partire quella mattina avevo trovato un piccolo lago ed ero riuscito a lavarmi a dovere. Quindi non è che andassi propriamente in giro con il fango che mi colava dalla faccia, diamine.
    All'intervento del guardiano, tuttavia, replicai semplicemente con una scrollata di spalle e un leggero sorriso.
    Fu ciò che disse in seguito a catturare maggiormente il mio interesse.

    « Dimmi principino, chi conosci a Konoha che potrebbe confermare la tua identità? Sai... non vorrei che rimanessi fuori dalle mura fino ad orari improbabili della notte... »
    Il suo tono era tutt'altro che premuroso. Probabilmente ne aveva già avuto abbastanza di me e della mia presenza, che per lui non doveva rappresentare altro che una seccatura. Per cui se avesse trovato qualcuno in grado di riconoscermi come abitante di Konoha, avrebbe potuto sbarazzarsi di me a cuor leggero. Strano che non aspettasse almeno di controllare il registro, ma a quanto pare voleva garanzie più nette ed inoppugnabili prima di lasciarmi passare.
    Effettivamente non era una cattiva idea e potevo comprendere e condividere un approccio prudente del genere verso una persona che, a dispetto della sua autoproclamata memoria per i volti dei compatrioti, non riconosceva. Adesso il problema era solo trovare qualcuno che certificasse la mia appartenenza a quella comunità.
    Scavai nella memoria, cercando tutte le persone del villaggio con cui avessi avuto a che fare in tempi relativamente recenti, con cui avessi avuto rapporto, di qualsiasi genere. Piegai leggermente la testa di lato, le labbra dischiuse e la mano sinistra che mi grattava distrattamente il mento. Era più difficile di quanto pensassi. Una volta in più mi resi conto, con desolante chiarezza, di quanto fossi stato abile nel tenere a distanza le persone e nell'avere accuratamente evitato di creare legami degni di questo nome. Non era però il momento di farsi prendere dallo sconforto, dovevo riuscire a fare un nome, almeno uno.
    «Ci sarebbe Raizen Ikigami» dissi all'improvviso, esitante. Nonostante quell'individuo non godesse esattamente del mio affetto, era una delle ultime persone con cui avevo lavorato prima che sparissi dalla circolazione, nonché il più alto in grado che conoscessi direttamente. «Sono stato suo aiuto-sensei in un corso Genin alcuni mesi prima della mia partenza.»
    Riflettei rapido.
    «Sì, immagino che anche i due allievi potrebbero garantire per me. Si tratta dei fratelli Kobayashi, Shizuka e Kuroro.
    Sono tutti vivi e vegeti, voglio sperare
    »
    aggiunsi con un misto di dubbio e preoccupazione.

     
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736 replies since 21/11/2005, 02:02   20817 views
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