[Primo Accesso] Mura di Konoha

[Free GdR] [Macro GdR]

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    M E E T A G A I N:
    "A single rose can be my garden... a single friend, my world"

    Shizuka Kobayashi and Jaken Zangyaku




    divisore





    Takumi Yamanaka e Shizuka Kobayashi si erano fronteggiati la prima volta il giorno successivo a quello del tradimento di Kuroro, il fratello maggiore di quell'inesperta Principessa che, issandosi sulle spalle un enorme zaino ricolmo di ogni sorta di vivanda ed equipaggiamento, non si fece problemi a portarsi di fronte alle mura di Konoha, chiedendo ai guardiani di turno di uscire.
    La motivazione era semplice, almeno a detta della ragazzina: Sarebbe andata a cercare il suo Onii-chan e lo avrebbe riportato indietro, così che tutti potessero rendersi conto che c'era uno sbaglio... del resto non era proprio possibile che il suo fratellone avesse abbandonato la Foglia e si fosse dato latitante. C'era sicuramente un errore...
    … ma al tempo l'unico errore che Takumi Yamanaka trovò fu quello della valutazione della neo-Genin, di fronte alla quale si erse, così da farla indietreggiare per impedirle di avventurarsi fuori da quelle mura che, viste le sue capacità, erano l'unica cosa che la distanziava da una morte rapida e prematura.
    Benché la situazione non gli piacesse infatti, il guardiano degli Yamanaka aveva ordini ben precisi in merito a quella mocciosetta: La “Principessa bastarda degli Uchiha”, come potenziale portatrice latente di Sharingan, era gravata dal giogo e dal controllo del Clan del Ventaglio e sotto quella giurisdizione annaspava, vedendosi precluse metà delle possibilità e delle speranze, mentre per contro, al mondo intero, era presentata come la più potente e ricca Principessa delle Terre del Fuoco. Doppiamente protetta dunque, sia per il suo sangue Shinobi che per quello aristocratico.
    Una vera perla... che aveva però preso la decisione sbagliata.
    […] Takumi Yamanaka era un uomo di vecchio stampo, alla soglia dei suoi trent'anni anni si poteva infatti dire appartenente alla vecchia generazione del Villaggio della Foglia, quella che amava l'ordine e la coerenza delle cose del mondo... ecco perché non aveva mai potuto tollerare che la sporca figlia di Heiko Uchiha -la reietta, traditrice della sua stessa famiglia nel seguire l'amore per un mercante privo di qualsivoglia abilità guerriera, rinnegando così i suoi doveri come futura sposa e capoclan- avesse deciso di intraprendere la via del ninja, sfidando in questo modo quel fato beffardo che continuava a prendersi gioco di lei dal giorno della sua nascita.
    Shizuka Kobayashi era nata come il frutto di un amore condannato. Tutti gli abitanti di Konoha che avevano più di vent'anni conoscevano la storia che l'aveva portata a vedere la luce di questo mondo: La fuga di sua madre dal Clan Uchiha, la privazione da parte del concilio della sua carica da Jonin, la nascita di una faida che aveva portato Konoha sull'orlo della guerra civile, la tensione e la paura di vedere i due più potenti Clan del Villaggio fronteggiarsi a viso aperto, con tutte le conseguenze del caso...
    … la sfrontatezza di due sole persone aveva causato mesi di ansie di cui tutti avevano risentivo, con che diritto dunque quell'insulto si mostrava alla vita?
    Con che coraggio riusciva a diplomarsi con il massimo dei voti, a ricevere il coprifronte che un tempo era di sua madre, ad estinguere il conflitto ventennale tra i suoi due clan, ad essere ammessa agli insegnamenti da pupilla degli Uchiha, a proteggere il suo villaggio da un'organizzazione criminale di portata continentale e soprattutto... a non essere odiata da nessuno, ma piuttosto supportata ovunque andasse?
    … Quando era stato che era cresciuta così tanto? Che si era resa conto di poter dire “Questo non lo farai, non te lo permetterò”?

    Lei non aveva il diritto di vivere, tantomeno di riuscire laddove molti altri avevano fallito.
    Semplicemente non ne aveva il diritto.

    « ...Tempo fa ci hai provato anche con Raizen, Takumi... dimmi un pò, hai così poca voglia di continuare a vivere da uomo libero...? Se credi che cercando di ferire le persone che amo riuscirai a distruggermi ti sbagli, e non solo perché non te lo permetterò, ma soprattutto perché uno squallore come te dovrebbe rinascere milioni di volte prima di potermi solo guardare negli occhi » Un sorriso gelido « Di guardare negli occhi la Bastarda degli Uchiha »

    … Già, perché lei sapeva. Con ogni probabilità aveva sempre saputo.
    Sapeva che ci sarebbe sempre stato qualcuno che l'avrebbe odiata per ciò che era. Irrazionalmente. Crudelmente.
    Lei sapeva. Sempre.

    “Takumi... Gentile come al solito... Noi due dovremo fare un discorsetto in separata sede in merito a queste tue esternazioni...”



    Piuttosto insensatamente Atasuke era l'ultima persona che Shizuka Kobayashi pensava di poter trovare lì in un momento come quello, un fatto che l'espressione stupita del suo volto non si fece problemi ad esporre al posto suo, al contrario piuttosto restia a parlare. Ancora ferma sull'orlo delle mura infatti, con il volto proteso all'orecchio del guardiano degli Yamanaka, la kunoichi fu la prima a veder arrivare lo Shinobi degli Uchiha, verso il quale si sbrigò ad accennare ad un sorriso, sostituendo nell'immediato il suo volto contratto nell'odio con uno più dolce e accondiscendente, dimostrando così ancora una volta la sua inquietante capacità di recitare e muoversi in ogni situazione senza risentire degli eventi. Rispetto a qualche istante prima, infatti, adesso sembrava completamente un'altra persona.
    « Ecco che arriva il mio “fidanzatino” » Commentò subito, ironica come suo solito « Ci siamo proprio tutti ora, vogliamo fare una festa? » Domandò educatamente, saltando giù dal bastione per poi godersi con una nota di malcelata soddisfazione la parte che Atasuke si sbrigò a ringhiare addosso a Takumi, il quale, imprigionato tra le mura e il Genin di Konoha, sembrava ben poco incline ad ascoltare i discorsi di quest'ultimo, visto e considerato che i suoi occhi rimanevano inchiodati sulla figura divertita della sua Bastarda preferita, la quale, a braccia conserte e con il mento sollevato in una dichiarata espressione di sfida, non sembrava affatto intimorita. Dopotutto era ovvio che quel povero stolto, per quanto potesse odiarla... non aveva modo di nuocerle in nessun modo.

    “Shizuka... Che cosa ci fai qui alle mura a quest'ora? Ma soprattutto... perchè stai piangendo?”



    « Atasuke! Finalmente qualcuno che si distingue dalla bestia per la sua capacità di ragionamento! » Esclamò prontamente la Principessa, scoccando un'occhiata divertita a Takumi il quale, non mancando di cogliere l'allusione, non poté fare a meno di irrigidirsi come un tozzo di legno: Sicuramente si poteva dire che il guardiano degli Yamanaka nutrisse un odio crudele e ingiusto nei confronti di quella donna... ma era altrettanto vero che ella non facesse assolutamente nulla per cercare di redimere l'opinione di lui nei suoi propri confronti; un comportamento che quella volta scontò con l'impossibilità di esporre il proprio punto di vista, poiché non appena cercò di parlare, il Chunin si sbrigò a prendere la parola al suo posto, affrettandosi a fare un riassunto della situazione al ragazzo Uchiha il quale, dopo aver ascoltato con la diligenza tipica del suo ruolo, senza perdere tempo si gettò nella discesa delle scale che dai bastioni delle mura conducevano all'apertura delle stesse, lì dove ad attenderlo, immobile, vi era proprio...

    « Jaken... »



    Incurante dei tentativi di Takumi di trattenerla in qualche modo, Shizuka si era buttata scriteriatamente all'inseguimento di Atasuke, saltando i gradini a tre a tre nel tentativo di arrivare proprio in concomitanza dell'amico, che era sicuro avrebbe compiuto il suo dovere ineccepibilmente... anche se questo avrebbe voluto dire privarla di ricongiungersi ad una persona per lei importante.
    Avrebbe dovuto limitare i danni -pensò rapidamente la kunoichi, alzando per un istante gli occhi al cielo nello scorgere la luna che lentamente si stava affacciando piena nel cielo- ...e se le circostanze si sarebbero protratte ancora per molto, forse avrebbe avuto una buona possibilità di riuscirvi. Tutto stava nell'aver fiducia nelle capacità degli Aoki...

    … Già. Negli Aoki.

    […] Immobile ad decina di passi indietro rispetto alle spalle di Atasuke, Shizuka Kobayashi si fermò di botto quando si ritrovò ad una così scarsa distanza dall'uomo scalzo e trasandato in cui aveva riconosciuto il suo aiuto-sensei di molti anni prima, dato per disperso e poi morto dall'amministrazione di Villaggio, che aveva interpretato il suo silenzio come l'ovvietà di una circostanza irrimediabile. Ammutolì, facendosi improvvisamente silenziosa mentre di fronte a lei la situazione, impietosa nei suoi confronti e incurante dei suoi sentimenti contrastanti, proseguiva in un susseguirsi di domande e risposte, di azioni lecite e altre non richieste che, in breve, portarono uno dei presenti ad essere il colpevole e l'altro il giustiziere.
    Per un attimo, riprendendo d'improvviso coscienza del flusso del tempo, la Principessa dei Kobayashi si irrigidì e, rendendosi conto di non essere perfettamente in grado di coordinare i propri movimenti, cercò in un qualche disperato modo di fermare il corso degli eventi, di cui ancora doveva capacitarsi... riuscendo però solo ad esclamare un debole “Fermati Atasuke” al quale seguì nuovamente un lungo silenzio.
    … Era proprio Jaken, si, non c'erano dubbi, era... era proprio Jaken -pensò sconclusionatamente la kunoichi, avvicinandosi lentamente al duo, da cui cercò di allontanare con una tenue pressione della mano sinistra l'Uchiha, così da potersi ritrovare di fronte solamente il supposto nuovo traditore di Konoha.
    Quello che, ripeté tra sé e sé, era senz'altro...
    « … Jaken » La voce di Shizuka sarebbe risuonata colma di una dolcezza mista a stupore, come se quella ragazza di due palmi più bassa rispetto all'interlocutore, ancora non riuscisse ad accettare la presenza di quest'ultimo di fronte a sé « Jaken » Ripeté la fanciulla, poi, forse irrazionalmente, domandò un rapido e angosciato: « Mi riconosci? »
    ... Se avesse dovuto essere onesta con se stessa, non avrebbe saputo dire precisamente perché stava ponendo quella domanda e perché l'avesse scelta come prima fra le tante, ma improvvisamente l'idea che quell'uomo non si ricordasse chi lei potesse essere la colpì in pieno petto, affliggendole quel suo volto da Mononoke che si contrasse un'espressione di dolore terribile ed indecifrabile, un sentimento che da molto tempo si rese conto di non provare: La paura dell'abbandono.
    « Ti... ti ricordi chi sono, vero? » Sussurrò ancora, disperata, e lentamente, come ormai fosse incurante di tutto ciò che la circondava, la kunoichi alzò entrambe le sue piccole mani, che condusse al volto del ninja, nel tentativo di racchiudere questo tra le proprie dita, quasi temesse che egli scappasse nuovamente chissà dove « Tu... » Mormorò debolmente « ...tu sei vivo » Gemette allora, irrazionalmente perdendo di vista le domande precedenti, come se quell'improvvisa constatazione fosse nettamente più importante di qualsiasi altra cosa... e incredibilmente i suoi profondi occhi verdi si riempirono di lacrime.
    « Sei tornato » Annunciò allora, per la prima volta, come se solo in quell'istante si rendesse conto della situazione... e a quel punto, molto prima che chiunque potesse fermarla, la ragazza si slanciò verso lo Shinobi, intrecciando le braccia attorno al collo di lui nel tentativo di stringerlo a sé con una determinazione insicura, figlia un po' della paura di poter essere allontanata e un po' dallo stupore di poter fare una cosa del genere.
    Prima ancora che se ne rendesse conto, Shizuka Kobayashi si ritrovò a piangere come una bambina.

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    « Sei tornato... » Singhiozzò la ragazza, ancora una volta, alzandosi in punta di piedi per avvolgere tra le proprie braccia l'uomo « ...sei tornato a Konoha, Jaken, sei tornato » Non sembrava mai soddisfatta di dire quelle parole, come se agli effetti non ci credesse ancora « Ti ho... ti ho aspettato per molto tempo » Confessò a quel punto, sprofondando il volto nel petto dell'interlocutore, come era solita fare tanti anni prima, quando il suo essere ancora una bambina non avrebbe potuto instillare i pensieri sbagliati nell'oggetto delle sue attenzioni « Ti ho aspettato per così tanto tempo » Ripeté ancora la ragazza, piangendo come una sciocca mocciosa « Finalmente sei tornato... finalmente... il Team... » Singhiozzò, e adesso a malapena si capiva cosa stesse dicendo « ...Non sono più sola... » Pianse la Principessa, allontanandosi a quel punto dall'uomo, ma solo quel tanto che le sarebbe bastato perché le sue mani salissero a scostare i mossi capelli corvini di lui dal suo volto, così da poterlo vedere con chiarezza... e lì, tra le lacrime, per un attimo quella bambina divenuta donna sorrise, e lo fece con una dolcezza e una felicità che da molto tempo ormai non le si vedeva dipinta in viso.
    I suoi lineamenti, che guardati da vicino le conferivano la bellezza nobile e affascinante tipica del Clan da cui traeva il nome, risultavano estremamente addolciti dalla gioia e dal sollievo di una cristallizzazione di sentimenti e pensieri difficilmente esprimibili a parole, restituendole così lo splendore che in passato l'aveva resa famosa in tutte le Terre del Fuoco... prima che il fato decidesse di strapparle quel titolo, sfregiandola della cicatrice che solo da quella distanza lo Shinobi avrebbe potuto notare, e che dalla spalla sinistra, attraversando i due prosperosi seni, spariva inghiottita dal bustino di pelle nera nel quale era racchiusa.
    Ma non c'erano ferite di guerra che tenevano in quel momento, perché Shizuka Kobayashi risultava essere la donna più bella di tutta Konoha e, maggiormente, quella più felice.
    Tirando verso il basso colui che per molto tempo si era fatto chiamare Jaken e issandosi contemporaneamente sulla punta dei piedi, la kunoichi avrebbe a quel punto cercato di appoggiare la sua fronte a quella di lui, tenendo il volto dell'uomo ancor racchiuso tra le sue mani, poi, chiudendo gli occhi e sorridendo, sarebbe rimasta così per un po', forse cercando tranquillità nel calore dell'interlocutore o forse puerilmente accertandosi che questo non fuggisse via, di nuovo.
    « Bentornato » Avrebbe sussurrato poi, così che solo lui potesse udirla « Bentornato a Konoha » Mormorò la ragazza... la quale, allontanandosi dal compagno, portò solo a quel punto la propria attenzione su Atasuke, e il suo volto adesso, bagnato di lacrime ma colmo di una rinnovata determinazione, si contrasse nell'espressione autoritaria che ormai la caratterizzava da tempo « Ebbene, mi risulta che si debba andare in Amministrazione, Atasuke... » Disse infatti la giovane erede, e improvvisamente sorrise. Più un ghigno, in verità « Sei pronto a giocare di nuovo il gioco dei Kobayashi e degli Uchiha? In ballo stavolta c'è questo qua, però » Sentenziò, indicando con un dito Jaken « Perciò cerca di mettere sulla scacchiera i tuoi pezzi migliori Atasuke... perché non lascerò all'amministrazione quest'uomo, stanne pur certo » E così dicendo, reclinando la testa all'indietro nello scostarsi una lunga ciocca di capelli castani dalla spalla, la kunoichi sorrise ironica « Adesso andiamo a fare un po' di casino da quel pover'uomo di un Inuzuka del dipartimento III ... immagino sarà felicissimo di vederci arrivare a quest'ora » Sogghignò, e passandosi una mano sul viso per asciugare le lacrime, si voltò, dando le spalle a quello che tanti anni fa fu il suo maestro ma che ora, se egli avesse voluto, sarebbe stato più semplicemente un compagno di squadra.
    Cominciando a camminare senza più voltarsi indietro, la Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia sorrise, e sospirando con una nota di puro divertimento, sussurrò al vento un ironico: « Finalmente il Team R può tornare in campo »



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  2. Alastor
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    _The Doors_
    CAPITOLO IV


    H o p e




    Mentre rivolgevo le mie parole all'Uchiha, mi rendevo conto che costui le ascoltava con impassibile calma, mentre mi osservava algido e attento. I suoi occhi di fredda onice non lasciavano spiraglio per alcuna emozione, e rendevano i suoi pensieri indecifrabili.
    Non conoscevo quel ragazzo, ma conoscevo molto bene quello sguardo che, per molto tempo, avevo esibito io stesso assai di frequente. Lo sguardo di chi svolge il proprio dovere con distacco e rigore, senza distrazioni di sorta.

    Uno sguardo che, non saprei ben spiegare per quale ragione, sempre meno, specialmente negli ultimi tempi, si era palesato sul mio volto. Forse stavo ancora maturando, forse stavo cambiando. Molto probabilmente l'aver ritrovato la persona che per quasi una decade avevo cercato disperatamente e saperla sana e salva mi aveva finalmente sgravato dell'enorme macigno fatto di angoscia, dolore e colpa, e solo allora cominciava a venir fuori la mia vera indole, la mia vera natura. Con tutti i suoi difetti e le storture generate dai miei trascorsi, certo, ma finalmente riuscivo ad essere me stesso, nel bene e nel male.
    Non dovevo più nascondermi, non dovevo più ricorrere ad un falso nome e mentire quotidianamente. Non avevo più bisogno di ostentare la profondità emotiva di un ruvido blocco di ghiaccio al solo scopo di tenere alla larga le persone, così che non avessero modo di scorgere e demolire un mondo fatto di menzogne e anonimato. Un mondo che avevo edificato, consapevolmente, con le mie stesse mani. E per quanto ne avessi tratto i dovuti benefici, seppur temporanei, tale comportamento non aveva fatto altro che rendermi più solo ed infelice di quanto già non fossi.
    Intendiamoci, non è che mi fosse costato uno sforzo sovrumano mettere un muro tra me e il mio prossimo, giacché di mio ero un ragazzo schivo, diffidente e con abilità sociali tutt'altro che sensazionali, ma il punto era che non avrei voluto farlo, ed ero andato ben oltre i confini della decenza. La prova di ciò era che, non considerando il periodo della mia assenza, in oltre un anno di residenza e di lavoro presso la Foglia non avevo instaurato nemmeno un singolo rapporto degno di questo nome, nulla che andasse oltre un formale saluto o le insulse chiacchiere superficiali tra colleghi.
    Dopo aver infranto le catene fatte di metallo, ero riuscito a sostituirle con catene molto più robuste, che non si potevano vedere o toccare, ma che serravano il mio animo con sempre maggior foga e crudeltà, spezzandolo e soffocandolo.
    Io, però, avevo la chiave per liberarmi. Solo io ce l'avevo. L'avevo sempre avuta, in realtà, ma solo adesso avevo la lucidità necessaria per afferrarla e la relativa serenità mentale per utilizzarla.
    Ero nei guai fino al collo, ma provavo uno strano senso di pace perché, qualsiasi pena o destino mi attendesse, gli sarei andato incontro senza ripensamenti, col conforto di sapere che non si tornava indietro. Era tempo di voltare pagina, di andare avanti con la mia vita, e a tale pensiero nessuna prospettiva riusciva realmente a spaventarmi.

    Avevo appena finito di fare fagotto di tutti gli oggetti e le armi che avevo con me, e mi accingevo a farmi ammanettare dal guardiano, quando la nostra interazione fu garbatamente interrotta.
    La ragazza si fece avanti con passo esitante, fino a raggiungere la nostra posizione. In realtà mi ero già accorto della sua presenza precedentemente, mentre se ne stava a quasi dieci metri di distanza da me e il guardiano, ma l'urgenza di rispondere alle domande di quest'ultimo l'avevano temporaneamente privata della mia attenzione. Con un tocco della mano fece in modo che il ragazzo si spostasse in un punto più defilato, così che solo io e lei fossimo l'uno di fronte all'altra.
    « … Jaken »
    Aveva l'aria stravolta, ma non era spaventata, anzi, per quanto confusa sembrava pervasa da una strana emotività.
    « Jaken » « Mi riconosci? »
    Cominciavo a sentirmi a disagio, ma non nel senso propriamente negativo del termine. Più che altro sentivo che stava succedendo qualcosa di molto strano, e di riflesso anche io iniziavo ad essere turbato.
    Mi chiedeva se riuscivo a riconoscerla, ma sarebbe stato arduo il contrario. Se precedentemente potevo aver nutrito dei dubbi, boicottato dalla distanza e dalla scarsa illuminazione, questi furono dissipati con forza ora che me la ritrovavo a un passo da me.
    Lei era proprio Shizuka Kobayashi.
    La sua figura era molto cambiata, era divenuta una donna in quei circa tre anni in cui ero stato lontano da Konoha. Una donna molto bella.
    Era più alta di quanto ricordassi, il suo corpo e le sue forme erano notevolmente maturati e i tratti del suo volto erano più adulti, non più affini a quelli di una bambina. Persino la sua voce, che pure in quel frangente era tutt'altro che ferma e sicura, era meno acuta e più limpida. Eppure, malgrado tutto ciò, come potevano i lunghi e lisci capelli castani trarre in inganno? Come si potevano confondere quegli occhi verdi così fulgidi ed espressivi, e le labbra rubre? Il modo di camminare, di muoversi, le espressioni del grazioso viso, nemmeno queste mentivano. Era impossibile non riconoscerla, nonostante tutto.
    Anch'io apparivo un po' diverso da come lei mi ricordava, come era normale che fosse. Ero cresciuto in statura e la mia fisicità si era ulteriormente sviluppata. I lineamenti del viso erano indubbiamente diventati quelli di un giovane uomo e anche il timbro di voce si era fatto più profondo e caldo. Si trattava comunque di cambiamenti ben meno radicali rispetto a quelli della giovane, e sicuramente nessuno che mi avesse già incontrato avrebbe avuto qualche difficoltà a riconoscermi.
    D'un tratto la kunoichi assunse un'espressione sofferente, afflitta, e a quel punto il disagio che provavo si acuì tremendamente.
    « Ti... ti ricordi chi sono, vero? »
    Le mie labbra si aprirono, presi fiato. Dovevo dire qualcosa, dovevo rassicurala sul fatto che sì, mi ricordavo di lei. Cosa andava a pensare?
    Ma in quel momento, non so perché, mi risultava parecchio difficile articolare dei pensieri compiuti, figuriamoci delle parole. Serrai nuovamente le labbra e, non riuscendo a fare di meglio, annuii lentamente ma con convinzione, riuscendo tutto sommato a fornire una risposta eloquente e netta.
    Fu allora che Shizuka protese piano verso il mio volto le sue mani, e proprio su queste i miei occhi si spostarono, osservandole mentre si avvicinavano sempre più, poco alla volta, come se all'improvviso il tempo fosse cominciato a scorrere più lentamente. Guardavo quelle mani minute quasi con apprensione, in realtà in me regnava lo smarrimento più totale. Non capivo cosa stava succedendo. Per un istante pensai che mi sarei ritratto, sottraendomi al contatto con la ragazza, ma ciò non accadde.
    Restai fermo, immobile, ricevendo il suo tocco delicato e amorevole. Le labbra si schiusero appena, le sopracciglia ebbero un impercettibile fremito e il mio sguardo fu rapidamente rivolto ad un punto non meglio precisato in basso e di lato che non coinvolgeva la figura della giovane.
    Al di là dell'imbarazzo e della confusione generale, non posso negare che provai una piacevole sensazione, che tuttavia si mutò presto in qualcosa di diverso quando la donna riprese a parlare, con un filo di voce.
    « Tu...tu sei vivo »
    A quel punto il mio sguardo tornò a posarsi sui suoi occhi, scoprendo che questi ora traboccavano lacrime.
    In effetti la possibilità che fossi stato dato per morto l'avevo sempre valutata come molto concreta. Dopotutto, se un ninja parte per una missione e non fa più ritorno, né si hanno più sue notizie per anni, è proprio quella la spiegazione più plausibile e realistica, non c'è dubbio al riguardo. Quindi se a Konoha era stato effettivamente dichiarato il mio decesso in azione non potevo certo meravigliarmi.
    Ciò che mi sconvolgeva era ben altro: perché la ragazza stava reagendo in quel modo?
    «Shizuka...» tentai debolmente.
    « Sei tornato »
    Così dicendo, la kunoichi mi gettò le braccia al collo e mi strinse, cominciando a piangere a dirotto.
    Io non mi opposi. Forse neanche volendo ci sarei riuscito, ormai ero praticamente una statua di sale.
    Lasciai che il suo caldo abbraccio si facesse sempre più stretto e avvolgente, mentre il sottoscritto se ne stava fermo, con le braccia penzoloni lungo i fianchi, inerti, dimostrando più o meno la stessa reattività di uno stoccafisso in disseccamento.
    « Sei tornato...sei tornato a Konoha, Jaken, sei tornato »
    Mi accorsi che ogni volta che ripeteva quel nome, il nome con il quale in buona fede seguitava a rivolgermisi, sentivo una morsa alle budella serrarsi.
    Senso di colpa? Costernazione? Probabile. Avrei dovuto spiegarle che non doveva più chiamarmi in quel modo, che il mio vero nome era Magato, ma non sapevo come fare, specialmente in quel momento di sfogo e prostrazione psicologica della ragazza. Decisi di rimandare, anche perché in quel momento ero letteralmente travolto da un fiume in piena fatto di pensieri.
    Cosa diavolo stava succedendo? Ero forse sotto l'influenza di un Genjutsu particolarmente convincente? Per quanto tale eventualità risultasse quantomeno remota nonché vagamente risibile, riusciva a risultarmi quasi verosimile se contrapposta alla ben più probabile ma allo stesso tempo incredibile alternativa: era tutto reale.
    Possibile? Quali avversità e problemi potevano aver colpito la giovane, quali lutti e quanta solitudine doveva aver patito perché si riducesse a riporre le proprie speranze nell'affetto e nella vicinanza di uno come me? Una relitto, praticamente un reietto della società. Uno che non l'aveva degnata di nessuna particolare premura, e che non molto tempo dopo il corso che aveva condiviso con lei era scomparso dalla sua vita senza dire una parola.
    Un'accoglienza di quel tipo da parte sua, come di chiunque altro alla Foglia in realtà, non era solo inaspettata per me, era addirittura inconcepibile, qualcosa che nemmeno viaggiando a vele spiegate con la fantasia avrei potuto considerare.
    Essere ricevuto in quel modo da Shizuka forse mi risultò così sconvolgente perché, intimamente, ero convinto di non meritarlo.
    « Ti ho... ti ho aspettato per molto tempo » « Ti ho aspettato per così tanto tempo »
    Avevo sempre visto me stesso come una sorta di fantasma all'interno di Konoha. Niente genitori, niente amici, niente di niente. Le sole persone che frequentavo erano gli altri ninja quando c'era una missione da svolgere o altre faccende di lavoro da sbrigare, e pure con loro la conoscenza non andava mai particolarmente in profondità.
    Ero certo che nessuno avrebbe fatto caso alla mia assenza al villaggio, così come ero certo che il mio ritorno non avrebbe destato alcun interesse, se non nell'Amministrazione che avrebbe preteso la mia pelle o quasi. Sicuramente nessuno aveva tentato di cercarmi, aveva atteso trepidante il mio ritorno o aveva pianto il mio presunto trapasso.
    Forte di queste convinzioni, o piuttosto malgrado le stesse, ero tornato a Konoha di mia spontanea volontà, ma adesso tutto ciò veniva messo in dubbio.
    Shizuka Kobayashi, una ragazza tornata dal passato, stava riuscendo con disarmante semplicità e tenerezza ad annientare tali sicurezze.
    Mi ero dunque sbagliato? C'era davvero qualcuno, alla Foglia, che si era ricordato di me, che aveva pensato a me, che addirittura si era preoccupato per me? Qualcuno che mi era genuinamente affezionato ed era pronto a riaccogliermi a braccia aperte? Qualcuno che contava su di me?
    Per quanto folle potesse sembrare, pareva proprio di sì. C'era almeno una persona del genere, e una soltanto era già un'enormità per me. Quella persona era lì in quel momento e mi abbracciava bagnandomi il petto con le sue lacrime.
    Nel frattempo io, forse sconvolto da quelle rivelazioni, ero sempre più teso. O emozionato? Non saprei dirlo, ma mi sforzai di non darlo a vedere. Feci profondi respiri provando a rallentare la frequenza cardiaca, cercando di essere quanto più discreto si potesse essere con una persona appiccicata addosso. Contemporaneamente affiorava la consapevolezza di aver arrecato danno e dolore alla ragazza con la mia sparizione, e per quanto potesse dispiacermi, non sapevo come fare ammenda, e ciò mi faceva sentire ancora peggio.
    Poggiai le mani sulle spalle di lei, una delle quali, avevo appena notato, recava una evidente cicatrice che pareva estendersi diagonalmente lungo il torace della kunoichi. Chissà come se l'era procurata.
    «Mi dispiace» riuscii solo a sussurrare.
    Due semplici parole ma pregne della più genuina mortificazione.
    « Finalmente sei tornato... finalmente... il Team...Non sono più sola... »
    Un sovraccarico emotivo.
    Così definirei ciò che mi accadde. Non si poteva spiegare altrimenti il fatto che, quando Shizuka si ritrasse appena per scostarmi una ciocca di capelli ribelli dal viso e mi sorrise radiosa, già una lacrima, unica e solitaria mi solcava il viso che cautamente, ora, cercava di assumere un'espressione distesa, quasi sorridente, con esiti abbastanza decenti.
    Quando la ragazza poi mi tirò verso il basso facendo aderire la sua fronte con la mia, distolsi lo sguardo da lei, che adesso era estremamente vicina, poi chiusi gli occhi.
    « Bentornato » « Bentornato a Konoha »
    «E' bello essere a casa» mormorai di rimando, e stavolta il mio sorriso, per quanto ancora acerbo, era molto più convincente.
    Non appena la ragazza si distaccò da me per rivolgersi all'Uchiha, ne approfittai per asciugare con gesto misurato e casuale la lacrima che ancora bagnava la mia guancia sinistra.
    Dopo aver ascoltato, sebbene ancora privo della completa concentrazione, il discorso della kunoichi e aver atteso la dovuta replica del guardiano, intervenni rivolgendomi alla prima con rincrescimento.
    «Shizuka, devi sapere che il mio nome, il mio nome vero, è Magato Kanzaki. Voglio che mi chiami così d'ora in poi.
    Sono desolato.
    »

    Feci un inchino abbastanza profondo. Riportandomi in posizione eretta, proseguii.
    «Sarò lieto di spiegarti, ma non credo che questo sia il momento migliore.»
    Decisamente no, non era il momento, anche perché stavo per essere condotto in Amministrazione, e poi non mi andava di parlare di fronte ad altri.
    Spostai lo sguardo su Atasuke, poi lo riportai sulla giovane, chiedendo con tono adesso molto serio.
    «Che cosa c'entrano i Kobayashi e gli Uchiha con la mia situazione? Cos'hai in mente?»
    Avevo la netta sensazione che la risposta non mi sarebbe piaciuta.
     
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  3. Asgharel
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    Continua Qui: Amministrazione di Konoha
     
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    L'arrivo di Kensuke alla foglia



    Era mattina presto quando arrivai a Konoha, avevo viaggiato per buona parte della notte ma ci ero abituato per cui non mi pesava. Giunsi al gate, coprifronte ben in vista, cercai la guardia più inesperta che potei trovare (conoscendo praticamente tutte le guardie del gate di suna sapevo i "segnali" che indicavano uno nuovo del mestiere) e mi presentai con un gigantesco sorriso, chiedendo accesso al villaggio della foglia.

    Salve buon'uomo, sono Kensuke Kasumi, del villaggio della sabbia, alleato di Konoha, e chiedo l'accesso al vosto villaggio. Posso entrare?
     
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    Naoki Satou era un ragazzino di 16 anni (quasi 17 !!) con espressivi occhioni neri e una zazzera di capelli del medesimo colore su di una pelle abbronzata che lo facevano rassomigliare in modo piuttosto buffo ad un nomade delle lande desertiche del Paese del Vento. Un po' per questo motivo, e un po' perché di indole veramente molto timida, il ragazzo era solito andare in giro avvolto in un mantello nero...
    … che in verità non era un mantello qualsiasi, ma bensì quello usato e ormai logoro che gli aveva ceduto di buon grado Atasuke Uchiha, il suo senpai nonché la persona che stimava sopra ogni altra al Villaggio della Foglia.

    […] Aah... Atasuke Uchiha, lui si che era un guardiano come tradizione voleva: Così forte, virile, autoritario, con quella voce gentile ma ferma, senza contare la mascella squadrata e le braccia nerborute temprate da anni di allenamenti al limite dello scibile umano...
    ...eeh, lui si che era veramente un bel...

    « Hara Hara, ancora questi pensieri!? » Esclamò improvvisamente il giovanissimo guardiano, trasalendo nell'avvampare come una tortora sullo spiedo per poi prendere a battersi ambo le mani sul viso « Gli Dei abbiano pietà di me! Io sono innamorato di Shizuka-neesama! Assolutamente! … Assolutamente! » Ripeté convinto, annuendo gravemente mentre si avvolgeva stretto stretto nel mantello a cui tiro un paio di annusate estasiate.

    Aaah... il profumo di senpai Atasuke si sentiva ancora...
    … meno male perché altrimenti avrebbe dovuto nuovamente sgusciare nel campo d'allenamento dove lui praticava e rubare di nuovo il suo asciug...

    “Salve buon'uomo, sono Kensuke Kasumi, del villaggio della sabbia, alleato di Konoha, e chiedo l'accesso al vosto villaggio. Posso entrare? ”



    Completamente colto di sorpresa, Naoki Satou cacciò un urlo talmente forte da non essere neanche lontanamente paragonato alle grida di tutti gli spiriti del Continente usciti dagli inferi per divorare le anime umane. Fu un urlo talmente forte che i due ninja seduti sotto la tettoia di accoglienza dei registri "entrate/uscite" si alzarono di rimando in modo tanto veloce da sbattere violentemente la testa l'uno contro l'altro, gemendo a loro volta e facendo di parallelo spaventare ancora di più il disgraziato ragazzino imberbe, che strillò ancora una volta con fare femminile, portandosi entrambe le mani agli occhi.
    Un comportamento da vero guardiano di Konoha, insomma...
    … ma per fortuna gli Dei erano voluti essere clemente con il moro quel giorno, e avevano messo sulla sua strada un uomo che non sembrava avere cattive intenzioni. In apparenza almeno.
    « K-k-k-konohagakure no irrashaimase » Pigolò con due grandi lacrimoni agli occhi Naoki Satou quando ebbe modo di calmarsi, sorridendo in direzione di colui che si era presentato come Kensuke Kasumi « U-un ninja di Suna, eh? » Aggiunse, sorridendo « E' da molto che non abbiamo v-visite da quel villaggio... » Constatò, portandosi un indice al labbro inferiore e alzando gli occhi al cielo « Vuole essere così gentile da dirmi i motivi che vi portano al nostro villaggio, così che io possa avviare le procedure di registrazione? » Domandò ancora, dopo una manciata di secondi che si prese per cercare di chiamare a raccolta tutta la sua autorevolezza di imitazione (Atasuke) Uchiha « C'è qualcosa che desidera dichiarare? » Chiese ancora, facendosi tutto serio.
    Poi, giusto per sicurezza, tirò un altro paio di annusate al mantello.
    Per tranquillizzarsi, ovviamente.

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    Questionario




    « Vuole essere così gentile da dirmi i motivi che vi portano al nostro villaggio, così che io possa avviare le procedure di registrazione?

    Di tutti proprio il più pirla dovevo pigliarmi? Beh me la sono cercata. Vediamo di fare questa cosa come si deve, così potrò finalmente visitare questo villaggio del piffero.

    Misi un simpatico sorriso sul mio volto prima di proseguire.

    Ma certamente! Dunque sono qui a Konoha per un viaggio di piacere, visitare la terra del fuoco sa, come un turista. Anzi se a proposito ha qualche consiglio per me le sarei grato. Non ho nulla da dichiarare, a parte la solita oggettistica da shinobi. Per quanto i nostri paesi siano in pace non si sa mai cosa può capitare lungo la strada no? Comunque se può servire lascio volentieri tutto qui da voi. Non è assolutamente un problema.


    Attesi delle eventuali risposte, sperando che finisse tutto in fretta. Molto in fretta.
     
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    « Come un turista, dice? »



    Naoki Satou si grattò la testa, perplesso: Non aveva idea del perché una persona dovesse far visita a Konoha in quel periodo di disagi, ma si rassegnò all'idea che fosse l'ennesimo curioso sopraggiunto per dare un'occhiata ai fantomatici danni inflitti dall'attacco terroristico di Kurotempi, e prendendo un'ampia boccata d'aria, sospirò sonoramente.
    La gente era strana... avevano ricevuto più visite per guardare il disastro delle esplosioni di quante ne avevano avute l'anno precedente in periodo di pace. Beh, se non altro potevano così rimpinguare le esigui casse di Villaggio e offrire opportunità lavorative ai cittadini.
    Facendo spallucce, il ragazzo annuì.

    « La prego di seguirmi da questa parte » Balbettò, accompagnando il forestiero al banchetto in cui due ninja di circa vent'anni sovrastavano due grossi registri: Quello delle entrate e quello delle uscite « Essendo membro di uno dei Quattro Grandi Villaggi dell'alleanza accademica non è necessario che voi riponiate le vostre armi, ma è necessario che ci fornisca la sua carta d'identità Shinobi » Annunciò, tradendo per un attimo una leggera soddisfazione per il suo modo di parlare adulto, di fronte a cui, infatti, i due Shinobi seduti lo guardarono increduli « Terremo noi il suo documento » Continuò a dire Naoki Satou, dopo che lo straniero ebbe fatto quanto detto e i due colleghi avessero preso a trascriverne i dati « Potrà ritirare tutto al suo congedo dal nostro Villaggio » Poi esitò, stringendo gli occhi per un attimo « La preghiamo di scusare la forte sorveglianza che troverà a Konoha, speriamo che questo non le arrecherà disturbo! » Pigolò, porgendo all'interlocutore una mappa orientativa ricca di informazioni su ogni tipo di negozio e attrazione, e recante, in rilievo, il simbolo del Villaggio della Foglia « Per qualsiasi cosa può rivolgersi alla Polizia Uchiha, che sarà ben lieta di porgerle qualsiasi tipo di supporto! »
    Detto questo, dopo essere arrossito un pochino e aver sospirato con fare sollevato, quasi fosse lieto di aver concluso quell'iter burocratico, il giovane Guardiano protese il braccio destro verso l'interno del suo amato Gakure e sorridendo accennò ad un inchino.

    « Benvenuto al Villaggio della Foglia, Kensuke Kasumi-san »



    […] Se lo Shinobi di Suna si sarebbe voltato poco dopo essersi messo in marcia, alle sue spalle avrebbe visto il piccolo Naoki Satou che lo salutava con una manina.


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    Konoha

    Viaggio x Studio x Vacanza

    I


    Tamashii
    Narrato Parlato Pensato Linguaggio natio



    Una cosa era certa: quando Tamashii si metteva in testa di fare qualcosa difficilmente si riusciva a fargli cambiare idea.
    Il giovane nomade durante il periodo trascorso come dottore aggiunto all'ospedale di Suna, aveva deciso che era arrivato il momento di migliorare la sua formazione professionale in campo medico.
    Aveva vagliato varie possibilità, cercando, tra i villaggi accademici, quello che potesse offrirgli maggiori possibilità di apprendimento.
    Alla fine la scelta era ricaduta su Konoha, in quanto era famosa anche per gli studi nel campo dell'erboristeria.
    E visto che doveva studiare, tanto valeva farlo dove aveva più prospettive.

    Ottenere i permessi di uscita e di soggiorno temporaneo a Konoha non era stato troppo complicato.
    Il suo clan aveva un atteggiamento molto liberale da quel punto di vista. E se aggiungiamo la fortunosa coincidenza della momentanea assenza del capoclan, di entrambi i capiclan, Gin sama e Hoshi sama, nessun avrebbe avuto da ridire riguardo la sua partenza.
    Piò ostico era stato convincere Satoru san dopo i guai che era riuscito a combinare ad Otafuku per seguire il suo spirito altruistico.
    In fin dei conti non era stato intenzionale rapire un suo concittadino mentre cercava di salvare un perfetto sconosciuto da quelli che credeva fossero tipi poco raccomandabili. Per carità poco raccomandabili lo erano di certo, peccato che quello che aveva "accidentalmente" fatto scivolare sopra le sue biglie di metallo fosse la parte lesa.
    Poi il resto...
    ...Il resto si poteva leggere sul verbale aperto davanti ad un Satoru san alquanto contrariato.

    Come Tamashii riuscì a farsi firmare il permesso è materiale per un'altra storia.
    Basti sapere che il giovane nomade dovette promettere di svolgere servizi utili al villaggio nei mesi a venire, dopo il suo ritorno.

    Zainetto in spalla, occhiali da deserto sopra la testa, accompagnato dalla sua amica scagliosa, Koryu, si diresse verso uno dei caravanserraglio nelle zone limitrofe al villaggio, in cerca di un passaggio.

    Il viaggio alla volta di Konoha fu molto istruttivo per il ragazzino per apprendere qualcosa sulle tradizioni degli abitanti che vivevano nei territori del Pase del Fuoco.

    Il giovane nomade fu rapito dalla bellezza dei territori che circondavano Konoha.
    Il verde, gli alberi che crescevano alti e robusti, davano al paesaggio un aspetto rigoglioso, pieno di vita.
    La stessa strada che conduceva alle porte del villaggio era gremita di gente, i cui affari o anche solo l'occasione di una vacanza li aveva portati fin lì.

    Il ragazzino diligentemente si mise in coda in attesa del suo turno.
     
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    Arrivo a Konoha

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    Era da molto tempo che non venivo nel villaggio della foglia... da prima ancora che "tradissi" Suna, anni fa. Anche se, ripensandoci, dato che parte della mia memoria era stata rimossa era possibile che avessi visitato Konoha in passato... e non lo ricordassi più.

    In ogni caso, in quel giorno, mi trovavo a Konoha perché ero stato invitato dall'accademia a prendermi cura di uno studente, un tale Akahito per insegnargli come diventare un buon ninja.

    "Per migliorare i rapporti tra i ninja dei vari villaggi"



    Comunque ne avrei potuto approfittare per sistemare qualche faccenda personale, senza contare che in questi giorni, dopo la riunione del clan, l'aria di Suna si faceva molto "calda" per me.

    Almeno avrei potuto cercare Atasuke Uchiha. Chissà se i guardani lo conoscevano...

    Toccava a me entrare nelle mura di Konoha... ero curioso di sapere chi avrei trovato di fronte a me. Se non fosse stato nessuno di conosciuto non appena mi avessero chiesto le generalità avrei risposto, molto semplicemente:

    Shu Akasuna, genin del villaggio della sabbia. Sono qui per svolgere un incarico di insegnamento assegnatomi dall'accademia. Ecco le mie credenziali.

    Avrei consegnato a chi di dovere la lettera da parte dell'accademia che mi conferiva quell'incarico, attendendo pazientemente di essere ammesso all'interno del villaggio della foglia.

     
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    ~Un Sunese alle Porte~


    Quella era una giornata assolata come molte altre a Konoha. All'interno delle mura i lavori di ristrutturazione fervevano, mentre attorno alle mura erano già svaniti i segni che l'enorme cupola aveva lasciato, mentre i vari meccanismi a guardia del villaggio erano ormai ritornati al loro posto.
    In quella giornata di sole, però, alle mura i guardiani non avevano modo di godersi lo splendido tempo come avrebbero voluto e come probabilmente avrebbero fatto in altri momenti.
    In quella giornata, infatti, Atasuke Uchiha era di servizio e come era ormai conoscenza comune, quando lui era in servizio, non c'era tempo per concedersi del relax quando si era sulle mura.
    Al suo arrivo alle mura, il giovane Akasuna trovò solo due guardiani addetti ai controlli del gate, mentre molti altri pattugliavano incessantemente il perimentro dalla cima della struttura difensiva, facendo di tanto in tanto capolino con la testa.
    Di questi, fu una delle “new entry” a riceverlo ritirandone semplicemente i documenti.

    “Benvenuto al villaggio di Konoha... Motivo della sua visita?”


    Chiese il giovane porgendo le mani, nella chiara richiesta non verbale di presentare i documenti, che ritirò pochi istanti dopo quando il giovane Sunese glieli concesse.

    “Shu Akasuna, genin del villaggio della sabbia. Sono qui per svolgere un incarico di insegnamento assegnatomi dall'accademia. Ecco le mie credenziali.”

    “La ringrazio, può andare...”


    Rispose il giovane lasciandolo andare con tutto il suo armamentario.
    Dopo appena due passi, un'altra voce però avrebbe attirato l'attenzione di Shu, una voce che vibrava pericolosamente nell'aria, una voce che sembrava angelica, ma allo stesso tempo ti lasciava una strana sensazione di disagio addosso, come se un demone malvagio ti stesse tirando negli inferi.

    “Oi, Kisama... Dove credi di andare con quelle armi? Mh?”


    Se e quando si fosse voltato, avrebbe visto un'altro giovane shinobi, completamente vestito di nero, ad eccezione delle rifiniture dorate dell'abito, il cui volto angelico sembrava venire oscurato come da un'alone di malvagità innata. Ancora non lo sapeva, ma era finito nel mirino dello Shogun del sadismo, l'Imperatore dei sadici: Okita Sougo.

    “Credevi forse di poter attraversare i gate portando con te tutto l'equipaggiamento?”


    Lo sguardo dell'Okita si fece tagliente, sembrava quasi che nella sua mente stesse già addirittura sezionando il suo bersaglio, visualizzando le migliori linee da seguire per il taglio. Forse in quel momento l'Akasuna si sarebbe sentito come un pezzo di manzo davanti al macellaio, una sensazione decisamente non confortevole.
    Una sola cosa era certa, il giovane addetto, per ora ignorato dal suo superiore, era ormai già sbiancato e sembrava accasciarsi tremante dallo spavento, mentre si faceva sempre più pallido e sudato. Egli era visibilmente in preda al terrore e chiunque avrebbe compreso che quella paura derivava dalla consapevolezza di aver dimenticato un passaggio a dir poco fondamentale della procedura di ingresso e registrazione.



    OT - Ovviamente procedi pure con il corso delle basi, ma ti tengo ancora fermo un'attimo per le role XD Goditi il tuo ingresso nel villaggio della foglia XDDDD - /OT
     
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    Arrivo a Konoha

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    Oi, Kisama... Dove credi di andare con quelle armi? Mh?

    Non pensavo che un paio di kunai potessero mettere in ginocchio il possente villaggio della foglia. Chiedo perdono... eccovi qua le mie armi.

    Consegnai loro le armi che avevo con me: un kit di meccanismi per trappole, un fumogeno, una cartabomba, 2 kunai e 5 spiedi.

    Contento adesso? Se proprio sei ancora in dubbio ci sono numerosi ninja del vostro villaggio che possono accertare la mia identità... ma vedi te se devo perdere tempo così...

    Se mi avesse chiesto chi poteva identificarmi avrei detto una lunga lista di ninja di Konoha che avevo incontrato negli anni, molti dei quali morti o inattivi, ma su tutti il guardiano avrebbe potuto identificare facilmente il nome di Atasuke Uchiha.

    Ti assegnano un incarico accademico e devo perdere tempo alle mura del vostro villaggio perché siete diventati paranoici, come se un nukenin scegliesse una strategia così idiota per attaccarvi, specialmente in questo periodo...

    Ma sono tutti così decerebrati in questo villaggio?


     
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    ~Problemi al Gate~


    I sunesi che Atasuke aveva incontrato fino a quel momento, non si poteva dire brillassero per intuizione e forse, anche il giovane Akasuna sembrava avere lo stesso folle difetto suicida di fondo.
    Sougo lo guardava con odio mentre gli consegnava quella manciata di armi, alimentato nella sua furia anche dall'ironia della battuta che anticipava quella semplice procedura.
    Mentre prendeva quelle armi, sougo sembrava diventare sempre più malvagio. Pareva quasi che una sorta di aura violastra carica d'odio iniziasse ad avvolgerlo. Certo era che in quel momento Sougo era decisamente pericoloso, pericolo che la giovane recluta percepiva e conosceva bene, al punto tale che riuscì a vincere la sua paralisi, sfuggendo via per andare a chiamare il responsabile di quel turno: Atasuke Uchiha.

    “Contento adesso? Se proprio sei ancora in dubbio ci sono numerosi ninja del vostro villaggio che possono accertare la mia identità... ma vedi te se devo perdere tempo così... ”

    “Davvero credi di potermi fregare? Nessuna arma può passare il gate... Non ti spiacerà se ti perquisisco per esserne sicuro”


    °Se poi per errore mi capitasse di dimenticare qualche lama in mano e ti pugnalassi, non sarebbe comunque un problema mio°


    Pensava tra se Sougo con aria a dir poco omicida.
    Per fortuna di Shu e di Sougo stesso, Atasuke arrivò pochissimi istanti dopo, lanciato come il vento e ben più rapido di quanto Shu potesse rammentare dal loro ultimo ed unico incontro.

    «Piantala Sougo, vedi di tornare al tuo lavoro sulle mura. Qui ci penso io»


    Lo sguardo di Atasuke era affilato e non lasciava al sottoposto alcuna possibilità di scampo.
    La situazione parve rimanere in stallo per alcuni secondi, eccezion fatta per alcune foglie verdi che il vento portava con se lasciandole svolazzare per l'aria.

    “Ricevuto... Tieni d'occhio questo tizio però... Stava cercando di entrare portandosi l'equipaggiamento con se”


    Sottolineò Sougo in tono sottomesso prima di voltarsi incamminandosi verso la scalinata che lo avrebbe portato in cima al gare e da li lungo il permimetro del villaggio.

    “Ti assegnano un incarico accademico e devo perdere tempo alle mura del vostro villaggio perché siete diventati paranoici, come se un nukenin scegliesse una strategia così idiota per attaccarvi, specialmente in questo periodo...”

    «E buon giorno anche a te Shu... Ti sei mai chiesto perchè la procedura di ingresso dalle mura prevede la rimozione di TUTTE le armi?»


    Lo sguardo di Atasuke seguiva con attenzione i movimenti di Sougo che si stava allontanando, mentre a braccia conserte parlava con la precisione e l'autorità che il suo ruolo gli imponevano.

    «Perchè in qualche modo dobbiamo limitare le possibilità di attacco dall'interno del villaggio. Ovviamente per limitare un ninja sarebbe meglio sigillarne il chakra, l'utilizzo delle tecniche e quant'altro più che rimuoverne le armi. Ma rimuovendo queste...»


    Portò lo sguardo sulla scrivania dove erano presenti le armi che già aveva deposto il genin, prendendo in mano la cartabomba e mostrandola al sunese.

    «Riduciamo quantomeno le possibilità di attacco esplosivo, di danneggiamento o più semplicemente di distrazione, rendendo più difficile ad un eventuale assalitore agire, ed eventualmente fuggire dopo aver colpito.»


    A quel punto ripose nuovamente l'esplosivo sulla scrivania, portando il suo sguardo e tutta la propria attenzione sul giovane Sunese.

    «Certo hai tutte le credenziali per passare e ti conosco, ma non siamo di certo abbastanza “amici” da permetterti di oltrepassare il gate violando le regole. Non lo concederei nemmeno al Daymio stesso ed alla sua scorta, figurati ad un Genin... Detto questo, te lo chiedo un'ultima volta prima di procedere con la perquisizione: hai con te altre armi o rotoli di evocazione? Nel caso, devi consegnarmeli, poi, con il tuo aiuto verranno sigillati in un rotolo codificato con il tuo chakra, in modo che nessuno oltre a te possa accedere al contenuto. Ovviamente ti verrà riconsegnato quando uscirai dal gate, ma finchè sei tra le mura di Konoha, non ti sarà concesso portare armi. È una regola che vale per tutti gli stranieri nel villaggio e non sarà per te che farò uno strappo alla regola, specialmente dopo quanto accaduto, segno che qualcuno di qualche altro turno si è concesso la leggerezza di lasciarsi passare sotto il naso qualcosa»


    Inutile dire che Atasuke, se costretto, non si sarebbe risparmiato una perquisizione fisica, verificando ogni singolo angolo, ogni singola tasca, sacca o quant'altro negli abiti del sunese che potesse in qualche modo contenere un qualsiasi oggetto. Egli era esperto nel celare il proprio equipaggiamento alla vista e come si dice: Serve un ladro per prendere un ladro.
    Atasuke in quel caso non era un ladro, ma sapeva bene i posti migliori in cui celare dei piccoli oggetti come dei kunai, delle carte bomba o peggio: Dei rotoli d'evocazione.

     
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    Arrivo a Konoha

    Post Terzo





    «E buon giorno anche a te Shu... Ti sei mai chiesto perchè la procedura di ingresso dalle mura prevede la rimozione di TUTTE le armi?»

    Attesi la fine della sua ovvia e noiosa spiegazione

    E fate bene a non fidarvi, Atasuke. Come faccio bene io a non fidarmi di voi per garantire la mia incolumità all'interno del villaggio di Konoha. Inserirei volentieri il mio equipaggiamento dentro i vostri rotoli, ma non intenzione di lasciare qui le mie armi e i miei segreti. Ho bisogno di difendermi. Quindi che ne diresti se questo rotolone se ne venisse con me all'interno del villaggio, sotto la custodia di qualcuno? Così, nel peggiore dei casi, potrei sempre reagire ad un attacco. Comunque, giusto per aiutare la tua buonafede, ecco qui il resto.

    Mi tolsi il mantello e posai il rotolo contenente la marionetta sul tavolo. Come Atasuke avrebbe potuto notare il rotolo era chiuso da una cartabomba. Si potevano intravedere dei kanji disegnati a mano sotto, ma non erano decrifrabili.

    Cerca di non aprire il rotolo, se non sai come disinnescare il meccanismo potrebbe esplodere. Non è una bomba molto potente, serve più per proteggere il contenuto che non per uccidere. Come ti ho già detto Atasuke non ho intenzione di lasciarlo qui, anche con le vostre precauzioni. Mi dispiace, ma non posso proprio permetterlo.

    Mi dispiaceva, in un certo senso, trattare così Atasuke, specie perché volevo parlare con lui per chiedergli un importante aiuto nel mio scopo finale, l'uccisione di Jeral. In quella missione, nel deserto, mi era sembrato uno dei pochi ninja decenti che avevo conosciuto tuttavia sapevo bene che non potevo fidarmi di nessuno.
     
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    ~You Shall not Pass~


    Shu sembrò aspettare, quasi con ansia e con una malcelata noia la fine del discorso di Atasuke. Per quanto seccato, tuttavia, egli non lo diede a vedere e lasciò correre. In fondo non aveva espresso altro che la normalità, cosa che certamente annoiava i più e che tutti additavano come una cosa ovvia, ma che immancabilmente, forse per sbadatezza, forse per altro, finivano per sbagliare.
    Osservò con attenzione i movimenti del genin, osservando poi con altrettanta attenzione il rotolo ed il particolare sistema di sicurezza posizionato per evitarne l'apertura. Certo un sistema “semplice” nella sua struttura, ma non per questo meno pericoloso.

    °Evidentemente deve contenere qualcosa di parecchio importante...°


    Evitò di commentare, lasciando spazio al sunese per le dovute spiegazioni, prima di riprendere il discorso prendendo in mano il rotolo e guardandolo facendoselo saltellare tra le mani girandolo e girandolo ancora cercando di osservarne ogni minimo dettaglio per poi posarlo sul tavolo dove erano presenti tutti gli altri oggetti.

    «Shinichi... Aspetta ancora un'attimo prima di sigillare tutto, sembra che abbiamo un'elemento problematico...»


    Disse in tono riservato ma deciso. In fondo quello era un'ordine e non doveva permettersi di sembrare qualcosa di differente, ma allo stesso tempo, non aveva senso tirare su un casino per una situazione come quella.
    Portò quindi lo sguardo sul marionettista. Lo osservava con sguardo deciso, inflessibile. Per quanto non volesse essere così poco amichevole, quelle parole, quella situazione ed il ruolo che ricopriva in quel momento gli imponevano un preciso rigore.

    «Fingerò di non aver sentito i tuoi commenti in merito alla presunta inefficenza delle protezioni di questo villaggio, ma ci terrei a fare un distinguo tra i guardiani di Konoha e le porte spalancate di Suna che hanno permesso ad un gruppo di nukenin di entrare armati e portarsi addirittura via il vostro jinchuuriki. Certo, dopo non siamo riusciti a riacciuffarlo, ma questo è un'altro discorso e sarò ben lieto di parlarne con te quando smonterò dal servizio.»


    Non volle aggiungere altro su quell'argomento, che in quel momento considerò definitivamente chiuso o quantomeno in quella specifica sede di discussione.

    «Tornando al discorso madre: La situazione è semplice: Puoi rifiutarti di lasciare qui le tue cose, tornartene fuori dalle mura ed aspettare li chiunque devi incontrare, altrimenti ti fidi di me, lasci qui le tue cose e puoi proseguire dentro al villaggio. Non posso permettermi di mandare qualcuno a scortarti. Se mandassi un guardiano per ogni visitatore proveniente da altri paesi ninja, ora sulle mura non ci sarebbe nessuno a difendere il villaggio. Il massimo che posso fare è farti aspettare la prossima pattuglia e farti fare il giro con loro, ma le tue armi resteranno qui, fine del discorso.»


    Mentre il monologo avanzava, il tono di Atasuke sembrava farsi sempre più deciso e marcato, segno palese che non avrebbe accettato proposte o discussioni ulteriori. Quelle erano le regole e non c'era alcuna motivazione reale o apparente che potesse giustificare una violazione delle stesse.

    Se il sunese avesse deciso di accettare la proposta si sarebbe quindi messo da parte, lasciando sbrigare le formalità al sottoposto, ma tenendo bene d'occhio tutta la procedura per evitare che qualcosa andasse storto o che il sunese tentasse in qualche modo di raggirarlo.

    Se invece si fosse rifiutato, accettando di non entrare nel villaggio, gli avrebbe concesso di riprendersi tutte le sue cose. I danni che Konoha aveva subito erano nati a causa di qualcuno che non aveva rispettato le norme più basilari ed Atasuke non si sarebbe concesso il lusso di un'errore tanto sciocco.
     
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    Arrivo a Konoha

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    Tornando al discorso madre: La situazione è semplice: Puoi rifiutarti di lasciare qui le tue cose, tornartene fuori dalle mura ed aspettare li chiunque devi incontrare, altrimenti ti fidi di me, lasci qui le tue cose e puoi proseguire dentro al villaggio. Non posso permettermi di mandare qualcuno a scortarti. Se mandassi un guardiano per ogni visitatore proveniente da altri paesi ninja, ora sulle mura non ci sarebbe nessuno a difendere il villaggio. Il massimo che posso fare è farti aspettare la prossima pattuglia e farti fare il giro con loro, ma le tue armi resteranno qui, fine del discorso.

    Atasuke era irremovibile. Da un certo punto di vista me l'aspettavo... a quanto pareva dovevo rinunciare ad entrare a Konoha... anche se... in un certo senso dimostrando di fidarmi di Atasuke lui avrebbe potuto fidarsi di me e, probabilmente, aiutarmi nella mia impresa finale.

    Rischiare un po' ora per ottenere un possibile guadagno maggiore in futuro.

    Negli anni come infiltrato avevo imparato ad eseguire una valutazione costo-beneficio in istanti, capacità che mi sarebbe tornata utile in questa occasione. Sospirai, più per far vedere che mi ero "arreso" che per altro.

    E va bene, ma sappi prima di cosa significa questo atto di fiducia. E' come se ti chiedessero di cavarti gli occhi e di lasciarli alle "amorevoli" cure dei guardiani di Suna, se tu mai visitassi il villaggio. Sappi che ti riterrò personalmente responsabile e noi Akasuna abbiamo la memoria lunga.

    Non si trattava di una minaccia, velata o meno che fosse, semplicemente stavo trasmettendo ad Atasuke un messaggio per me importante:

    Se questo rotolo viene trafugato o studiato, e me ne accorgerò, tu sei morto. Anche se ora non ho la forza o il potere di ucciderti in futuro tu morirai per mia mano. O peggio...

    Ripensai agli scritti "proibiti" di Sasori. Neanche lui era mai riuscito a mettere le mani sullo Sharingan. Atasuke tuttavia mi sarebbe stato più utile come alleato (amico?) che non come possibile bersaglio. Essendo uno dei pochi shinobi di cui poter aver fiducia, anche se fino ad un certo punto. Non avrei neppure tentato di ingannarlo, mezzucci simili non erano adatti con chi era sul chi vive.

    Osservammo assieme il procedimento di sigillamento dei rotoli e oltre al chakra per contribuire al sigillo avrei inoltre scritto il mio nome a mano sul rotolo stesso. Una cosa inusuale, ma un procedimento su cui nessuno avrebbe avuto da ridire, tranne casi veramente eccezionali.

    Peccato per "loro" che la precisione e la rapidità nei movimenti manuali di un marionettista è tale che è praticamente impossibile replicare la sua firma, dandomi quindi facilmente la possibilità di identificare eventuali falsificazioni. [Manualità]

    Non ho bisogno di una guardia del corpo, terminati questi procedimenti me la posso sbrigare da solo non serve che mi aggreghi ad una pattuglia. Se per te non è un problema sarò qui alla fine del tuo turno, per parlare di quella incresciosa faccenda. Come puoi immaginare abbiamo molto di cui parlare.
     
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