Ospedale di Oto

[Gestionale]

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  1. KiHawke
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    Occhio per occhio

    Pezzo mancante

    Susan sembrò come turbata dalla mia domanda sull'occhio, smettendo per la prima volta di sorridere. Io invece le sorrisi di nuovo. La preoccupazione stava lentamente crescendo dentro di me, ma potevo tranquillamente nasconderlo, per un po'. Sembrava che la ragazza non fosse riuscita a rispondere adeguatamente alla mia domanda...forse era per questo che la sua espressione era diventata meno serena.
    «Non preoccuparti...soltanto, mi servirebbe che chiamassi di nuovo Ledah....è importante, molto. Potresti farlo, per favore? » chiesi, senza smettere di sorridere.

    Se la scena di prima si fosse ripetuta e quindi avessi dovuto parlare al posto di Susan per chiamare iol medico, avrei detto:

    «Dottor Ledah, potrebbe venire qui? è importante...molto. »

     
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    Susan fece lo stesso gesto dell'altra volta, ma questa volta il primario replicò:

    "Al momento sono impegnato, se non è nulla di urgente mi farò vivo tra un ora."

    E tornò ad occuparsi delle analisi sull'occhio dell'Uchiha, non sarebbe stato difficile estrarre i geni della tecnica speciale se il suo paziente avesse già sviluppato lo sharingan, tuttavia il talento di Morai era ancora acerbo ed il DNA di quel campione risultava praticamente inservibile allo scopo di creare un clone funzionante della preziosa Kekkei Genkai.

    Quado finalmente arrivò dal paziente, avrebbe chiesto:

    "Qual'è il problema?"

    Ed una volta udita la richiesta, il ninja avrebbe detto con semplicità:

    "L'ho riposto in una boccetta, ad Oto non apprezziamo gli sprechi."

    Non servivano fosse comuni ad Oto, tutti i derelitti assumevano uno scopo da morti nei sotterranei dell'ospedale prescindere dal loro grado di decomposizione.
     
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  3. KiHawke
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    Occhio per occhio

    Responsabilità

    L'attesa fu davvero snervante. Mi stavo rodendo da solo, piano piano, consapevole di aver lasciato un segreto in mano a qualcuno che li avrebbe sfruttati per scopi propri. Susan avrebbe facilmente notato la mia agitazione, anche solo per il numero di colte in cui cambiai posizione nel letto o feci per alzarmi. Ovviamente, non ci riuscii mai.

    Riuscii finalmente a trovare la calma soltanto quando Ledah si fece vivo. Sospirai, sentendomi però ancora in dovere di tutelare la foglia e gli Uchiha.

    «Dottor Ledah, il mio occhio...lo vorrei. Non è che non mi fido di lei...bhe, a dire il vero un po' si...ma non posso permettermi di lasciare un mio occhio in mano a qualcuno che non sia della foglia. Ho già commesso un grave errore a non farmi rimuovere l'occhio prima di venire qui... »


    Edited by KiHawke - 18/7/2011, 13:52
     
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    Sul volto di Ledah non comparve alcuna espressione, sembrava anzi che le parole di Morai non avessero avuto alcun effetto, come se avesse parlato con un muro, tuttavia, il medico rispose:

    "Il tuo occhio è stato archiviato, qui ad Oto non buttiamo mai nulla e qualche pezzo in più può sempre servire, ma se ci tieni così tanto, posso lasciartelo."

    Certo, forse non era il massimo dire a qualcuno che uno degli occhi coi quali era nato e cresciuto non fosse considerato che come un pezzo da ricambio difettoso, ma d'altronde in quel luogo era così.
    Inoltre i geni di quell'occhio erano addormentati ed anche utilizzandoli, ne avrebbe ricavato solo delle funzionalità estremamente limitate rispetto a quelle dello Sharingan.

    C'era da dire poi che per il DNA non gli occorreva tutto l'occhio ed aveva già il campione che gli occorreva e così non aveva veri problemi nel restituire a Morai il suo vecchio occhio.

    Se Morai non avesse avuto altre domande, il medico sarebbe andato a prendere l'occhio, presentando al ragazzo una vista non del tutto piacevole.
    Il suo occhio si trovava all'interno di una boccetta dal corpo lungo e con una base leggermente allargata, era chiusa ermeticamente ed all'interno di un liquido trasparente fluttuava l'occhio martoriato del ragazzo.

    Non c'era possibilità d'errore, la cicatrice era la medesima che ricordava e solo sulla parte posteriore del bulbo si notavano due piccoli fori rossi, causati dall'estrazione ed una cavità laddove era stato separato dal nervo ottico.
    Da quelle ferite Ledah aveva già preso dei campioni senza lasciare segni e poggiando la boccetta sul tavolo accanto al letto, disse al ragazzo:

    "Eccolo, tra un ora verrà servita la cena, se non c'è altro, ci vedremo domattina."

    Susan avrebbe mostrato un nuovo foglietto a Morai chiedendogli:

    -Cosa vorresti mangiare?-

    Non sembrava affatto turbata dal macabro soprammobile lasciato da Ledah.
     
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  5. KiHawke
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    Occhio per occhio

    Cena

    Fui piuttosto sollevato di vedere il mio occhio, oltre che leggermente impressionato. Il segno sull'occhio era ancora ben visibile, come anche due piccoli forellini rossi. Il contenitore del bulbo venne poggiato sul tavolo vicino a me. Mi sembrava che il mio occhio mi guardasse, come ad accusarmi di averlo abbandonato.

    Seccato dal mio stesso occhio, girai la boccetta, in modo che quel piccolo cerchietto smettesse di guardarmi. Peccato che quella piccola parte di me aveva evidentemente ereditato da qualcuno la testardaggine, visto che tornò immediatamente a fissarmi, rotando lentamente.

    Già lo dovevo distruggere per una questione di responsabilità, se poi si metteva anche contro di me sul piano personale...Girai nuovamente la boccetta, sperando vivamente per quel mio piccolo bulbo oculare che smettesse di fissarmi. Solo allora realizzai l'assurdità dei miei pensieri, mettendomi a ridere. Susan avrebbe potuto osservare le mie azioni, ed io non esito a dire che mi sarei definito matto.

    La domanda sulla cena mi prese un po' alla sprovvista.

    «Uhm..ehm...non so...del ramen?» dissi, esitando. L'idea di mangiare di nuovo in un ospedale non mi entusiasmava, sopratutto ricordando la qualità del servizio offerta a Konoha...sperai che ad oto si mangiasse un po' meglio!

     
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    Susan guardò Morai girare il proprio occhio e ridacchiare quando lo vedeva tornare a girarsi e così, quando lui smise di compiere quel gesto, lei fece lo stesso e rimase con un sorriso a guardare l'occhio tornare a fissarla, la cosa non sembrava farle impressione e d'altronde, lei aveva assistito al momento in cui veniva rimosso dalla testa dell'Uchiha.
    La ragazza continuò per un pò sino a quando non si parlò della cena, sarebbe stata lei a doverla servire.

    Ledah rispose al genin:

    "Ramen non ne abbiamo di solito, ma posso chiedere alla mia amica di prepararne uno."

    Da quando era divenuto il primario dell'ospedale, Ledah aveva cominciato a rivolgersi a Nikaido per il cibo dell'ospedale e lei di ramen non ne faceva, o peggio, glielo si poteva chiedere ma naturalmente, non ci si poteva aspettare qualcosa di paragonabile a quello di Konoha...non perchè fosse di scarsa qualità, ma per la differenza negli ingredienti utilizzati.

    Quando Ledah comunicò alla donna l'ordine di un ramen, quest'ultima si ritrovò divertita all'idea di creare un nuovo piatto basato su quella ricetta.
    Ovviamente si sarebbe trattato di un ramen alla Nikaido.

    La pasta era normale, ma il brodo era ricavato con ingredienti particolari aldilà dei soliti, innanzitutto non venivano usate carne di pollo o di maiale, ma di rapace otese, un corvo gigante grande abbastanza da poter dare la caccia ai cuccioli di lupo.
    Poi c'erano le alghe, non molto comuni ad Oto, così la donna mise al suo posto una pianta carnivora e dato che le alghe non venivano tagliate, la pianta era ancora viva e capace di mordere chiunque si avvicinasse, tanto per rendere più avvincente il pasto.

    Era così soddisfatta del suo lavoro che volle presentare in persona il pasto al paziente e quando Susan sentì bussare, andò ad aprire col rischio d'essere travolta dalla locandiera.
    Nikaido si presentava come una bella donna dalla carnagione pallida, lunghi capelli neri ed occhi verdi, le forme erano più che generose e gli ampi fianchi erano controbilanciati da un seno prosperoso che emergeva da un'ampia scollatura, la vita sottile era scoperta, sulle labbra portava un rossetto verde e sugli occhi una striscia di ombretto viola, all'orecchio sinistro portava un orecchino a forma di teschio.

    La prorompente locandiera portava in mano una ciotola di ramen e con aria sicura disse all'Uchiha:

    "E' arrivata la cena piccolo malato e tu bambolina, fatti da parte!"

    Scostò Susan con una mano e porse il piatto a Morai dicendogli:

    "Ecco il tuo ramen, è una mia variante personalissima, attenzione alla pianta carnivora."

    E subito la pianta fece per mordere le bacchette di Morai.
     
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    [Continua da Qui]

    Impiegai meno di un minuto per arrivare davanti le porte della struttura ospedaliera. Varcato l'ingresso mi diressi verso le infermiere presenti nella hole, diretto e deciso come l'occasione lo richiedeva.

    " Chiamatemi Ledah e preparate una stanza senza altri pazienti. Se non ve ne sono liberatene una."

    Non che la situazione fosse urgente ovviamente: la ragazza era semplicemente svenuta per la stanchezza, con po di riposo, una flebo, cibo e acqua sarebbe tornata in nemmeno una settimana in completa forma. Tuttavia Elektra era al momento una straniera in territorio Otese e io mi stavo assumendo la responsabilità di averla introdotta nel villaggio senza controlli particolari. Infatti vi era ancora una remota possibilità che la ragazza facesse parte di un piano terroristico o di un più ampio progetto architettato da altri villaggi ninja...ma questo lo avrei scoperto a breve. Non avrei lasciato che la debolezza di un momento mettesse a rischio la gente del villaggio...Per questo avevo bisogno di Ledah, per quanto stravagante era l'unica persona che all'interno dell'ospedale avrebbe preso la faccenda con le dovute precauzioni...

    k26rn5

     
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    Ledah venne avvisato da Susan riguardo all'arrivo di Diogene, un ninja che probabilmente riteneva che il proprio valore nelle arti della guerra gli desse autorità anche all'interno di una struttura dove invece il potere assoluto era detenuto da qualcuno che invece eccelleva in ben altro tipi di arti che in un ospedale risultavano nutrire un peso decisamente maggiore e che potevano salvare la vita a decine di valenti guerrieri.

    In ogni caso, il tono d'urgenza del Mikawa mal s'adattava alle condizioni della giovane paziente che aveva portato con sé, non si poteva certo parlare d'urgenza e d'altronde, i lavori d'espansione dell'ospedale voluti da Ledah avevano aumentato il numero di camere in un luogo in cui giornalmente arrivavano feriti in fin di vita oppure dove i pazienti riposavano dopo l'innesto di un nuovo braccio in solida lega metallica.

    In ogni caso, se Diogene s'era dato tanto pensiero da precipitarsi in ospedale le ipotesi erano due, poteva trattarsi di un eccesso di preoccupazione da parte del Mikawa oppure sotto v'era qualcos'altro e raggiungendo il Jonin alla camera nella quale la giovane era stata alloggiata, il medico disse col solito timbro impersonale:

    "Salve Diogene, sapresti spiegarmi qualcosa in più sull'urgenza del caso di questa ragazza?"

    [...]



    E quando Diogene gli disse che semplicemente non aveva idea di quale fosse la provenienza della ragazza e di quale potesse essere il suo scopo ad Oto, il primario disse:

    "Non mi sembra una minaccia, ma se vuoi sapere qualcosa di più su di lei, non resta che attendere che si svegli e chiederglielo, non credo manchi molto oramai."

    E così fù, in quanto la ragazza si svegliò poco dopo nel letto dalle candide lenzuola di una spoglia camera d'ospedale, vicino a lei vi erano due sedie e su una di esse, si trovava un ragazzo alto dal colorito pallido con indosso un atipico camice bianco che era possibile aprire sul davanti, aveva due occhi celesti e folti capelli d'un nero corvino, il volto era inespressivo e togliendosi degli occhiali dalla montatura tonda, si presentò:

    "Il mio nome è Ledah e sono il primario dell'ospedale di Oto, Diogene Mikawa era così preoccupato per te da stimolare la mia curiosità, normalmente non mi scomoderei per un caso come il tuo, un paio di giorni qui e sarai tornata in perfetta salute, tuttavia, pare che tu abbia una storia interessante da raccontare.
    Ma andiamo per ordine, qual'è il tuo nome?"

    ledah_primario_cambio_abito_1



    Per tutto il tempo il ragazzo continuò a parlare con un timbro di voce impersonale.
    Adesso il primario attendeva una reazione della ragazza dai capelli rossi, quando era entrato l'aveva controllata con i suoi occhiali speciali per assicurarsi che non nascondesse nulla sotto i vestiti o nella carne, non era molto carino utilizzare degli occhiali capaci di mostrargli persino le ossa di una persona, ma d'altronde la preoccupazione di Diogene andava placata in un qualche modo.
    Eventuali armi trovate sulla ragazza erano state riposte su un comodino di fianco al letto, non c'era nulla di insolito ad andare in giro armati, non in un villaggio ninja almeno ed a maggior ragione dentro Oto.
     
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  9. Amber
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    .:dalle Mura:.



    ~ post 3: Flashback: All'ospedale



    Elektra stava sognando casa sua, più precisamente quando suo padre la portava a letto la sera, a volte già semi addormentata, come Diogene aveva fatto con lei ora. Quando aprì gli occhi si sentì comoda tra le lenzuola pulite e morbide, dopotutto erano diverse settimane che non aveva modo di riposare in un letto degno di questo nome, in più era oltremodo stanca.

    Non sapeva per quante ore, o giorni, avesse dormito, ma una luce diurna filtrava dalle finestre.

    Dove sono?



    Questo il primo pensiero della ragazza, che, ormai sveglia aveva riconosciuto che il luogo non era il proprio letto: quello era solo un sogno.

    I miei oggetti? Le armi? Il flauto del maestro??



    Subito si alzò di scatto, spaventatissima dalla possibile scomparsa delle sue scarse proprietà, soprattutto quelle appartenute al suo defunto maestro, Hikai-sama. Sul comodino di fianco al suo letto le parve di vedere le sue cose, ma fu la presenza di un ragazzo ad attirare la sua attenzione.

    Era seduto su una delle due sedie poste nella stanza, e sembrava un medico. O, meglio, indossava un camice. Un po' diverso, in verità da quelli che aveva visto finora, esso si apriva infatti sul davanti. Questo supposto medico era, all'osservazione, poco più di un ragazzo, alto e pallido, più di Elektra, che, pure, non aveva una carnagione abbronzata. L'espressione colpì la kunoichi, priva di emozioni, così come la voce con la quale le rivolse la parola:

    "Il mio nome è Ledah e sono il primario dell'ospedale di Oto, Diogene Mikawa era così preoccupato per te da stimolare la mia curiosità, normalmente non mi scomoderei per un caso come il tuo, un paio di giorni qui e sarai tornata in perfetta salute, tuttavia, pare che tu abbia una storia interessante da raccontare.
    Ma andiamo per ordine, qual'è il tuo nome?"


    Primario? Sembra così giovane, e...triste? No, non è tristezza la sua, è apatia pensò la ragazza, cui invero l'individuo ispirava una certa tristezza, con la sua espressione impersonale.

    - Mi chiamo Elektra Salander, e provengo dalla campagne del Paese del Riso. Sono allieva di Hikai Shimasu-san, che è...che era un ninja di questo villaggio. Quello è il suo coprifronte. -

     
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    Ledah rimase impassibile durante il risveglio della ragazza la cui tragedia doveva ancora essere rivelata, la perdita di una persona importante e l'arrivo nello spietato villaggio del suono da uno dei paesi della regione che rappresentava una patria per tutti i presenti.
    Il primario stesso era giunto ad Oto circa sei anni prima, in cerca di risposte su sé stesso, mentre lavorava alacremente al progetto di crearsi un ruolo all'interno del villaggio; colei che l'aveva preceduto ed investito della carica era stata una guida fondamentale, se anche al ragazzo fosse capitto di perderla, non era sicuro che sarebbe arrivato alla posizione attuale.
    C'era da dire però che nel corso degli anni avesse visto morire numerosi shinobi importanti, non conosceva alcuno Shimasu tra di essi, ma il clan dei flautisti vantava un certo prestigio all'interno del villaggio ed il flauto ed il coprifonte trovati sulla ragazza, potevano confermare le sue parole.
    Oppue dare il via a scenari più sinistri, in ogni caso, il medico dovette come al solito fare affidamento alla sua fredda logica ed ignorare il dolore emotivo della giovane Elektra per risolvere la questione sollevata da Diogenes e così chiese alla giovane:

    "Bene Elektra Sander, non conosco questo Hikai Shimasu e non l'ho visto qui, il coprifronte ed il flauto in tuo possesso suggeriscono che tu dica il vero, ma devo chiederti di raccontarmi qualcos'altro, sia sul tuo maestro che sul motivo che ti ha portata qui, sei arrivata allo stremo delle forze e ti ci vorrà qualche giorno prima che tu ti riprenda completamente, quindi avremo del tempo per conoscerci meglio."

    Con un pò d'impegno Ledah avrebbe potuto guarirla completamente il giorno stesso, ma tenerla sotto controllo in ospedale avrebbe dato il tempo a Diogene o chi per lui di controllare i registri di Oto e confutare la storia della ragazza.
    Ledah non era del tutto convinto della necssità di quei controlli, ma se Diogenes in persona si era scomodato, valeva la pena d'indagare, d'altronde, quella ragazza avrebbe potuto aver bisogno di una nuova guida.
     
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  11. Amber
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    ~ Flashback: il Racconto



    "Bene Elektra Sander, non conosco questo Hikai Shimasu e non l'ho visto qui, il coprifronte ed il flauto in tuo possesso suggeriscono che tu dica il vero, ma devo chiederti di raccontarmi qualcos'altro, sia sul tuo maestro che sul motivo che ti ha portata qui, sei arrivata allo stremo delle forze e ti ci vorrà qualche giorno prima che tu ti riprenda completamente, quindi avremo del tempo per conoscerci meglio."


    Evidentemente, quello che Elektra aveva raccontato a quello strano primario non era bastato a soddisfare la sua curiosità, anzi, iniziava ad assomigliare ad un interrogatorio ...va bene che è un villaggio ninja, ma mi sembrano troppo sospettosi, pensò la ragazza. Ma qualcosa le suggeriva fosse meglio dire tutta la verità, così si apprestò a raccontare, seppur senza avere la minima voglia, soprattutto sapendo di dover rivivere momenti che era meglio per lei dimenticare.

    Come le ho detto prima vengo da un paesino della campagna di questo paese, Lemkigakure, a essere più precisi...mio padre è un artigiano, anche se, se chiedete a lui, vi risponderà che è un artista; costruisce strumenti musicali, e lavora principalmente su commissione, per le bande dei paesi e le orchestre dei signorotti locali...io l'aiutavo in bottega, ma non era quella la vita che desideravo fare, così, quando quell'uomo si è presentato alla porta...beh, ho colto l'occasione al volo. Egli era venuto a ritirare un flauto che aveva ordinato a mio padre. Lui mi aveva già raccontato di quell'ordinazione, che era molto importante per lui e che era orgoglioso di avere tra i propri clienti un ninja di quel livello. Avevo già preparato tutto, non mi rimaneva che convincerlo. Per fortuna eravamo soli in negozio, quando è arrivato c'ero solo io al bancone. Dopo aver sistemato gli affari, gli ho chiesto di potergli parlare in privato. Non è stato facile vincere la sua ritrosia ne farmi lasciare casa mia senza il permesso di mio padre, ma ci sono riuscita, ha visto quanto ero determinata, e quanto ci tenessi a diventare una kunoichi. Così ho preso le mie cose, e lasciando solo un biglietto di scuse, ce ne siamo andati.
    Prima di tornare qui al villaggio, aveva dei luoghi da visitare, per sistemare delle questioni. In questi viaggi, saranno durati circa un mese, abbiamo viaggiato per tutto il paese, alloggiando in radure o in qualche ostello, ove ve ne trovammo. Eravamo in un bosco, però, quella sera.


    Qui la voce della ragazza si spessa, si sente che sta per toccare il cuore del racconto.

    Sbucarono fuori dal nulla, almeno per me, erano tre, forse di più, da come si muovevano dovevano essere ninja...l'ultima cosa che mi ha detto il mio maestro è stata di mettermi in salvo, poi sono corsa via, verso il buio del bosco. Avevamo passato delle piccole grotte, quel giorno. Mi ci nascosi, e rimasi lì al buio per un sacco di tempo...

    <b>...quando ebbi il coraggio di uscire, era quasi l'alba, con quella poca luce rosea tornai all'accampamento. C'erano tracce di un combattimento selvaggio, alberi divelti e tronchi spezzati. In mezzo a tutta quella confusione vidi il corpo del mio maestro. Era morto. C'erano anche tracce di sangue degli aggressori, chissà, forse qualcuno di loro era morto, ma avevano portato via il corpo. Ero disperata. Scavando con le mani, fuori di me, gli ho scavato una tomba nella terra, poi, ho raccolto il suo flauto e le sue armi, il suo coprifronte e le mie cose, e mi sono allontanata da lì. Non riuscivo a rimanerci. Poi, sono arrivata qua.



    Il lungo discorso e le emozioni l'avevano lasciata esausta. Si lasciò ricadere sul letto, in attesa di una risposta del suo interlocutore.
     
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    Ledah ascoltò attentamente il racconto della giovane Elektra Sander, per il quale però non manifestò alcuna espressione, nemmeno avesse ascoltato uno sciocco pettegolezzo.
    L'emozione profonda provata dalla ragazza durante il racconto sembrava non riuscire a sfiorare il cuore del medico al di sotto dello strato di ghiaccio che sembrava avvolgere il suo muscolo cardiaco, tant'è che alla fine la sua risposta non offrì alcun vero conforto a chi aveva appena perduto una persona così importante come il proprio mentore, specialmente per la violenza con la quale questa perdita era avvenuta:

    "Grazie della collaborazione, sono sicuro che il ninja che ti ha portata qui potrà dedicarsi non solo ad accertarsi che la tua storia sia vera, ma anche ad occuparsi della morte del tuo maestro.
    Sicuramente si trattava di ninja considerando che dei comuni briganti avrebbero avuto la peggio e può valere la pena di saperne di più."


    Rivolgendosi poi a Diogene Mikawa aggiunse piatto:

    "Diogene, credi di poter eventualmente aiutare Elektra ad ambientarsi qui una volta guarita?
    Non sarebbe la prima volta che un abitante dei villaggi del paese del riso potrebbe risultare utile come shinobi..."


    E poi rivolgendosi nuovamente ad Elektra concluse:

    "...forse non sarà il tuo maestro a renderti una kunoichi, ma qui avrai una possibilità."

    Con queste parole, Ledah lasciò Elektra e Diogene da soli, il tempo era denaro ed oramai la questione era risolta, avrebbe tenuto Elektra sott'occhio nei giorni necessari alla sua ripresa, ma non le sembrava pericolosa, sicuramente i dubbi del Mikawa scaturivano da un'eccesiva fissazione con la sicurezza.
    Oto era cambiata da quando non era più Shinodari a dirigerla, 5-6 anni prima, quando il medico giunse a sua volta da uno dei villaggi del paese del riso, non aveva incontrato quel tipo di prudenza, forse se ne poteva trarre una lezione o forse non significava nulla, la cosa più urgente per il medico al momento, era andare a prepararsi per le altre operazioni della giornata.

    CITAZIONE
    Andate avanti pure tu e Diogene se volete considerando l'assenza di Ledah, al quale potete comunque rivolgervi brevemente prima che vi ianti in asso per andare ad operare altrove.
    Se qualcuno ha bisogno d'essere operato, può postare visto che il mio pg si dedica proprio a quei casi ora.

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    - Ospedale chiuso per mancanza di un membro della Squadra Medica -
     
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