One, twenty-one guns...

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  1. KiHawke
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    One, twenty-one guns...

    Lay down your arms,
    Give up the fight

    Una giornata come un altra. Una noiosissima giornata estiva. Avevo caldo, faceva caldo, tutto era caldo. Io mi annoiavo. Niente missioni, niente combattimenti all'ultimo sangue con Otesi assatanati, nessun albero kilometrico da scalare. Il nulla. Ero stanco, stanco di annoiarmi, stanco di non avere nulla da fare. Stanco delle note che uscivano monotone dalla mia chitarra, magnifiche e commosse, ma vuote, inutili, noiose. Stanco, dannatamente stanco di quel vuoto, di quei buchi, di quelle fottutissime lacrime che sapevo sarebbero subito scese dalle mie ispide guance se avessi avuto almeno uno stralcio chiaro, del mio passato recente. Avevo trovato una famiglia, ma poi? Ero triste come non ero mai stato prima, nei miei ricordi. Neppure nelle brutte giornate della pre-adolescenza, quando mi deprimevo pensando a quella ragazza bionda dagli occhi verdi che tanto desideravo e che non avrei mai avuto. Forse, era anche per questo che odiavo annoiarmi. La noia portava pensieri. I pensieri portano emozioni. Ed eccoci qui, con me malinconico senza uno specifico motivo, più o meno.

    Mi diedi una scossa. Non poteva lasciarmi andare così. Al diavolo, io ero Morai Uchiha. Non uno qualunque. Morai Uchiha.
    Si, ok, uno qualunque. Ma non potevo certo farmi abbattere da me stesso!
    Presi la mia borsa, afferrai al volo la mia Wakizashi e mi misi a correre verso il bosco della foglia, verso un punto non meglio precisato nella foresta. Se proprio dovevo rimanere in panciolle a deprimermi, sempre meglio allenarsi. E con "allenarsi" intendo compiere uno di quegli allenamenti che fanno solo i ninja, bellissimi da vedere, spettacolari, come anche ripassare il kata marziale insegnatomi da Shay. Dopo aver camminato per qualche Kilometro, mi trovai a caso in una radura piuttosto grande, con un ceppo d'allenamento fissato al centro. Probabilmente non ero il primo ad utilizzarla, ma poco male. Buttai la borsa per terra, impaziente di iniziare a muovermi. Come riscaldamento, eseguii le mosse che mi aveva insegnato la mia sensei, ripetendo la combinazione una decina di volte.

    Terminai che praticamente sui miei muscoli si sarebbe potuto arrostirci una mucca, per quanto mi bruciavano. Mi riposai un attimo, sciogliendomi un po'. Presi la borsa, e da li vi estrassi un piccolo armamentario; 7 Kunai, 7 spiedi, 7 shuriken, assieme ad un sottile filo di Nylon e 3 piccoli marsupi-portaoggetti. Abbastanza. Di sicuro. Con cura certosina riposi ordinatamente i miei oggettini di morte ai loro posti, per poi sfoderare la mia Wakizashi. La mia dannatissima lama, la mia espressione di essere. Mi abbandonai un attimo ai pensieri...

    Un ninja, anzi, una persona, deve essere come una Katana, una Wakizashi. affilata da un lato, con una punta letale, e piatta dall'altro. Deve essere in grado di prendere decisioni difficili, di mettere da parte i propri sentimenti, a volte, ma mai perderli. Purtroppo, questo ragionamento non aveva senso con tutti, ma solo con persone "buone". La malvagità era una cosa che caratterizzava, caratterizza e caratterizzerà l'umanità per sempre. Ma io non la capivo. Non riuscivo sinceramente a capire perché qualcuno, poi, dovesse per forza di cose essere malvagio. Non riuscivo a capire per quale assurdo motivo, se una prsona ha una scelta, sceglie di uccidere, di insultare, di distruggere. Non sto parlando del combattimento, della guerra. Lì non c'è scampo. O uccidi o vieni ucciso. Mi chiedo come siano possibili certe reazioni quando si hanno scelte. E saremmo noi la razza più intelligente del pianeta?


    Mi scossi di nuovo. Fischiettando e pensando, avevo inciso 21 bersagli in tutta la radura. Alcuni erano semplici da colpire, altri meno. Mi controllai le cose addosso, sentendo il peso dell'acciaio. Basta pensare, ora si giocava.

     
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  2. KiHawke
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    One, twenty-one guns...

    When you’re at the end of the road
    And you lost all sense of control
    And your thoughts have taken their toll....

    Chiusi gli occhi per un momento, esiliando tutti i miei pensieri. Sapevo dov'erano i bersagli, li avevo incisi io. Scattai verso il tronco d'allenamento, usando il chakra adesivo per aderire al legno. Dei due piedi attaccati all'oggetto, uno si staccò, per spingermi all'indietro, mentre l'altro ruotò su se stesso prima di lasciarsi andare, imprimendo al mio movimento una rotazione che sarebbe perpetrata anche nel piccolo volo che avrei intrattenuto. Presi due armi a caso, lanciandole verso due bersagli, mentre ancora ruotavo. Atterrai sulla morbida erba senza un tonfo, osservando l'esito dell'azione di poco prima. Nemmeno io ci credevo, ero andato vicino al colpire i bersagli.

    Bhe, cosa vi aspettavate, che ci riuscissi davvero?

    In compenso, l'azione era stata spettacolare, magari avrei potuto usarla per fare il figo con qualche studente. Pescai a piene mani dalla tasca degli spiedi. Poi mi misi di nuovo a correre, camminando verticalmente su un albero, raggiungendone la cima per poi saltare nel vuoto. Lanciai le mie armi, mirando a diversi bersagli, stavolta anche uno non nella mia visuale. Sapere come usare i rimbalzi poteva era spesso utile. Impastai del chakra nelle gambe per non farmi troppo male all'atterraggio, notando con soddisfazione che stavolta avevo centrato tutti gli obbiettivi.

    Poi, sentii un gemito.

    Mi spaventai. Presi la Wakizashi al volo, guardingo. Sentii un altro lamento. Mi avvicinai piano alla fonte del rumore, trovandovi un uomo calvo, sulla trentina, muscoloso...e visibilmente messo male. Un taglio che gli attraversava la faccia e che con tutta probabilità non se ne sarebbe mai andato, un braccio visibilmente ustionato ed una gamba ricoperta di ferite non gli davano un aria in salute. Il mio Kunai non c'era. Ed io di sicuro non ero stato a ridurlo così; d'altronde, come poteva essere possibile?

    Gli lessi un espressione disperata in faccia. Aveva paura, paura di me. Ma perché? Indietreggiò, io lo seguii senza capire. Poi, scattai. Odiavo quell'uomo, lo odiavo, lo odiavo! Lo presi per la gola, sollevandolo per poi sbatterlo a terra, con forza. Sentii uno schianto, e vidi che lo avevo schiantato su un tavolo, che a sua volta aveva ceduto. . Aveva iniziato a piangere ed a gridare per il dolore, peccato che nessuno sarebbe mai accorso a salvarlo, a salvare lui. A salvare quel bastardo. Lo ripresi per la gola, spingendolo con forza contro un albero. Il rumore che sentii però fu diverso. Mi accorsi che il calvo non aveva alle spalle un albero, ma bensì un muro di legno. Con la mancina gli tirai un forte pugno, devastando quel volto già martoriato. Doveva pagare, doveva pagare! Lo afferrai di forza per il Kimono, tirandolo su un balcone. Lui si appoggiò all'inferriata, gridando aiuto, ansimando, piangendo. Non avrei avuto pietà. Lui non ne aveva avuto. Perché io avrei dovuto? gli diedi un calcio al ventre, strozzandogli il fiato. Un altro pugno, un altro calcio, sentivo che voleva morire, voleva solo morire, voleva semplicemente porre fine alla sua vita senza soffrire ancora. Bhe, peccato, non avrebbe potuto. Presi una breve rincorsa, mi lanciai contro di lui a tuta forza. Sentii il rumore del legno che cedeva...


    Edited by KiHawke - 19/7/2011, 14:54
     
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  3. KiHawke
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    One, twenty-one guns...

    When your mind breaks the spirit of your soul
    Your faith walks on broken glass
    And the hangover doesn’t pass
    Nothing’s ever built to last
    You’re in ruins.

    ...Ed atterrai per terra, sull'erba. Mi sentii girare la testa, caddi in ginocchio. Mi guardai intorno. Tutto ciò non aveva senso. Altro giramento di testa. Mi rialzai, mi sentivo uno schifo.

    Insomma, con tutta probabilità era uno dei flashback del mio passato, di quelli tanto simpatici che mi lasciando svenire in una pozza di sangue.

    Non era solo la sensazione che subentrava dopo un ricordo, tipo sbornia, erano soprattutto i miei pensieri. In quella visione, in quel lampo di istinto omicida...qualcosa era storto in me. Non avrei potuto nemmeno immaginare di aver fatto quei pensieri. Era il mio passato, è vero, ma...ero sempre io...e avevo torturato un uomo inerme e già ferito...senza alcun fine se non infliggergli dolore. Mi scossi. C'era di sicuro un motivo. Di sicuro. Ma che motivo poteva giustificare quei gesti, d'altronde?

    Mi schiaffeggiai da solo. Dovevo riprendermi, non era il momento di lasciarsi andare ad un ricordo così. Per quanto ne sapevo, probabilmente era distorto e non completo. Dovevo avere la visione completa dei fatti per poter giudicare chiunque, anche me stesso. Decisi però che era ora di fare un riposino. Non mi ero esercitato un gran ché, Ma il flashback mi aveva distrutto, un po' come accaduto le prime volte. C'era da dire che però, rispetto ad esse, 'sto giro l'effetto era stato molto più lieve. Non avevo vomitato, non ero crollato a terra di testa con un tonfo.
    Comunque, mi sedetti sull'erba, prendendo una polpetta di riso dalla borsa. La assaporai con calma, bevendo un goccio di sakè (lo so che non è il massimo bere alcol durante un allenamento, ma la cantina ne era piena, dovevo svuotarla in qualche modo! E ne bevvi solo un goccio!), per poi passare ad una mela. Morsi il frutto un paio di volte, poi, stufo, lo lanciai in aria. Estrassi rapidamente la Wakizashi, colpendo al volo la mela e penetrandola fino alla metà. Un altro movimento del polso bastò a farla scivolare per terra. Poi mi venne un'idea. Una semplice, banale, idea.
    Avevo perso l'occhio destro, è vero, ma il sinistro era ancora integro.
    Per attivare lo Sharingan bisognava impastare del chakra nei bulbi oculari...
    Bhe, al diavolo, ci avrei provato.

    Chiusi anche l'occhio sinistro, iniziando ad indirizzarvi il chakra. La mia energia fluì velocemente verso il suo obbiettivo.

    Cazzo, non l'avessi mai fatto.

    Iniziai a vedere in un modo strano, i colori sfumarono molto. In pratica, riuscii a percepire il chakra con il mio occhio sinistro. Poi però, non riuscii a fermare l'irrorazione di energia, che si diresse toccò l'occhio destro. Immediatamente gridai per il dolore. Sentii come se qualcosa fosse appena esploso ella mia testa. Feci ritirare il chakra, ma la sensazione continuò. Era troppo forte. La visuale mi si sfocò, iniziai a vedere dei pallini giallognoli...in pratica, stavo svenendo...

    Non riuscii a resistere, e caddi a terra esanime.

     
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  4. KiHawke
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    one, twenty-one guns…

    Do you know what’s worth fighting for,
    When it’s not worth dying for?
    Does it take your breath away
    And you feel yourself suffocating?
    Does the pain weigh out the pride?
    And you look for a place to hide?

    Mi risvegliai in un mare di sudore, con la benda che copriva il mio occhio destroy umida…decisamente bagnata, anzi. Mi rialzai, sentendomi tutti gli arti intorpiditi. Chissà quanto avevo dormito. Notai una chiazza rossa sull’erba. La toccai. Era sangue. Mio sangue. Velocemente, andai a sfiorare la garza che copriva la parte destra del mio volto. La mia mano si sporcò di rosso. Presi a cercare nella mia borsa con la mancina, tirandone fuori un rotoli candido. Mi tolsi la fasciatura lorda di sangue, notando che l’emorragia era ormai ferma, e la sostituii rapidamente, cercando di esporre il meno possibile il mio occhio mutilato al sole. Una fitta di dolore accompagnò il gesto, irritandomi alquanto. Caddi seduto, esasperato. Sentii i miei occhi inumidirsi, sempre di più, fino a quando delle lacrime amare presero a scendere sul mio volto, lasciando profondi solchi sulle mie guance. La garza si bagnò di nuovo. Ah, non ci vedeva più ma sapeva ancora piangere, il bastardo.

    Mi ero impegnato per arrivare dove ero arrivato. Ero solo un genin, ma..mi era costato impegno e fatica diventarlo. Fra missioni, l’esame ed i combattimenti…ed ora, era tutto andato. Senza un occhio, non potevo fare nulla. Nemmeno lo Sharingan dava segni di funzionare, anzi, solo provare ad attivarlo mi faceva esplodere la testa. Ero una sorta di invalido. Sbattei il pugno per terra, sull’erba. Non riuscii nemmeno a farmi male. Ero frustrato, ero distrutto, ero…ero tante cose, nessuna delle quali con una minima accezione positiva. Maledizione, perché a me? Perché era dovuto capitare a me, fra tutti? Fra tutte le persone del pianeta, perché era dovuto capitare proprio a me?

    In quel momento, capii. Capii che non ero io a pensare a quelle cose. Come per il ricordo di prima. Capii tante cose. La più importante delle quali fu che io non potevo arrendermi. Io ero un Uchiha, io ero Morai Uchiha: anche senza lo Sharingan, niente avrebbe potuto impedirmi di diventare un ninja dell’elite. Un ninja conosciuto, temuto, magari acclamato da tutti. Decisi cosa avrei voluto fare da grande, in quel momento. Avevo già quasi 20 anni, di tempo ne rimaneva in abbondanza. Tutti avrebbero dovuto conoscermi. Avrei dovuto avere un peso nelle scelte politiche. Volevo diventare qualcuno, un ninja emblema di Konoha, un…sennin?

    Scoppiai a ridere, sentendomi ridicolmente infantile. Però almeno ero riuscito a risollevarmi. Il morale era tornato alle stelle, il corpo iniziava ad oliare gli ingranaggi. Bhe, senza Sharingan, c’erano ancora molte fonti di potere dal quale attingere. Delle caratteristiche uniche e peculiari di ogni ninja. Dovevo solo trovare la mia, la fonte che sarebbe coincisa perfettamente con me. Innanzitutto, dovevo ben stabilire cosa volevo diventare. Un esperto di illusioni? Un assassino silenzioso? Analizzai il mio stile di combattimento, facendo mente locale. Mi veniva facile, direi quasi istintivo combattere corpo a corpo usando delle armi, delle lame. E la mia padronanza con esse stava lentamente crescendo. Qualcosa che mi conferisse una velocità fuori dal comune sarebbe stato il coronamento perfetto per questa mia attitudine. Ma non era solo quello. Io ero anche un grande utilizzatore di ninjutsu…il fuoco, il mio elemento preferito, nonché impronta che caratterizzava il mio chakra. Per proseguire su questa strada, mi sarebbero servite ingenti quantità di chakra, dato che sfornare palle di fuoco su palle di fuoco stanca in modo molto veloce. Invero, dovevo scegliere la via della spada o quella del fuoco. Presi la mia Wakizashi in mano, soppesandola. La feci roteare un po’ fra le dita, mentre sbuffavo dalla mia bocca piccole lingue di fuoco. Era difficile decidersi. Sentii un rumore. Mi girai di scatto, spada alla mano. Tutto vorticò vicino a me, la foresta diventò rapidamente un giardino, un giardino di una ricca villa, costruita secondo architetture a me sconosciute. Capii subito di stare per perdermi nei miei ricordi….nuovamente.

    Quell’uomo, quel bastardo, era per terra, la testa fracassata sulle pietre del suo stesso giardino. Sorrisi, soddisfatto. Il mio obbiettivo, la mia vendetta, erano compiuti. I riflessi annebbiati dalla stanchezza, ero galvanizzato dalla vittoria. Ma ecco che uno scalpiccio venne a disturbare il mio trionfo. Qualcuno stava correndo verso di me, ed il rumore dei loro passi sulle strade risuonava nitidamente nella mia testa. Erano tanti. Troppi? No, per quanti fossero non sarebbero riusciti ad uccidermi…o a catturarmi, se per questo. Li vidi entrare dalla porta. Le rovine della casa facevano da contorno, in questo momento, nonostante l’incendio che stava lentamente avviluppando la casa. Loro erano una decina. Guardie. Le loro corazze, dipinte di blu, si sarebbero rapidamente sporcate di rosso. Non portavano spalliere, tranne il loro leader, che inoltre vestiva anche un elegante mantello nero. Uno stemma bianco ornava i loro elmi, stemma che conoscevo molto bene. Io dalla mia avevo solo una misera cotta di maglia, la mia abilità….e la mia rabbia. Tutti loro portavano un arco. Erano pochi, ma sarebbe bastata una sola freccia per uccidermi. Probabilmente avrebbero iniziato attaccandomi dalla distanza. Infatti, eccoli. Il comandante gridò qualcosa. Eravamo a circa 20 metri di distanza, abbastanza. 10 frecce partirono istantaneamente verso di me. Respirai profondamente, e soffiai. Del fuoco fuoriuscì dalla mia bocca, andando ad impattare contro le frecce. Nemmeno una riuscì a passare attraverso il muro di fiamme. Iniziai a camminare, vedendo lo stupore dipinto sul volto dei nemici. Calpestai rumorosamente le frecce incandescenti, per poi proseguire. Tirarono ancora contro di me. Ma io avevo energie sufficienti per fermare le frecce di un esercito. Arrivai fino a 5 metri da loro. A quel punto, sfoderarono le spade e si gettarono contro di me. Schivai un affondo, per poi afferrare il polso del malcapitato, in modo da poterlo facilmente colpire con la mano libera. Sentii le ossa rompersi sotto la mia offensiva, e la katana cadde all’uomo. La presi al volo, facendo un passo indietro. La adoperai subito per parare un fendente calato verso la mia testa da un'altra guardia: mi mossi muovendo l’arma diagonalmente dal basso verso l’alto usando il piatto dell’arma per diminuire al massimo i danni, facendo poi proseguire poi il movimento in modo da decapitare lo sventurato. Ne rimanevano 8 in grado di combattere. Feci altri due passi indietro, ed iniziai a roteare la lama in modo preciso. L’effetto che volevo ottenere sarebbe stato devastante. Le guardia rimasero un po’ stupite quando iniziai a dare dimostrazioni di scherma in mezzo ad un combattimento, ma smaltita la sensazione iniziale, fecero per accerchiarmi. Quando furono tutti intorno a me, smessi di roteare la spada, presi un attimo fiato, soffiai…e di nuovo del fuoco uscì al posto dell’aria, stavolta però non in una quantità “normale” come successe prima: Ora era il turno di una sfera di fuoco circolare di diversi metri, che coinvolse 5 delle guardie rimaste. Furono spazzate via, ed andarono a sbattere contro le mura della casa, spinti dalle fiamme. Altro fuoco si aggiunse alla casa, ma fatto sta che quelle guardie non ebbero nemmeno mezza possibilità di sopravvivere. Mi girai. Ne erano rimasti 3, più un ferito che era già fuggito. Il capitano e due coglioni che tremavano. Mi bastò respirare profondamente per farli fuggire a gambe levate, urlanti. Solo il capitano era rimasto. Scattai in avanti, facendo per calare un fendente sulla testa dell’avversario; lui alzò la guardia, e con la gamba destra gli feci lo sgambetto. Cadde riverso a terra, e purtroppo per lui, si ritrovò velocemente una katana nell’occhio. Morto.

    Mi risvegliai in ginocchio, tutto sudato. Mi ci volle qualche secondo per riprendermi dallo shock. Poi, tornò tutto normale. Ora, non avevo tempo per mettermi a riflettere su quel ricordo…ma capii che il mio stile di combattimento, il fatto che combinassi le lame con i ninjutsu, era un retaggio del passato, qualcosa che avevo avuto anche molto tempo prima…

     
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  5. KiHawke
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    One, twenty-one guns….

    My Way

    …e che quindi non potevo abbandonare…ma come fare?Avrei dovuto unire due cose completamente diverse, due esigenze completamente diverse. Avrei avuto bisogno di chakra in quantità e di una prestanza fisica fuori dal comune per poter eccellere in entrambe le vie. E comunque, avrei dovuto conciliare i sigilli necessari per le tecniche più potenti con il fatto che avessi sempre una spada in mano. Mi ricordai in quel momento le azioni che avevo compiuto nel mio ultimo ricordo. La tecnica che avevo utilizzato mi pareva proprio la palla di fuoco suprema, ma…non avevo composto alcun sigillo, avevo soltanto fatto roteare la Katana in una maniera molto precisa. Che ci fosse un collegamento fra le due cose? Dubbioso, decisi di fare un salto alla biblioteca di Konoha, magari avrei trovato qualcosa di utile…o forse no. Ma tanto valeva tentare. Recuperai il mio equipaggiamento e feci rotta verso casa, correndo, in modo da potermi almeno lavare, prima di presentarmi in un luogo pubblico.

    Raggiunta la mia umile casetta, buttai sul letto i vestiti sporchi l’equipaggiamento e mi infilai nella doccia. Ne uscii dopo circa 10 minuti, lavato, profumato, e vestito con un elegante Kimono a maniche lunghe,bianco e decorato di rosso. Presi a camminare con calma verso la biblioteca, sperando che la benda sul mio occhio non attirasse troppo l’attenzione. Le ultime parole famose, tutti quanti mi guardavano, qualsiasi cosa facessi. Mi sentivo osservato… e la cosa era fin troppo palese. Arrossii più volte, fino a quando decisi di fare il tragitto sui tetti. Ok, attiravo lo stesso l’attenzione…ma stranamente, meno di prima. E di sicuro non per la benda. Usai il chakra adesivo per salire sull’abitazione più alta che trovai, iniziando poi a saltare da un terrazzo ad un altro, a volte rischiando anche di cadere. Atterrai accidentalmente su una finestra, scheggiandola; feci una faccia preoccupata, e me ne andai prima di soppiatto, poi iniziando a correre sempre di più. Dopo aver percorso 200 metri fra capriole e salti, vidi una persona affacciarsi dal lucernario; Feci finta di niente, aumentando il passo, mentre il tipo iniziò a gridarmi dietro. Bhe, d’altronde me la ero cercata.

    Spiccai l’ultimo salto con decisione, atterrando davanti alla porta della biblioteca con uno schianto, con conseguente sollevamento di polvere e simili. Mi guardai intorno; non c’era nessuno. Mi ripulii il kimono, estrassi la mia matita ed il mio taccuino, ed entrai. L’interno era buio, ovviamente silenzioso e fresco, davvero molto fresco. Sentii la calura dell’esterno scivolarmi via di dosso, ed una piacevole sensazione ricoprire pian piano la mia pelle. Evitai con cura il bibliotecario e le poche anime presenti nell’edificio, perdendomi però fra le varie sezioni della biblioteca. Erano davvero tantissime. Manuali di cucina, di sartoria, piccoli tomi di erboristeria… c’era di tutto in quel posto. Dopo oltre un quarto d’ora di ricerche, trovai qualcosa che avesse un minimo di interesse: nascosta fra l’ala dei romanzi e quella dei libri di medicina, c’era la sezione che racchiudeva tutto ciò che riguardasse la storia passata. Con entusiasmo, mi lanciai fra i vari libri, iniziando a leggere i titoli ed i riassunti; non che fosse il metodo migliore per capire cosa fosse effettivamente scritto nel libro, ma non avevo il tempo per sondare tutti gli scritti lì presenti, a meno di prendersi una ventina d’anni di ferie da qualsiasi cosa. Ciò che potevo fare era cercare il più possibile qualcosa di interessante, e allora, solo allora, soffermar mici sopra.

    [ 4 inconcludenti ore dopo]



    Dopo 4 ore, ero a pezzi. Mi faceva male la testa, mi annoiavo da morire e non avevo ancora trovato nulla di minimamente utile o, ancora meno, interessante. Ed ecco che, espressi gli ultimi pensieri famosi, l’occhio mi cadde su un volume che risvegliò la mia curiosità. Non ricordo bene il titolo preciso, ma parlava di demoni. Ah, non i demoni delle favole o qualche malefica entità che veniva evocata salutarmente dagli stregoni malvagi di qualche romanzo…no. I demini, i cercoteri, i bijū. Degli esseri costituiti di puro chakra, dalla potenza semplicemente sconcertante. Liberi, erano in grado di distruggere un villaggio. Ma quando venivano imbrigliati, garantivano al loro padrone, alla loro forza portante, poteri eccezionali: Il chakra del demone influenzava il corpo e lo spirito dei contenitori dei demoni, garantendogli delle capacità fisiche a dir poco estreme ed una riserva di Chakra quasi infinita. Vi erano 9 demoni, ognuno con un caratteristico numero di code: Ichibi, Nibi, Sanbi, Yonbi, Gobi, Rokubi, Shichibi, hachibi, Kyubi. Più code significavano più potere in linea di massima, ma, appunto, in linea di massima. Il libro parlava anche del fatto che i vari bijū si fossero scontrati fra di loro varie volte, e non sempre quello col maggior numero di code aveva vinto: Esempio il Gobi, che pur avendo solo 5 code, ed essendo quindi circa alla metà della potenza massima, non aveva collezionato una singola sconfitta, atterrando però lo Shichibi nel suo percorso. Un demone sarebbe stato l’ideale per me…davvero l’ideale, in grado di conciliare la potenza del corpo e delle mie lame con quella del chakra e dei miei ninjutsu. Ma non vi era niente in grado di aiutare almeno nella ricerca, di questi fantomatici demoni. Chiusi il libro, comunque rincuorato dall’aver trovato qualcosa di interessante, e continuai la ricerca.

    Ma non trovai nient’altro, e scese la sera. Il bibliotecario mi consigliò di andarmene, ed io eseguii immediatamente gli ordini, portando però con me il libro sui demoni. In fondo, non avevo trovato nient’altro. Le strade erano molto meno popolate di quando le avevo percorse, verso mezzogiorno. Tornai a casa, mi misi qualcosa di comodo e mi fiondai a letto. Le oltre 12 ore passate in biblioteca mi avevano stancato a colpi di sbadigli e pagine bianche, e quindi caddi subito in un sonno profondo….

    […]



    Mi svegliai la mattina dopo, a dire il vero piuttosto presto, verso le cinque. Ci avevo messo poco a recuperare, dopo la battaglia contro gli scaffali, insomma… Non avendo nulla da fare, continuai a leggere il libro sui demoni. Trovai altri dettagli. I demoni erano stati divisi fra i vari villaggi, in modo che nessuno potesse avere il sopravvento su un altro, ed ognuno di queste bestiole aveva degli elementi che la caratterizzavano, chi l’acqua, chi il fuoco, chi tutti e cinque gli elementi. Erano esseri selvaggi, senza controllo, malvagi. Qui si riaccese la mia curiosità. Malvagi? Come potevano essere malvagi? In che senso lo erano? Continuai la lettura, appassionato nonostante l’ora. I cercoteri, se non adeguatamente imbrigliati e controllati, portavano la morte e la distruzione ovunque andassero, devastando tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Interessante. In pratica, erano le personificazioni assolute del male…almeno, secondo il libro. Pensandoci, mi sarebbe davvero interessato parlare con un demone, avere sempre una persona con ideali opposti ai miei nella mia testa, a parlarmi, a consigliarmi, se così si può dire. Ed il potere di un cercoterio sarebbe stato il perfetto coronamento per il mio stile di combattimento. Riflettei a lungo sulla cosa. Stavo per imbarcarmi in qualcosa che si sarebbe con tutta probabilità rivelato un fallimento, un umiliazione per me. Ma d’altra parte, lo Sharingan non c’era più. Non c’era più niente nei miei geni che sarebbe stato in grado di aiutarmi. Ed anche se avessi imparato a controllare quel potere, avrei avuto solo la metà delle capacità di un Uchiha normale. No, non era quella la mia via. Se volevo crescere, se colevo diventare migliore, dovevo cercare il meglio, dovevo dare il massimo ,cercando di avere il massimo. Probabilmente sarebbe stato un fallimento. Un completo fallimento, un umiliazione, una riprova che ero un debole. Ma dovevo tentare, dovevo farlo, per me stesso. La mia crescita, intesa come maturazione e come crescita di potere, era legata ad un doppio filo con me, e con le mie ambizioni…quindi, con i demoni. La mia via, era attraverso quelle mostruose bestie. Ne avrei domata una, costasse quel che costasse.
    Avrei aperto la mia via con le mie mani, e poi avrei proseguito su di essa. Al diavolo i nemici, al diavolo le persone che odiavo, al diavolo tutto. Io ero in gioco, e non avevo intenzione di perdere con facilità!

     
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4 replies since 20/6/2011, 22:04   77 views
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