Candida peonia e loto color cremisi

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    Y Danone
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    R E T U R N:
    "We don't become geisha to pursue our own destinies.
    We become geisha because we have no choice."

    Shizuka Kobayashi's story




    divisore





    [Un anno prima]



    « E' bellissima »
    « Si... è cresciuta così tanto dall'ultima volta... adesso è una vera donna »


    Una foto, racchiusa accuratamente in una cornice di pelle lucida nera, era adagiata sul piano di un basso kotatsu invernale in una tipica casa tradizionale giapponese. Attorno ad essa, seduti gli uni accanto agli altri, sei tra uomini e donne continuavano a guardarla senza sosta, come se il solo rivolgere lo sguardo alla figura ivi rappresentata, potesse avvicinarli ad essa.

    « Mi sembra così triste... » Sussurrò un'anziana dai lunghi capelli argentei raccolti in una crocchia. Gli occhi di lei, di un meraviglioso verde smeraldo, si socchiusero debolmente in un'espressione di delusione che sembrava sussurrare tutte le parole che ella, invece, preferì tacere.
    « Voi dite? » Intervenne improvvisamente un'altra donna, molto più giovane della prima, seduta al capo opposto del tavolo « Da quello che Ohisa mi ha riferito in lettera, sembra essere la geisha più richiesta delle terre della roccia, ed è un vero peccato che sia destinata a divenire la capoclan dei Kobayashi, poiché se avessimo avuto l'ardire di venderla a lei, ne avrebbe senza dubbio fatto l'erede della sua Oikiya... così ha detto, almeno »
    « E' lei ad avere un bell'ardire ad insinuare la possibilità di vendere la nostra preziosa bambina ad una casa per geishe » Sbottò immediatamente un anziano signore vestito in kimono che, seduto quanto più in disparte possibile, cercava di apparire in ogni modo disinteressato alla discussione che si stava svolgendo « Smettila di scherzare su queste cose, Heiko » Ordinò infine, riprendendo a fumare la sua vecchia pipa e lanciando uno sguardo raggelante alla bella donna che aveva appena concluso di parlare.
    Ella, una meraviglia rara da vedere, con i suoi mossi capelli corvini e i profondi occhi scuri incastonati in un volto affilato e provocante, rise del rimprovero donatole e guardando il vecchio, scosse la testa con rassegnazione, come se le parole di lui non le risultassero che come l'ennesimo tentativo di domare un carattere che appariva essere tutt'altro incline alla subordinazione.
    Nei suoi occhi fieri e brillanti, propri di una mente che non è abituata a chiedere o scusare, per un attimo parvero farsi strada le parole di quella risposta che non sarebbe tardata a giungere se solo una grande mano nerboruta, ricca di opache cicatrici, non le si fosse prontamente posata sulla spalla.

    « Heiko... »



    Bastò solo quella parola, quel nome, e la rabbia di lei si tramutò inaspettatamente in gentilezza...
    […] Come due oceani che collimano tra di loro, l'uno in tempesta e l'altro in quiete ferma, l'unica persona al mondo che sembrava esser nata per poter affiancare Heiko Uchiha -colei che un tempo si era fregiata dell'onore di essere la più famosa kunoichi del villaggio della foglia, jonin la cui bravura e scaltrezza parevano essere destinate a guidare il clan più prestigioso delle Terre del Fuoco- ...era Toshiro Kobayashi.
    L'aspetto vissuto e la carnagione bruciata dal sole che ne caratterizzavano l'aspetto, conferivano lui molti più anni di quelli che in realtà aveva, attribuendogli la bellezza di una vecchiaia precoce che non sfigurava dinnanzi a quella della moglie, ma anzi, ne pareva addirittura valorizzata. Solo il suo sguardo, stupendo nel suo essere di un verde cristallino, ma straziante per la tristezza di cui era intriso; pareva privarlo del primato di fascino che si sarebbe facilmente guadagnato in un altro momento e un altro luogo.
    Chiudendo gli occhi, l'uomo sospirò stancamente, ritirando la mano che preferì portare alla fronte in un gesto di chiara disperazione, e lì, dopo mesi di silenzio imposto, lasciò adito al dubbio che per tanto tempo aveva torturato tutti i presenti in quella tradizionale sala riccamente arredata, sede delle più importanti riunioni di uno dei più potenti clan di Konoha: il Kobayashi.
    « ...Abbiamo fatto davvero bene a mandarla via? » Sussurrò con voce contesa tra angoscia e paura.
    Attorno il lui, il silenzio.
    « Era necessario... » Mormorò un secondo vecchio uomo, immobile a guardare le foglie di tè verde venire a galla nella sua tazza di porcellana cinese di pregiata fattura e invidiabile grazia.
    « ...Sai anche tu cosa era pronta a fare, Toshiro » Mormorò una donna di mezza età, seduta di fianco a quello che si era rivelato essere il padre di Heiko Uchiha « Non potevamo permetterle di andare... »
    « Sarebbe morta » Concluse il marito di lei, battendo la cenere della sua pipa dentro una ciotola di terracotta decorata « Sicuramente morta » Ripeté scuotendo la testa « Non è ancora abbastanza scaltra da gettarsi nella ricerca di un traditore senza andare incontro alla morte... senza contare che poi, loro non le avrebbero permesso di oltrepassare le mura incolume... »
    « ...ma le avevamo permesso di iscriversi all'accademia ninja di Konoha... è stata promossa come la migliore genin del corso, era così entusiasta quando è partita per l'addestramento solitario con il suo Sensei... quel tale... Ikigami? » Riprese a dire Toshiro Kobayashi, incapace di porre una fine al suo tormento « Forse avremmo dovuto mentirle... tenerle nascosto tutto... »
    « Tenerle nascosto cosa !? » Sbottò allora la moglie del mercante, come un torrente in piena, alzandosi in piedi di scatto con gli occhi neri brillanti di rabbia « Che il fratello ha tradito il proprio clan, rinnegato la sua famiglia e ha deciso di seguire un ninja di un villaggio sconosciuto per un addestramento che è convinto lo porterà a diventare potente e temibile in meno della metà del tempo che avrebbe invece impiegato qui!? » Benché la voce di lei apparisse iraconda e colma di un impetuoso risentimento, fu evidente proprio in quel momento come fosse in realtà velata da una straziante afflizione.
    […] Quello di Heiko Uchiha, era un dolore difficile da spiegare o narrare... era quel tipo di sofferenza dilaniante, feroce e affamata, che solo una madre conscia di aver perduto un figlio può provare... e nessuno, nessuno al mondo più di lei, avrebbe potuto sentirsi così smarrita, disperata e dibattuta tra il sapere cosa era voluto e ciò che era necessario.
    Nonostante tutto, lei, l'unica tra i presenti, era in piedi a fronteggiare la sua famiglia con lo sguardo fiero e deciso di chi non ha rimorso o stanchezza d'animo, forte della sicurezza che così doveva essere fatto, e lei non avrebbe negato alla giustizia il suo corso.
    Non lei. Mai.

    Ci fu dunque il silenzio.
    Tutti i presenti rimasero immobili ai loro posti, ognuno assorto nei propri pensieri e nelle proprie verità, fino a quando il capo del più importante clan di sete e tessuti del villaggio della foglia, alzò lo sguardo ad affrontare quello degli altri.
    Fermo e deciso, ingannato da giustificazioni senza fondamento che aveva voluto donarsi ancora una volta per placare la voce della paura che ruggiva incontenibile dentro di lui, l'uomo dai corti e ispidi capelli castani, posò le mani sul tavolo attorno al quale era riunito con la moglie e i rispettivi genitori di entrambi, e dopo un attimo di pausa -in cui fu più che evidente raccogliesse i cocci delle sue sicurezze per crearne un pensiero lineare e apprezzabile- cominciò a parlare con voce decisa e sicura. Inappellabile.
    « Non possiamo ancora richiamare Shizuka a Konoha » Sentenziò, facendosi forza egli stesso, come se temesse di non sopportare quel pensiero « La dipartita di Kuroro è stato un colpo troppo grave per lei, senza remore ha deciso di lasciare tutto, la sua vita, le sue ambizioni e i suoi legami, pur di ritrovarlo e stare con lui... se la chiamassimo ora, dopo appena quattro mesi di lontananza, non si rassegnerebbe... »
    I due anziani Uchiha, come anche i vecchi predecessori delle redini della stirpe Kobayashi, annuirono silenziosamente alle parole del loro figlio e del loro genero, facendo loro quella realtà dolorosa. Accettandola senza dire una sola parola.
    « Shizuka rimarrà all'Oikiya di Ohisa-sama fino a quando non reputeremo che sia giunto il momento di farla tornare... esigo che nessuno di noi la contatti, né osi farle pervenire notizie sulla famiglia, proprio come abbiamo fatto fino ad ora... deve essere conscia dell'errore che stava commettendo, e deve riflettere su se stessa e le sue priorità » Tacque per un istante, incerto « La famiglia è sempre stata tutto per lei, ma ormai ha l'età giusta per capire che c'è una sola persona con cui sarà costretta a convivere per tutta la vita, e quella persona è lei stessa. Deve comprendere che per aiutare gli altri, per amare gli altri, deve prima di tutto aiutare e amare se stessa... quando decideremo di farla tornare, spero che avrà compreso questa verità... così, forse... forse potrà accettare la realtà che a quel punto saremo costretti a dirle... »
    « ...Intendi rivelarle ogni cosa? » Sussurrò Chizuru Uchiha, madre della moglie di colui che esitava al capo del grande e lucido tavolo di legno massello « ...Il fardello sarà troppo pesante, rischieremo di perderla... »
    « Di questo passo, la perderemo comunque Chizuru-dono » Rispose Toshiro « Dobbiamo rischiare, dobbiamo appellarci agli Dei e sperare che l'ennesimo crollo della sua vita sarà motivo di rinascita per lei... »
    « Deve scegliere la sua strada » Intervenne improvvisamente Heiko, guardando il marito dall'alto della sua posizione, e poi la madre, con uno sguardo che non lasciava spazio ai dubbi e alle incertezze « Che sia la via del giorno o quella della notte, deve essere in grado, al suo ritorno, di prendere coscienza di sé nel mondo, e fare proprio il destino che grava sulle sue spalle » Mormorò, abbassando lo sguardo alla sua sinistra, con volto contrito dall'angoscia. L'idea di perdere entrambi i suoi figli era troppo. Troppo persino per lei.

    Cadde il silenzio, e assieme ad esso la sera.
    Le sei anime riunite in quella sala di verità e menzogne rimasero a guardare la fotografia incorniciata giacere sul tavolo attorno al quale persistevano a rimanere, fino a quando, uno dopo l'altro, non si allontanarono silenziosamente...
    ...e lì, abbandonata al suo destino, sola nell'immensità di un amore troppo grande e troppo forte, rimase solo l'immagine di quella che sembrava essere destinata a tutto o forse a niente...
    Bellissima nel suo meraviglioso kimono di seta scarlatta tessuto con fili d'oro di speranza e incanto, l'immagine di Shizuka Kobayashi troneggiava sul tavolo come la regina solitaria di un teatro deserto.
    Una tale meraviglia non si era mai vista al villaggio della foglia... chi mai avrebbe riconosciuto in quella donna dalla bellezza portentosa l'allegra e spensierata ragazzina dai capelli color dell'orzo che tanto tempo addietro si divertiva a correre da sola per le vie del suo villaggio natale, con un paio di dango in bocca e un sacchetto di caramelle stretto tra le piccole mani di un bianco immacolato?
    Chi mai avrebbe creduto che quella era proprio la figlia secondogenita di quel potente clan...?
    L'erede di fama e potere, dal sangue conteso tra onore e storia.

    […] A vederla, era solo una bambola di porcellana.

    shizuka




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    “ Tra i fiori di pesco

    che sbocciano ovunque

    il primo fior di ciliegio ”


    (Matsuo Basho)




    divisore




    [Nel tempo presente]



    Quello era uno splendido pomeriggio di inizio primavera.
    Il cielo, terso dal brioso vento che ancora preservava un debole ricordo del freddo stuzzicante dell'inverno, brillava di nuvole e pettirossi dal canto gioioso ed entusiasta, mentre i fiori, i più belli nel loro essere i primi, picchiettavano di colori e incantevoli profumi il terreno fertile e vivo che si apprestava a rinascere in un nuovo ciclo di vita.
    Chiunque si apprestasse ad entrare a Konoha, il florente villaggio della foglia, sarebbe rimasto incantato dalla bellezza senza tempo che si ergeva sconfinata di fronte ai propri occhi.
    I negozietti affacciati sulle strade esponevano la propria mercanzia su bancarelle di legno dall'aria poco stabile, e giovani ragazze in kimono continuavano ad offrire volantini e sorrisi ai passanti, sponsorizzando il locale al quale appartenevano o l'attività che gestivano.
    Le strade brulicavano di persone e di nuova vita, nutrita dal sole e dall'allegria, e persino la polvere sollevata dall'incessante camminare nelle vie del villaggio pareva non essere molesta per gli abitanti, che ne godevano il sapore amaro nella bocca e nel naso...
    ...un dipinto di piacevole bellezza, quello; il simbolo della rinascita, dell'arrivo di un nuovo ciclo.

    Per tutti, tranne che per lei.

    […] Camminava al centro della strada, avvolta in uno scialle di seta leggera che continuava a muoversi dietro di lei come il velo di una principessa d'altri tempi, ma lei, sicura di non poter essere riconosciuta, si guardava attorno con gli occhi sbalorditi di una nuova arrivata.
    Osservava le strade, gli alberi e i negozi, come fosse la prima volta mettesse piede in quel villaggio, e non si disturbava di rivolgere nemmeno uno sguardo a tutti coloro che, trovandosela di fronte, si apprestavano ad aprirle la strada indirizzandole sguardi affascinati. Di loro, pareva non accorgersi neppure.
    Quei suoi piccoli passi su geta laccati dipinti a mano, la facevano scorrere eterea tra le vie del villaggio della foglia, e di tanto in tanto, troppo tentata dai ricordi che piano piano le tornavano alla mente, si soffermava a sfiorare il muro di un'abitazione dinnanzi alla quale da bambina amava fermarsi a giocare a palla, oppure il tronco di quell'albero che era stato sempre il suo rifugio preferito nei giorni di riposo, un ricovero tranquillo per leggere e riflettere lontano da aspettative ed imposizioni.
    Un luogo dove poter essere se stessa.

    Ed eccola là.
    Shizuka Kobayashi.
    Nessuno la riconosceva... e nessuno, del resto, avrebbe potuto.
    Un anno prima -questo il tempo in cui era stata costretta a rimaner lontano da casa- si aggirava per il villaggio con lo sguardo sereno e scaltro di una promettente mercante, golosa di leccornie da ragazzina e abiti leggeri e svolazzanti tipici di un'età spensierata...
    ...oggi, camminava per le stesse vie di quel villaggio indossando uno dei più pregiati kimono che i paesani avessero mai visto, sfoggiando calzature, gioielli e un'acconciatura tipica, che alcuni di loro avevano sentito descrivere solo da lontani terzi, dipingendoli nella propria immaginazione con la fantasia dell'ignoranza.
    Nessuno avrebbe potuto riconoscerla, e forse, era meglio così. Della vecchia lei, dopotutto, pareva non essere rimasta che l'ombra.
    Via via che i minuti passavano, la bambina divenuta ora donna sembrava ricordare cose e persone. Si fermava di fronte a negozi dall'imposta chiusa, e si azzardava persino a sorridere ai volti che rammentava... ma, nonostante tutto, le pareva esser passata un'eternità.
    Sembrava fossero passate decadi da quando aveva fatto le valigie, indossato il proprio coprifronte, e baciando tutti i suoi amati parenti, annunciato che stava partendo per ritrovare Kuroro.
    Per lui, il suo amato fratello maggiore, la sua luna per lei che era il sole, avrebbe fatto di tutto... e quel "tutto" non lo avrebbe mai rimpianto. Nemmeno ora, a distanza di un anno, poteva pentirsi di quello che aveva fatto.
    Amava Kuroro sopra ogni cosa, in modo forse eccessivo e forse sciocco, ma non aveva mai rinnegato il proprio gesto... l'unica cosa che si pentiva di aver fatto, era aver permesso alla propria stessa famiglia di ingannarla, drogarla, portarla bendata in un'Oikiya collocata ai limiti delle sue conoscenze geografiche, là dove non conosceva nessuno e dove le era proibito tutto se non la danza e il canto.
    Non aveva perdonato nessuno di coloro che l'avevano presa con l'astuzia, approfittando del suo essere ancora così inesperta come ninja: né quei due ragazzi dal volto sfocato che l'avevano portata via grezzamente, né la sua famiglia... la sua amata famiglia... che non l'aveva cercata, chiamata, visitata... nemmeno una volta. Mai.

    Non aveva perdonato nessuno di loro.
    ...Nessuno di loro.

    I pensieri correvano spediti, e con essi i passi di lei che si facevano sempre più veloci, per quello che le era possibile, via via che sentiva di avvicinarsi alle porte della sua magione, e infatti, di lì a pochi minuti, eccola: villa Kobayashi.
    Non era cambiato nulla, notò improvvisamente, come se i ricordi della sua vecchia infanzia le tornassero nitidi alla mente in modo inaspettato. Assolutamente nulla.
    Tutto era come prima -osservò passando sotto il portale rosso tipico giapponese per poi entrare nel giardino d'ingresso- come se il tempo non fosse mai trascorso, come se lei non fosse mai...

    « DEI DEL CIELO! »


    Il rumore di un servizio di porcellane che cadeva a terra, e un urlo esageratamente ricco di stupore.
    Una vecchia donna ferma sull'uscio della casa, vestita di un bel kimono e di un'espressione sconvolta.
    Gli occhi della più affascinante geisha delle terre della roccia che si voltavano lentamente, truccati con sapienza, seducenti come mai erano stati.
    « Mi lusinghi, Obaa-sama... » Fu Shizuka la prima a parlare. Persino la voce di lei era cambiata, molto più bassa e delicata rispetto a com'era prima del suo viaggio « ...Sono così bella che il solo vedermi ti fa cedere le mani? » Domandò, sarcastica, affilando lo sguardo.
    « Shizuka... » Mormorò Mihoko Kobayashi, guardando la nipote come fosse terrorizzata all'idea del suo ritorno « ...bambina mia... » Sussurrò poi, quasi stesse cercando di smussare la sua reazione in una di felicità senza limiti.
    « Non sono la tua bambina » Sibilò repentinamente la ragazza, fulminando la vecchia con una rabbia incontenibile che prima che avesse il tempo di placare, esplose in tutta la sua potenza « Ma sarei felice di vedere coloro di cui, agli effetti, lo sono » Aggiunse, sorridendo beffarda « ...Sempre che si ricordino di avere una figlia femmina, dato che a quanto pare... » Continuò guardandosi attorno con fare stupito, come se stesse cercando con gli occhi qualcuno « ...si sono dimenticati di avere anche un figlio maschio »
    Le parole di lei lasciavano poco spazio all'immaginazione: Non aveva dimenticato.
    Senza aspettare ulteriori spiegazioni o parole inutili da parte della debole anziana, Shizuka avanzò verso il porticato della casa, e salendo due gradini di pietra, dopo aver abbandonato i suoi bellissimi geta laccati, procedette a passo spedito verso la sala delle riunioni della magione.
    Nessuno le aveva comunicato che i suoi parenti si trovassero là, ma lei lo sapeva, come del resto sapeva tutto della sua famiglia. Aveva sempre saputo tutto di loro, senza riserve.
    Arrivata dunque di fronte alla porta scorrevole di riso, dipinta a mano con una fantasia di aironi in volo sul mare in tempesta, senza nemmeno attendere un segno che la sala fosse o meno abitata, spalancò con forza l'uscio d'entrata e rimase poi impassibile, come pietrificata dalla scena che le si presentava agli occhi.

    […] Lì, di fronte a lei, infatti, c'erano tutti, proprio come si aspettava.
    C'erano sua madre e suo padre, l'uno seduto accanto all'altra, i suoi due nonni materni, come sempre in disparte rispetto agli altri, e suo nonno paterno, al contrario seduto di fianco all'unico figlio, intento a scegliere con cura quale mochi ripieno di ciliegie avrebbe mangiato per primo...
    ...ma la quiete di cui tutti sembravano godere, terminò all'istante quando i presenti ebbero il tempo di vedere chi fosse il loro rumoroso intruso.
    A quel punto ci furono dei dolci che caddero, una pipa che rotolò sul tatami celeste e un singulto di stupore... gli unici due che invece rimasero impassibili, furono proprio loro, Heiko Uchiha e Toshiro Kobayashi, i quali, alzando lentamente lo sguardo verso la porta, si limitarono a guardare l'affanno dettato dalla rabbia disperata che illuminava il volto, fino a poco prima apatico, della loro figlia minore.
    Si guardarono a vicenda, senza che nessuno dei due lasciasse trasparire il benché minimo sentimento, per quanto questo potesse essere positivo o negativo, fino a quando, schiaritasi la voce, Heiko Uchiha prese la parola.
    « Bentornata Shizuka » Disse la donna con voce alta e cristallina, interrompendo il silenzio teso che paralizzava tutti « E' stato piacevole il viaggio di ritorno? »
    Con grande stupore della giovane geisha, sia il padre che la madre, non parevano assolutamente stupiti della notizia del suo ritorno come lo erano, al contrario, tutti i nonni di lei.
    « Un vero piacere » Rispose senza riflettere la ragazza « Non ho avuto problemi a tornare incolume, anzi, ho trovato spesso gentili signori che mi hanno offerto di viaggiare con loro in portantine coperte di veli e signore dallo sguardo gentile che mi hanno sfamata e viziata come fossi una principessa » La sua voce era talmente sarcastica che, per un attimo, si incrinò « Non so, sarà stato merito di quei due uomini che mi hanno seguita per tutto il viaggio di ritorno? Non saprei, datemi il tempo di riflettere... »
    A quelle parole Heiko Uchiha parve sorpresa, ma dopo un attimo riacquistò immediatamente il sorriso ironico che da sempre ne caratterizzava il volto.
    « Te ne sei accorta? » Chiese divertita, come se la notizia fosse assolutamente incredibile « Non credevo avessi questa sensibilità sviluppata »
    « Penso non si tratti di sensibilità, okaasama » Sibilò in risposta Shizuka, raggelandola con una sola, unica occhiata « Ritengo sia questione di intelligenza, nessuno avrebbe mai sperato che una donna sola e così riccamente vestita, scappata da una prestigiosa Oikiya, arrivasse incolume e pura in una terra distante 30 giorni di cammino » Rise sguaiatamente, mentre il volto di lei, di una bellezza disarmante, si contraeva in una smorfia di rabbia senza limiti né paragoni « Ditemi, vi prego » Esordì poi, dopo un attimo « Avete deciso di darmi nelle mani di due guardiani mercenari perché eravate disgustati all'idea di essere voi a sottrarmi dalla mia casa e dalle mie intenzioni, o semplicemente perché non avevate né voglia né tempo da dedicarmi!? »
    « Smettila di fare la bambina » Ruggì immediatamente Heiko, guardando torvamente la figlia « Credevamo e speravamo fossi cresciuta in questo tempo lontano da noi, mentre a quanto pare sei solo diventata più stupida » La jonin ghignò strafottente, reclinando la testa all'indietro come a voler osservare la figlia da una prospettiva migliore « Dimmi Shizuka... a ridurti così sono state le comodità e i vizi dell'oikiya di Ohisa oppure la tua innata idiozia? »

    ...E in quel momento, fu il peggio.
    Shizuka Kobayashi perse completamente la testa, e dimenticandosi della posizione che ricopriva, come anche delle persone a cui si rivolgeva, iniziò a urlare con tutto il fiato che aveva in gola, maledicendo la madre, il padre e tutti gli abitanti di quella casa.
    Maledì l'amore che aveva donato nella speranza di avere parenti che tenessero a lei, nel suo essere stata così ridicola dall'aver creduto che ci dovesse essere un malinteso per quel suo essere stata trasportata nelle terre della roccia, che presto qualcuno sarebbe andato a riprenderla, magari proprio la mamma e il papà.
    Maledì il fratello, che se ne era andato lasciandola lì, che non aveva avuto fiducia in lei e non aveva scelto di portarla con sé, e maledì nuovamente se stessa che aveva creduto di poterlo ritrovare, o di tornare a casa e trovarlo ad attenderla.
    E a quel punto, di fronte all'incapacità di trovare altre parole per descrivere la sua ira, iniziò a maledire qualsiasi cosa: il cielo, la terra, l'acqua, il metallo, il fuoco, gli dei e il destino...
    ...e poi, improvvisamente, scoppiò a piangere.
    Pianse come non aveva mai fatto nella sua vita da che aveva memoria, singhiozzando scossa da brividi, e quando non ebbe più neanche il fiato né la forza di sciogliersi in lacrime, rimase immobile, sul pavimento sul quale era scivolata disordinatamente a sedere, scossa da tremiti terribili come fosse morente.

    […] Attorno a lei, vi era il silenzio.
    I nonni, persino Mihoko Kobayashi e una giovane Ritsuko Aoki -cameriera e dama di compagnia personale dell'erede- accorse nell'udire quelle urla strazianti, guardavano quest'ultima pietrificati, scrutandola dall'antro remoto della loro razionalità come se si trovassero di fronte a una bestia rara. Heiko e Toshiro, invece, rimasero impassibili; solo il capoclan, contraendo involontariamente il viso, lasciò trapelare la sua angoscia e disperazione nel vedere l'amatissima figlia ridotta in quelle condizioni.
    Ma per il resto, nessuno disse una sola parola.
    Neanche quando la ragazza si alzò lentamente da terra e silenziosamente si voltò a ripercorrere i suoi stessi passi, con l'intenzione evidente di lasciare nuovamente la sua casa natale, nessuno osò pronunciare una singola parola nel tentativo di fermarla...
    ...nessuno, tranne Toshiro Kobayashi.
    Fu evidente che lui, forse il più colmo d'amore per la sua bimba, la sua preziosa bimba, non avrebbe retto oltre quel teatrino degli orrori di cui si era fatto partecipe, e alzandosi di scatto corse dietro alla figlia.

    « Shizuka... » Sussurò il capoclan dei Kobayashi quando lei, di fronte ai suoi geta posti all'entrata della magione, si fermò per un istante nell'atto di indossarli « Fermati, ti prego... »
    Davanti a lui, nessuna risposta.
    « Shizuka... » Continuò il padre, sperando che ripetendo una, due, centomila volte il suo nome, questa si sarebbe fermata davvero « Eravamo costretti a farlo, ti supplico, cerca di capire... » Esitò « Le possibilità che potessi trovare Kuroro erano nulle, ma quelle invece di essere uccisa nel viaggio molto più alte... non potevamo perdere anche te... » Strinse i denti e la sua mascella si contrasse nervosamente « Non potevamo perdere anche te... »
    « C'erano molti modi » Disse improvvisamente Shizuka, dopo qualche attimo « Molti modi per farmi capire cose come queste, otosama... »
    « ...Pensavamo che- »
    « No » Lo interruppe immediatamente la figlia, voltandosi all'indietro quel tanto che bastava perché il padre di lei potesse vederne il volto contratto dalla rabbia « Avete sbagliato. Ciò che credete o credevate è irrilevante, e ciò che crederete in futuro, lo sarà ancora meno »
    Detto questo, senza neanche dare il tempo all'uomo di ribattere, indossò i suoi geta, raccolse da terra lo scialle di seta che aveva fatto cadere nell'entrare in casa, e dopo esserselo stretto nuovamente sulla spalle, scese lentamente i gradini di pietra che poco prima le avevano permesso l'accesso, e senza dire nient'altro, si incamminò verso l'uscita.
    « ...Shizuka! » Chiamò ancora il padre « Shizuka dove stai andando!? Dove stai- … » Ma improvvisamente tacque. Persino i suoi passi d'esordio, colmi della speranza di poter raggiungere la ragazza, si fermarono.
    La geisha non ebbe il tempo di chiedersene il motivo, che d'improvviso una voce a lei molto nota raggiunse le sue orecchie, costringendola a fermarsi all'istante. Immobile a pochi passi dalla struttura di legno che permetteva l'entrata nei ricchi terreni del clan Kobayashi, la diretta erede di quel famoso clan, rimase in ascolto.

    « Shizuka » La voce era quella di Chizuru Uchiha « Vorrei dirti solo una cosa... posso? »
    […] Il rapporto di Shizuka con sua nonna era qualcosa di particolare.
    Sin dalla sua infanzia, pareva infatti che se ci fosse un membro della famiglia a cui la giovane erede tenesse più del dovuto, oltre il fratello per cui nutriva un amore sconfinato, era proprio la vecchia ninja del clan Uchiha, colei che l'aveva allevata e baloccata, e che a differenza della madre, poco incline ai vezzi femminili, l'aveva ascoltata nei momenti di crisi e ne aveva sostenuto la crescita e la maturità tipica di una donna.
    Se c'era qualcuno a cui Shizuka Kobayashi non avrebbe mai potuto rivolgere odio o rabbia, era proprio lei: Chizuru Uchiha.
    « ...Per quanto tu voglia negarlo a te stessa e al mondo, anche tu, proprio come me, sei una Uchiha »
    Esordì così la vecchia donna, incurante delle reazioni che quelle parole avrebbero potuto istigare, e rimanendo immobile nel punto in cui aveva fermato l'avanzare del genero.
    « In te scorre il mio stesso sangue, lo stesso di tua madre e dei tuoi fieri antenati... Proprio per questo motivo voglio dirti una cosa » Tacque un istante, poi riprese a parlare « Arriva un momento nel quale ogni Uchiha si trova dinnanzi alla scelta di condotta della propria esistenza. I più retti d'animo, coloro che comprendono cos'è giusto anche nella difficoltà, scelgono una vita di giustizia e bontà... altri, invece, ne scelgono una di ombre e cattiveria. Questo è il nostro sangue, e queste sono le nostre possibilità. » La vecchia sospirò, e dopo un istante, riprese a parlare « Kuroro... » Esitò, come se il solo nominare il nipote fuggito dal villaggio fosse motivo di ansia per lei « ...Kuroro ha scelto una seconda strada, che non è quella luminosa che noi tutti desideravamo per lui. Ha visto la facilità dove risiede solo il dolore, e ha fatto sue parole e verità d'altri » Rimase in silenzio un altro attimo « Non sono qui per giudicare lui... ma sono qui per giudicare te...
    Quello che ti abbiamo fatto è orribile, Shizuka, ed è vero... hai tutte le tue ragioni per essere arrabbiata, per odiarci, per maledirci... ma vorrei che riflettessi su una cosa: Forse il momento di decidere della tua vita è arrivato ora, poiché solo ora hai capito che per quanto si amino gli altri, nella vita possono succedere cose brutte che non si possono controllare... ma allora ti chiedo »
    La sua voce si fece improvvisamente forte e risoluta, come fosse portatrice di sapienza e verità « Per questo motivo, vuoi imboccare una strada di rabbia e odio? Vuoi maledire chiunque si ponga sulla tua strada e lasciare a marcire a terra mani protese verso di te bisognose di aiuto? ...oppure vuoi fare tesoro di questo dolore e questa paura, e farle divenire la tua forza e il tuo scudo? » La vecchia fece un passo avanti « Shizuka, vorrei che ricordassi una cosa sola: Un cuore amorevole è un cuore amato... e un cuore amato, è anche sereno.
    Sei libera di scegliere la tua strada, ma voglio che tu capisca che il momento per decidere se inardirti o rinascere è ora... non sbagliare la risposta, perché hai una sola opportunità, ed è questa »

    Di fronte a lei, la bella erede non rispose.
    Rimase immobile per un attimo, guardando di fronte a sé come se stesse semplicemente ammirando le vaste colline verdi e fiorite che introducevano alla villa della sua famiglia, ma dopo qualche istante di silenzio, riprese a camminare in avanti. Non si voltò nemmeno una volta.
    « Hai capito? » Chiese ad alta voce Chizuru Uchiha, convinta che la nipote potesse sentirla... ma, nonostante tutto, sia lei che l'uomo al suo fianco rimasero sbalorditi quando udirono una risposta giungere verso di loro.
    « Si, ho capito » Rispose Shizuka Kobayashi, senza fermarsi « ...Ora vado a fare una passeggiata... tornerò più tardi forse... o forse per cena... non aspettatemi comunque, non so cosa deciderò di fare... »
    Detto questo, svoltò l'angolo che costeggiava il muro di cinta della magione, e scomparve alla vista dei suoi interlocutori.



    divisore




     
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