In una piccola radura nella foresta

[Energia]

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    Sensei: Raizen Ikigami
    Allieva: Shizuka Kobayashi
    Finalità: Aquisizione energia verde e chakra 1



    Post di presentazione all'allieva, si comincia!
     
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    B E F O R E:
    Absence makes the heart grow fonder.

    Shizuka Kobayashi's Family!?




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    ... Dire che l'incontro di Raizen Ikigami con il clan Kobayashi era stato apocalittico, era poco.
    Quella sera d'estate, quando infatti il Colosso di Konoha si era presentato alle porte dell'imponente palazzo del più importante clan di sete e tessuti del villaggio, la prima reazione che aveva avuto la nonna della piccola bambina che proprio lui teneva sulle spalle era stata: "Non ti sembra un pò troppo alto per te, Shizuka?"

    Chizuru Uchiha, bellissima persino nella vecchiaia, aveva dunque osservato preoccupata l'imponenza dell'uomo da cui la nipotina si era velocemente allontanata mentre cercava di spiegare chi in verità egli fosse, e dopo aver ascoltato la dettagliatissima spiegazione di lei con sguardo poco convinto, aveva infine deciso di dar credito alle parole di quella piccola ragazzina che continuava a zampettarle davanti da un piede all'altro, muovendo scoordinatamente le braccia sopra la testa.
    [...] Chissà perché era nata così esuberante?
    Che difetto potevano aver avuto i suoi geni di prima qualità nel crearla...così?
    La vecchia kunoichi aveva dunque scosso la testa, ponendosi una mano sulla fronte nell'annuire stancamente mentre invitava l'ospite ad accomodarsi... ma non aveva fatto neanche in tempo a voltarsi verso l'entrata della ricca dimora, che sull'uscio della porta di questa era apparsa lei: Heiko Uchiha.

    La prima cosa di cui si rimaneva colpiti nel guardare per la prima volta quella donna, erano senza dubbio i lunghissimi e mossi capelli corvini che andavano ad incorniciare un volto ovale dalla nivea carnagione e dalla bellezza addirittura spiazzante.
    I perfetti occhi neri da cerbiatto, brillanti nella loro affilata espressione da attenta valutatrice, e quella rubiconda bocca da seduttrice erano infatti solo piccoli dettagli di quel fascino fiabesco che caratterizzava la snella e ammaliante figura della madre di Shizuka Kobayashi.
    Guardandola per un attimo, tutti avrebbero potuto vedere in lei l'esperienza della promettente ninja che era stata...
    ...e sentendola parlare, proprio quei tutti avrebbero impiegato poco per capire perché ora portava le vesti della matriarca.

    "Chi ti ha dato il permesso di dare da mangiare a mia figlia, dopo che io l'avevo espressamente punita e mandata a passeggiare per chiarirsi le idee?!"
    Aveva infatti immediatamente sibilato la donna, avanzando a passo deciso verso Raizen sul cui petto aveva poi battuto più volte l'indice della mano destra, inducendo addirittura l'uomo a indietreggiare preoccupato di fronte alla severità disarmante di quell'avversaria che non aveva proprio idea di come fronteggiare.
    "Chi hai detto di essere!?" Aveva strillato ancora Heiko Uchiha, il cui carattere esigente e perfezionista poco aveva a che vedere con l'armonia del nome che portava "Se sei davvero il suo sensei dovresti insegnarle a gestire se stessa, e soprattutto quel pozzo nero che è il suo stomaco!"

    ... Era indubbio che le sue parole fossero corrette, e fu proprio per questo motivo (o per la paura di contraddire la sua interlocutrice?) che il Chunin aveva annuito rapidamente al monologo della bella Uchiha, la quale -dopo aver appuntato un altro paio di concetti base che desiderava ardentemente l'uomo dai capelli d'argento tenesse bene a mente, circa l'educazione perfetta che lei stava cercando di impartire alla sua bambina- era poi scoppiata in un ruggito furibondo quando si era resa conto che proprio il soggetto del suo parlare era scappata dentro casa o chissà dove.

    Ovviamente un così alto tono di voce non poteva essere ignorato, e non solamente per l'importanza del tono cristallino di quella donna il cui futuro nel mondo della lirica era senza dubbio già assicurato dalle stelle, ma anche e soprattutto perché la sequenza di minacce che Heiko Uchiha era riuscita a snocciolare in meno di qualche istante avrebbe sicuramente fatto impallidire il più temibile ninja torturatore.
    Fu proprio questo motivo che sull'uscio dell'ormai tanto chiaccherato Clan Kobayashi apparve l'altra metà di quel mondo che Raizen Ikigami stava solo ora scoprendo?
    Voltando i suoi occhi di ghiaccio, il ninja di Konoha avrebbe infatti potuto vedere sulla soglia della porta d'ingresso un alto uomo dal fisico asciutto e lo sguardo perplesso, i cui profondi e limpidi occhi verdi come anche i brillanti capelli castani non lasciavano dubbio sulla sua identità: Toshiro Kobayashi, il padre di Shizuka.
    L'aspetto vissuto e la carnagione bruciata dal sole del marito di quella bellezza pericolosa che era Heiko, conferivano lui molti più anni di quelli che in realtà aveva, attribuendogli la bellezza di una vecchiaia precoce e matura la quale sembrava essere l'unica capace di placare l'indole indomabile e velenosa della moglie, che di fronte alla figura dell'uomo tanto amato aveva subito riacquistato la compostezza del clan in cui era nata.

    [...] Una delle particolarità del carattere di Toshiro Kobayashi che era spiccata per prima, era innegabilmente la diplomazia e la gentilezza di quella voce baritonale che -con il fascino della maestria- era riuscita in solo attimo a domare la situazione della quale si era improvvisamente ritrovato ad essere il protagonista.
    Era bastata lui solo qualche parola per attirare l'attenzione di tutti i presenti, persino di uno stupefatto Raizen che contro ogni sua previsione si sarebbe potuto ritrovare a non poter non prestare attenzione a quell'uomo dal carisma disarmante che con una dialettica perfetta e un'affabilità invidiabile, era riuscito a raggirare totalmente il discorso (sulla futura impiccagione della figlia), conducendolo a frivolezze prive di rilevanza...
    ...ed era davvero incredibile guardarlo. Ascoltarlo.
    Le sue movenze calibrate e affascinanti, maestre della vita di viaggi e manipolazioni che come mercante aveva ormai da anni intrapreso, erano infatti ora così visibili nella personalità di quella che era realmente la degna erede del Clan: Shizuka.

    Osservare Toshiro ed Heiko, l'uno accanto all'altra in una rappresentazione dalla bellezza incantata, testimoniava dunque l'esclusività del sangue che scorreva nelle vene di quella bambina sbadata e allegra, il cui sorriso ironico stava lasciando il suo indelebile marchio nel mondo ninja di Konoha.
    Figlia della più ancestrale forza e bravura, come anche dell'innegabile intelligenza senza paragoni nè rivali, Shizuka Kobayashi poteva essere la risposta al desiderio di Raizen di trovare un allievo a cui trasmettere il suo vasto sapere...
    ...o almeno, questo sarebbe quello che avrebbe potuto pensare lui solo per pochi istanti prima che proprio il soggetto dei suoi pensieri uscisse in cortile, unendosi al corteo familiare nel quale il Colosso di Konoha si era ritrovato catapultato.

    Ed eccola lì.
    I lunghissimi capelli color dell'orzo erano stati raccolti in un'alta coda di cavallo fermata da più nastri come la tradizione ninja voleva per le donne annoverate tra le sue file, mentre la divisa che aveva indossato quella sera si presentava diversa da quella dell'addestramento Genin di qualche mese addietro.
    Le frivolezze inutili atte ad appesantire la figura e i movimenti di quella che al tempo era ancora una nobile tra le più capricciose e immature, infatti, erano state eliminate per cedere il posto ad accortezze degne dell'eredità ninja che il suo ramo materno le aveva trasmesso: La parte superiore della sua divisa, ancora composta da un bellissimo kimono dal tessuto però molto più spesso ed elastico, era stato privato delle sue ingombranti maniche da Geisha, al cui posto erano invece stati applicati dei lunghi guanti protettivi per entrambe le braccia.
    Ingegnosa trovata da parte di quella che forse non era più una bambina -avrebbe potuto pensare Raizen Ikigami- come del resto lo era anche il modesto obi color dell'oro che fermava il kimono verde scuro della ragazza, nel cui fiocco posteriore era stata legata una Wakizashi dal fodero brillante... eredità antica. Regalo prezioso.
    Inutile dire che quella che sembrava l'eleganza di una donna la cui maestria risiede nel manipolare il prossimo, celava invece al suo interno la pericolosità di quelle armi che non volevano essere riposte all'interno della saccoccia ninja legata alla parte posteriore dei pantaloncini corti indossati dalla ragazza, e che lasciavano le gambe di lei coperte solo da un fitto retino ninja che terminava infine in un paio di stivali alti, il cui cuoio nero avvolgeva interamente i polpacci di una ormai diversa Shizuka Kobayashi.

    Una Shizuka il cui sorriso dipinto di rossetto vermiglio brillava anche in quegli occhi verdi magistralmente truccati... in un gioco di colori e fascino che voleva richiamare il dovere principale di una Kunoichi: La seduzione.
    E questo, lei, lo sapeva bene.


    [...] Poi, improvvisamente, vi era stato un cambio di prospettiva.


    "Io vado... Mamma, Papà, Nonna"




    Era bastata solo quella frase di congedo per trasformare in un attimo la caotica atmosfera della famiglia Kobayashi nella più alta rappresentazione di amore familiare che il Colosso di Konoha aveva mai avuto modo di vedere.
    Ferma di fronte a lui infatti, Shizuka era stata abbracciata e tenuta stretta dai quei tre componenti del suo Clan i quali, con parole diverse e diverse espressioni, avevano riversato su di lei la forza di un legame che non è destinato a sciogliersi per nessuna ragione al mondo...
    ... nemmeno di fronte al momento nel quale l'amata figlia e nipote si era voltata, dando loro le spalle per rivolgersi al suo futuro che in quel momento era incarnato dall'imponente figura di un uomo dai capelli color dell'argento e gli occhi di ghiaccio, verso il quale si era dunque diretta con passo sicuro.
    Nel suo sguardo, ora, la forza di colei che era chiamata Principessa Tempesta.

    "Vogliamo andare?" Aveva poi detto, sorridendo gentile nel sistemarsi la sua borsa a tracolla sul fianco sinistro... poi, lanciando un ultimo sguardo a quella famiglia che l'avrebbe ancora attesa, amata e perché no, sgridata... era scattata rapidamente via, seguendo con agilità inaspettata l'uomo che sarebbe stato ancora una volta il suo sensei.


    Una nuova avventura ha inizio.
    Una diversa storia verrà scritta... la principessa della foglia, di nuovo sboccia.





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    Il tragitto dal chiosco di ramen alla sfarzosa dimora di Shizuka non fu troppo difficoltoso, anzi, con delle sommarie indicazioni Raizen ci sarebbe giunto anche più in fretta probabilmente., alla fine la voce della piccola kunoichi che gli diceva dove andare risultò abbastanza fastidiosa e disorientante, un po’ come avere un gps iper-attivo.
    Venne accolto in maniera alquanto singolare dal primo membro della famiglia, una vecchina che pareva essere la nonna di Shizuka.
    Rise lievemente quando la vecchina lo scambiò per il ragazzo della kunoichi dai capelli d’orzo, la cosa lo divertiva e al contempo incuriosiva, probabilmente avevano fretta di accasarla, pensò tra se e se, o così pensava visto che solitamente non si cede la propria nipote con così tanta leggerezza.
    Il suo piano di creare un po’ di caos affermando che lui fosse il futuro sposo di Shizuka quindi sfumò, lasciando spazio all’espressione inebetita che la madre della sua allieva lo costrinse a fare.
    Ascoltò e osservò la donna senza fiatare, non perché ne fosse spaventato o chissà cosa, semplicemente non sapeva come reagire, era certo che con un singolo urlo l’avrebbe sovrastata, ma probabilmente, visto il carattere della donna e quello di Shizuka, che sicuramente aveva ereditato da ella, si disse che era meglio tacere prima di scatenare chissà quale combattimento all’ultimo sangue.
    Ma il carattere del colosso non si prestava certo a quel flusso continuo di rimproveri casuali, lentamente la sua faccia assunse le più varie sfumature di colera che Raizen poteva palesare, da quella annoiata a quella stizzita, per giungere infine a quella ghignante, stava proprio per ribattere indossando il suo viso iracondo quando una terza figura fece la sua entrata in quel teatrino così mal assortito, fortunatamente l’entrata dell’uomo placò i bollenti spiriti della donna permettendo così a Raizen di abbandonare i suoi propositi.
    La coppia era certamente strana, una chimera iraconda e un tranquillo mercante, eppure i due si compensavano riuscendo a trovare l’equilibrio nella coppia.
    Si limitò ad ascoltare l’uomo parlare, era un ottimo conversatore e Raizen non diede peso al fatto che il padre della kunoichi, dopo aver preso in mano il discorso, lo facesse lentamente deviare verso altri argomenti certamente più leggeri. Dal canto suo il colosso, ancora non troppo avvezzo a tutti quegli stimoli così differenti, si limitò ad annuire di quando in quando.
    All’arrivo di Shizuka però, nemmeno la presenza dei genitori impedì al candido ninja di alzare visibilmente un singolo sopracciglio per coi accompagnarlo con un piccolo sorriso.
    Non avrebbe commentato , non ora.
    Salutò con un inchino quella particolare famiglia che si mostrò affettuosa solo qualche istante prima della partenza, per poi voltarsi lasciandola sull’uscio.
    Dopo qualche minuto di corsa silenziosa, ad un ritmo accettabile anche per Shizuka, Raizen respirò rumorosamente per attirare l’attenzione.
    Si voltò serio verso Shizuka.

    Ti sei vestita così per me, eh?

    Appena posta la domanda rise, non in maniera troppo sgarbata, era si una presa in giro, ma voleva più che altro stuzzicare la kunoichi per rompere il silenzio.

    E non dire di no, perchè ti sei pure truccata.

    Aggiunse rapidamente chiudendo gli occhi per scimmiottare una faccia sicura e convinta della propria tesi.
    Si rese conto però che non aveva troppe idee sul come addestrare Shizuka, fortunatamente il bosco gli avrebbe dato una mano, purtroppo per la piccola ragazzetta a cui forse gli arbusti non piacevano troppo, ma doveva accontentarsi, il colosso era stato cresciuto da quelle foreste e anche a lei sarebbe toccata una sorte più o meno simile, ovviamente coadiuvata alla “simpatia” del suo sensei.

    Bene, direi che questa come prima tappa va bene.

    Raizen si fermò di botto in una piccola radura in mezzo al bosco, le foglie formavano un soffice tappeto su cui lo shinobi si accomodò senza pensarci troppo.

    Vediamo di iniziare subito il tuo addestramento.

    La mano del ninja scomparve in una delle tasche del mantello per poi riemergere con 4 bacchette, una per ogni dito ad eccezione del pollice.

    Vedi questo?
    Se non ricordo male sai come si fa, è il chakra adesivo, un particolare modo di sfruttare l’emissione di chakra proveniente dalle mani in questo caso.


    La mano sinistra palesò, dopo qualche movimento del polso, un piccolo rotolo c he venne immediatamente svolto e attivato.

    Questo invece è la vera prova.

    Disse mentre la nuvoletta di fumo si diradava lasciando intravedere un enorme piatto colmo dei più svariati tipi di sushi.

    Devi tenere le bacchette come le tengo io in questo momento, ovviamente ti sarà possibile solamente col chakra adesivo, e ovviamente puoi mangiare solo con le bacchette.
    L’esercizio ti permetterà di usare piccole quantità di chakra adesivo e al contempo gestirlo in modo da non rompere le bacchette, poco e ben calibrato insomma, questa è la chiave al momento.
    Il resto mi sembra semplice, o impari o muori di fame.


    Lasciò passare qualche secondo per vedere le reazioni della piccola kunoichi.

    Ah. O v v i a m e n t e, anche io prenderò parte al banchetto, quindi hai anche un limite di tempo, chissà quanto ci metterò a spolverare il piatto?

    Inarcò lievemente l’angolo destro della bocca mentre cedeva due bacchette a Shizuka e iniziava a mangiare.

    Ah si, ovviamente puoi anche parlare o farmi delle domande, darti dei consigli questa volta non mi costa nulla.

    Fece un grande sorriso, troppo grande per essere solamente gentilezza. In realtà era una piccola sfida, un incoraggiamento a non chiedere nulla.
    Mentre mangiava tranquillamente, sicuro del fatto che Shizuka avrebbe impiegato un po’ ad imparare a gestire il chakra, ripenso alla famiglia di lei, ora sapeva per quale ragione quella kunoichi avesse un carattere così particolare.
    Intanto, mentre pensava, le sue bacchette, andando a cercare un boccone di sushi, avrebbero continuato ad urtare quele di Shizuka probabilmente facendogliele cascare di mano, faceva finta di farlo senza cattiveria, ma il suo sguardo, c he per qualche istante calava sul piatto, era la prova che lo facesse per mettere in difficoltà Shizuka e farle acquisire maggior dimestichezza con la nuova abilità.



    SPOILER (click to view)
    beh, che dire: prima prova per il chakra adesivo XD
    mi raccomando non farti venire la fretta e preoccupati di descrivere bene cosa porta Shizuka a comprendere il funzionamento dell'abilità e poi l'apprendimento della stessa.
    non spingerti comunque troppo oltre , come Raizen dice questo è soltanto il primo step, ossia "poco e ben calibrato", ce ne saranno degli altri che infine ti porteranno a controllare al meglio l'abilità, quindi limitati ad attrarre le bacchette o al limite oggetti ad esse paragonabili

     
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    TRAINING!
    First step to become the best

    Shizuka Kobayashi's pain?!




    divisore





    Il primo a partire in avanti nella corsa che precedeva il primo effettivo addestramento di cui era mai stata protagonista, fu ovviamente Raizen, ma lei, Shizuka Kobayashi -molto più libera nei movimenti rispetto alla sua prima esperienza nel mondo ninja- non ebbe difficoltà a scattare altrettanto velocemente... il problema che si trovò a fronteggiare, invece, fu quello di cercare di stare dietro al colosso di Konoha.
    Come aveva immaginato la velocità dell'uomo non era minimamente paragonabile alla sua, ovvia constatazione dettata dalla semplicità del fatto che un singolo passo di lui corrispondevano a quattro dei suoi... nonostante tutto, non volle lamentarsi nemmeno una volta. Neanche una.
    Continuò a correre silenziosamente dietro il suo sensei anche dopo che questo si addentrò all'interno di una foresta ai margini del villaggio della foglia, poco distante dal luogo in cui si erano conosciuti per la prima volta al corso di abilitazione Genin. Denotando una particolare agilità e prontezza di riflessi, dunque, la ragazzina non sembrò avere problemi a schivare gli ostacoli che si ponevano dinnanzi al suo incedere, né tantomeno a sfruttare i rami degli alberi come trampolino di lancio per un'ulteriore spinta.
    La concentrazione di cui si era colmata, probabilmente nel tentativo di non inciampare o perdere l'equilibrio e cadere quindi faccia in avanti da qualche parte, era visibile sul suo volto contratto e impegnato... che nonostante il trucco, e l'abbigliamento da donna adulta che aveva a tutti i costi voluto indossare (sotto lo sguardo piuttosto perplesso della nonna e quello assai divertito della madre), le conferivano molti meno anni rispetto a quelli che in realtà aveva, facendola assomigliare ad una buffa bambina intenta ad eseguire alla perfezione l'esercizio assegnatole dalla maestra.
    Era talmente presa dal suo tentativo di dimostrare a Raizen di essere cambiata, di essere diventata davvero una ninja... che quando quest'ultimo le rivolse la parola, per un istante parve addirittura non accorgersene.

    « ...Eh? »


    Disse infatti, dubbiosa, senza distogliere lo sguardo da dove metteva i piedi... ma la sua mente non tardò a rielaborare le parole che le erano state rivolte, e non appena Shizuka capì le molestie sottintese del suo stesso maestro, non poté fare a meno di arrossire di rabbia e vergogna.
    « Come scusa!? » Sbottò immediatamente, proprio come ci si poteva attendere da lei, degna figlia di sua madre « “Ti sei vestita così per me, eh?” » Ripeté le parole di lui, scimmiottandone la voce « Oh per favore... queste cose sono passibili di denuncia all'Hokage, sporco maleducato, ho solo diciassette anni, e per tua informazione, il mio interesse verso di te è squisitamente tecnico, dato che a quanto pare nessun altro sensei mi vuole prendere con sé per chissà quale ragione » Rifletté un attimo sulle sue stesse parole, e aggrottando la fronte in un'espressione perplessa, probabilmente comprendendo di non essersi fatta proprio un complimento, tentò di riaggiustare il tiro aggiungendo: « Tu sei il migliore che potevo avere, di maestro intendo, e quindi ho scelto te... IO ho scelto te, non il contrario, mi raccomando non vorrei che pensassi cose sbagliate! » Concluse, e ignorando la sua insistente vocina interiore (che per qualche perversa ragione era la stessa voce del venditore di ramen del chioso di fronte all'accademia ninja), che le continuava a comunicare che no, effettivamente non aveva raddrizzato proprio nessun tiro, anzi, si era solamente scavata ulteriormente la fossa; annuì compiaciuta... almeno fino a quando non udì il ribattere del suo interlocutore che, dopo una risata di scherno, non riuscì evidentemente a trattenersi dal continuare a prenderla in giro.

    Ebbene, Shizuka Kobayashi -la bella principessina del villaggio della foglia- era una creatura di difficile comprensione, una personcina maliziosa e con l'irritante abitudine a rincarare la dose se stuzzicata. Il suo caratterino petulante e arrogante, dunque, così avvezzo ad ottenere la ragione in un lavoro mercantile che aveva perseguito da sempre e in cui aveva primeggiato sin dall'inizio, non poteva che essere visibilmente sollecitato a peggiorare qualora posto al fianco di quello di Raizen Ikigami, il quale, si poteva dire, pareva proprio essere il suo corrispettivo caratteriale maschile... motivo questo che indusse la minuta kunoichi, a discapito di tutti i suoi buoni propositi sul divenire una combattente di prima qualità, a scadere nella semplicità prevedibile della risposta più velenosa.
    Fu sicuramente questo il motivo che giustificò il comportamento della ragazza la quale, digrignando i denti furiosa, si voltò di scatto verso il suo quasi-coetaneo, e lanciandogli uno sguardo assassino, gli fece poi la linguaccia.
    « Stupida bestia » Abbaiò infatti immediatamente, iraconda « Mi sono truccata perché così sono più carina, non certo per piacere a te... dopotutto, a te cosa te ne importa se sono o meno truccata!? » Urlò ancora, ora visibilmente incollerita, fissando torvamente il suo interlocutore « Pare sempre che il tuo primo e ultimo pensiero sia quello di spogliarmi...oppure sbaglio!? » Ringhiò, riportando alla mente tutte le (innumerevoli) volte in cui il chunin di Konoha, che fosse volente o nolente non importava, l'aveva spogliata totalmente o parzialmente, per gioco o sul serio, lasciandola sempre a domandarsi quale fosse il motivo per il quale fosse costretta a sopportare tutto quel vouyerismo.
    … Era forse una sorta di beneficio del suo addestramento ninja, che lei non poteva capire?
    Se era vero il detto per il quale: “La rabbia tempra il carattere e forgia la forza” ...allora non c'erano motivi apparenti perché Shizuka Kobayashi fosse ancora una semplice Genin, lei che era la donna più irritabile del villaggio della foglia, come minimo doveva essere immediatamente nominata capo della squadra speciale d'assalto!
    Pensava questo, rossa in volto di rabbia, ed aveva appena messo a punto nella sua testa altri due o tre concetti che desiderava ardentemente esprimere al ragazzo prima di addentrarsi ulteriormente nella foresta (cominciava a temere che andando troppo lontano, anche se avesse urlato qualora fosse stata vittima di molestie, nessuno l'avrebbe mai sentita), quando si ricordò che non stava camminando... ma piuttosto, come dire: Saltando nel vuoto?

    Ebbe appena il tempo di voltarsi di fronte a sé, mentre al contempo vide Raizen scendere a fermarsi in una radura poco più avanti rispetto alla sua posizione, che la ragazzina dai lunghi capelli color dell'orzo si trovò a un palmo di distanza dal tronco nerboruto di un altissimo pino secolare.
    In quel momento, probabilmente, avrebbe voluto fare tante cose.
    Avrebbe voluto urlare, atteggiarsi a grande figa e schivare l'ostacolo con nonchalance, oppure semplicemente fermarsi... e invece, suo malgrado, il suo cervello realizzò troppo tardi il doloroso pericolo imminente a cui stava andando placidamente incontro e lei, colta di sorpresa nel vero senso della parola, si schiantò piena sul tronco. Completamente spalmata.
    […] In un primo istante non provò dolore, ma poi, dopo appena pochi istanti, suppose che una sofferenza del genere fosse paragonabile solamente alla fustigazione o alla crocifissione, e mentre cadeva pesantemente al suolo, sbattendo pure la schiena sul fogliame gentile su cui il suo maestro -che poteva giocarsi il coprifronte, stava già ridendo di gusto- si era accomodato, si domandò per quale motivo dovesse sempre finire così.
    Già. Perché?
    Perché ogni sacrosanta volta, per quanti buoni propositi avesse, finiva sempre (in ordine di maggior frequenza):

    1. Senza vestiti

    2. Senza cibo

    3. Senza meriti

    4. Senza salute

    … E a tutto questo, come se non bastasse, doveva poi aggiungere l'inesorabile perdita di dignità e onore che conseguiva a tutto ciò!?

    Santo Cielo -rifletté la ragazzina rimanendo paralizzata a terra, con gli occhi ridotti a due fessure colme di lacrime fissi sul cielo coperto dalle chiome degli alberi che la circondavano-, l'equazione della sua vita era a dir poco catastrofica... sul serio il suo DNA era il migliore in circolazione? Non riusciva a capacitarsene.
    … In quale perverso e raccapricciante mondo, la figlia della più famosa kunoichi del più famoso clan di uno dei più famosi villaggi delle terre del fuoco, erede della più famosa dinastia di ninja mai esistita... finiva morente a distanza di pochi minuti dall'inizio di un addestramento?
    Era evidente che solo lei aveva dei problemi... forse, era davvero stupida. Una bambina speciale insomma.
    Già, proprio “speciale”.

    « Muoio » Mormorò, straziata nella voce e nel corpo. Sentiva il naso pulsarle dolorosamente, e infatti quando andò a tastarselo non si stupì di sentirlo sanguinare « Muoio... e nessuno si ricorderà di me » Dicendo quelle parole si rese conto che l'idea non le piaceva affatto, e con grande stupore di chi l'avrebbe potuta osservare, si mise a sedere appellandosi alla sola forza del suo orgoglio, poi (mettendo da parte quest'ultimo che ne sarebbe evidentemente rimasto ferito a sua volta) trasse fuori dalla sua borsa a tracolla un paio di fazzolettini di carta, e fatti due pirulini, se li piazzò entrambi dentro il naso.
    « Se dici qualcosa, t'ammazzo » Mormorò rabbiosa, fissando male il suo maestro prima ancora che quest'ultimo disgraziato potesse dire alcunché « ...Se non ora, un giorno » Aggiunse, piuttosto dubbiosa « e ti assicuro che quel giorno arriverà! »
    Le sembrò che la minaccia che era riuscita a partorire anche in quell'infausto momento fosse piuttosto adeguata all'occasione, e cercò dunque di mettere da parte il suo disastroso esordio nell'ampio scenario degli addestramenti ninja per ascoltare le parole del suo compagno, ignorando con stoica forza d'animo ogni sorta di presa di giro o risata di scherno che egli le avrebbe potuto vomitare in faccia.
    Rimase quindi in attesa, aspettando che Raizen iniziasse a spiegare quello che avrebbero fatto e su cosa avrebbe dunque vertito il piano meraviglioso che l'avrebbe presto resa l'orgoglio di Konoha... inutile dire, allora, che lo stupore che la graziosa ragazzina provò quando vide cosa fece il suo insegnante proprio di fronte ai suoi occhi, fu decisamente grande.
    Di fronte a lei, infatti, nemmeno a dirlo, pareva proprio che il colosso di Konoha a cui era stata adibita la sua educazione ninja, si divertisse ad appiccicarsi con la colla attack delle bacchette di legno (rubate al chiosco ramen, ne era sicura) alle dita.
    … Se le era appiccicate tutte, ma proprio tutte tranne il pollice... incredibile, sembrava quasi un gioco di prestigio, c'era riuscito in un istante. Avrebbe dovuto fare il mago, tipo quelli che ci sono nei circhi che il suo papà le aveva fatto visitare a Kiri, senza dubbio avrebbe fatto scalpore visto anche il suo aspetto piuttosto esotico...
    “Raizen, colui che fa miracoli” (messaggio promozionale da cambiare).
    Ridacchiò divertita dai suoi stessi pensieri, quando improvvisamente la voce del suo sensei le arrivò a solleticarle le orecchie.

    “Vedi questo?
    Se non ricordo male sai come si fa, è il chakra adesivo, un particolare modo di sfruttare l’emissione di chakra proveniente dalle mani in questo caso.”



    “Sai come si fa” era ovviamente un gentile apprezzamento da parte del suo maestro nei suoi confronti, di cui Shizuka non poté che sentirsi grata, e proprio per questo motivo evitò di comunicare ad alta voce che non aveva idea di come lui facesse a tenere le bacchette attaccate alle dita se non per merito di qualche prodigiosa colla-super-potente-super-istantanea. Rimase semplicemente a fissare il suo interlocutore, assumendo l'espressione tipica di chi sa tutto quello di cui si sta parlando.
    Dopotutto -rifletté, colma come al solito del suo inguaribile ottimismo- non poteva essere così difficile (classica frase che diceva e che di solito, a tempistica zero, la portava a cadere in qualche disastrosa esperienza).

    “Questa invece è la vera prova”



    Disse ancora il suo ragazzone, e dopo un rapido gesto del polso, come fosse l'ennesimo gioco di magia di quello spettacolo gratuito, mostrò nella sua mano un rotolo ninja che venne immediatamente attivato trasformandosi (terza magia!) in un enorme piatto di ramen.
    […] Geograficamente parlando, nel mondo conosciuto esistevano cinque paesi ninja, tutti quanti popolati in modo più o meno fitto da milioni di abitanti...
    ...nonostante tutto, la fame di Shizuka Kobayashi era proverbiale e leggendaria in ognuno di questi paesi, e in ognuno di questi, terribilmente temuta.
    Era pensiero comune il continuare a domandarsi dove finissero tutte quelle tonnellate cubiche di cibo ingurgitate da quel minuscolo folletto che era la neo kunoichi della foglia, ma per quante volte gli abitanti dei vari locali in cui si era intrattenuta a mangiare volessero tentare di capirlo, era risaputo che nessuno (davvero nessuno) sapeva fermare il di lei appetito.
    Spesso, a stuzzicarne la fame e il meccanico processo di razzia che ne seguiva, erano solamente dei profumi colti per puro caso sulla via di ritorno a casa, o addirittura la descrizione di qualche prelibatezza culinaria letta in qualche libro specializzato... inutile dire, dunque, che quando la ragazzina si trovò di fronte quell'enorme piatto di sushi, esplose immediatamente in una risata di cristallina gioia.

    shizukaaddestramento



    « Oh finalmente! » Urlò subito, infatti, battendosi una mano sul piccolo ventre « Avevo giusto un po' fame » Aggiunse allegramente, ed era vero.
    Shizuka non era una creatura magra fino all'osso come tutte le sue coetanee, sempre così attente ai vezzi femminili che a lei non interessavano poi così tanto, anzi, era piuttosto paffutella in determinate zone del suo corpo da ragazzina, ma giusta nel suo complesso, e sempre molto graziosa da vedere... non dovendo giustificare chissà quale obrobrio nel suo aspetto, dunque, quella boccuccia di rosa che era, motivava il suo sconfinato appetito annunciando che si muoveva molto e che quindi doveva mangiare di conseguenza.
    Del resto, si sa, nella fase della crescita si è tutti molto affamati.

    “Devi tenere le bacchette come le tengo io in questo momento, ovviamente ti sarà possibile solamente col chakra adesivo, e ovviamente puoi mangiare solo con le bacchette.
    L’esercizio ti permetterà di usare piccole quantità di chakra adesivo e al contempo gestirlo in modo da non rompere le bacchette, poco e ben calibrato insomma, questa è la chiave al momento.
    Il resto mi sembra semplice, o impari o muori di fame.”



    Aveva appena fatto l'atto di prendere dal piatto un pezzo di sashimi di salmone, che la voce tonante del suo maestro la fece sobbalzare e lei, tirando su l'acquolina che le si era già accumulata in bocca, non poté che sgranare gli occhi nel comprendere quale fosse realmente l'obiettivo della sua esercitazione.
    Sbarrò gli occhi, sentendosi improvvisamente impallidire.
    « Sei serio? » Domandò infatti, fissando il suo maestro mentre reclinava la testa all'indietro, come a prendere le distanze da quella forma orribile di sadismo e cattiveria senza limiti « ...cioè, sul serio? Devo mangiare appiccicandomi le bacchette sulle dita? » Ci rifletté un attimo, e senza trovare però nessuna motivazione che giustificasse un suo tentativo di contraddizione per la decisione presa dal suo interlocutore (era un addestramento quello, dopotutto) si appellò all'unica cosa che le venne in mente, e assumendo un'espressione disgustata mormorò uno stizzito: « Và contro tutta la buona etichetta che mi hanno insegnato... » Sperando allora che il buon cuore di Raizen la perdonasse, che lei fosse improvvisamente accolta nelle sue grazie, e che infischiandosene entrambi dell'allenamento si mettessero a mangiare allegramente parlando del più e del meno.
    Chiaramente, non fu così.

    “Ah. O v v i a m e n t e, anche io prenderò parte al banchetto, quindi hai anche un limite di tempo, chissà quanto ci metterò a spolverare il piatto?”



    Disse ancora il colosso di Konoha senza pietà né compassione, e così dicendo cominciò rapidamente a mangiare.

    “Ah si, ovviamente puoi anche parlare o farmi delle domande, darti dei consigli questa volta non mi costa nulla.”




    Silenzio.


    C'erano molte cose che Shizuka Kobayashi odiava, farne una lista era decisamente troppo complicato, ma una di quelle che proprio non tollerava in nessun modo, neppure per scherzo... era che le si togliesse da mangiare quando era affamata.
    Era un istinto primordiale, una rabbia quasi animalesca la sua, e in circostanze del genere diventava cattiva, seriamente cattiva.
    Una volta, quando aveva tre anni, aveva morso brutalmente suo fratello e gli aveva strappato via un pezzo di carne dal polso solo perché lui aveva fatto l'atto scherzoso di toglierle dal piatto i suoi mochi preferiti.
    […] Inutile dire che, per il sushi, era pronta a fare molto peggio.

    « BESTIA! » Urlò infatti, con gli occhi brillanti d'ira, e strappando di mano al suo maestro due delle quattro bacchette rubate, fulminò con lo sguardo l'uomo « TI DIVERTI!? E' DIVERTENTE!? » Urlò ancora, traboccando come un tegamino sul fuoco « MUORI RAIZEN! UN GIORNO TUTTI I NODI VERRANNO AL PETTINE... E TU HAI CAPELLI LUNGHI, QUINDI SAI CHE NODI! BESTIA! »
    Detto questo, arrabbiata più che mai e senza del resto nessuna idea migliore in testa per far funzionare questo sconosciuto “Chakra adesivo” (di chiedere consigli, ovviamente, neanche a parlarne), si piazzò le bacchette in equilibrio sulle dita, e quando queste riuscirono a rimanere ferme senza aiuto, cominciò ardentemente a fissarle.
    « Attivati! » Strillò dunque, e attese che succedesse qualcosa.
    Qualcosa effettivamente successe: le bacchette caddero a terra.
    La ragazza parve delusa del risultato del suo primo esperimento, ma non proprio stupita; c'era da aspettarselo, del resto lei non era mai stata brava nei giochi di prestigio.
    Cercò di calmarsi, e di mettere da parte sia la rabbia che le stava ottenebrando la mente, sia l'ansia per il vassoio che si apprestava rapidamente a finire.
    Quello era un gioco serio. Un gioco di vita o di morte.
    Era in ballo tutto: il suo onore, il suo coraggio... la sua vita!
    Doveva mangiare, era indispensabile, sarebbe morta altrimenti, sul serio.

    Accomodandosi meglio a sedere su quelle zozze foglie boschive che parevano essere tanto care al suo compagno, Shizuka si concentrò e analizzò attentamente le mani del suo maestro.
    Non aveva idea di come fare a far funzionare una cosa simile, ma a quanto pareva quello era semplice chakra, l'unica cosa diversa dal solito, era il suo essere appiccicoso.
    Non poteva essere così difficile.
    Chiuse gli occhi, e si quietò.
    Focalizzò nella sua mente, in modo rapido ma preciso poiché era sua grande convinzione il credere che la qualità fosse meglio della quantità, il centro del suo chakra. Ci volle un pochino, ma alla fine, dapprima debolmente e poi in modo sempre più intenso, lo avvertì proprio lì, nel suo pancino affamato.
    Era tutto unito, come fosse una piccola pallina di energia incandescente, e il primo problema che la ragazza trovò fu quello di staccarne un pezzo... un pezzo che immaginò dovesse essere della dimensione e della quantità giusta: qualcosa che avrebbe dovuto tenere le bacchette attaccate alle sue dita, e non farle volare via o portarle ad esplodere nel peggiore dei modi.
    A discapito di quanto aveva immaginato (e sperato) la cosa fu molto più complicata del previsto, poiché le bacchette al primo tentativo le saltarono in aria per poi ricadere a terra molti metri più in là rispetto a lei, mentre al secondo, fu solo una questione di fortuna che la ragazza riuscisse a fermare l'afflusso di chakra alle dita per impedire alle sue forchettine giapponesi di implodere rumorosamente e disastrosamente. In effetti, non era proprio sicura che avrebbe potuto averne un altro paio, qualora avesse distrutto il primo.

    […] Shizuka adorava “giocare” con il proprio chakra, e di tanto in tanto, seguendo le istruzioni della nonna materna, si dilettava in piccoli esercizi di controllo... niente di complicato, s'intende, ma abbastanza impegnativo da permetterle di comprendere che svolgere un esercizio nella tranquillità e serenità della propria casa, è molto diverso che farlo in un addestramento ufficiale lottando contro il tempo per ottenere qualcosa che altrimenti sarà precluso.
    Magari era questa la differenza tra l'essere un ninja ed essere un semplice popolano: I primi lottavano sempre contro qualcosa, il tempo, la morte, la sfortuna... i secondi, dovevano solo aspettare che una di queste costanti piombasse sul loro cammino.

    « Dai, su » Mormorò improvvisamente, senza volere, e quando si rese conto di aver parlato si impose il silenzio. Non voleva essere presa in giro. Non da quel mostro informe colmo di viscida malvagità!

    Respirò dunque a fondo, riempiendosi i polmoni fino a scoppiare, e decise di tentare una terza volta. Avrebbe tentato anche una quarta, e sicuramente una quinta... così fino a quando non avrebbe imparato, e tutto, prima che il piatto finisse.
    Ricominciando da capo, dunque, focalizzò il suo chakra e poi, in modo piuttosto immediato rispetto a prima, ne distaccò una piccola porzione. Lasciò che questa salisse alla sua mano destra seguendo il suo volere, e decise, al contrario di quanto aveva pensato in precedenza, di suddividere quella piccola fiammella di chakra in due sole dita: il pollice e il medio, quelle che di solito usava per mangiare.
    Per questo ci volle un po' più di tempo, poiché dovette tentare diverse volte per capire qual'era la quantità di chakra necessaria a tenere per bene le bacchette, ma dopo quattro tentativi, in cui si fermò giusto in tempo per evitare che i legnetti schizzassero in aria, ci riuscì.

    Sembrava assurdo, quasi folle: di fronte ai suoi stessi occhi Shizuka teneva appiccicate alle dita due bacchette (rubate) per ramen.
    A riprova del fatto che la ragazzina stessa non aveva poi molta fiducia in se stessa dal punto di vista dell'essere una kunoichi, passarono alcuni secondi nei quali la bella principessina di konoha si fissò le dita con aria sbalordita, come si trovasse al cospetto di tutte le trombe del giudizio universale, ma quando nella sua mente affiorò l'idea di provare a scuotere la mano per vedere se era tanto brava da tenere le bacchette anche in casi “estremi”, la sua intelligenza arrivò a salvarla.
    “Troppo rischioso -disse la sua vocina interiore, ancora a immagine e somiglianza del gestore del chiosco ramen dell'accademia-, non continuare a fare la scema, altrimenti non mangi!”
    Non preoccupandosi troppo che sentire le voci a 17 anni era il primo segno di schizzofrenia precoce, Shizuka Kobayashi volle dare ragione al suo inquilino interno, e senza indugiare oltre, lanciò speditamente la mano verso il vassoio di sushi, leccandosi già i baffi.
    Andò ad agguantare un pezzo di makisushi al tonno rosso, ed era addirittura riuscita a sollevarlo senza perdere il controllo del suo stesso afflusso di chakra... quando improvvisamente Raizen, recitando nella più pessima sceneggiatura di ipocrisia che sia era mai vista al mondo, fece finta di urtare la mano della ragazza per purissimo caso. Neanche a dirlo, bastò solo quella spintarella per indurre il chakra di lei a smettere di fluire e a permettere alle bacchette, tragicamente accompagnate nel loro percorso dal piccolo pezzettino di cibo, di cadere rovinosamente a terra.


    Silenzio.


    Istintivamente, senza neanche capire cosa faceva, la ragazza si voltò con gli occhi vuoti fissi in un punto indefinito dello spazio, e prima ancora di dire qualcosa, la mano di lei stretta a pugno schizzò rapidamente verso il volto del suo sensei, come a volerlo colpire in pieno naso.
    Ovviamente il colpo sarebbe stato parato senza nessuna difficoltà, ma anche in quel caso Shizuka avrebbe denotato di non accorgersene, come se fosse caduta in un preoccupante stato di trance per la quale ogni cosa eccetto il cibo erano escluse.
    Il cibo brillava di luce propria, come un'apparizione miracolosa salvificante, il resto era invece un'accozzaglia di ombre e molestie gratuite volute da un destino infausto. Nulla di più.
    Senza dire una sola parola, la ragazza ricominciò a provare.
    Forse non ci sarebbe riuscita nemmeno quella volta, e probabilmente nemmeno quella dopo... ma almeno un pezzo di sushi lo avrebbe mangiato. Almeno uno.

    Altrimenti, pensò tra sé e sé, si sarebbe ammazzata. Poco ma sicuro.



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    Ogni vota che Raizen guardava Shizuka si domandava per quale ragione questa avesse scelto di diventare una kunoichi, spesso si chiedeva se da piccola non le avessero spiegato male il significato della parola, era certo però che portarsela appresso si rivelava sempre divertente, ma questo forse era da attribuirsi, parzialmente, a se stesso.
    Tuttavia, incredibilmente, si sforzò di non ridere quando Shizuka impattò contro l’albero, ma non potè non commentare.


    Mh, la prossima volta ci mettiamo un bella lucetta lampeggiante va bene? Così sarai sicura di non sbatterci.

    […]

    Sapeva che una prova simile avrebbe colpito nell'animo (o meglio, nello stomaco) la sua piccola allieva, abbastanza da renderla una furiosa vittima o presunta tale, ed era ciò che voleva dopotutto, ma sfortunatamente per lei sapeva anche come controbattere ad ogni sua singola rabbiosa sillaba divertendosi nel farlo.

    Avanti, smettila con queste pseudo minacce, se poi non mantieni le promesse che fai risulterai ridicola!

    Ridacchiò per poi continuare, era estremamente divertito, stava arrivando quasi a bramare quella buffa reazione “a caffettiera” che portava la kunoichi a sbraitare e saltellare qua e la quando innervosita dal suo sensei.

    È un po’ come se un piccolo batterio si mettesse al tavolo insieme a te e dinnanzi a tutti i commensali ti trattasse con poco rispetto minacciandoti di chissà quale morte.
    Come dire… inopportuno no?


    Appena rivolto alla sua allieva l’ultimo fastidioso sorriso si preoccupò del piatto di sushi, era veramente roba d’alta classe: riso compatto, alghe di prima scelta e il pesce poi, lucido e fresco come se fosse appena stato pescato e sfilettato sul momento, forse era stato un po’ cattivo ad ideare una sfida simile per la sua allieva. Si sollevò d’animo pensando che era una buona scusa per mangiare più del dovuto.

    Se facessimo questo genere di sfide più spesso e pagassi tu il conto sono sicuro che potrei tranquillamente campare grazie a te.

    Dopo l’ennesimo commento si limitò ad osservare la Kobayashi mentre si esercitava, dopo il primo tentativo andato a segno decise di lasciarla provare ancora un po’; solo dopo una decina di tentativi avrebbe preso bonariamente la parola, era stato un pò taccagno con le spiegazioni, e qualcosina in più poteva concederla.

    Ascoltami, non so come tu sia arrivata a questo punto del controllo del chakra, e neanche voglio prenderti in giro, ora. Tuttavia esiste una via alquanto semplice, o almeno io ne trovai una che reputai tale.
    Il chakra è una fonte di energia che guidi con il pensiero e con la volontà.
    Generalmente quando vuoi una cosa con tutta te stessa è la tua volontà che ti spinge a concretizzare i tuoi pensieri no? Si potrebbe quindi dire che necessiti di un pensiero forte per manipolare il chakra.
    Tu hai sicuramente la volontà, sbaglio?


    Indicò il piatto di sushi battendo lievemente sull’orlo dello stesso.

    Ergo ti serve un pensiero, che ti permetta di realizzare il tuo desiderio. Lo hai, in parte: il chakra.
    A questo punto si direbbe che ti manchi l’inventiva, immagina il chakra come qualcosa di estremamente plastico, se lo fai e lo immagini per bene puoi trasformarlo in una ventosa, immaginandotelo, non dando vita ad una vera e propria ventosa eh! Ad un qualcosa di molliccio e appiccicoso, insomma, qualcosa che ti faccia raggiungere lo scopo!


    Detto ciò tornò al sushi, avrebbe lasciato ancora qualche tentativo all’allieva, anche se ormai notava dei progressi.

    Tuttavia non è che tu abbia mangiato tanto, vero?

    Era una domanda retorica, era consapevole del fatto di aver spazzolato la gran parte del sushi.

    Fortunatamente questo è un pick nick abbondante.

    Prese un altro rotolo da una tasca interna del mantello, grazie ad un rapido gesto comparì un nuovo fumante banchetto, questa volta a base di carne, lui tanto non avrebbe fatto conto del miscuglio col pesce, e Shizuka aveva ben poco da mischiare nello stomaco.
    Questa volta però il ninja aveva dato il meglio di se, non era comparso solamente un piatto ma almeno una decina, tutti ordinatamente accostati al centro di un tavolo abbastanza ampio da rendere impossibile servirsi senza trarre a se i piatti.


    Ora, certamente tu saprai che mangiare sopra il tavolo è maleducazione, ragion per cui dovrai prendere un piattino per volta e avvicinarlo al tuo posto, dopodichè potrai mangiare serenamente a sazietà!
    In caso tu non voglia rispettare le buone maniere il banchetto sarà annullato e non potrai mangiare più nulla.


    Dicendo ciò si protese verso il centro del tavolo e poggiando la mano su un piatto lo tirò verso di se, la kunoichi avrebbe potuto chiaramente sentire che il piatto faceva troppo rumore per essere "solamente" un piatto. Ben presto avrebbe scoperto che i piatti erano ben più pesanti del normale e totalmente unti di grasso, il che rendeva impossibile spostarli solamente afferrandoli.

    Ah si, come prima devi guadagnarti ciò che mangi, è molto semplice, basta potenziare il controllo del chakra che hai acquisito poco fa, semplice no?

    Questa volta non l’avrebbe disturbata, ormai la base l’aveva appresa, doveva solamente lasciare invariato il rapporto sperimentato poco prima sulla sua stessa pelle per ottenere lo stesso effetto ma potenziato.
    Intanto il colosso iniziò placidamente a mangiare, di quel passo l’addestramento l’avrebbe ridotto ad una botte.


    Mi raccomando, non farmi ingrassare troppo!

    Soffocò un piccolo rutto con un sorriso malizioso.


    Bene, seconda prova, molto semplice, poco fa hai imparato a gestire il chakra adesivo, ora devi potenziarlo sino a raggiungere una potenza pari a quella della tua energia, niente di più semplice *O*
     
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    The bloods call

    Shizuka Kobayashi's reborn




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    Essendo nata nobile ed essendo stata educata sin da piccola a primeggiare e a comportarsi come la leader che era destinata ad essere, Shizuka Kobayashi detestava profondamente quando qualcuno a cui aveva rivolto il massimo apice della propria rabbia, le rispondeva in un tono anche vagamente presuntuoso. La possibilità che quello stesso qualcuno le si rivolgesse con sarcastica maleducazione e strafottenza, dunque, era una remota possibilità contemplata solo in tragici casi in cui un semplice plebeo, vittima della sua stessa abbietta condizione, era impossibilitato a contenere la propria dissenteria verbale a causa del panico, esempi esplicativi erano casi di epidemie, guerre, il giorno del giudizio universale... insomma, motivazioni per le quali lei, misericordiosa dea salvificatrice, si sarebbe limitata a perdonare quell'insulta creatura priva di contegno, almeno fino a quando non avrebbe riacquistato il senno della ragione.
    […] Raizen Ikigami, nonostante tutto, non era degno nemmeno di quell'ultima chance.
    Con lui aveva provato di tutto, davvero di tutto: Aveva tentato ad essergli amica, compagna, confidente... presa coscienza però che quell'approccio bonario era assolutamente inadatto per quell'orribile animale, aveva dunque avanzato la possibilità di rivolgersi a lui in termini più schietti, naturali... e poi cattivi, offensivi... e poi anche sarcastici, taglienti...
    … ma nessuno di questi molteplici tentativi era riuscito ad appianare le divergenze preoccupanti che intercorrevano tra il colosso di Konoha e la bella principessa tempesta: I due, insomma, erano proprio incompatibili.

    Partendo da casa poco prima dell'addestramento, tuttavia, si era ripromessa che non sarebbe mai tornata indietro se non fosse riuscita a imparare qualcosa di nuovo, diventando più forte; ragione questa che la indusse a mantenere la calma e a sopportare (più o meno) pazientemente, le angherie di cui il suo amichetto la faceva oggetto.
    In verità -pensò per un attimo, ignorando tutte quelle battute di pessimo gusto che di fronte a lei il suo sensei continuava a snocciolare insistentemente- per lei la carriera ninja non era mai stata la risposta alla domanda “Cosa farai da grande?”, ma solo una presa di posizione imposta di fronte alla sua famiglia che la teneva sotto una teca di cristallo sin dall'infanzia, un modo come un altro, insomma, per urlare al mondo che era cresciuta e che poteva fare tutto per conto suo. Vivere da sola non era facile, e l'unico mercato che non risentiva della crisi odierna era quello ninja, motivo per cui aveva deciso di iscriversi ai corsi gratuiti offerti dall'accademia. Inutile dire che anche l'esser stata in grado di divenire Genin, era stato per lei il raggiungimento di un traguardo molto superiore alle sue stesse aspettative.
    Nonostante non intendesse assolutamente continuare ad essere una kunoichi per il resto della sua vita dunque, poiché il suo grande desiderio era sempre stato quello di ereditare le redini del clan da cui traeva il nome e diventare una mercante di sete e tessuti proprio come il suo papà, aveva compreso che il mondo di ombre e luci in cui aveva timidamente messo piede poteva offrirle molto più di una semplice ribellione adolescenziale.
    Di fronte a sé, infatti, si era improvvisamente aperto un mondo. Un mondo incredibile, esteso e intrigante, che giorno dopo giorno sembrava aiutarla sempre più a migliorare se stessa non solo dal punto di vista culturale, ma anche e soprattutto psicologico; da quando era divenuta una kunoichi, infatti, era riuscita ad affrontare molte di quelle paure che prima le bloccavano il passo costringendola a deviare strada, o l'avevano (forzatamente) indotta a smussare i lati di quel suo caratterino che, magari in modo molto goffo e complicato, era riuscito lentamente a migliorare.
    Da quando era nata poteva dire con sicurezza che non aveva mai fatto nessuna esperienza così incisiva, e lei non era certo l'ultima arrivata, una sprovveduta come tante.
    Pensava questo, e a forza di riflettere così intensamente, non solo non si accorse che le erano caduti dal naso i due pirulini di carta che aveva usato per fermare la sua tragica epistassi, ma che addirittura Raizen sembrava improvvisamente essersi risvegliato dal suo cronico torpore mentale, e dopo aver terminato di fare il divertente, si era finalmente messo a fare il suo lavoro, quello per cui incredibilmente era pagato: il maestro.

    “Ascoltami, non so come tu sia arrivata a questo punto del controllo del chakra, e neanche voglio prenderti in giro, ora. Tuttavia esiste una via alquanto semplice, o almeno io ne trovai una che reputai tale.
    Il chakra è una fonte di energia che guidi con il pensiero e con la volontà.
    Generalmente quando vuoi una cosa con tutta te stessa è la tua volontà che ti spinge a concretizzare i tuoi pensieri no? Si potrebbe quindi dire che necessiti di un pensiero forte per manipolare il chakra.
    Tu hai sicuramente la volontà, sbaglio?

    Ergo ti serve un pensiero, che ti permetta di realizzare il tuo desiderio. Lo hai, in parte: il chakra.
    A questo punto si direbbe che ti manchi l’inventiva, immagina il chakra come qualcosa di estremamente plastico, se lo fai e lo immagini per bene puoi trasformarlo in una ventosa, immaginandotelo, non dando vita ad una vera e propria ventosa eh! Ad un qualcosa di molliccio e appiccicoso, insomma, qualcosa che ti faccia raggiungere lo scopo!”



    L'idea che quell'armadio colmo di arroganza e maleducazione le desse consigli su come fare qualcosa a cui, ne era sicura, poteva benissimo arrivare da sola, la mandava ancora più in collera, ma visto che il sushi si era ormai ridotto agli ultimi sei o sette pezzi, le sembrò opportuno, almeno quella volta, avere fiducia nella maggiore esperienza del suo insegnante, e rivolgere lui attenzione e umiltà.
    Forte di queste convinzioni dunque, e sturatasi bene entrambe le orecchie dai pessimi tappi di arroganza che ogni tanto le impedivano di capire gli altri, ascoltò attentamente le parole dell'uomo e infine, dopo un attimo che volle prendersi per vedere se aveva capito tutto, annuì.

    […] Shizuka Kobayashi non era nata in un ambiente predisposto alla cattiveria, anzi, la sua intera vita roteava attorno a sentimenti di comprensione, felicità e gentilezza totali, incrementati quanto più dalle forti figure stabili che ne illuminavano la strada: i membri della sua famiglia.
    Essendo sempre stata lontana dall'ambiente ninja, molte di quelle cose che ai suoi parigrado parevano scontate e intuitive, per lei erano fonte di dubbio e domande, ed era inutile aggiungere che questo si ripercuoteva sui risultati che otteneva, che inesorabilmente arrivavano sempre dopo quelli degli altri e spesso erano addirittura meno meritevoli di quelli degli altri...
    ...nonostante tutto, la ragazza non sembrava mai scoraggiarsi troppo, e colma di una forza d'animo che pareva inesauribile, ritentava fino allo sfinimento. Di lei si poteva dire che, a dispetto della sua carente nozionistica basilare, era una persona particolarmente intelligente e astuta, una grande osservatrice, predisposta all'empatia del prossimo, e proprio per questo motivo imparava subito, e senza troppe difficoltà.
    Sicuramente non sapeva fare niente all'interno del mondo ninja, ma il tempo che le serviva per mettersi in pari era talmente breve che spesso, chiunque le rivolgesse sguardi poco attenti, non ne avrebbe visto nemmeno le lacune.

    « Ho capito » Mormorò dopo qualche istante, annuendo ancora una volta.
    In sostanza, non doveva limitarsi solo a staccare determinate quantità di chakra e a condurlo dove lei voleva, ma anche a plasmarlo nelle forme e nei modi che desiderava.
    Benché a parole sembrasse tutto piuttosto facile, la realtà dei fatti fu molto diversa.
    Conscia del fatto che una simile visualizzazione, come del resto un'adeguata forza di volontà, non si raccoglievano in mezzo di strada nel tempo libero tra un impegno e l'altro, la piccola ragazzina decise di prendersi un'ulteriore manciata di secondi per concentrarsi adeguatamente. In ogni caso -rifletté con rassegnazione- le possibilità che riuscisse a mangiare erano nulle, tanto valeva impegnarsi quantomeno nella riuscita dell'esercizio.
    Quando fu sicura, dunque, che nella sua mente non scorresse alto che il rumore del vento tra le fronde degli alberi, focalizzò il chakra nel suo corpo, questa volta in modo più attento e preciso poiché a quanto pareva per lei valeva l'equazione secondo la quale ad ogni tentativo si diventa sempre più bravi, e quando sentì concentrarsi sul palmo della sua mano destra la piccola porzione di bollente chakra che aveva separato dalla matrice originale, si fermò.

    Si fermò, così, di punto in bianco, agli occhi dei più senza nemmeno un motivo...
    … ma lei, che conosceva se stessa meglio di chiunque altro, sapeva che il suo non era un errore, ma uno sforzo necessario.
    Tenne il chakra immobile nel palmo della mano per degli attimi che le parvero interminabili, e durante i quali cominciò copiosamente a sudare, quando poi ebbe la certezza che stava cominciando a prendere dimestichezza sul tenere costante l'afflusso di chakra nella quantità e nei punti esatti che lei desiderava, si concentrò ardentemente per separare la fiaccola di energia che, senza indugiare oltre, indirizzò poi al dito medio e al pollice.
    In un attimo, sentì le bacchette incollarsi alle dita e per un attimo le parve che un grande fardello fosse finalmente scivolato via dal suo corpo contratto.
    Nonostante tutto, questo non le bastò.
    Se le parole di Raizen erano vere, quel risultato non poteva e non doveva soddisfarla, doveva fare molto di più e molto meglio. Chiuse dunque gli occhi, e dopo qualche frazione di secondo in cui lasciò libero campo alla sua immaginazione, attese che fosse proprio quest'ultima a mettere a fuoco l'immagine che avrebbe assunto il suo chakra, consentendole una maggior resistenza nella presa degli oggetti... purtroppo però i primi tentativi finirono in un totale disastro.
    Era convinzione della piccola kunoichi il ritenere che avrebbe dovuto modulare la forma del proprio chakra a seconda delle situazioni che si trovava ad affrontare e non immaginare una forma standard che avrebbe applicato sempre e comunque. Se era vero che il trucco per ottenere un buon chakra adesivo risiedeva tutto nell'immaginazione lei, la cui creatività era seconda solo al suo sarcasmo, non avrebbe mai avuto problemi a riuscire in quella tipologia di esercizi, giusto?
    A dispetto dei pronostici iniziali, però, dare una forma alla propria energia era qualcosa che anche se in teoria appariva semplice, in pratica risultava piuttosto complessa, motivo per il quale prima che Shizuka riuscì nell'impresa dovette fallire ben tre volte... fu infatti solo al quarto tentativo che, d'improvviso, le parve di vedere con gli occhi della sua immaginazione il suo stesso chakra assumere la forma di... una seconda mano.

    […] In verità aveva cercato di creare una ventosa, proprio come gli aveva detto il suo maestro, un po' perché non aveva voglia di pensare ad alternative valide, e un po' perché quell'esercizio le era venuto già a noia e voleva terminarlo subito. Di fronte al capriccio della sua stessa mente, dunque, che aveva modulato il suo chakra a immagine e somiglianza della sua mano, si domandò cosa ci fosse di sbagliato in lei.
    Insomma, era mai possibile che non riusciva ad eccellere nemmeno in un dannatissimo esercizio di visualizzazione in cui andava usata solo della dannata fantasia!?!
    A prescindere da tutte le sue lamentele, comunque, si rese conto che l'obiettivo finale a cui ambiva riuscì, e lei, contro ogni sua più ottimistica previsione, si riscoprì capace di sollevare con le bacchette un lato del vassoio (ormai tristemente vuoto) da terra.
    A tenerlo in aria, ora, c'erano non una, ma addirittura “due mani”.

    « Wow » Commentò strabiliata Shizuka, facendo cadere verso il basso il vassoio prima di riprenderlo al volo solo con l'ausilio delle bacchette, queste a loro volta attaccate alle dita senza nessuno sforzo « Sono proprio brava » Mormorò, come se non ci credesse bene nemmeno lei, ed effettivamente faceva bene.
    Di fronte a lei Raizen, che sarebbe senz'altro rimasto poco impressionato dai goffi miglioramenti della sua stupida allieva, aveva infatti già estratto un altro di quei suoi rotolini di carta magici, e annunciando l'arrivo di un pick nik abbondante, lo aveva fatto esplodere di punto in bianco.
    Lo spavento che la kunoichi si prese fu talmente grande che non le saltò via solo il paio di bacchette, ma anche un colpo al cuore.
    « ODDIO MUOIO » Strillò improvvisamente la ragazza, balzando in piedi nel portarsi una mano al petto « MI VERRA' UN INFARTO » Annunciò poi dopo un attimo, teatrale, segnandosi mentalmente di non rimanere mai più così assorta nei suoi piccoli riconoscimenti da non vedere cosa succedeva intorno a lei. Mai più.
    Si sentiva morire di paura, ma non ebbe neanche il tempo logistico di lamentarsi per bene di quella pessima esperienza, che come d'incanto un delizioso profumino di manzo Kobe, il miglior taglio esistente di carne e come tale, il più costoso e delizioso; giunse sensuale e provocante al suo nasino, facendole drizzare immediatamente tutti i capelli che aveva sulla testa.
    Una prelibatezza simile era talmente rara da trovare, che Shizuka era avvezza a chiederla solo una volta all'anno, in onore del suo compleanno, e anche in quell'occasione poteva mangiarne una dose calibrata (calibrata per il suo stomaco, s'intende)... inutile dire, dunque, che quando la piccola principessina si trovò di fronte ad un tavolo su cui spiccavano brillanti una decina di piattini di kobe tutti cucinati in modi diversi, non poté che deglutire rumorosamente.

    “Ora, certamente tu saprai che mangiare sopra il tavolo è maleducazione, ragion per cui dovrai prendere un piattino per volta e avvicinarlo al tuo posto, dopodichè potrai mangiare serenamente a sazietà!
    In caso tu non voglia rispettare le buone maniere il banchetto sarà annullato e non potrai mangiare più nulla.”



    Esordì improvvisamente Raizen, andando a prendere uno dei piatti che troneggiavano maestosi al centro del tavolo, e che dal rumore che faceva nello scivolare sul piano di quest'ultimo, pareva fatto di cemento.
    Dentro di sé, nonostante stesse insistentemente cercando di negarlo, Shizuka sentì nascere una fastidiosa e preoccupante convinzione...

    “Ah si, come prima devi guadagnarti ciò che mangi, è molto semplice, basta potenziare il controllo del chakra che hai acquisito poco fa, semplice no?”




    shizukashock




    Se qualche pazzo maniaco, vittima di allucinazioni mistiche e deliri narcisistici dominanti, avesse afferrato una sparachiodi e l'avesse trivellata da parte a parte più e più volte, era molto probabile che la minuscola kunoichi del villaggio della foglia non avrebbe provato lo stesso tipo di rabbia furibonda.
    Quello che sentiva nascere dentro di sé, infatti, non era un sentimento che si limitava alla semplice perdita di compostezza, ma sfociava addirittura nel totale smarrimento della concezione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Usando termini più semplici, quello che desiderò ardentemente fare Shizuka Kobayashi non appena il suo sensei terminò di parlare e cominciò, invece, a mangiare... fu di saltare sul tavolo, azzerare la distanza che la separava da lui, e usare le sue due maledettissime bacchette per strappargli dalle orbite i suoi opachi occhi celesti, che poi avrebbe divorato di fronte al corpo di lui contorto dal dolore, godendosi fieramente il pasto con la bocca e l'animo gocciolanti di sangue...
    ...ovviamente, quello che si limitò a fare fu mettersi le mani alla testa, e quando sentì le già tristemente annunciate lacrime di disperazione salirgli agli occhi, l'unica cosa che la piccola kunoichi fu in grado di fare, fu tirare rumorosamente sul col naso e assumere la peggiore espressione di disprezzo che riuscì a trovare in quel momento critico.
    « Gli dei non saranno clementi con te, Raizen » Sibilò la ragazzina, fulminando con lo sguardo il suo aguzzino « Finirai all'inferno, lo so, e quando accadrà, sarò talmente felice che riderò così di gusto che non potrai che sentirmi anche tu... »
    Sarebbe riuscita a minacciare il suo compagno di avventure molto meglio, se non fosse stata già così presa a cercare di agguantare uno dei piattini colmi di Kobe sul tavolo ai bordi del quale si era appoggiata. Sicuramente però -si disse tra sé e sè- sarebbe tornata all'attacco dopo, con calma, a stomaco pieno... ma ora, era necessario dare la priorità a ciò che veramente era importante: il cibo.
    Conscia del fatto che non sarebbe stato facile, la ragazza si era preparata -nel momento stesso in cui aveva immaginato il peso di ciascun piatto- a usare più forza del previsto per accaparrarsi la cena... motivo per cui, quando vide uno degli ormai nove piatti schizzarle via di mano e volare disastrosamente a terra, non riuscì a trattenere un singulto di stupore.
    « CHE DIAVOLO... » Sibilò shockata, ferita nel cuore e nell'animo correndo accanto ai resti di una bistecchina di Kobe in salsa agrodolce che giaceva silenziosa su una stuoia di foglie morte... e fu lì, prendendo in mano un dei cocci in frantumi del piatto ormai sfumato, che comprese la vera difficoltà dell'esercizio.
    Comprese il perché delle risatine divertite di Raizen, e le sue occhiate incuriosite, comprese perché la scelta di una mandata di carne dopo il pesce, e comprese anche perché la scelta del taglio di carne Kobe...
    ...improvvisamente, comprese tutto.
    […] Dire che in quel momento Shizuka Kobayashi poteva esplodere in mille pezzi, poiché incapace di contenere tutta la rabbia che aveva in corpo, era decisamente un eufemismo.
    In effetti, se c'era una cosa che innervosiva la graziosa erede più di vedersi negare il cibo quando aveva fame... era proprio veder gettare via quello stesso cibo che le era stato negato quando aveva fame.
    Quello, suo malgrado, era molto più di quello che avrebbe mai potuto tollerare.

    « RAIZEN! » Ululò furibonda Shizuka, sollevando delicatamente la bistecchina di Kobe tra le sua manine, e detto questo corse verso il sensei, schiantando il reduce di quella guerra sotto i di lui occhi di ghiaccio.
    « LO VEDI!? » Strillò dunque, ancora, alzando ulteriormente la voce « LO VEDI!? ...LUI, E' MORTO PER NOI! E TU HAI PERMESSO CHE LUI FACESSE QUESTA FINE INDEGNA! I N D E G N A! » Nonostante l'argomento potesse suscitare una certa nota di ilarità in chiunque si sarebbe potuto trovare ad ascoltare, la marmocchietta sembrò quasi mettersi a piangere mentre ne parlava « TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE STAI FACENDO...!? NON SI GIOCA CON LA VITA DEI KOBE COSI'... NON DEI K O B E! LORO NON C'ENTRANO, QUESTO NON LI RIGUARDA! LORO NON DEVONO ESSERE LE ENNESIME VITTIME DI QUESTA GUERRA SENZA QUARTIERE » Non sapeva esattamente cosa stava dicendo, ma ultimamente aveva visto un film in cui la protagonista diceva le stesse identiche parole all'apice del climax di una vendetta in cui erano morti alcuni bambini, decidendo dunque che la vicenda-kobe fosse altrettanto straziante, aveva voluto dare la giusta rilevanza alla situazione ripetendo le parole che l'avevano così profondamente colpita.
    Naturalmente, neanche a dirlo, il colosso di Konoha avrebbe potuto ignorare la ragazza e classificare quella sua perdita del senno della ragione come l'ennesimo vagabondare del suo cervello disadattato, e Shizuka, benché tentata di ripagare l'insensibilità del suo insegnante dando degna sepoltura (nel suo stomaco) alla bistecchina, decise di lasciare il corpo esanime di quest'ultima accanto all'uomo per ritornare a prendere posto dall'altro capo del tavolo.
    Sapeva che l'unica cosa che interessava a Raizen erano le regole (quelle imposte da lui, non dagli altri), e che non avrebbe accettato nessuna sua presa di posizione finalizzata ad infrangerle; così, a malincuore, cercò di convincersi di aver fatto bene a non mangiare nulla.

    A quel punto però, la vicenda cominciava a farsi complicata.
    In poche parole doveva riuscire ad attivare il chakra adesivo in una quantità e una forza tale da permetterle di sopportare non solo il peso scandaloso di ciascun piatto, ma anche di fermarlo adeguatamente tra le proprie mani visto il loro essere totalmente unte di grasso.
    Attivare la sua energia e dare a questa una forma valida non era più un problema, certo ci avrebbe messo del tempo, dopotutto non era ancora proprio esperta, ma quello che la preoccupava era il tenere salda la presa su qualcosa che non voleva assolutamente collaborare.
    Decise di provare.
    Attivò immediatamente il suo chakra e, decisa più che mai ad ignorare la stanchezza che ormai cominciava a sentire ogni qualvolta vi si appellava (poiché, almeno a quanto diceva nonna Chizuru Uchiha: “Un ninja non può mai migliorare se non si spinge oltre i suoi stessi limiti”), si sforzò di separare diverse piccole porzioni di chakra una dopo l'altra e non una solamente come aveva fatto fino a quel momento. In verità non sapeva perché ne era così convinta, ma nell'attimo in cui prese quella decisione, si convinse che era necessario per velocizzare la tempistica dell'esercizio... era sicura, tanto, che non ci sarebbe mai riuscita al primo colpo.

    E così, agli effetti, fu.
    Il primo piatto di carne venne agganciato con successo, ma dopo appena una manciata di secondi la difficoltà di tenere una quantità degna di chakra attivato in concomitanza con la forza necessaria alla riuscita dell'esperimento si fece sentire, e il piatto schizzò rovinosamente verso un lato del tavolo, proteso verso il vuoto. Quella fu la volta in cui Shizuka preferì cadere rovinosamente a terra, e tagliarsi una spalla su un tronco di legno appuntito piuttosto che far cadere il cibo, che venne tratto miracolosamente in salvo.
    Il piatto dopo, purtroppo, non fu altrettanto fortunato.
    La ragazzina tentò un altro approccio, e afferrato uno di questi, lo sollevò dal tavolo con entrambe le mani, convinta che a tenerlo stretto in quel modo non sarebbe scappato da nessuna parte... ebbene, invece di scivolare chissà dove, il piattino da portata decide di esplodere tra le sue stesse dita, così, mentre i cocci finivano a ferirle la fronte e la guancia, la principessina capì che quella volta aveva invece usato troppa energia, e che la conseguenza era stata quella.
    A quel punto, non per una reale esigenza ma più per il fatto che in meno di 5 minuti era riuscita a ferirsi più di quanto avrebbe potuto mai fare se gettata in una gabbia di bestie feroci, decise di prendersi un attimo.
    Aveva già fallito due volte, rompendo un piatto (più il precedente) ...in sostanza, ora, rimanevano solo sei piatti, dato che Raizen si era già attaccato ad un delizioso taglio di Kobe in crema di latte e funghi.
    La situazione cominciava a farsi tragica.
    L'unica cosa che sembrava funzionare in quell'esercizio era la velocità con cui la kunoichi aveva cominciato a gestire il proprio stesso chakra, facendolo fluire all'interno del proprio corpo in modo molto più rapido e naturale della prima volta che ci si era appellata... per il resto, era tutto un disastro.
    Evidentemente sbagliava in qualcosa, e quel qualcosa doveva essere il connubio “forza-durata” ...possibile che non fosse in grado di riuscirci?
    Di fronte a quella domanda, la giovane erede dei Kobayashi rise di gusto, si pulì il sangue che dalla fronte le gocciolava lungo un occhietto chiuso, e scosse la testa divertita.
    Se all'età di otto anni era riuscita a piazzare ad un Daimyo un'intera carovana di sete color ocra (quando la moda del momento era celeste chiaro), rimasugli di magazzino che non sapevano più dove mettere poiché invenduti, guadagnandoci quanto bastò per permetterle di comperarsi un cavallo nuovo e più di due regali per ogni membro della sua famiglia...
    ...era IMPOSSIBILE che non riuscisse a prendere tra le mani un piatto.
    Cambiò dunque approccio, e questa volta decise di lasciar fluire il chakra in tutto il suo corpo, decidendo che a fare così avrebbe impedito a se stessa di far esplodere qualcosa... dopotutto -rifletté con attenzione- se il suo problema era quello di trovare la quantità giusta di energia, avrebbe semplicemente lasciato che fosse il suo corpo a trovarla. Il chakra era qualcosa di naturale, che tutti avevano, persino lei. Doveva solo lasciare che l'ovvietà facesse il suo corso.
    Per raggiungere l'obiettivo, tuttavia, parve volerci del tempo, ma quando la ragazza sentì che ogni parte del suo essere conteneva anche una minima percentuale di energia -ignorando una sensazione strana che cominciò a stuzzicarle il fondo più nascosto del suo animo, come se ci fosse qualcosa dentro di sé che rispondeva a quella chiamata, che godeva di quel sigillo rimosso- ... focalizzò la sua attenzione sulla sua mano destra, e lasciò che questa si circondasse di Chakra a cui poi, senza attendere chissà quale prodigio, diede la forma di una tela di ragno.
    Non seppe perché la sua immaginazione concepì una cosa simile fino a quando non andò ad afferrare un piattino di Kobe arrosto che, d'improvviso, le rimase attaccato alle dita senza muoversi di un centimetro, e lei, sorridendo divertita, decise che era giunto il momento di sollevarlo.
    Per farlo usò tutta la sua forza, sentì i muscoli delle braccia contrarsi, e il suo chakra cominciare a fluire sempre più velocemente dentro di lei ma, stranamente, questo non la sconvolse.
    In verità, pareva non sconvolgersi più di nulla: né della sua forza, di cui non conosceva la portata fino a quel momento, né della sua energia calda e impetuosa, quasi fosse fatta di fuoco vivo, né tantomeno del fatto che di lì a qualche istante riuscì a portarsi il piatto davanti agli occhi.
    Non si stupì assolutamente di nulla.

    « Ecco » Disse infatti, improvvisamente, rivolgendosi a Raizen « Ce l'ho fatta stupido che non sei altro... come vedi posso fare tutto, non devo certo stare dietro a te » Aggiunse, rossa in volto, e per un attimo ebbe la voglia di ridere di gusto anche se agli effetti non c'erano motivi per farlo.
    Sentiva dentro di sé una grande forza, come se fosse appena scampata da un pericolo di morte e il suo corpo traboccasse di adrenalina. Era sicura che se in quel momento l'avesse voluto avrebbe potuto fare cose strabilianti grazie a quel qualcosa dentro di sé che, benché le sembrasse essere ancora un po' addormentato, si era finalmente svegliato... e la cosa, stranamente, le piaceva molto...

    ...già, avrebbe fatto tutto questo, invece, semplicemente, stramazzò sul tavolo con la testa dentro il piatto e si addormentò profondamente.

    shizukasleep





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    Passeggiata digestiva



    La kunoichi dei kobayashi

    Pensò tra se e se lo shinobi.

    Sembra quasi la caricatura di un normale essere umano.

    Si limitò però ad essere osservatore dei movimenti sgraziati di Shizuka, senza commentarli in alcun modo ormai aveva quasi fatto il callo alle varie ingiurie che la sua allieva gli sputava addosso.

    Per l’inferno ho già fatto andata e ritorno, abbastanza da poter affermare che allora manco immaginavi che significati potesse nascondere la parola ninja, e sai una cosa?
    Non ho sentito nessuna risata! Ne tantomeno ho avuto bisogno di clemenza da parte di qualcuno.
    Dovresti esserne felice sai? Non tutti i ninja di questa accademia hanno avuto la possibilità di avere un sensei che potesse avvalersi di questo nome a pieno titolo.


    Fece una breve pausa.

    E per quanto poco ti piaccia io sono tra di loro e mi distinguo per le mie capacità tutt’altro che irrilevanti.
    Quindi metti l’anima in pace, le tue maledizioni non mi raggiungeranno mai, come te.


    Rise sommessamente dopo l’ultima aggiunta.

    […]

    Si complimentò con se stesso per l’inventiva che mostrata nell’ideare quell’addestramento, calzava a pennello sulla sua allieva, probabilmente era uno dei metodi non violenti migliori per stimolarla.
    Scosse il capo quando Shizuka posò affianco a lui la bistecchina, ancora qualcosina di basilare da insegnarle c’era.


    Probabilmente era l’unica che potevi mangiare e la scarti così senza pensarci due volte? Solo perché è cascato su delle foglie secche?

    La prese in mano e la rigirò per osservarla al meglio.

    Viziata.

    Ci soffiò sopra qualche volta e la inserì in bocca senza troppi complimenti, dopo qualche attento morso tirò fuori l’osso della bistecca secco e bianco.

    Vedi? Questo è quello che può dirsi un ottimo lavoro.

    Infatti ad osservarlo l’osso non conservava nemmeno il più piccolo briciolino di carne, non si diventa colossi facendo gli schizzinosi, storse la bocca mentre osservava Shizuka.
    Ad essere sincero se l’allieva non inveiva contro di lui starsene li ad ingrassare non lo divertiva troppo, anzi, era decisamente noioso. Era ora di smuovere un po’ la situazione.
    Certo, questo dopo aver risvegliato la piccola dai capelli d’orzo.


    Imbranata, è riuscita nell’esercizio ma ha speso troppo chakra.

    Si alzò e con fare paterno scostò il volto di lei dal piatto e preso un tovagliolo, inumidito con dell’acqua, lo mondò dagli avanzi di cibo.

    Non si può certo dire che non si sia impegnata, vediamo di premiarla per una volta.

    Prese Shizuka di peso, se così si poteva dire vista l’inesistente fatica nel trasportarla, e la adagiò ad un albero, fece attenzione anche se svegliarla in quel momento sarebbe stato abbastanza difficile.

    Molto probabilmente sarebbe difficile svegliarla anche in condizioni normali.

    Sicuro di averla messa in una posizione comoda si allontanò di qualche passo per prendere dal tavolo quattro piatti colmi di carne, li avrebbe messi di fianco a lei e dopo averle fatto ingerire 2 pastiglie attese il suo risveglio, una era un tonico per il chakra, quello di cui ora lei era a corto, quindi non ci sarebbe voluto tanto, mentre l’altra… beh, l’avrebbe scoperto più tardi.
    Una volta schiusi gli occhi Shizuka avrebbe visto Raizen disteso davanti a lei, intento a fissare il cielo. Al primo rumore emesso dalla piccola ninja si sarebbe voltato e con un sorriso bonario le avrebbe rivolto la parola.


    Oh, ti sei svegliata!
    Ti ho lasciato qualcosina da mangiare, dovrebbe ancora essere tiepida, approfittane, nel prossimo addestramento spenderai un po’ di energie.


    Attese pazientemente che Shizuka terminasse il suo meritato banchetto per poi alzarsi da terra con un balzo.

    Eccellente!

    Esclamò battendo una volta le mani.

    Ti manca un ultima prova prima di arrivare ad avere un controllo del chakra decente, se mi segui ci rechiamo al posto della tua prova finale.

    Si sarebbe chinato per porgerle la mano.

    Ora dovresti aver recuperato le forze no?

    Una volta raggiunto dalla piccola mercante si sarebbe incamminato per un piccolo sentiero che si snodava nel bosco, con un po’ di attenzione Shizuka avrebbe notato che la zona era simile a quella in cui si era tenuto il loro corso genin, Raizen era un po’ come un animale selvatico, durante i suoi spostamenti tendeva sempre a muoversi sulle stesse zone, forse per abitudine. Dopotutto il suo vagabondare gli aveva insegnato che i percorsi conosciuti sono quelli in cui è più difficile smarrirsi.
    Dopo qualche altro passo si sarebbe udito lo scrosciare di un torrente e lentamente i grandi alberi di Konoha si sarebbero diradati lasciando spazio ad un fiume cristallino quanto impetuoso.


    No, non temere, questa volta non dovrai immergerti, dovrai passarci sopra.

    Al contrario di ciò che accadeva a valle in quel punto il torrente era agitato da delle rapide abbastanza tumultuose, e i sassi che emergevano erano stondati e viscidi, la cosa non era troppo evidente, ma con un po’ di attenzione si poteva notare una nota di verdognolo e una lucidità anormale per dei semplici massi: una vera impresa passarci, soprattutto per Shizuka che pareva non brillare quando si parlava di agilità.
    Ogni sasso era coperto da una sottile patina di melma, ne troppa da renderli soffici, ne troppo poca da rendere sicuro il passaggio, l’equilibrio perfetto per il massimo sdrucciolio.


    Ora, generalmente sarebbe impossibile passare sopra questi massi, o meglio, lo sarebbe per te, io lo feci come allenamento prima di diventare genin riuscendo a risalire le rapide senza l’ausilio del chakra, tu invece vista l’agilità abbastanza carente dovrai fare affidamento al chakra adesivo.

    Si interruppe qualche attimo.

    Scherzi a parte, taci e ascolta.
    Al momento hai richiamato il chakra sulle mani, ora devi fare la stessa cosa con i piedi, non sei ancora abbastanza esperta da camminare sull’acqua, per cui non ci tentare, coleresti a picco, per cui salta da un sasso all’altro usando il chakra adesivo per fare più presa con i piedi.
    Devi stare attenta a coordinarti per bene però, sarà un po’ come danzare, e dovrai stare attenta a calibrare il controllo del chakra, perché non ti servirà un rilascio continuo come prima.


    Appena finito di parlare fece un balzo precedendo Shizuka di almeno sette passi.

    Bene, io ti starò sempre avanti, in caso tu cada di sotto non preoccuparti, ti ripescherò io.

    Sorrise, pregustando le grasse risate che si sarebbe fatto nel vedere la kunoichi cadere più volte a mollo, c'erano più o meno 13 massi su cui saltare ciò voleva dire che sarebbe caduta almeno 4 volte.





    BENE! ultima prova per il chakra! molto semplice, salta da un masso all'altro sino a guadare il fiume, hai 13 massi da saltare, più o meno, dipende dal percorso che ti costruisci nel post. le cadute che ti fai in acqua sono a tua discrezione, non badare all'ultima frase, sono le speranze di un sensei sadico che si diverte alle spalle della sua allieva XDDDD
     
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    Shizuka Kobayashi's pain




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    Durante il suo riposo, Shizuka Kobayashi sognò bistecchine di manzo Kobe.
    Queste, tenere e delicate, così graziose nel loro essere tanto rosse, si tenevano per mano e ballavano attorno a lei, felicissime di essere morsicate di tanto in tanto dalla stessa ragazzina che, anch'ella ballando in un girotondo di canzoni e filastrocche, continuava ad avanzare in una distesa sconfinata d'erba fresca su cui facevano baldoria un numero infinito di filettini danzanti, tutti gioiosi e trepidanti di essere mangiati solo da lei...

    Benché il sogno avvenisse nella mente della kunoichi, indovinare quali fossero i soggetti del suo dormire era talmente facile da apparire imbarazzante; proprio quello che risultava essere lei in quel momento, dato che, adagiata com'era al tronco di un albero, continuava a sbavare dalla bocca mezza aperta e reclinata di lato sulla sua stessa spalla. Di tanto in tanto poi, merito di chissà quale gioioso avvenimento nella sua disturbata immaginazione, Shizuka ridacchiava nel sonno, tirava su tutta l'acquolina che aveva in bocca, e ricominciava a dormicchiare con un sorrisetto ebete stampato sul suo viso roseo e appagato.
    In verità, chiunque l'avesse vista in quel momento, non avrebbe avuto dubbi sul ritenere che qualsiasi gioia la vita potesse riservarle in futuro, niente l'avrebbe resa più felice di quel sogno, e in effetti questo era anche il pensiero della stessa ragazza che nel momento stesso in cui si svegliò, senza neanche prendere coscienza di dove si trovasse, esclamò un forte e chiaro: « Oh! Sono la persona più felice dell'universo! » che si perse immediatamente nel silenzio della foresta, richiamando l'attenzione del Chunin di Konoha.

    “Oh, ti sei svegliata!”



    Silenzio.

    Shizuka guardò in modo piuttosto perplesso l'uomo disteso di fronte a sé, e dopo averlo squadrato meglio, continuando evidentemente a non capire perché si trovasse lì, abbassò istintivamente lo sguardo a vedere se fosse o meno nuda... ma quando si rese conto che no, era perfettamente vestita e coperta, con un sorriso soddisfatto e prendendo poi ad annuire tranquillamente, si raggomitolò sul fogliame del bosco, riprendendo a dormire.
    […] Questo, almeno, era quello che avrebbe tanto voluto fare.
    Non ci volle molto perché la sua mente l'aggiornasse sulla situazione in cui si trovava e le rammentasse tutto quello che aveva passato fino a quel momento, motivo che spinse la piccola kunoichi ad alzarsi immediatamente a sedere e a portare lo sguardo ancora impastato dal sonno su Raizen.
    « Che... cosa... tu... brutto scemigrigoreljnksazj »
    ...Ma le sue parole, o quello che se ne poteva capire, terminarono in un accozzaglia informe di mormorii, ringhi gutturali e pigolii sommessi, tanto che nemmeno la stessa Shizuka avrebbe saputo ben dire quali fossero state le sue originali argomentazioni.
    Fu piuttosto evidente a quel punto, che i risvegli dell'erede dei Kobayashi erano un capitolo tragico della sua vita, una sorta di macchia nera su un curriculum che avrebbe dovuto essere invece di prima categoria, e che la ragazzina, resasi conto della situazione in cui versava, cercò immediatamente di mantenere tale...
    … questo, almeno, fino a quando il suo sensei non le rivolse nuovamente la parola.

    “Ti ho lasciato qualcosina da mangiare, dovrebbe ancora essere tiepida, approfittane, nel prossimo addestramento spenderai un po’ di energie.”



    Se voltandosi alla sua sinistra la graziosa ninja non avesse notato i piattini reduci dal precedente allenamento stanziare accanto a sé, non avrebbe mai ritenuto credibili le parole di Raizen. Piuttosto allibita, e in modo quasi timoroso, la ragazza allungò dunque due dita a sfiorare ciascun piatto, dapprima in modo titubante e poi piuttosto severamente, quasi si aspettasse che quella visione paradisiaca fosse l'ennesimo scherzo del suo maledetto sensei, destinata a svanire di lì a qualche istante... invece, con suo grande stupore, si accorse che tutto quello che vedeva era vero. Tutto quanto.
    Si voltò allora di scatto, piantando immediatamente i suoi grandi occhioni smeraldinei sulla spigolosa figura del suo interlocutore, e dopo un attimo di pausa in cui non seppe cosa dire, si sciolse in uno dei più bei sorrisi che il colosso di Konoha avesse mai visto ad illuminarle il volto.
    Sembrava che quello fosse il momento più felice della sua vita.

    Colma di gratitudine per il suo maestro, dunque, Shizuka decise di non farlo aspettare oltre e afferrando due piattini, uno per mano, senza neanche accorgersi di aver istintivamente attivato il chakra adesivo, spolverò tutto ciò che le era stato offerto in un tempo record di 02:05:00 minuti, comprensivo addirittura di leccata finale alle stoviglie e alle dita.
    […] A ben pensarci, ricordò d'improvviso mentre impilava i piatti vuoti uno sopra l'altro con aria compiaciuta, sua madre le diceva spesso che la sua capacità di mangiare così tanto e in così poco tempo era una dote eccezionale che non aveva mai ritrovato in nessuno, e benché questa notizia da un certo punto di vista la lusingasse, quando ricordò Heiko Uchiha affermare anche che, proprio per questo motivo, l'avrebbe volentieri venduta ad un circo se non le fosse stata già affezionata, non riuscì a non trattenere un sospirò irritato.
    A quanto pareva, e lo si poteva dire dal suo viso tutto imbronciato e proteso in un'espressione estremamente polemica, Shizuka Kobayashi cominciava proprio a svegliarsi.

    “Eccellente!
    Ti manca un ultima prova prima di arrivare ad avere un controllo del chakra decente, se mi segui ci rechiamo al posto della tua prova finale.”



    Era talmente assorta nei suoi pensieri, che stavolta neanche si stupì di essere stata colta di sorpresa dalla voce baritonale del suo compagno, tant'è che non si affaccendò neppure a spaventarsi, preferendo piuttosto rimanere tranquilla al suo posto, a guardare Raizen battere le mani allegramente per poi alzarsi. Sembrava essere talmente di buon umore che per un istante, la ragazzina, si domandò se a quel punto si sarebbe messo anche a girare su se stesso sculettando.
    ...Quella sola idea, bastò a farle accapponare la pelle.
    « Ti vedo piuttosto entusiasta » Osservò dunque la pargoletta, fissando l'uomo nel reclinare la testa alla sua sinistra « Come mai? » Chiese.
    Effettivamente, e ci fece caso per la prima volta da quando aveva accettato di farsi allenare da lui, i modi in cui la trattava erano decisamente cambiati rispetto alle prime volte, non era riduttivo dire che pareva esserci stato un vero e proprio salto di qualità. Rispetto all'inizio, infatti, periodo in cui lui sembrava godere nel maltrattarla e urlarle addosso le peggiori infamie che riusciva a concepire, da quando si erano addentrati nella foresta non era mai stata insultata, neanche una volta, e se anche si era ferita, la colpa era esclusivamente della sua incapacità e inettitudine, non della violenza del suo maestro.
    Nel rendersi conto di quelle cose, Shizuka non poté fare a meno di aggrottare la fronte perplessa, e si era già portata una mano al mento tutta concentrata nel tentare di dare una risposta a quella forma di distorta gentilezza (l'unica che il suo sensei era capace di dispensare in ogni caso, ne era sicura), che vide la mano di lui protendersi in sua direzione con molto garbo.

    “Ora dovresti aver recuperato le forze no?”



    A quel punto, fu evidente che le cose non tornavano.
    Shizuka Kobayashi non era una ragazza piuttosto sveglia per quanto riguardava le questioni di cuore e tutte quelle situazioni simili, un po' perché non se ne era mai troppo interessata (facendo perdere la dignità a molti suoi coetanei, da quanto le dicevano i membri della sua famiglia), e un po' perché essendo cresciuta in un ambiente prettamente maschile, in cui le figure femminili di cui si era circondata erano limitate a quelle della madre e delle due nonne, aveva sviluppato, suo malgrado, una sorta di grezza insensibilità all'argomento, che se non la faceva apparire scortese il più delle volte, sicuramente la faceva sembrare scema nella maggioranza di queste.
    Quando pertanto alla ragazzina dai capelli color dell'orzo, scivolò d'improvviso alla mente la tetra possibilità (che se avesse analizzato meglio avrebbe capito essere assolutamente impossibile) di un interesse “amoroso” da parte del suo maestro... non poté non rimanere impassibile, stordita dallo stupore.
    « Senti Raizen » Esordì dunque la principessina, e appellandosi a tutta la sua diplomazia tossì un paio di volte, annuì gravemente, e infine, con voce netta e cristallina, esclamò: « Non mi piaci, scusami » E detto questo, afferrata la mano di lui, si portò in piedi.
    […] Qualora il colosso di Konoha non avesse deciso di porre fine alla vita della sua stupida allieva in quello stesso istante, sicuramente avrebbe potuto domandarsi com'era possibile che una tipa del genere, così ottusa e lenta di comprendonio sui meccanismi naturali “femmina-maschio”, fosse incredibilmente una così abile commerciante, e una futura capoclan.
    … Era forse giunto il momento di preoccuparsi per la stirpe dei Kobayashi?
    Certo, il futuro del casato non sembrava proprio florido con dei presupposti del genere a indirizzarne il cammino... ma nessuno, neanche volendolo, avrebbe potuto rinfacciare qualcosa a quella ragazzina sempre allegra e spensierata, il cui solo sorriso pareva bastasse a calmare tutti i dubbi di chi la circondava.
    Così, senza perdere altro tempo, la piccola erede si apprestò a seguire il colosso del villaggio della foglia all'interno di una fitta macchia boschiva, ricca di alberi e tronchi caduti in terra, in parte marciti, che sembravano vestire la foresta di un abito di spettrale inquietudine, tanto che neppure il sole filtrava dalle chiome degli alti pini secolari, così attaccati gli uni agli altri.
    Essendosi avventurata raramente nella foresta che costeggiava il villaggio, più che altro per scommesse con i suoi amici, o per prove di coraggio tipiche dei ragazzi della sua età, Shizuka non avrebbe mai potuto riconoscere quel posto come lo stesso in cui si era fermata per il suo corso Genin, rivolgendo piuttosto la sua attenzione alla totale assenza di punti di riferimento della vegetazione in cui si trovava, all'interno della quale un qualsiasi popolano avrebbe potuto smarrire il cammino per molte lune, guidato solamente dalla sua disperazione. Riflettendo ardentemente su quella realtà, per una volta non poté che essere felice di trovarsi in compagnia di una guida tanto esperta come lo era il suo maestro, il cui istinto animalesco sicuramente non avrebbe permesso a nessuno di perdersi.
    Era talmente felice che decise, vista ormai la sua totale assenza di stanchezza (era bastato un semplice pisolino a farla tornare in forze? Continuava a domandarselo da quando si era svegliata), di “giocare” un po' con il suo compagno di viaggio, giusto per ingannare il tempo. Raccolto dunque un bastone da terra, cominciò insistentemente a batterlo sulla schiena di lui.
    « Ehi » Esordì a quel punto, aumentando la velocità del suo picchiettare « Ehi, ehi... ehi, tra quanto arriviamo? Dove stiamo andando? Ma soprattutto... si mangia qualcosa? »
    Obiettivamente, più che un gioco sembrava una molestia da manuale, una di quelle perseguibili per legge, ma a quanto pareva, e per quanto irrazionale questo potesse apparire agli occhi dei più, quel suo fare sembrava essere oggetto di grande divertimento per la ragazzina, la quale, dopo una manciata di istanti, cominciò persino a ridere tutta felice.
    « Raizen? » Chiamò ancora, continuando a battere il legno sulla schiena di lui, e nel farlo prese a seguire un ritmo che solo lei poteva sentire ma che, dopo un attimo, cominciò a canticchiare.
    […] La verità era che non c'era nessuna forma di malizia o cattiveria in quell'atteggiamento che sarebbe anche potuto apparire irritante. Shizuka Kobayashi non aveva mai avuto grandi opportunità di giocare con i suoi coetanei, poiché per motivi di lavoro e di posizione sociale, si era sempre trovata circondata da creature più adulte di lei, avvezze dunque a distrazioni ben diverse da quelle che invece desiderava perseguire lei; quando perciò trovava qualcuno con cui giocare, proprio come una bambina di fronte a un balocco speciale, non riusciva proprio a smettere di stargli appiccicato.
    Questa volta era toccato al Colosso di Konoha essere l'oggetto delle attenzioni dello scricciolo della foglia.

    Erano ormai passati circa dieci minuti dall'inizio del cammino, quando tutt'a un tratto il rumore di un rapido e tumultuoso scrosciare d'acqua arrivò a solleticare le orecchie della giovane kunoichi, la quale ebbe appena il tempo di abbassare il suo legnetto e sollevare lo sguardo, che il suo maestro si era già fermato di fronte ad un grosso fiume violato da rapide e più o meno ampi gorghi acquatici che, assieme a viscide rocce muschiose dall'aspetto instabile e legni conficcati di traverso, attribuivano a quello specchio d'acqua l'aspetto di una tomba a cielo aperto.

    “No, non temere, questa volta non dovrai immergerti, dovrai passarci sopra.”



    « Ah beh » Esclamò immediatamente Shizuka, facendo roteare gli occhi al cielo « Allora è una vera passeggiata, una pacchia proprio »

    “Ora, generalmente sarebbe impossibile passare sopra questi massi, o meglio, lo sarebbe per te, io lo feci come allenamento prima di diventare genin riuscendo a risalire le rapide senza l’ausilio del chakra, tu invece vista l’agilità abbastanza carente dovrai fare affidamento al chakra adesivo.

    Scherzi a parte, taci e ascolta.
    Al momento hai richiamato il chakra sulle mani, ora devi fare la stessa cosa con i piedi, non sei ancora abbastanza esperta da camminare sull’acqua, per cui non ci tentare, coleresti a picco, per cui salta da un sasso all’altro usando il chakra adesivo per fare più presa con i piedi.
    Devi stare attenta a coordinarti per bene però, sarà un po’ come danzare, e dovrai stare attenta a calibrare il controllo del chakra, perché non ti servirà un rilascio continuo come prima.”



    Benché fosse stata particolarmente tentata di prendere in giro quell'insensibile animale del suo amichetto, che come al solito aveva trovato un altro modo per vantarsi del suo essere più bravo di lei, di saper fare tutto, e di saperlo fare (guarda caso) meglio di chiunque altro; perse di vista l'obiettivo quando le venne esposta la seconda parte dell'addestramento, la quale, rispetto alla prima, pareva un incubo ad occhi aperti.
    Comprese in quel momento che se appiccicarsi bacchette di legno alle dita o afferrare piatti cosparsi di grasso era stato complicato, certo camminare su quella roba schifosa doveva esserlo tre volte di più.
    « Non ho molta voglia » Commentò infatti la ragazza, facendo una smorfia mentre toccava il viscido muschio bagnato delle rocce del fiume con il suo ormai insostituibile bastoncino di legno « Di sicuro cado... e vedi che se cado, stavolta mi ammazzo » Le possibilità di aprirsi la testa come un cocomero, effettivamente, erano molto alte.
    Ovviamente, neanche a dirlo, il suo sensei parve non voler dar credito alle sue parole, e precedendola, aggiunse con un sorriso divertito (che sembrava già un'assicurazione sul risultato di quell'esercizio):

    “Bene, io ti starò sempre avanti, in caso tu cada di sotto non preoccuparti, ti ripescherò io.”



    […] Se la voglia di cadere nel fiume e bagnarsi da capo a piedi era scarsa, quella di farsi aiutare da quel mostro che era Raizen lo era addirittura meno. Accettando dunque il fatto che se non avesse chiesto aiuto almeno un paio di volte, si sarebbe sicuramente ridotta a uscire dall'altra parte del fiume in delle condizioni pietose che solo un demone di lago avrebbe potuto tollerare, scosse la testa e alzò il mento in segno di sfida, minacciando con lo sguardo il suo interlocutore.
    « Posso farcela da sola » Mentì, posando il suo bastoncino a terra, al riparo di un grande albero di cui non conosceva il nome « Vedrai che arriverò da te in men che non si dica »
    E detto questo, prese un profondo respiro fino a quando dentro di sé non regnò che la totale calma. A quel punto, concentrandosi, chiuse gli occhi e richiamò a sé il suo Chakra.

    Il suo chakra.

    Improvvisamente, senza nessun preavviso, senza nessun avvertimento, venne assalita da una sensazione che non aveva mai provato e, riaprendo di scatto gli occhi visibilmente stupita, fece un passo all'indietro, come a voler prendere le distanze da se stessa.
    « WOAH » Esclamò, allibita, fissandosi le mani come se fosse la prima volta che le vedesse, ma detto questo non parlò più per un bel pezzo.
    Rimase semplicemente lì ferma, a fissarsi le braccia fronte retro come se stesse cercando chissà quale anomalia insorta, magari, durante il sonno di poco prima... ma non trovando nulla, alla fine, si vide costretta ad arrendersi all'evidenza, e sollevando lo sguardo verso il suo interlocutore, lo chiamò più volte.
    « C'è un problema » Annunciò dunque, non appena l'attenzione di Raizen fu portata su di lei « Vedi, succede che... » Esitò. In verità, non sapeva proprio come dirlo.
    Ci pensò un attimo, e a quell'attimo ne seguirono altri, fino a quando la ragazza, trovando evidentemente una spiegazione che la compiacesse, riprese a parlare.
    « E' come quando chiudi un animale in una gabbietta molto piccina e molto stretta, e lui non può muoversi né ringhiare mai... certo, in una situazione del genere l'animaletto preferirà stare zitto e buono, non certo fare chissà cosa » Disse piuttosto perplessa, come se avesse pena di quell'ipotetica creatura di cui parlava « ...Ma supponiamo che poi, per un errore, la gabbietta si apre. L'animale a quel punto avrà possibilità di uscire, o quantomeno di farsi sentire... ma decide ancora di stare lì dentro, fermo, in attesa... però ora ringhia, e le persone si accorgono che è lì, e che è grande, è forte, e fa... » Si fermò un attimo, titubante


    shizukashock-1




    « ...beh, fa anche un po' di paura, ecco » Scosse le mani di fronte a sé, prendendo improvvisamente a ridere « Non ha molto senso quello che ho detto, immagino » Disse poi, ancora « Vabbè non importa, non era niente di rilevante comunque » Così dicendo, dopo un sorriso perplesso, la piccola kunoichi richiuse gli occhi, e dopo un attimo di esitazione riattivò il chakra.
    Sentirlo scorrere in tutto il corpo liberamente le diede una sensazione strana, ma non volle farci caso, giustificando la sua decisione nel dire che se non era in grado di spiegare qualcosa, evidentemente quel qualcosa non meritava di essere spiegato. Tutto qua.
    A dispetto dei suoi primi esercizi, lasciò che l'energia fluisse ai suoi piedi, e non appena sentì che questi vibravano di energia, si avvicinò ad un masso posto ai bordi del fiume sul quale, dopo aver dato forma e consistenza al suo chakra, salì.
    […] Aveva creduto che sarebbe stato molto più difficile, una tragedia, un'epopea... e invece...
    « ...guarda qua, Raizen » Ghignò beffarda, rivolta al suo maestro « Ci sono riuscita subito, visto? Chi deve aiutare chi? » Continuò, gesticolando con le mani « Aspettami, sono subito da-- »

    Cadde talmente pesantemente, che la botta si fece sentire tutto intorno a lei, spaventando persino dei corvi che sostavano sui rami degli alberi che la circondavano, quasi osservassero quello spettacolo gratuito di presunzione e stupidità; ma di questo, ovviamente, la ragazzina non si preoccupò, intenta com'era a urlare di dolore per la sua schiena che ormai (ne era sicura stavolta) si era rotta in due parti perfette.
    Presa dall'eccitazione del momento infatti, sopravvalutando le sue potenzialità in ricordo del semplice piccolo traguardo raggiunto poc'anzi, aveva tentato di saltare sul masso successivo a quello su cui si trovava, ma per tutta risposta il suo corpo, che non aveva voluto collaborare in nessun modo, cadde rovinosamente all'indietro. La scena, dunque, era approssimativamente questa: La parte superiore del corpo della kunoichi era appoggiata alla sponda del fiume, quasi interamente asciutta, il suo fondoschiena e le sue gambe, invece, erano già ammollo a galleggiare.
    « NON OSARE... » Sibilò subito Shizuka, con gli occhi dardeggianti di vergogna « E' STATO UN PICCOLO ERRORE DI CALCOLO, ADESSO CI RIPROVO SUBITO » Abbaiò iraconda più nei suoi stessi confronti che in quelli del suo interlocutore, e strisciando come una larva sulla terra ferma, riprese tutto il procedimento da capo senza neanche curarsi del fango di fiume che la insozzava tutta fino alle ginocchia.
    Riattivò dunque il chakra, lo fece fluire ai piedi, e questa volta cercò di dargli una forma più valida e adeguata all'occasione. La soluzione fu quasi subito trovata, e nacque da un vecchissimo ricordo della principessina che da piccola, arrampicandosi sui vari cassetti aperti della cucina nel tentativo di raggiungere la dispensa dei dolciumi, si era tirata addosso una decina di barattoli colmi di melassa che, dopo aver mangiucchiato, si era accorta averle ricoperto tutti i vestiti in modo irrimediabile. Più tardi infatti, avrebbe scoperto che rimuovere l'appiccicume della melassa era un'impresa quasi titanica, ragion per cui da quel giorno fino ad oggi, Shizuka Kobayashi aveva sempre collocato quella confettura al primo posto delle cose più odiose del mondo.

    Il secondo tentativo, dunque, non si seppe se per la deliziosa trovata zuccherosa o per semplice fortuna, riuscì meglio, dato che la ragazzina prima di cadere a faccia in avanti nel fiume, rimanendo a gambe all'aria, superò ben due rocce appuntite e scivolose; e benché fosse poi quasi affogata nel tentativo di uscire dall'acqua (certo, sgambettare istericamente non era proprio la cosa più indicata da fare), non si scoraggiò e si mise subito all'opera nel suo quarto tentativo, il quale, purtroppo, terminò con lo stesso disastroso risultato.
    A quanto pareva non c'erano sciroppi che tenevano...
    ...camminare sulle rocce di quel fiume, era un'impresa molto più ardua di quel che si era immaginata!
    Nonostante tutto Shizuka Kobayashi, la cui testardaggine era motivo di chiacchere in tutti i paesi finora conosciuti, non volle arrendersi, e alzandosi per l'ennesima volta -dopo essersi asciugata il volto dall'acqua e dal sudore- ricominciò.
    Questa volta, comprendendo che in evidenza c'era qualcosa che non quadrava nel suo procedere, cambiò approccio, e fu proprio mentre ne cercava uno più adatto che ricordò di punto in bianco le parole del suo stesso maestro.
    “Sarà un po' come danzare” aveva detto...

    [...] Come erede del più famoso clan del paese del fuoco, la principessina di Konoha aveva sin da piccola ricevuto una rigida educazione culturale e artistica, a cui i genitori vollero da subito accompagnare viaggi interminabili attraverso ogni paese finora scoperto, con l'obiettivo finale di creare una perfetta capoclan; una guida rispettabile e amata.
    A dispetto delle apparenze, dunque, Shizuka sapeva conversare di argomentazioni filosofiche e politiche, spiccava per la sua bravura nella cura della casa e nel cucinare, ma soprattutto... era una delle più abili ballerine e intrattenitrici, degna rivale della miglior geisha del villaggio della foglia.
    Se era perciò vero che riuscire a portare a termine quel compito era come prendere parte ad una danza, non c'era ulteriore motivo per la graziosa kunoichi di tergiversare sui suoi stessi dubbi, ragion percui, senza esitare, riattivò il suo chakra, chiuse gli occhi, e si concentrò.
    Adesso era in una sala affollata, vestita in kimono -uno dei suoi migliori, tessuto a mano da sarte scelte con cura dal suo stesso clan- e sfilava leggera tra il grande numero di invitati che erano giunti per rendere omaggio alla sua bravura... proprio lì infatti, di fronte a tutti, avrebbe dovuto danzare.
    Il suo chakra divenne allora un paio di geta smaltati e lei, a riprova del fatto che su quelle calzature odiate dalla maggior parte delle donne, camminava come fosse scalza, saltò delicatamente sul primo masso e poi, velocemente sul secondo. Parve perdere l'equilibrio ma, aumentando l'afflusso di energia e curando soprattutto la forma di quest'ultima, alzò le mani dai suoi fianchi e si riportò in perfetto equilibrio, come se sulla testa portasse dei grossi tomi di letteratura che le avevano vietato di far cadere.
    A quel punto, trovata la stabilità perfetta, rimase ancora una manciata di secondi immobile prima di spostare il suo sguardo ad una roccia piatta alla sua sinistra che, se fosse riuscita a raggiungere, le avrebbe consentito di arrivare a Raizen in appena altri due saltelli... disgraziatamente la paura di cadere di nuovo in acqua, e ricominciare tutto da capo, erano talmente forti che la piccola kunoichi dovette più volte riprendere l'atto di saltare interrotto, ma alla fine, fattasi coraggio e disattivando la sua energia quel tanto che bastava per permetterle di schizzare via, riuscì nell'impresa... cadendo però rovinosamente sulle ginocchia. L'esitazione iniziale del balzo le era stata fatale e lei, atterrando con gambe tremanti, era scivolata sul muschio aprendosi entrambe le ginocchia che cominciarono immediatamente a gocciolare sangue.
    « Uffa » Bofonchiò tutta offesa, ma ormai comprendendo che le mancava poco al traguardo finale e notando che, stranamente, quell'errore di percorso non aveva disattivato il suo controllo del chakra, si rimise in piedi, prese un profondo respiro, e si calmò.
    Nessuna esitazione. Mai.
    “Se ci si ritira si invecchia, se si esita, si muore” ...o almeno, era quello che aveva sentito dire.
    Forte della sua riacquistata consapevolezza dunque, la ragazzina prese bene la mira del masso successivo, su cui balzò rapidamente. Anche stavolta perse l'equilibrio, e stava quasi cadendo in acqua se prontamente non avesse deciso di aumentare l'afflusso di chakra sotto la suola dei piedi così da rimanere attaccata alla roccia, sulla quale riprese l'equilibrio solo dopo essersi appellata a tutti i suoi addominali ed esser tornata in posizione eretta a guardare dritta di fronte a sé.
    Ormai, mancava solo un masso.
    « Posso farcela... » Mormorò più a se stessa che a colui che l'attendeva, e dopo aver valutato attentamente le distanze e presa una mira quasi millimetrica, Shizuka si gettò in avanti con un salto felino, atterrò sulla seconda roccia e non diede tempo neanche a quest'ultima di rendersi conto di essere sovrastata, che subito si gettò in avanti sull'altra sponda del fiume, protendendo dinnanzi a sé le braccia come se questo l'aiutasse ad arrivare più lontano...
    … e, contro ogni sua più florida immaginazione, riuscì a farcela.
    Sgranò gli occhi allibita, veramente sconvolta, e tutta bagnata di sudore e di acqua di fiume, lanciò uno sguardo strabiliato a Raizen, chiedendogli se per caso non avesse visto cosa aveva appena fatto.
    « Allucinante » Mormorò poi, in aggiunta, scuotendo la testa e lasciandosi cadere a terra « Credevo sul serio che sarei morta stavolta! Non so come ci sia riuscita con tutto quel “accendi-spegni” di chakra... sul serio... » Biascicò tutta stanca, e distendendosi sulle foglie di bosco umide sulle quali era volata, chiuse gli occhi e sorrise.




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    Paura e delirio nella foresta



    Durante la breve camminata fu Shizuka a prendere la parola per prima, incuriosita dall'insolito buonumore di Raizen. Effettivamente non aveva tutti i torti, lo shinobi era decisamente su col morale, e capitava raramente, ancor più raramente capitava che questo fosse dovuto ad una persona, eppure era così, la spensieratezza, forse proprio l'essere bambina di quella kunoichi riusciva ad ammorbidire di non poco il konohaniano.

    Beh, sai, ci sono momenti di una giornata, o giornate che girano particolarmente bene e sono capaci di farmi ribaltare il muso in sorriso.

    Prese una pausa per dare il tempo a Shizuka di metabolizzare quella frase densa di informazioni inutili.

    Tuttavia oggi il merito è del mio piccolo giullare.

    Si chinò lievemente su Shizuka e forte di una superiorità al momento invalicabile le scompigliò i capelli.

    E poi a prescindere da tutto noto che qualcosina la stai metabolizzando, è facile che riesca ad insegnarti qualcosa questa volta, anche se ti ho sempre vista più “morbida” rispetto a quel quadrato, anzi, triangolo di tuo fratello.

    La piccola citazione geometrica proveniva direttamente da un particolare libricino che Raizen lesse qualche anno prima, “Flatlandia” e paragonare una forma di vita avanzata come il quadrato a Kuroro significava volergli davvero troppo bene.

    E nemmeno un triangolo equilatero, di quelli isosceli belli puntuti!

    Si, ecco, ora si era avvicinato ancora di più, anche perchè oltre non poteva andare, non gli stava simpatico ma era sicuro che fosse un uomo, quindi non poteva essere un triangolo troppo acuto.
    Poi la cosa degenerò, totalmente e non si sa per quale assurdo parto della mente della sua allieva questa le disse di non amarlo, rimase immobile.
    Per svariati secondi.
    Immobile perchè non aveva facce da dare al caos di domande che quell'affermazione aveva creato nella testa del colosso. Facendo uno zoom sulle cellule celebrali di Raizen in quel momento si sarebbe potuto scorgere un ingorgo di proporzioni colossali che coinvolgeva gran parte delle sinapsi del povero malcapitato tra di loro una particolarmente attiva (probabilmente affetta da road rage) sbraitava qualcosa.
    Insomma si sovraccaricò e per qualche secondo un remoto sistema di controllo del cervello ebbe la splendida idea di disattivarlo per salvarlo. Dopo una manciata di secondi però le attività ripresero.


    Ma... ma... MA CHE CAZZO DICI?!?

    Che poi era la stessa cosa che sbraitava la rabbiosa sinapsi, era anche riuscito a ristabilire il contatto con il proprio corpo e a trovare un espressione che potesse rappresentare il suo stupore, occhi sgranati, bocca spalancata e mani contratte, una specie di rivisitazione dell'urlo di munch.
    Decise di prendere lui le redini per il cervello bacato dell'allieva, proponendo la stessa terapia che il suo aveva automaticamente attivato: il riavvio mediante scappellotto.

    Andiamo va.

    […]


    Questa volta Raizen ebbe tutto il tempo di osservare la piccola Kobayashi mentre svolgeva l'esercizio, stava aspettando una cosa simile da quando aveva poggiato il piatto di sushi per iniziare l'addestramento.

    Sarà da me in men che non si dica.

    Si ripetè nella mente quelle parole per catalogarle come “ultime e famose” e per evitare che il suo cervello reputandole del tutto folli e visionarie le eliminasse.
    Poi, per mantenere la promessa si piegò sulle ginocchia pronto a scattare per evitare alla sua allieva di rompersi come un uovo sopra le rocce, fortunatamente e incredibilmente, non ci fu bisogno del suo intervento, anche se non splendidamente Shizuka riuscì a raggiungerlo dall'altra sponda.


    Infatti non ci sei proprio riuscita, ti faccio notare che sei più fradicia di un passero sotto la pioggia.

    Gli battè nuovamente sulla testa per produrre quel suono caratteristico che facevano i capelli fradici.

    Comunque, veniamo a cose serie, sei appena stata drogata, o meglio, sei stata drogata mentre eri assopita.

    Aspettò qualche secondo senza far trapelare nessuna emozione, voleva godersi tutta la sfuriata della kunoichi.

    È una particolare droga, molto rara, ma ultimamente sta prendendo piede rapidamente, la chiamano “la pasticca dello stupro” sai perchè?

    Provò a dare spazio ad un eventuale risposta.

    Beh poco importa se lo sai o meno te lo dico io. Si chiama così perchè pur lasciandoti cosciente per tutto il periodo in cui resta attiva non permette al tuo cervello di immagazzinare ricordi, questo unito alla mia schiacciante superiorità fisica capirai che risultati può avere...per cui da qui ad otto ore sei sotto il mio totale controllo.

    Una menzogna perfetta, niente l'avrebbe tradito, ne inflessioni della voce, ne risate, ne particolari espressioni, nulla, per un esterno stava dicendo la verità.

    Avanti, altrimenti secondo te perchè diavolo ti avrei portato in una foresta? Non sono mica un cazzo di fauno!
    Sei un po' troppo addormentata ciccia: sveglia! Non è che tutti sono disposti a fare ciò che vuoi, spesso si vuole qualcosa in cambio, e altrettanto spesso si cerca in tutti i modi di ottenerlo, si insomma, ci si procurano delle garanzie, la mia era quella pasticchetta.


    Concluso il discorsetto si preoccupò di immobilizzare Shizuka coprendo qualsiasi eventualità di fuga. Poi il colosso mise la mano nei pantaloni dopo aver sganciato la cinta e frugò qualche istante, stava per estrarne qualcosa di non troppo grande dalla cura che ci metteva, più lungo che largo...somigliava ad un rotolo.
    Ed infatti lo era, un semplicissimo rotolo di carta che con un rapidissimo gesto Raizen srotolò davanti a se in pochissimi attimi.


    IDIOTA

    Questo riportava a caratteri cubitali il rotolo.
    Esplose in una risata così fragorosa che probabilmente qualche volatile avrebbe spiccato il volo spaventato.


    Via, stavo scherzando su!
    E poi non hai decisamente i requisiti.


    Mimò delle forme abbondanti nella zona del petto con le mani.

    Non so se mi spiego.

    Sorrise e continuò a parlare.

    Ora siediti qui scemotta, ho da spiegarti un paio di cose.

    Aspettò che il suo ordine venisse eseguito e riprese a parlare.

    Prima ti ho veramente drogata, ma con qualcosa di veramente particolare, diciamo che da qui a qualche minuto dovresti iniziare a sentirne gli effetti, visto lo spavento preso poco fa la sua “attivazione” si è sicuramente accelerata.

    Infatti, come pronosticato da Raizen di li a poco lo scricciolo di konoha avrebbe iniziato a sentirsi ribollire di energia: era il suo tantien che, stimolato dalla droga, aveva iniziato una sovrapproduzione di chakra non indifferente.

    Bene, ti gusta e?
    La droga ti permette per un limite di tempo ridotto di abbattere parecchi limiti fisici, il nostro obiettivo sarà quello di fissarli nel tempo, dopotutto io non ho voglia di prenderti sotto la mia ala per troppo tempo, e in un limite di tempo ridotto come quello che abbiamo a disposizione, o meglio, che ti concedo, questo è il meglio.
    Come hai notato il primo limite che viene rilasciato è quello chakrico, e non è la piccola sensazione caccosa che hai provato mentre mangiavi il sushi, la carne o mentre guadavi il fiume.

    Si battè poco sotto l'occhio ad indicare che aveva osservato tutto il suo evolversi. E molto probabilmente si, gli gustava, l'esuberanza chakrica è sempre una bella esperienza, inizialmente.

    È parecchio più imponente.
    Ora però c'è un problema: una simile quantità di chakra che si manifesta così improvvisamente in un corpicino come il tuo è pericolosa, generalmente queste cose si fanno in poco tempo, insomma, addestrando il proprio corpo il chakra aumenta, però come detto prima io non ho tempo.
    Quindi, obiettivo numero uno: non schiattare.
    Obiettivo numero due: conservare quel chakra.
    Problema numero due io non ho mai assunto queste super pastiglie, non so consigliarti nulla tranne una cosa: sii giudiziosa, non tirare troppo la corta se non riesci a trattenere tutto quel chakra...


    Prese una pausa per estrarre la sua nodachi.

    ...usa questa.

    Piantò per terra la spada e rimase seduto in attesa.
    In caso lo scricciolo, come ormai si era abituato ad immaginarla e chiamarla tra se e se, avesse tentato di usarla avrebbe sentito che al minimo contatto la spada gli sottraeva una quantità di chakra non indifferente per poi scaricarla sul terreno come un fascio di luce affilato.

     
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    Shizuka Kobayashi's priority




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    Che meraviglia la primavera.
    Quello era senza dubbio un bellissimo pomeriggio assolato, lo si poteva capire dal tepore gentile che filtrava dalla piacevole ombra, offerta dalle spumose chiome degli alberi boschivi; mentre il vento leggero -una delicata appendice in uno scenario già di per sé incantevole- si divertiva a danzare tra la vegetazione, solleticando dolcemente chiunque si trovasse sulla sua strada, e conferendo alla foresta un aspetto quasi fiabesco che il delicato ruscello, animato di dolci creature acquatiche, arricchiva in modo assolutamente unico...

    […] Già.
    Questo, almeno, era quello che Shizuka Kobayashi avrebbe tanto voluto pensare.
    Bagnata dalla punta dei capelli a quella dei piedi, la ragazza osservò bene il luogo dove si trovava, e ne ammirò (con devota gratitudine nei confronti di quella bestia del suo maestro, che ce l'aveva portata) non solo il torrente in piena ricco di massi appuntiti coperti di muschio macchiato del suo stesso sangue, ma anche gli alberi neri e massicci che con la loro imponenza impedivano al sole di arrivare lì dove il vento, invece, pareva godere nel raggelare qualsiasi cosa con il suo soffio.
    Lei compresa.
    « Lamentati poco Raizen » Sibilò infatti la minuta signorina, vedendo il compagno batterle una mano sulla testa nel farle notare che avrebbe dovuto attraversare il corso d'acqua senza cadere « Se non mi sbaglio non sei dovuto intervenire neanche una dannata volta, quindi smettiamola, se volevi un'allieva virtuosa te la saresti dovuta cercare meglio... ecco! » Abbaiò tremando, e così dicendo non poté fare a meno che stringersi nelle spalle per poi cercare di asciugarsi come meglio poteva, mentre i suoi occhi, lampeggianti di irritazione, andavano a sfidare quelli imperscrutabili di colui al quale si rivolgeva e che, al contrario di sgridarla per quella sua condotta inammissibile, si limitò a introdurre una nuova argomentazione; proprio come se l'affronto impostogli non gli risultasse poi di gran peso.

    “Comunque, veniamo a cose serie, sei appena stata drogata, o meglio, sei stata drogata mentre eri assopita.”



    Era ancora intenta a strizzarsi i capelli e controllare il preoccupante stato violaceo in cui versavano le sue gambe, che la voce del colosso della foglia arrivò tonante a violentarle le orecchie, e lei, dopo un paio di attimi che volle prendersi per essere perfettamente convinta di aver capito, si voltò lentamente verso il suo interlocutore.
    Nel suo sguardo, solo la forma più pura dello sbigottimento.
    « ...Come scusa? » Domandò allibita, fissando l'uomo come se le avesse appena confessato le peggiori nefandezze della sua intera esistenza « ...Cosa hai osato fare? » Aggiunse, incapace di trattenersi.
    Di fronte a lei tuttavia, quasi ignorando completamente la sua reazione più che lecita e plausibile, Raizen riprese a parlare con una nota di preoccupante eccitazione nella voce, come fosse un bambino il giorno di Natale in attesa del tanto agognato momento dello scarto dei regali.

    “È una particolare droga, molto rara, ma ultimamente sta prendendo piede rapidamente, la chiamano “la pasticca dello stupro” sai perchè?”



    Nessuna risposta.

    “Beh poco importa se lo sai o meno te lo dico io. Si chiama così perchè pur lasciandoti cosciente per tutto il periodo in cui resta attiva non permette al tuo cervello di immagazzinare ricordi, questo unito alla mia schiacciante superiorità fisica capirai che risultati può avere...per cui da qui ad otto ore sei sotto il mio totale controllo...

    Avanti, altrimenti secondo te perchè diavolo ti avrei portato in una foresta? Non sono mica un cazzo di fauno!
    Sei un po' troppo addormentata ciccia: sveglia! Non è che tutti sono disposti a fare ciò che vuoi, spesso si vuole qualcosa in cambio, e altrettanto spesso si cerca in tutti i modi di ottenerlo, si insomma, ci si procurano delle garanzie, la mia era quella pasticchetta.”



    Tacque, rimanendo immobile.
    Seduta sulle foglie umide e appiccicose del sottobosco, la kunoichi dai lunghissimi e setosi capelli color dell'orzo fissò in silenzio il suo interlocutore, aspettando pazientemente che egli finisse il suo discorso, al termine del quale, per tutta risposta, si limitò ad inclinare la testa di lato, assumendo un'espressione laconica. Vagamente sarcastica.
    Sembrava proprio che il discorso l'avesse divertita e che la situazione nella quale placidamente sostava non la inquietasse più di tanto. Neanche quando il suo aguzzino le bloccò le braccia e le gambe, quasi salendole addosso, la principessa si mosse di un millimetro; proprio come se la situazione non la toccasse. Come se non fosse lei la protagonista di quell'incubo.
    Distendendo le gambe chiazzate dal gelo lungo il terreno, dunque, Shizuka allungò improvvisamente le braccia, e contro ogni previsione da parte dello Shinobi, ne sarebbe andata ad afferrare il collo nerboruto con delicata sensualità, attendendo poi che gli occhi di lui si concentrassero nei suoi.
    Attendendo di avere la sua totale e perfetta attenzione.
    « ...Non credevo che fossi un tipo così intraprendente, Raizen » Disse a quel punto, fissando il suo coetaneo con un velo di malizia nello sguardo « Mi sono sbagliata... e dire che ero convinta non sapessi nemmeno dove mettere le mani » Mormorò, e dicendo quelle parole, si avvicinò ulteriormente al viso di lui, fino a quando la sua bocca non arrivò a toccargli il lobo dell'orecchio « Che posso dire... fammi divertire allora » E così dicendo tacque.
    Non parlò più, neanche una volta. Neppure di fronte al suo maestro che si slacciava i pantaloni del completo ninja, infilandovi dentro una mano.
    Rimase semplicemente lì, ferma... con i suoi profondi e grandi occhi verdi fissi in quelli del suo interlocutore.
    Niente di lei tradiva disagio o terrore, né il viso tranquillo e rilassato né tantomeno le mani ferme e decise che, sciolte dalla nuca del ninja, parevano quasi esser in attesa dell'arrivo dell'inevitabile...
    … le sue labbra, però, ridevano.
    Era una risata di scherno la sua, di totale e puro sarcasmo. Sembrava dire “Fammi vedere quello che sai fare, tesoro” ...proprio come se, ormai resasi conto della sua incapacità a scappare, avesse preso la decisione di rimanere fiera e impassibile anche nel momento peggiore.
    Come se avesse deciso che l'unica cosa che non le sarebbe stata portata via, quel giorno, sarebbe stato il suo onore.

    “In verità...”



    […] A dispetto delle apparenze, Shizuka Kobayashi non era un'ingenua sprovveduta, le cui tenere e dolci convinzioni sulla vita erano piovute dal cielo insieme alla leggenda dei bambini portati dalla cicogna.
    Essendo l'erede del più ricco e potente clan di sete e tessuti del Paese del Fuoco, sin dalla più tenera età era stata abituata a viaggiare per accompagnare il padre attraverso quei luoghi che un giorno avrebbe dovuto visitare da sola, con indosso solo l'haori della sua famiglia e tanta voglia di mettersi alla prova.
    Com'è facilmente intuibile, essere l'unica femmina in un'intera carovana di uomini non era sempre un piacere. I risvolti negativi, spesso, sovrastavano quelli positivi, andando a colmare il piatto di una bilancia storta che da troppo tempo pendeva da un lato...
    … E questo fu lei a comprenderlo, a sue spese, il giorno in cui fu deciso dagli dei che la sua infanzia terminasse e che lei diventasse una donna-bambina dal cuore gentile di chi sapeva riconoscere il male.
    Quel giorno in cui il cielo bruciava e l'acqua mancava, infatti, venne aggredita da due ragazzotti di una manciata di anni più grandi di lei, figli di due nuovi attendenti scelti dal padre per intraprendere un fruttuoso viaggio nelle sporche e aride terre di Suna.
    Anche quel giorno, appunto, la bilancia volle cadere da un lato.
    Fu il solito piatto a rimanere vuoto... ma assieme ad esso, quella volta, rimasero senza seguito anche le aspettative dei due assalitori, che trovandosi di fronte allo sguardo orgoglioso e inflessibile di una bambina di soli sette anni, riuscirono appena a strapparle i vestiti di dosso in preda alla foga del momento, a toccarla, baciarla, leccarla addirittura... ma poi, e fu evidente, gli occhi fissi di lei, privi di paura, e quel sorriso quasi di scherno che ne aveva improvvisamente illuminato il delizioso visetto da bambola ming, privarono del gusto della violenza coloro che si nutrivano del terrore; così, gettandola a terra sulla sabbia bollente, rabbiosi e delusi, si limitarono a lasciarla lì.
    Sola. Nuda. Ferita... ma anche Fiera. Orgogliosa. Forte.
    Non avrebbe permesso a nessun altro uomo di toccarla, mai più.
    A nessuno avrebbe mostrato quel suo corpo sporco che per quanto lavasse ancora puzzava di sudore e desiderio... nessun altro si sarebbe macchiato del suo orrore.
    Sarebbe rimasta per sempre una bambina, non sarebbe mai cresciuta... questa era la soluzione. Alla fine, ed era chiaro, era ovvio... nessun uomo desidera una fanciulla nel suo letto, ma solo una donna.

    Non avrebbe mostrato quel suo corpo sporco a nessun altro uomo.
    Mai.

    “In verità... la ragazza non sembrava estranea a quel tipo di situazioni”




    “IDIOTA”



    Era un rotolo quello che venne estratto dai pantaloni, nient'altro. Niente di più, niente di meno.
    Solo un semplice rotolo.
    All'interno di questo, scritto a caratteri cubitali e precisi, come se quello scherzo fosse stato ordito molto prima dell'inizio di quel pellegrinare, spiccava il solito tipico insulto che solo un bambino troppo cresciuto, come poteva essere il suo maestro, avrebbe scelto.
    […] Osservando il foglio spiegato, Shizuka abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi, e senza attendere nient'altro, cancellò immediatamente la sua memoria.
    Come fosse un'automa, una macchina intelligente, una donna senza passato, dimenticò ogni attimo di quegli istanti... compresa la risata divertita di colui che le stava dinnanzi, e tutte le frasi che disse in seguito, le allusioni, l'allegria senza motivazione.
    Allontanò tutto, dalla prima all'ultima virgola, e non lo fece per paura o angoscia... ma solo per la consapevolezza che se non si fosse imposta di annientare tutto, quel tutto sarebbe tornato, un giorno... e quel giorno il ricordo non sarebbe stato uno scherzo di pessimo gusto, ma un motivo per allontanarsi. Maledire. Abbandonare...
    ...e lei, non avrebbe rinunciato al suo legame con il suo maestro. Il suo mentore.
    La sua nuova luna, per lei che era il sole.

    “Ora siediti qui scemotta, ho da spiegarti un paio di cose.”



    La voce di Raizen Ikigami giunse alle sue orecchie con il solito timbro baritono e tetro che la caratterizzava, e la minuta principessa, nell'udirla, non poté non risvegliarsi con gratitudine dai suoi stessi pensieri. Assimilato l'ordine quindi, si limitò a gattonare di fronte all'amico, poiché era conscia che ogni suoi tentativo di alzarsi in piedi sarebbe fallito.
    Le sue gambe, ancora, non potevano tenerla in piedi.

    “Prima ti ho veramente drogata, ma con qualcosa di veramente particolare, diciamo che da qui a qualche minuto dovresti iniziare a sentirne gli effetti, visto lo spavento preso poco fa la sua “attivazione” si è sicuramente accelerata.

    La droga ti permette per un limite di tempo ridotto di abbattere parecchi limiti fisici, il nostro obiettivo sarà quello di fissarli nel tempo, dopotutto io non ho voglia di prenderti sotto la mia ala per troppo tempo, e in un limite di tempo ridotto come quello che abbiamo a disposizione, o meglio, che ti concedo, questo è il meglio.
    Come hai notato il primo limite che viene rilasciato è quello chakrico, e non è la piccola sensazione caccosa che hai provato mentre mangiavi il sushi, la carne o mentre guadavi il fiume. ”



    Ascoltando quelle parole, Shizuka Kobayashi rimase ferma, in attesa di sentire qualcosa a scombussolarle l'intero corpo. Un colpo di cuore per esempio, o un ictus cerebrale.
    Da come ne parlava il gigante, infatti, questi due sintomi erano quelli più possibili (e trall'altro i meno gravi all'interno della lunga lista che terminava, guarda caso, con la morte).
    ...Nonostante tutto, per quante volte il suo insegnante si battesse con il dito sotto l'occhio con l'evidente desiderio di cavarselo, o per quanti sorrisetti le lanciasse, la piccola ragazza si limitò a fissarlo perplessa.
    Agli effetti, se avesse dovuto essere onesta, non sentiva proprio nulla.
    « ...Scusami sensei » Mormorò infatti dopo qualche attimo, e per un solo, brevissimo istante, ringraziò gli dei che la voce non le tremasse ancora « ...ma io non sento assolutamente niente, è possibile che abbia rivomitato la pillola cadendo nel fiume? ...O sbavando mentre dormivo? » Ci riflettè un momento, ed effettivamente si accorse che la possibilità non era poi così remota « Forse su di me non funzionano perchè sono deficiente, e quindi queste cose il mio chakra non le sente » Si portò una mano al mento, dubbiosa « Forse non ho abbastanza chakra e quindi, agli effetti, non mi si attiverà un bel niente... » Ridacchiò divertita, lanciando uno sguardo eloquente al suo compagno, a cui, a quel punto, fece addirittura l'occhiolino « Del resto si sa che non ho ereditato chissà quali potenzialità dal clan Uchiha, dopotutto, sono solo una misera mercan...- » Ma non ebbe il tempo di terminare quella sua congettura che improvvisamente, senza preavviso, un fortissimo dolore le colpì il basso ventre.
    Per quanto fosse evidente non era mai stata vittima di un'esperienza simile, Shizuka Kobayashi avrebbe potuto giurare sulla sua famiglia per intero che il dolore dilaniante di cui era divenuta improvvisamente vittima, e che l'avevano costretta a terra da un attimo all'altro, era lo stesso di coloro che si vedevano strappare via le budella dallo stomaco, o si sentivano togliere ogni strato di pelle dal corpo con il gesto lento ed eccitato tipico del sadismo.
    Raggomitolata per terra, pallida e tremante, la principessina ereditaria lanciò uno sguardo terrorizzato in direzione del colosso della foglia, e tra un gemito e l'altro, come fosse un cucciolo bisognoso d'attenzione, lo supplicò di fare immediatamente qualcosa. Di aiutarla in qualche modo.

    “È parecchio più imponente.
    Ora però c'è un problema: una simile quantità di chakra che si manifesta così improvvisamente in un corpicino come il tuo è pericolosa, generalmente queste cose si fanno in poco tempo, insomma, addestrando il proprio corpo il chakra aumenta, però come detto prima io non ho tempo.
    Quindi, obiettivo numero uno: non schiattare.
    Obiettivo numero due: conservare quel chakra.
    Problema numero due io non ho mai assunto queste super pastiglie, non so consigliarti nulla tranne una cosa: sii giudiziosa, non tirare troppo la corta se non riesci a trattenere tutto quel chakra...
    ...usa questa”



    Silenzio.

    Se ne avesse avuta la forza, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata quella di alzarsi, saltare sulle spalle dell'uomo, e con un gesto rapido e violento, disarticolargli la testa di netto così da poter vedere l'osso del suo collo uscire violentemente dalla sede che lo ospitava con un “clock” candido e cristallino che non le avrebbe donato altro che una gioia immensa...
    ...purtroppo però, e ne era piuttosto sicura, se solo si fosse mossa o avesse persino osato parlare, avrebbe vomitato sangue fino a morire e nessuno, nemmeno Dio, l'avrebbe saputa salvare.
    Questo, più o meno, era il dolore che sentiva di provare.
    Messa di fronte all'evidenza che già l'obiettivo di rimanere in vita si prefissava di difficile raggiungimento, dunque, la ragazzina guardò il suo compagno estrarre la grossa nodachi per cui aveva sempre provato una netta antipatia (dai tempi del corso genin e dei suoi geta laccati a mano) e piantarla di fronte a lei, a pochi centimetri dal suo nasino. Poi, come fosse stanco di tutto quel parlare, lo vide sedersi e cominciare a fissarla, come se si aspettasse che da un momento all'altro riuscisse in chissà quale epica impresa.
    Per un attimo, si chiese se vomitare le propria interiora potesse essere considerato un' “impresa”.
    Decise di chiederlo, e raccimulando tutta la forza di volontà che ancora giaceva sepolta in fondo al suo animo, richiamò l'attenzione del suo interlocutore battendo timidamente l'indice sul terreno sul quale ancora era immobilizzata, violentata dai peggiori dolori e sudori freddi che avesse mai provato.

    « Senza offesa » Esordì a quel punto, deglutendo di forza. Aveva la gola inspiegabilmente secca. « Sei sicuro che questo tipo di allenamento sia legale...? Voglio dire... » Esitò, pallida « ...lo hai mai provato su qualche altro allievo, oppure ho l'onore di essere la prima...? E in questo caso... » Aggiunse con voce tremante « ...ti risulta che qualcuno che si sia sottoposto a questo tour de force sia per caso sopravvissuto, poi? »

    In verità sapeva già la risposta a tutte quelle domande. Nessuno gliele aveva dette, questo era certo, ma conosceva da troppo tempo Raizen Ikigami per non immaginare che no, quell'addestramento non era legale, lui non lo aveva mai provato prima, e lei era la prima vittima effettiva dopo molti prigionieri di guerra morti in seguito all'assunzione di quella pastiglia dal dubbio contenuto.
    In poche parole: era spacciata.
    « Ma porc... » Biascicò pallidissima in volto, interrompendo la sua imprecazione solo per ululare di un dolore che avrebbe affiancato solo all'irreale possibilità di sentire una mano scenderle lungo la gola per rovistarle dentro lo stomaco.
    Sgranò la bocca, tremando disperata, e prima ancora che avesse il tempo di chiedere ancora aiuto, vomitò copiosamente sulle foglie sulle quali giaceva, sporcandosi il kimono e le mani.
    Rabbrividì disgustata, ma non appena cercò di alzarsi sulle ginocchia con la speranzosa intenzione di avvicinarsi al fiume quantomeno per sciacquarsi le mani, vomitò ancora, molto più di prima, cadendo poi riversa a terra, chiaramente incapace di muoversi.

    Stava morendo.

    Era evidente, questa volta stava morendo sul serio.
    Si domandò quanto tempo ci avrebbe impiegato Raizen a vedere che i frutti della sua scelleratezza la stavano ammazzando, e cosa avrebbe fatto (se lo avrebbe mai fatto) per cercare di salvarla dalle porte dell'inferno... la risposta, anche stavolta, era ovvia: Non l'avrebbe aiutata, mai, e qualora avesse deciso di intervenire, non lo avrebbe fatto per impedirle di spirare, ma quanto piuttosto perché stanco di attendere.
    Lui, dopotutto, era un tipo così.
    Improvvisamente, sentì il sangue gonfiarle le guancia d'ira.

    ...Era vagamente affezionato a lei? Almeno un pochino?
    Probabilmente no, poiché nessuna creatura senziente metterebbe in pericolo una persona amata per il semplice capriccio di finire presto un allenamento chiaramente non desiderato... già, doveva essere proprio così.
    Che sciocca che era stata ad essersi affezionata così tanto, ad averlo cercato, compreso, accolto...
    ...ma del resto, la colpa era solo sua: Aveva voluto vedere in lui il fratello che sentiva di star perdendo.
    Kuroro era sempre più distante, lontano. Spesso non lo vedeva per giorni, spariva senza dire dove andava, e quando tornava era schivo, pensieroso, aggressivo. La maltrattava e offendeva, le urlava di lasciarlo solo. Di non toccarlo.
    Aveva paura. Paura di perdere il suo amato punto di riferimento e così, da sciocca mocciosa quale era, aveva cercato in Raizen un sostituto...



    « Sporca cagna » Sibilò la kunoichi, chiaramente rivolta a se stessa, imponendosi poi di alzarsi in ginocchio.
    Vomitò ancora, abbondantemente, ma questa volta non se ne curò, e non si lasciò dunque stramazzare a terra.

    Se Raizen fosse stato legato a lei, non l'avrebbe resa l'oggetto di un esperimento mal riuscito. Possibile che dopo così tanto tempo che i due parevano essere inseparabili, il gigante di Konoha non avesse sviluppato neanche un minimo di sensibilità nei suoi confronti?
    Era possibile, del resto -pensò mettendosi in piedi, con gambe tremanti e volto pallido- nessun uomo intelligente avrebbe scherzato su di uno stupro. Quale bestia avrebbe giocato sulla purezza di una donna non sposata?
    Solo uno sciocco, un animale, avrebbe potuto trovarlo divertente.



    E a quel punto, contro ogni sua previsione, si rese conto di essere in piedi, ferma sulle sue gambe, con gli occhi fissi di fronte a sé...
    ...e una rabbia cieca a ottenebrarle la mente.
    Quello che si riscoprì a provare era un rancore profondo, cupo, sordo... di cui poteva ritrovare i motivi in anni di perdono, ma che per la maggior parte nasceva da un istinto nuovo, innato.
    L'istinto ad odiare.
    […] Shizuka Kobayashi disprezzava molte cose, ma erano per lo più concetti o regole. Non aveva mai odiato nessuno, un po' perché non ne aveva mai avuto il motivo, un po' perché se anche ce lo avesse avuto, aveva sempre ritenuto di dover imparare prima di tutto ad amare e ad aver fiducia. Fiducia negli altri.
    “Un cuore amorevole è un cuore amato, e un cuore amato è anche felice”.
    Portava queste parole dentro di sé come un talismano, a cui si appellava ogni qualvolta sentiva di arrabbiarsi troppo, di trovarsi al capolinea della negazione...
    …ebbene, quella pillola in meno di qualche istante, aveva distrutto il suo talismano; e con esso, anni di impegno e devozione.

    « VATTENE AL DIAVOLO, RAIZEN » Urlò improvvisamente la ragazza, e si rese conto allora che non provava più dolore. Esso era totalmente sparito, preferendo lasciare spazio ad una collera senza freni e senza paragoni « POSSO FARE BENISSIMO DA SOLA, TUTTO... TUTTO! » Rise di gusto, godendo nel farlo, ma comprendendo che non c'erano motivi logici per giustificare l'azione.
    Benché una parte della sua mente riflettesse con sacrificata razionalità, infatti, ogni sua rimanente fibra corporea stilava fiele come fosse avvelenata.
    Che fosse quella la conseguenza di un aumento improvviso di chakra? Questo era quello che le faceva?
    Migliorare, diventare una ninja più brava, più forte, più indipendente... l'avrebbe portata ad essere così?

    ...Perché voleva diventare una kunoichi?
    Cosa l'aveva spinta REALMENTE fin lì...?



    Ebbe paura. Paura di se stessa.
    L'ira le accecava la mente, le impediva addirittura di parlare in modo corretto, in modo logico e ragionato, era come esser stata sottoposta a decadi di abusi e ingiustizie e avere una sola opportunità per farsi vendetta.
    Non le piaceva. Non le piaceva per niente.
    Aveva sempre creduto che il potere, la forza, che fosse questa di uno shinobi o di un semplice mercante, comportasse la responsabilità a proteggere gli altri... certo, non si poteva desiderare di prendersi cura di tutto il mondo, poiché l'uomo è creatura egoista per indole, ma se si era abbastanza forti da camminare da soli su quella ripida strada che era la vita, non era forse possibile offrire la propria mano a chi lo chiedeva? Senza distinzioni. A Chiunque.
    Ecco cosa significava essere forti, ai suoi occhi.
    Proprio come il suo papà e la sua mamma... e i suoi nonni prima di loro... essere potenti significava essere gentili e amare; amare senza riserve con cuore puro.
    […] Magari il mondo non era così, magari la vita era diversa, ma lei credeva a questi principi e non ci sarebbero state nodachi o pastiglie a farle piegare la testa.
    Nessuna rabbia era più forte di lei.

    A quel punto, chiudendo gli occhi, si concentrò, e nonostante la sua mente vacillasse tra attimi di follia e lucidità, in quei pochi istanti in cui comprendeva di essere se stessa, si appellava al suo chakra. Lo attivava, lo richiamava.
    Vomitò più volte.
    I primi tre tentavi si conclusero in scosse violente del suo piccolo corpo o nel rigettare succhi gastrici acidi che ogni volta le corrodevano la gola... e ogni volta, aveva bisogno sempre di più tempo per rimettersi in piedi, per riprovarci.
    Alla quarta volta, anch'essa fallita, benché avesse desiderato sperare nel contrario, si arrese all'evidenza di non potercela fare. Non subito quantomeno.
    Avrebbe dovuto toccare quella spada, non c'erano soluzioni, dopotutto era l'unica cosa che Raizen le aveva offerto, ragion per cui nei minuti che avevano preceduto l'inizio della sua animalesca collera, si era convinta che il solo toccarla l'avrebbe aiutata in qualche modo.
    Forte della speranza di sopravvivere almeno quel tanto che bastava per capire come risolvere quella sua grottesca situazione, si avvicinò dunque barcollando e tremando alla spada del suo maestro, e usando tutte le forze che aveva in corpo, si attaccò alla sua elsa, quasi lasciandosi cadere sopra di questa. Poi, rimase in attesa.

    ...E aspettò, ancora e ancora.
    Un minuto, due, tre... ma non accadde assolutamente nulla.
    Il suo corpo era ugualmente scosso da tremiti, violentemente defraudato della sua stessa dignità, sporco com'era di vomito e terra, e il toccare quella maledetta spada non l'aveva aiutata per nulla. Assolutamente per nulla.
    Si sentì avvampare d'ira: Era stata di nuovo presa in giro!?

    « CANE! » Urlò la kunoichi, e se il suo maestro non si fosse tolto o non l'avesse bloccata, questa gli si sarebbe scagliata addosso con l'intento di strappargli tutti i capelli dalla testa « BUGIARDO! MALEDETTO! AVEVI DETTO CHE ERAVAMO COMPAGNI! CHE MI AVRESTI AIUTATO, CHE MI AVRESTI FATTO DIVENTARE UNA NINJA! »
    Non sembrava neanche lei, accecata com'era dalla rabbia, e quando fu lei stessa ad accorgersene -dopo aver perso l'equilibrio sui suoi stessi piedi ed essere caduta riversa sulla sponda del fiume, finendo tragicamente a vedere il suo volto riflesso in esso- non riuscì a non sgranare gli occhi, sconvolta.
    Era un mostro.
    Niente di lei era più suo, né i lineamenti duri e tetri irrigiditi dall'odio, né gli occhi dardeggianti di morte. Assolutamente niente.
    Impallidì.
    ...Era una sciocchezza, assolutamente una sciocchezza, doveva porre fine a quella storia, e doveva farlo subito, prima che si dimenticasse quali fossero le sue priorità e chi fossero le creature che amava e che desiderava proteggere da ogni pericolo.
    Fu a quel punto che, sollevandosi a sedere sulle ginocchia, la ragazza chiuse gli occhi e ignorando il suo corpo tremante e la sua bocca che spasmodicamente si muoveva alla ricerca di infamie e insulti, si concentrò.
    Entrò dentro se stessa passando dalla bocca, e scendendo lungo la gola arrivò alla sede della sua stessa energia corporea.
    Questa era lì: grande per il luogo dove era ospitata, imponente quasi... mostruosa, agli effetti.
    Agitato da moti senza forma né nome, il chakra continuava a traboccare da tutti i lati di quella che Shizuka si stupì di vedere come una graziosa bacinella di porcellana laccata, simile a quelle usate nelle cerimonie di fedeltà tra nobile e samurai.
    La ragazza, osservando la scena visibilmente meravigliata, socchiuse gli occhi, perplessa: “Quel contenitore è troppo minuto per contenere tutta quell'acqua rossa” pensò dubbiosa “Andrebbe sostituita con una più grande” Aggiunse, e nel riflettere così, istintivamente, allungò le mani afferrando i lati opposti del recipiente che poi tirò delicatamente.
    Subito, alla minima pressione delle mani della principessa, la bacinella si allargò, espandendosi e riaccogliendo completamente dentro di sé tutta quell'acqua che fino a pochi istanti prima strabordava rumorosamente.
    “Così va meglio” Annuì Shizuka Kobayashi, evidentemente compiaciuta del suo lavoro di artigianato, e senza capire esattamente che cosa in realtà avesse fatto se non riportato un po' d'ordine nella parte più nascosta del suo essere, risalì in superficie, uscendo dalla bocca, per poi osservare il pallido riflesso di se stessa cadere riversa a terra, come fosse morta o addormentata.
    Poiché l'idea di lasciare “se stessa” senza “se stessa” per qualche strana motivazione la turbava e innervosiva non poco, si ricongiunse a quella parte del suo essere che fino a quel momento l'aveva attesa, e quando si accorse di essere tornata quella di sempre, cadde subito addormentata.




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    Da più punti di vista si era dimostrato un fallimento quel suo piccolo scherzo, beh, c’era da dire che il colosso non era certo rinomato per il buon gusto dei suo i scherzi, tuttavia, dall’errore riuscì comunque a ricavare qualcosa di utile, era avvilente come per ricavare qualcosa dalla sua allieva si dovesse arrivare ai limiti estremi dell’accettabile.
    Non che l’avesse fatto con quelle intenzioni, ma era specializzato nel trovarsi dei capri espiatori.
    Finito quello che si rivelò essere un triste scherzo e regalatosi la sua dose di divertimento non potè fare a meno di notare le reazioni di Shizuka, e fu strano ciò che il suo cervello elaborò: tristezza e una vena di rabbia non indifferente che riuscì a cambiargli lievemente i connotati.


    Stupida cretina!

    Lo pensò solamente, ma non bastò a far tacere l’urlo che gli rimbombava nella testa, così assordante, così insensato e privo di logica.

    “fammi divertire”



    Sarebbe esploso da li a qualche secondo se non fosse stato per un proverbiale autocontrollo che gli permise solamente di contrarre le mani e stringerle in due pugni sufficientemente pesanti da stendere anche l’hokage.
    Era un allieva difficile, testarda, orgogliosa, insensatamente autolesionista, lui era simile, ma certamente sapeva darsi un contegno, sapeva porre un limite tra orgoglio e idiozia.
    Rinviò la ramanzina ad un momento più propizio.
    Si voltò sospirando cercando di scacciare la rabbia.


    […]

    Tuttavia l’errore più grande fu la pastiglia, ebbe un effetto distruttivo sulla fanciulla, parve che per qualche istante la portasse irrimediabilmente sulla strada della follia, eppure Raizen non si scompose troppo, era impegnato a sormontare la mandria di istinti animaleschi che dalle spalle, come un brivido, si allungavano lungo il collo, sino ad impossessarsi del suo cervello.

    Non farti piegare imbecille, resisti!

    Sgranò gli occhi senza parlare per poi mettersi in piedi. I rigurgiti di Shizuka gli sporcarono gli stivali, nonostante tutto ancora non si muoveva, immobile come una statua di candido marmo. Il colosso si limitava ad osservava solo col più rigido disprezzo, quel genere di cose che un maestro può dedicare al suo allievo più promettente ma al contempo indisciplinato, probabilmente Shizuka in quello stato non comprendeva ciò che Raizen cercava di comunicarle, e tantomeno a lui interessavano gli insulti e la disperazione che lei gli riversava addosso.
    La osservava mentre si avvicinava alla spada quasi implorando un aiuto, strinse i denti, ancora più rabbioso e poi… fu questione di un attimo: tutta la sua rabbia venne mondata da un unico pensiero: perché la spada non funzionava come lui si aspettava che facesse?
    Non le importò della risposta, non ora, scattò in avanti nello stesso momento in cui Shizuka si specchiava nel fiume e mettendo la mano di taglio gli menò un colpo non troppo forte sul collo, sarebbe svenuta, e una volta ripresa avrebbe avuto qualche dolorino, ma per ora era meglio così.
    Si sedette con ogni singolo neurone impazzito: cosa doveva fare a quel punto? La ragazza si mostrava ogni volta più inadatta a quella vita.
    Evocò kubomi, pareva che in momenti difficili il piccolo squamato fosse la sua spalla migliore.


    RRRRRRAAAAAAAIIII....!

    Taci.

    Un ordine così secco che persino Kubomi comprese che non era il momento di scherzare. Il colosso prese Shizuka e la portò dietro una roccia, nuovamente la adagiò per terra.

    Passa più tempo svenuta che desta.

    Si sfilò lentamente il mantello e preso un pezzo di stoffa dalle tasche mondò il viso di Shizuka.
    Poi si allontanò sotto gli occhietti attenti e al contempo preoccupati di Kubomi.


    Spogliala e poi dammi i suoi vestiti, e poi coprila col mio mantello, niente domande.

    Appena il piccolo rettile avesse eseguito gli ordini il Colosso avrebbe preso i vestiti sporchi e avrebbe cercato di lavarli sotto l’acqua corrente del fiume, per poi appenderli in preda della corrente per qualche minuto sperando che la cosa potesse fungere da effetto centrifuga.
    Quando la Kobayashi si fosse risvegliata avrebbe trovato i suoi vestiti macchiati ma privi di qualsiasi odore, poco distante Raizen ad osservarla con un misto di preoccupazione e rabbia.


    Dobbiamo parlare, prenditi il tempo che vuoi per rivestirti, sbrigati e non provare a fiatare.

    Si alzò e le concesse la sua privacy, se la kunoichi avesse provato a trasgredire uno solo dei suoi ordini si sarebbe sentita invadere da una poderosa folata dello stesso chakra che l’aveva terrorizzata durante il corso genin e a seguirla una di vento che le avrebbe fatto perdere l’equilibrio.

    Ho detto vestiti e non provare a fiatare.

    Kubomi ancora presente avrebbe cercato di dare supporto a Shizuka ma anche lui sarebbe subito stato rimproverato da Raizen.

    Kubomi, per favore, vieni qui.

    Sapendo di non potersi opporre a uno di quegli ordini il piccolo drago svolazzò verso Raizen e placido gli si avvolse intorno al collo, entrambi aspettarono Shizuka dietro la pietra, appena questa fosse giunta il Colosso avrebbe preso parola.

    Tu adesso parlerai, e mi dirai cosa era quella faccia da rincretinita e quelle parole da totale celebrolesa che ti sono uscite dalla bocca durante il mio piccolo scherzo, non cercare di rigirare la frittata con scuse idiote, se devi parlare del tuo passato lo farai. Non hai opzioni, la tua risposta non sarà diversa da “si Raizen”.
    In caso contrario farò in modo di far cancellare il tuo nome da qualsiasi gerarchia ninja ora e per gli anni avvenire bollandoti come inadatta a tale mestiere.
    Secondo, mi dirai cosa è successo quando hai cercato di toccare la spada.


    Attese, immobile, inchiodando i suoi occhi sulle iridi verdi di Shizuka, è probabile che la kunoichi non avesse mai visto sul suo sensei uno sguardo così pesante.
    Kubomi stesso si levò e col muto benestare di Raizen si avvicinò alla piccola dai capelli d’orzo cercando di parlarle.


    Non farlo arrabbiare ancora, è forte quasi quanto il babbo, e anche se non sembra ti vuole bene.

    E infatti il piccolo drago non mentiva in nessuna delle sue affermazioni.







    il tuo chakra non è ancora del tutto ristabilito, lo senti ancora un pò "estraneo" lavoraci mentre Raizen aspetta che tu ti vesta. buon post *O*
     
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    Shizuka Kobayashi's brother




    divisore






    Si accorse di star sognando quando, anziché nella foresta assieme al suo maestro, si ritrovò nella grande sala delle riunioni del clan Uchiha che solo una volta, quando era piccola, visitò in occasione del suo quarto compleanno.
    Quel giorno, ricordò, indossava un meraviglioso vestitino di seta azzurra dalle corte maniche a sbuffo e calzini di cotone bianchi dall'orlo di pizzo, che risaltavano candidamente affiancati alle sue scarpettine di pelle lucida nera. Sembrava una bambolina e lei, aggiustandosi gli allora corti capelli castani con le piccole manine, si sentiva assolutamente bellissima, bella quanto sua madre che -vestita di uno splendido kimono argenteo- l'accompagnava per mano lungo i corridoi della residenza principale, raccomandandole di essere una signorina per bene che tutti avessero potuto apprezzare.
    Purtroppo però, per quanto si fosse impegnata a sorridere educatamente e inchinarsi nel modo più riverente possibile, i membri del ramo materno della sua famiglia non riuscirono a vederla carina come lei si sentiva, e dopo un lungo discorso complicato di cui non ricordava il tema o le parole, seppe di essere stata per sempre cacciata dal quartiere di quel rinomato clan, quando udì l'anziano del consiglio annunciare: “E' assolutamente impossibile, Heiko, che una sporca meticcia come lei possa ricevere l'educazione marziale che impartiamo ai nostri bambini. Dovevi saperlo che sarebbe andata così, hai rinunciato TU al coprifronte... e ancora tu, hai preferito scegliere un volgare mercante come tuo sposo, anziché un valoroso combattente. Se i tuoi figli non saranno mai ben visti, la colpa è solamente tua”

    D'improvviso quella bambina era cresciuta fino a diventare la donna che era nel presente, e lei, ritrovandosi vestita allo stesso modo di quel giorno, vide il suo volto colmo d'angoscia riflettersi nella tazza di tè bianco che a quel tempo le offrirono.
    Per un attimo, si domandò perché sua madre l'avesse accompagnata al quartiere Uchiha.
    “Educazione marziale” …?
    Lei non vi era mai stata destinata, era sempre stato Kuroro ad essere designato per diventare un ninja, per riscattare l'onore perduto della famiglia di okaasama.
    Già... ma se era così: Dov'era Kuroro, quel giorno?

    “Onee-chan”

    La ragazza alzò lo sguardo, e si stupì incredibilmente di ritrovarsi faccia a faccia con il suo fratellone maggiore che, seduto compostamente di fronte a lei, con indosso il suo solito kimono nero, le sorrideva gentilmente.

    « Kuroro onii-san! » Sbottò la principessa, alzandosi sulle ginocchia con aria meravigliata « Ma dove eri finito!? Sono giorni che sei sparito! Mamma piange, i nonni hanno addirittura attivato la loro rete d'informazioni per trovarti e papà... papà ti cerca, di persona! »
    Vedere il fratello dopo così tanto tempo la fece sorridere e sentire improvvisamente felice.
    Aveva sempre avuto un attaccamento morboso verso di lui e nonostante la distanza che era stata costretta a subire da piccola a causa dei suoi viaggi senza termine, ogni volta che tornava a casa e lo vedeva, sentiva che la distanza tra loro non era mai diminuita, ragion per cui, sicura di dimostrare lui quanto lo amasse, ad ogni suo ritorno gli portava sempre qualche regalo: un balocco che le piaceva tanto, per esempio, un sacchettino di sabbia del deserto, una trottola di legno intarsiata...
    … Desiderava che il fratello non la dimenticasse, poiché era questa la sua più grande paura.
    Non stava mai a casa, e per questo motivo, non era mai riuscita ad avere troppi amici o a godere dell'amore e dell'affetto dei suoi familiari come avrebbe desiderato. Aveva paura che un giorno, tornando, tutti l'avessero guardata e le avessero detto: “E tu chi sei?”
    Temeva quel momento, ma nonostante tutto, il suo più grande desiderio era sempre stato quello di proteggerli.
    Li avrebbe protetti diventando una grande e potente capoclan, che con la sua influenza avrebbe assicurato loro una vita di tranquillità. Avrebbe aiutato anche le persone che glielo avrebbero chiesto, o quelle che pur non facendolo avrebbe incontrato.
    Era bello sorridere agli altri, lo aveva sempre pensato.

    “Onee-chan” Riprese Kuroro Kobayashi, guardando la sorellina minore “Ora... basta. Basta per favore”

    In silenzio di fronte a lui, la graziosa erede aggrottò un sopracciglio, perplessa, ma non ebbe il tempo di domandare cosa avrebbe dovuto smettere di fare, che il suo interlocutore alzò una mano, come a volerla zittire.

    “Ora basta, Shizuka” Ricominciò il ragazzo, scuotendo la testa “Stai cominciando ad esagerare.... per quanto tempo ancora vuoi comportarti come una bambina? Hai quasi 18 anni...”

    « Non mi sto comportando come una bambina » Ribatté prontamente la ragazzina, infiammandosi offesa « E tu non hai proprio il diritto di dirmi cose simili, dato che sparisci per tempo interminabile e senza motivo apparente! »

    “Lo stai facendo anche ora, Shizuka”

    « ...Ma cosa!? » Abbaiò ancora lei.

    “Ti stai comportando da sciocca, quando sciocca non sei” Rispose Kuroro, socchiudendo gli occhi nell'osservare la secondogenita “Perché vuoi che tutti ti considerino una bambina incapace di fare tutto? Perché di fronte ad un problema ti arrendi senza provare? Perché ogni tua manifestazione, discorso o pensiero, è così accecato dall'esagerazione di sentimenti senza controllo?” Domandò l'uomo, seriamente “Perché... non desideri essere presa sul serio?”

    Dall'altra parte della conversazione non provenne risposta, poiché la detentrice della parole, ferma immobile e con lo sguardo angustiato da tutte quelle domande, si limitò a boccheggiare, sconvolta. A quel punto, dunque, alzandosi da terra, Kuroro Kobayashi soffermò lo sguardo su quello della sorella, e inaspettatamente, la fulminò.

    “Hai sempre avuto la convinzione che non fosse necessario crescere, che io avrei colmato le tue lacune. Bastava che uno di noi due fosse forte e adulto anche per l'altro, non è così?” Chiese ancora lui, con lo sguardo dardeggiante di collera “Ebbene, mi dispiace darti contro nelle tue utopiche convinzioni, ma ormai cominci a diventare un po' patetica da vedere.
    Credi che a qualcuno interessi quali siano i motivi che ti hanno spinto a diventare così? Credi sul serio che tutti ti conoscano? Nessuno conosce la tua storia, Shizuka, perché tu non l'hai mai raccontata! Cosa credevi, scusami, che continuando a sorridere come una stupida e a comportarti in modo spensierato e infantile, tutti avrebbero pensato che sei la persona più felice del mondo? Che su di te non grava nessuna paura o nessuna indecisione?!
    Sei incredibile, sul serio...”



    shizukacry




    « ...Non mi merito queste parole, onii-san... » Mormorò la ragazza, con gli occhi che le bruciavano per le lacrime « ...Ho sempre svolto i miei doveri con devozione e rispetto del mio ruolo, non ho mai deluso nessuno... »

    “Sei sicura?” Sbottò il ninja, schiantando un piede a terra “E tu? Che mi dici? Tu sei delusa da te stessa?”

    A quelle parole, la secondogenita fissò il fratello in silenzio, e dopo averne squadrato ogni lineamento e ogni forma, come a volersi assicurare che fosse realmente lui, abbassò silenziosamente lo sguardo.

    “Ah ecco, mi pareva” Rise Kuroro, scuotendo la testa e facendo spallucce con strafottenza “Era impossibile che non fossi schifata dal tuo comportamento... dimmi, sorella mia, cosa pensi di fare ora?
    Ti sei sempre appoggiata agli altri, hai fatto dell'amore per la tua famiglia uno scudo per evitare di trovare la tua strada, accettando passivamente ciò che ti veniva imposto, ma... se un giorno uno di noi venisse a mancare? Se la tua famiglia crollasse? Cosa faresti?”


    « Questo non è possibile » Replicò Shizuka, scuotendo rapidamente la testa mentre le lacrime cominciavano a rigarle le rosee guance « Questo non è possibile » Ripeté.

    “E chi lo dice?” Urlò il fratello, con cattiveria “I nonni sono vecchi, potrebbero morire da un momento all'altro, cosa credevi che fossero immortali!?
    E nostro padre!? E' un mercante, viaggia in giro per il mondo, diventa vittima di un saccheggio e per proteggere i suoi attendenti viene ucciso!”


    « Smettila per favore... » Supplicò la kunoichi, singhiozzando in modo terribile « Non voglio sentire queste cose! »

    “Ah no?” Rise il primogenito del clan, scuotendo ancora una volta la testa “E vogliamo parlare di nostra madre?! Per sposare Toshiro Kobayashi ha rinunciato ad essere una ninja e a fregiarsi del nome degli Uchiha... ma lo è ancora, e tutti lo sanno. Possiede ancora l'abilità innata del clan e la bravura di colei che avrebbe dovuto ereditarne le redini... credi che a tutti vada bene una situazione del genere!? Un giorno, e lei lo sa bene, potrebbe venire uccisa!
    Per non parlare di me, che sono davvero stufo di vederti così indecisa e sciocca da non voler capire cosa ti succede attorno, sono stanco di osservarti mentre speri che nessuno ti chieda di provare a fare qualcosa... quando tu sai benissimo di poterci riuscire! Perché è così, non è vero!?
    Tu riesci meglio di chiunque altro, non è vero che non sei capace! Tu sai essere seducente e provocante come la più bella delle donne, ma non vuoi che qualcuno ti veda così!
    E ancora, tu sei perfettamente in grado di scegliere il tuo destino, ma non lo fai perché hai paura di prendere una decisione. Finché non si decide niente è tutto possibile, ma quando si sceglie... beh, il futuro è assicurato!”


    « BASTA! » Urlò Shizuka Kobayashi, strillando disperata tra le lacrime che le impedivano di respirare « BASTA! SEI CATTIVO! CATTIVO! »

    “No, Shizuka” Replicò Kuroro, guardando con biasimo la sorella un tempo amata “Sono giusto... TU, sei cattiva...
    Perché sei diventata una ninja? Perché hai voluto togliermi l'unica cosa che speravo potesse essere il mio vanto? Eri così brava come mercante, e io così ottuso, che credevo fosse il combattimento quello in cui eccellevo, e invece tu...”


    « Volevo starti accanto... » Pianse la ragazza, passandosi le mani sul viso mentre le acri e salate lacrime le cadevano a macchiarle il vestito infantile « ...tanto io non sono capace, non lo sono mai stata. Non sono una brava ninja, per me è un gioco come tanti... ogni volta fallisco, non riesco mai a fare quello che mi chiedono, non so nemmeno tenere un kunai in mano! » Singhiozzò « Il mio maestro mi odia, si sarà già arreso con me, avrà capito che non ho ereditato il sangue dei nostri antenati e che sono solo una stupida mocciosa incapace di fare tutto! »

    “E questo ti sta bene?” Domandò il fratello.

    « No » Replicò l'erede, dopo un attimo di riflessione, scuotendo la testa « Certo che no... vorrei che mi guardasse con altri occhi, e mi dicesse “Bel lavoro, posso contare su di te!” ...vorrei vedere la mamma e la nonna affidarmi la katana della famiglia Uchiha e dirmi “Adesso serve a te questa” oppure, vorrei vedere le persone sorridere perché sanno di non doversi più preoccupare di nulla visto che le ho aiutate... non lo farei per sentirmi dire grazie, ma piuttosto perché mi piace. Aiutare gli altri è giusto, la vita deve avere uno scopo più alto che cucire vestiti e vendere ad un prezzo eccezionale! » Arrossì improvvisamente nel pronunciare quelle parole, e con fare impacciato aggiunse: « Ah, non è che non mi piace fare anche quello eh... »
    Di fronte a lei, il giovane ninja della famiglia più potente del Paese del Fuoco, chiuse gli occhi con espressione divertita, e schiarendosi la voce con un colpo di tosse, riprese a parlare.

    “Capisco” Replicò infatti, sospirando stancamente dopo aver osservato i bellissimi occhi smeraldinei della sorellina “Allora non devo preoccuparmi poi tanto... a quanto pare avevi già deciso quale fosse la tua strada, dovevi solo capirlo da sola. Sei sempre stata piuttosto lenta a comprendere te stessa... che strano, sei così brava a capire gli altri invece” Rise “Ma allora sarà meglio che tu cominci a cambiare, onee-chan... la strada dell'essere una bambina... mi pare che sia giunto il tempo di terminarla, non pensi?”

    « Già » Mormorò l'altra, abbassando lo sguardo « Mi sa »

    “Allora metticela tutta, sorellina” Sorrise Kuroro “Dopotutto, non è poi così vero che tu non sia predisposta a diventare una ninja...”

    E così dicendo, improvvisamente lo spazio cominciò a distorcersi.
    La sala dei ricevimenti Uchiha si accartocciò su se stessa, il fratello prese a scorrere velocemente all'indietro mentre Shizuka faceva altrettanto, dalla parte però opposta. Per quanto tendesse le mani verso di lui, e gli chiedesse quando sarebbe tornato a casa, gli urlasse che le mancava, che gli voleva bene...
    … Kuroro Kobayashi sparì di fronte agli occhi della sorella, e lei, riaprendoli nella realtà, sentì che aveva pianto nel sonno. Ricordava tutto nei minimi dettagli, l'unica cosa che non aveva capito, era l'ultima frase dettale dal fratello...

    « Onii-chan... » Mormorò delicatamente, ma non ebbe il tempo di comprendere che quello di fronte a lei non era certo il bel ninja della sua famiglia, quanto piuttosto il colosso della foglia, che la voce tonante di lui la scosse da capo a piedi.

    “Dobbiamo parlare, prenditi il tempo che vuoi per rivestirti, sbrigati e non provare a fiatare.”



    « “Per rivestirmi”? » Domandò Shizuka, e abbassando lo sguardo, sgranò gli occhi shockata « Che diavolo... » Sibilò, stringendosi addosso il mantello quando si accorse di indossare solamente l'intimo « Che divertimento perverso è mai questo, Raizen? Possibile che si finisca sempre a questo capoli...- » Ma tacque. Di fronte a lei, il Chunin si girò e se ne andò senza nemmeno degnarla di uno sguardo, come se non l'avesse sentita o forse, per meglio dire, come se non avesse voluto farlo.
    Comprese che in quell'atteggiamento vi era qualcosa di diverso rispetto al solito, e capì che con ogni probabilità il motivo di un così drastico cambio di comportamento era stata la sua totale e piena incapacità a portare a termine l'esercizio del Chakra assegnatole prima che svenisse, si addormentasse o, in ogni caso, che perdesse il contatto con la realtà.
    Ricordava in modo confuso quello che era accaduto e aveva provato, le uniche cose nitide nella sua memoria erano una rabbia che non aveva mai provato prima, un dolore altrettanto inteso... e una ciotola con dentro dell'acqua in tempesta...
    …. eh?
    Inarcò un sopracciglio, perplessa, e mentre si portava una mano a grattarsi la testa per domandarsi che nesso avessero tutte quelle cose unite assieme, vide improvvisamente schizzarle davanti una piccola creatura squamosa e alata.
    Di primo acchito, la principessina si spaventò.
    « ODDIO » Strillò infatti, reclinandosi all'indietro « UN SERPENTE VOLANTE! » Aggiunse, troppo preoccupata di mettersi le mani agli occhi per vedere cosa fosse l'animaletto.
    […] In effetti, Shizuka Kobayashi odiava sia i rettili che gli insetti. Era qualcosa più forte di lei: Ragni, serpenti, larve, scarafaggi... ogni volta che ne vedeva uno impallidiva, si irrigidiva, e poi si metteva a piagnucolare istericamente. Una femminuccia insomma.
    Al contrario delle sue previsioni, invece, la creaturina si rivelò essere il draghetto evocato dal suo maestro che, già conosciuto in passato, aveva attirato tutto il suo amore scatenando l'apice assoluto del suo termometro di “grazioseria”. Un record raro da raggiungere, ma in cui il piccolino aveva subito primeggiato.
    « Oh, sei tu! » Disse allora la ragazza, sorridendo entusiasta. Era ancora più carino di quanto ricordasse « Come ti chiamavi... emh... Ku... Kukuku? Kurubo? » Esitò, perplessa « ...Kukemi? »

    “Kubomi, per favore, vieni qui”



    Vide il cucciolo di drago irrigidirsi, rivolgerle uno sguardo veloce, e poi sparire per lasciarla sola con i suoi vestiti e la consapevolezza che, ormai, il suo destino da ninja era terminato.
    Nessuna persona intelligente avrebbe continuato ad allenare un simile fallimento quale si era dimostrato essere lei... neanche un pazzo schizzofrenico come Raizen Ikigami.
    Sospirò, mentre una profonda tristezza giunse repentina a scombussolarle il cuore, ma resasi conto che ormai la cosa non dipendeva più da lei, si limitò a prendere i suoi vestiti e ad alzarsi con l'intenzione di indossarli... quando, d'improvviso, s'immobilizzò.
    Il vago movimento che aveva appena iniziato a compiere smosse qualcosa dentro di lei, dandole senza preavviso la sensazione di sprofondare dentro l'antro più remoto di una “se stessa” che non era poi tanto “lei stessa”.
    Tacque, riflettendo.
    Non era la prima volta che sentiva di non essere la solita, aveva la vaga reminescenza di esserci già passata... e di esserne stata terrorizzata, per altro. Si sentiva come un'estranea a se stessa, o meglio, era come se qualcosa dentro di lei non fosse propriamente suo, come se qualcuno ce lo avesse piazzato a forza e questo, offeso e arrabbiato, non volesse collaborare per nulla. In niente.
    « Ma benedetti gli Dei » Mormorò la ragazza, portandosi una mano al petto mentre sentiva un vago dolore iniziare a sorgere alla bocca dello stomaco « Nemmeno quando mi preparo per un momento come quello che mi aspetta, ho il diritto di rimanere un po' in pace!? » Aggiunse, arricciando il labbro superiore in una smorfia.
    Sentì un conato di vomito salirle alla gola, ma lo represse.
    … Perché ogni istante che passava stava peggio?
    Sedette nuovamente in terra, gettò i vestiti da un lato, e si mise a gambe incrociate, riflettendo.
    I casi erano due: O aveva fatto cose incredibili in quel lasso di tempo di cui non ricordava nulla, tali da procurarle chissà quali postumi strabilianti, oppure la pastiglia che Raizen le aveva fatto assumere stava ancora lavorando, motivo per cui il suo chakra non era ancora stato domato.
    Abbassò il suo sguardo sopra il suo completino mutandine e reggiseno rosa, e notando che tutto era intatto e al proprio posto (tranne delle preoccupanti chiazze violacee sule cosce dovute al freddo), attribuì quella sua insistente voglia di vomitare alla seconda possibilità.
    A quel punto, fu evidente che era necessario riordinare le cose prima di andare a parlare con il suo maestro. Se ormai era stato deciso di revocarle il coprifronte, tanto valeva riconsegnarlo avendo il chakra al suo posto.


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    Chiuse gli occhi, appoggiando il mento sui palmi delle mani a loro volta adagiati sulle gambe, e cercò di mettere a fuoco la sua energia.
    A dispetto delle prime volte in cui ci aveva provato, questa volta riuscire nell'impresa fu piuttosto difficile, proprio come se lo stesso chakra volesse nascondersi per non farsi trovare. Un piano ben riuscito, notò la ragazza, dato che per trovarlo dovette impiegarci svariati innumerevoli minuti.
    Alla fine però ci riuscì, e lo trovò proprio lì, in un angolo dimenticato del suo essere. Increspato da un vento che non esisteva, il suo chakra pareva essere troppo iracondo per stare dentro di lei; continuava infatti a voler uscire, così le sembrava, o quantomeno a bagnare i bordi di quella sorta di zuppiera di ceramica dentro cui era contenuto.
    “Che brutta ciotola” Pensò la kunoichi, guardandone la fattura e le grezze decorazioni “Ci credo che quel coso non ci voglia stare dentro... mi domando chi vorrebbe. Io l'avrei già rotta da un pezzo, ad essere onesta” Mormorò tra sé e sé, e comprese che quelle sue riflessioni erano le stesse avute dal suo chakra che trall'altro doveva averci anche provato, viste le crepe che rovinavano la ciotola in modo quasi irrimediabile.
    Sembrava così debole. Pareva quasi che si sarebbe rotta a momenti.
    “Che brutta cosa” Sospirò Shizuka, prendendo in mano la tazza “Non la si può certo lasciare così, è un vero peccato...”
    Le sembrava di averlo già visto quel piccolo contenitore, ma per qualche strano motivo lo ricordava diverso: più bello, più adatto...
    “Quand'è che ti sei rovinata così tanto? Sei brutta da vedere...” Mormorò la ragazza, e nel dire quelle parole passò il dito indice della mano sinistra sui bordi della ciotola che, d'improvviso, si lisciarono prendendo a risplendere.
    Osservò il suo operato, ma decidendo che non era ancora abbastanza, la principessa della foglia adagiò il contenitore di ceramica su uno sgabellino che si trovò improvvisamente davanti, e dopo aver scrutato ogni centimetro del suo oggetto, valutò tutte le modifiche da fare.
    “C'è molto da migliorare” Disse la ragazza, annuendo “Ma sei la mia ciotola, e io ti voglio bella e splendente... se rimani così brutta e scalfita è chiaro che non ti apprezzerò mai, e non ti vorrò mai insieme a me, invece...” Continuò, e così dicendo cominciò a strusciare entrambe le mani su tutto il perimetro della scodella come se la stesse modellando da capo partendo da una massa informe... ed in effetti, si rese conto ella stessa al termine di ogni passaggio; la ciotola assumeva la forma e il colore che lei desiderava, cosicché dopo qualche minuto quello che all'inizio era un ciotolino di terracotta rotta e sporca, ora era uno splendido recipiente di porcellana bianca, lucido e brillante.
    “Molto meglio” Sorrise Shizuka, compiaciuta “Ma c'è un'ultima cosa, ti prego...” E così dicendo, passò un dito a disegnare su un lato dell'oggetto. Quel semplice tocco, così delicato, lasciava però dietro di sé una scia rossa che, con accuratezza, andò infine a delineare un bel fiore di loto dai petali dispiegati.
    Era un disegno semplice, quello, piuttosto stilizzato, ma nel complesso grazioso da vedere. La kunoichi, infatti, ne sembrò davvero orgogliosa.
    “Molto molto bene” Disse dunque “Ora non ci sono proprio motivi perché TU non debba starci dentro” Disse, e mettendo una mano sul fondo della bacinella, ordinò immediatamente al suo chakra di comparire e di ubbidirle.
    Lei aveva creato una ciotola meravigliosa, un tantien meraviglioso, e adesso voleva obbedienza istantanea.
    “Mi dispiace” Disse “Ma i miei principi sono semplici: Un piacere va restituito... e tu, a quanto pare, sei in debito con me ora”
    Detto questo la ciotola di porcellana bianca dipinta si riempì di acqua rossa e fluente che senza essere più mossa o turbinosa, si limitò a sostare placidamente dove era stata richiamata, sotto lo sguardo compiaciuto di quella ragazza che solo un istante dopo era seduta sulle foglie secche del sottobosco, scossa da una delicata folata di vento.
    Ferma dov'era, non si mosse per qualche istante.
    « Lo sto cominciando a prendere di vizio sto coso... » Non sapeva definire quello che aveva appena fatto, ma visto e considerato che la sensazione di disagio che l'aveva disturbata poc'anzi non c'era più, interruppe il suo discorso preferendo semplicemente fare spallucce. Insomma se non stava più male, doveva essere riuscita a risolver il problema.
    Forse era l'artigianato la sua strada, magari era quella la verità.
    […] Si vestì velocemente, e quando fu pronta, sospirando, uscì da dietro la roccia che le aveva offerto ricovero, avvicinandosi poi al suo compagno con la testa bassa di chi sapeva di aver sbagliato. Visto che immaginava di aver sicuramente fatto qualcosa di orribile per portare sullo sguardo del suo maestro un'espressione tanto tetra, decise di esordire per prima.
    « Qualsiasi cosa abbia fatto » Mormorò debolmente « Scusami... non mi sono impegnata abbastanza, avrei dovuto portare a termine l'esercizio perciò, prima che me lo dicessi tu, volevo dirti che... » Ma venne subito interrotta dalla voce del Chunin, che sovrastandola, prese a parlare.

    “Tu adesso parlerai, e mi dirai cosa era quella faccia da rincretinita e quelle parole da totale celebrolesa che ti sono uscite dalla bocca durante il mio piccolo scherzo, non cercare di rigirare la frittata con scuse idiote, se devi parlare del tuo passato lo farai. Non hai opzioni, la tua risposta non sarà diversa da “si Raizen”.
    In caso contrario farò in modo di far cancellare il tuo nome da qualsiasi gerarchia ninja ora e per gli anni avvenire bollandoti come inadatta a tale mestiere.
    Secondo, mi dirai cosa è successo quando hai cercato di toccare la spada.”



    In un primo momento quelle parole sembrarono risultarle incomprensibili, per cui la ragazza, fissando bene il suo interlocutore, strabuzzò gli occhi allibita.
    « ...Ma scusa, non mi dovevi revocare il coprifronte perché ho sbagliato a fare l'esercizio, non sono stata capace di domare il mio chakra e ho fatto chissà quale casino? » Chiese Shizuka a bocca aperta, chiaramente non capendo come fosse possibile che tra tutte quelle minacce non vi fosse la più rilevante « E cosa c'entra la tua spada, poi!? » Aggiunse, fissando il suo interlocutore come se uno dei due fosse scemo. Forse lei, a quel punto.
    Ebbe appena il tempo di valutare il discorso che gli era stato posto, quando il piccolo Kubomi le volò delicatamente di fronte al volto, e appoggiandosi leggiadro sulle sue mani protese, le consigliò di rispondere alle domande postale per non far ulteriormente arrabbiare Raizen, dato che era forte quanto un certo babbo (cos'era un “babbo”? Era pericoloso? E dov'era in quel momento?). A detta del draghetto, infatti, il colosso di Konoha le era affezionato, e sarebbe stato brutto farlo ancora preoccupare.
    Stupita da quelle parole, la principessa alzò lo sguardo ad osservare il suo interlocutore, e dopo averne guardato attentamente i lineamenti, valutando in un istante solo i pro e i contro di ciò che le era stato domandato e quello che le sue possibili risposte avrebbero portato con sé; era già pronta a rifiutare e andarsene con fare strafottente, quando la voce del suo amato fratello giunse repentina a stuzzicarle la mente.

    “Perché desideri che tutti ti vedano come una bambina?”

    Tacque, abbassando lentamente lo sguardo.
    Sapeva che quello nel suo sogno non poteva essere suo fratello, da quello che sapeva infatti non esistevano capacità che permettessero agli uomini di entrare nella mente degli altri... ma se allora non era veramente Kuroro, possibile che quelle parole rispecchiassero i dubbi dell'altra “se stessa”? Quella silenziosa, timida... bella ma dubbiosa, scaltra ma insicura, brava ma indecisa...
    Chiuse gli occhi, e dopo un attimo di esitazione, cominciò a lisciarsi le pieghe del kimono.
    « Da bambina sono quasi stata violentata » Disse poi, d'improvviso, interrompendo il silenzio in cui i due shinobi versavano « Niente di che, in verità non mi fecero nulla, rimasi pura, come lo sono ora del resto, quindi si potrebbe dire che il problema non ci sia mai stato... » “...ma non è così. Certe volte mi guardo nello specchio, osservo il mio corpo nudo di cui non voglio avere cura, che riempio di cibo perché non facendolo mi darei un'importanza che non devo avere, e mi sento brutta. Mi sento sporca, schifosa... mi lavo con i crini di cavallo irsuti, domandandomi se strappandomi la pelle di dosso le cose un giorno cambieranno, ma invece non cambiano mai, io rimango lì a chiedermi se un giorno ci sarà qualcuno che saprà amarmi anche se sono così indegna, anche se non voglio diventare una donna...
    ...e mi rendo conto che non ci sarà, se io non voglio, che nessuno saprà amarmi se io per prima non lo faccio, e così sono triste. Mi sento sola, e ho paura”


    Ma tutto questo non lo disse, si limitò a pensarlo. Non ce la fece, non perché non volesse ma perché la sua bocca si rifiutava di parlare, e il suo cuore di comprendere... perciò, sbattendo un paio di volte le palpebre, decise che quello che aveva raccontato era abbastanza, e che non avrebbe aggiunto niente di più e niente di meno.
    Sorrise.
    « Tutto qua, Raizen » Disse allora, facendo spallucce « Purtroppo cose del genere non riesco ancora ad accettarle bene e quindi, soprattutto se sono di mal umore o sotto pressione, non calibro ciò che dovrei fare o dire e il mio cervello smette di pensare » Si aggiustò una ciocca di capelli ribelli da dinnanzi il volto « Scusami » Aggiunse, in modo talmente categorico che sembrava essere lei, ora, a imporre i limiti del discorso.
    A quel punto, poi, per smorzare la tensione dell'argomento, si mise a scuotere le mani di fronte a sé con fare divertito « Ah ma adesso non mi abbracciare, non piangere e non fare niente di simile per favore » Aggiunse divertita « Non è niente di che... e per quanto riguarda la tua nodachi, beh, non so proprio come dirtelo ma ho le idee piuttosto confuse per quanto riguarda quello che ho fatto in preda alla droga che mi hai somministrato. Non ricordo granché, eccetto... » E riprese a fare la lista che poco prima aveva voluto stilare per sé: Rabbia, dolore, ciotole e acqua colorata.
    Un miscuglio senza senso, come lo era il fatto che ogni tanto doveva decorare la ciotola e lucidarla.
    “Ti pare normale?!” Gli avrebbe chiesto poi, ridendo... e nella sua risata vi era una nota diversa, più adulta. Come se la risata cristallina di quella bambina che voleva continuare ad essere per sempre, lentamente si allontanasse, venendo dimenticata...




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    Rimase ad ascoltare le poche parole che Shizuka si era decisa a svelargli impegnandosi a non interromperla sino a che non avesse terminato il discorso.
    Respirò a fondo chiudendo gli occhi, poi si alzò e si avvicinò a lei.


    Sai, ti ho spiegato un sacco di volte che ci sono cose che non si possono evitare.

    Le cinse le spalle col braccio e la avvicinò a se, stringendola lievemente contro il costato per poi battergli sulla spalla un paio di volte, era un abbraccio affettuoso, e abbastanza "spazioso" da poter cingere almeno due Shizuka.

    Ti chiedo scusa, non sono troppo abituato a scherzare, e il mio metro è un po’ sfasato.

    La lasciò andare subito, senza trattenerla troppo, non aveva troppa dimestichezza con le scuse, si poteva dire che non si era esercitato a sufficienza nella sua vita.

    Ma, perché c’è un ma… un ma c’è sempre.
    Sei troppo testarda.
    Troppo.
    Io continuo a parlarti, a consigliarti, a spiegarti e tu, nonostante tutto, nonostante ogni volta con le tue azioni tu mi dia ragione, ti ostini a procedere per la strada che ti sei tracciata.
    Sei come un somaro, per quanto ti si batta sulla schiena continui ad intestardirti, ho provato anche ad essere gentile, ma nemmeno in quel caso mi ascolti.
    Ora dimmi, cosa devo fare?


    Era una domanda retorica, al momento, non aveva necessità di una risposta e non lasciò tempo a sufficienza per riceverne una.

    Io non sono il genere di persona che ti prende per mano e ti accompagna per tutti i vari ostacoli che la vita ti pone davanti, non l’ho mai fatto e non ne sono in grado.
    Però so dare buoni consigli, e se desideri chiamarmi ancora sensei devi seguirli, e devi anche comunicare, per quanto ti riesca difficile, e per comunicare non intendo solamente parlarmi di quanto il tempo sia bello o merdate simili, per comunicare intendo ciò che hai fatto poco fa, non pretendo tanto, mi accontento di una piccola frase.


    Si interruppe per riordinare le idee, a dir la verità non sapeva bene cosa dire.

    E non cercare come al solito di fare tutto troppo in fretta, hai un carattere e una purezza che personalmente apprezzo e che non dovresti perdere, perchè è la giusta chiave per osservare il mondo, tuttavia, come ti dissi, ci sono momenti in cui va messa nel cassetto e sostituita con quella più seria e arguta da kunoichi, si tratta di saper scegliere quale parte di se stessi è meglio utilizzare.
    Non so quanto sia facile comprendermi.
    Insomma, stai sbagliando, ecco tutto, sembra che la vita da shinobi ti abbia preso alla sprovvista mentre non dovrebbe essere così, ti avevo avvertita, a te e a quella scopa scema di tuo fratello, questa non è una vita semplice, anzi, è tutto l’opposto, è dolorosa, sia fisicamente che mentalmente. Non ci addestriamo per cogliere i fiori più belli in mezzo a verdi campi sconfinati, ci addestriamo per superare i nostri limiti fisici, per sopportare il dolore, per non impazzire a seguito di una perdita affettiva.


    Si grattò la nuca pensieroso.

    A questo punto mi domando se non debba ripeterti tutto.
    Confiderò nella tua buona memoria dicendoti solamente che il dolore è una costante e imparerai a sopportarlo.


    Sorrise.

    Sarò un buon sensei, promesso, tu però ascoltami.

    Poi guardò Kubomi.

    Se vuoi puoi anche andare.

    Nnnnnnnnoh! Voglio stare qui e vedere se mantieni la parola data.

    Lo disse col giocoso entusiasmo di un bambino che si crede più grande di ciò che in realtà è.
    Il Colosso sospirò e lievemente preoccupato riniziò a parlare.


    Tuttavia mi domando perché la nodachi non abbia fatto il suo dovere, guarda cosa intendevo con il toccare la spada.

    Estremamente rilassato prese la spada e appena la sfiorò sia lui che la lama presero ad emettere un lieve bagliore.

    E ancora non è nulla, gli sto impedendo di dare il meglio di se, capirai che se l’avesse fatto con te ti saresti risparmiata un pò di dolore grazie al chakra di cui ti avrebbe privato.
    Mi domando perchè con te non abbia funzionato.


    Ripose la lama nel fodero.

    Ora vieni qui Kubomi, dobbiamo continuare l’addestramento, tra poco la pasticca inizierà il suo effetto sui muscoli.

    La sera, ormai iniziava ad allungare le ombre e lentamente quel ritaglio pianeggiante sulla riva del torrente su cui sostavano i tre acquisiva uno spessore che sino a poco tempo prima non aveva, un leggero alito di vento prese a muovere le cime degli alberi da sud-est e l’erba, domata, gli rivolse un lungo inchino.

    Questa parte per il tuo fisico sarà un po’ più leggera, forse. La pastiglia porterà i tuoi muscoli ad una tonicità e ad un efficienza superiore dandogli in pasto il grasso del tuo organismo e parte di loro stessi, questo procedimento non sarà doloroso, quello che farà male sarà il dopo i muscoli in queste situazioni rilasciano acido lattico e come sai quello è parecchio fastidioso, e parecchio doloroso e tu ne sarai zuppa come un biscotto immerso nel latte.
    L’unico modo per smaltire l’acido lattico dai muscoli, la zona in cui è doloroso, è mandarlo in circolo permettendo al tuo organismo di rigettarlo.
    In caso contrario i muscoli finiranno consumati dall’acido, non del tutto, ma quanto basta per rendere l’assunzione della pastiglia inutile e anche il dolore.
    Mi raccomando, non prendere nulla alla leggera, l’acido prodotto sarà in una quantità di molto superiore alla norma, non nuocerà alla tua salute, ma non sarà il classico dolorino post allenamento.


    Accarezzò Kubomi.

    Sai, in questo intricato boschetto e tra queste rocce potresti anche essere utile!
    Shizuka, per tenerti in movimento dovrai seguire il piccoletto qui, non è velocissimo, ma per te prenderlo è praticamente impossibile.


    Appena liberato dalle mani di Raizen, Kubomi, si sarebbe impettito e mostrando con spavalderia tutti i suoi dentini avrebbe parlato.

    Eh si! Sono famoso per questo fatto qua!

    Dopo aver parlato il piccolo strizzò gli occhi e al culmine di quello che pareva essere uno sforzo non troppo gravoso, il suo corpo cambiò aspetto diventando del colore della nebbia.

    Modestamente, sono l’unico dei draghi a saper controllare ogni elemento!

    Infatti se la kunoichi avesse affinato lo sguardo avrebbe notato che il draghetto era percorso da manifestazioni elementali di tutti e 5 gli elementi.

    Mi raccomando Kubomi, non farti ingannare! Corri avanti e basta, non deve prenderti, è per il suo bene!
    Quanto a te Shizuka: corri. Quella roba non deve fermarsi nei tuoi muscoli.


    Sapeva l’attuale status fisico della sua allieva e l’avrebbe fatta correre quel tanto che bastava a mettere in equilibrio lo sforzo compiuto all’acido in circolo, dopotutto se l’avesse fatta correre troppo la stanchezza avrebbe reso il tutto improduttivo.

    Ah, Kubomi, cerca di stare nei dintorni, devo osservare quanto Shizuka si stanca.

    Detto ciò avrebbe dato al piccolo rettile l’ordine di partire e questo, senza la minima esitazione sarebbe scattato in avanti al primo ostacolo incontrato non deviò il suo cammino ci si fiondò contro passandovi attraverso, era sua peculiarità, e come richiesto da Raizen non si faceva remore ad avvantaggiarsi in tutti i modi possibili sulla kunoichi, avrebbe infatti evitato le zone prive di ostacoli prediligendo la foresta che con i rami bassi e il fitto sottobosco era abbastanza aspra, intervallandola alla riva del fiume su cui si ergevano i grandi massi, tra corsa salti e schivate la kunoichi si sarebbe dovuta dar da fare, senza contare che lo spirito bambinesco di Kubomi l'avrebbe spesso canzonata per la sua lentezza nell'inseguirlo!
    Raizen avrebbe dato lo stop a quell'acchiapparella infernale soltando dopo tre ore ininterrotte!






    bene, prova di resistenza e velocità, inizialmente vai alla velocità di un energia gialla, dopodichè la pastiglia inizia a fare effetto dandoti la velocità di una verde e dei dolori moderatamente forti che dovrai riuscire a sopportare mentre corri, kubomi è un energia gialla, però l'ambiente lo favorisce, non deve schivare nulla, alberi, pietre e terreni sconnessi non lo impensieriscono grazie alla sua abilità... a te ovviamente si, buon post XDDD
    ah, ovviamente devi anche resistere per 3 ore di fila ad una velocità sostenuta, non è semplice, per cui: VOGLIAMO IL SUDORE!!!
     
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    Shizuka Kobayashi's game




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    Benché Shizuka Kobayashi facesse parte di una famiglia particolarmente unita e amorevole, i gesti d'affetto e comprensione effettuati da qualcuno al di fuori dei suoi parenti le risultavano strani e imbarazzanti, più che altro perché non ne aveva mai goduto troppo.
    Qualche amico, quando era più piccola, le dava qualche breve pacca sulle spalle; ma da quando aveva compiuto 14 anni anche quelle manifestazioni di fratellanza erano cessate, preferendo lasciar posto ad un più pudico e adolescenziale sguardo languido o sorriso d'occasione.
    Quando perciò il colosso di Konoha si avvicinò alla piccola erede e la cinse con un braccio, l'unica reazione che ella fu in grado di manifestare, fu un evidente e cristallino disappunto.
    « Maledetto! » Abbaiò infatti la ragazza, come da manuale, allontanandosi di scatto dall'uomo a cui avrebbe poi tentato di tirare un calcio nello stinco « Ti avevo detto di non fare niente di tutto questo! Possibile che tu non riesca indovinarne neanche una!? Qual è il tuo problema!? » Aggiunse, tentando poi di tirargli un pugno dritto dritto alla bocca dello stomaco (o in qualsiasi parte avrebbe raggiunto, vista e considerata la disparità d'altezza tra i due).
    Sembrava un piccolo tegamino colmo d'acqua in ebollizione, lo scricciolo della foglia, che quasi dimenticatasi del suo voler essere un po' più adulta e affascinante, non riuscì a frenare il suo continuare ad agitare le braccia su e giù e a gonfiare le guance com'era solita fare quando qualcosa la imbarazzava mortalmente. Ragion per cui, sembrò trovare quiete solo quando il suo maestro cominciò a parlare in un tono serio e responsabile che lasciava poco spazio agli scherzi e chiaramente, anche alle sue esagerazioni.
    Placandosi un attimo dunque, pur non rinunciando a mettersi a braccia conserte e assumere un'espressione offesa, ascoltò le parole di Raizen senza emettere un suono.

    “Ma, perché c’è un ma… un ma c’è sempre.
    Sei troppo testarda.
    Troppo.
    Io continuo a parlarti, a consigliarti, a spiegarti e tu, nonostante tutto, nonostante ogni volta con le tue azioni tu mi dia ragione, ti ostini a procedere per la strada che ti sei tracciata.
    Sei come un somaro, per quanto ti si batta sulla schiena continui ad intestardirti, ho provato anche ad essere gentile, ma nemmeno in quel caso mi ascolti.
    Ora dimmi, cosa devo fare?”



    Colta sul fatto, tentò di rispondere, ma l'interlocutore non gliene diede il tempo e lei, semplicemente, rimase con la bocca aperta e il dito indice sollevato verso l'alto.

    “Io non sono il genere di persona che ti prende per mano e ti accompagna per tutti i vari ostacoli che la vita ti pone davanti, non l’ho mai fatto e non ne sono in grado.
    Però so dare buoni consigli, e se desideri chiamarmi ancora sensei devi seguirli, e devi anche comunicare, per quanto ti riesca difficile, e per comunicare non intendo solamente parlarmi di quanto il tempo sia bello o merdate simili, per comunicare intendo ciò che hai fatto poco fa, non pretendo tanto, mi accontento di una piccola frase.

    E non cercare come al solito di fare tutto troppo in fretta, hai un carattere e una purezza che personalmente apprezzo e che non dovresti perdere, perchè è la giusta chiave per osservare il mondo, tuttavia, come ti dissi, ci sono momenti in cui va messa nel cassetto e sostituita con quella più seria e arguta da kunoichi, si tratta di saper scegliere quale parte di se stessi è meglio utilizzare.
    Non so quanto sia facile comprendermi.
    Insomma, stai sbagliando, ecco tutto, sembra che la vita da shinobi ti abbia preso alla sprovvista mentre non dovrebbe essere così, ti avevo avvertita, a te e a quella scopa scema di tuo fratello, questa non è una vita semplice, anzi, è tutto l’opposto, è dolorosa, sia fisicamente che mentalmente. Non ci addestriamo per cogliere i fiori più belli in mezzo a verdi campi sconfinati, ci addestriamo per superare i nostri limiti fisici, per sopportare il dolore, per non impazzire a seguito di una perdita affettiva.”



    Era la prima volta che Raizen si apriva in quel modo di fronte a lei, visto che di solito le loro conversazioni constavano di un ordine mal assortito di sarcasmo e arroganza, e una risposta altrettanto contesa tra presunzione e superficialità. Il fatto dunque che il gigante le stesse parlando con tanto riguardo e sincerità, la colpì a tal punto che la ragazza, abbassando la testa, si sentì in dovere di riflettere su quelle parole, ad assimilarle e, infine, a farle proprie.
    Dopo una manciata di minuti, decise poi che era il momento di esporre il SUO punto di vista... poiché se quello che stavano creando insieme era un legame di vera amicizia, era giusto far suonare due campane, in modo che una non diventasse sorda, e a lungo andare, si rompesse.
    « Io non volevo diventare una kunoichi » Confessò allora Shizuka, dopo aver riorganizzato i pensieri in una forma apprezzabile e lineare « Ho voluto tentare questa strada per puro atto di ribellione... volevo mostrare alla mia famiglia che ero in grado di cavarmela da sola, e che perciò avrebbero dovuto smetterla di cullarmi come un cucciolo... A dispetto delle apparenze, la vita da signorina di buona famiglia, non è poi così rosa e fiori » Sorrise per poi grattarsi una guancia in modo piuttosto imbarazzato, poiché dire a voce alta quello che solo il suo animo fino ad allora sapeva, metteva a nudo il suo essere infantile e le conferiva una debolezza che non voleva continuare a mostrare, ragion per cui, evitando di dilungarsi sul raccontare al suo compagno tutto il sogno in cui il fratello faceva da protagonista nel svegliarla dal suo bambinesco stato di fanciullezza, prese coraggio e ricominciò a riassumere tutto quello su cui aveva avuto modo di riflettere.

    « Ho preso il coprifronte da un po' di tempo ormai, ma devo essere onesta, questa concezione che tu mi esponi del “superare i limiti fisici” o “sopportare il dolore” sono cose che proprio non capisco... un po' come l'idea della “morte onorevole” che gli Uchiha hanno cercato di instillarmi in ogni modo possibile » Alzò gli occhi al cielo, perplessa « Mi chiedo: In che modo una morte onorevole potrà consolare una madre privata del proprio figlio? Una moglie del marito? Un fratello di una sorella? » Sospirò, riportando la sua attenzione su Raizen « Ho sempre creduto che se si ama realmente qualcuno, invece di pensare a morire seguendo un'etichetta, bisognerebbe pensare a non morire affatto... se si muore, non si può più proteggere ciò che ci è caro, e dunque, che senso ha? Morire pensando solo alla propria gloria è ridicolo ed egoista » Esitò, come se non riuscisse a focalizzare bene il nocciolo del suo discorso, e si prese perciò un po' di tempo per riorganizzare nuovamente le idee « Ecco, il punto è che... in verità penso che più che proteggere solo le persone care, bisognerebbe proteggere un po' tutti. Capisci cosa intendo? » Non era ancora convinta, ma decise di provare comunque a far valere le sue idee, e pretendo dunque a gesticolare freneticamente, si gettò in un discorso rapido e stretto, senza pause neanche per respirare.
    « Penso che sia giusto proteggere o aiutare gli altri, nel limite delle proprie capacità, certo, ma se tutti cominciassero a dare fiducia anziché dubitare, o afferrare le mani protese anziché ignorarle, forse il mondo non sarebbe poi così pericoloso...
    In passato ho riflettuto sulla possibilità di diventare una mercante, ma nel tempo in cui non mi dedicavo ai viaggi e alle compravendite c'era sempre qualcosa che sentivo mancarmi, come se fossi incompleta... poi sono diventata ninja e ho pensato allora che la mia strada fosse quella di diventare un medico, perché non ci sono figure più protese all'aiuto del prossimo come questa... ma anche lì, qualcosa non mi tornava. Era come se ci fosse un dettaglio che non quadrasse con il resto del progetto che avevo in mente, pensavo a chi mi circondava, a mio fratello e la mia famiglia, al villaggio, e alla fine mi sono detta: Se diventassi forte, davvero forte... fortissima, intendo, più forte di te ecco... tipo l'Hokage... no forse un po' meno... due o tre punti meno... forse anche cinque... BEH INSOMMA in caso diventassi forte così, potrei allargare le mie braccia e proteggere tutti. Anche quelli che non conosco, ma che incontro durante il mio viaggio.
    Vorrei combattere in prima linea, nel senso che quando c'è un problema io lo risolvo senza stare a piagnucolare perché ho bisogno d'aiuto, e sono dell'idea che possa riuscire in questo non solo diventando una grande kunoichi, ma anche una grande donna... e per ora, solo intraprendendo la via in cui mi trovo ora ho riscontrato dei forti miglioramenti in me stessa, motivo per cui continuerò su questa strada per ora »

    Riprese fiato un attimo dato che a forza di parlare era diventata cianotica, e dopo aver ricominciato a respirare come si conviene ad un essere umano, probabilmente rendendosi conto di quanta confusione aveva fatto e con quanta enfasi aveva avviato e concluso il suo sproloquio, avvampò.
    Portandosi un braccio di fronte al viso, e abbassando lo sguardo di lato, si mosse nervosamente sul posto per un attimo.
    « Beh insomma, il discorso era dettato dalla speranza che tu capissi che non ti devi preoccupare poi troppo, insomma ho capito che quello che faccio mi piace e perciò ora posso prendermi il lusso di impegnarmi al massimo... » Bofonchiò tutta concitata « Tu sei libero di darmi suggerimenti, ma io sono testarda e cercherò sempre di ragionare con la mia testa... quindi più che consigli, dammi spunti di riflessione, li apprezzo maggiormente. Non ho bisogno di una persona che mi prenda per mano, ma di una che mi dia la capacità di cavarmela da sola » Rifletté un attimo, poi, evidentemente approvando il suo discorso, annuì e guardò il suo interlocutore dritto negli occhi « Accetterò le tue condizioni, ma tu rispetta le mie... non sono tipa che ubbidisce ciecamente, odio chi vuole mettermi il guinzaglio, ma apprezzo chi ha voglia di correre insieme a me »
    Aveva paura che un discorso del genere risultasse troppo pretenzioso, e non aveva nessuna voglia di ingaggiare una lite con il suo maestro proprio ora che sembravano cominciare a trovare un punto d'incontro, nonostante tutto non avrebbe proprio saputo come affrontare l'argomento ed esprimere il suo punto di vista se non in quel modo. Anni di leadership incontrastata e una predisposizione già naturale al comando l'avevano resa una creaturina dominante difficilmente assoggettabile, proprio come lo era sua madre e, tutt'ora, persino sua nonna.
    Una sorta di eredità femminile, quella, che per quanto i parenti avessero desiderato estrapolasse dal ramo paterno -così gentile e spesso remissivo- la principessa aveva invece tratto interamente da quello materno, quello l'Uchiha: orgoglioso, testardo, spesso presuntuoso, ma forte e responsabile, stabile e rispettoso.

    Era dunque tutta intenta a domandarsi per quale strana ragione il destino non l'avesse fatta nascere come una semplice donna, con le semplice preoccupazioni di una donna (che non aveva, in verità, ben chiare quali fossero, ma che supponeva di poter riassumere in: cucinare, pulire e badare ai figli... rabbrividì), quando improvvisamente il piccolo draghetto evocato da Raizen le volò incontro, e legandosi al suo collo, guardò malamente colui che l'aveva richiamato, affermando in modo piuttosto infantile di voler restare per vedere se la parola da egli data sarebbe stata o meno mantenuta.
    laughing
    Essendosi persa un paio di battute, la ragazza si limitò a fissare dapprima il cucciolo e poi il colosso, mettendosi infine a ridere silenziosamente non solo notando la differenza esponenziale che intercorreva tra i due, ma anche come i loro caratteri così distinti si arricchissero vicendevolmente... era un legame tenero, quello, tanto che Shizuka non poté fare a meno di domandarsi se un giorno, anche lei, ne avrebbe avuto uno simile.
    Accarezzò il cucciolo, e sorridendo lui con dolcezza, riportò lo sguardo sul suo insegnante.
    « Lascialo rimanere » Disse in favore del piccino « Che disturbo potrà mai dare... se ci rifletti sono più pedante io di lui » Ridacchiò, ma poi, vedendo il colosso della foglia quasi non udirla nel suo essere così intento ad osservare la sua spada, rimase di stucco nel vedere lui e quest'ultima prendere a brillare di punto in bianco al minimo contatto tra la mano e l'elsa.
    Strabuzzò gli occhi, allibita.
    « Per l'amor degli Dei, Raizen » Sbottò allora, completamente sbigottita « Temo che qui ci sia un problema logistico piuttosto serio; allora, i casi sono due: O tu sei gravemente malato, perciò fatti vedere subito da un medico, oppure la tua nodachi è radioattiva... beh, in questo caso, fatti vedere comunque da un medico » Guardò poi attentamente la scena senza dire più nulla fino a quando lo shinobi non sembrò rinfoderare la spada, e a quel punto, solo a quel punto, con un gesto secco della mano, lo fermò.
    Sembrava piuttosto assorta, come se la questione le interessasse ma fosse troppo pigra per approfondirla, dopo un attimo di riflessione comunque, in cui sembrò valutare a cosa stava andando incontro, si avvicinò, e senza nemmeno chiedere il permesso al ninja, piazzò una mano sulla nodachi.
    […] Aveva attribuito i suoi ricordi sbiaditi sull'inefficienza di quell'oggetto alla droga che aveva assunto e che ne aveva confuso la memoria, ma dopo una manciata di minuti in cui non accadde assolutamente nulla, si rese conto che il problema non era la sua mente... ma quella del suo compagno.
    Qualcosa, effettivamente, non tornava.
    « Non succede nulla » Osservò la principessa, reclinando la testa da un lato con sguardo perplesso « Raizen a mio parere sei tu che fai qualcosa senza saperlo, che ne so... ma insomma di spade cuccia chakra non ne ho mai sentito parlare onestamente... » Ma si rese ben presto conto che le cose del mondo ninja di cui “aveva sentito parlare” si limitavano a shuriken, kunai e roba chiamata “bomba carta” di cui, a ben ragionare, non sapeva nemmeno la forma.
    Sospirò, visibilmente dubbiosa, ma lasciò subito andare l'arma riflettendo sulla possibilità che fosse lei non troppo brava o ingegnosa da far funzionare qualcosa del genere, così accantonò l'argomentazione archiviandola nel reparto “incapacità”, che da quando era diventata una kunoichi, si era rapidamente (e tristemente) espansa.

    Lasciando dunque ai propri pensieri il suo maestro, la ragazza si fermò ad osservare il cielo quasi totalmente oscurato dalle fitte chiome degli alberi, e apprese che ormai doveva essersi quasi fatta sera.
    Da quando era arrivata in quel bosco, era sicura di aver perso di vista ogni concezione temporale, ma fu proprio quando ci rifletté sopra, che si rese conto improvvisamente di quanto invece i suoi altri sensi si fossero sviluppati.
    Al contrario delle prime ore in cui era arrivata nella foresta, infatti, in cui si era riscoperta incapace di udire anche solo il vento tra le fronde dei pini, adesso riusciva a sentire un ramoscello rompersi sotto i suoi piedi, una pigna cadere in lontananza, e ancora, il fiume scorrere e sbattere impetuoso sui massi aguzzi, o i corvi volare di arbusto in arbusto...
    … erano tutti suoni nuovi per lei, a cui non aveva mai fatto caso perché troppo presa da ascoltare se stessa e gli altri piuttosto che dedicare attenzione a ciò che la circondava, ma ora, ferma in un bosco con la sola presenza di un uomo che non faceva della conversazione la sua principale attività, aveva inconsciamente cominciato a dare rilievo a tutte quelle piccole cose che, in un attimo, le aprirono di fronte un mondo di opportunità, segreti, vite, e pericoli.
    Per un istante, ne rimase davvero stupita.

    “Ora vieni qui Kubomi, dobbiamo continuare l’addestramento, tra poco la pasticca inizierà il suo effetto sui muscoli.”



    Le parole del gigante di Konoha arrivarono alle sue orecchie nello stesso istante in cui il cucciolo, quasi preannunciandole, si scioglieva dal suo collo e svolazzava via, non senza rammarico da parte della minuta signorina, che però si limitò a guardare il cucciolotto di drago senza emettere fiato.
    Arrivati a quel punto, immaginò che finalmente le sarebbe stato esposta la seconda parte dell'allenamento.
    Voltandosi completamente verso il maestro, dunque, la ragazza tacque e cominciò ad ascoltare.

    “Questa parte per il tuo fisico sarà un po’ più leggera, forse. La pastiglia porterà i tuoi muscoli ad una tonicità e ad un efficienza superiore dandogli in pasto il grasso del tuo organismo e parte di loro stessi, questo procedimento non sarà doloroso, quello che farà male sarà il dopo i muscoli in queste situazioni rilasciano acido lattico e come sai quello è parecchio fastidioso e parecchio doloroso, e tu ne sarai zuppa come un biscotto immerso nel latte.
    L’unico modo per smaltire l’acido lattico dai muscoli, la zona in cui è doloroso, è mandarlo in circolo permettendo al tuo organismo di rigettarlo.
    In caso contrario i muscoli finiranno consumati dall’acido, non del tutto, ma quanto basta per rendere l’assunzione della pastiglia inutile e anche il dolore.
    Mi raccomando, non prendere nulla alla leggera, l’acido prodotto sarà in una quantità di molto superiore alla norma, non nuocerà alla tua salute, ma non sarà il classico dolorino post allenamento.”



    Al termine del discorso, a dispetto delle preoccupanti previsioni offerte dal suo maestro circa la solita situazione pre-morte in cui si sarebbe ritrovata a versare da un attimo all'altro, Shizuka si ritrovò a sorridere tutta compiaciuta, e mettendosi a braccia conserte con gli occhi brillanti di sfida, annunciò che se quello che il Chunin aveva detto era vero, a sto giro riusciva persino a dimagrire. Se la via dello shinobi la portava anche ad essere bella, aggiunse ironicamente, non le rimaneva che diventare jonin e devolvere tutta la sua esistenza a quella scelta.
    Nonostante i vaneggi su un fisico perfetto continuarono per un bel pezzo (a quanto pareva la ragazza aveva un tarlo in questione, e forse non era proprio vero che non le interessava di essere carina e intrigante come le sue coetanee), non appena le fu annunciato che il suo prossimo compito era quello di correre a casaccio in giro per il bosco, rincorrendo un cucciolo di drago che pareva più lento di lento di lei, la giovane Kobayashi non parve proprio entusiasta ma, rammentando la promessa che si era silenziosamente fatta a se stessa quando poc'anzi aveva compreso che il suo sensei non le avrebbe revocato il coprifronte, non disse nulla, e aspettò che la situazione evolvesse.
    […] Ed in effetti, evolse eccome.
    Fu appena un attimo: Kubomi cambiò di colore, assumendo una tonalità grigia opaca che lasciava poco spazio alla graziosità di cui invece risplendeva nel suo essere celeste (sembrava un serpente ora, uno vero), e quando Shizuka sbattè gli occhi un paio di volte, visibilmente stupita nel notare che quel cambiamento aveva indotto la creaturina a circondarsi di minuscole scariche elettriche di vari colori e velocità, nel riaprirli si rese conto anche che, dal niente, il piccoletto cominciava a venir avvolto da una debole nebbia.
    Schiuse la bocca, palesemente sconvolta.

    “Modestamente, sono l’unico dei draghi a saper controllare ogni elemento!”



    Strillacchiò infatti il draghetto, dando conferma alla kunoichi dei suoi timori, e lei, arrendendosi dunque all'evidenza di quello a cui stava andando incontro, non poté far altro che alzare gli occhi al cielo, portarsi una mano alla fronte, e sospirando, esclamare un sonoro: « Oh perfetto... mi mancava solo un serpente volante muta-colore che plasma gli agenti atmosferisci... la prossima sorpresa cosa sarà: una tigre fatta di terra che sputa fuoco? » che tuttavia andò subito a perdersi sotto la voce del Chunin della foglia, che, a pochi metri da lei, dava indicazioni ben precise al cucciolo di drago il quale, a quanto pareva, sarebbe divenuto la sua prossima preoccupazione.

    “Mi raccomando Kubomi, non farti ingannare! Corri avanti e basta, non deve prenderti, è per il suo bene!
    Quanto a te Shizuka: corri. Quella roba non deve fermarsi nei tuoi muscoli.

    Ah, Kubomi, cerca di stare nei dintorni, devo osservare quanto Shizuka si stanca.”



    “Corri Shizuka, quella roba non deve fermarsi nei tuoi muscoli” Scimmiottò la kunoichi nella sua testa, ma non ebbe il tempo di continuare a imitare il suo maestro, che con la coda dell'occhio vide il cucciolo schizzare in avanti a tutta velocità per poi gettarsi a capofitto nella foresta.
    Presa in contropiede, la ragazza perse quei piccoli secondi di anticipo che le fecero subito capire di aver smarrito la creaturina, ma dato che imprecare o rammaricarsi di non essere stata più attenta non l'avrebbero portata da nessuna parte, scattò istintivamente in avanti nella stessa direzione del cucciolotto.

    Fu a quel punto, che se ne rese conto: Le gambe le dolevano.
    Senza fermarsi, provò a mettere in tensione le braccia e si rese immediatamente conto che il dolore che le affliggeva era il medesimo. Se avesse avuto modo di non muoversi eccessivamente, come aveva fatto fino a quel momento del resto, certo non sarebbe incappata in pessime smorfie e grugniti davvero poco graziosi, ma mentre scansava un grosso tronco d'abete riverso al suolo, saltando fino a portarsi le ginocchia al torace e protendendo le mani in avanti, nel tentativo di non sbattere la testa contro un altro albero situato poco più alto, si rese conto che non sarebbe stato possibile.
    Non in quel momento, e non se avesse voluto acchiappare Kubomi.
    […] In verità l'esercizio non le era ben chiaro: Doveva prendere il cucciolo, oppure correre fino a morire?
    Nonostante volesse credere il contrario, temette che la risposta giusta fosse la seconda così, sospirando, fece appena per scuotere la testa che improvvisamente i suoi occhi videro la piccola codina nebulosa del cucciolo muoversi veloce tra la vegetazione.
    Un sorriso lampante si stampò subito in faccia alla ragazza che, presa dall'eccitazione del momento, aumentò per quanto le era possibile la velocità, cercando di ignorare il dolore terribile che cominciava a stuzzicarle i muscoli dei polpacci e delle cosce. Era talmente entusiasta di aver recuperato in rapidità il piccolo, e si era già così convinta che vista la sua bravura ci avrebbe messo un attimo ad acciuffarlo... che quando questi passò attraverso al tronco di un faggio enorme, lei, totalmente attonita, quasi andò a sbattere contro il ramo pendente di un albero di cui non conosceva il nome.
    « PER L'AMOR DI DIO » Urlò allora, totalmente incapace di trattenersi « Questo è il colmo! Non so cos'altro devo aspettarmi ormai! » Effettivamente, l'unica cosa che mancava era che il drago, facendo onore alla sua stirpe, si mettesse a sputare fuoco.
    Impallidì, scioccata, e fu proprio in quel momento, mentre balzava per evitare due cespugli e ramoscelli bagnati di umidità, che sentì una fitta lancinante dilaniarle il muscolo della coscia destra, e lei, presa alla sprovvista, riuscì per un miracolo a non cadere riversa a terra.
    Suo malgrado, fu costretta a fermarsi.

    Il dolore era simile ad una scossa elettrica, veniva ad ondate e se ne andava quasi subito, ma quei pochi istanti bastavano a impedirle il movimento e a concentrare la sua attenzione sul dolore, distrazioni che non poteva permettersi di avere visto ciò che stava facendo.
    Valutò rapidamente le possibilità, cercando di scegliere accuratamente quella che le avrebbe giovato maggiormente, ma quando comprese che le sue scelte si limitavano al finire agonizzante con i muscoli straziati o correre disperatamente (con i muscoli straziati), capì che il momento per aumentare la sua capacità di pianificare strategie non era quello.
    Visto chi era il suo maestro, in verità, temette che quel momento non sarebbe arrivato mai.
    Schizzò rapidamente in avanti, cercando di ritrovare il piccolo drago in mezzo a quel ciarpame di una foresta, e quando lo adocchiò in lontananza si sentì persino atterrita nel notare come il cucciolo si fosse fermato per darle la possibilità di incontrarne lo sguardo. Se persino quelli più piccoli di lei avevano pietà delle sue abilità, non sapeva proprio su cosa avrebbe dovuto basare il suo orgoglio.
    Pensava questo, ma a dispetto del passato in cui si sarebbe fermata arrendevolmente, continuò a correre rapida, schivando gli alberi e i cespugli con un'agilità che era propria solo di una creatura piccola e scattante quale era lei, che non avrebbe mai potuto fare della propria forza un vanto, ma che in quanto ad agilità e rapidità era considerata imbattibile dai tempi delle sfide tra i ragazzi della sua carovana di mercanti, in cui lei, piena di polvere e sudore, riusciva sempre ad arrivare prima.
    Per quanti buoni precedenti ci fossero, tuttavia, stare dietro al piccolo Kubomi risultò un'impresa talmente ardua che Shizuka Kobayashi fu spesso costretta a premersi una mano sul fianco, colta da lancinanti finte di stanchezza che rivelarono la sua grave pecca in un quadro di prestazioni fisiche eccellenti: la resistenza.
    Per quanto fosse brava a correre e saltare, farlo per trenta minuti era stancante, per un'ora allucinante e per due ore... beh, quasi impossibile.
    Presa dalla disperazione di non riuscire neanche a sfiorare la coda serpentina del cucciolo di drago, dunque, la ragazza si sentì morire. Sapeva che se non fosse riuscita nell'impresa sicuramente Raizen avrebbe insistito fino a farla diventare pazza, così prese la decisione più ovvia in quel momento: Giocare d'astuzia.

    Schivando un gruppo di alberi addossati gli uni agli altri in un artistico intreccio naturale, la principessa tempesta della foglia valutò la situazione in cui si trovava, e ne fece una rapida e approssimativa stima.
    Ormai le sue gambe e braccia continuavano a muoversi per espresso volere del suo cervello orgoglioso e testardo, ma i dolori da cui era afflitta continuavano ad aumentare e a presentarsi in modo sempre più frequente ed incisivo qualora rallentasse, tanto che spesso era costretta a lasciare che una sua mano battesse contro un ostacolo casuale, così da poter pensare al dolore delle dita sanguinanti piuttosto che a quello muscolare... in ogni caso, comunque, non avrebbe potuto continuare così per molto.
    Cosa poteva fare per avvantaggiarsi? Era possibile riuscirci in qualche modo? Come?
    […] Improvvisamente, una possibilità le balenò alla mente e lei, benché piuttosto perplessa in un primo momento, decise di darsi una possibilità.
    Socchiuse dunque gli occhi, si concentrò, e dopo aver focalizzato bene il suo obiettivo, aumentò al massimo la sua velocità. Si rese conto solo allora, e con suo grande se non spiazzante stupore, che le sembrava di andare più veloce, e neanche di poco.. nonostante tutto ignorò il fatto, era probabilmente un colpo di fortuna, e continuò a dirigersi dritta dritta contro il tronco di un lungo e snello pino nero...
    …fino a quando, invece che evitarlo, vi corse sopra.
    Corse più veloce che poté, terrorizzata all'idea di fermarsi poiché se la sua rielaborazione del precedente addestramento sul chakra adesivo era sbagliata, sarebbe rovinosamente caduta a terra e morta con la testa aperta in due, nonostante tutto, quando ebbe raggiunto ben gli otto metri d'altezza, osò fermarsi, e solo allora se ne rese conto: Era perfettamente ferma. Aderente al tronco.

    In verticale.

    Strizzò gli occhi terrorizzata, senza perdere però di vista il controllo della sua energia corporea (visto che era piuttosto sicura che se fosse caduta in un errore simile questa volta sarebbe morta sul serio), e balzò poi dal tronco in verticale ad un ramo del pino. Da lì, aveva un'ampia visuale su una grande porzione del bosco.
    Immaginò che fosse facile vedere un piccolo serpente circondato da nebbia e con scosse elettriche multi-color volare a velocità inaudite in mezzo al fogliame oscuro di una foresta al tramonto, ragion per cui aguzzò la vista e rimase ad osservare. Sapeva che prima o poi sarebbe riuscita ad adocchiare il draghetto, e infatti non sbagliava: Dopo qualche minuto di attesa, la kunoichi vide Kubomi schizzare velocissimo tra il fogliame, lasciando dietro di sé una scia di foglie secche in tumulto.
    Era il momento.
    In verità era piuttosto convinta che il suo piano avrebbe fallito platealmente, del resto il cucciolo non dimostrava di essere stupido (piuttosto lo era lei, che aveva pensato ad una cosa simile) e le possibilità che abboccasse erano talmente rade che ammise con se stessa che qualora non fosse riuscita nell'impresa, si sarebbe semplicemente gettata all'inseguimento del cucciolotto pregando di riuscire ad acchiapparlo.
    Cercò tuttavia di non pensare a quest'eventualità, e schizzando di corsa giù lungo il tronco dell'albero, arrivata ad un'altezza che valutò non pericolosa...aspettò che il draghetto le passasse sotto, e disattivando il suo chakra, si lasciò cadere verso il basso, con le mani arcuate pronte ad afferrare la preda.
    Vista da lontano, la scena sarebbe risultata piuttosto straziante per qualsiasi shinobi: Shizuka Kobayashi infatti, volando nel vuoto tutta protesa nella speranza di acchiappare la creaturina, avrebbe dapprima battuto una gamba ad un ramo rotto e sporgente, e poi sarebbe semplicemente caduta a terra con un tonfo sordo e preoccupante. Lì, poi, sarebbe rimasta.

    [...] Certo, non che si fosse immaginata di prenderlo subito quel dannato serpente volante... ma insomma, trinciarsi una gamba a caso, proprio non era stato nei suoi programmi...
    Piagnucolando silenziosamente (in verità piangeva più il suo orgoglio che i suoi occhi), la kunoichi si rimise in piedi, e dapprima zoppicando, poi riacquistando la capacità di correre, si lanciò tristemente in un nuovo inseguimento.



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    Ascoltò Shizuka con attenzione, era raro sentirla parlare apertamente di ciò che provava e pensava realmente, e perdere l’occasione sarebbe stato sciocco.

    Beh, non sono del tutto d’accordo, però è abbastanza nobile come pensiero, tuttavia non sei adatta alla prima linea, non ti dico di dimenticarla, perché si può sempre cambiare, ma sei più adatta alla seconda di linea.
    Vuoi sapere il perché?
    Perché le vite degli altri fanno pesare la tua lama e se sei in prima linea non puoi permetterti di guardarti alle spalle, devi solo andare avanti e uccidere chiunque la tua spada riesca a raggiungere.
    In battaglia ci sono delle regole che l’etica aborrisce. Altrimenti non sarebbe così brutta come è.


    Fece una pausa e serenamente aggiunse.

    Tuttavia mi fa piacere sapere che ti impegnerai.

    […]


    Osservo la ragazza correre dietro a kubomi per tutto il tempo con estrema attenzione, era un po’ legata, ma gli effetti della pastiglia erano abbastanza fastidiosi, sicuramente per una al suo livello la cosa doveva essere addirittura accentuata.

    Coraggio Kubomi! Stai andando bene!

    Avrebbe gridato al piccolo drago il quale, continuando a serpeggiare a mezz’aria avrebbe commentato a sua volta quella prova.

    Oh, non preoccuparti fratellone, la tua amica non arriverà a sfiorarmi nemmeno l’ultimo ciuffo della coda di questo passo.
    Kubomi è troppo veloce!


    Alzò una piccola zampa e fece un ulteriore scatto in avanti, d’ora in poi avrebbe reso la cosa ancora più difficile animato da quel complimento, infatti una volta immerso in un oggetto avrebbe deviato repentinamente direzione in modo da spuntare in una zona differente da quella in cui sarebbe dovuto emergere.
    Tuttavia dopo un po’ la kunoichi con cui si divertiva a giocare scomparve dalla sua vista e per quanto si guardasse attorno era assente, solo dopo qualche minuto la vide a pochi centimetri di distanza precipitare verso di lui. Ma il piccolo nonostante tutto non era uno sprovveduto, era si piccolo, ma i draghi addestravano bene la loro prole, infatti il piccolo al posto di schivare si limitò ad affondare nel terreno che stava poco sotto di lui, il risultato, per Shizuka, fu una discreta facciata.
    Il commento di Kubomi, addestrato in maniera più che eccellente da Raizen in questo, non tardò ad arrivare.


    Ma che fai in un momento simile? Ti metti ad abbracciare le foglie?
    Ahahah!
    Guarda Raizen guarda!


    Schizzò nuovamente in avanti più attivo che mai non mostrando la minima fatica, non era un maratoneta, però semplicemente, a differenza di Shizuka, non aveva nulla a modificare il suo status fisico.

    Fai male a sottovalutarlo, è probabile che abbia più esperienza di te, stacci attenta!
    E basta con tutto questo affetto per le foglie, alzati via!


    Vedendola recuperare tornò a parlare al draghetto.

    Coraggio ti manca ancora poco Kubomi, non perdere questa sfida.

    Il piccolo si voltò verso lo shinobi e replicò.

    Non conosco il significato di quella parola!

    Erano passate due ore, ancora una e avrebbe fermato il piccolo rettile che, appena ricevuto il segnale avrebbe invertito il senso di marcia per poi farsi prendere.

    Visto?

    Era un cucciolo, non ne aveva mai abbastanza dei complimenti.




    breve post per concludere la corsa, puoi arricchire con del free gdr
     
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25 replies since 11/8/2010, 21:54   651 views
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