Quartiere - Aburame

[Ambientazione]

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  1. Mberu
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    Poison Hiro

    III Post



    I discorsi procedevano a ritmo spedito o almeno così mi sembrava.
    Potenziare gli allevamenti? Investire nell’innovazione?
    Poco mi importava, non ero sicuramente lì per fare da segretario, di quelli Raizen ne aveva a sufficienza. Con tranquillità mi godevo quei momenti di poca lucidità, un sorrisetto contento sulle labbra, copiando Ayuuki nei modi di rapportarsi con gli altri.

    Ad un tratto sentì la mano della mia compagna stringere la mia.

    Ehi Ayuuki ma che diamine fai?

    Dissi soffocando una risatina da ebete.
    Fortunatamente non mi dovetti sforzare troppo, uno schiocco di dita portò via gli effetti dell’alcol.
    Al loro posto, crescenti dolori si dislocavano in tutte le ossa.
    Caddi nel sonno, finendo di indossare la maschera del diplomatico alla corte degli aburame.

    […]

    Quando mi svegliai non aprì immediatamente gli occhi.
    Mi sentivo come dopo aver preso una febbre da cavallo. In quei momenti passo tutta la giornata a letto, con gli occhi chiusi per non risvegliare il mal di testa.
    Raizen, e probabilmente pure l’Anbu, capirono che ero sveglio, iniziando a parlare.
    Udendo la voce del capo villaggio capì che non ero a casa e non avevo avuto la febbre. Qualche tecnica strana mi aveva fregato.

    Avevo difficoltà a seguire l’Hokage, capivo una frase ma mi dovevo sforzare nel tentativo di collegarla a quella precedente. Mi misi seduto sul lettino, più il tempo passava, più mi sentivo meglio ed ero capace di seguire i discorsi di Raizen. Avrei fatto parte di un team specializzato in veleni. L’intorpidimento non mi impedì di provare curiosità per le nuove porte che si stavano aprendo. Ora che il capo villaggio mi aveva rivelato la soluzione, tutto mi sembrava chiaro e lineare. Che stupidi che eravamo stati nel bere in quel modo così sconsiderato. Ma del resto, come avremmo potuto sospettare diversamente? Non provai rabbia nei confronti del kage, né tantomeno nei confronti dell’Anbu. Se eravamo lì era perché eravamo stati scelti fra tanti per le nostre capacità. Era un allenamento speciale e come tale lo erano anche le sue metodologie.
    In più conoscevo Raizen e i suoi metodi non canonici, motivo per cui ero partito predisposto ad un eventuale colpo di scena.

    Mentre il colosso parlava di come sconfiggere gli insetti che ci stavano causando quel malessere, Ayuuki dimostrò il suo dissenso rigurgitando non poca roba. Se fossimo stati in un momento diverso mi sarei buttato a tenerle la fronte, ora invece guardavo fisso Raizen, concentrato sulla nuova sfida che mi stava venendo posta.

    Quando l’Hokage uscì dalla stanza, delegando ad Oboro il nostro controllo, mi misi immediatamente in posizione di meditazione senza spiaccicare una parola. Pur avendo chiuso gli occhi ci misi più del solito a trovare la concentrazione, un poco per i dolori che non mi mollavano, un poco per le domande che Ayuuki poneva. Ancora doveva entrare nelle macchiniche di questi addestramenti, ogni parola era essenziale per la riuscita o il fallimento dell’addestramento. Se il colosso aveva detto di usare il chakra, beh dovevamo usare il chakra.

    Iniziai a manipolarlo dentro me, facendogli compiere dei piccoli spostamenti.
    Il solito riscaldamento, che ero solito fare prima di testare qualcosa di nuovo. Sta volta ovviamente dovevo mettere più impegno nel tentativo di controllarlo al meglio, i dolori mi costringevano a stringere i denti di continuo.

    Quando mi accorsi di avere un controllo sufficiente iniziai a spostarne quantità più ingenti.
    Al contempo cercavo di rivolgere la mia attenzione nello scovare quelle maledette creaturine. Gli insetti dovevano essere minuscoli ma tanti. Con gli sposamenti del mio chakra che compivo di continuo prima o poi avrei sentito dei flussi opposti a quelli da me imposti. Se fossi stato in grado di trovarli per come speravo avrei prima di tutto cercato di capire se si trovassero in un posto specifico del mio corpo o se, come più probabile, si trovassero un po’ da per tutto.

    Quindi avrei aumentato quasi al limite delle mie possibilità la quantità di chakra irrorata.
    Dall’esterno con molta facilità chiunque si sarebbe reso conto di come il mio corpo era teso dallo sforzo e dai dolori causati dal veleno. L’espressione era corrucciata, adornata da una vena che pulsava visibilmente sulla tempia.
    Il mio obbiettivo era “schiacciare” o quanto meno far annegare gli insetti nel mio chakra non facendolo uscire verso l’esterno. Aumentando la quantità di chakra all’interno del mio corpo la pressione sarebbe aumentata notevolmente a sua volta, forse abbastanza da fargli fare la fine che meritavano.




     
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