Prigioni di Konoha

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  1. **Kat**
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    II ~ Un Torturatore suscettibile: L'arrivo del prigioniero


    P

    er la Kunoichi di Konoha era la prima volta che si addentrava nelle profondità delle prigioni del Villaggio. Aveva sentito varie dicerie sull’inespugnabilità delle sue mura ma soprattutto sui metodi poco ortodossi che venivano utilizzati per estorcere informazioni. La luce che illuminava le Foglie del grande Albero, celava sempre oscure e solide radici. L’arte della Tortura era una pratica tanto antica, forse anche più antica di Konohagakure no Sato. Le abilità dei Ninja erano preziose, molto preziose, ma ciò che poteva sovvertire le sorti di una Guerra o fare da ago della bilancia in una disputa tra Paesi confinanti erano le informazioni. La vita di uno Shinobi in missione dipendeva dalla precisione ed il buon uso delle informazioni che possedeva. Era la reale merce di scambio, che quantificava il Potere. Quindi era assolutamente necessaria la figura di Sho Saitama alla Foglia, e dei suoi sottoposti.
    Anche se il suo temperamento lasciava molto a desiderare. La Fuyutsuki si accorse subito dei modi poco cortesi e sbrigativi dell’uomo. Il suo Nindo da Kunoichi si fondava sul rispetto e l’estrema fedeltà che nutriva per l’Hokage, ed le risposte date dal Torturatore non furono adeguate ai suoi canoni. Doveva fidarsi di un uomo tanto rude e suscettibile. Raizen-sama aveva chiesto una “prova” della sua fedeltà e lo Shinobi della Foglia era andato in escandescenza.
    In rispettoso silenzio Ikuuya seguì il Torturatore fin all’ultimo piano, dove Gaho Nakashi, seguace di una nuova tendenza religiosa, era stato imprigionato. Avanzò lungo i corridoi bui e umidi della struttura. Non era affatto accogliente. Anzi lo sguardo della ragazza si soffermò per alcuni secondi sulle fredde sbarre di metallo che separavano i prigionieri dalla libertà. Alcuni erano raggomitolati in un angolo, altri riposavano, altri allungavano le mani in cerca di attenzioni, supplicando una libertà che avevano ormai perduto.
    Il Membro della Radice si preoccupò d’informare Sho-san sui Reports che l’Hokage le aveva consegnato durante la sua momentanea assenza. Non proferì alcuna parola sul suo ritardo, che aveva creato disagio ed una situazione decisamente imbarazzante. L’uomo non fece una piega alle sue parole, anzi invitò la Fuyutsuki ad esporre tutte le domande da porre al prigioniero. - Le domande prioritarie sono alquanto ovvie. Il nome del culto che segue, la sede che ospita questi fanatici religiosi, le motivazioni che li hanno spinti a minare la stabilità di un villaggio d’artigiani, dove è tenuto prigioniero la Guida spirituale del villaggio, ammesso che sia ancora viva. - Proferì con estrema calma e precisione. Solite domande di un interrogatorio. - I nomi e numero dei seguaci di questo culto, identità del loro leader ed eventuali piani segreti ai danni della Foglia. - Lasciò il resto al Torturatore. Infondo era lui l’esperto, sicuramente avrebbe posto le domande adeguate nel modo più consono possibile. Ikuuya non aveva mai torturato nessuno.
    Si trovavano nell’ascensore diretto verso l’ultimo piano delle Prigioni quando Sho-san ritenne necessario fare alcune precisazioni, forse ferito nell’orgoglio involontariamente dalla donna mascherata. Stranita la Fuyutsuki alzò un sopracciglio. Una reazione sicuramente spropositata, ma infondo l’aveva avuta pochi minuti prima anche con la massima autorità di Konoha. Forse il suo caratteraccio era la motivazione per cui se ne restava relegato nelle Prigioni come Torturatore ufficiale. - … - La Genin della Foglia dovette far ricorso a tutti gli insegnamenti di Atasuke-sama sull’equilibrio e la serenità d’animo per non saltare addosso a Sho-san e riempirlo di pugni. Le mano iniziavano a fremere. Anche lei era una testa calda, mitigata solo dagli insegnamenti del Karyuuken, e le risposte poco gentili del Torturatore misero a dura prova la sua pazienza. Dovette reprimere l’istinto di avvolgere le sue mani al collo dell’uomo ed imprimere quanta più pressione possibile. Desiderava strangolarlo. Ma per il bene della missione doveva superare questa piccola divergenza personale. Si morse il labbro inferiore e proferì con un sorriso. - Saitama-san le porgo le mie più sincere scuse per aver messo in dubbio involontariamente le vostre eccelse capacità nell’arte della Tortura. Non era mia intenzione! - Scosse la testa. - Ma sono abituata a donare ben poca fiducia ai Ninja di cui non ho conosciuto direttamente le proprie abilità. Mi fido comunque del buon giudizio dell’Hokage. Spero che non deludiate la mia fiducia e la ripiagate con preziose informazioni. Infondo siamo qui per questo no? - Non riuscì a trattenere una provocazione all’uomo. Non era riuscita a mordersi la lingua prima che il suo cervello elaborasse il celato risentimento che provava per quell’intervento poco galante del Torturatore.
    Arrivati nel laboratorio di Sho-san la Fuyutsuki annuì alle sue parole. Conosceva i limiti della sua figura nelle Prigioni del Villaggio. E sicuramente non aveva nessuna intenzione d’interferire con il lavoro di altre figure. Annuì con la testa per poi andare a posizionarsi in un angolo della stanza. - Ora siete voi a dubitare delle mie capacità? Del mio silenzio? Della mia disciplina? - Proferì con un tono divertito, mentre si appoggiava alla fredda pietra delle segrete. Le spalle aderirono alla parete e le braccia s’intrecciarono sotto al seno. - Sono certa che mi darete le informazioni che desidero… Saitama-san! - Non proferì altra parola, anche perché dopo alcuni minuti un duo di guardie trascinarono il prigioniero.
    Gaho Nakashi era un uomoprisoner_by_yukipon molto alto con una capigliatura disordinata e liscia fino alle spalle. Occhi neri come la pece e barba incolta sulle guance. Il volto era segnato da alcune tumefazioni risalenti a quasi un mese prima. L’occhio destro era leggermente scuro e qualche graffio segnava ancora il viso. Ferite non provocate dai suoi carcerieri ma riportate durante la Missione in cui era stato catturato. Il suo fisico slanciato era piuttosto esile e non particolarmente muscoloso, anzi sotto ai pettorali s’intravedevano le impronte costali, segno di un lieve stato di denutrizione, probabilmente pre-esistente già prima della prigionia a Konohagakure no Sato. Le sue mani, con le unghie un po’ sporche per la scarsa igiene, erano legate da catene. Anche il collo portava i segni di un collare di ferro piuttosto scomodo, che ad ogni movimento o strattone lasciava intravedere la cute sottostante completamente arrossata e lesionata. Il torso era nudo, mostrando il suo progressivo deperimento, coperto da uno straccio ed un mantello che lo proteggeva appena dall’umidità delle prigioni. Al centro del petto, in prossimità dello sterno, c’era un marchio. Probabilmente un tatuaggio con una valenza simbolica. Ma ciò che attirava maggiormente l’attenzione e la curiosità anche dei suoi carcerieri, era l’aria serena e tranquilla che traspirava dai suoi occhi. Mai un richiamo aveva ricevuto dalle guardie. Mangiava quello che gli veniva servito, meditava in un angolo della cella e dormiva poche ore al giorno. Non c’era paura, timore o risentimento. I suoi occhi neri trasmettevano serenità, una sinistra e misteriosa serenità.
    - … - L’uomo non rispose alla provocazione del Torturatore. Anzi iniziò a mormorare tra sé alcune parole incomprensibili, forse proferite in una lingua che non apparteneva al Paese del Fuoco e nemmeno all’epoca storica in cui vivevano. Recitava alcune parole. Sembravano preghiere o invocazioni divine. Albergavano ombre e misteri nella slanciata figura del prigioniero, stava al Torturatore svelarli.


     
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