[Team 24] Pirati Da Strapazzo[Corso Genin]

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  1. Akashi
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    Pirati Da Strapazzo




    Sembrava pazzesco, ed in effetti lo era, ma alla fine era successo sul serio: mi avevano assegnato un trio di ninja, tre shinobi sotto la mia responsabilità e sotto il mio comando. Insieme a me formavano il Team 24: l'assurdo era che io stesso avevo fatto parte del Team 14, team da poco sciolto in seguito al passaggio al grado Genin da parte dei suo membri. Tra il "Me" studente, ed il "Me" sensei c'erano di mezzo a malapena 10 Team: ironia della sorte.

    Ricordavo bene la missione che svolsi sotto il comando di Atasuke Uchiha, il mio Sensei. Alla fine aveva portato ad un fallimento totale, ma ho fatto tesoro di quell'esperienza più che di ogni altra. Speravo che la missione che ora avrei svolto al comando dei tre studenti avesse prodotto un esito differente venendo portata a termine con esito positivo, ma ciò che mi auguravo di più era che i tre giovani venissero segnati almeno quanto ne venni segnato io.

    Rilessi più volte la lettera che avevo scritto, verificato di aver inserito in ognuna tutti i dettagli necessari. Quando fui certo di averlo fatto, affrancai le tre pergamene per poi imbucarle: i destinatati aprendole avrebbero potuto leggere:


    Convocazione


    Caro Nome PG,
    Sei stato inserito nel Team 24 per lo svolgimento di una importante Missione per conto dell'Accademia, missione che vedrà come punto di raccolta iniziale il punto indicato sulla mappa in allegato alla presente, posto sulla sponda Nord dell'Isola di Nagi nell'Arcipelago del Paese dell'Acqua. L'incontro avverrà questo fine settimana, porta le provviste necessarie e tutto il materiale che ritieni necessario per il compimento di questa missione di Eliminazione. Cordiali saluti, il Caposquadra.
    Takuma Muramasa



    Il luogo designato sulla mappa allegata era un casolare bianco con accesso diretto sul mare. Non aveva l'aria di essere molto curato, anzi, ma disponeva di un piccolo molo di legno al quale era ormeggiata una barca a vela di modeste dimensioni sul fianco della quale a caratteri cubitali blu campeggiava la scritta "Umibouzu", evidentemente il nome della piccola imbarcazione.

    Quando i tre giovani studenti sarebbero arrivati al casolare avrebbero potuto notare che sull'imbarcazione vi era un ragazzo biondo, poco più che maggiorenne intento a sistemare delle cime sulla barca: ero io ed avrei accolto ognuno di loro con un sorriso smagliante, dicendo:

    Ehi Ciao e ben arrivato! Devi essere uno degli shinobi che l'Accademia mi ha assegnato, chi dei tre sei? Comunque come avrai potuto apprendere dalla lettera che ho inviato a tutti e tre, io sono Takuma Muramasa, il vostro Caposquadra, e sono un Genin di Kiri. Datemi ancora qualche minuto per sistemare la mia barchetta, poi quando saremo al completo vi illustrerò i dettagli del caso: mi risparmierete di dire la stessa cosa per tre volte, ahahahaha! Dimmi un po' di te: come hai viaggiato? Come è andato il viaggio? Ci sono stati dei problemi?

    Il tempo era magnifico, una leggera brezza soffiava costantemente: l'ideale per navigare e solcare le onde con la Umibouzu.
     
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  2. Kellik
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    Era un normalissimo giorno, ero a casa a fare niente quando suonò il campanello. Andai a aprire, era il postino che portava una lettera indirizzata a me, cosa strana, visto che non avevo amici.
    Una volta dentro aprii la busta, sul foglio all'interno c'era scritto:

    Convocazione


    Caro Kellik,
    Sei stato inserito nel Team 24 per lo svolgimento di una importante Missione per conto dell'Accademia, missione che vedrà come punto di raccolta iniziale il punto indicato sulla mappa in allegato alla presente, posto sulla sponda Nord dell'Isola di Nagi nell'Arcipelago del Paese dell'Acqua. L'incontro avverrà questo fine settimana, porta le provviste necessarie e tutto il materiale che ritieni necessario per il compimento di questa missione di Eliminazione. Cordiali saluti, il Caposquadra.
    Takuma Muramasa


    La mandibola, non si sa come, arrivò a toccare terra, senza rompere alcuna articolazione ne ossi.
    Entrò nella stanza il ragazzo che viveva con me, mi guardò e disse: Kellik, cos'hai?
    Io non sapevo cosa dire, ero senza parole dalla felicità felice. Svenni e la lettera, che tenevo in mano, cadde sopra di me.
    Rinvenni qualche ora dopo, e guardai il ragazzo seduto accanto al letto, disse: Sono contento che sei stato accettato! Ora è meglio che ti prepari, l'isola è distante.
    Mi preparai e partii.
    Arrivai al mare, non l'avevo mai visto, era un'immensa distesa d'acqua, bellissima.
    Cercai qualcuno che potesse darmi un passaggio per l'isola, ma l'unico che trovai voleva troppi soldi. Allora decisi di cercare una barca da rubare per arrivarci, ma restava il problema di manovrarla. Quando ormai avevo perso ogni speranza mi si avvicinò un uomo che disse: Ho sentito che cerchi un passggio per l'isola di Nagi, se vuoi posso porti io, ma ti costerà un po' e disse il prezzo, mi mancavano solo poche monete per arrivare al prezzo richiesto così dissi: va bene, verrò coi soldi, dove la trovo? dopo che ebbe detto il posto mi misi a cercare un posto abbastanza frequentato, ma non troppo, insomma, il posto adatto per una piccola appropriazione indebita, vidi un uomo che sembrava adatto. Mi avvicinai e riuscii a rubare un po' di soldi, giusto la somma che serviva.
    Andai dall'uomo, anche se ero sospettoso, visto che poteva tratarsi di un rapitore, ma decisi di fidarmi lo stesso, in fondo il gioco valeva la candela.
    Il viaggio fu tranquillo, la barca era abbastanza larga, i miei sospetti si rivelarono infondati, arrivai all'isola senza problemi.
    Una volta lì mi diressi a nord e arrivai al punto indicato dalla mappa.
    Quando arrivai vidi un casolare messo male con un molo dove era ormeggiata una barca a vela, sopra la barca vi era un ragazzo biondo che disse: Ehi Ciao e ben arrivato! Devi essere uno degli shinobi che l'Accademia mi ha assegnato, chi dei tre sei? Comunque come avrai potuto apprendere dalla lettera che ho inviato a tutti e tre, io sono Takuma Muramasa, il vostro Caposquadra, e sono un Genin di Kiri. Datemi ancora qualche minuto per sistemare la mia barchetta, poi quando saremo al completo vi illustrerò i dettagli del caso: mi risparmierete di dire la stessa cosa per tre volte, ahahahaha! Dimmi un po' di te: come hai viaggiato? Come è andato il viaggio? Ci sono stati dei problemi?
    Risposi, anche se con un po' di attenzione a non svelarmi molto, come potevo essere sicuro che fosse il Maestro? in fondo non lo avevo mai visto Salve, sono Kellik, studente di Oto. Il viaggio è stato tranquillo, sono riuscito a trovare un passaggio all'ultimo momento, sarei arrivato prima, se avessi saputo guidare una barca, e soprattutto se avessi saputo quale fosse l'isola.
    Ero il primo arrivato, mi sedetti per terra a aspettare, ammirando il mare.

    Edited by Kellik - 2/4/2012, 14:32
     
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  3. Kei Hajime
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    Solo. In quel momento della mia vita lo ero. Forse lo sono ancora. In fondo lo siamo tutti. La solitudine però era qualcosa che mi apparteneva particolarmente, in un modo delicato. Era qualcosa che faceva parte del mio Io. Magari ero solo diverso. Purtroppo ancora non riesco a capirlo del tutto. Ci sono dei momenti in cui non comprendo quale sia la mia vera forma, la mia vera identità. E se non riesco a capirlo ora figuriamoci quando ero poco più che un poppante chiuso in se stesso, in un guscio creato ad arte dalle fragilità e dalle insicurezze che mi portavo dietro. Come se non bastasse ricordavo praticamente nulla del mio passato.
    Mi ritrovai per incanto nella Sabbia. Non ricordo nemmeno quanti anni avevo ma suppongo avessi avuto all'incirca dodici anni. Dodici lunghi anni di vuoto per poi approdare in un villaggio sconosciuto. E' stata dura, lo ammetto. Quella situazione non fece altro che peggiorare la mia chiusura, il mio modo di essere, il non lasciarsi andare diffidando degli altri. A dire il vero però qualcosa ricordavo: “Senza uno scopo non siamo niente”.
    Queste parole mi risuonavano in mente allora come oggi. Ero quindi un fantasma che vagava, un anima in pena pronta a soccombere alla vita da un momento all'altro. Ma non era quello che volevo, no di certo. Avevo bisogno di esistere. Avevo bisogno di uno scopo, di trovarne uno. Ma invero, grandiosità del caso, fu uno scopo a trovare me.



    Viaggiai per qualche giorno, mendicando dei passaggi. Non spiccicai parola rispondendo solamente con delle torsioni del capo. Relazionarmi con gli altri era qualcosa che non riuscivo ancora a fare, qualcosa su cui avrei dovuto lavorare. In qualche modo comunque riuscii ad indicare la mia destinazione. L'isola di Nagi. Avevo ricevuto una missiva da parte dell'Accademia ninja che spiegava che ero stato inserito nel team 24 e di come avrei dovuto affrontare una missione per conto dell'Accademia stessa. Avevo infatti deciso di intraprendere la carriera dello shinobi. I motivi per cui lo feci erano vari, ma per ora preferisco concentrarmi su altri ben più utili dettagli.
    Conoscevo a malapena Suna, figuriamoci il Paese dell'Acqua. Nonostante ciò non fu difficile arrivarci. Mi bastò mostrare la mappa allegata alla missiva e con un po' di fortuna e qualche giorno di viaggio mi ritrovai nel posto prescritto. Avevo incontrato durante il viaggio almeno una dozzina di persone. Alcune più raccomandabili di altre. Eppure non ricordo neanche un volto, un accenno. Non mi lasciarono niente ed io molto probabilmente non lasciai nulla a loro. Non provavo emozioni, erano qualcosa di astratto per me. La parola stessa, emozione, era qualcosa di ignoto, di irriconoscibile e non traducibile nella mia mente.
    Capii di essere arrivato a destinazione trovandomi in un molo ove vi era ormeggiata un'imbarcazione. Alle spalle si poteva notare un casolare di colore bianco. Notai subito due individui situati nei pressi della barca. Erano i miei compagni presumibilmente.
    Compagni. Solo a pensarci facevo fatica ad assimilarne il concetto. Non avevo mai avuto dei compagni. Non avevo paura però di affrontare la situazione. Non ne ero nemmeno contento a dir la verità. Indifferente era la parola che più si avvicina al mio stato d'animo in quei momenti.
    Mi avvicinai ai due. Uno era biondo, alto. L'altro basso, capelli corvini e pelle bronzea. Il più alto dei due quando mi vide cominciò a borbottare qualcosa sul fatto che lui fosse il sensei. Un certo Takuma, genin di Kiri. Non lo ascoltai molto a dire il vero, mi bastava sapere che era lui il caposquadra. M'interessavano le informazioni relative alla missione. Il resto era merda.
    Non fiatai, dal mio volto traspariva apatia più totale. Avrebbe capito lo stesso chi ero dei tre studenti, andando per esclusione. Ero un tipo strano. Ero io, Kei Hajime. Ed ero solo.


     
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  4. Gatto Samurai
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    Iori Yamanaka

    Una giornata come tante altre, una di quelle in cui nessuno riesce a sopportare la ridicola routine quotidiana era stata appena sconvolta dall'arrivo d'una semplice lettera.
    Era indirizzata a me e, non appena l'ebbi in mano, seppi di che cosa si trattava.
    Non che fosse un esercizio difficile indovinarne il contenuto : c'era solo una lettera che aspettavo da quando ero tornato a casa da quella disastrosa avventura durata anni al seguito di Ginsuke, una lettera dall'accademia.
    Purtroppo però non i miei genitori non furono altrettanto contenti che l'avessi ricevuta così presto, d'altro canto ero tornato a Konoha da quanto? Poco più d'un mese forse, era comprensibile che dopo aver passato così poco tempo nella felicità del ritorno del figlio che avevano creduto morto erano ancora restii a lasciarlo andare in giro a compiere missioni come un ninja.
    Comprensibile, certo, ma questo non significava che avrei dato retta alle loro parole.
    Purtroppo il periodo di tempo passato con l'uomo in bianco mi aveva formato in modo leggermente diverso da quello che i miei avrebbero voluto per me, avevo sostituito la loro figura con quella di Ginsuke e, per quanto comprendessi che loro mi volevano bene e che facevano di tutto per istruirmi secondo i loro ideali di mondo io non riuscivo che a pensare una cosa: "Sono debole."
    La debolezza era una cosa che non aveva spazio nel mio essere se volevo sopravvivere anche solo tra le mura pacifiche del mio villaggio, figuriamoci nel mondo. Per questo mi ero iscritto all'accademia ninja, per questo rincorrevo la forza.
    Il mio iniziale fervore, dimostrato semplicemente arricciando le labbra in un sorriso appena accentuato, fu però troncato completamente dal contenuto della lettera.
    Dovevo viaggiare.
    Ebbi un tremito alla sola idea di fare parte nuovamente d'una carovana, i ricordi della mia infanzia iniziarono a turbinarmi in una danza furiosa come un uragano all'interno della mia mente mentre alcune delle cicatrici che mi ero procurato durante gli anni presero a fare male.
    Passò qualche minuto prima che riuscissi a riprendere il controllo di me stesso.
    Mi ritrovai inginocchiato a terra con la fronte imperlata di sudore, ansante, mentre mi rendevo conto che per fortuna non avevo emesso un singolo gemito durante la crisi di panico. L'unico lato positivo: se i miei genitori m'avessero visto reagire a quel modo non mi avrebbero permesso per nessun motivo al mondo di lasciare casa.
    Colpì il pavimento con un pugno mentre imprecavo a fior di labbra, maledicendomi per quella debolezza, non era decisamente quello il modo corretto d'iniziare quella che sarebbe stata, ottimisticamente, la carriera d'un grande ninja.
    Sorvolo su quando informai i miei genitori della mia imminente partenza, dovevo essere la entro tre giorni, per passare direttamente al viaggio. Anche in per quell'occasione c'é fondamentalmente poco di cui parlare, la nostra famiglia non aveva alcun problema di denaro : arrivare fino ai confini meridionali della terra del fuoco con un convoglio mercantile e da lì la navigazione fino ai confini settentrionali dell'isola nostro ( mia e dei miei compagni che ancora non avevo conosciuto ) punto d'incontro fu tranquilla anche se, viaggiando nuovamente su un peschereccio non si può dire che mi sia poi goduto il viaggio.
    Sì, ho detto che non abbiamo problemi finanziari, ma da li a dire che possiamo permetterci i migliori mezzi di trasporto di questo mondo ce ne va parecchio. Dal mio canto di vista avrei preferito andare a piedi almeno fino al porto a sud del paese del fuoco ma, per dare almeno un minimo di sicurezza ai miei, decisi di assecondare i loro desideri.
    Una volta arrivati a Nagi non fu per nulla difficile trovare il luogo indicato sulla mappa, bastò chiedere a qualche abitante della zona la direzione da prendere per raggiungere il casolare mezzo diroccato in cui avrei incontrato i miei compagni che, guarda tu che sorpresa, erano già arrivati.
    "Sono arrivato per ultimo, iniziamo bene."
    Quando mi fui avvicinato quello che doveva essere il sensei mi fece delle domande mentre armeggiava con delle corde su d'un altra barca. L'idea di passare altro tempo in barca non mi parve per nulla fantastica.
    «Sono Iori Yamanaka, il viaggio é stato tranquillo e noioso.»
    La voce era strana come sempre, tipica di quella d'una persona di parecchi anni più adulta della mia età.
     
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  5. Akashi
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    Pirati Da Strapazzo



    Il primo Studente giunse sul luogo da me indicato nella missiva e distogliendomi dai preparativi per la partenza lo squadrai da lontano: un ragazzino piuttosto basso, poteva avere non più di tre anni meno di me. Notai subito la sua scura carnagione, i neri capelli e gli occhi dello stesso colore: sapevo di avere nel Team uno studente di Suna, con estrema probabilità doveva essere lui. Fui tuttavia subito smentito dalla sua presentazione: si chiamava Kellik, ed era originario di Oto. Storsi il capo e gli risposi: Kellik, eh? Che nome strano, quasi...esotico. Sei di Oto dunque... Seuguì una breve pausa, poi sorridendo continuai dicendogli: Che cosa strana! A guardarti avrei giurato che fossi originario di Suna, dato che nel Team c'è anche un ragazzo che è originario di li! Ad ogni modo non preoccuparti, come avrai potuto notare, non sei tu quello in ritardo, ahahaha! Dissi alludendo al fatto che era il primo ad essere arrivato.


    Il secondo Studente giunse di li a poco: sebbene fosse più alto di Kellik, l'altro studente giunto sul posto, i lineamenti del suo viso tradivano la sua più tenera età. Dai capelli stranamente verde acqua, più si avvicinava e più mi pareva essere strano: dal suo volto pareva non poter trasparire emozione alcuna. Appena fu sul posto, lo accolsi come avevo fatto con Kellik, ma a differenza sua, non mi rispose. Notai solo in quel frangente una vistosa cicatrice al capo: non era di quelle cicatrici che ti procuri sul campo di battaglia, la millimetrica precisione con cui era disegnata poteva essere imputata solo all'abilità che solo un dottore può avere operando col suo bisturi. Mi rivolsi ancora al nuovo arrivato: Non mi hai sentito, ragazzino? Avanti, dimmi almeno come ti chiami, non vorrai che ci rivolgiamo a te con un semplice "oh!" su, non essere timido! Sorrisi. Non volevo mettergli paura, non ancora, ma dovevo sapere chi era poiché ne andava dell'incolumità del gruppo. Non mi pare che fosse previsto l'arrivo di ninja muti, o l'Accademia mi avrebbe avvisato di questa eventualità! Qualora ancora non avesse risposto lo avrei ignorato: era già previsto un piccolo test per lui, ma ancora non era il momento.


    Il terzo shinobi non tardò ad arrivare: un ragazzino dallo sguardo spavaldo e capelli diretti in ogni dove. Mi chiesi come faceva a sopportarli, poi quando fu in prossimità della Umibouzu lo accolsi come avevo fatto con gli altri due giunti prima di lui. Era Iori Yamanaka, e stando a quanto ricordavo dagli indirizzi a cui avevo spedito le lettere di convocazione, doveva essere il ragazzino di Konoha. Non potrò mai scordare l'espressione di noia dipinta sul suo volto, ne potrò mai dimenticare che subito pensai "chissà se più tardi sarà ancora annoiato". Già, perché ce ne sarebbero state delle belle, anche se ancora non lo sapevano.


    Se il primo ad essere arrivato era Kellik di Oto, e l'ultimo arrivato era Iori di Konoha, il simpaticone che non si era presentato doveva necessariamente essere Kei Hajime di Suna. Se e solo se ancora non avesse provveduto a presentarsi, avrei tentato di scoprire se in effetti si trattava della persona che doveva trovarsi in quel posto con un semplice test. Di fatti, dopo la presentazione di Iori avrei detto: Molto bene, molto bene...dunque! Se tu sei Kellik, e tu sei Iori, tu, caro ragazzo, non puoi che essere Itai Nara, non è forse così? Ero in attesa di una sola risposta: "Si". Quella risposta mi avrebbe fatto scattare in avanti come una molla, tentando di affondare la punta della mia wakizashi nel suo polmone sinistro [Slot Azione]Wakizashi+Rivestimento Scarlatto [AdCC]
    La Wakizashi e' una spada corta che veniva portata dai samurai insieme alla Katana. Veniva chiamato anche spada d'appoggio, a una mano. Essendo più corta rispetto alla Katana, circa 60cm, era più adatta per battersi negli interni. Wakizashi e' più maneggevole rispetto alla Katana.
    Tipo: Lama - Taglio
    Dimensione: Media
    Quantità: 1
    (Potenza: 20 | Durezza: 3 | Crediti: 60 )

    Forza: 400 Velocità: 400
    : non sarebbe stato un colpo letale, ma abbastanza debilitante da indurre chiunque a non fare mosse azzardate. Furioso avrei risposto: Si da il caso che Itai Nara, di Kiri, sia il mio Sensei. E si da il caso che il mio Sensei non si sarebbe fatto trafiggere da un attacco così lento. Vuota il sacco, dimmi chi sei e cosa vuoi da noi, o il prossimo affondo sarà dritto al cuore!. Se invece la mia domanda non avesse avuto risposta, sguainando la wakizashi non avrei fatto altro che avvicinarmi al ragazzino dicendo con tono grave e sguardo sbarrato: Vedo che non vuoi parlare. Vediamo se così cambia qualcosa: Se non mi rispondi, te la ficco nel costato. Sei Itai Nara, oppure no?


    Indipendentemente da come la sgradevole scenetta fosse andata a concludersi, poco dopo avrei cominciato a spiegare l'obbiettivo della missione ai componenti del Team: Scusate lo spiacevole siparietto esordii Ma non potevo sapere se il nostro amico era chi effettivamente doveva essere o meno: ne andava della vostra incolumità ed in quanto ad essa, sono io ad essere vostro responsabile perché la parola Caposquadra, ancor prima che "Persona deputata a dar ordini e prendere decisioni" vuol dire "Colui che del Gruppo è Responsabile". Tenetelo sempre bene a mente in futuro, quando voi sarete voi il Caposquadra. Ad ogni modo, avrete notato che sono un tipo abbastanza ciancioso, ma adesso basta: passiamo ai dettagli seri, quelli che vi interessano per la missione. Da dove potrei cominciare? Uhm...be' innanzitutto, la nostra è una missione di infiltrazione: dobbiamo avvicinare una Nave piena di Piratucoli da quattro soldi, arrivare al timone e osservare, decifrare e soprattutto memorizzare le carte nautiche: non vogliamo lasciarci una scia di morti alle spalle, vogliamo sapere dove questi manigoldi rincasano. Esattamente, avete capito bene: dobbiamo scoprire dove rincasano per poter recuperare ciò che hanno rubato. Solitamente, con cadenza settimanale la banda saccheggia un villaggio che sorge qui vicino, e si ritira passando vicino questo casolare. Non saranno abbastanza vicini alla costa per vederci, ma la loro nave è abbastanza grande da permettere a noi di vedere loro: non appena li avvistiamo gli andremo incontro, avvicinandoli da dietro e salendo sulla barca. Quindi tenetevi pronti e salite sulla Umibouzu: è una barca speciale, quindi trattatela bene. Attesi che tutti furono seduti sul ponte, poi ripresi a parlare: Approfittiamo di questo lasso di tempo di cui disponiamo per conoscerci meglio: da ora sino alla fine della missione, noi saremo una Squadra. So che potrà sembrarvi assurdo quello che vi dirò, ricordo benissimo che quando lo dissero a me stentavo a crederci ma l'esperienza sul campo mi ha dimostrato che sbagliavo a farlo: l'efficienza di una squadra non si valuta prendendo in considerazione le abilità che i singoli componenti vantano, ma stimando il grado di collaborazione ed integrazione che i suoi membri hanno. Quindi non mi importa che voi pensiate "oh be', c'è il caposquadra e lui ci salva il culo", no , non lo voglio affatto perché, ve lo dico chiaramente, ci sono certe situazioni in cui io potrei essere salvato da voi. Ora non entro nel dettaglio, e spero che situazioni del genere non capitino mai: quel che mi interessa che cogliate è che senza collaborazione reciproca non andremo avanti. Invito quindi ognuno di voi ad esporre il proprio ambito di combattimento in modo da poter studiare efficienti disposizioni sul campo. Inizierò io, si io, perché prima di Caposquadra, sono un membro della squadra. Io sono un combattente sulla media distanza grazie alle mie Suiton offensive, ma sono altrettanto bravo nel serrato corpo a corpo: sono uno spadaccino, come la tradizione Kiriana vuole, dopotutto! Ahahahaha....ora è il vostro turno, avanti! Attesi la risposta di ognuno, ascoltando con attenzione.

     
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  6. Kei Hajime
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    A l o n e




    Arriva per tutti un momento nella vita in cui ti interroghi su quello che realmente vuoi, su quello che realmente vuoi essere. Essere un granello di sabbia nel deserto oppure una diamante in una miniera di carbone. Vivere una vita quieta ma priva di significato, oppure una foriera di avvenimenti che cambiano il corso della storia. Lasciare un tuo ricordo insomma. Elevarti dalla massa. In quel momento però mi sentivo parte integrante della massa. Non solo. Era come se qualcosa dentro di me mi impedisse di essere diverso. Mi sentivo uguale. Non so dire uguale a cosa ma sapevo di essere omologo a qualcun altro. Era una sensazione che non riuscivo a scrollarmi di dosso. E non mi piaceva. La memoria persa, la cicatrici che portavo sul corpo. Erano tutte cose che potevo sopportare. L'essere omologato a qualcosa o qualcuno però, quello no. Non potevo accettarlo. Quella condizione non riuscivo ad indossarla. E l'avrei cambiata. In un modo o nell'altro l'avrei cambiata.

    Il caposquadra, Takuma, cercò inutilmente di sfilarmi delle parole di bocca. Lo fece col sorriso. Era evidente che non voleva mostrare ostilità, non ancora almeno. Il mio silenzio però lo convinse a lasciar perdere o quantomeno a rimandare il problema.
    Presto arrivò anche il terzo ed ultimo studente. Un bambino o poco più, dal fisico tonico, i capelli sparati e uno sguardo piuttosto maturo per gli anni che portava. Si presentò come Iori Yamanaka. La sua voce tradiva la sua età apparente. Profonda e ricolma di consapevolezza. Non gli diedi molta importanza. Il caposquadra comunque focalizzò di nuovo la sua attenzione su di me. Aspettava un mio cenno di vita che però non arrivò. Andando per esclusione quindi si rivolse a me riferendosi ad un certo Itai Nara. Non me l'aspettavo a dire il vero ma sembrava scontato. Il caposquadra aveva elaborato una misera strategia per accertarsi che io non fossi un infiltrato. Tacqui ancora aumentando molto probabilmente il grado di ostilità che cominciavo a sentire crescere in Takuma. I capelli biondi si mossero lievemente nel momento in cui sguainò la sua wakizashi procedendo verso di me. L'espressione era cambiata, il tono di voce pure. Il caposquadra stava mostrando un lato di sé tutt'altro che amichevole.


    Vedo che non vuoi parlare. Vediamo se così cambia qualcosa: Se non mi rispondi, te la ficco nel costato. Sei Itai Nara, oppure no?

    Non mossi un solo muscolo del corpo, rimasi immobile. Non avevo paura. Non potevo averne d'altronde. La gamma di emozioni umane mi era assai difficile da comprendere. Eppure sapevo che in quel momento avrei dovuto averne. Dopotutto io non ero nessuno e lui era il sensei, il maestro, colui che avrebbe guidato la missione. Una sensazione strana, quasi di inferiorità attraversò il mio corpo. Mossi gli occhi, guardai prima la lama, poi mi soffermai nuovamente su quelli di Takuma. La mia voce era piatta, quasi meccanica.

    Kei Hajime

    Punto. Bastava. Era il mio nome, non mi aveva chiesto altro. Non importava nient'altro. Nemmeno che se, per pura ipotesi, avessi voluto infiltrarmi di certo non avrei attirato su di me tutta quell'attenzione non rispondendo ad una semplice domanda. L'importante comunque è che il siparietto terminò senza conseguenze. O almeno in parte. Di certo non mi ero guadagnato la stima dei miei compagni instaurando da subito una barriera piuttosto spessa, scalfita a malapena dal caposquadra. Ma era solo l'inizio.
    Takuma cominciò quindi un discorso piuttosto articolato. Ascoltavo con attenzione filtrando tutte le notizie utili ed eliminando quelle superflue. Bypassai tutte le chiacchere sul team, il lavoro di gruppo e l'essere caposquadra per concentrarmi sui dettagli della missione. Si trattava d'infiltrazione. Dovevamo ottenere delle informazioni decifrando le carte nautiche di una nave pirata per scoprire dove veniva nascosto il bottino dei vari saccheggi. Un lavoro pulito, senza spargimenti di sangue o similari. Avremmo raggiunto la loro nave a bordo della piccola imbarcazione su cui lo stesso Takuma stava armeggiando prima del mio arrivo sul posto. La Umibouzu. Continuò il discorso rimarcando il concetto di squadra e l'importanza del lavoro di gruppo. Erano passati una manciata di minuti da quando ero arrivato e già sentivo che sarebbe stata dura. Lavorare di squadra. Non sapevo neanche da dove cominciare. Guardai gli altri due studenti. Non ero per niente contento. Nessuno mi ispirava fiducia. Ma d'altronde immagino che io ne ispiravo ancor meno a loro.
    Il caposquadra concluse esplicando quali erano le sue principali peculiarità sul campo di battaglia. Era necessario, a suo avviso, un briefing sulle nostre abilità in modo da poter meglio organizzare la missione. La cosa non mi andava a genio, anzi. Condividere con tre perfetti estranei le mie conoscenze era qualcosa che mi metteva in qualche modo a disagio. Fu difficile in effetti ma non avevo scelta. Volevo evitare un'altra scenata come quella precedente e quindi decisi addirittura di parlare per primo.

    Taijutsu, corpo a corpo. E qualche illusione.

    Fui sintetico, schematico. Non mi piaceva parlare. Ma forse questo lo avevano già capito.

     
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  7. Kellik
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    Il secondo arrivato era a dir poco strano, aveva i capelli verde acqua e una cicatrice sulla testa, era più alto di me. Era silenzioso, sembrava essere muto, diventare suo amico sembrava essere un'ardua impresa, sembrando impassibile, così pensai subito che se fossi diventato suo amico non avrei avuto problemi a diventare amico di altri.
    Il terzo era molto più normale, era più basso di me, sembrava avere circa dieci anni, esile, ma muscoloso, serava essere simpatico, diventare suo amico sembrava essere relativamente facile, relativamente perché io non sono molto bravo a farlo.

    Il maestro fece una scenata, sebbene giustificata dal fatto che il secondo arrivato non si era presentato.
    Alla fine il ragazzo disse solo: Kei Hajime, forse il suo nome, o forse qualcosa altro, comunque rivelava di non essere muto, questo avrebbe semplificato, sebbene non di molto, le cose.

    Dopo di tutto questo il maestro spiegò un po' di cose e chiese in cosa fossimo esperti.
    Eravamo sulla barca, non mi sentivo molto bene, ma riuscii a non farlo vedere, solo un occhio esperto o molto attento se ne sarebbe accorto.
    Kei, se quello era il suo nome, disse di essere bravo nel coropo a corpo, senza tono.
    Decisi di rispondere io per secondo, dicendo: Io sono specializzato nella corta e media distanza, e anche nel... nel prendere le cose in prestito senza permesso nell'ultima parte si poteva notare un po' di imbarazzo, sebbene cercassi di nasconderlo.

    Dopo che ebbero risposto tutti mi sarei rivolto al ragazzo strano dicendo: Scusa la domanda. Come mai non parli? Sperando di non essere troppo invadente. Nel caso avesse dato segni di essersi offeso mi sarei scusato subito.

    Appena ci fossimo staccati da terra mi sarei sentito male, e tutti se ne sarebbero accorti, visto che avrei rigurgitato fuori della barca, sperando di non sporcare la barca, che se era del Maestro come pensavo, si srebbe arrabbiato.
    Avrei detto subito: Scusatemi, non mi era mai successa una cosa del genere, è che questabarca dondola troppo, la barca con cui sono arrivato non dondolava così tanto, scusatemi. sperando di non sentirmi così male sulla nave dei pirati.
     
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  8. Akashi
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    Pirati Da Strapazzo



    Sebbene in un primo momento il ragazzino silenzioso avesse dimostrato di voler continuare a fare il taciturno, la minaccia di finire con una spada nel costato fu sufficiente a farlo cominciare a parlare: non disse molto, ma quel che disse fu sufficiente a scagionarlo. Tornando sereno in viso e mollando la presa sull'elsa della wakizashi mi limitai a dirgli: Risposta giusta, Kei. Non avresti mai potuto essere Itai Nara. Lui è il mio sempai, dire "si" avrebbe posto fine alla tua esistenza prima che tu avessi potuto accorgertene, ma per fortuna non è il nostro caso: puoi stare tranquillo ora. Andiamo avanti...


    Il colloquio con i miei sottoposti proseguì: a turno risposero alla mia domanda, esponendo i loro punti di forza. Il primo a prendere la parola fu, ironia della sorte, il silenzioso Kei: probabilmente temeva di suscitare una reazione simile a quella che poco prima lo aveva costretto a presentarsi, così si limitò a dire che era abile nei taijutsu oltre a padroneggiare qualche illusione. A lui risposi: Molto bene Kei, ma dire "qualche illusione" è un un tantino generico: una volta sono stato vittima di un'illusione che distorceva la mia percezione del tempo... Presi una breve pausa: Isonade ebbe un sussulto dentro me....

    Ahahaha!

    Ahahaha!



    Io e solo io avrei potuto sentire la sua risata roca provenire dalle profondità del cancello oltre il quale l'avevo sigillato qualche tempo fa: lui era stato l'autore dell'illusione che aveva falsato la mia percezione del tempo facendo in modo che un secondo nella realtà corrispondesse ad un'intera giornata nella mia realtà, o meglio, quella che Lui aveva creato per me. Probabilmente il fatto che avessi alluso a lui lo aveva particolarmente divertito...Non potevo però dir nulla ai miei sottoposti, non potevo dir loro che ero un Jinchuuriki: non credo che sapere che da poco un Demone era stato sigillato in me, e che quindi il mio controllo su di lui era al minimo, li avrebbe messi a loro agio per il compimento della missione. Ero una bomba ad orologeria: potevo esplodere, letteralmente, al primo momento di debolezza.


    Ripresi a parlare come se niente fosse successo, proseguendo il discorso rivolto a Kei: ...ma ci sono anche illusioni che a malapena riescono a sfasare uno dei cinque sensi...dicci quindi, che cosa sai far credere agli altri tu? Isonade sussultò ancora in me: si rivolse direttamente a me:

    Parli di me senza presentarmi?

    Parli id me senza presentarmi?




    Lo Ignorai: non dovevo ancora lasciargli spazio, non potevo.


    Non potrai ignorarmi per sempre...

    Non potrai ignorarmi per sempre...




    Aveva ragione, ma in quell'istante non mi importava.


    Poi toccò a Kellik il quale confessò, in maniera piuttosto celata, di essere un ladruncolo oltre che un combattente sulla corta e media distanza. A lui, sorridendo dissi: Vedi, allora, di chiedere il permesso qualora tu abbia bisogno delle nostre cose, caro Kellik! Ahahah! Sai, a Kiri non andiamo d'accordo con quelli che non chiedono il permesso, ricordatelo bene ahahahah!


    Tra una battuta e l'altra, poi, giunse il momento di agire: nel vento, da lontano, chiunque avrebbe potuto veder campeggiare sulla nave che apparve all'orizzonte la bandiera nera col teschio. Il Jolly Roger, tipico fregio che i Pirati erano soliti esibire per annunciare il loro arrivo. Sarcastico dissi ai ragazzi: Tsk, pirati! Se solo fossero un tantino più furbi di quello che dimostrano di essere, capirebbero che esponendo quella bandiera attirano tutte le attenzioni su si loro! Bene ragazzi, è giunto il momento di entrare in azione: si parte. Per ovvie ragioni, non possiamo avvicinarci alla loro nave con la mia: ci avvisterebbero da lontani e saremmo scoperti. Di conseguenza faremo così: li seguiremo da lontano, sino a quando non getteranno le ancore. Quando lo faranno, ci tufferemo e proseguiremo a nuoto, arrampicandoci sulla loro nave per agire indisturbati. Tutto chiaro? Bene. Avete domande? Se si, fatele ora, a patto che non dobbiate chiedermi se è proprio necessario tuffarsi perché si, lo è. Forza!


    Spiegai la vela della Umibozu, partendo al seguito dell'imbarcazione pirata. Questa non era poi molto più grande della Umibozu, dopotutto: poteva essere lunga una quarantina di metri, ed era evidente che al suo interno non potevano starci più di 10 persone, rematori compresi. Quando fummo in viaggio, diedi altre spiegazioni al Team: Ho ancora qualche spiegazione da darvi. Sotto coperta troverete dei respiratori: prendeteli e teneteli accanto a voi, saranno essenziali per non essere scoperti dato che con loro eviteremo di tornare in superficie. Inoltre, fate andare avanti me e muovetevi solo al mio comando: devo piazzare degli esplosivi sullo scafo della nave prima di salirci sopra. Saranno il nostro diversivo qualora le cose dovessero andare storte. Non preoccupatevi, non sono forti abbastanza da uccidere un uomo, ma frantumano bene il legno: piazzandole nei posti giusti si può far colare a picco quella nave in...non so, 15 minuti. Se dovesse presentarsi la necessità di usare gli esplosivi, smettete di fare qualunque cosa voi stiate facendo e buttatevi in mare quanto prima: ce ne andremo via con la mia barca... Probabilmente facendo qualche riflessione i membri del team avrebbero potuto comprendere che fuggire con la Umibozu era tecnicamente impossibile se la stessa doveva essere abbandonata tanto lontano da non dover essere avvistata dai pirati: quello che i ragazzi non sapevano, però, era che la Umibozu non era una barca come tutte le altre...



    Edited by Akashi - 8/5/2012, 09:17
     
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  9. Kei Hajime
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    A l o n e




    No, stare in un gruppo non faceva proprio per me. Non ne avevo le capacità, ero un solitario, ma, per uscire sano e salvo dalla missione che mi era stata assegnata, avrei dovuto sopprimere la mia natura. E, di certo, non era scontato che, di quel passo, il pericolo sarebbe arrivato soltanto dai nostri obbiettivi: dei pirati. Un buon candidato, per esempio, era il mio caposquadra. A suo carico c'era contro di me già una velata minaccia di morte ed ora insisteva nel voler farmi rivelare quali fossero le illusioni che padroneggiavo meglio. Si potrebbe pensare che non pendessi dalle sue labbra dopo tutto questo, ma, all'epoca, tutta la mia sfera emotiva sembrava racchiusa in un'altra sfera che non le consentiva di esprimersi. In altre parole non provavo niente e, quindi, non provavo antipatia nemmeno per il ragazzo che avevo di fronte. Non avevo emozioni, ma spirito d'osservazione non mi mancava. Avevo notato che le persone possedevano una specie di facoltà che le portava di quando in quando ad immedesimarsi nelle situazioni altrui, oppure nel vedere sotto un particolare occhio ogni conoscente e quindi a comportarsi con ognuno di loro in modo differente a seconda della maniera in cui esse apparivano al loro sguardo. Avevo notato, cioè, che, più semplicemente, avevano sentimenti, emozioni. Qualcosa di completamente estraneo per me. Io guardavo al loro agire come un essere venuto da un altro mondo senza riconoscermi in ciò che facevano. Tuttavia sapevo che ricopiare passivamente i loro gesti mi avrebbe aiutato a farmi superare le difficoltà che stavo trovando durante la mia prima esperienza in un gruppo. Fu così che, guardando Takuma dritto negli occhi e cercando tutta la forza che avevo in corpo per sembrare il più possibile realistico, allargai le labbra e le guance a guisa di un sorriso, cosa che però assunse le forme di una smorfia raccapricciante che poco aveva a che fare col concetto di sorridere.

    Immagini residue di me stesso. Sensazioni immaginarie per distrarre l'avversario.

    Per quel che ricordavo non ero mai stato a contatto con così tante persone prima di allora e da quando avevo messo piede a Suna era passato ancora troppo poco tempo perché imparassi ad imitare gli altri decentemente. Ritornando ad assumere la medesima espressione inespressiva di alcuni istanti prima, ricaddi nel silenzio. Poi parlò uno degli altri due componenti del team, Kellik, ricevendo una specie d'ammonizione da Takuma. Dopodichè, lo stesso Kellik, si rivolse a me, chiedendomi il motivo del mio protratto silenzio. Avrei voluto rispondergli con il sorriso precedente, ma avevo intuito di non essere riuscito ad infondere nel mio gesto molta credibilità, perciò con il mio tipico volto incolore mi limitai a dire:

    Non lo so.

    [...]



    Eravamo sulla barca del caposquadra già da un pò di tempo, quando all'orizzonte apparve la vela nera che contraddistingueva le navi pirata. Takuma non perse tempo ed iniziò a spiegare quello che avremmo dovuto fare di lì a breve. Il piano era semplice: seguirli con la nostra piccola imbarcazione sino a quando si fossero fermati, dopodiché tuffarsi e raggiungere la loro nave a nuoto. Avremmo trovato dei respiratori sotto coperta per permetterci di respirare sott'acqua. Inoltre, prima di salire sulla loro imbarcazione Takuma avrebbe piazzato degli esplosivi come diversivo che ci permettesse di scappare qualora qualcosa fosse andato storto. Tutto chiaro. Presi il respiratore e mi preparai a tuffarmi quando il caposquadra me lo avesse indicato. Mi sorse solo un piccolo dubbio che prontamente chiesi a Takuma di risolvere.

    Ed una volta a bordo come ci muoviamo per arrivare al timone?

    Dal non parlare per niente, improvvisamente mi sembrava di essere diventato un gran chiacchierone.
     
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  10. Kellik
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    Kei fece una smorfia strana, che non capivo cosa significasse, quel ragazzo era molto strano, ma dava l'impressione di saper agire.
    Il Maestro disse che dovevo chiedere il permesso per prendere le cose della squadra, ma questo lo sapevo, non ci tenevo a morire, non ancora.
    Poi ci spiegò tutto, Kei fece una domanda. Aveva iniziato a parlare, comparato con prima mi sembrava uno di quelli che non fanno altro che parlare, in teoria questo era positivo, sempre che il suo cominciare a parlare non comprometesse la missione.
    Io alzai la mano e dissi: Scusi, io non so nuotare, non ho mai imparto, cosa devo fare? Me lo può insegnare velocemente? diventai rosso, mi vergognavo, stavo rischiando di far saltare la missione, ma non avevo mai neanche provato a nuotare, quindi proprio non lo sapevo fare. Continuai, lasciando qualche secondo dalla prima domanda Un'altra cosa, cos'è un respiratoree? E' uno di quei cosi che ho visto che qualcuno ha sulla bocca vero? come funziona? da questo si capiva che ero ignorante del tutto, se non di più, avrei dovuto fare un piccolo viaggetto in barca, e già non mi sentivo molto bene, avrei dovuto raggiungere la nave a nuoto, e si poteva dire che non sapevo neanche dove fosse l'acqua, non sapevo cosa fare, mi sentivo impotente, così decisi: avrei dovuto imparare, non solo a nuotare, ma a muovermi nella maggior parte degli ambienti, se non in tutti.
    Pensai: "Sono messo molto male, e siamo solo all'inizio."
     
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  11. Akashi
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    Pirati Da Strapazzo



    Non poteva essere vero. Mi rifiutavo di crederci: cosa nella frase "andrò per mare a caccia di pirati" non era stato chiaro al funzionario accedemico che aveva selezionato i miei sottoposti? Kellik non sapeva nuotare, a dire il vero non sapeva nemmeno cosa fosse un respiratore e come si usasse! Roba da impazzire...


    D'altro canto non si poteva ne lasciare il povero Kellik da solo sulla barca, ne tornare indietro per lasciarlo sulla terra ferma: avremmo perso i pirati, e questo non doveva accadere assolutamente. Avremmo semplicemente introdotto delle variazioni al piano iniziale. Con fermezza mi rivolsi al ragazzino dicendogli: Questo è davvero un gran bel problema, Kellik. Tecnicamente, non dovresti nemmeno essere qui: avevo richiesto che mi fossero assegnati degli studenti adatti allo svolgimento di una missione sull'acqua. Presi una piccola pausa, voltandomi a fissare la superficie increspata dell'acqua, poi ripresi a parlare: Ma non preoccuparti, non è un grosso problema, basterà adattare il piano alle nostre risorse...faremo in questo modo: ci assumeremo il rischio di essere scoperti, ma ci avvicineremo il più possibile alla nave con la Umibouzu, dopo di che mi occuperò io di farti salire a bordo, Kellik. Tutto chiaro?


    L'idea di avvicinarmi così tanto non mi andava affatto giù, essenzialmente per un solo motivo oltre quello di mettere a rischio la buona riuscita della missione: temevo fortemente di esporre la Umibouzu alle cannonate. E non perchè se fosse affondata Kellik probabilmente sarebbe morto, ma semplicemente perchè tenevo a quella barca quasi come fosse una persona. Una persona indifesa, della quale devi prenderti cura. Tuttavia, talvolta bisogna agire contro il proprio volere per il conseguimento di un obbiettivo. Era ormai un mantra da quando ero diventato ninja, ero ormai abituato benchè non ne fossi entusiasta.


    Fui rapito dal flusso di coscienza nel quale rividi il momento più importante nel quale solo la Umibozu era al mio fianco: il momento in cui sigillai in me il Sanbi. In quel frangente fu come se la barca fosse diventata parte di me. Fu il suono della voce di Kei, il taciturno, a riallacciarmi alla realtà: mi chiedeva come ci saremmo mossi una volta sulla nave: non era il momento di preoccuparsene, avevo già un piano e non era il momento di spiegarlo, così mi limitai a dir lui di rimando: Non preoccuparti di quello, Kei, una volta a bordo seguite le mie direttive. Sorrisi, ormai coi segni del rasseneramento (o della rassegnazione?) ben visibili sul viso.

    [...]

    Eravamo nella scia della nave pirata già da un bel po' di tempo e da qualche minuto alla nostra sinistra potevamo vedere i profili delle case di una ridente cittadina costiera. Temevo il peggio, e speravo che i pirati non iniziassero le manovre per addentrarsi nella costa per entrare in città, tuttavia ci volle poco prima che potessimo accorgerci che le mie preoccupazioni erano fondate: avviate subito le manovre, i pirati rallentarono di colpo per poi dirigere la prua della nave dritta verso la cittadina. Era il peggio, si doveva intervenire al più presto: Cambio di programma ragazzi, si entra in scena prima del tempo e con uno scopo diverso: dobbiamo fermare quei bastardi prima che si diano alle loro scorribande nelle strade di quella cittadella! Prendete i remi che sono sottocoperta, la spinta del vento non basta, cazzo!


    Quel detto che dice che le sorprese non finiscono mai non si sbaglia per niente al mondo: spintici all'inseguimento della nave pirata, vedevamo sempre più sfumare la possibilità di riuscire a fermarli poichè nonostante l'enorme mole della nave pirata, le vele della Umibozu erano comunque troppo piccole. I pirati erano ormai a due passi dalla costa, e li successe qualcosa che avrebbe cambiato la giornata di tutti noi: un unica enorme cannonata deflagrò violentemente partendo da una delle navi ormeggiate lungo la costa colpendo la nave pirata. mandandola in frantumi esplodendo. Al suo posto, quando i fumi si diradarono e noi fummo abbastanza vicini, c'erano solo ciocchi di legno e qualche cadavere. Per tutti i maledetti Kami! Che cosa cazzo è stato?!?! Spingiamoci sulla costa ragazzi, dobbiamo vedere chi ha combinato questo macello!


    Probabilmente quella fu la mossa più sbagliata della giornata.


    Raggiungendo la costa, ormeggiando ben lontani dalla nave dalla quale era partita la cannonata. Quel colpo era un prodigio della balistica, ancora stentavo a credere di come una cannonata avesse mandato una nave in frantumi. Poco più lontano da noi si era formata ua calca di gente, e così ci dirigemmo li, con la speranza di sentire qualcosa di più. Udimmo la voce di una donna, stava parlando già da un po' di tempo: ...e quindi, alla luce di quello che abbiamo fatto per voi, ci auspichiamo che la nostra presenza nei vostri porti sia sempre gradita, non è vero sorella? A parlare era una donna dai capelli neri ed un lungo naso, a tratti troppo lungo. Prese la parola dopo di lei una donna dai capelli a caschetto e le lentiggini: Certo! E vorrei dirvi un'altra cosa: sapete bene che abbiamo sgominato quei pirati solo per incassare la taglia, ma essendo loro, ehm, come dire....morti, non sappiamo come dimostrare che lo abbiamo fatto: testimonierete per noi.


    Non c'era più molto da fare: dei cacciatori di taglie avevano fatto fuori i pirati che avremmo dovuto seguire lasciandoci a mani vuote. Le loro carte nautiche erano andate perdute e così il ritrovamento del loro covo avrebbe potuto essere possibile solo grazie ad eventi fortuiti. Mi rivolsi sconsolato ai ragazzi: Ragazzi, mi dispiace ma credo che ormai la missione si possa ritenere fallita... Poi mi voltai di nuovo verso le donne. Erano tre in totale, ed una non aveva ancora preso la parola, standosene in disparte alle spalle delle altre due. Era la più alta di tutte e vestiva con uno strano cappello. Quando mi voltai, il suo sguardo era fisso verso di me. Sembrava quasi che avesse di fronte una bella ciotola di Ramen, e che fosse affamata. E la fame di una Cacciatrice di Taglie è parecchio brutta. Senza togliere lo sguardo da me disse alle altre: Ragazze, credo che il nostro lavoro qui non sia ancora terminato. Il suo coprifronte ha riflesso la luce del sole dritta dritta nei miei occhi, portandomi da lui. La donna prese ad indicarmi e proprio in quel momento la folla attorno a noi si allontanò disponendosi a cerchio attorno a noi: io ed i ragazzi eravamo ormai al centro dell'attenzione, gli occhi di tutti erano puntati su di noi e tra questi occhi vi erano quelli delle tre caccatrici. Ninja! Pare proprio che oggi sia la nostra giornata fortunata! A quanto sono quotati? La donna con le lentiggini prese la parola: 1000-2000 Ryo, se di basso grado e vivi. Un po meno se morti. Questi mi sembrano scarsini. Intervenne anche la donna dal naso lungo: Per la miseria, da soli valgono più di tutti i pirati messi insieme!


    Eravamo fottuti. Ma non perchè stavamo per combattere con tre cacciatrici di taglie pronte ad "incassarci", ma perchè eravamo in un luogo così dannatamente affollato. Io ero una bomba, una mina vagante: il sigillo che legava il Sanbi a me era ancora molto fresco. Forti emozioni, crolli emotivi, instabilità fisiche finivano per lasciare un piccolo spiraglio di luce al Demone, il quale a sua volta non si lasciava scappare l'opportunità per approfittarsene. Ma cosa potevo fare? Dire alle cacciatrici "Ragazze, no, ho un Demone in me quindi spostiamoci per combattere in un posto in cui ci siano persone che rischiano la vita"? Non eravamo mica in un cartone animato per bambini! Dovevamo sperare che io non avessi una crisi li. Dovevamo evitare il combattimento. Dissi: Credo ci sia un errore...aspettate, ragioniamoci su...possiamo trovare un accordo! Le donne parevano non essere intenzionate ad ascoltare, tanto che estrassero ognuna una balestra e ce la puntarono. Quella che aveva visto il riverbero del mio coprifronte intimò: Arrendetevi subito e nessuno di voi si farà male. Io iniziavo a spazientirmi, sentivo Isonade ridere dal profondo della sua buia prigione. Tentai un ultimo approccio dicendo: Ragazze, sul serio, non credo vogliate vedermi arrabb...Fui interrotto dalla donna col naso lungo, che disse: Zitto! Arrenditi o muori!


    Lo scontro era quindi inevitabile. Ma dovevamo vincere noi. Bisbigliai ai ragazzi nascondendo la bocca dentro il collo del mio giubbino dicendo loro: Ragazzi...dobbiamo combattere e vincere noi. Per farlo dobbiamo attaccare noi per primi. Tra qualche istante getterò un fumogeno a terra, nella speranza di allontanare la gente e spiazzare le donne. Quando questo accade scegliete un nemico e putatelo. Picchiate forte perchè loro faranno lo stesso con voi. Un ultima cosa. Se mi vedete strano, ad esempio improvvisamente furioso...se doveste vedere un leggero strato di chakra attorno al mio corpo...allontanatevi perchè potrei farvi del male, intesi? Bene, al mio tre. Uno, due e...TRE!


    Il fumo pervase la zona, mettendo subito in fuga i civili presenti. Che sarebbe successo? Come i ragazzini avrebbero reagito? Avevo giocato una carta vincente puntando sull'effetto sorpresa, oppure li avevo condannati ad una rovinosa fine?

     
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  12. Kei Hajime
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    A l o n e




    Fantastico. Kellik non sapeva nuotare. Il sensei però, seppur all'inizio sorpreso dalla notizia, si limitò ad abbozzare una strategia per sopperire a questa mancanza. La missione stentava a cominciare. Troppi preamboli. Da parte mia rimasi immobile attendendo le indicazioni di Takuma. I miei dubbi sull'agire quando ci saremmo trovati sulla nave non erano stati risolti, bensì rimandati a quando ci saremmo trovati sulla nave. Non ero esperto, anzi. Ma non ci voleva un genio per capire che sarebbe stato alquanto difficile coordinare le nostre azioni da zero una volta sulla nave. Non importava. Me la sarei cavata lo stesso con o senza indicazioni.
    Stavamo seguendo a debita distanza la nave pirata quando la stessa virò in prossimità di una cittadina portuale. Avrebbero saccheggiato quel lido. Il sensei confermò questa ipotesi aggiungendo che avremmo dovuto cominciare prima del previsto. Dovevamo impedire che i pirati attraccassero al porto. Era impossibile però, nonostante la nostra spinta coi remi, la vela spiegata, la piccola imbarcazione non teneva il passo. Non ce l'avremmo mai fatta. Poi però successe qualcosa. Il sensei era visibilmente sorpreso. La mia espressione era la stessa di sempre, vuota. Non c'era meraviglia nel mio volto. Non riuscivo a stupirmi di nulla.
    Un colpo di cannone partito da chissà quale nave ormeggiata, aveva distrutto la nave pirata. La nostra missione era praticamente fallita. Non avremmo più potuto recuperare le carte nautiche dei pirati. Takuma ci fece attraccare al porto. Voleva sapere chi o cosa aveva distrutto quella nave. Ci avvicinammo ad una folla che stava ascoltando le parole di una donna. In tutte le donne erano tre. Cacciatrici di taglie. Parlavano di una ricompensa. Poi successe qualcos'altro. Quel giorno fu davvero estenuante. Una delle tre riconobbe nel sensei il coprifronte. Scoprii quel giorno che tutti gli shinobi hanno una taglia, in base al grado e alla loro esperienza. Scoperta alquanto infelice perchè stava a significare una sola cosa. Avremmo dovuto combattere. La folla attorno a noi si dileguava lasciandoci di fronte a quelle tre donne che ci osservavano pregustando la lauta ricompensa che avrebbero incassato sulle nostre teste. Ma anche no. Non era proprio il momento di morire. Ero nato, o meglio rinato da poco. Non avevo la benché minima intenzione di perire per mano di luride cacciatrici di taglie. Quando Takuma capì che lo scontro era inevitabile ci bisbigliò qualcosa di molto strano. Ci disse chiaramente che avremmo dovuto combattere. Avrebbe lanciato un fumogeno per darci un vantaggio. Poi aggiunse qualcosa che catturò la mia attenzione. Disse che avremmo potuto vederlo “strano” circondato da chakra. E se l'avessimo visto in quelle condizioni ci saremmo dovuti allontanare per la nostra incolumità. Memorizzai il concetto. Avrei avuto modo di approfondire la cosa più tardi, ma prima dovevo necessariamente sbarazzarmi di quelle tre cagne. Il mio volto si focalizzò. La mia inespressività in momenti come questi diventava alquanto lugubre. Comunque sia il fumogeno esplose. Era iniziato.

    Il fumo mi dava un vantaggio non indifferente. Potevo fare qualunque cosa senza essere visto. Avrei dovuto sfruttarlo nel migliore dei modi. Memorizzai la posizione delle tre donne che si trovavano a circa 10 metri da noi. Estrassi velocemente il tekken infilandolo nella mano destra. Era azzardato, ma sicuramente non si sarebbero aspettate un attacco diretto. Scattai in avanti. Sentii il chakra scorrere nelle vene, tra i muscoli, partendo dal tantien fino ad arrivare alle gambe. Scattai [Slot Azione] ricoprendo velocemente la distanza che mi separava dalla donna che aveva parlato per prima, quella più avanti rispetto alle altre. Uscii dalla nuvola di fumo. La mia velocità era aumentata [Velocità 200 => 250] grazie al chakra. Speravo nell'effetto sorpresa. Arrivato a distanza ravvicinata sferrai un pugno [Slot Tecnica] con il braccio destro. Non era un pugno normale. Era molto più forte di quello che ci si poteva aspettare da un ragazzino esile come me. Una tecnica tipica del villaggio della Sabbia. Una delle prime che avevo appreso. Speravo di mandare al tappeto quella donna al primo colpo. Non sapevo se sarebbe bastato però. Ero concentrato. Pronto ad un eventuale controffensiva sperando poi nella copertura dei miei compagni. Comunque sia sarei arretrato di tre metri rimanendo concentrato, gli occhi puntati sul nemico.



    StatisticheStatusNessun Danno
    Forza: 200
    Velocità: 200
    Riflessi: 200
    Resistenza: 200

    Agilità: 200
    Precisione: 200
    Senjutsu: 200
    Concentrazione: 200

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    Non utilizzato


    Spostamento 10 metri


    Spaccamontagne
    Villaggio: Suna
    Posizioni Magiche: Nessuna ( 0 )
    L'utilizzatore sarà in grado di sferrare un pugno dalle potenzialità offensive altamente incrementate: la forza dell'attacco sarà incrementata di 3 tacche; sarà possibile impastare chakra per migliorare esclusivamente la forza. Subire interamente un colpo del genere può causare facilmente fratture. Se utilizzata contro pareti di roccia, è possibile distruggerle facilmente.
    Tipo: Taijutsu
    (Livello: 5 / Consumo: Mediobasso)
    [Slot dimensionali massimi: 5 ogni grado ninja]
    [Da studente in su]


    Movimento 3 metri

     
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  13. Kellik
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    Stavamo seguendo la nave, a causa della mia incapacità di nuotare, mi ripromisi di dover imparare, quando una cannonata la distrusse, cosa... dissi, o meglio, si sentì, il resto, detto con un basso volume di voce, fu coperto dall'urlo del Maestro, una cosa era certa: la missione era evidentemente fallita. Da una parte ero contento, non avrei rischiato la vita, ma dall'altra ero sicuro che, avendo fallito la missione, non sarei passato a Genin, soprattutto perché la colpa era mia.
    Quando ormeggiammo sentimmo delle voci. La cosa si fece preoccupante quando le tre donne che stavano parlando prima parlarono di una taglia sulle nostre teste, pensai: "Cosa ho fatto per avere una taglia, non mi sembra di aver fatto male a nessuno, reati, a aparte qualche cosa di poco conto, non ne ho commessi, non credo di aver privato qualche persona potente di qualcosa di importante. Spero che non si siano accorti delle monete prese in prestito per la traversata".
    Persi gran parte del discorso fatto, ma ascoltaii la strategia.
    Il fumo invase la zona.
    Kei attaccò.
    Grazie al fumo che mi copriva lanciai subito 2 Kunai [Azione 1-2], il primo all'altezza del triagolo carotico, sulla laringe fra le due carotidi, un paio di centimetri sopra allo sterno, spostato leggermente verso la parte sinistra del collo, in modo da ferire anche l'arteria, il secondo un paio di centimetri sotto lo sterno, contro la donna a me più vicina.
    Subito dopo usai una tecnica del mio villaggio, in modo da confondere gli avversari.
    Apparvero 3 copie di me stesso davanti a me, a circa 2m l'una dall'altra e a 2,5m da me [Tecnica I] [Moltiplicazione Sonica - Oto Bunshin]
    Poi aspettai il contrattacco, se ci fosse stato.

    Chakra: 10 Bassi, restanti 8,5 Bassi
    Vitalità: 10 Leggere
    En. Vitale: 30 Leggere

    Eq. Utilizzato:
    - Kunai x2

    Edited by Kellik - 24/5/2012, 14:48
     
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12 replies since 30/3/2012, 13:42   317 views
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