The Dream's Illness

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    La Malattia dei Sogni
    Kirigakure no Kaminari Hime



    VI


    Come se fosse stata una magia potentissima, come se il solo pensiero di Takuma potesse modificare la realtà, la natura attorno a lui cambiò nel profondo. Ciò che era un pavimento nero senz'anima divenne il legno della tolda della Umibozu e tutto attorno, mare, mare e ancora mare, calmo e piatto. Il cielo era un manto blu scuro e le stelle erano ricoperte dalla luce della luna piena, che gettava una bianca luce su tutto il mondo. Persino l'aria cambiò, divenne salmastra e fredda.
    Ma tra tutte le cose, forse, quella più strana di tutte era la ragazza dai capelli biondi che stava nel punto esatto in cui, tempo prima, era emerso il Sanbi. Takuma non l'aveva vista, così come non l'aveva mai vista Ishimaru. Quella giovane donna proveniva dalle più recondite memorie del Sanbi e inconsciamente il Sanbi stesso l'aveva portata lì, in quello spazio. Proprio perché, sapendo dov'era la chiave, non aveva fatto altro che pensare ossessivamente alla stessa. E quel pensiero ossessivo aveva riportato in vita l'immagina di una persona che fu.
    Una graziosa ragazza dai biondi capelli colore del grano, che indossava un kimono. Doveva essere assai giovane e anche allegra dai suoi occhi. E splendeva. Letteralmente.
    La sue pelle, i suoi capelli ed i suoi vestiti emanavano un baluginio delicato, che illuminava seppur di poco la notte.
    Era da tanto che nessuno riusciva a colpire così duramente il Sanbi... davvero molti anni, Takuma disse la ragazza con una voce dolce, quasi celestiale Io sono Kaminari... chiamata anche la Principessa del Fulmine di Kiri, ed ho la chiave. Avanti, scendi da quella barca, parleremo un po'.
    Una volta posati i piedi sull'acqua, Takuma avrebbe notato come nel restare vicino lei la temperatura si alzava nettamente. Oltre luce lei emetteva anche calore.
    Fui anche io Jinchuuriki del Sanbi, tanto, tanto tempo fa. Prima che l'Accademia nascesse, prima della guerra, prima della Nebbia di Sangue raccontò la ragazza Conosco il Sanbi molto bene, sai? Non è sicuramente il più facile dei Bijuu... e se è così, è colpa mia... ogni volta, cerco di aiutare il Jinchuuriki, ma poche volte il mio aiuto viene raccolto, o inteso come tale. Spesso, spessissimo, fallisco miseramente. Ho cercato molte volte di redimere questa colpa e tu... tu mi sembri la persona adatta, sai? Sei qui e nessuno è riuscito ad arrivarci. Ah fece una breve risatina Perdonami l'enigma, Takuma-kun, hai pensato che fosse colpa del Sanbi? Purtroppo, sono costretta ad usare queste vie trasverse per comunicare con i Jinchuuriki. Perché, tra tutti coloro che ancora risiedono dentro di lui, come vittime del suo passato violento, io sono quella che sicuramente odia più di tutti. Ma ho la chiave, perché più di tutti, io sono il Jinchuuriki che più lo conosce. Potrebbe fornirti la chiave, ma non lo farà mai lo sai bene... il Sanbi è troppo rabbioso con il genere umano per pensare di accettare compromessi quindi allungò una mano, in cui teneva un sacchettino. Una specie di amuleto, la realizzazione dei sogni di Takuma.

    kaminari1


    Prendi, è la chiave. Adesso è tua. non appena le dita di Takuma si chiusero attorno al piccolo amuleto questo divenne prima nero, poi si fuse in un grumo d'inchiostro, che si avvolse come un complicato sigillo tutto intorno al suo braccio.
    Sei stato bravo. Sai? Probabilmente quell'altro ragazzo aveva odorato il pericolo ed era lì, pronto ad aiutarti. Ma è stato merito tuo se è potuto intervenire, perché hai cambiato il destino degli avvenimenti. Hai sottratto al Sanbi il controllo sulla dimensione, hai permesso di ricostruire il sigillo. Adesso hai la chiave, Takuma ma soprattutto... la ragazza posò le dita sul viso del Marumasa, e sorrise dolcemente Sei l'unico che può cambiare il Sanbi... Addio, Takuma, o forse arrivederci, chi può dirlo.
    E così Kaminari, la Principessa Fulmine della Nebbia, scomparve, lasciando Takuma in un mondo più buio e più freddo, ma con la chiave attorno al suo braccio destro, che brillava di puro chakra azzurro.
    Wow... bé... sei stato rapido! Adesso va, e chiudi quella maledetta serratura! disse Ishimaru con un sorriso. E Takuma avrebbe scoperto quanto facile sarebbe stato tornare indietro.
    Sarebbe bastato desiderarlo.

    Il Sanbi tirava ancora Takuma verso il basso, ma quando vide quella chiave brillare di chakra attorno al braccio di Takuma spalancò l'unico occhio che aveva, ruggendo la sua frustrazione. Non poteva muoversi, quelle catene sopprimevano i suoi poteri e quindi non poteva nemmeno sperare di riuscirlo a colpire con qualche pericoloso attacco a distanza. Il Sanbi, era bloccato, ma furioso.
    NO! TU NON USERAI QUELLA CHIAVE MALEDETTO MOCCIOSO! NON TE LO PERMETTERO'! e quella furia diede lui la forza per un ultimo disperato attacco, riuscendo a scuotere le catene e iniziare a sputare pericolosi proiettili di acqua, che cercarono di colpire Takuma. Le catene lo tenevano bloccato [Distanza Slot Azione: 3 metri, Distanza dal Cancello: 30 metri], probabilmente avrebbe dovuto lasciarle anche se questo avrebbe voluto dire la liberazione del Sanbi dai suoi vincoli. Ogni proiettile di acqua aveva il diametro di mezzo metro e procedeva ad una folle velocità verso Takuma, ma, se per caso l'avessero preso in pieno, avrebbe notato chiaramente quanto non fossero così potenti [Velocità: Viola, Potenza: 15 - Una sfera cerca di colpirti ogni slot azione], il problema era il loro numero elevato che avrebbe fatto di quegli attacchi una pioggia senza fine. Takuma aveva due scelte allora.
    Liberarsi delle catene e correre all'impazzata per posizionare la chiave.
    Lasciare quelle catene che lo rallentavano e lo tiravano verso il basso, e cercare di sopravvivere al furioso attacco che il Sanbi gli stava portando contro.
    L'attacco della disperazione di chi sa che, probabilmente, sarà sconfitto. E per questo, probabilmente, l'attacco più pericoloso.
    Sicuramente, sarebbe stato l'ultimo. Del Sanbi o di Takuma, stava proprio al Genin della foglia deciderlo.
     
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  2. Akashi Mikawa
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    Bacio d'Addio




    Si svolse tutto in un istante. Attorno a me il buio divenne un'immensa distesa d'acqua, sotto i miei piedi comparvero gli assi della Umibozu, mia compagna di viaggio. Ero nel luogo dove tutto aveva avuto inizio, ero nel luogo dove era avvenuta la mia trasformazione. Dove era avvenuta la mia maturazione, dove avevo preso coscienza dei miei doveri di Ninja.


    Ero nel luogo dove tutto, nel bene o nel male, avrebbe avuto termine.


    Mentre mi voltavo in tutte le direzioni alla ricerca di qualche particolare di sorta, avvertii un lieve prurito al naso: pensare a quell'istante aveva persino portato il Sanbi a riempire l'aria con l'insopportabile salsedine che avvertii anche quel giorno. Tenere il demone così sotto controllo non doveva affatto essere roba da poco, e la cosa mi rese orgoglioso: neanche col più potente dei Genjutsu avrei potuto ricreare fedelmente tutto quello a cui assistetti quel giorno, ed io di genjutsu me ne intendevo davvero molto molto poco.


    Poco dopo quella breve riflessione, scorsi qualcosa non molto lontano da dove mi trovavo io: un lieve barlume celava la presenza della ragazza bionda che all'inizio del mio viaggio avevo amato. Leggiadra, bellissima, mi rivolse la parola complimentandosi per il mio risultato, e presentandosi come Kaminari, la Principessa del Fulmine di Kiri, colei che possedeva la Chiave.


    Non ero perdutamente innamorato ed attratto dalla ragazza come invece lo ero stato prima, ma la sua figura aveva un che di magnetico e, assodato che non correvo alcun pericolo, la assecondai quando mi chiese di scendere dalla barca. Non mi meravigliai affatto di apprendere che anche quello specchio d'acqua marina aveva consistenza solida come quello sul quale avevo camminato sino a quel momento: eloquente particolare che doveva probabilmente ricordarmi che nonostante fosse tutto molto realistico, ci trovavamo ancora nei meandri della mente del Demone.


    Mi resi subito conto di quanto stare accanto alla ragazza era molto piacevole, e non perché questa era di bell'aspetto: avvertii il calore sulla mia pelle nel momento stesso in cui mi avvicinai a lei. Aggrottai il sopracciglio chiedendomi se si trattasse di calore vero e proprio emanato da lei o se si trattava solo della sensazione di calore che si prova quando si è imbarazzati e si diventa paonazzi.


    Apprendere che anche lei, in passato era stata una Jinchuuriki non mi sconvolse più di tanto: dopo Ryo, Ishimaru e Ken avevo capito qual'era la fine che facevano i Jinchuuriki che il Sanbi riusciva a sopraffare, e cominciai ad entrare nell'idea che qualunque presenza avessi potuto percepire in quella dimensione doveva essere stato in passato, anche per poco, un Jinchuuriki. Quello che, piuttosto, mi sorprese fu scoprire che contrariamente a quanto il suo comportamento al primo incontro avrebbe potuto rivelare lei era dalla mia parte.


    Per meglio dire, la Principessa era stata dalla parte di qualunque Jinchuuriki che avesse solcato i Mari attraverso i quali avevo viaggiato anche io. Il suo modo di cercare la redenzione, stando alle sue parole. Secondo la sua versione dei fatti, il caratteraccio del Demone era legato ad un suo comportamento. Le lanciai uno sguardo interrogativo assai eloquente, avrei voluto chiederle che cosa avesse potuto fare per rendere l'Orbo così intrattabile. Avrei anche voluto dirle che difficilmente il carattere del Sanbi sarebbe stato differente, data la sua natura, ma percepii che non era una buona idea interromperla e perdere tempo per consolarla dato che, trattandosi di una proiezione di Chakra, la sua presenza lì accanto a me non era poi così scontata. Così lasciai che parlasse, permettendole di spiegarmi il motivo per il quale era stato necessario pormi l'indovinello.


    Più il tempo passavo accanto alla ragazza, più sentivo crescere un certo sentimento di compassione nei suoi confronti. Da quanto tempo era lì, immobilizzata nella mente di quella bestia rabbiosa che seminava morte ovunque passasse? Per quanto tempo aveva convissuto col rimorso per tutte le vite che la rabbia cieca (o per meglio dire, orba) del Sanbi aveva mietuto? Quanto tempo aveva passato ad addossarsi la responsabilità di quello che credeva di aver fatto? Poi ricordai di come, poco tempo prima, avessi provato una forzata attrazione fisica e sentimentale nei confronti della ragazza. E così, quando lei mi porse quella che disse essere la Chiave, feci un passo in avanti e non curandomi del sacchettino, la abbracciai e la baciai.


    Un gesto folle, dettato probabilmente anche dalla condizione di stress nella quale vertevo già dal giorno prima, ma quando scostai le mie labbra dalle sue, le sorrisi sinceramente. Non avevo dimenticato che si trattava solo della proiezione dei ricordi di qualcuno che da tempo non viveva più, non avevo dimenticato che fuori da quel luogo ove vigeva una calma apparente, c'era una bufera. Non avevo dimenticato di essere ancora in pericolo di vita, ma l'idea di lottare anche per qualcuno che aveva passato gli ultimi chissà quanti anni a marcire nei rimpianti ed a tentare di redimere le sue colpe, mi rinvigoriva. E così, afferrando la Chiave, le dissi:
    Non temere, Principessa, chiuderò la faccenda anche per te. Speriamo che questo sia solo un arrivederci, ma adesso è giunto il momento di regolare i conti. Le sorrisi di cuore, sperando di poterla rincuorare, poi dissi ancora:Un'ultima cosa, non annegare nel rimpianto. Per quel poco che ho conosciuto il Sanbi posso essere quasi certo di poter dire che…sarebbe diventato uno stronzo anche senza che tu facessi quello che hai fatto.
    Nel frattempo, la chiave si era fusa al mio braccio, che adesso emanava un forte bagliore azzurro. Vidi la principessa scomparire, e le sorrisi. Mi piaceva l'idea che ricordasse il mio sorriso come l'ultima cosa che aveva visto prima di scomparire. Mi ero innamorato di lei?


    Non c'era tempo per pensarci, in quel frangente. Ben presto mi ritrovai di nuovo nella stanza buia, ed accanto a me c'era solo Ishimaru, il quale sorpreso per la mia rapidità nel recuperare la chiave mi incitò ad andare a chiudere la serratura. Ero contento di vedere anche Ishimaru. Anche lui era stato fondamentale per la riuscita di quel "viaggio" così come di quello precedente. No, non avrei baciato anche lui, ma abbracciandolo calorosamente gli dissi:
    Grazie, Ishimaru, senza di te non ce l'avrei mai fatta. Ora, però, fammì andare.


    Il Sanbi fu l'unico a non essere contento di vedermi, e di sicuro il motivo risiedeva nel mio braccio luminescente. Ancora aggrappato alle catene, dovevo solo raggiungere la serratura affinché tutto avesse fine. Ma ciò non sarebbe stato facile. Il Sanbi, avrebbe cercato in ogni modo di ostacolarmi. Ormai era incontrollabile, in preda alla disperazione più totale, avrebbe perso l'altro occhio pur di non farmi percorrere quella trentina di metri che mi separavano dalla mia libertà. Sembrava quasi paradossale che la chiusura di una porta per qualcuno rappresentasse la libertà per qualcun'altra, ma quel giorno era così. Il Sanbi, come una falena, era volato troppo vicino al fuoco e, come una falena, era finito bruciato. Ma orgoglioso com'era, affondando avrebbe tentato di trascinarmi con se.


    Vidi la prima sfera acquatica generarsi tra le sue fauci in breve tempo, la vidi partire e la vidi percorrere i trenta metri che ci separavano troppo in fretta affinché potessi evitarla. Non che si trattasse di un attacco inevitabile, ma l'esitazione dovuta alla paura di perdere la presa sulle catene mi costò cara impedendomi di uscirne illeso


    Ciò che mi sorprese, tuttavia, fu il fatto che subire in pieno quella sfera d'acqua fu poco più pericoloso di subire una secchiata addosso: il Sanbi era stanco, debole almeno quanto me per via di tutto quello che avevamo passato. Dovevo andare avanti, passo dopo passo, per me, per mia madre, per Itai, per Ishimaru, per Ken, per Ryo. Per Kaminari, la Principessa.


    Al primo attacco ne seguì un secondo, un terzo, un quarto. Nessuno era davvero in grado di procurarmi seri danni, tutto quello di cui mi preoccupavo era quindi fare attenzione di non perdere l'equilibrio, cadere a terra e lasciare le redini sul Sanbi e su quella dimensione. Non importatava quanto male mi facesse beccare quelle sfere d'acqua addosso, l'importante era che le mie braccia non si staccassero dalla catena


    Cinque, sei e sette. Sette sfere mi avevano già colpito ma sfruttando anche il chakra adesivo ero riuscito a mantenere la presa sulle catene. Dovevo lottare, lo dovevo a tutti coloro che avevano creduto in me.


    Quando ebbi subito il Nono attacco, cominciai a sentire le forze svanire. Non avrei potuto subire ancora molti attacchi prima di crollare, e non mi era permesso di crollare. Tra me ed il cancello c'erano poco meno di dieci metri. Vidi la decima sfera d'acqua cominciare a generarsi tra le fauci del Sanbi. Fu quello il momento in cui compresi di dover rischiare un tantino di più. Allentai la presa sulle catene, lasciando al Sanbi la libertà d'agire proprio mentre la decima sfera si staccava dalla sua bocca. Più rapido che potetti scattai in avanti, saltando col braccio destro teso. Miravo direttamente al cancello, il salto mi avrebbe portato direttamente nella serratura. Lanciai il mio ultimo grido di battaglia:
    AHHHHHHHHHH! La Principessa Kaminari ti manda i tuoi saluti, pezzo di merda!


    Era la fine. Si trattava di stabilire solamente "di chi".


     
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    Ai fini della valutazione ritengo l'Addestramento superato con successo. In serata o al peggio domani arriverà il post conclusivo :zxc:
    Complimenti :riot:

     
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    E vissero tutti felici e contenti... per il momento.



    VII



    Takuma ci era riuscito. Liberare all'ultimo le catene, lasciando la possibilità al demone di scatenarsi per un breve istante, troppo brev, era stata la strategia vincente e lui era riuscito a posare la mano sulla serratura del cancello. La chiave che gli era stata donata dalla Principessa scomparve dal suo braccio, ma una placca di metallo circolare chiuse quel cancello dorato e un foglio la ricoprì, bloccando, almeno per un bel po' di tempo, la furia del Sanbi.
    Sanbi che, incapace di accettare quella cocente sconfitta si gettò contro le sbarre, emettendo un urlo disumano quando vi sbatté sonoramente. Il cancello però non si mosse e nemmeno le sbarre vibrarono, così come doveva essere successo.
    La storia di Takuma, la bomba ad orologeria, era terminata. Poteva tornare indietro.

    Una volta risvegliato Takuma, al contrario di quanto si sarebbe potuto aspettare, non si trovava sul dorso di Yogan, a centinaia di metri dal livello del mare, ma sul suo letto di casa sua. La dragonessa era scomparsa e affianco al suo letto, seduto su una sedia c'ero io. Lo fissavo tranquillo, molto più rilassato rispetto a quella mattina. Il perché era ovvio.
    Takuma ce l'aveva fatta, perché avrei dovuto essere preoccupato del resto?
    Iniziava a fare freddo lassù dissi allora al redivivo Marumasa Così ho pensato che ti avrebbe fatto piacere ritornare qui a casa tua mi alzai dalla sedia e mi avvicinai alla porta, voltandomi per lancargli un sorriso carico di soddisfazioni Era davvero da tanto che il Sanbi non veniva sottomesso in questa maniera. Sei stato bravo a resistere a tutto ciò che ha fatto, a strappare il controllo della dimensione al Sanbi, a permettermi di intervenire. Lui non voleva che tu sopravvivessi Takuma, questo è poco ma sicuro. Ma l'hai fregato... e ora, c'è una persona che vuole vederti.
    Così uscii dalla stanza, lasciandolo solo per quei pochi secondi che gli sarebbero bastati per immaginare che quella persona era sua madre. Ovvero il motivo per cui aveva cercato di affrontare direttamente il demone che portava dentro. Hana entrò, bendata in più punti dove la sera prima il demone (perché non era Takuma ad aver fatto qualcosa del genere) l'aveva colpita più volte. Si avvicinò senza dire una parola al letto del figlio e lo abbracciò, tenendolo stretto a se e piangendo contro la sua spalla.
    Idiota, idiota, idiota! disse la madre al figlio, singhiozzando Sacrificarti per me? Come ti è venuta in mente una cosa del genere! Avrei preferito mille volte un figlio svitato che un figlio morto!
    Terminò quella presa ferrea e si asciugò le lacrime con un fazzoletto, guardando Takuma che sembrava essere tutto intero. Lo tenne fermo per le spalle e finalmente gli sorrise.
    Sono i genitori a dover proteggere i figli, va bene? Non cercare mai più di fare follie del genere solo per cercare di proteggerci... promesso?
    Tuttavia quella non era una promessa alla quale Hana credeva veramente. Takuma era un ninja, un uomo dai poteri straordinari e ora anche un Jinchuuriki degno di essere chiamato con tale nome. Come Jinchuuriki il suo destino era proteggere il villaggio divenendo la sua forza.
    Del resto il termine Jinchuuriki aveva un significato ben preciso. Voleva dire "Forza del Sacrificio Umano".
    Per Takuma, per me e per qualunque altro Jinchuuriki sacrificarsi per il bene del villaggio era forse l'unico destino accettabile. Tuttavia, fino a quel momento, perché non regalare sorrisi e speranze alle persone che se le meritavano?

    In una via di Kiri, nel frattempo...
    Perché gli hai fatto il sigillo? chiesi a Kaku, sdraiato accanto al suo muso che sporgeva dal suo palazzo Non sei stato così gentile nemmeno con me.
    Odio il Sanbi rispose semplicemente il demone E odio il fatto che avesse intenzione di ammazzare quel ragazzo senza motivo... è uno smidollato, cercare di ammazzare la gente dall'interno! Kaku rise appena Forse aveva solamente paura di me, sa bene di non poterci affrontare.
    Dici che potrebbe traviare Takuma? chiesi fissando distrattamente la sfera di chakra fonte del potere di Kaku Solo se lui gli darà ascolto. Ma ho i miei dubbi, è troppo diverso da quel ragazzo per poter solo pensare di cambiarlo in maniera così radicale.
    Sì, sono d'accordo con te dissi allora, rimanendo in silenzio per qualche istante Credi che abbia già capito tutto?
    Riguardo cosa? chiese Kaku, spostando un enorme occhio verso di me.
    Riguardo a quella che sarà la sua vita. Riguardo a quella che è la sua missione sospirai appena Sua madre mi ha detto che non avrebbe dovuto farlo, per lei. Eppure Takuma ha cercato di sacrificarsi per evitare che altri potessero soffrire. Ha compiuto un gesto nobile senza curarsi delle conseguenze per la sua persona. Proteggere la sua famiglia e il villaggio da un pericolo maggiore... l'ha fatto istintivamente, perché è nella sua indole. Ma dovrebbe averlo capito socchiusi gli occhi Che questa è il destino di un Jinchuuriki.
     
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