La maledizione degli Uchiha

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    La maledizione degli Uchiha


    ~Prologo - Degli Uchiha e dello Sharingan~


    Molti ritengono che il clan degli Uchiha sia uno dei più grandi e maestosi clan del villaggio della foglia, nonostante le oscure vicende accadute nei tempi ormai remoti. Altrettanto, molti credono che la loro capacità innata, conosciuta con il nome di Sharingan sia una dote non indifferente e che tutti gli Uchiha la ritengano un particolare dono che non va perduto e che per questo va difeso con la vita per evitare che altri indegni possano bearsene. Ebbene non tutti gli Uchiha sono gloriosi membri del "glorioso clan" ed ancor più gli oscuri eventi remoti non sono satti cancellati dalle memorie e dalle usanze del clan. Esistono infatti numerosi membri del clan estremamente malvisti a causa della loro linea di sangue non pura, piuttosto che per la loro parentela malvista con traditori o presunti tali. In egual maniera lo sharingan tanto bramato dagli esterni al clan e difeso dai membri dello stesso con le unghie e con il sangue, per alcuni è una maledizione, una maledizione che sono costretti a portarsi appresso senza alcuna possibilità di scampo, come se quell'iride cremisi avesse il potere di controllare il proprio portatore ed il suo destino.
    La storia che si andrà a narrare parlerà nifatti di due di questi Uchiha maledetti, tanto simili eppure tanto diversi a causa della loro differente storia e della loro differente "maledizione".

    [...]


    ~Ritorno da una missione – Incontri inaspettati~


    Il giorno andava ormai calando lasciando spazio alla tetra notte che poco alla volta sopravanzava anticipata dagli ultimi raggi luminosi che illuminavano di un rosso intenso l'orizzonte che scompariva dietro alla foresta ed alle montagne che circondavano Konoha. tarda era l'ora in cui Atasuke si dirigeva verso il villaggio, conscio del fatto che a quell'ora della sera vi era il cambio della guardia alle mura, cosa che probabilmente avrebbe ulteriormente rallentato la procedura di rientro al villaggio.
    Ancora una volta era di ritorno da una missione a dir poco "suicida" per conto di un clan a cui apparteneva a pieno titolo ma che ancora non lo aveva accettato appieno. Ormai quella era l'ennesima volta che il clan gli affidava missioni con probabilità di sopravvivenza estremamente basse nella speranza che Atasuke non facesse più ritorno, in modo che il clan stesso non dovesse più sporcarsi le mani nel togliere di torno un membro sconveniente. Tuttavia, ancora una volta egli era di ritorno, ferito, logorato, ma tuttavia vivo. Le sue iridi cremisi ancora continuavano a trarlo in salvo, permettendogli di tornare a casa ancora con la sua pellaccia, tuttavia questa volta ci era andato veramente vicino. Questa volta, aveva rischiato di non tornare.
    Il suo passo era lento, ciondolante mentre alcune gocce di sangue ricominciavano a farsi vedere al di fuori del mantello reso ancora più scuro dalle nette macchie di sangue che continuavano ad insudiciarlo anche attraverso le bendature che si era personalmente fatto per evitare di crepare per il sanguinamento.
    Diverse erano le ore che aveva trascorso marciando lungo al via del ritorno, tuttavia, forse per il passo particolarmente lento, forse per la stanchezza, le mura del villaggio continuavano ad essere estremamente lontane, come se ad ogni passo che faceva queste si allontanassero ulteriormente.

    °Cavolo... questa volta si che ci sono andato vicino... Devo imparare a dire di no e a non accettare più queste missioni segrete per il clan, altrimenti prima o poi ci riusciranno sul serio a liberarsi di me...°


    Una fitta di dolore si fece sentire lungo la ferita che aveva sulla schena facendolo contorcere dal dolore e costringendolo a fermarsi per qualche attimo per riposarsi e prendere fiato.

    °Bene... Questa volta si che ci si divertirà a tornare a casa al buio... Inizio a temere che non riuscirò a tornare in tempo per la cena... Chissà se vedendomi coì la vecchia Saiaka deciderà di darmi qualcosa da mangiare per cena anche in tarda nottata... mah... speriamo solo che passi a trovarla Akane... ultimamente a furia di darmi una mano con le ferite è diventata brava a medicarmi...°


    La sua mente volava, cercando di distrarsi dalle fitte di dolore che di tanto in tanto si facevano sentire mentre la foresta a poco a poco si infittiva attorno a lui.
    Voi per la stanchezza, vuoi per le ferite, Atasuke non si rese conto di aver sbagliato strada più e più volte finendo nel folto della foresta perdendosi. Non era sua abitudine perdersi, soprattutto in quella foresta, tuttavia, nel giro di poche ore si ritrovò a vagare sperduto tra gli alberi secolari di una zona che mai prima d'ora evava visto o esplorato. Più per istinto che per ragionamento seguì il frastuono di un grosso fiume nella speranza di trovare qualche buon segno o perlomeno un riparo valido in cui rintanarsi per riposare.

    [...]


    Vagò ancora per diversi minuti prima di ritrovarsi in una radura in mezzo alal boscaglia attraverso la quale scorreva copioso un fiume. Per sua esperienza sapeva che avere un fiume nelle vicinanze avrebbe reso il suo recupero più semplice avendo un'abbondante scorta di acqua, sperabilmente pulita che avrebeb potuto usare per lavarsi, rinfrescarsi ed eventualmente disinfettare le bende per poterle riutilizzare.

    «Molto bene... Non ricordo questo posto, tuttavia credo possa andare bene per la notte... Speriamo solo non sia troppo lontano da Konoha, altrimenti temo ci vorrà ancora più di qualche giorno per tornare a casa...»


    Pensò ad alta voce sussurrando appena con la sua flebile voce quelle parole mente a poco a poco si avvicinava al fiume allontanandosi dalla foresta, in modo da guadagnare una maggior visuale su quello che lo circondava.
    Era una mossa stupida, e lo sapeva, ma per come era conciato era pressochè inutile perdersi in finezze tattiche.
    Quando poi raggiunse la sponda del fiume, Atasuke vide una figura, apparentemente femminile, che sedeva più in la sulle sponde. Egli non ricordava di averla mai vista, o perlomeno non era in grado di riconoscerla, tuttavia sapeva che chiederle aiuto non gli avrebeb fatto certamente più male di quanto già ne avesse.

    «S... Scusa... I... Io sono Atasuke Uchiha... anf... di... Konoha.... Perdona il disturbo... ma... potrei chiederti dove siamo?... Temo di essermi.... perso»


    Si accasciò quindi a terra nella speranza che la giovane figura lo avesse udito e che giungesse in suo soccorso. Ormai era stremato e senza aiuto difficilmente sarebbe andato molto lontano...
     
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    You have to accept whatever comes and the only important thing is that you meet it with courage and with the best that you have to give.

    Shizuka Kobayashi and the man with no name




    divisore





    Se c'era una cosa che Shizuka Kobayashi aveva imparato a trovare sempre più difficile da quando era diventata Genin, questa era scappare dalle grinfie di sua madre.
    Se la giovane Principessa Tempesta di Konoha era infatti in grado di sopportare allenamenti estenuanti impartitegli dalla nonna materna e dal suo unico maestro, Raizen Ikigami, era certo che schivare le sempre nuove trappole della famosa Heiko Uchiha diventava sempre più complicato... poiché se era vero che quella che fu la più potente Jonin Uchiha aveva il divieto assoluto di attivare la sua Genkai Kekkei come anche di interessarsi a qualsiasi cosa coinvolgesse il mondo ninja a causa della condanna impartitele dal suo Clan natio, in seguito al suo rifiuto di sposare l'uomo che era stato scelto per lei così da poter divenire a sua volta capoclan...
    … nessuno le aveva mai vietato di sfruttare le sue sconfinate conoscenze circa meccanismi e trappole, che ora, a distanza di tanti anni, metteva a punto contro la figlia minore: cartabombe fatte in casa, coltelli come kunai, e un'infinita sequenza di aghi, spilli e piccoli affarini indemoniati che pungevano la pelle fino a farti urlare.
    Trappole magistrali quelle che, tuttavia, la ragazzina riusciva sempre ad evitare, ogni volta rinsaldando la sua mezza idea di essere immortale, o quantomeno una persona davvero fortunata...
    ...quel giorno però si era realizzato ciò che di peggio ella avesse mai visto dato che sua madre l'aveva quasi decapitata con l'accetta per tagliare la legna della servitù, dopo aver scoperto che la figlia aveva saltato i suoi allenamenti settimanali per incontrarsi con “quel dannato kiriano dallo sguardo sarcastico”.
    […] Che quel “dannato kiriano” fosse il suo unico allievo, e che l'appuntamento in questione fosse per un allenamento ovviamente non era bastata come giustificazione, e Shizuka Kobayashi aveva dovuto affidarsi alla reputazione di cui si diceva godesse, correndo più veloce del vento e con più fluidità della pioggia, per trovare ricovero nell'unico posto che sapeva non poter rientrare nel raggio d'azione di Heiko l'oni: Il bosco.

    « Sono davvero immortale... » Borbottò la mezzosangue, scivolando da dietro un grande pino secolare per ritrovarsi di fronte al fiume in piena dove due anni prima era stata allenata dal suo maestro.
    Ricordando quell'addestramento, la giovane kunoichi non poté fare a meno di ridere, aggrottando la fronte nel rammentare le proprie convinzioni di allora come pure i suoi comportamenti decisamente discutibili.
    Al tempo, le reazione del suo sensei le facevano montare la rabbia in petto, ritrovandosi perciò spesso a contraddire il Chunin dai capelli d'argento con sguardo di sfida, per poi puntualmente offendersi nel vedere invece sul di lui volto solo la rassegnazione dello sventurato...
    … ma del resto, poteva comprendere le prese di posizione di Raizen solo adesso, dopo tanto tempo, ora che anche lei era diventata una maestra e aveva a che fare con un allievo poco incline a prendere ordini non motivati: L'esatta copia di ciò che era lei prima che le divenisse chiaro l'ordine del mondo.
    Sorrise, andando a sedersi in riva al fiume tra l'erba fresca e i fiori variopinti dai pistilli bagnati, mentre i suoi occhi correvano veloci a rincorrere i giochi di luce che il tramonto creava filtrando dalle chiome degli alberi del bosco, per poi precipitare sulle acque del corso d'acqua in cui la ragazza fece passare una mano...
    … Era una giovane donna sui diciotto anni quella che si sarebbe potuta ammirare in quel momento, il frutto perfetto della combinazione tra due mondi diversi che si erano uniti per creare quella creatura dalla bellezza nobile e antica, tipica dei Daimyo d'altri tempi: Aveva lunghissimi capelli castani raccolti in un'alta coda di cavallo dalla quale sfuggivano piccoli ciuffi ribelli, che scivolavano poi ad incorniciare un volto da bambola di porcellana meraviglioso per la sua candida carnagione di seta, ravvivata da profondi occhi verdi e una bocca rubiconda color della ciliegia.
    Piuttosto bassa per il numero di lune che aveva visto scorrere, Shizuka Kobayashi si distingueva tra la massa di donne del suo villaggio per la delicatezza e l'eleganza che abbracciavano ogni suo movimento, poiché per quanto il di lei carattere potesse esser forte e indomabile, c'era una cosa che non veniva mai a mancare nella Principessa Tempesta della Foglia, e quella qual cosa era proprio la bellezza della raffinatezza...

    “S... Scusa... I... Io sono Atasuke Uchiha... anf... di... Konoha.... Perdona il disturbo... ma... potrei chiederti dove siamo?... Temo di essermi.... perso”



    shizukaoh
    Era ancora assorta nei suoi pensieri ricordando i tempi andati, quando un rantolo sofferto giunse a stuzzicarle l'udito attirando la sua attenzione sulla sponda opposta del fiume, laddove un giovane uomo dai capelli corvini stava stramazzando a terra, coperto di sangue e livido in più punti nel suo corpo dilaniato.
    Aveva capito a stento ciò che quell'individuo le aveva detto, ma la sola immagine della condizione di lui non poté che farla trasalire e lei, scattando in piedi per vedere meglio la scena, sentì un brivido freddo scorrerle lungo la schiena. Istantaneamente portò una mano alla wakizashi nascosta nel fiocco dell'obi policromo che caratterizzava la sua divisa ninja: Questa -un gioiello dell'alta sartoria Kobayashi- si presentava composta da un paio di lunghi pantaloni aderenti neri, intrappolati in stivali di pelle alti fin sopra le ginocchia che con il loro tacco slanciavano quella donna le cui formosità intriganti erano però valorizzate dalla parte superiore dell'uniforme, composta invece da un kimono dal taglio particolare, che sfidando la tradizione, andava a lasciare scoperte le spalle e gran parte delle braccia, forse per dar maggiore libertà di movimento a colei che lo indossava.
    […] Per quanto l'istinto cantasse feroce sul farla immediatamente nascondere tra le chiome degli alberi tenendosi pronta a rispondere a qualsiasi situazione, per un attimo l'irresponsabilità di Shizuka Kobayashi ne vinse la prudenza, inducendo la ragazza a portarsi dall'altra parte del fiume usando i massi che troneggiavano al centro di esso come sentiero naturale.
    Non era sicura di cosa o chi potesse essere quel fagotto di stracci, ma dalla distanza a cui si trovava la kunoichi poté indovinare i lineamenti di un ragazzo forse poco più grande di lei, se non addirittura coetaneo, contorti dal dolore e dalla stanchezza.
    A prima vista sembrava solo un povero sfortunato inciampato in chissà quale beffa del fato, ma nel momento in cui la ragazza si avvicinò ulteriormente notò quell'unico dettaglio che le bastò a comprendere chi diavolo fosse in realtà colui al quale aveva creduto di voler prestare aiuto...
    … era impossibile sbagliarsi: A Konoha, del resto, c'era un solo ventaglio bianco e scarlatto, e quel ventaglio, prendeva il nome di...
    « Uchiha... » Sibilò Shizuka, fissando con improvviso disprezzo lo Shinobi a terra « ...poverino, sei ferito vedo... » Continuò, sarcastica, e improvvisamente eccolo: Feroce, potente, animalesco, ecco arrivare quell'istinto di pura rabbia in polvere, di odio sottile e pericoloso che divorava ogni cosa e che in quel preciso momento -forte delle basi di quell'astio tanto radicato- con voce suadente, spronava chi ne era portatore a finire quella persona. Finirla per sempre.
    Ucciderla. Ucciderla senza pietà...
    « Muori » Ghignò dunque la ragazza, senza resistere poi troppo al bacio della malvagità, ma nel momento stesso in cui alzò la mano, pronta ad impugnare la wakizashi nera che un tempo era appartenuta alla madre e con la quale si scoprì desiderosa di commettere il suo primo effettivo omicidio, il ragazzo a terra si mosse, emettendo un gemito. Niente di incredibile, e certo niente di pericoloso: Un semplice singulto di dolore come tanti ne aveva sentiti da quando aveva affiancato il suo nome all'appellativo di “ninja”...
    … eppure, in quel momento, quel solo lamento bastò a schiaffeggiarla in pieno viso, con una tale potenza e una tale forza che la bastarda mezzosangue non poté che abbassare lo sguardo, attonita.
    Cosa stava facendo...? Come aveva osato solo pensare di uccidere qualcuno che non conosceva senza un motivo logico? Ma anzi, non esistevano mai “motivi logici” per privare della vita qualcuno... quando era stato il momento in cui aveva dimenticato una simile ovvietà?

    ...Perché il suo animo, per quanto si impegnasse, continuava a precipitare sempre più in basso nelle fauci dell'inferno?



    Portandosi una mano tremante al volto, la kunoichi si impose di respirare con regolarità per riacquistare la calma, poi, senza perdere altro tempo, si lasciò cadere in terra accanto all'uomo.
    « Svegliati » Ordinò, incapace di pensare a qualcosa di adatto da dire in quel momento « Morire in una foresta tra le braccia di una donna è la cosa più pietosa che si sia mai sentita nel Clan Uchiha » Abbaiò, facendo rotolare a pancia in su lo Shinobi per poi osservarlo con angoscia: Era completamente coperto di sangue, e lei, che di preparazione medica ne sapeva quanto poteva saperne un cuoco di Ramen, non riuscì a pensar ad altro da fare che iniziare a spogliare il malcapitato, quantomeno per capire se era il caso di mettersi o meno a pregare per l'elevazione del di lui spirito.
    Con le dita tremanti, e il viso che diventava sempre più paonazzo ad ogni lembo scostato dal corpo asciutto e snello del povero disgraziato, Shizuka aprì dunque il mantello nero intriso di sangue dell'uomo senza nome, cercò poi di alzarne con delicatezza la maglietta e quando arrivò alle bende che vi sottostavano, non vide altra scelta che quella di lacerarle con uno dei suoi kunai: La scena che le si presentò a quel punto davanti agli occhi era qualcosa che esulava da ciò che persino lei aveva mai subito, e certo non si poteva dire che la sua vita da ninja fosse stata spianata visto il sensei che si ritrovava ad avere.
    Impallidì, incapace di capire fino a che punto la situazione fosse critica, e guardando il viso del suo improvvisato compagno, si riscoprì a gemere un disperato: « Non morire, ti prego » prima di alzarsi di scatto e correre al fiume.
    C'erano poche cose che poteva fare in quel momento, e sebbene la più ovvia sarebbe stata quella di correre alle mura e mettersi ad urlare, era terrorizzata all'idea di tornare e trovare l'Uchiha morto, cosicché l'unica cosa che ritenne plausibile compiere fu cercare di agire in prima persona: Con un gesto secco delle mani, dunque, la Principessa di Konoha si sfilò il bellissimo obi di seta della sua divisa ninja, lasciando cadere a terra la lunga stola di tessuto e con essa la wakizashi di sua madre.
    Non diede peso a niente, né al clangore della sua amata arma sul suolo umido della foresta, né al fatto che in un attimo la sua divisa si aprì, lasciandola con indosso solo una fascia per il seno elasticizzata nera. La sua priorità era un altra, e per quanto schifo le facesse l'idea che quella priorità prendesse il nome di “Uchiha” non aveva tempo da perdere: Avvicinandosi al fiume perciò, la ragazza inzuppò il suo obi nell'acqua e quando fu sicura che questo ne fosse pregno, corse al fianco del ragazzo dai capelli mori, iniziando poi a tamponare con delicatezza il busto e ogni parte del corpo di lui che le sembrava sanguinasse, ripulendo le ferite e continuando a lacerare le vesti laddove lo riteneva necessario.
    Nei suoi occhi verdi, il panico dell'impotenza.
    « Se ti svegli ti giuro che questa divisa schifosa che ti ritrovi te la faccio nuova io » Gemette Shizuka, lanciando sguardi allarmati al ragazzo esanime « ...Quando finisco di imparare a fabbricare abiti ninja per il mio atelier, ti giuro che ti faccio una divisa ninja... ehi, un abito Kobayashi costa una fortuna, quindi sii onorato! » Esclamò, ma ancora nessuna risposta da parte del suo interlocutore « ...Anti-sanguinamento, anti-dolore, anti-tutto... » Insistette la principessa, con gli occhi che adesso si facevano umidi, e mai prima di quel momento comprese quanto il suo lavoro potesse essere utile in un contesto di vita e di morte quale quello che gli Shinobi si trovavano a vivere. Per un attimo, maledì se stessa per non aver mai avuto il coraggio di aprire prima il suo negozio e di tentare la fortuna sul mercato con quel poco che sapeva... se l'avesse fatto, ora, quel ragazzo starebbe meglio? « TI ORDINO DI NON MORIRE! » Urlò allora, disperata, e così dicendo portò un orecchio sul petto del ninja, cercando di udirne il battito del cuore « Non puoi farmi questo, dannato mostro... perché voi Uchiha dovete sempre ferirmi in qualche modo!? » Strillò « State cercando di portarmi via tutto... mi avete già strappato l'animo e il cuore! Cosa volete adesso!? » E scoppiando in singhiozzi, odiandosi come mai aveva fatto fino a quel momento, aggiunse: « Almeno dammi il tempo di chiamare qualcuno... »

    Era debole. Debole e inutile.
    Questo pensò di se stessa la Principessa Tempesta di Konoha -che non aveva mai visto morire un uomo di fronte ai propri occhi- prima di cercare di sollevare quest'ultimo per caricarselo sulle spalle, così da poter quantomeno rantolare fino alle mura del Villaggio per chiedere aiuto.
    Era debole e inutile, questo poteva essere vero, ma il giorno in cui avrebbe permesso a se stessa di lasciar morire un innocente era talmente lontano da non esistere... non ancora.
    Fino a quando la sua anima sarebbe riuscita a preservare quel piccolo puntino bianco che bilanciava la maledizione di cui era detentrice, infatti, avrebbe lottato e sarebbe vissuta per quell'impercettibile candore...
    ...non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via. Tantomeno ad un Uchiha.

    « Mi chiamo Shizuka Kobayashi » Mormorò la ragazza, tirandosi l'uomo sulle spalle per poi cercare di avanzare faticosamente in avanti « E tu, sporco rotelle munito, mi devi un ramen e una svariata dozzina di dango... » E così dicendo, tacque.



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    ~Cure mediche - Mai che ci sia un medico quando ti serve~


    Atasuke era crollato si a terra a causa delle sue ferite e della stanchezza, tuttavia, anche se in gran parte sopraffatto dal dolore, era rimasto cosciente e se solo ne avesse avuto le forze, certamente si sarebbe messo le mani nei capelli per come la povera ed ignara ragazza lo stava soccorrendo.
    Egli non era di certo un medico, tuttavia aveva le conoscenze mediche basilari per poter portare un pronto ed efficace intervento, mentre la giovane a cui si era dovuto affidare, chiaramente non ne sapeva nulla.
    Ignorò dapprima le prime parole della giovane dato che in quel momento, quando ella giunse, lui sentiva solo le sue orecchie fischiare mentre i suoi occhi a malapena vedevano delle ombre che si muovevano attorno a lui. Poi, dopo alcuni attimi di riposo il suo corpo iniziò a riprendersi e le sue funzioni vitali si ristabilizzarono nuovamente permettendogli poco a poco di recuperare quel minimo di lucidità per riuscire a reagire a quello che stava accadendo.
    Quando iniziò a riprendersi, si rese conto di trovarsi a dorso nudo steso sulla schiena mentre la ragazza, inginocchiata al suo fianco, urlava, forse per lo spevento, forse per una qualche sensazione di inutilità, verso di lui "ordinandogli" di non morire e farfugliando cose su abiti nuovi e nuove divise da shinobi qualora si fosse risvegliato. Frasi che certamente parevano senza senso, e che in effetti nella mente di Atasuke non riuscivano a trovare alcun senso, tuttavia non gli fu complesso comprendere che quelle specie di esternazioni dissennate erano un modo per la ragazza di riuscire a guadagnare e mantenere una sorta di lucidità e di speranza nei suoi confronti.
    Quasi trovò buffo il modo in cui la ragazza tentava con delicatezza di tamponargli le ferite che avevano da poco ripreso a sanguinare. Ogni secondo che passava, tuttavia le funzioni vitali di Atasuke miglioravano, nonostante le apparenze potessero mostrare ad un occhio inesperto una situazione quasi tragica.
    Passarono svariati secondi, o forse anche minuti prima che Atasuke fosse nuovamente in grado di rispondere alle parole della giovane, tuttavia, quando egli ne fu nuovamente in grado, si ritrovò a viaggiare sulle spalle della giovane che a fatica era riuscita a tirarselo su e che con maggior fatica stava cercando di camminare con quella specie di zaino sulle spalle.
    Con un "tenero sussurro" o perlomeno con quanta più delicatezza Atasuke poteva sprigionare in quel momento, rispose alla giovane sperando di non spaventarla, dacchè anche se mal ridotto, poteva senza indugio prevedere una violenta caduta o una violenta reazione della giovane qualora questa venisse intimorita dalle sue parole.

    «Grazie... Shizuka Kobayashi... apprezzo il tuo aiuto... tuttavia sarebbe meglio che mi lasciassi a terra... non mi piace vederti faticare così a trasportarmi ed in effetti non è neppure propriamente necessario...»


    Si preparò, per quanto possibile, ad una violenta caduta a terra, senza però mai perdere la speranza che questa non avvenisse.

    Quando poi si ritrovò a terra, in un modo o nell'altro, Atasuke si tirò su, cercando di sedersi sfruttando come appoggio una roccia che sbucava dal terreno li vicino per poi rimettersi a parlare lentamente ed a bassa voce per evitare di sprecare inutilmente preziose energie che gli sarebbero servite per tornare a casa e rimettersi.

    «Devo ammettere che ho trovato interessante il modo in cui soccorri le persone... Non è da tutti aiutare un ferito per poi insultarlo dicendogli che ti deve del cibo, non trovi? Tuttavia non temere, sarà per me un onore invitarti a pranzo o a cena direttamente a casa mia nonappena sarò in grado di cucinare...»


    Si prese una breve pausa lasciandosi sfuggire un sorriso dolorante prima di riprendere a parlare

    «Poi... tu non sei un medico, vero? Mi sembravi abbastanza in difficoltà poco fa mentre cercavi in qualche modo di medicarmi le ferite... Tuttavia devo ammettere che hai fatto un'ottimo lavoro per essere una principiante...»


    Si prese una breve pausa per riprendere fiato e per sistemarsi un po meglio cercando una posizione che fosse più o meno comoda per restare seduto e per poter proseguire con quella breve interazione con la giovane.

    «Poi, se non ti spiace... Sarei curioso di capire una cosa... prima mi pare di averti sentito dire che "gli uchiha ti hanno portato via tutto e che stanno cercando in tutti i modi di farti soffrire"... Sono indiscreto a chiederti perchè dici questo? Perdona la mia ignoranza, ma non ho idea di che cosa possano averti fatto di male... tuttavia mi scuso se la mia "intrusione" nella tua giornata ti ha causato problemi...»


    Attese delle risposte scrutando la giovane direttamente negli occhi con uno sguardo confuso e curioso. Vome suo solito non voleva in alcun modo violare la privacy della sua interlocutrice, tuttavia le affermazioni della stessa erano particolari e molti del clan le avrebbero trovate fin pesanti ed offensive, tuttavia egli non fece fatica a comprendere che in quelal giovane c'era qualcosa di particolare, qualcosa che era celata, come una sorta di verità dolorosa, evidentemente legata al clan. Una verità che forse era come la sua, forse anche quella giovane era legata in qualche modo agli Uchiha e forse anche lei ne aveva sofferto o ne stava soffrendo per qualche motivo.

    [...]


    Sia che ella rispondesse, sia che non lo facesse, Atasuke si sarebbe poi rimesso in piedi, una volta recuperate sufficenti forze ed avrebbe porto la mano destra verso la giovane in segno di saluto.

    «Personami se non ti saluto come si deve e se non mi sono presentato per bene prima... Comunque io sono Atasuke Uchiha, ninja di Konoha... ti andrebbe di accompagnarmi fino al villaggio? Temo che avrei qualche problema a riuscirci da solo...»


    Si stampò quindi un solare sorriso sul volto, nella speranza che fosse utile per convincere la giovane ad accompagnarlo aiutandolo a camminare fino al villaggio, ma soprattutto facendogli da guida in quella foresta in cui tanto semplicemente si orientava normalmente quanto la stava trovando un labirinto in quell'infausta situazione...
     
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    Destiny is a good thing to accept when it's going your way. When it isn't, don't call it destiny; call it injustice, treachery, or simple bad luck.

    Shizuka Kobayashi and Atasuke Uchiha




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    Trascinarsi un peso morto dietro era un'impresa piuttosto complicata per una ragazza di appena un metro e sessantacinque d'altezza che aveva fatto della propria forza una dote accessoria difficilmente sfruttata.
    […] Crescendo in un mondo ninja nel quale i suoi punti di riferimento erano stati Colossi di due metri e di centottantotto chilogrammi di peso, Shizuka Kobayashi aveva infatti ben presto compreso che attorno a lei avrebbe sempre trovato qualcuno più naturalmente predisposto ad usare la forza di quanto lei non sarebbe mai stata, ragion per la quale aveva sempre cercato di affinare ciò che la natura le aveva offerto in dono: Agilità, Riflessi e Velocità...
    … doti che si rivelarono nel loro massimo splendore nel momento in cui la voce del moro fagottino di stracci che la kunoichi aveva sulle spalle parlò con voce bassa e suadente vicino al suo orecchio, poiché ella -trasalendo terrorizzata- non solo gettò velocemente a terra l'uomo con un tonfo sordo, ma si scostò anche agilmente da lui, mentre con altrettanta rapidità estrasse la sua wakizashi -incastrata in un passante dei pantaloni che indossava- che con un gesto secco della mano puntò in faccia al tipo, fissandolo con gli occhi sgranati e il fiato ancora grosso per la fatica: Nei di lei profondi occhi verdi, vi era lo spavento dello stupore... e un'angoscia dettata da molto di più. Ma cosa fosse quel “più” a nessuno era dato saperlo...

    « DANNATI GLI DEI » Imprecò la ragazza, scoccando un'occhiata allibita al suo improvvisato interlocutore « SEI VIVO! » La constatazione sembrava ciò che più sorprendeva la bella principessa di Konoha, che dopo aver detto quelle parole fissò infatti lo Shinobi a terra con uno di quegli sguardi che si riservano agli scherzi della natura o alle patologie senza speranza. Pareva in effetti aver già deciso che il suo compagno senza nome fosse destinato a morte certa.
    […] Era un ragazzo piuttosto alto, dettaglio quello che non aveva avuto modo di constatare fino a qualche attimo prima e che ebbe modo invece di osservare con una certa curiosità mentre lui arrancava goffamente sul terreno nel tentativo di mettersi seduto: Aveva bei capelli corvini e occhi del medesimo colore, di quel nero profondo e penetrante così simile a quello di sua madre e suo nonno.
    In effetti, a ben guardarlo, si poteva dire che avesse un suo certo fascino... in qualche modo si poteva persino definire un bel ragazzo -constatò non senza disperazione la giovane Kobayashi, portandosi la mano libera alla testa e aggrottando la fronte con rammarico. Adesso il suo volto era palesemente sconcertato.
    « ...Che siano i geni? » Si domandò tra sé e sé a voce bassa mentre riportava alla mente i volti dei suoi parenti Uchiha, tutti così maledettamente belli e tutti così maledettamente perfetti. Agli effetti se c'era una sola cosa che invidiava di quelle persone era la bellezza incontestabile... qualcosa che lei, purtroppo, non aveva ereditato: I suoi erano i lineamenti affascinanti ed eleganti dei Kobayashi, niente di lei richiamava gli Uchiha.

    “Devo ammettere che ho trovato interessante il modo in cui soccorri le persone... Non è da tutti aiutare un ferito per poi insultarlo dicendogli che ti deve del cibo, non trovi? Tuttavia non temere, sarà per me un onore invitarti a pranzo o a cena direttamente a casa mia nonappena sarò in grado di cucinare...”



    La voce dell'uomo giunse alle sue orecchie mentre lei era ancora intenta a fare la conta di quali fossero i dettagli estetici che i Kobayashi potevano vantare in più rispetto ai loro rivali, e lei, costretta dall'etichetta a riportare lo sguardo su chi le aveva rivolto la parola, non appena udì quelle parole non poté fare a meno di arricciare il labbro superiore in una smorfia.
    Se si fosse presentata al quartiere Uchiha senza essere espressamente invitata e senza aver ricevuto la bolla di permesso da parte del Capoclan e del Consiglio degli Anziani, le regole sarebbero state violate... e con ogni probabilità lei non avrebbe avuto nemmeno il tempo di comporre un sigillo con le mani, che la sua testa sarebbe allegramente rotolata nella polvere. Rabbrividì.
    « Tu dovevi essere morto o quantomeno svenuto » Si limitò dunque a rispondere la ragazza, reclinando la testa all'indietro per poter osservare meglio il suo interlocutore « Che ti insultassi o ti cantassi ballate in rima non credevo avesse poi molta rilevanza » Aggiunse, rinfoderando lentamente la sua wakizashi per poi guardarsi improvvisamente attorno con ansia: Se fosse accorso qualcuno e avesse trovato un Uchiha ferito a terra, e lei con una lama sguainata... beh... testa, polvere, rotolare etc etc...

    “Poi... tu non sei un medico, vero? Mi sembravi abbastanza in difficoltà poco fa mentre cercavi in qualche modo di medicarmi le ferite... Tuttavia devo ammettere che hai fatto un ottimo lavoro per essere una principiante...”



    Nell'udire quelle parole, per un attimo la ragazza rimase immobile, poi -come svegliatasi improvvisamente da uno dei suoi soliti torpori mentali ricchi di immagini, possibilità e mondi alternativi- Shizuka sgranò la bocca in una maschera di puro e semplice sconvolgimento per poi aggrottare la fronte e fare un ulteriore passo indietro, quasi temesse la vicinanza con quella sorta di anomalia della natura.
    « Un complimento? » Esclamò a quel punto, incapace di trattenersi, e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi inclinando la testa di lato, portò rapidamente gli occhi sul mantello di lui, accertandosi di non aver sbagliato a individuare il simbolo ivi impresso...
    ...come poteva essere che un Uchiha le rivolgesse la parola in modo così spontaneo? Che si complimentasse, addirittura? Era forse pazzo?
    […] Presa dal panico del momento aveva avuto l'imprudenza di rivelare il suo nome per intero a colui al quale si accompagnava, ma certo anche se non lo avesse fatto il volto dell'erede del famoso Clan Kobayashi non era certo tenuto segreto al Villaggio di Konoha, e se tanto le dava tanto, la sua popolarità alla Foglia era direttamente proporzionale al disprezzo che riscuoteva all'interno del quartiere Uchiha, lì dove il nome di sua madre era taciuto alle nuove generazioni che venivano però silenziosamente educate a diffidare naturalmente di quel clan di abbietti mercanti... com'era dunque possibile che un Uchiha si stesse intrattenendo con una discendente di colei che fu dichiarata “la peggiore dei traditori”?
    Sospirò, infilando lentamente la sua wakizashi nel passante dei suoi pantaloni, facendo ben attenzione a non arrecare nemmeno un graffio a quello che si rivelava un vero e proprio gioiello: Il fodero dell'arma infatti, di un meraviglioso legno lucido nero, racchiudeva una lama perfettamente bilanciata, che nell'eventualità non si fosse rivelata abbastanza per affascinare un occhio esperto, certo vi sarebbe riuscita grazie alla tsuba di puro argento che richiamava una semplice fantasia composta da tre virgole poste a distanza regolare le une dalle altre, e che se osservate dall'alto parevano quasi girare in tondo...
    ...al tempo, quando Shizuka era riuscita a conquistare quella wakizashi dai vecchi depositi Uchiha, riprendendo ciò che era stato di sua madre, non aveva capito che quel motivo rappresentava uno Sharingan maturo e che quelle non erano virgole, ma le tomoe della sua stessa Genkai.
    Un errore comprensibile, quello, poiché se c'era una cosa di cui Shizuka Kobayashi non conosceva assolutamente l'esistenza, quella era l'abilità innata degli Uchiha, un dettaglio che le era sempre stato tenuto nascosto e che lei stessa aveva attivato con le sue sole forze, imparando a domarsi ed educarsi senza che nessuno le spiegasse come.
    Ripensando ora all'inesperienza imposta del passato, per un attimo, la rabbia verso quella dinastia che le aveva proibito tutto e che avevo reso la sua esistenza una menzogna costruita a tavolino, aumentò.

    “Poi, se non ti spiace... Sarei curioso di capire una cosa... prima mi pare di averti sentito dire che "gli uchiha ti hanno portato via tutto e che stanno cercando in tutti i modi di farti soffrire"... Sono indiscreto a chiederti perchè dici questo? Perdona la mia ignoranza, ma non ho idea di che cosa possano averti fatto di male... tuttavia mi scuso se la mia "intrusione" nella tua giornata ti ha causato problemi...”



    shizukas
    La voce del moro tornò a infastidirla, e solo in quel momento la Principessa dei Kobayashi si rese conto di non aver nemmeno risposto a ciò ch'egli le aveva detto in precedenza. Scuotendo la testa e guardando il suo interlocutore, dunque, decise di non deluderlo... non anche questa volta.
    « Perché dico questo? » Ripeté dunque, piuttosto divertita « Sto cominciando a chiedermi sei davvero un Uchiha oppure solo uno stolto » Scoccò un'occhiata ironica al suo interlocutore e valutò che con ogni probabilità la risposta era la seconda: Nessun clan assennato come lo era quello Uchiha avrebbe mai mandato un proprio uomo da solo in qualsiasi posto in cui si poteva rischiare ch'egli si riducesse come era ridotto quel tipo lì... a meno che non se ne desiderasse la morte. Ma anche se fosse stato quello il caso, perché non c'era qualcun altro con lui? Non temevano che la sua innata cadesse in mani estranee? Possibile che quel ragazzo non possedesse la Genkai Kekkei del clan da cui traeva il nome!? « Se davvero sei un Uchiha mi stupisco che tu non conosca chi io sia » Riprese a parlare solo brevissimo istante dopo, decidendo in quel momento di tastare il terreno per capire fin quanto quell'uomo poteva rappresentare un pericolo per lei e la sua famiglia « Mi sembra strano che tu non conosca il motivo per cui una Kobayashi dovrebbe inchinarsi profondamente di fronte ad Uchiha chiedendo lui perdono... anche se da perdonare non c'è nulla, non da parte vostra quantomeno » Sibilò, mettendosi a braccia conserte e guardando con disprezzo il ragazzo « Non hai idea di cosa possano avermi fatto di male? » Rise, acida « Da quando in qua un Uchiha non è conscio del male che il suo clan è in grado di infliggere? » E con gli occhi che si fecero improvvisamente brillanti d'odio, aggiunse rabbiosa: « Non sei tu ad aver causato problemi nella mia giornata... è la tua sola dinastia ad aver arrecato problemi alla mia intera vita » Concluse freddamente, e fu proprio mentre la sua bocca si richiudeva che lei si rese conto di cominciare a perdere la pazienza. Sgranando gli occhi in un impercettibile attimo di panico, la ragazza scoccò dunque una rapida occhiata alle proprie mani, constatando come previsto che queste stavano prendendo a tremare... il segnale d'inizio che preannunciava l'arrivo del suo snaturamento, il risveglio di quella parte di lei che cantava sorda l'inno della morte e che sempre molto più spesso rispetto al passato, giungeva a coccolarla e farle compagnia.
    “La maledizione dell'odio, bambina mia, è una condizione degenerativa...” Senza volere, la giovane erede dai capelli castani riportò alle mente le parole della sua amata nonna materna, la sua guida in quel mondo cremisi che non conosceva “...l'unica arma che tu possa usare per non perdere di vista te stessa, è essere una persona colma d'amore, poiché ciò che più teme la malvagità, è la gentilezza più pura”
    Abbassando lo sguardo e stringendo le mani a pugno, la meticcia chiuse dunque gli occhi, mordendosi un labbro e imponendo alle proprie mani di non tremare, proprio quando improvvisamente il suo compagno imposto riprese a parlare:

    “Perdonami se non ti saluto come si deve e se non mi sono presentato per bene prima...” La voce del giovane moro tornò a raggiungere le sue orecchie, e lei, alzando di scatto lo sguardo, vide come il proprio interlocutore stava rimettendosi in piedi con fatica, per poi avvicinarsi e tenderle una mano... dissipando, così facendo, ogni dubbio della kunoichi: Era pazzo, oppure scemo, c'era poco da fare “Comunque io sono Atasuke Uchiha, ninja di Konoha... ti andrebbe di accompagnarmi fino al villaggio? Temo che avrei qualche problema a riuscirci da solo...”



    Sentendo la richiesta, la ragazza -che cresciuta da mercante non poteva certo dirsi estranea ai calcoli che andavano a proprio vantaggio- valutò con attenzione quanto le sarebbe potuto convenire entrare dentro le mura del Villaggio fianco a fianco con un Uchiha moribondo, ma rendendosi conto che ormai aveva già spiattellato il suo nome e cognome (che gli Dei potessero condurla alla dannazione!), era inutile far finta di non conoscere il tipo e tornarsene allegramente al Clan... del resto, ad aspettarla, c'era sua madre munita di accetta; e se Heiko Uchiha era pericolosa con in mano un mestolino di legno, certo la bella principessa non riuscì a non rabbrividire immaginando di cosa sarebbe stata capace quella donna con quell'oggetto in mano.
    Sospirò, scuotendo la testa.
    « Beh, se devo morire almeno lo farò avendo l'animo in pace... » Mormorò la ragazza a bassa voce, scoccando un'occhiata a quel tipo -quell'Atasuke- senza tuttavia accettare la sua stretta di mano. Forse, se si fosse giocata bene le sue carte (e se la sua testa non fosse saltata via prima che potesse farlo), sarebbe riuscita a tornare a casa solo con qualche sguardo di disprezzo in più nel suo curriculum...
    « Ti accompagno » Sentenziò dunque, alla fine, gettandosi il suo obi intriso di sangue sulla spalla, poco incurante di risultare praticamente nuda agli occhi del suo interlocutore. Pareva non avere una grande forma di pudicizia... ma come poteva essere il contrario? Gettata in una carovana di soli uomini adulti quando aveva cinque anni e unica allieva di Raizen Ikigami, che certo non brillava per la sua cortesia verso il gentil sesso, non aveva mai sviluppato quella forma di imbarazzo tipicamente femminile che distingueva le sue coetanee. Anche perché, a differenza di loro, lei non era poi questa gran bellezza -rifletté per un istante la kunoichi, con delusione... « Ce la fai a camminare? » Domandò dopo un attimo, più per buona educazione che per reale interesse « Vuoi appoggiarti a me? » Chiese poi con riluttanza.

    A ben pensarci gli Dei non dovevano condurla alla dannazione...
    ...vista la sua stramaledetta fortuna in ogni cosa che compiva, era chiaro che lassù dovessero già abbondantemente odiarla.


    divisore






    Edited by Arashi Hime - 12/7/2012, 17:11
     
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  5. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~La ragazza e gli Uchiha - Qual'è il tuo segreto?~


    Atasuke non seppe bene come reagire alla strana reazione della ragazza al suo primo "complimento". Comprendeva che in effetti quello non era uno dei suoi migliori modi per complimentarsi per l'operato di una persona, ma una reazione del genere gli pareva fin esagerata ed assurda.

    «Beh... si, o almeno l'obbiettivo era quello... Ma credo mi perdonerai se non è proprio uno dei migliori... in fondo non sono tanto ben messo per riuscire ad elaborare delle grandiose esternazioni...»


    Le rispose ironico lasciandosi sfuggire una breve risata ed un sincero sorriso.

    [...]


    Alcuni attimi trascorsero prima che la giovane proseguisse rispondendo alla sua vaga domanda con un tono che pareva essere un misto di ironia e di divertimento, come se la ragazza trovasse buffo o quantomeno strana la carenza di informazioni che Atasuke mostrava nei suoi confronti. Le risposte furono criptiche, ed alla fine si risolsero con delle banali "accuse di ignoranza" verso il povero e malconcio giovane che in realtà conosceva bene che cosa il clan era in grado di fare, ma ignorava completamente che cosa in particolare fosse accaduto alla ragazza.
    Egli la lasciò parlare, cercando di carpire qualcosa dalle sue parole, cercando di intuire che cosa potesse essere la causa di quella specie di odio represso che poco alla volta sembrava manifestarsi all'esterno della giovane che con non poca difficoltà cercava di trattenersi dal menare le mani. Atasuke infatti, per quanto malconcio, aveva già riacquisito sufficenti capacità per accorgersi del tremolio della giovane e delle sue esternazioni fisiche involontarie che lasciavano tranquillamente intendere che la ragazza aveva un problema. Non medico, bensì psicologico verso di lui, ma soprattutto verso il suo clan.
    Continuava ad ignorarne le motivazioni particolare, tanto quanto ignorava per quale motivo i Konayashi fossero così rinomati ed importanti da essere conosciuti da qualunque Uchiha, quindi decise di "giocare sporco" tentando di carpire il motivo di tutta quella sofferenza direttamente dalla mente della giovane. Sapeva che la coa poteva essere considerata ingiusta o immorale, tuttavia gli era ben chiaro che la giovane non fosse tranquilla, e voleva capire perchè, nonostante l'astio dimostrato verso la sua casata, ella avesse deciso di aiutarlo.

    [...]


    Mentre le porgeva la mano sorridente, Atasuke fece scorrere del chakra nei suoi occhi, piantandoli fissi in quelli della giovaen ragazza mascherando tutta l'azione con una buona dose di recitazione e gentilezza. [Abilità]
    Attese quindi che la giovane rispondesse al suo gesto con delle parole o dei gesti, ma quando vide che rifiutò la cortesia della stretta di mano, Atasuke lanciò la sua silenziosa tecnica grazie alla quale sarebbe riuscito ad estrapolare le informazioni che gli interessavano dalla mente della sua interlocutrice. [Slot Tecnica]
    Forte della sua situazione "debole" Atasuke puntò completamente sul fattore sorpresa in modo che la giovane non potesse rendersi conto che era lui ad interrogarla mentalmente, nella speranza che questa non fosse quindi in grado di rilasciare o resistere a quell'illusione che necessitava solo di uno sguardo per avere effetto e che non lasciava traccia alcuna, ad eccezione di una serie di informazioni immagazzinate nella mente dell'esecutore.

    °Dimmi... Perchè odi tanto gli Uchiha? Qual'è la causa di questo odio?°


    Una domanda, una sola e semplice domanda che Atasuke ebbe dapprima la gentilezza di chiedere, ma che ora, facendo valere la sue appartenenza al clan odiato, voleva acquisire lo stesso, cercando di mascherarla magistralmente come una forma di rimuginazione e stando bene attento a porla con la voce della giovane Kobayashi, in modo che questa potesse "udire la propria voce" che si poneva una domanda. [Abilità]

    [...]


    Alla risposta affermativa della giovane sulla sua volontà nell'accompagnarlo fino al villaggio, Atasuke rispose con un sorriso compiaciuto, informandola che in effetti poteva camminare anche da solo, l'unico problema era che tra un passo e l'altro poteva necessitare di qualche aiuto per non cadere a terra provocandosi altri danni aggiuntivi.

    «Grazie, Ma credo di riuscire a farcela da solo... L'unica necessità impellente è che tu riesca a guidarmi fino al villaggio... e... magari aiutarmi qualora dovessi cadere a terra...»


    Prese quindi le sue cose, reindossando il mantello e caricandosi tutto il suo equipaggiamento sulle spalle e tenendo il pacchetto legato con il flo di nylon.

    «Vogliamo andare?»


    Poi. con passo lento a claudicante, iniziò ad avanzare al fianco della giovane sulla strada che li avrebbe riportati, sperabilmente, a Konoha.

    «Comunque sia... Io so esattamente quanto il clan possa far soffrire le persone... Attualmente ne sto portando le ferite addosso»


    Le disse con tono serio leggermente velato di tristezza lasciandole completamente capire che egli in verità conosceva bene il clan e le sue pessime abitudini, tuttavia, non poteva sapere anche quello che il clan faceva alle persone esterne allo stesso come la giovane kobayashi con cui stava tornando a casa...

    OT- note -/OT

    Chakra: 37 Bassi
    Vitalità: 3 Leggere
    En.Vitale: 19 Leggere




    Forza: 500
    Velocità: 500
    Riflessi: 575
    Resistenza: 500

    Agilità: 500
    Precisione: 500
    Senjutsu: 500
    Concentrazione: 500

    Tempistica e Altri Consumi


    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti e Consumi

    1° Slot Difesa: Difesa
    2° Slot Difesa: Difesa
    3° Slot Difesa: Difesa

    1° Slot Azione: Azione
    2° Slot Azione: Azione
    3° Slot Azione: Azione

    Slot Tecnica Base: Tecnica
    Slot Tecnica Avanzata: Tecnica

    Azioni Free: Non utilizzato
    Riepilogo impasti: Altri impasti

    Appunti


    Protezioni indossate: 2 Fasce da Combattimento (mani), Corpetto di cuoio e Mantello
    AaD: 5/5 Kunai, 5/5 shuriken
    ADCC: Tanto (nascosto nella manica), Wakizashi sulla schiena sotto il mantello.
    Bombe: 2/2 Cartabomba I
    Varie: 2/2 10m Filo Nylon
    Varie: 2/2 10m Filo nylon Rinforzato
    Varie: 1/1 Specchietto in metallo
    Varie: 1/1 Kit primo soccorso

    Conoscenze Utilizzate



    Recitazione [ 2 ]
    Abile: L'utilizzatore può modulare a piacimento il proprio timbro vocale, riuscendo a parlare come una persona molto più giovane o anziana di lui, del sesso opposto, o impersonando una persona specifica. L'utilizzatore possiede alcune conoscenze di recitazione. Questa conoscenza presuppone comunque un margine di errore, di mal'interpretazione.
    [Da genin in su]

    Non c'è Emozione
    Ricorda sempre... Dalla tua concentrazione deriva la tua realtà
    Villaggio: Konoha (Personale)
    Posizioni Magiche: Nessuna (1)
    L'illusione si attiva Tramite lo scambio di sguardi con la vittima, Medium Vista. L'utilizzatore sarà in grado di interrogarla mentalmente, cercando di estorcere informazioni riguardo l'origine del suo dolore. Per resistere all'aggressione è necessario spendere un consumo di chakra pari a Medio ad ognuna di esse. Efficacia 30.
    Tipo: Genjutsu - Tameshi
    (Livello: 4 / Consumo: Medio)
    [Da Genin in su]


    C'è Pace
    La Paura conduce all'ira, l'ira all'odio, l'odio... Conduce alla sofferenza... Io sento in te molta paura
    Talento: l'utilizzatore, quando utilizza "Non c'è Emozione", aumenta il costo per resistere alle domande di Basso per slot pari della Competenza posseduto. È possibile sfruttare tutte le altre abilità "Talento" in combinazione.
    [Da Genin in su]

     
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    Shizuka Kobayashi's mind




    divisore





    “Sei un pessimo Kakehashitonaru, Shizuka”
    “Perché mai? Sto cercando di cercando di creare un ponte di comunione tra gli Uchiha e i Kobayashi... proprio come mi avevi suggerito tu, Otou-sama! In cosa starei sbagliando ora?!”
    “Esistono due tipi di ponti, bambina mia... il primo è resistente al trascorrere dei secoli e diviene punto di riferimento per coloro che devono attraversare il fiume della vita, l'altro invece crolla sotto la violenza delle prime intemperie. Tu, sei del secondo tipo.
    Credi davvero che cercare di creare un punto di contatto tra i tuoi due clan basti a renderti l'anello forte di questa catena di odio che ci tiene in trappola da troppo tempo?
    Tu continui ad odiare gli Uchiha, bambina mia... e il tuo odio ti sta divorando... pensi seriamente di poter reggere il peso di due eredità talmente potenti su quelle tue spalle che sembrano poter andare in pezzi da un momento all'altro?”
    “...”
    “...Esistono persone e persone, Shizuka: Imparerai presto che un mondo senza fiducia e senza generosità, non è un mondo che vale la pena di essere vissuto. Un giorno capirai che spesso, chi si fa portavoce del messaggio della pace, deve essere pronto a tendere la mano per primo.
    Non tutto è dovuto, piccola mia... né il rispetto, né l'accettazione”



    Ferma nel punto in cui si trovava la bella Principessa del Villaggio della Foglia guardava in silenzio il suo interlocutore: I suoi profondi occhi verdi, persi in quelli neri di lui e ingannati da un'illusione che non avrebbero potuto sventare, per un attimo tradirono il panico, l'angoscia... la stanchezza di una vita che sembrava esser sul punto di annientarla; ma lei, nonostante tutto, rimase in piedi, nobile e fiera di fronte a colui che l'aveva fatta cadere nella sua tela.
    […] Non cedette subito, non vi riuscì. Più volte la sua mente cercò di aprirsi, e ogni volta quel tentativo andò fallito, quasi ci fosse qualcosa che impedisse di rivelare, di alleggerire almeno in parte quel suo animo corrotto... tuttavia, alla fine, la forza dell'Uchiha divorò quella della Kobayashi, e lei, esitando per un solo ultimo istante, aprì i cancelli del suo essere: La voce del suo animo era il filo insicuro e affaticato di una bambina che ha corso per troppo tempo cercando di tornare a casa, senza però, tuttavia, mai arrivarci...

    “...Perché vogliono uccidere Okaa-sama?” Questo fu il primo pensiero che fluì fuori dalla sua psiche, accompagnandosi all'inesorabile socchiudersi di quegli occhi verdi, adesso ritratto della più vera espressione dell'angoscia “Perché non lo hanno fatto quel giorno, quando la diseredarono?” Esitò di nuovo “Heiko Uchiha è un pericolo tanto grande per loro...? Perché non la lasciano libera dal giogo della loro punizione? Perché stanno facendo vivere la mia mamma nell'angoscia di essere assassinata...?” Sembrava essere una bambina, così piccola, così indifesa. I suoi pensieri erano niente di più di un pigolio sommesso “Cosa temono, in verità... lei, oppure me? Oppure Kuroro?” I suoi occhi, ora, si offuscarono, e lì, tra le tenebre che essi celavano, ecco apparire i ricordi che per troppo tempo erano stati taciuti, che per troppo tempo avevano incatenato quella ragazza ad una realtà che lei non aveva mai cercato né voluto “Kuroro è scappato... perché?” Sembrava non sapere a chi chiederlo “Perché mi ha abbandonata?” Rifletté debolmente, e in quel momento, come d'improvviso una catastrofe preannunciata, le lacrime salirono ad arrossarle il volto... sembrava sul punto di annegare nella sua stessa disperazione, questa era la sensazione che avrebbe potuto offrire a chiunque l'avesse osservata in quel momento “Non ho mai voluto esserlo!” Strillò la sua mente, ma a cosa si riferissero quelle parole di preciso, era un mistero “Non hanno il diritto di farmi questo” Pensò ancora, dopo un lungo attimo di silenzio quasi apatico, e rapidamente la costernazione si trasformò in odio... un odio cieco, sordo, muto “Li ucciderò tutti, se necessario” Sembrava non sapersi controllare, quasi ci fosse una bestia dentro di lei, qualcosa di mostruoso che parlava al posto suo, mettendo a tacere la parte di lei che ancora credeva alla gentilezza e all'amore “Non farò mai ciò che mi chiedono... il mio nome è Shizuka Kobayashi, e tale rimarrà sempre” La voce della sua mente si fece tagliente “Proteggerò le persone che amo... non ho niente in meno di loro... posso essere più brava, più potente se voglio...” E alzando lo sguardo verso Atasuke, la ragazza sorrise... non a lui in particolare, sembrò quasi farlo più a se stessa, come se in quel momento si trovasse da sola, la proiezione folle delle sue debolezze e della sua forza.
    Era quella l'espressione più pura della Principessa Tempesta di Konoha: Indomabile come il vento che l'aveva ceduta alla terra, potente come la pioggia che l'aveva accolta nel mondo e inarrestabile come il tifone che le aveva dato il nome...
    ...Se solo Atasuke Uchiha avesse avuto la premura di osservarla meglio, solo in quell'istante avrebbe capito. Avrebbe compreso che quella che si trovava di fronte era una donna dal carattere forte, poco incline a scendere a patti con chiunque, persino con se stessa. C'erano molte cose che gravavano su di lei, così almeno sembrava: Il gioco di un fato dispettoso, forse? O forse una schiavitù quasi imposta?
    Era un labirinto di domande e vacue risposte quella principessa dagli occhi color della primavera, una creatura dalle mille sfaccettature...
    … una creatura che, passandosi le mani sul volto per asciugarsi le lacrime calde che avevano ormai cominciato ad offuscarle la vista, appena rialzò lo sguardo sul suo interlocutore, parve destarsi da quell'illusione che l'aveva incatenata e costretta sulla via di una verità che per troppo tempo ella aveva taciuto al mondo.
    Guardandosi le mani per un attimo, quasi stesse cercando di capire per quale ragione esse erano tanto umide, la ragazza trasalì, allibita.
    shizukashick
    « Eh? » Esclamò subito, toccandosi poi di rimando gli occhi ancora umidi « Eh? EH? EEH?!? » Urlò poi, facendo un salto all'indietro rispetto all'Uchiha mentre tirava su con il naso come una bambina « Eh... ma... perché!? » Strepitò, incapace di dare una risposta a quel comportamento insensato che sembrava essere accaduto così, tanto per caso « Perché!?!? » Ripeté, allibita, portandosi le mani alla testa. Se c'era una cosa che non aveva mai previsto nella sua vita, agli effetti, questa era piangere di fronte ad un membro del maledetto clan del ventaglio. Aveva immaginato sorrisi ironici nei loro confronti, combattimenti visti, dominazione incontrastata, feste baldanzose in suo onore... ma scoppiare a piangere di fronte ad rotelle-munito era una punizione peggiore di quando sua madre la legò a testa in giù nel ciliegio del giardino, scoprendo che la figlia aveva di nuovo divorato tutte le provviste della dispensa.... Quella volta era sicura che la testa le sarebbe caduta per terra dopo aver raccolto tutto il sangue del suo corpo, ma a questo giro era ancora peggio! A cadere, era il suo onore!

    « PERCHE'!!? »



    […] Arrivati a quel punto, la situazione cominciava a farsi tragica.
    Se c'era almeno una cosa buffa che Atasuke Uchiha aveva mai visto nella sua giovane vita, infatti, con ogni probabilità la reazione costernata della sua interlocutrice l'avrebbe di gran lunga battuta, visto e considerato che la ragazza, presa dalla disperazione, aveva cominciato a passarsi la manica del proprio kimono sul viso, nella speranza di cancellare i segni del suo piagnisteo... ottenendo, al contrario, che le lacrime si impastassero con il trucco leggero ch'ella indossava, andando a creare un mascherone degno del peggiore degli Yokai.
    Un panda. No, forse una creatura addirittura più buffa di un panda... un orsetto lavatore?
    Presa com'era dalla sua opera di “pulizia”, tuttavia, la kunoichi non sembrò rendersi conto immediatamente della tragica situazione nella quale era precipitata, dando dunque tutto il tempo all'Uchiha di osservarne il volto chiazzato... ragione ulteriore per la quale, quando alla fin fine Shizuka Kobayashi comprese la sua attuale situazione, vedendo per pura casualità il suo kimono macchiato di trucco, non solo impallidì pericolosamente fino quasi a dar l'impressione di star per svenire... ma poi, improvvisamente, scoppiò ad urlare.
    « DANNATO MOSTRO! » Ululò, avvampando d'imbarazzo fino alle orecchie per poi dare rapidamente le spalle al ninja, portandosi le mani al volto « HAI VISTO COSA HAI FATTO!? » Strillò ancora, forse non proprio conscia del fatto che quel povero disgraziato al quale si accompagnava di colpe, ancora, non ne aveva alcune. Nonostante tutto, evidentemente non desiderosa di sentire una risposta da parte di colui che aveva deciso essere il colpevole della sua scabrosa condizione estetica, la ragazza si precipitò al fiume, e dopo aver rantolato come un animale morente nell'osservare la sua immagine riflessa nelle acque ormai quasi del tutto oscurate dalla notte, prese a lavarsi il viso insistentemente, cercando come poteva di cancellare le macchie di colore dal suo viso... infine, riuscendoci.
    Quando infatti la kunoichi si alzò dalle sponde del fiume, per poi voltarsi con il peggiore degli sguardi verso il ragazzo Uchiha, il suo viso era si ripulito da ogni alone trucco... ma tragicamente arrossato dall'energia con la quale era stato lavato.
    A questo punto, la situazione se non era irrimediabile era senza dubbio comica...

    « Se oserai prendermi in giro... » Esordì dopo un lungo attimo di silenzio Shizuka, gelando con uno sguardo arrossato (ma assassino) il suo interlocutore « ...giuro che ti ucciderò seduta stante, lo capisci? Si? » I suoi occhi verdi trasudavano imbarazzo, ma la ragazza cercò di non darlo a vedere « Scusami tanto se non sono bella quanto gli Uchiha! » Sbottò allora, dopo un attimo e senza senso, puntando un dito accusatore contro Atasuke « Mi dispiace proprio non essere bella quanto te e quanto i tuoi dannati compagni di Clan » E mettendosi a braccia conserte per poi alzare il volto con fare di sfida, sbuffò sonoramente « Il trucco è una componente essenziale nella vita di una donna, ecco... perciò... » E abbassando brevemente gli occhi, fissando l'interlocutore di sottecchi, aggiunse un bofonchiato: « ...non prendermi in giro, cafone che non sei altro » che scemò poi in un silenzio offeso e, ahimé, immotivato.

    […] Era strepitoso. Davvero strepitoso.
    La capacità di Shizuka Kobayashi di offendersi da sola e accusare gli altri per la sua pessima fortuna era qualcosa che superava di gran lunga la naturale predisposizione di tutte le altre donne... era, più... un dono, ecco. Ragione per cui, quando finalmente i due Shinobi si misero in marcia, seguendo una strada dettata dalla fanciulla -la quale sembrava muoversi all'interno di quel bosco con la sicurezza tipica dell'abitudine- ella non rivolse quasi mai la parola al compagno, limitandosi a stare a braccia incrociate con lo sguardo offeso di un bambino colto in fragrante su qualche misfatto.
    Nemmeno quando il giovane Uchiha le confessò che anche lui non era immune alla sofferenza inferta dal clan da cui traeva il nome, la principessina parve degnarlo di attenzione... o così, almeno, dette a intendere.
    Vicina al suo interlocutore, la ragazza lanciò infatti una rapida occhiata all'interlocutore, squadrandolo in silenzio come a voler osservare più da vicino quella creatura strana che si ritrovava accanto e che, pur facendosi portatore di quel nome che per anni l'aveva perseguitata, sembrava ora non accanirsi su di lei con la stessa ferocia tipica dei suoi ricordi...
    … Perché?

    « Gli Uchiha sono orgogliosi di morire in battaglia, di sacrificarsi per proprio clan e, credo, per il proprio villaggio... » Le parole le uscirono di bocca in un soffio, prima che lei potesse impedirlo « Di cosa ti lamenti? Se fossi morto “in modo onorevole” … » Continuò dopo un attimo, e alla mente tornò il volto di suo zio, fratello maggiore di sua madre, che in passato cercò con ogni stratagemma di convincerla di quanto fosse meravigliosa la cosiddetta “morte d'onore”... ogni volta, incontrando un muro di sarcasmo o, peggio, d'incomprensione « ...non ne saresti forse stato orgoglioso? » Chiese. Era una semplice domanda quella, dettata forse dalla curiosità o forse dal caso « Siete strani, voi Uchiha... penso sia solo questo il problema » Mormorò poi, più rivolta a se stessa che al compagno, e così dicendo calò nel silenzio: Braccia conserte, volto corrucciato e un'espressione pensierosa.
    Sembrava star valutando... si, ma cosa?



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    ~Segreti svelati - Opinioni fallaci~


    La tecnica di Atasuke parve avere effetto senza che la giovane ragazza riuscisse in qualche modo a resistervi, anche se a conti fatti, ottenne solo frasi sconnesse e informazioni vaghe che andavano ancora rielaborate prima di comprendere appieno quale fosse la causa scatenante di tutto quell'odio che la ragazza provava verso gli Uchiha.

    °Quindi... sua madre è una uchiha... E sembrerebbe che il clan voglia liberarsi di lei per un qualche motivo, ma pare la stia lasciando vivere nel terrore... Mentre invece chi è Kuroro? Il padre? Il fratello? Unica cosa quasi sicura è che probabilmente è fuggito per qualche motivo dal villaggio e a rigor di logica pare assennato che sia braccato dal clan, o comunque abbiano qualcosa in comune..°


    La sua mente elaborava a poco a poco le informazioni che era riuscito ad ottenere con il sotterfugio nella speranza di carpire il segreto della giovane per esserle d'aiuto, o perlomeno per evitare di incasinarsi ulteriormente la giornata con delle parole sbagliate.

    [...]


    Mentre l'interrogazione avanzava le guance della giovane iniziarono a rigarsi di lacrime ed il trucco iniziava a sbavare. Forse come gesto istintivo la giovane cercò di asciugarsi la faccia con la manica del kimono, ottenendo soltanto di peggiorare la situazione mostrando un volto estremamente divertente ed acquisendo momentaneamente le fattezze di un panda.
    Quando ella si rese conto di ciò che aveva fatto, si mise ad urlare ed inveire verso il giovane Atasuke che a riguardo ne poteva ben poco, anche se ormai era chiaro che quella ragazza aveva l'insulto facile, soprattutto quando si trattava di incolpare qualcuno che non fosse lei.
    Si fiondò quindi al fiume lavandosi completamente il volto per eliminare ogni traccia di trucco per poi lanciare ad Atasuke delle "velate minacce" unitamente ad uno sguardo che a stento si differenzaiava da uno sguardo omicida, tuttavia, Atasuke non vi diede troppo peso, come anche non diede troppo peso alle folli quanto inutili esternazioni della giovane sulla bellezza degli Uchiha.

    "Mi dispiace proprio non essere bella quanto te e quanto i tuoi dannati compagni di Clan Il trucco è una componente essenziale nella vita di una donna, ecco... perciò... non prendermi in giro, cafone che non sei altro"

    «Cafone che non sono altro? Suvvia, non ho ancora neppure avuto il tempo di dire nulla e già mi dai del cafone... Piuttosto direi che questo tuo comportamento è da cafoni, ma non sono qui a dare lezioni di vita...»


    Sorrise riprendendo lentamente a camminare con quel passo ciondolante che a poco a poco pareva migliorare al pari del suo recupero. Finalmente le ferite parevano essersi nuovamente richiuse e quella lunga pausa dalla marcia pareva averlo fatto rinvigorire. Poi, con tono leggermente divertito, tuttavia serio ed onesto si permise un velato commento sulla giovane.

    «Tuttavia, io non vedo tutta questa particolare bellezza tra gli uchiha... Certo, ci sono splendide donne e bei ragazzi, tuttavia non siamo tutti modelli da copertina... Mentre sul trucco... beh, io personalmente ho da ridire... Devo ammettere che ti trovo più carina così come sei al naturale...»


    Sperava che con quelle parole non si stesse scavando la fossa, tuttavia, perlomeno nella sua mente, la giovane avrebbe pur apprezzato un complimento sulla sua bellezza, per quanto non troppo elaborato o ben studiato.

    [...]


    Quand'ella gli fu nuovamente addosso lo squadrò come se stesse osservando qualche strana creatura mistica mai vista in precedenza o chissà quale anormale abominio. Atasuke si sentì quasi in imbarazzo nel farsi osservare così da vicino quasi come se fosse un animale da ammirare dentro la gabbia di uno zoo o un qualche reperto storico esposto in un museo.

    °Ma che diavolo avrà mai da osservarmi così da vicino? Che ha visto? Un enorme brufolo disgustoso? Una qualche creatura che mi sta girando addosso e non me ne sto accorgendo?°


    Gli venne quasi da chiederle che cosa ci trovasse di così interessante in lui da squadrarlo con tale precisione, tuttavia ella iniziò a parlare ben prima che potesse in qualche modo chiederglielo.

    "Gli Uchiha sono orgogliosi di morire in battaglia, di sacrificarsi per proprio clan e, credo, per il proprio villaggio... Di cosa ti lamenti? Se fossi morto “in modo onorevole” non ne saresti forse stato orgoglioso? Siete strani, voi Uchiha... penso sia solo questo il problema "


    E poi, in un attimo la giovane si chiuse in un'espressione pensierosa chiedendosi chissà quale misteriosa domanda.
    Atasuke approfittò quindi del momento per cercare di rispondere ai suoi quesiti, nella speranza che le sue parole potessero in qualche modo essere d'aiuto alla giovane in un modo o nell'altro.

    «E dimmi... Come faresti tu a sapere che "gli uchiha sono orgogliosi di morire in battaglia"? Comunque sia non so quanto possa darti ragione. Ovviamente nel clan ci sono diversi membri che la pensano in questa maniera, come d'altronde in quasi qualunque clan di una certa rilevanza... Tuttavia io non sono di questa linea di pensiero. Certo, ammetto che sarebbe epico e forse anche romantico morire in battaglia difendendo qualcosa, magari il villaggio, maragi i miei amici, sicuramente le mie idee e ciò che amo, ma di sicuro non ritengo sia un onore morire il il mio clan, ed è per questo che ho deciso che non accetterò altre missioni segrete dal clan a meno che non ci siano validi motivi al di fuori del valore del semplice clan...»


    Laciò volutamente il discorso in sospeso, in parte per attirare maggiormente l'attenzione della ragazza, in parte perchè non se la sentiva in quel momento di raccontare tutto di se stesso e di quello che era stato mandato a fare.
    Poi, con fare gentile e curioso riprese a domandare alcune informazioni alla giovane, cercando di stare sul vago per non alterare troppo la già "instabile" ragazza.

    «Quindi tu sei una Kobayashi di Konoha... Hai voglia di raccontarmi qualcosa della tua famiglia? Ragionandoci meglio credo di aver già sentito nominare i Kobayashi... Se non erro sono sarti rinomati o qualcosa del genere, no?»


    Attese quindu una risposta dalla giovane, sperabilmente una pacifica risposta, mentre la strada per Konoha a poco a poco veniva percorsa mentre il sole, ormai sempre più rosso, si affossava oltre l'orizzonte dando spazio alla notte.
     
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    Shizuka Kobayashi's doubt




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    Era un ragazzo strano, questo pensò Shizuka Kobayashi del giovane Uchiha con il quale, suo malgrado, si era ritrovata a stare in quel momento. Benché la discussione fosse retta per la maggior parte da lei stessa e dalla sua innata capacità di insultarlo senza ch'egli facesse niente, la ragazza aveva infatti la vaga impressione che il proprio improvvisato interlocutore fosse una persona dalla lingua tagliente e la morale facile. Gli dava l'idea di un maestro, un accademico borioso poco incline al divertimento e molto più all'aiutare gli altri a costo di risultare invadente...
    ...eppure, in qualche modo, la giovane Principessa dei Kobayashi non vedeva nei di lui occhi scuri i sentimenti tipici che i membri del clan del ventaglio le rivolgevano ogni qualvolta i loro occhi si incontravano per caso. “Bastarda”, sembravano dirle, squadrandola con disgusto mentre la affiancavano e oltrepassavano lungo una delle tante, affollate vie del Villaggio della Foglia... ma lei, ogni volta, con lo sguardo alto e fiero della principessa che era, continuava a camminare incurante di quei pensieri sussurrati dai loro sguardi e dai loro volti.
    La sua infanzia, però, era stata differente, e quelle parole non dette l'avevo segnata, l'avevano corrosa. Da bambina infatti spesso si era messa a piangere, attaccandosi ai lembi dei kimono della sua amata madre a cui insisteva a chiedere perché quelle persone la guardassero sempre così male, ma ella -sollevandosi dall'inchino che era costretta a rivolgere ad ogni membro di quel clan, come la sua punizione eterna imponeva-, si limitava a prenderla in braccio, coccolarla finché non smetteva di strepitare, e infine cullarla tra le proprie braccia dicendole parole dolci.
    “Al mondo esiste l'amore e l'odio, amore mio” Le sussurrava con dolcezza, baciandole le lacrime “Purtroppo capita che spesso sia quest'ultimo a vincere il confronto, a urlare con voce più potente... ma tu non dimenticare mai una cosa, tesoro: Per quanto l'odio possa ululare, sarà sempre l'amore a cantare con più armonia” e scostandole i corti capelli a caschetto dal visetto tondo tutto paonazzo, aggiungeva sempre “Sii una donna che sa porgere la propria mano prima di essere colei che la ritira con sdegno... sii forte anche per coloro che non lo sono abbastanza, e sorridi amore mio, sorridi sempre, perché qualunque cosa accadrà tu sarai sempre la Principessa del Sole, non dimenticartelo, non farlo mai”
    … invece, alla fine, ella era divenuta la Principessa Tempesta, e il Sole che serbava dentro di sé era stato coperto irrimediabilmente dal tradimento di Kuroro, la sua Luna, il suo amato equilibrio, il fratello che aveva sempre amato quasi più di se stessa.
    Per un attimo, lanciando un ulteriore improvvisato sguardo al proprio compagno di viaggio, la ragazza non poté che chiedersi se anche gli Uchiha, ogni tanto, soffrissero la mancanza e l'abbandono, la rabbia e l'odio che lei avvertiva quasi quotidianamente...
    Alla fine era vero ciò che le aveva detto suo padre, qualche giorno prima: Era un pessimo Kakehashitonaru.
    Per quanto si fosse impegnata a ideare abiti ninja che potessero unificare le tradizioni del suo clan natale con quello della sua adoratissima madre, alla fine non era abbastanza “forte” da portare avanti l'amore a discapito dell'odio...
    ...per quanto si fosse impegnata, nel suo caso era stata la malvagità ad ululare più forte dell'armonia della gentilezza.

    E dimmi... Come faresti tu a sapere che "gli Uchiha sono orgogliosi di morire in battaglia"?



    La voce di Atasuke giunse improvvisamente alle sue orecchie e lei, alzando debolmente lo sguardo, non poté che guardarlo con una velata nota di tristezza in quegli occhi verdi dalle ombre senza nome, un sentimento però che sparì in un istante, surclassato da una più idonea ironia.
    Era un tipo acuto, alla fin fine, questo era giusto riconoscerglielo.
    « E' risaputo che il Clan Uchiha consideri l'onore il più alto valore esistente » Rispose prontamente Shizuka, sorridendo « Lo sanno tutti » Commentò come per avvalorare la sua tesi, prima di rivolgere al compagno uno sguardo seriamente perplesso « Sei sicuro di essere un Uchiha? Parli come un contadino » Osservò poi, perplessa. Nonostante tutto, quella domanda continuava a ronzarle nella mente.

    Ovviamente nel clan ci sono diversi membri che la pensano in questa maniera, come d'altronde in quasi qualunque clan di una certa rilevanza... Tuttavia io non sono di questa linea di pensiero. Certo, ammetto che sarebbe epico e forse anche romantico morire in battaglia difendendo qualcosa, magari il villaggio, maragi i miei amici, sicuramente le mie idee e ciò che amo, ma di sicuro non ritengo sia un onore morire il il mio clan, ed è per questo che ho deciso che non accetterò altre missioni segrete dal clan a meno che non ci siano validi motivi al di fuori del valore del semplice clan...



    « Epico? Romantico? » Ripeté la Principessa, fissando allibita l'interlocutore, e a quel punto, per quanto in un primo istante avesse cercato di trattenersi, scoppiò a ridere, portandosi una mano al volto per poi scuotere la testa « Sei serio? » Chiese, facendo il gesto di asciugarsi le lacrime dagli occhi: A dispetto di come si era presentata all'inizio, adesso il suo volto struccato tradiva molti anni in meno di quelli che ella realmente aveva, poiché agli effetti sembrava niente più di una quindicenne prosperosa e dalla lingua tagliente... una constatazione divertente, per quel fato dispettoso che l'aveva creata « Non c'è niente di epico nel morire in nome di un valore imposto da qualcuno di cui non si conosce il volto né il nome » Disse dopo una manciata di secondi, ma ora il suo viso era serio « Proteggere il Villaggio? Proteggere le persone amate...? E quando morirai che ne sarà di loro? Dimmi Uchiha-sama... » Continuò, facendo trapelare un formalismo che, suo malgrado, aveva sempre caratterizzato la sua educazione « ...Le persone che ti amano cosa faranno una volta che tu sarai scomparso? Festeggeranno in nome del compiersi del tuo glorioso onore? Del tuo destino? » Domandò con sarcasmo, guardando con attenzione il ragazzo che le camminava di fianco, scrutando i suoi lineamenti come a cercare qualche indizio che potesse suggerirle il nome dei suoi sentimenti o dei suoi pensieri « Io combatto per il mio Villaggio e per tutte le persone che tendono la mano con bisogno, dunque non solo la mia famiglia... » Chiuse gli occhi « ...ma mai, nemmeno per un istante, quando parto per una missione o un addestramento dico a me stessa “Se dovessi morire, sarà comunque un degno epilogo” » E riaprendo gli occhi, guardò con forza e sicurezza Atasuke, cui rivolse uno sguardo fiero e orgoglioso, uno sguardo che, per un istante, tradì molto più sangue Uchiha di quello che ella stessa credeva di avere « Trovo più onorevole combattere una guerra, vincerla, e tornare vittorioso in patria piuttosto che lottare, morire, e lasciare che il mio nome diventi la voce in un indice di un libro troppo grosso » ...e così dicendo, indirettamente, rivelò al proprio interlocutore di essere una kunoichi.
    […] A dispetto di quanto si sarebbe potuto pensare, capire infatti che Shizuka Kobayashi era una Shinobi non era così scontato: Il suo possedere una wakizashi non faceva di lei che una miriade di possibili entità, dal vassallo al ronin o persino un samurai, poiché ciò che veramente avrebbe potuto delineare la sua identità, non era presente su di lei...
    … La Principessa Tempesta di Konoha, infatti, non indossava mai il suo coprifronte. Non lo aveva più fatto dal giorno della dipartita del fratello maggiore.
    Tradimento? Ribellione?
    Il suo gesto era stato chiamato in molti modi, ma a dispetto delle dicerie, vi era un pettegolezzo che correva rapido tra le vie di quel Villaggio di cui la ragazza pareva esser padrona: Sembrava infatti ch'ella, forte di una convinzione che supera la durevolezza di una placca di metallo, si fosse tatuata il simbolo del suo luogo natio direttamente sul corpo... ma dove questo marchio fosse stato impresso, a nessuno era dato saperlo.

    Quindi tu sei una Kobayashi di Konoha... Hai voglia di raccontarmi qualcosa della tua famiglia? Ragionandoci meglio credo di aver già sentito nominare i Kobayashi... Se non erro sono sarti rinomati o qualcosa del genere, no?



    Atasuke ricominciò a parlare d'improvviso, cambiando completamente discorso, cosa che da un certo punto di vista divertì la ragazza: Sembrava desideroso di sapere tutto di lei, di conoscerla con premura benché si fossero incontrati da meno di trenta minuti. Per un attimo, sorrise.

    « Siamo il più potente clan di mercanti di sete e tessuti delle Terre del Fuoco » Corresse la kunoichi, con una vaga nota di orgoglio nella voce « E' ovvio che tu abbia sentito parlare di noi... dubito ci siano molte persone, nelle terre conosciute, che non conoscano il nostro nome » Aggiunse, ma stavolta non lo disse con arroganza, era piuttosto un'informazione ch'ella offriva al proprio interlocutore, quella. Aveva smesso ormai da tempo di vantarsi di essere l'erede di un clan tanto potente « ...Ma detto questo: Perché dovrei parlarti della mia famiglia? » Chiese dopo un attimo, fissando severamente Atasuke, ed era già pronta a rimbeccarlo come solo lei sapeva fare, quando una radice troppo sporgente condusse la sua attenzione sul terreno e lei, esponendo un braccio davanti al torace del compagno, lo fermò con delicatezza « Attento » Borbottò, esitando per un istante come se non fosse poi molto sicura di quello che doveva fare « ...V-vuoi una mano? » Domandò poi, dopo un istante, offrendo una mano al ragazzo e avvampando fin sopra le orecchie di quell'imbarazzo goffo tipico della rabbia leggera: Essere così cordiale con un Uchiha non rientrava nei suoi programmi, dopotutto... fato maledetto! « Fai piano, mi raccomando » Aggiunse ancora la ragazza, con aria poco convinta, e se solo lo Shinobi avesse accettato il suo aiuto, Shizuka si sarebbe adoperata perché lui riuscisse a superare il peggio di quel sottobosco indenne, sorreggendolo, avvertendolo e guidandolo come meglio poteva: Si trovavano ancora nella foresta e ormai camminavano da ben venti minuti attraverso roveti e cespugli di piante senza nome, ma per quanto l'atmosfera di quel luogo si presentasse insidiosa e malevola, la minuta kunoichi vi si muoveva perfettamente a suo agio, facendo strada al compagno come se non avesse mai fatto altro fino a quel momento.
    Si muoveva rapida e veloce come un folletto, complice forse la sua altezza scarsa, e sembrava vedere i pericoli serbati da quel luogo ancor prima ch'esso li rivelasse... nonostante tutto, dopo qualche attimo, la fanciullina riprese a parlare. Sembrava interessata al dialogo, dopotutto, o così almeno si sarebbe potuto pensare.
    « Perché dovrei parlarti della mia famiglia? » Chiese « Cosa vuoi sapere, precisamente, di me? » Continuò, fissando Atasuke con occhi indagatori « Perché sei così interessato a capire chi sono e cosa faccio? » E sorridendo, aggiunse « Perché non mi dici piuttosto chi sei tu e perché il Clan Uchiha ti ha mandato da me? » Le parole le uscirono di bocca senza che lei potesse fermarle, e la ragazza stessa parve stupita, proprio come se quella domanda fosse il frutto di un momento ispirato e non un'idea premeditata...
    ...nonostante tutto, bastò solo quell'insinuazione perché la mente della kunoichi iniziasse a lavorare freneticamente: Era impossibile che un Uchiha isolato fosse stato mandato in missione con il rischio di morire e lasciare nelle mani di potenziali nemici informazioni che non avrebbero mai dovuto essere scoperte. Era impossibile che un Uchiha fosse capitato in un bosco come quello per un caso fortuito voluto da un fato dispettoso, e ancora, era impossibile che un Uchiha si approcciasse alla figlia di Heiko con così tanta gentilezza e così tanto riguardo, ma soprattutto...
    ...perché quel tipo desiderava sapere così tanto di lei? Perché insisteva a chiederle i perché e i per come del suo modo di pensare e della sua storia prima di quel momento?
    Tutta quella vicenda non aveva senso, il loro stesso incontro non ne aveva... a meno che lui non fosse lì per un motivo, e quel motivo non prendesse la forma del volere del Consiglio degli Anziani.
    In un istante, il suo volto cambiò d'espressione, e questa, non lasciava presagire niente di buono.


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    Ti prego di scusarmi x100000 del ritardo con cui ti ho risposto, sono imperdonabile, sul serio T_T
    Perdono perdono T__T non accadrà più lo giuro sugli Uchiha XDDD
     
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  9. Asgharel
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    ~Camminata con Chiaccherata~


    Atasuke non diete estremo peso alle parole della giovane atte a giustificare la sua precisa conoscenza del clan e dei suoi modi di agire e pensare, in fondo gli pareva chiaro che motivazioni così vaghe fossero o dovute all'ignoranza della giovane che si basava su sentito dire e luoghi comuni, oppure velatamente cercava di celare i reali motivi per cui risultava essere così informata.
    Maggior attenzione venne invece riposta nell'ascoltare le opinioni della giovane a riguardo di ciò che Atasuke aveva detto sulla morte onorevole e sul suo modo di vedere epica o romantica una morte in battaglia. Tuttavia, come c'era da aspettarsi la giovane era saltata troppo presto alle conclusioni senza analizzare a fondo ciò che realmente Atasuke cercava di dire, sottolineando che trovava maggiormente onorevole tornare vittoriosi da una battaglia, piuttosto che morti.
    Atasuke non potè quindi non controbattere sottolineando, con maggior precisione, quella che in realtà era la sua vera visione di quella vita da combattente.

    «Temo tu non abbia compreso ciò che intendevo dire... Ovviamente è indiscutibile che tornare a casa ancora una volta portando con se una vittoria sia molto meglio che morire in battaglia... Ed allo stesso modo è preferibile tornare sconfitti ma essere ancora in grado di sopravvivere per ritentare piuttosto che porre fine alla propria esistenza in battaglia... Tuttavia... ciò che banalmente intendo dire è che per il mio modo di essere mi vedo meglio in una bara come un caduto in battaglia, piuttosto che abbattuto dalla vecchiaia e dalla malattia... Poi chissà... magari un giorno cambierò pure idea...»


    Un'altro sorriso si dipinse sul suo volto accompagnando quelle parole che in realtà celavano molto più di un mero sentimento. Egli infatti sapeva bene che non poteva in alcun modo permettersi di perire senza aver adempiuto alla sua "vera" missione: Ritrovare suo padre e scoprire l'ombra che la sua famiglia pareva avere alle spalle. Un'ombra per cui il clan cercava di punirlo, forse a causa di reali colpe dei suoi predecessori da lui ereditate. Forse per mera ed ingiustificata follia.

    [...]


    Con orgoglio la giovane parlò della sua famiglia e della nomea che questa aveva nel paese come mercanti di stoffe e sete pregiate, e non come "sarti" come aveva supposto in precedenza Atasuke, tuttavia ella pose una domanda banale, ma al contempo interessante e pericolosa.
    Egli fece per risponderle, tuttavia ella lo fermò con un gesto del braccio impedendogli di inciampare in una radice che sbucava dal terreno poco prima dell'insidioso percorso nel sottobosco che avrebbero dovuto percorrere.
    Con gesti gentili e con tono affabile Atasuke ringraziò per la cortesia, tuttavia rifiutò l'offerta di aiuto da parte della giovane dato che si sentiva ababstanza bene da poter sfidare l'intricato sottobosco senza dover essere sorretto lungo il percorso.
    Mentre avanzavano poi la guiovane riprese, interessata, il discorso, rammentando ad Atasuke della domanda a cui ancora non aveva risposto.

    "Perché dovrei parlarti della mia famiglia? Cosa vuoi sapere, precisamente, di me? Perché sei così interessato a capire chi sono e cosa faccio? Perché non mi dici piuttosto chi sei tu e perché il Clan Uchiha ti ha mandato da me? "

    «Hey, hey, hey... piano con le domande, altrimenti più che una conversazione pacifica sembra diventare un interrogatorio...»


    Rispose con tono allegro lasciandosi sfuggire una lieve risata.

    «Tuttavia, non posso darti torto... In effetti è ammissibile, e direi quasi normale che tu abbia dei dubbi nei miei confronti... Ma andiamo con ordine... Sul perchè dovresti parlarmi della tua famiglia... beh... non è che sei obbligata, anzi... se non ti va non ci sono problemi... anche se a mio modo di vedere potrebbe essere anche un buon modo per farvi pubblicità no?»


    Sperò in una qualche reazione come un cenno positivo della giovane o un qualche gesto da parte della ragazza, poi riprese con calma e precisione a rispondere alla pioggia di domande che la giovane gli aveva posto con tale fervore ed interesse.

    «Sul cosa voglio sapere di te... Beh, non saprei... generalmente è un buon inizio parlare di se quando si "passeggia" verso casa con qualcuno, non trovi? Ovviamente ammetto di averti parlato ben poco di me per poterti fidare e a tua volta parlare di te stessa, quindi, dato che anche tu sembri interessata alla mia persona ti parlerò un po di me, anche se mi spiace deluderti ma... non saprei per quale motivo il clan avrebbe dovuto mandarmi da te... anche perchè... banalmente.... non lo hanno fatto, e se lo avessero fatto tu neppure sapresti della mia presenza...»


    Laciò volutamente il discorso in sospeso, in segno di velata sfida verso la giovane, facendole capire che per quanto malridotto egli non era propriamente uno sprovveduto.

    «Tornando invece alla mia persona... Che mai potrò raccontarti di me... Beh, di sicuro non starò a raccontarti della storia del clan, dato che da quel che mi pare di capire tu ne sappia abbastanza degli Uchiha, quasi come se vi fossi imparentata...»


    Si lasciò sfuggire volutamente la leggera frecciata basata su quello che era riuscito ad estrapolare poco prima dalla mente della giovane.

    «Quindi ti parlerò alla veloce di me e della mia famiglia, ti va? Bene, io sono nato a Konoha 18 anni orsono, ormai quasi 19. Ho vissuto quasi tutta la mia vita in un piccolo villaggio al di fuori di Konoha da alcuni parenti e da meno di un anno sono tornato diventando ninja a pieno titolo presso il villaggio della foglia, sono un sensei ufficiale presso l'accademia ninja e sto terminando alcune pratice per essere assunto come guardiano delle mura, oltre che acquisire l'arte della forgiatura da Drake... Non so se hai mai sentito parlare di lui...»


    Attese una risposta dalla giovane, speranzoso che questa sua apertura potesse far breccia nella giovane in modo che anch'essa potesse aprirsi parlando un po di lei...
     
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    T E L L THE T R U T H:
    It's no wonder that truth is stranger than fiction. Fiction has to make sense.

    Shizuka Kobayashi's memories




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    Era un tipo davvero insopportabile.
    Per un attimo, fermando il suo incedere così da poter guardare meglio il ragazzo con cui si era ritrovata suo malgrado a stare, Shizuka Kobayashi represse il desiderio profondo di tirargli uno schiaffo dritto in faccia, limitandosi ad arricciare il labbro superiore della sua carnosa bocca da bambola, quasi fosse disgustata di ciò che doveva guardare.
    Di tipi indisponenti ne aveva incontrati tanti nella sua vita, rifletté a quel punto, ma mai prima d'allora aveva avuto il piacere di fronteggiare un uomo talmente egocentrico e presuntuoso, che sperava addirittura di nascondere la sua pessima inclinazione caratteriale dietro ad un'apparente compostezza e una tanto disponibile gentilezza. Possibile che non si rendesse conto di essere praticamente trasparente?
    Era tagliente, ironicamente più acido di quello che egli stesso avrebbe probabilmente voluto, e come se non bastasse era persino un “finto allegro” …
    … il peggio del peggio insomma.
    Avrebbe preferito di gran lunga che quello sporco Uchiha si mostrasse a lei per quello che realmente era piuttosto che continuare a cercare di trattarla con guanti di riguardo che così poco si adattavano alle sue mani. Ormai persino l'ironia della situazione cominciava a mancare.
    Ne stava davvero avendo abbastanza di lui.

    « Se il tuo clan ti avesse mandato da me... » Rispose dunque immediatamente la Principessa, affilando lo sguardo e increspando la bocca in un ghigno divertito « ...questo è l'unico modo che ti sarebbe stato utile per ottenere informazioni sulla mia persona, perché ti assicuro che le possibilità che potesse avvenire il contrario senza che io me ne rendessi conto oscillano in una scala di percentuali talmente infima da apparir irrilevante » Sentenziò, rendendosi conto solo a quel punto che stava osando, e lo stava facendo troppo, del resto non aveva assolutamente idea di che grado ninja ricoprisse il suo interlocutore il quale, suo confronto, non aveva limitazioni circa il ricorrere alla violenza o estrarre un'arma contro di lei...
    ...nonostante tutto, per qualche strana ragione, fu sicura di non correre pericoli.
    Quel tipo non intendeva nuocerle, avrebbe altrimenti già avuto modo di farlo visto e considerato che non risultava essere poi così moribondo come aveva dato ad intendere inizialmente, dunque era più che plausibile che il suo obiettivo fosse effettivamente un altro, ossia: Ottenere informazioni su di lei.
    Quale fosse tuttavia il motivo che guidasse le premure di quel ragazzotto, era però ancora tutto da capire... che interesse poteva avere un Uchiha puro ad avvicinarsi alla “Principessa Bastarda” ?
    Curiosità, forse? Oppure il gusto per l'orrido... di leggende su di lei, del resto, se ne sentivano tante al Clan Uchiha, e nessuna di queste suonava lusinghiera.
    Per un attimo, portandosi ambo le mani ai fianchi, la ragazza non poté fare dunque a meno di sospirare sonoramente nello scuotere la testa, rassegnandosi ad ascoltare pazientemente tutto il lungo monologo del suo interlocutore, da cui non distolse però mai lo sguardo, forse cercando di leggere in quei silenzi e in quelle pause un messaggio che ai suoi occhi poteva assumere ogni tipo di sfumatura...
    […] Non si fidava degli Uchiha.
    Con ogni probabilità non lo avrebbe mai fatto, poiché per quanto il suo attuale desiderio fosse quello di ricongiungere i Kobayashi al clan di sua madre, era sicura che non sarebbe mai stata in grado di cancellare il passato vissuto da entrambe...
    ...nonostante tutto, per un solo rapidissimo attimo, la ragazza si chiese cosa sarebbe successo se almeno per una volta avesse provato a tendere la mano verso un esponente di quel clan che le aveva tolto tutto, piuttosto che ritrarla con sdegno. Se solo per quella volta, invece di aggredire per il terrore di essere ferita, avesse provato a chiudere gli occhi e cadere in avanti... sarebbe stata presa al volo, oppure sarebbe stata fatta cadere nell'abisso del vuoto?
    Quel ragazzo era uno dei più irritanti che avesse mai avuto la fortuna di incontrare e ogni parola da lui detta le sembrava una beffa o l'ennesima manifestazione di quella strana perversione Uchiha a voler giocare a fare Dio, nonostante tutto era il primo membro di quel clan che le aveva rivolto la parola dopo ben diciotto anni di odio e disprezzo...
    … non era forse questo che, nel profondo del suo cuore di bambina, aveva sempre desiderato...?
    Non era forse la possibilità di dimostrare chi era che aveva sempre richiesto?
    Non aveva forse lottato tutta la vita per essere guardata, anziché evitata...?

    Per essere vista, anziché ignorata.

    « Sono la figlia di Heiko Uchiha »
    Le parole le uscirono di bocca prima che potesse frenarle, e lei, immobile sotto alla fronda di un pino secolare che pareva divertirsi a giocare con i prismi di luce di un sole volubile e sbarazzino, non poté fare a meno di irrigidirsi, quasi si fosse resa conto solo in quel momento di ciò che aveva detto... una constatazione di pura follia, quella, che da sola bastò a farla ammutolire per un tempo che le apparve eterno, e a cui fu costretta a porre fine solo con uno sforzo che non aveva paragoni nella sua mente e nei suoi ricordi.
    Per un attimo, le sembrò di aver appena spostato a mani nude la montagna più alta della sua vita... quella che non era mai riuscita a scalare, e che aveva continuato a franarle addosso da sempre.
    « Il mio nome è Shizuka Kobayashi... » Sussurrò debolmente, spingendo la sua voce quasi fino a sentir dolere la gola « … “La principessa bastarda del clan Uchiha” » Aggiunse in un soffio, imponendosi solo a quel punto di alzare lo sguardo sul proprio interlocutore. I suoi occhi, febbrili lucciole di insicurezza, sembrarono quasi alla ricerca spasmodica di qualcosa... che però, almeno in quel momento, non parve esser trovato « Mia madre è la “peggiore dei traditori” … » Disse, alzando il mento verso Atasuke, sicura che se non avesse fatto così si sarebbe presto ritrovata a guardare il pavimento come la colpevole che l'avevano sempre accusata di essere « ...sono l'ultima discendente della faida che separa da più di venti anni il mio clan dal tuo... » Esitò, guardandosi improvvisamente attorno quasi sperasse di veder giungere in suo soccorso qualcuno o qualcosa... una possibilità che risultò ovviamente vana e che non fece altro che costringere lo sguardo di lei negli occhi neri di lui.
    Per un istante, il terrore.
    « ...sono la prima ricercata del Clan Uchiha, l'unica figlia femmina di Heiko, la capoclan reietta » Aggiunse, e a quel punto, suo malgrado, tacque.
    Passarono lunghi attimi di silenzio durante i quali non riuscì a dire o fare niente, ritrovandosi incapace persino di scappare, completamente nuda, completamente vulnerabile...
    … poi, improvvisamente, si sentì tornare bambina.
    Fu solo un attimo, e senza che potesse fermare quel gioco di macabra cattiveria, si rivide con indosso il suo abitino celeste dalle maniche a sbuffo e i calzini di pizzo bianco ai piedini piccolini. Vide sua madre, alta e bellissima nel suo kimono d'argento, camminarle accanto tenendole la mano e raccomandandole di fare “la brava bambina di cui tutti potessero essere orgogliosi”. Ricordò le sue dita minuscole che si accarezzavano orgogliosamente i corti capelli castani prima di mimare l'espressione di imposto silenzio raccomandatale da colei che così diligentemente la guidava lungo quei corridoi lunghi e scuri, i cui unici colori erano il rosso e il bianco uniti insieme in un cerchio spezzato.
    Rammentò la sala delle riunioni principali del Clan Uchiha.
    I membri più rilevanti della dinastia seduti ai margini della stanza, costeggianti quel vuoto all'interno del quale rimanevano immobili, sole, lei e la sua adorata okaa-sama...
    … Ricordò lo sguardo del capoclan. I suoi occhi neri colmi di disprezzo.
    Il disgusto nell'osservarla.
    Il sorriso di scherno.
    L'odio.

    “Non è possibile che una bastarda meticcia venga inoltrata agli insegnamenti che impartiamo ai nostri bambini, Heiko...”



    Il disagio.
    Il té bianco che puzzava di orrore.
    Gli occhi puntati su di lei con la ferocia bruciante del risentimento e della gelosia.

    “...sei stata tu a volere tutto questo: Hai scelto tu di essere privata del tuo grado e del tuo nome. TU hai voluto che i tuoi figli fossero rinnegati, poiché se solo avessi scelto NOI anziché LORO...”



    Una mano affusolata e snella che stringeva la sua.
    Il volto di sua madre impassibile, alto e fiero, scevro da ogni dubbio.
    Gli occhi neri di lei brillanti di lacrime di rabbia.

    “...E' una femmina, Heiko. Come te e tua madre prima di te, porterà il vostro fardello, lo sai bene...”



    Il silenzio gelido e tagliente della verità.
    L'odio sempre più forte.
    Il tè ormai freddo.

    “...trova un modo perché questo non accada: Non possiamo permettere ad un bastardo senza legami di divenire ciò che tu eri per noi. L'ammirazione non nasce mai due volte.”



    Le porte che si aprivano alle sue spalle.
    Sua madre che la tirava rapidamente in piedi, per un attimo impedendo ai suoi piedini di toccare terra.
    I suoi profondi occhioni verdi da bambolina che guardavano lei, poi colui che ella fissava così ardentemente.
    La paura immotivata, senza nome.

    “Non c'è posto per una bestia senza padrone, Heiko: Ciò che non ci compiace, viene fatto sparire. Tu meglio di tutti noi, lo sai molto bene...”



    I passi veloci sul parquet lucido.
    La mano di sua madre rabbiosamente stretta alla sua.
    Il suo cadere in terra e l'essere tirata in piedi con brutalità. Le sue lacrime. Le suppliche...

    ...E poi il sole. Gli alberi.
    Il sottobosco fiorente.
    E lei di nuovo adulta, di nuovo diciottenne, di nuovo forte.
    Non c'era sua madre che le teneva la mano, adesso. Non c'era nessuno sguardo di disprezzo e nessuna premonizione di un destino imposto e inappellabile con cui fare i conti.
    C'era solo lei e quel ragazzo dai lineamenti così peculiari, così ovvi, così conosciuti...
    ...gli incubi della sua infanzia avevano avuto persone dagli occhi neri e i capelli color della notte, affacciati su una luna bianca di un cielo rosso sangue. E ora, quegli stessi occhi la stavano guardando, e lei mai prima di quel momento si era sentita tanto indifesa.
    Se fosse stata colpita, sarebbe caduta come quel giorno di ottobre?
    Chi l'avrebbe tirata in piedi raccomandandole il silenzio...?

    ...Nessuno.
    Nessuno l'avrebbe aiutata ad alzarsi. Non stavolta.
    Era sola. Stavolta era sola.

    « Non è possibile che un Kobayashi e un Uchiha camminino felicemente insieme » Mormorò a quel punto, quasi inconsciamente « L'ammirazione... » Esitò, chiudendo gli occhi « ...non nasce mai due volte »



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  11. Asgharel
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    ~Faida di un Attimo~


    La giovane ragazza non resistette alle provocazioni di Atasuke, iniziando, quasi con rabbia, a rispondere alle sue parole sottolineando i motivi per cui il clan avrebbe dovuto mandarlo e sottolineando che quello che stava svolgendosi probabilmente sarebbe stata l'unica possibilità del clan per riuscire ad ottenere da lei delle informazioni private.

    "Se il tuo clan ti avesse mandato da me... questo è l'unico modo che ti sarebbe stato utile per ottenere informazioni sulla mia persona, perché ti assicuro che le possibilità che potesse avvenire il contrario senza che io me ne rendessi conto oscillano in una scala di percentuali talmente infima da apparir irrilevante "


    Rimase quasi sbigottito di fronte alle parole della giovane, tuttavia, imperterrito, proseguì con il suo monologo cercando di raccontare in breve parte di se stesso, omettendo i dettagli troppo personali o comunque troppo banali per essere narrati in quella specie di passeggiata, ma soprattutto cercando di non fare innervosire ulteriormente la giovane, che sembrava quasi mettercela tutta per respingere lui ed i suoi modi di fare, continuando nella sua perversa fissazione riguardo al clan ed ai suoi membri. Mentre le sue parole viaggiavano nel vento, la giovane continuava a fissarlo senza mai scollargli gli occhi di dosso, con un'attenzione quasi maniacale. Difficile dire se lo facesse per una sorta di attrazione o per diffida. Intanto invece i pensieri si facevano profondi, quasi abissali. Non potè fare a meno di ricordare la sua storia, quello che era accaduto prima del suo arrivo a Konoha, ma soprattutto quello che era capitato dopo, tutto quello che aveva dovuto passare per essere riconosciuto quale membro del clan, persino quello che i suoi vicini gli avevano fatto passare per lungo tempo. Furono tuttavia le parole della giovane a risvegliarlo da quei pensieri che come un sottofondo audio aveva accompagnato i suoi passi e le sue parole.

    "Sono la figlia di Heiko Uchiha"


    Quelle parole risvegliarono Atasuke dal suo "torpore" riportandolo nel mondo reale e portandolo a fermarsi per osservare la giovane che in un attimo si sra irrigidita, fermandosi sotto l'ombra di un pino, il quale smosso dal vento pareva giocare con i lineamenti della ragazza illuminandoli con delle macchie di luce qua e là. Una folata di vento spazzò il cammino facendo smuovere i capelli del giovane Atasuke come foglie al vento mentre questi con estrema attenzione osservava la giovane e con maggior attenzione ne udiva le parole cercando di unire a poco a poco quel puzzle che aveva iniziato in quella serata da un incontro fortuito.

    "Il mio nome è Shizuka Kobayashi... “La principessa bastarda del clan Uchiha”"


    A quel punto ella alzò finalmente lo sguardo incrociando quello di lui, tuttavia, mentre i suoi occhi parevano tremare di terrore e tristezza, quelli di lui erano fermi ed impassibili nel loro caldo abbraccio di comprensione. Non sapeva che cosa la ragazza stava per dirgli, tuttavia, in qualche maniera lo stava intuendo sempre più a poco a poco che la conosceva.

    "Mia madre è la “peggiore dei traditori” … sono l'ultima discendente della faida che separa da più di venti anni il mio clan dal tuo... sono la prima ricercata del Clan Uchiha, l'unica figlia femmina di Heiko, la capoclan reietta"


    Il suo sguardo fuggiva di quà e di la, cercando una sorta di fuga, una specie di nido in cui rintanarsi, ma alla fine non vi era niente ni cui potesse fuggire, se non gli occhi stessi di Atasuke che poco alla volta si erano fatti più vicini. Egli infatti si era avvicinato alla giovane Shizuka arrivando a pochi dentimetri dalla giovane che chiaramente pareva come in preda al panico. Una lieve, tuttavia estenuante attesa si frappose tra quelle parole e le successive. Per appena un istante lo sguardo della giovane parve divenire assente, quasi come se stesse per svenire, poi, ripresasi, riprese a parlare con alcune schiette parole.

    "Non è possibile che un Kobayashi e un Uchiha camminino felicemente insieme L'ammirazione... non nasce mai due volte "


    A quelle parole, Atasuke preferì non replicare subito, anzi, attese alcuni attimi in religioso silenzio prima di replicare, cercando di carezzare dolcemente la guancia sinistra della giovane con l'indice della mano destra in modo che Shizuka riaprisse gli occhi prima di starlo a sentire.

    «Non so chi ti abbia detto questo... Ma posso assicurarti che non è la verità.»


    Con l'ormai consueto sorriso guardò ancora una volta la giovane negli occhi, concedendosi una breve pausa dalle sue parole.

    «L'ammirazione può nascere anche più di due volte. Il difficile spesso è di riuscire a trovare qualcuno o qualcosa che valga la pena di essere ammirato»


    Con un'ulteriore brevissima pausa spezzò quella sua ripresa del discorso anfatizzando così ogni singola frase che scandiva, ma soprattutto sottolineandone il significato nascosto che spesso molti lasciavano a decadere.

    «E poi... io credo che una Kobayashi ed un Uchiha possono camminare felicemente insieme... Sta solo a loro decidere se farlo o meno...»


    Le porse quindi la mano destra in un gesto che trasudava nobiltà d'alti luoghi e di ben altri tempi, invitandola così a prendere la sua mano per proseguire il cammino.

    «Io voglio essere quell'Uchiha... Vorresti essere tu quella Kobayashi?»


    Sperò in una reazione positiva nella giovane a quelle sue parole. Sperava veramente che per una volta potesse essere lui, in un modo o nell'altro quell'Uchiha del cambiamento come lo erano stati con lui i suoi vicini di casa, seppur con molte più difficoltà, ma con i medesimi e gravosi pesi sul loro nome e sulla loro discendenza.

    «Per quanto riguardi di chi sei figlia, poco importa... Tu sei tu e non è importante chi sono o cosa hanno fatto i tuoi genitori in passato. Io stesso sono "figlio di un traditore". Tuttavia le colpe di mio padre, sempre che queste siano vere, non ricadranno su di me, e guai a chiunque cercasse di dire il contrario»


    Con quelle parole, il suo sguardo si fece serio e convinto, quasi come se quella specie di monologo avesse funzionato da discorso ispirante o qualcosa del genere. Credeva veramente in ciò che aveva appena detto e sperava che in qualche modo quelle sue parole potessero influenzare in maniera positiva le parole della giovaen Kobayashi.
     
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    Shizuka Kobayashi and Atasuke Uchiha




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    Non aveva idea del perché si era ridotta a rivelare tutte quelle cose. Con ogni probabilità, colta da un momento di debolezza in cui aveva sperato di poter finalmente essere accolta con gentilezza da uno dei membri di quel clan che aveva sempre guardato da lontano, aveva avuto la pessima idea di parlare troppo...
    … o almeno, questo era quello che la giovane kunoichi pensò prima che il suo interlocutore, avvicinandosi a lei lentamente, non aveva alzato una mano a sfiorarle il viso. Un gesto, quello, che solo bastò ad indurre gli occhi della Principessa ad aprirsi di scatto, portandosi rapidamente in quelli di lui, lì dove la cordialità che da bambina aveva sempre rincorso non era un'illusione puerile destinata a precipitare presto, ma una realtà concreta...

    […] Odiava davvero gli Uchiha?
    Poteva agli effetti dire di detestare realmente quel clan che sua madre, nonostante tutto e dopo tutti quegli anni, ancora amava così ardentemente? Quel clan che lei proteggeva, assumendosi colpe che non aveva, che venerava, cercando di insegnare ai propri figli l'amore della loro tradizione, e che ogni anno, durante l'unica volta in cui le veniva concesso di entrare nel Quartiere, visitava con rispetto, portando offerte ai vecchi Numi della sua famiglia e ricordando un passato che, per quanto non lo avrebbe ammesso mai, le mancava...
    … ma questo, lei che era sua figlia, lo sapeva troppo bene.
    Conosceva i lineamenti del volto di Heiko Uchiha il giorno dopo quello di visita al suo amato Clan natale. Sapeva il motivo per cui ella si chiudeva nelle sue stanze giorni interi dopo quella piccola grande opportunità, intenta ad osservare con affetto perduto quell'Haori cucito a mano recante il simbolo del ventaglio bicolore che un tempo, da futura capoclan quale doveva essere, indossava con orgoglio...

    Poteva davvero affermare di odiare gli Uchiha?
    Da quando aveva cominciato a rincorrere le loro schiene, senza mai raggiungerle? E da quando, invece, aveva smesso di urlare i loro nomi, preferendo tacere?
    L'ammirazione poteva divenire odio...?
    La speranza poteva trasformarsi in aridità...?

    Da quando aveva cominciato a desiderare di avere almeno un pizzico di tutta la forza e la nobiltà di un Uchiha? Di essere quanto più simile a sua madre di quanto, forse, era già?

    Da quando...?

    « ...Che vai dicendo così d'improvviso? »
    La sua voce si fece spazio nel silenzio che si era venuto a creare improvvisamente tra i due ragazzi nel momento in cui Atasuke aveva terminato il suo parlare, e rivolgendo lui uno sguardo imbarazzato -molto diverso da quello tenuto fino a quel momento, poiché detentore di una gentilezza che prima sembrava non trovare posto tra i sentimenti contrastanti contenuti nel cuore dell'erede- la giovane kunoichi non poté che sorridere, impacciata.
    [...] Ed eccola là, la vera Shizuka Kobayashi... niente di più di una ragazza timida e bisognosa di conferme, detentrice di una di quelle rare forme di dolcezza che sono esuli dal ricatto e dal tornaconto, ma che rappresentano piuttosto la categoria più pura del sentimento, forte e potente come quello di un bambino. Poiché era proprio questo la bella Principessa di Konoha: Una bambina con un destino troppo pesante da portare sulle spalle, ma che nonostante tutto ella sapeva affrontare ogni giorno al massimo delle sue capacità, impegnandosi per non crollare o fermarsi mai, impegnandosi dunque per riuscire a dimostrare a se stessa e al mondo nel quale viveva, che anche lei poteva farcela...
    … era questo e anche molto di più. Ma quali fossero le altre sfumature del carattere di lei non era dato saperlo al giovane Shinobi degli Uchiha, non ancora perlomeno... un rebus non è mai facile da risolvere, era questo che si diceva in giro dopotutto.
    « Sembra quasi una dichiarazione d'amore questa » Borbottò dopo un attimo la fanciulla, ridacchiando « Dovresti stare attento quando parli con una donna in questi termini, prima o poi qualcuna ti fraintenderà... » Aggiunse poi, riportando i suoi profondi occhi verdi in quelli corvini di lui, forse cercando con quelle parole di ottenere un'atmosfera maliziosa che, al contrario, non riuscì a creare...
    … oh no, non lei: Il suo cuore, dopotutto, era già stato preso da qualcuno. Questo era ciò che si diceva tra le vie pettegole del Villaggio della Foglia almeno...
    Si diceva che vi fosse uno Shinobi di rara bellezza, un uomo dai capelli color della luna e gli occhi di ghiaccio che fosse stato in grado di ghermire una tempesta che mai, fino a quel momento, qualcuno era riuscito a tenere tra le proprie dita... e si diceva anche che quella Principessa fiera e indomabile non fosse proprio riuscita ad opporsi a quelle mani che l'avevano carezzata e addomesticata: Come una volpe dal manto di fuoco, la fanciulla aveva dunque trovato colui in grado di guidarne i passi.
    Almeno, questo era quello che si diceva...

    atasuke
    « Scusami »
    La sua voce -che riprese piede tra i due dopo una manciata di attimi di silenzio- nel pronunciare quelle parole si fece improvvisamente debole e la ragazza, abbassando lo sguardo umiliato sulle sue mani raccolte in grembo, non poté che sospirare con rassegnazione. Sul suo volto, ora, i lineamenti della consapevolezza di un comportamento non lusinghiero con cui fare i conti.
    « Ti ho aggredito per il solo fatto di essere un Uchiha, per quanto tu invece abbia insistito a cercare di venirmi incontro... » Mormorò la ragazza, scuotendo la testa « ...La verità era che ero... » Esitò per un lungo istante « ...terrorizzata, immagino » Sospirò nuovamente « Nessun membro del Clan Uchiha si è mai rivolto a me con la cortesia che stai utilizzando tu... ma del resto è anche vero che non mi è mai capitato di stare di fronte ad un Uchiha che non conosce la storia di Heiko e della sua figlia maledetta » Ma così dicendo tacque immediatamente, ammutolendo quasi si fosse resa istantaneamente conto di aver detto qualcosa di troppo che, per quanto la situazione potesse apparire piacevole e accondiscendente, non avrebbe mai dovuto essere rivelato.
    Senza abbassare lo sguardo da quello del suo interlocutore però, forse credendo che facendo il contrario avrebbe potuto dar a intendere lui l'errore nel quale era incorsa, e fingendo dunque che non esistessero problemi di sorta, la ragazza si limitò ad osservare di nuovo, per un lungo istante, il volto di colui di fronte al quale sostava, alla fine sciogliendosi in un sorriso, uno di quelli che l'aveva resa famosa nelle Terre del Fuoco poiché detentore di quella purezza infantile che, in un tempo come quello odierno, era così difficile da preservare in età adulta...
    « Non so per quanto potrò starti accanto a Konoha, ma... » Esordì ancora, per un secondo titubante quasi risultasse poco convinta da qualcosa « ...se ti va, fino alle mura, potremmo davvero camminare fianco a fianco felicemente » Aggiunse, porgendo una mano al suo interlocutore, che sperò questi accettasse nella propria.
    […] In verità, avrebbe voluto avere più tempo a disposizione...
    … le mura erano ormai a cinque minuti di cammino, il tramonto stava cedendo il passo alla notte e lei non sapeva ancora niente di quel ragazzo se non quel poco che era riuscita a carpire dai suoi discorsi e dal suo atteggiamento...
    Avrebbe voluto poterlo conoscere meglio, stare con lui quel tanto che le sarebbe bastato per potersi permettere di chiamarlo per nome anziché per cognome, ma... non poteva accedere al Quartiere Uchiha senza permesso, lo sapeva bene. La sua vita, si rese conto, era molto più importante di un capriccio momentaneo, fosse dettato dall'entusiasmo dell'attimo corrente...
    … eppure, se solo avesse potuto desiderare qualcosa, avrebbe desiderato riuscire a farcela.
    Avrebbe desiderato poter entrare nel quartiere di quel Clan che le era stato sempre negato, conoscere i suoi membri, parlare la loro lingua e forse, in un posto molto remoto del suo cuore, combattere per loro, per poterli proteggere... non perché essere un Uchiha fosse un onore per cui morire e sacrificarsi, ma perché per quanto sembrassero volerlo negare, anche loro facevano parte di quel Villaggio chiamato Konoha.
    Anche loro, dopotutto, facevano parte della sua famiglia.

    Avrebbe voluto provare ad entrare nel loro mondo, almeno per una volta...




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    ~Fraintendimenti~


    La giovane ragazza non resistette al gesto del giovane e, come prevedibile, nonappena aprì i suoi verdi occhi li piantò dritti nei corvini del giovane Atasuke in un profondo scambio di sguardi. Per una attimo Atasuke parve attendere prima di proferir parole, come se si stesse gustando quel verde smeraldo che con attenzione pareva osservarlo nei suoi occhi neri e profondi come la pece.

    [...]

    "Che vai dicendo così d'improvviso?"


    Quella fù la risposta della giovane alle parole dell'Uchiha dopo alcuni attimi di silenzio che sembravano essere un misto di imbarazzo e di agitazione. Poi, un lieve sorriso impacciato si mostrò sul volto della giovane. Un sorriso lieve, tuttavia un sorriso sincero, ed Atasuke non potè fare altro che apprezzarlo sorridendo a sua volta cercando di alleviare leggermente quella forma di imbarazzo che la giovane pareva avere.

    "Sembra quasi una dichiarazione d'amore questa Dovresti stare attento quando parli con una donna in questi termini, prima o poi qualcuna ti fraintenderà..."


    Gli occhi smeraldinei di lei si posarono ancora in quelli neri di Atasuke, come per cercare una forma di conforto o una conferma mentre una lieve risata della giovane accompagnava quelle parole sottolineando quanto la cosa potesse efefttivamente risultare buffa o fraintendibile da chiunque avesse osservato la scena dall'esterno. Atasuke, con tutta calma e tenerezza replicò alle parole della giovane, cercando di darle quello che forse andava cercando.

    «In effetti hai ragione... Ma in effetti... potrei anche aver voluto essere frainteso...»


    Decise di alsciarsi appresso quell'alone di dubbio e malizia alle spalle lasciando poi che la giovane proseguisse a sua volta con le sue parole.

    "Scusami Ti ho aggredito per il solo fatto di essere un Uchiha, per quanto tu invece abbia insistito a cercare di venirmi incontro... La verità era che ero... terrorizzata, immagino... Nessun membro del Clan Uchiha si è mai rivolto a me con la cortesia che stai utilizzando tu... ma del resto è anche vero che non mi è mai capitato di stare di fronte ad un Uchiha che non conosce la storia di Heiko e della sua figlia maledetta"


    Egli tacque ancora una volta, mentre la giovane gli squadrava ancora uan volta il volto, quasi come per osservarne con estrema attenzione ogni minimo dettaglio prima di lasciarsi sfuggire un'altro sorriso, anch'esso sincero e lieto.

    "Non so per quanto potrò starti accanto a Konoha, ma... se ti va, fino alle mura, potremmo davvero camminare fianco a fianco felicemente"


    Egli non sapeva bene per quale motivo avesse questa forma di limitazione all'interno del villaggio, tuttavia aveva iniziato ad intuirlo mettendo insieme le parole della giovane ed i ricordi che questa si era lasciata sottrarre con l'inganno dalla sua tecnica atta a proteggere e comprendere, piuttosto che offendere.
    Si prese ancora un'attimo prima di proferire parola lasciando ancora qualche attimo alla giova ne Shizuka. Poi con gesto galante le prese con delicatezza la mano e vi avvicinò le labbra per un lieve baciamano prima di stringerla dolcemente.

    «Non capisco perchè mai a Konoha non potrai starmi vicino, ma accetto volentieri la tua proposta Shizuka... Vogliamo andare?»


    Ancora uno sguardo amorevole ed un sorriso, poi iniziò ad incamminarsi insieme all'erede dei Kobayashi. Ancora non sapeva e non poteva comprendere quanto quell'evento potesse essere considerato storico o particolarmente importante, ma in effetti la riunione degli Uchiha e dei Kobayashi non poteva che essere un evento storico.

    [...]


    ~Invito al Clan~


    I cinque minuti di cammino che li separavano dal crepuscolo e dalle mura del villaggio trascorsero con estrema rapidità, probabilmente accellerati anche da quegli attimi di cammino passati assieme allegramente senza che delle differenze immotivate potessero contagiarne la bellezza.
    Con occhi sognanti Atasuke rimirò le porte del villaggio in attesa che le guardie, suoi futuri colleghi, terminassero le procedure per il loro ritorno. Una rapida occhiata venne poi lanciata sui volti dei Kage e sulla montagna che reggeva i loro enormi volti scolpiti nella dura roccia, e poi, come in un illuminazione parlò nuovamente a Shuzuka con tono deciso ma allo stesso tempo dolce.

    «Che ne diresti di venire con me a casa mia per la cena?»


    Poi con calma voltò la sua testa riportando il suo sguardo verso Shizuka, in particolare verso gli occhi di lei, nella speranza che anche lei si voltasse verdo di lui.

    «Non so perchè non potresti starmi vicino qui a Konoha, ma ti posso assicurare che non ci sono problemi... Certo... Non sei obbligata ad accettare... Ma se ti fa piacere... Beh... sei la benvenuta nella mia casa giù nel quartiere Uchiha»


    Ancora un sorriso, questa volta leggermente imbarazzato, come se quella specie di invito lo avesse messo in soggezione, cosa che non capitava ormai da anni, perlomeno mai era capitato da quando aveva perso Ayame.

    «E poi... Non so se per qualche motivo il tuo accesso al quartiere del clan è limitato a causa di tua madre... Ma... se così fosse... Sono pronto a portarti io stesso sana e salva fino alla mia dimora»


    Le porse quindi un nuovo sincero sorriso e nuovamente la sua mano si protese verso lei nella speranza che ella accettasse l'invito lasciando che la propria scivolasse in quella di Atasuke proprio come era capitato appena 5 minuti addietro.
     
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    And a time to prepare to pick up the pieces when it's all over.

    Shizuka Kobayashi's puzzle




    divisore





    Camminare mano nella mano con un Uchiha era una di quelle esperienze che Shizuka Kobayashi aveva sempre creduto di non poter fare, nemmeno se avesse passato la sua intera esistenza a supplicare i Kami per un miracolo irrealizzabile...
    “E' impossibile che almeno un membro di quel Clan mi accetti per quello che sono!” urlava da adolescente, piangendo di rabbia nel picchiare i pugni su di un basso tavolo di legno al quale era seduta una mortificata Heiko Uchiha, intenta a spiegare alla figlia l'importanza di porgere la mano al prossimo anziché covare un odio distruttore che non fa che rovinare le persone “Se loro mi odiano, li odierò anche io!” continuava però a ripetere lei, sciocca ragazzina dal futuro ancora tutto da fare...

    …Ma adesso le cose erano diverse. Lui era diverso.
    Atasuke Uchiha, questo il nome del compagno al fianco del quale camminava, aveva accettato la sua piccola mano nella propria senza nessun problema o nessuna espressione sdegnata. Non aveva guardato a lei come la figlia della capoclan reietta, sbilanciandosi persino in gesti di galanteria che pochi uomini in generale le avevano mai rivolto e che, com'era prevedibile, non poterono che imbarazzarla.
    Era davvero un tipo strano, quello lì. Alla fine le sue valutazioni non si erano rivelate errate... Nonostante tutto, per quanto quella particolare circostanza potesse emozionarla e riempirla di gioia, era destinata a durare poco: Nell'arco di qualche minuto infatti i due ragazzi arrivarono alle mura di Konoha, e superati i soliti stancanti controlli da cui nessuno era scevro, entrarono all'interno di quel Villaggio che il giovane Uchiha sembrava amare particolarmente... quasi quanto lei. Forse di più?
    Scrutandone il viso di sottecchi, l'erede non poté che domandarsi che tipo di storia avesse quell'uomo alle spalle e cosa creasse quella sfumatura di eterna dolcezza che ne caratterizzava lo sguardo... da dove prendeva tutta quella imperturbabile calma?
    Per cosa o chi, sorrideva sempre?

    “Che ne diresti di venire con me a casa mia per la cena?”



    La domanda arrivò improvvisamente dalle labbra dello Shinobi che la ragazza continuava ad osservare, presentandosi alle orecchie di lei carica di un deciso entusiasmo che fino a quel momento non si era mai rivelato nella persona del suo interlocutore, cosicché se in un primo istante quelle parole vennero accolte dalla Principessa dei Kobayashi con un sorriso mite e gentile e un educato movimento di apprezzamento della di lei testa... appena il loro significato riuscì a fare capolino alla sua mente, la povera creaturina non poté che trasalire, strecciando le sue dita da quelle dell'interlocutore per poi portarsi entrambe le mani alla testa, sgranando i suoi profondi occhi verdi in un'espressione di totale sconvolgimento.
    Sembrava che le avessero appena preannunciato la fine del mondo.
    « EEEH? » Strillò, allibita « COSA HAI DETTO? » Insistette, avvampando fino a sopra le orecchie di un acceso rosso brillante che le conferì, in meno di un istante, l'espressione imbarazzata di una ragazzina di sedici anni appena compiuti « SEI SERIO!? » Chiese ancora, incapace di trattenere la sua meraviglia... Non che ce ne fosse bisogno, del resto Shizuka Kobayashi era famosa per essere trasparente come le acque di un torrente d'estate, per quanto riguardava i suoi sentimenti.
    […] Se passeggiare con un Uchiha e parlare con lui del più del meno era infatti una circostanza assolutamente sensazionale, sentirsi invitare a cena all'interno di quel Quartiere entro cui non le era mai permesso accedere se non previo permesso del Capoclan in persona o del Consiglio degli Anziani, era senza dubbio un evento più importante della prima preghiera annuale al tempio Shintoista delle Terre del Fuoco.
    Per un attimo -forse non rendendosi nemmeno conto di tutte le sfumature che quell'invito avrebbe potuto comportare per lei- la ragazza non poté che portarsi le sue piccole mani alle guance, imbarazzatissima. Come se si fosse resa conto solo in quel momento della situazione in cui versava, si chiuse poi di scatto il kimono ancora aperto che persisteva maliziosamente a mostrare il suo busto semi-nudo, e così facendo abbassò subito lo sguardo, capendo solo allora il significato delle espressioni laconiche delle guardie alle mura.
    Era talmente paonazza che sembrava essere sul punto di svenire.
    « ...Non sono ben vestita per un invito del genere » Balbettò dopo un pò, muovendosi nervosamente sul posto « N-non sono abbastanza graziosa, d-dovrei quantomeno sistemarmi l'obi della divisa ninja e... » Esitò, angosciata, improvvisamente sentendosi impallidire: Era senza trucco! … Santi gli Dei, che razza di faccia aveva in quel momento!?!

    “Non so perchè non potresti starmi vicino qui a Konoha, ma ti posso assicurare che non ci sono problemi... Certo... Non sei obbligata ad accettare... Ma se ti fa piacere... Beh... sei la benvenuta nella mia casa giù nel quartiere Uchiha”



    …. E fu un istante. Un solo rapidissimo istante, ed ella, ascoltando quelle parole, repentinamente ricordò: Ricordò il motivo per cui avrebbe dovuto declinare quell'invito... per cui avrebbe dovuto tornarsene immediatamente a casa, a scrivere la migliore lettera di scuse che le sue mani tremanti le avrebbero permesso di stilare.

    “E poi... Non so se per qualche motivo il tuo accesso al quartiere del clan è limitato a causa di tua madre... Ma... se così fosse... Sono pronto a portarti io stesso sana e salva fino alla mia dimora”



    « Il problema immagino che non sia entrare... » Rispose dopo un attimo la kunoichi. La sua voce, adesso, era divenuta fredda « …Ma uscire » Aggiunse dopo una breve esitazione.
    Rimase dunque a fissare il suolo con gli occhi ridotti a due fessure la Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia, prima di alzare il suo sguardo smeraldineo in quello del suo interlocutore, che rimase ad osservare in silenzio per una manciata di interminabili secondi, quasi si ritrovasse a valutare dei dettagli che nessuno, eccetto lei, avrebbe mai conosciuto... ma poi, sospirando nello scuotere la testa con rassegnazione, la ragazza si avvicinò al suo interlocutore, portandosi tanto vicino a lui da far si che le sue parole potessero essere udite solamente dalle sue orecchie, forse pronta a rivelare lui quel qualcosa che nel suo cuore si agitava e che nella sua voce si proiettava come una lama dal doppio filo.
    Nonostante tutto, per quante volte sembrasse essere sul punto di iniziare a parlare, le sue labbra continuarono ad aprirsi e chiudersi nel silenzio più grave, dando di lei l'immagine di una creaturina muta, incapace di esprimersi. Fu costretta a prendersi un attimo di pausa per riuscire, infine, a pronunciare le prime parole di quello che sembrava essere uno dei tanti tasselli di un quadro non ancora delineato, non ancora chiaro...
    « Se entrassi all'interno del Quartiere Uchiha senza permesso, verrei uccisa » Annunciò, e la sua voce si presentò alle orecchie del giovane Uchiha carica di un sentimento che poco aveva a che spartire con quello di gentilezza tenuto durante il viaggio verso le mura del Villaggio « E dopo di me, verrebbe uccisa mia madre » Aggiunse chiudendo gli occhi e intrecciando le sue dita tremanti le une alle altre, quasi sperando che quel suo piccolo gesto potesse fermare quel movimento incontenibile con cui sembrava reagire il suo corpo agli sbalzi d'umore troppo forti e troppo sentiti « Gli Uchiha sanno sempre quello che faccio e dove mi trovo... è quasi sicuro che sappiano già che ti ho incontrato e scortato alle mura: Quanto tempo credi impiegheranno per capire che mi trovo nel loro Quartiere e di quanto tempo pensi avrebbero invece bisogno per tagliarmi la testa? » Domandò, e stavolta quelle parole furono accompagnate da un sorriso divertito: Sembrava rassegnata, molto più di quello che aveva mai dato ad intendere persino a se stessa... sembrava proprio che per lei, quella situazione dolorosa e mortificante, non sarebbe mai cambiata.
    « Mia madre ha imparato a fare della sua condanna un modo per proteggere la sua famiglia, che ha sempre difeso a scapito del suo onore e del suo nome, ma io... » Sorrise amaramente, scuotendo poi la testa « ...sono ancora così inesperta... continuo a fare errori sciocchi, a cadere nelle trappole evidenti di un destino con cui non sono ancora scesa a patti, e dunque adesso mi chiedo » Mormorò, riportando gli occhi in quelli corvini del suo interlocutore, cercando in ogni modo di nascondere quella vena di profonda stanchezza e disarmante tristezza che permeava il suo volto da bambolina « E' giusto che io metta a repentaglio la vita delle persone per amo, per soddisfare un mio desiderio? » ...Un desiderio che aveva sin da bambina, che non l'aveva mai abbandonata, ma che nonostante ciò si presentava solo come una speranza mal risposta, caratterizzante un futuro che non sarebbe mai arrivato...
    Per un attimo, chiudendo gli occhi, la ragazza sentì schiamazzare alle sue orecchie la voce di una giovanissima Ritsuko, la quale, niente più di una bambina di otto anni, l'aveva presa da parte e guardandola con tono d'ammonizione, l'aveva minacciata con il suo rinomato e terribile dito indice, indicando i graffi di cui si era cosparsa, rotolando nel fango mentre rincorreva suo zio fino alle mura del Villaggio...
    ...quella volta aveva urlato con tutte le sue forze il nome di lui, sperando che questo si girasse e le sorridesse, e non perché avesse voluto dirgli parole di sconforto o di malaugurio per quella missione ch'egli si apprestava ad intraprendere, ma perché, semplicemente, lo aveva visto camminare per strada e per un istante aveva creduto di poterlo fermare, poterlo abbracciare, e... e poi, qualcosa avrebbe detto! Qualsiasi cosa!
    Quell'uomo era pur sempre suo zio.
    … E invece lui non si era fermato, superate le grandi porte di legno di Konoha si era dileguato in un istante, e lei, sentendosi la più umiliata e mortificata delle persone di quella terra, tornando a casa aveva detto di essere inciampata mentre scappava dalla presa del custode della sala da té del Villaggio, che vedendola sbirciare dalla finestra era più che deciso ad acchiapparla e suonargliele ben bene. Dopotutto era intollerabile che lei fosse sempre lì a spiare le bellissime Geishe della Oikiya.

    “Siete proprio come la scimmia della favola della tradizione, Ojou-sama!” Le aveva urlato quella volta Ritsuko Aoki, che per quanto si atteggiasse a severa educatrice, era talmente terrorizzata dal sangue che colava dalle ferite della sua padroncina, che a malapena sembrava in grado di orientare correttamente il suo dito accusatore “Continuate a saltare per cercare di arrivare alla Luna, ma è mai possibile che non capiate che non la raggiungerete mai finché non vi decidete ad alzare lo sguardo e diventare più brillante di essa?” E sospirando avrebbe aggiunto “Invece di piangere per non riuscire a prendere il riflesso nel lago, che ne dite di diventare più brava e splendida dell'oggetto del vostro interesse? Così senz'altro, poi sarete più vicino ad esso di quanto immaginiate!!”

    « Cosa si prova ad essere un Uchiha? »



    Le parole le uscirono di bocca prima che potesse frenarle e lei, quasi fosse incapace di distogliere lo sguardo da quello di Atasuke, non poté che rimanere immobile, guardandolo come una sciocca... sentendosi una sciocca!
    Quella domanda avrebbe potuto farlo ridere a crepapelle, e non ci sarebbe stato niente di sbagliato in questo, poiché solo un idiota avrebbe potuto chiedere cosa si provasse ad essere se stessi...
    … Eppure, per quanto quelle parole potessero apparire come la curiosità mal assortita di una povera stolta, lei non poteva fare a meno di domandarselo ogni giorno, da sempre: Cosa si provava ad essere un Uchiha? Perché sua madre e i suoi nonni sembravano essere così orgogliosi di appartenere a quel Clan che non aveva esitato a ripudiarli? Perché nonostante tutto, lo amavano sopra ogni altra cosa...?
    Quel Quartiere era davvero così meraviglioso come le avevano sempre raccontato...? Cosa si provava ad entrarvici, a chiamarlo “casa” ?

    Come ci si sentiva ad alzarsi la mattina e sapersi perfetti e indistruttibili, a sapere di poter essere perfettamente in grado di proteggere chiunque senza il minimo sforzo...?

    Non era curiosità la sua, ma vero bisogno di sapere: Lei, la Principessa dell'imperfezione e dell'errore, che doveva sempre sforzarsi più degli altri per riuscire a difendere le persone che amava... come si sarebbe sentita se il suo nome fosse stato diverso? Se il suo destino avesse potuto cambiare?


    divisore




     
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  15. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Ma che?~


    Alla sua proposta la giovane Shizuka parve apprezzare l'offerta annuendo in senso positivo con la testa, per poi mettersi praticamente le mani nei capelli reagendo al pari di chi stava vedendo la morte in faccia. Atasuke rimase allibito, cercando di comprendere quale significato potesse avere quella specie di reazione, ma soprattutto cercando di capire come mai ella avesse reagito così violentemente.

    "COSA HAI DETTO? SEI SERIO!?"


    Atasuke la osservò per un attimo con uno sguardo probabilmente stralunato, inclinando leggermente la testa verso destra, come per cercare di squadrare da un'altra angolazione la giovane. Come se in qualche modo cambiare angolo gli potesse permettere di capire meglio cosa stesse succedendo.

    «Beh... si... non vedo perchè scherzarci o fare falsi inviti...»


    Il rossore delle sue guance parve farla diventare quasi un faretto rosso acceso nella notte. Pareva difficile non riuscire a vedere quel rosso paonazzo anche da diversi metri di distanza, nonostante la tetra notte stesse calando sul villaggio coprendo tutto con il suo nero mantello.

    "Non sono ben vestita per un invito del genere N-non sono abbastanza graziosa, d-dovrei quantomeno sistemarmi l'obi della divisa ninja e..."


    Le scuse della ragazza erano chiaramente delle motivazioni buttate li sul momento, nulla a cui Atasuke diede troppo peso. Sapeva che probabilmente quelle che lui definiva "scuse" magari per la ragazza avevano molto senso, tuttavia, per lui, era come se non fossero neppure state dette.
    Proseguù quindi approfittando della leggera pausa angosciata che la giovane gli diede ritornando ai precedenti punti e, involontariamente, rammentando alla giovane il vero motivo per cui ella sembrava non poter accettare l'invito, seppure fosse ben più che chiara la sua ferma intenzione di accettarlo.

    [...]


    Ancora un attimo trascorse tra le sue parole e la risposta della giovane, poi, con un tono ben diverso dal precedente, ella riprese spiegando quale realmente fosse il problema.

    "Il problema immagino che non sia entrare... Ma uscire"

    °Ma... di che starà parlando? Generalmente il problema è proprio poter accedere alle zone private dei quartieri, non riuscire ad uscirne... Certo, a meno che non si tratti di nukenin beccati all'interno del villaggio, ma non mi pare sia questa la situazione...°

    "Se entrassi all'interno del Quartiere Uchiha senza permesso, verrei uccisa"


    Lo sguardo di Atasuke si fissò nel vuoto nell'udire quelle parole sussurrate al suo orecchio dalla giovane, quasi come se fosse stato colpito da un fulmine che lo aveva lasciato fulminato li sul posto, incapace di reagire.
    Sapeva bene quanto il clan potesse essere pericoloso ed infido, tuttavia era altrettanto conscio del fatto che il clan mai, o quasi, dai tempi della quarta guerra ninja, (quando il clan stesso venne quasi sterminato da un membro del medesimo) si era permesso azioni tanto violente ed avventate su di un membro del villaggio, per quanto mal visto potesse essere.

    "E dopo di me, verrebbe uccisa mia madre"


    Ancora una volta Atasuke dovette resistere all'impulso violento di ribellione al clan, certo del fatto che quelle non erano propriamente menzogne, dato che egli stesso era spesso vittima dei tentativi di eliminazione del clan, anche se con lui i loro metodi erano più discreti, sottili, ma soprattutto inefficenti. Ella intrecciò poi le dita delle mani chiudendo gli occhi per poi riprendere la sua breve narrazioine ponendo, forse con sarcasmo, una domanda aad Atasuke e sottolineando l'assurdità della sua situazione con una leggera risata di sottomissione, lasciandogli intendere quanto potesse essere rassegnata alla sua condizione.
    Poi, ancora parole ed infine ancora una domanda, questa volta più triste e meno ironica, ma soprattutto accompagnata dallo sguardo di lei che ancora una volta riaffiorava andando ad inabissarsi in quello di lui.
    A quel gesto Atasuke si riprese dalla sua reazione di shock riacquisendo il suo sguardo calmo e dolce, ma soprattutto lasciandosi alcuni istanti prima di rispondere alla domanda della sua giovane interlocutrice.

    «La tua è una domanda insidiosa... Da un lato è chiaro quanto il tuo desiderio di venire con me sia forte... Dall'altro, è altrettanto forte il tuo attaccamento a tua madre ed alle persone che ami... In generale io ti direi di non cedere ad un banale desiderio pagando il prezzo di altre vite umane, specialmente se persone a te care... Tuttavia, in questo caso specifico... ti consiglierei di accettare il mio invito. Sarà mia premura caricarmi di tutte le tue colpe e delle eventuali ripercussioni su di te e la tua famiglia»


    Poi con tenero gesto prese tra le sue le mani intrecciate della giovane mostrandole ancora una volta un'altro dei suoi sorrisi.

    «Come tu hai salvato la mia vita fuori dalle mura, io ti aiuterò a salvare la tua liberandoti dalle tue catene»

    [...]


    Poi la sua mano destra si alzò da quelle di lei per carezzarle ancora una volta il volto rimettendole in ordine una ciocca di capelli che pareva essere sfuggita alla capigliatura in tutto quel trambusto di discorsi ed emozioni, ed il silenzio cadde ancora una volta.

    ~Essere o non Essere Uchiha~


    Dopo quel breve attimo di silenzio un'altra domanda proruppe dalle labbra della giovane erede dei Kobayashi. Una domanda semplice, banale e tanto inutile quanto semplice. Tuttavia Questo è ciò che avrebbe potuto comprendere chiunque, ma Atasuke comprese che in quella domanda c'era qualcosa di più, un'altra domanda, un significato ben più profondo, per quanto celato in parole semplici e banali.

    «Che cosa si prova ad essere un Uchiha?»


    Portò la sinistra al suo mento chiudendolo in una leggera presa mentre il braccio destro si ritraeva a fare da appoggio al suo gomito, acquisendo con calma e lentezza una chiara posa di meditazione, mentre un velato sorrisetto si faceva largo sulle sue labbra.

    «Hummm... non saprei che dirti... In fondo è solo un cognome, nulla di più... anche se in effetti non sono in molti a pensarla come me, specialmente nel clan...»


    Una lieve pausa spezzò il suo discorso appena iniziato. Una breve pausa che Atasuke sfruttò per prendere sonoramente fiato gonfiandosi il petto come se stesse per pronunciare un importante discorso.

    «Tuttavia voglio rispondere alla tua domanda nel modo più completo possibile... Se ti interessa che cosa si prova ed essere un membro del clan, come ti ho detto, per quanto mi riguarda è solo un cognome, nulla di più... anzi... Spesso si rivela essere solo un'altro fardello in più da portarsi appresso... Non puoi fare quello, non puoi fare quell'altro, se una cosa non piace la clan non va bene, etc, etc...»


    Un'altra breve pausa animata dai suoi occhi che si chiudevano mentre la bocca pareva proseguire con un discorso senza però dire null'altro, mentre la sua mano si apriva e si chiudeva affianco alla sua bocca mimando lo starnazzare di un'anatra. Poi di scatto si fermò per riaprire con vigorosa lentezza gli occhi e lasciando trasudare ogni sua emozione di sfida e ammirazione in uno sguardo che la diceva ben più lunga mentre le sue parole volavano nel vento.

    «Ma se invece vuoi sapere come ci si sente ad essere se stessi, posso assicurarti che essere Atasuke è sempre stato bello, interessante e divertente... Ma essere Atasuke Uchiha... Guadagnarmi il mio cognome ed il mio posto qui al villaggio, combattere per ciò che credo, aiutare chi si trova in difficoltà e fare quello che voglio fare rimanendo chi sono, posso assicurarti che è una sensazione fantastica!»


    Si concesse un profondo sorriso lasciando il discorso in una sospensione voluta prima di cambiare completamente soggetto della discussione.

    «Tuttavia... Se permetti, preferirei parlarne meglio in casa, magari sorseggiando un buon bicchiere di vino seduti in poltrona ed osservando il giardino dalla piattaforma panoramica di casa mia...
    Quindi... cosa hai deciso di fare? Ti va di venire con me?»


    Fece quasi per lasciare tempo alal giovane di rispondere ricordandosi che aveva ancora alcuni dettagli da specificare prima di lasciare alla giovane il tempo per dargli la risposta definitiva.

    «Ah già... Quasi dimenticavo... Stai tranquilla per la tua famiglia... Hai già il permesso per accedere ai quartieri del clan, non è vero Shiniji?»


    Si voltò quindi verso un arbusto li vicino con aria minacciosa mentre un giovane shinobi con le classiche fattezze del clan sbucò rivelando la sua presenza.
    Con aria annoiata e con non pochi sbuffi il giovanotto si rivolse ad Atasuke con tono innervosito, come un bambino viziato quando viene ripreso dalla madre.

    "Credi forse che basti così poco perchè quella disgraziata possa accedere ai nostri quartieri? Hai idea di che colpe è macchiata? E poi tu sei l'ultimo del clan a poterti permettere di darmi ordini o ancora di più a poterti permettere di decidere le autorizzazioni a nome del clan!"


    Atasuke si lasciò quindi scappare un sorrisetto ironico inclinando leggermente in avanti il capo e socchiudendo gli occhi che lentamente si erano rivolti verso il nuovo interlocutore mentre un ghigno quasi perfido si disegnava sul suo volto.

    «Ma davvero Shiniji? Devo forse ricordarti di tutte quelle volte che ti ho salvato la pellaccia? O delle missioni che mi ha affidato il clan per rimediare ai tuoi errori?»


    Poi con uno scatto sbarrò gli occhi neri puntandoli minaccioso verso l'Uchiha sbucato dal cespuglio mostrando a lui le iridi cremisi su cui ben due tomoe facevano la loro comparsa, segno di un livello di padronanza intermedia dello sharingan.

    «Ed ora vedi di sparire di qua portando questo messaggio a tuo padre. Non ti azzardare a perderlo, non consegnarlo o a dire qualsivoglia falsità sulla questione, altrimenti l'obbiettivo della missione di oggi potrebbe cadere in mani sbagliate, ci siamo capiti?»


    Intimorito dalle parole di Atasuke e dalla conoscenza di ciò che egli era stato mandato a recuperare, Shiniji sudò freddo capendo di essere in netta inferiorità, ma soprattutto intuendo che Atasuke non stava bluffando e che molto probabilmente avrebbe fatto ciò che minacciava. Quindi con mano tremolante prese dalle mani di Atasuke la carta che egli aveva appena inciso con il chakra mentre discutevano.

    "V-va b-bene... Consegnerò questa richiesta, ma tu... tu non ti azzardare a rendere pubblico quel rotolo, chiaro?"

    «Tu fa quel che devi e non ci saranno problemi»


    Rispose chiudendo gli occhi e mostrando un ampio sorriso, quasi come se nulla fosse accaduto in quel luogo, poi consegnò la carta, lasciando che l'erede dei Kobayashi potesse leggere senza alcun problema ciò che vi era scritto qualora ne avesse avuto desiderio.

    CITAZIONE
    All'attenzione dell'egregio Momochi Uchiha, membro del consiglio. Sono tornato al villaggio dopo aver compiuto l'ultima missione affidatami. L'oggetto in questione verrà consegnato nelle vostre mani domani stesso dopo che mi sarò ripreso dalle fatiche sopportate. Intanto vi avviso che per mio piacere verrà ospitata nella mia casa per la cena Shizuka Kobayashi la quale ha il merito di avermi tratto in salvo sulla strada del ritorno. Per quanto riguarda la mia ricompensa, dato che avevate promesso di soddisfare un mio qualsiasi desiderio, vi chiedo che questa consista in un permesso perpetuo per la suddetta ad entrare nei nostri quartieri.

    Con un rapido saluto portato con il capo Shiniji si allontanò di scatto dirigendosi a compiere il suo dovere. Atasuke intanto si voltò nuovamente verso Shizuka ignorando una sua qualsiasi reazione porgendole il braccio destro come fa un gentiluomo per accompagnare la propria dama.

    «Bene... Ora che le scartoffie sono sistemate che ne diresti di accompagnarmi? Sarò lieto di spiegarti tutto nella mia umile dimora»


    Ed attese quindi una risposta dalla giovane prima di poter proseguire.
     
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